31.1. Società ed enti non residenti - 31.1.1. Riforma della fiscalità internazionale - 31.1.2. Deduzioni - 31.1.3. Detrazioni - 31.2. Stabili Organizzazioni - 31.2.1. Definizione di Stabile Organizzazione nel Modello OCSE - 31.2.2. Definizione di Stabile Organizzazione nella normativa interna - 31.2.3. Determinazione del reddito complessivo - 31.3. Controlled Foreign Companies (CFC) - 31.3.1. Soggetti interessati - 31.3.2. Definizione di controllo - 31.3.3.Condizioni per l’applicazione della disciplina CFC - 31.3.4. Esimente - 31.3.5. Tassazione - 31.3.6. Attività di controllo - 31.4. Credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero - 31.5. Imposizione in uscita - 31.5.1. Disciplina pregressa sulla exit tax - 31.5.2. Disciplina sull’imposizione in uscita - 31.6. Imposizione fiscale in ingresso - 31.7. Branch exemption - 31.8. Country by country reporting - 31.9. Disallineamenti da ibridi - 31.9.1. Definizione di disallineamento da ibridi - 31.9.2. Giurisdizione e conseguenze fiscali - 31.9.3. Disallineamento da ibridi inversi - 31.9.4. Contrasto ai fenomeni di doppia deduzione - 31.9.5. Controlli - 31.9.6. Entrata in vigore e disciplina transitoria - 31.9.7. Disapplicazione delle sanzioni - 31.10.Imposta minima globale (global minimum tax) - 31.10.1. Imposta minima integrativa - 31.10.2.Imposta minima nazionale - 31.10.3. Imposta minima suppletiva - 31.10.4. Calcolo del reddito o della perdita rilevante - 31.10.5. Imposte rilevanti rettificate - 31.10.6. Calcolo dell’aliquota di imposizione effettiva e dell’imposizione integrativa - 31.10.7. Dichiarazione, riscossione e sanzioni - 31.10.8. Disciplina transitoria - 31.10.9.Regimi transitori semplificati
31.1. Società ed enti non residenti
31.1.Società ed enti non residentiPer le società e enti commerciali non residenti il reddito complessivo è formato soltanto dai redditi prodotti nel territorio dello Stato, ad esclusione di quelli esenti da imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte
a titolo d’imposta o a imposta sostitutiva (art. 151, D.P.R. n. 917/1986).
Si considerano prodotti nel territorio dello Stato i redditi previsti per i non residenti
(9.2.) (art. 23, D.P.R. n. 917/1986).
Tali redditi, ad eccezione dei redditi d’impresa (art. 23, c. 1, lett. e), D.P.R. n. 917/1986), ai quali si applicano le disposizioni sulle Stabili Organizzazioni (31.2.) (art. 152, D.P.R. n. 917/1986), concorrono a formare il reddito complessivo e sono determinati secondo le disposizioni
del D.P.R. n. 917/1986 relative alle categorie nelle quali rientrano.
In definitiva, è prevista la tassazione su base isolata, senza compensazioni e secondo le disposizioni D.P.R. n. 917/1986, dei redditi che si considerano prodotti nel territorio dello Stato, con la sola eccezione dei redditi di impresa da Stabile Organizzazione, per i quali viene dettata disciplina specifica.
Direttiva ATAD - Per introdurre negli Stati membri un insieme di misure di contrasto alle pratiche di elusione fiscale, la Commissione Europea ha varato la Direttiva n. 2016/1164/UE (c.d. Anti Tax Avoidance Directive - ATAD), che fa parte del pacchetto antielusione (Anti Tax Avoidance Package), recepita con il D.Lgs. 29 novembre 2018, n. 142.
La Direttiva ATAD è stata ulteriormente modificata dalla Direttiva UE 2017/952 (c.d. ATAD 2), che è intervenuta in tema di disallineamenti da ibridi, vale a dire le differenze nella qualificazione giuridica dei pagamenti tra giurisdizioni
diverse, che coinvolgono i Paesi terzi (31.9.).
31.1.1. Riforma della fiscalità internazionale
31.1.1.Riforma della fiscalità internazionaleIn attuazione dei principi riportati nella Legge delega di riforma del sistema tributario (Legge n. 111/2023), è stato emanato il D.Lgs. n. 209/2023, in vigore dal 29 dicembre 2023, che riforma la disciplina sulla fiscalità internazionale.
La riforma in materia di tassazione internazionale delle società si basa su due pilastri:
-
il primo riguarda il nuovo sistema di attribuzione dei diritti di imposizione delle maggiori imprese multinazionali alle giurisdizioni in cui sono realizzati gli utili ed intende garantire una più equa distribuzione dei profitti e dei diritti di tassazione fra i Paesi in cui operano le grandi imprese multinazionali, incluse le grandi aziende digitali, ripartendo il diritto di tassazione tra i Paesi in cui esse svolgono attività commerciali e realizzano profitti, indipendentemente dal fatto che vi abbiano o meno una presenza fisica;
-
il secondo comprende norme volte a ridurre le possibilità di erosione della base imponibile e di trasferimento degli utili, attraverso l’imposizione minima effettiva, affinché i maggiori gruppi multinazionali di imprese versino un’aliquota minima di imposta sulle società. Questo pilastro ha trovato attuazione nella Direttiva UE n. 2022/2523 (
31.10.).Le norme di recepimento della direttiva si fondano su un triplice livello di imposizione:
-
un’imposta minima integrativa (art. 13, D.Lgs. n. 209/2023) cui è assoggettata la controllante capogruppo di un gruppo multinazionale o nazionale localizzata nel territorio dello Stato italiano che, in un dato esercizio, è soggetta ad una tassazione effettiva inferiore al 15% ovvero che ha detenuto, in qualsiasi momento dell’esercizio, direttamente o indirettamente partecipazioni in imprese a bassa imposizione localizzate in un altro Paese o che sono entità apolidi (
31.10.1.);
-
un’imposta minima nazionale (art. 18, D.Lgs. n. 209/2023), che gli Stati hanno la facoltà di introdurre sulla base della direttiva, e che colpisce le imprese di un gruppo multinazionale o nazionale e le entità a controllo congiunto localizzate nel territorio dello Stato italiano assoggettate ad un livello di tassazione effettiva inferiore alla aliquota minima di imposta del 15% (
31.10.2.);
-
un’imposta minima suppletiva (art. 19, D.Lgs. n. 209/2023) cui sono soggette, in forma tra loro solidale e congiunta, tutte le imprese localizzate nel territorio dello Stato italiano, diverse dalle entità di investimento, nel caso in cui la controllante capogruppo localizzata in un Paese terzo non applica una imposta minima integrativa equivalente ovvero è una entità esclusa. Tale imposta è pari all’imposizione integrativa attribuita, per l’esercizio, allo Stato italiano (
31.10.3.).
-
31.1.2. Deduzioni
31.1.2.DeduzioniDal reddito complessivo si deducono i seguenti oneri:
-
canoni, livelli, censi ed altri oneri gravanti sui redditi degli immobili che concorrono a formare il reddito complessivo, compresi i contributi ai consorzi obbligatori per legge o in dipendenza di provvedimenti della pubblica amministrazione (
3.11.) (art. 10, c. 1, lett. a), D.P.R. n. 917/1986);
-
contributi alle ONG (
3.8.2.) (art. 10, c. 1, lett. g), D.P.R. n. 917/1986).
In caso di rimborso degli oneri dedotti, le somme corrispondenti concorrono a formare il reddito complessivo del periodo d’imposta nel quale l’ente ha conseguito il rimborso.
31.1.3. Detrazioni
31.1.3.DetrazioniDall’IRES lorda si scomputano, nella misura del 19%, le seguenti detrazioni:
-
interessi passivi, oneri accessori e quote di rivalutazione ISTAT per mutui ipotecari (
6.3.) (art. 15, c. 1, lett. a), D.P.R. n. 917/1986);
-
spese relative ai beni soggetti a regime vincolistico (
6.15.13.) (art. 15, c. 1, lett. g), D.P.R. n. 917/1986);
-
erogazioni liberali a favore delle attività culturali ed artistiche (
6.15.5.) (art. 15, c. 1, lett. h) e h-bis), D.P.R. n. 917/1986);
-
erogazioni liberali a favore degli enti dello spettacolo (
6.15.6.) (art. 15, c. 1, lett. i), D.P.R. n. 917/1986).
In caso di rimborso di oneri per i quali si è fruito della detrazione l’imposta dovuta, per il periodo nel quale la società o l’ente ha conseguito il rimborso, è aumentata di un importo pari al 19% dell’onere rimborsato.
In merito alle modifiche o abrogazioni introdotte, per alcuni tipi di detrazioni, a seguito dell’entrata in vigore della
Riforma sul Terzo Settore (D.Lgs. n. 117/2017) (27.2.11.).
31.2. Stabili Organizzazioni
31.2.Stabili Organizzazioni31.2.1. Definizione di Stabile Organizzazione nel Modello OCSE
31.2.1.Definizione di Stabile Organizzazione nel Modello OCSELa definizione di Stabile Organizzazione è contenuta nell’art. 5 del Modello di Convenzione dell’OCSE (art. 5, c. 1 e 2).
In base a tale disposizione la “Stabile Organizzazione” (in ambito internazionale definita permanent establishment) sta a indicare “una sede fissa di affari mediante cui l’impresa esercita in tutto o in parte la sua attività”.
Si tratta, in particolare, di:
-
una sede di direzione;
-
una succursale;
-
un ufficio;
-
un’officina;
-
un laboratorio;
-
una miniera o giacimento petrolifero o di gas, una cava o altro luogo di estrazione di risorse naturali.
La Corte di Cassazione ha fornito in alcune sentenze elementi utili all’individuazione delle Stabili Organizzazioni “occulte” e “plurime”, nonché alla definizione delle attività economiche non accessorie in presenza delle quali sorge la Stabile Organizzazione e alla valenza delle strette relazioni esistenti tra la dirigenza della capogruppo, le società estere del gruppo e i manager delle società italiane (Cass., Sez. trib., 25 maggio 2002, n. 7682 e 25 luglio 2002, n. 10925).
31.2.2. Definizione di Stabile Organizzazione nella normativa interna
31.2.2.Definizione di Stabile Organizzazione nella normativa internaFerma restando l’applicazione delle disposizioni interne se più favorevoli al contribuente, anche in deroga agli accordi internazionali contro la doppia imposizione (art. 169, D.P.R. n. 917/1986), ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, l’espressione “Stabile Organizzazione” designa una sede fissa di affari per mezzo della quale l’impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività sul territorio dello Stato (art. 162, D.P.R. n. 917/1986).
In particolare, riprendendo la definizione di Stabile Organizzazione data dall’OCSE innanzi riportata, la norma interna chiarisce che l’espressione “Stabile Organizzazione” comprende:
-
una sede di direzione;
-
una succursale;
-
un ufficio;
-
un’officina;
-
un laboratorio;
-
una miniera, un giacimento petrolifero o di gas naturale, una cava o altro luogo di estrazione di risorse naturali, anche in zone situate al di fuori delle acque territoriali in cui, in conformità al diritto internazionale consuetudinario ed alla legislazione nazionale relativa all’esplorazione ed allo sfruttamento di risorse naturali, lo Stato può esercitare diritti relativi al fondo del mare, al suo sottosuolo ed alle risorse naturali;
-
una significativa e continuativa presenza economica nel territorio dello Stato costruita in modo tale da non fare risultare una sua consistenza fisica nel territorio stesso.
Un cantiere di costruzione o di montaggio o di installazione, ovvero l’esercizio di attività di supervisione ad esso connesse, è considerato “Stabile Organizzazione” soltanto se tale cantiere, progetto o attività abbia una durata superiore a 3 mesi.
Inoltre, costituisce una Stabile Organizzazione dell’impresa il soggetto, residente o non residente, che nel territorio dello Stato abitualmente conclude in nome dell’impresa stessa contratti diversi da quelli di acquisto di beni.
Esclusioni - Non rientrano nel concetto di “Stabile Organizzazione” (art. 162, c. 4, D.P.R. n. 917/1986):
-
l’uso di una installazione ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna di beni o merci appartenenti all’impresa;
-
la disponibilità di beni o merci appartenenti all’impresa immagazzinati ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna;
-
la disponibilità di beni o merci appartenenti all’impresa immagazzinati ai soli fini della trasformazione da parte di un’altra impresa;
-
la disponibilità di una sede fissa di affari utilizzata ai soli fini di acquistare beni o merci o di raccogliere informazioni per l’impresa;
-
la disponibilità di una sede fissa di affari utilizzata ai soli fini dello svolgimento, per l’impresa, di ogni altra attività;
-
la disponibilità di una sede fissa di affari utilizzata ai soli fini dell’esercizio combinato delle attività riportate nelle lettere da a) ad e).
L’esclusione si verifica solo se le attività di cui alle lettere da a) a e) o, nei casi di cui alla lettera f), l’attività complessiva della sede fissa d’affari, sono di carattere preparatorio o ausiliario (art. 162, c. 4-bis), D.P.R. n. 917/1986).
L’esclusione non si applica ad una sede fissa d’affari se è utilizzata o gestita da un’impresa (o un’impresa correlata) che svolge la sua attività nello stesso luogo o in un altro luogo nel territorio dello Stato; tale luogo costituisce una Stabile Organizzazione dell’impresa ovvero l’attività complessiva risultante dalla combinazione delle attività svolte dalle 2 imprese nello stesso luogo, o dall’impresa o da imprese strettamente correlate nei due luoghi, non è di carattere preparatorio o ausiliario, purché le attività svolte costituiscono funzioni complementari parte di un complesso unitario di operazioni d’impresa (art. 162, c. 5, D.P.R. n. 917/1986).
Soggetto che opera in nome e per conto di un’impresa non residente - Se:
-
un soggetto agisce nel territorio dello Stato per conto di un’impresa non residente e abitualmente conclude contratti o opera ai fini della conclusione di contratti senza modifiche sostanziali da parte dell’impresa,
-
detti contratti sono in nome dell’impresa, oppure relativi al trasferimento della proprietà, o per la concessione del diritto di utilizzo, di beni di tale impresa o che l’impresa ha il diritto di utilizzare, oppure relativi alla fornitura di servizi da parte di tale impresa,
si considera che tale impresa abbia una Stabile Organizzazione nel territorio dello Stato in relazione a ogni attività svolta dal suddetto soggetto per conto dell’impresa.
Tale presunzione può essere disattesa se le attività di tale soggetto sono limitate allo svolgimento delle attività escluse elencate nel paragrafo precedente le quali, se esercitate per mezzo di una sede fissa di affari, non permetterebbero di considerare questa sede fissa una Stabile Organizzazione (art. 162, c. 6, D.P.R. n. 917/1986).
La presunzione non si applica quando il soggetto, che opera nel territorio dello Stato per conto di un’impresa non residente, svolge la propria attività in qualità di agente indipendente e agisce per l’impresa nell’ambito della propria ordinaria attività. Tuttavia, quando un soggetto opera esclusivamente o quasi esclusivamente per conto di una o più imprese alle quali è strettamente correlato, tale soggetto non è considerato un agente indipendente, in relazione a ciascuna di tali imprese (art. 162, c. 7, D.P.R. n. 917/1986).
Correlazione - Ai fini dell’applicazione delle norme sulla Stabile Organizzazione, un soggetto è strettamente correlato ad un’impresa se, tenuto conto di tutti i fatti e di tutte le circostanze rilevanti, l’uno ha il controllo dell’altra ovvero entrambi sono controllati da uno stesso soggetto.
In ogni caso, un soggetto è considerato strettamente correlato ad un’impresa:
-
se l’uno possiede direttamente o indirettamente più del 50% della partecipazione dell’altra o, nel caso di una società, più del 50% del totale dei diritti di voto e del capitale sociale; oppure
-
se entrambi sono partecipati da un altro soggetto, direttamente o indirettamente, per più del 50% della partecipazione, o, nel caso di una società, per più del 50% del totale dei diritti di voto e del capitale sociale (art. 162, c. 7-bis, D.P.R. n. 917/1986).
Esclusione dell’attività di gestione di investimenti (Investment Management Exemption) - Con effetto dal 1° gennaio 2023 (art. 1, c. 255, Legge n. 197/2022), ai fini di considerare un “agente indipendente” senza che si configuri una stabile organizzazione da parte del veicolo d’investimento (art. 162, c. 7, D.P.R. n. 917/1986), al ricorrere di specifiche condizioni, si presume l’indipendenza dal veicolo di investimento non residente del soggetto (asset manager), residente o non residente, anche operante tramite propria stabile organizzazione nel territorio dello Stato, che (art. 162, c. 7-ter, D.P.R. n. 917/1986):
-
in nome e/o per conto del veicolo di investimento non residente o di sue controllate, dirette o indirette, ed anche se con poteri discrezionali, abitualmente concluda contratti di acquisto e/o di vendita e/o di negoziazione;
-
ovvero contribuisca, anche tramite operazioni preliminari o accessorie, all’acquisto e/o alla vendita e/o alla negoziazione di strumenti finanziari, anche derivati ed incluse le partecipazioni al capitale o al patrimonio, e di crediti.
Le condizioni affinché possa essere applicata la disciplina di cui si discute sono (art. 162, c. 7-quater, D.P.R. n. 917/1986):
-
il veicolo di investimento non residente e le relative controllate devono essere residenti o localizzati in uno Stato o territorio che consente un adeguato scambio di informazioni fiscali con l’Italia (quindi, uno Stato o territorio incluso nell’elenco di cui all’art. 11, c. 4, lett. c), D.Lgs. n. 239/1996);
-
il veicolo di investimento non residente deve rispettare i requisiti di indipendenza stabiliti da un apposito Decreto ministeriale;
-
il soggetto residente o non residente, che svolge l’attività nel territorio dello Stato in nome e/o per conto del veicolo di investimento non residente, non deve ricoprire cariche negli organi di amministrazione e controllo del veicolo di investimento e di sue controllate, dirette o indirette, e non deve detenere una partecipazione ai risultati economici del veicolo d’investimento non residente superiore al 25%. A tal fine si considerano anche le partecipazioni agli utili spettanti a soggetti appartenenti al medesimo gruppo di tale soggetto. Ad un apposito decreto ministeriale è demandato il compito di stabilire le modalità di computo della partecipazione agli utili;
-
il soggetto residente, o la stabile organizzazione nel territorio dello Stato del soggetto non residente, che presta servizi nell’ambito di accordi con entità appartenenti al medesimo gruppo deve ricevere, per l’attività svolta nel territorio dello Stato una remunerazione supportata dalla documentazione idonea (art. 1, c. 6, D.Lgs. n. 471/1997).
Anche quando ricorrano le condizioni sopra elencate, la sede fissa d’affari a disposizione di un’impresa residente che vi svolge la propria attività, utilizzando il proprio personale, non si considera a disposizione del veicolo di investimento non residente per il solo fatto che l’attività dell’impresa residente reca un beneficio alla società veicolo di investimento (art. 162, c. 9-bis, D.P.R. n. 917/1986).
Le disposizioni di attuazione della disciplina di cui si discute sono rimandate all’emanazione di un decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze (art. 162, c. 7-quinquies, D.P.R. n. 917/1986).
31.2.3. Determinazione del reddito complessivo
31.2.3.Determinazione del reddito complessivoPer le società e gli enti commerciali con Stabile Organizzazione nel territorio dello Stato, il reddito della Stabile Organizzazione è determinato in base agli utili e alle perdite ad essa riferibili, e secondo le disposizioni previste per i soggetti IRES, sulla base di un apposito rendiconto economico e patrimoniale, da redigersi secondo i principi contabili previsti per i soggetti residenti aventi le medesime caratteristiche, salvo quella dell’emissione di strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in mercati regolamentati di qualsiasi Stato membro dell’Unione europea ovvero diffusi tra il pubblico (art. 152, D.P.R. n. 917/1986).
La Stabile Organizzazione si considera entità separata e indipendente, svolgente le medesime o analoghe attività, in condizioni identiche o similari, tenendo conto delle funzioni svolte, dei rischi assunti e dei beni utilizzati.
Il fondo di dotazione alla stessa riferibile è determinato in piena conformità ai criteri definiti in sede OCSE, tenendo conto delle funzioni svolte, dei rischi assunti e dei beni utilizzati.
I componenti di reddito attribuibili alle Stabili Organizzazioni relativamente alle
transazioni e alle operazioni tra la Stabile Organizzazione e l’entità cui la medesima
appartiene sono determinati secondo le regole sul transfer pricing (21.8.) (art. 110, c. 7, D.P.R. n. 917/1986).
Le disposizioni di cui sopra si applicano anche alle società commerciali di tipo diverso da quelli regolati nel Codice civile.
31.3. Controlled Foreign Companies (CFC)
31.3.Controlled Foreign Companies (CFC)Ai fini delle imposte sui redditi è prevista una particolare disciplina per i soggetti residenti che detengono direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciarie o per interposta persona (fisica, giuridica o trust), il controllo di un’impresa, di una società o di un altro ente residente o localizzato in Stati o territori con regime fiscale privilegiato, diversi da quelli appartenenti alla Ue o aderenti allo Spazio economico europeo con cui l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni (disciplina sulle Controlled Foreing Companies - CFC) (art. 167, D.P.R. n. 917/1986).
Direttiva ATAD - La disciplina sulle CFC è stata oggetto di importanti modifiche ad opera del D.Lgs. n. 142/2018, in vigore dal 12 gennaio 2019, che ha recepito la Direttiva n. 2016/1164/UE (Direttiva ATAD), oggetto di alcuni chiarimenti con la circ. 27 dicembre 2021, n. 18/E.
In particolare:
-
è stato disposto che si imputano al soggetto residente tutti i redditi del soggetto controllato non residente, localizzato in un Paese a fiscalità privilegiata, qualora quest’ultimo realizzi proventi per oltre un terzo derivanti da c.d. passive income (specifiche categorie di reddito, tra cui quelli di capitale, non derivanti da attività operativa);
-
è stato introdotto il c.d. valore di mercato e si modifica la nozione di controllo societario.
Le predette norme si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018 (quindi dal 2019 per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare).
Riforma della fiscalità internazionale - La disciplina sulle CFC, con effetto dal 29 dicembre 2023, è stata interessata dalla riforma della fiscalità internazionale (D.Lgs. n. 209/2023).
In particolare, le modifiche (art. 3, D.Lgs. n. 209/2023) si sono concentrate sui requisiti, prevedendo l’imputazione al soggetto residente
di tutti i redditi del soggetto controllato non residente localizzato in un Paese
a fiscalità privilegiata, qualora quest’ultimo realizzi proventi per oltre un terzo
derivanti da passive income (redditi di varia natura, principalmente finanziaria)
(31.3.3.).
31.3.1. Soggetti interessati
31.3.1.Soggetti interessatiLa disciplina sulle CFC si applica:
-
alle persone fisiche;
-
alle società di persone ed enti assimilati (art. 5, D.P.R. n. 917/1986);
-
alle società ed enti residenti soggetti ad IRES (art. 73, c. 1, lett. a), b) e c), D.P.R. n. 917/1986), nonché, relativamente alle loro stabili organizzazioni italiane, ai soggetti IRES non residenti (art. 73, c. 1, lett. d), D.P.R. n. 917/1986) che controllano soggetti non residenti;
-
agli OCR e ai trust (circ. n. 18/E/2021).
La disciplina CFC non opera nei confronti di una persona fisica controllante che è considerata fiscalmente residente in più Stati il cui conflitto di residenza, tuttavia, è stato risolto a favore della residenza estera in base alle regole previste nei trattati internazionali vigenti tra gli Stati coinvolti.
Diversamente, la disciplina in esame si applica in capo al soggetto controllante che, alla luce delle suddette disposizioni convenzionali, è da considerare residente in Italia (circ. 27 dicembre 2021, n. 18/E).
31.3.2. Definizione di controllo
31.3.2.Definizione di controlloSi considerano soggetti controllati non residenti le imprese, le società e gli enti non residenti nel territorio dello Stato, per i quali si verifica almeno una delle seguenti condizioni:
-
sono controllati direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciaria o interposta persona, ai sensi dell’art. 2359 c.c., da un dei soggetti a cui la disciplina si applica (
31.3.1.);
-
oltre il 50% della partecipazione ai loro utili è detenuto, direttamente o indirettamente, mediante una o più società controllate ai sensi dell’art. 2359 c.c. o tramite società fiduciaria o interposta persona, da un dei soggetti a cui la disciplina si applica (
31.3.1.).
Inoltre, si considerano soggetti controllati non residenti:
-
le stabili organizzazioni all’estero dei soggetti riportati nell’elenco precedente;
-
le stabili organizzazioni all’estero di soggetti residenti che abbiano optato per il regime della “branch exemption” (
31.7.) (art. 168-ter, D.P.R. n. 917/1986).
L’estensione del perimetro applicativo della normativa antielusiva in esame anche ai soggetti non residenti comporta la continuazione della eventuale tassazione per trasparenza in capo al soggetto che perde lo status di residente fiscale con effetto dall’inizio del periodo d’imposta, qualora la sua presenza sul territorio italiano configuri comunque una stabile organizzazione nel medesimo periodo d’imposta (o anche nei periodi d’imposta successivi).
Allo stesso modo, un soggetto estero che si trasferisca in Italia nella seconda metà del periodo d’imposta, pur acquisendo la residenza fiscale nel nostro Paese solo a partire dal periodo d’imposta successivo, può potenzialmente rientrare nell’ambito applicativo della disciplina sulle CFC fin dal momento del suo trasferimento, se tale trasferimento comporti una presenza sul territorio dello Stato che soddisfa i requisiti per riconoscere l’esistenza di una stabile organizzazione in Italia (circ. 27 dicembre 2021, n. 18/E).
31.3.3. Condizioni per l’applicazione della disciplina CFC
31.3.3.Condizioni per l’applicazione della disciplina CFCDisciplina post riforma fiscalità internazionale
Con effetto dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 29 dicembre 2023 (art. 7, D.Lgs. n. 209/2023), la disciplina CFC si applica al verificarsi, congiuntamente, in capo al soggetto controllato, delle seguenti due condizioni:
-
tassazione effettiva non inferiore al 15%;
-
“passive income”, ossia quando il soggetto estero controllato consegue oltre un terzo del proprio reddito attraverso le seguenti tipologie di reddito:
-
interessi o qualsiasi altro reddito generato da attivi finanziari;
-
canoni o qualsiasi altro reddito generato da proprietà intellettuale;
-
dividendi e redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni;
-
redditi da leasing finanziario;
-
redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie;
-
redditi da operazioni di cessione di beni o prestazione di servizi a valore economico aggiunto scarso o nullo con soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente.
-
Tassazione effettiva - La tassazione effettiva dei soggetti controllati non residenti è pari al rapporto tra la somma delle imposte correnti dovute e delle imposte anticipate e differite iscritte nel proprio bilancio d’esercizio e l’utile ante imposte dell’esercizio risultante dal predetto bilancio.
A tal fine, il bilancio d’esercizio dei soggetti controllati non residenti deve essere oggetto di revisione e certificazione da parte di operatori professionali a ciò autorizzati nello Stato estero di localizzazione dei soggetti controllati non residenti, i cui esiti sono utilizzati dal revisore del soggetto controllante ai fini del giudizio sul bilancio annuale o consolidato.
Se la condizione di cui al periodo precedente non è verificata o la tassazione effettiva è inferiore al 15%, i soggetti controllanti devono verificare che i soggetti controllati non residenti siano assoggettati ad una tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia, determinata secondo le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate.
Ai fini del calcolo della tassazione effettiva, rileva anche l’imposta minima nazionale equivalente, definita nell’Allegato A del decreto di recepimento della Direttiva UE n. 2022/2523 del Consiglio, del 15 Dicembre 2022, dovuta dal soggetto controllato non residente.
L’imposta minima nazionale equivalente dovuta nel Paese di localizzazione del soggetto controllato non residente, (individuato ai sensi dell’art. 12 D.Lgs. n. 209/2023), rileva in misura corrispondente all’imposta minima nazionale equivalente moltiplicata per il rapporto tra il profitto eccedente relativo al soggetto controllato non residente e la somma di tutti i profitti eccedenti relativi alle imprese ed entità del gruppo soggette all’imposta minima nazionale equivalente calcolata in maniera unitaria con il soggetto controllato non residente.
Opzione per l’imposta sostitutiva - In alternativa a quanto previsto al punto 1. di cui sopra (tassazione effettiva non inferiore al 15%), i soggetti controllanti, con riferimento ai soggetti controllati non residenti, possono corrispondere un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi pari al 15% dell’utile contabile netto dell’esercizio calcolato senza tenere in considerazione le imposte che hanno concorso a determinare detto valore, la svalutazione di attivi e gli accantonamenti a fondi rischi.
Permanendo il requisito del controllo, l’opzione per l’imposta sostitutiva ha durata per 3 esercizi del soggetto controllante ed è irrevocabile.
Al termine del triennio l’opzione si intende tacitamente rinnovata per il successivo triennio a meno che non sia revocata, secondo le modalità e i termini previsti per la comunicazione dell’opzione; tale disposizione si applica al termine di ciascun triennio.
Le modalità di comunicazione dell’esercizio e revoca dell’opzione sono stabilite con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate 30 aprile 2024.
L'opzione è esercitata dal soggetto controllante nel quadro FC “Redditi dei soggetti controllati non residenti (CFC)” della dichiarazione dei redditi ed ha efficacia a partire dal periodo d'imposta oggetto di dichiarazione.
Nel caso di controllo indiretto, per il tramite di soggetti residenti o stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti controllati, l'opzione è esercitata dal soggetto controllante di ultimo livello.
Nel caso di esercizio dell’opzione, essa è effettuata per tutti i soggetti controllati non residenti e che integrano le condizioni di cui al punto 2. di cui sopra (“passive income”).
Le disposizioni si applicano a condizione che i bilanci di esercizio siano oggetto di revisione e certificazione da parte di operatori professionali a ciò autorizzati nello Stato estero di localizzazione dei soggetti controllati non residenti, i cui esiti sono utilizzati dal revisore del soggetto controllante ai fini del giudizio sul bilancio annuale o consolidato.
L'utile contabile netto, cui applicare l'imposta sostitutiva del 15%, è calcolato a partire dal risultato contabile ottenuto dall'applicazione dei principi contabili utilizzati ai fini del bilancio consolidato, senza tuttavia considerare le rettifiche di consolidamento e le eventuali svalutazioni dei valori degli attivi e gli accantonamenti a fondi rischi.
L'imposta sostitutiva calcolata sull'utile contabile netto dell'esercizio è liquidata e versata dal soggetto controllante in proporzione alla quota di partecipazione agli utili allo stesso spettante, direttamente o indirettamente.
In caso di controllo indiretto per il tramite di soggetti residenti o di stabili organizzazioni nel territorio dello Stato, i redditi di ciascuna controllata sono imputati a tali soggetti e stabili organizzazioni per il tramite dei quali si verifica il controllo indiretto che provvedono alla liquidazione dell'imposta sostitutiva in proporzione alle rispettive quote di partecipazione.
Nel caso in cui al soggetto controllante siano stati imputati redditi di più controllate deve essere compilato un rigo per la tassazione del reddito di ciascuna controllata.
L'imposta sostitutiva nella misura del 15% comporta l'esclusione dell'utile contabile netto dalla determinazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi del socio controllante in sede di percezione del relativo flusso reddituale.
Disciplina ante riforma fiscalità internazionale
In base alle norme in vigore prima delle modifiche introdotte dalla riforma della tassazione internazionale (D.Lgs. n. 209/2023), a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018 (art. 13, c. 1, D.Lgs. n. 142/2018) la disciplina CFC si applica al verificarsi, congiuntamente, in capo al soggetto controllato, delle seguenti due condizioni:
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tassazione effettiva, nel Paese di localizzazione del soggetto controllato non residente, inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stato assoggetto qualora fosse stato residente in Italia (i criteri per effettuare, con modalità semplificate, la verifica di tale condizione è disciplinata dal Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate 27 dicembre 2021);
-
“passive income”, ossia quando il soggetto estero controllato consegue oltre un terzo del proprio reddito attraverso le seguenti tipologie di reddito:
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interessi o qualsiasi altro reddito generato da attivi finanziari;
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canoni o qualsiasi altro reddito generato da proprietà intellettuale;
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dividendi e redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni;
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redditi da leasing finanziario;
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redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie;
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redditi da operazioni di cessione di beni o prestazione di servizi a valore economico aggiunto scarso o nullo con soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente.
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Verifica della tassazione effettiva - Con Provvedimento 27 dicembre 2021, l’Agenzia delle Entrate ha definito i criteri per determinare, con modalità semplificata, l’effettivo livello di tassazione a cui è assoggettata la controllata al fine della comparazione tra tassazione effettiva estera e tassazione virtuale interna (punto 1 di cui sopra).
Per determinare la tassazione effettiva estera e la tassazione virtuale interna si applicano i seguenti criteri:
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il calcolo della tassazione virtuale interna è eseguito sulla base delle caratteristiche della controllata, partendo dai dati risultanti dal bilancio di esercizio o dal rendiconto della stessa, redatti secondo le norme dello Stato di localizzazione. In particolare, se il bilancio o il rendiconto sono redatti in conformità ai principi contabili internazionali, il socio residente è tenuto a determinare il reddito della controllata secondo le disposizioni appositamente previste per i soggetti che adottano tali principi contabili internazionali;
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salvo quanto previsto nelle successive lettere c), d), h) e i), sono prese in considerazione le imposte sul reddito effettivamente dovute nello Stato o territorio estero di localizzazione che devono trovare evidenza nel bilancio o rendiconto di esercizio della controllata, nella relativa dichiarazione dei redditi presentata alle competenti autorità fiscali, nelle connesse ricevute di versamento, nonché nella documentazione relativa alle eventuali ritenute subite ad opera di sostituti d’imposta o altri soggetti locali. Alle stesse condizioni, rilevano anche le imposte dovute, a titolo definitivo, in giurisdizioni diverse da quelle di localizzazione, sia dalla controllata sia da altri soggetti, in relazione al reddito della controllata stessa;
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se la controllata aderisce a una forma di tassazione di gruppo prevista nello Stato estero di insediamento, assumono rilievo esclusivamente le imposte sul reddito di competenza della medesima, singolarmente considerata;
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per determinare la tassazione effettiva estera e la tassazione virtuale interna sono irrilevanti le variazioni non permanenti della base imponibile, con riversamento certo e predeterminato in base alla legge o per piani di rientro (ad esempio, gli ammortamenti). Tale previsione non riguarda il riversamento collegato alle predette variazioni che sono state considerate rilevanti ai fini del confronto tra tassazione effettiva estera e tassazione virtuale interna nei periodi d’imposta precedenti al 2015 (periodo d’imposta di entrata in vigore del D.Lgs. n. 147/2015). Per evitare distorsioni nel confronto, sono considerate altresì irrilevanti:
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ai fini del calcolo della tassazione effettiva estera:
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le variazioni temporanee dal riversamento non certo e predeterminato che abbiano dato luogo, all’estero, ad una imposizione anticipata di componenti positivi di reddito o a una deduzione posticipata di componenti negativi di reddito rispetto a quanto rilevato in bilancio;
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le variazioni in diminuzione della base imponibile estera di natura temporanea e prive di riversamento certo e predeterminato (e relativi riassorbimenti), qualora trovino corrispondenza in variazioni analoghe a quelle dettate dalla disciplina interna sul piano della qualità, della quantità e della cadenza temporale;
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-
ai fini del calcolo della tassazione virtuale interna:
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le variazioni temporanee dal riversamento non certo e predeterminato che avrebbero dato luogo, in Italia, a una deduzione anticipata di componenti negativi di reddito o a una tassazione posticipata di componenti positivi di reddito rispetto a quanto rilevato in bilancio;
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le variazioni in aumento della base imponibile virtuale italiana di natura temporanea e prive di riversamento certo e predeterminato (e relativi riassorbimenti), qualora trovino corrispondenza in variazioni analoghe a quelle dettate dalla disciplina estera sul piano della qualità, della quantità e della cadenza temporale;
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-
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ai fini della determinazione della tassazione virtuale interna non si tiene conto dell’applicazione in Italia del regime dell’ACE (
32.3.) e delle disposizioni riguardanti le società di comodo, le società in perdita sistematica e gli Indici Sintetici di Affidabilità (c.d. ISA);
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non rilevano i regimi fiscali opzionali cui la controllata avrebbe potuto aderire qualora fosse stata residente in Italia;
-
l’imposizione italiana nei limiti del 5% del dividendo o della plusvalenza (art. 87, c. 1, lett. c) e 89, c. 3, D.P.R. n. 917/1986) si considera equivalente a un regime di esenzione totale che preveda, nello Stato di localizzazione della controllata, l’integrale indeducibilità dei costi connessi alla partecipazione;
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ai fini del calcolo della tassazione virtuale interna non si tiene conto del limite di utilizzo delle perdite fiscali pregresse (art. 84, c. 1, D.P.R. n. 917/1986) e, ai fini della tassazione effettiva estera, delle limitazioni di analoga natura previste dalla normativa dello Stato o territorio di localizzazione;
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ai fini del calcolo della tassazione effettiva estera vanno considerati gli effetti sul calcolo del reddito imponibile o delle imposte corrispondenti di qualsiasi agevolazione fruita dalla controllata ovvero accordata in base ad un apposito accordo concluso con l’Amministrazione fiscale estera;
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è ammessa la possibilità di effettuare, in ciascun esercizio, i calcoli connessi alla tassazione effettiva estera e alla tassazione virtuale interna attribuendo rilevanza fiscale ai valori di bilancio della controllata estera (art. 2, c. 2, D.M. n. 429/2001). L’opzione alternativa di monitorare i valori fiscali di riferimento durante il periodo di possesso della partecipazione di controllo nella entità estera, con conseguente loro rilevanza anche in caso di tassazione per trasparenza, va effettuata attraverso una manifestazione di volontà, non modificabile, da esprimere attraverso apposita indicazione nel modello di dichiarazione dei redditi.
31.3.4. Esimente
31.3.4.EsimenteLa disciplina CFC non si applica alle situazioni in cui il soggetto controllato non residente svolge un’attività economica sostanziale mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali.
Il contribuente può dimostrare la sussistenza di tale esimente anche attraverso la presentazione dell’interpello facoltativo (art. 11, c. 1, lett. b), Legge n. 212/2000).
Nella circolare 27 dicembre 2021, n. 18/E, l’Agenzia delle Entrate ha riportato, in allegato, i documenti che è necessario presentare per far valere l’esimente.
Il contribuente può fuoriuscire dal regime di imputazione dei redditi ai sensi della normativa CFC scegliendo, anche alternativamente, di dimostrare l’esimente ovvero di superare le condizioni dell’ETR test e/o del passive income test.
Ne consegue che il regime di tassazione per trasparenza, una volta adottato dal contribuente (per scelta volontaria oppure per il concretizzarsi delle condizioni di ingresso nel regime CFC), può venire ad interrompersi anche in base all’andamento dell’ETR test e/o del passive income test, restando ferma la facoltà del contribuente, sempre per ragioni di semplificazione, di continuare ad applicare la disciplina CFC sino a quando non si siano eventualmente concretizzate le condizioni per fruire (anche) dell’esimente (circ. 28 luglio 2022, n. 29/E).
31.3.5. Tassazione
31.3.5.TassazioneI redditi del soggetto controllato non residente sono imputati al soggetto residente in proporzione alla sua quota di partecipazione agli utili.
In caso di partecipazione indiretta la quota di partecipazione agli utili è determinata tenendo conto della demoltiplicazione prodotta sugli utili dalla catena societaria partecipativa.
Per la determinazione del reddito del soggetto controllato non residente, da imputare per trasparenza al soggetto residente, si applicano le regole di determinazione del reddito ai fini IRES previste per le imprese residenti, ad eccezione delle disposizioni riguardanti:
-
le società di comodo e le società in perdita sistematica (
30.);
-
gli ISA;
-
l’Aiuto alla Crescita Economica (ACE) (
32.3.);
-
la rateizzazione delle plusvalenze (art. 86, c. 4, D.P.R. n. 917/1986).
Tali esclusioni sono volte a garantire una maggiore equivalenza della base imponibile del reddito estero, imputato per trasparenza in capo al socio italiano, rispetto allo stesso reddito qualora questo fosse stato prodotto in Italia.
Inoltre:
-
sono assoggettati a tassazione separata i redditi da imputare per trasparenza, con aliquota media del soggetto controllante, comunque non inferiore all’aliquota ordinaria IRES (
20.3.);
-
sono esclusi da tale regola i redditi provenienti da organismi di investimento collettivo di risparmio non residenti; essi sono assoggettati ad imposta in capo al soggetto controllante residente, se e nella misura in cui gli stessi redditi sarebbero stati assoggettati ad imposizione ove prodotti da organismi di investimento (OICR) residenti.
Dall’imposta determinata sono ammesse in detrazione le imposte pagate all’estero da soggetto non residente a titolo definitivo.
Sono esclusi dal reddito del soggetto residente gli utili distribuiti dal soggetto controllato non residente, per un ammontare corrispondente al reddito già imputato per trasparenza ed anche in periodi d’imposta precedenti.
Si può effettuare la detrazione delle imposte pagate all’estero sugli utili distribuiti che non concorrono alla formazione del reddito, fino a un ammontare pari alla differenza tra l’imposta calcolata sui redditi imputati per trasparenza e le imposte pagate all’estero dal soggetto non residente a titolo definitivo.
La detassazione degli utili distribuiti non opera nei confronti degli OICR non residenti i cui redditi restano interamente imponibili al momento dell’incasso; per equiparare il trattamento a un Fondo residente, al costo fiscale delle quote dell’OICR vanno aggiunte le ritenute subite in Italia.
31.3.6. Attività di controllo
31.3.6.Attività di controlloL’Agenzia delle Entrate, prima di procedere all’emissione dell’avviso di accertamento d’imposta o di maggiore imposta, deve notificare all’interessato un apposito avviso con il quale viene concessa al medesimo la possibilità di fornire, nel termine di 90 giorni, le prove per la disapplicazione delle disposizioni. Ove non ritenga idonee le prove addotte, dovrà darne specifica motivazione nell’avviso di accertamento.
Fatti salvi i casi in cui la disciplina sulle CFC sia stata applicata ovvero non lo sia stata per effetto dell’ottenimento di una risposta favorevole all’interpello, il socio residente controllante deve comunque segnalare nella dichiarazione dei redditi la detenzione di partecipazioni in imprese estere controllate.
In tale ultimo caso l’obbligo di segnalazione sussiste solo al ricorrere delle condizioni
previste per l’applicazione della disciplina CFC (31.3.3.).
L’esimente (31.3.4.) non deve essere dimostrata in sede di controllo qualora il contribuente abbia ottenuto
risposta positiva al relativo interpello, fermo restando il potere dell’Agenzie delle Entrate di controllare la veridicità
e completezza delle informazioni e degli elementi di prova forniti in tale sede.
31.4. Credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero
31.4.Credito d’imposta per i redditi prodotti all’esteroSe alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra
i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di
precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione (
20.6.) (art. 165, D.P.R. n. 917/1986).
31.5. Imposizione in uscita
31.5.Imposizione in uscitaLa disciplina sul trasferimento all’estero della residenza dei contribuenti che sono imprese commerciali (c.d. “Exit tax”), con effetto dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018, è stata oggetto di importanti modifiche ad opera del D.Lgs. n. 142/2018, in vigore dal 12 gennaio 2019, che ha recepito la Direttiva n. 2016/1164/UE (Direttiva ATAD).
La precedente disciplina (art. 166, D.P.R. n. 917/1986) pur essendo stata completamente riscritta, ha mantenuto alcune disposizioni applicative che, nella previgente normativa, erano regolate tramite dal D.M. 2 luglio 2014.
Inoltre, sono state modificate integralmente anche le disposizioni relative al riconoscimento fiscale dei valori in ingresso (art. 166-bis, D.P.R. n. 917/1986).
Disciplina transitoria - Dal momento che il D.M. 2 luglio 2014 è implicitamente abrogato, sono fatti salvi gli effetti derivanti dall’applicazione del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate 10 luglio 2014 (emanato in attuazione di detto decreto ministeriale) con il quale sono state adottate le modalità per l’esercizio dell’opzione per la disciplina sull’exit tax nonché della rateazione (art. 2, c. 2, D.Lgs. n. 142/2018).
In tal modo le disposizioni dettate da tale norma continuano ad avere efficacia anche per la nuova disciplina fino a emanazione di un ulteriore provvedimento.
31.5.1. Disciplina pregressa sulla exit tax
31.5.1.Disciplina pregressa sulla exit taxI soggetti che trasferiscono la residenza, ai fini delle imposte sui redditi, in Stati UE ovvero in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo inclusi nella white list, con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo sulla reciproca assistenza in materia
di riscossione dei crediti tributari, possono richiedere l’applicazione della c.d. exit tax (art. 166, c. 2-quater, D.P.R. n. 917/1986; D.M. 2 agosto 2013 e D.M. 2 luglio 2014).
Si tratta dell’opzione per la sospensione della riscossione delle imposte sui redditi dovute sulla plusvalenza, unitariamente determinata, in base al valore normale dei componenti dell’azienda o del complesso aziendale, che non siano confluiti in una Stabile Organizzazione situata nel territorio dello Stato.
Nei suddetti componenti si comprendono il valore dell’avviamento e quello delle funzioni e dei rischi propri dell’impresa, determinati sulla base dell’ammontare che imprese indipendenti avrebbero riconosciuto per il loro trasferimento.
Le stesse regole si applicano se una Stabile Organizzazione situata nel territorio dello Stato è trasferita in un altro degli Stati sopra indicati.
Il trasferimento della residenza è determinato tenendo conto delle convenzioni in materia di doppia imposizione.
Il momento in cui si considera conseguita la plusvalenza derivante dal trasferimento di sede coincide con la fine dell’ultimo periodo d’imposta di residenza in Italia o di esistenza in Italia della Stabile Organizzazione oggetto di trasferimento.
Il regime di exit tax opera anche con riferimento alle operazioni straordinarie realizzate con Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo.
Esclusioni - Sono esclusi in ogni caso dalla sospensione:
-
i maggiori e i minori valori dei beni che costituiscono ricavi (
22.2.) (art. 85, D.P.R. n. 917/1986);
-
i fondi in sospensione d’imposta non ricostituiti nel patrimonio dell’eventuale Stabile Organizzazione italiana e gli altri componenti negativi o positivi che concorrono a formare il reddito dell’ultimo periodo d’imposta di residenza in Italia e non attinenti ai cespiti trasferiti la cui deduzione o tassazione era stata rinviata in ottemperanza a norme del D.P.R. n. 917/1986.
Imposte - Le imposte sui redditi oggetto di sospensione sono versate nell’esercizio in cui si considerano realizzati gli elementi dell’azienda o del complesso aziendale trasferiti.
Per le partecipazioni diverse da quelle che costituiscono ricavi (22.2.) (art. 85, D.P.R. n. 917/1986), la riscossione avviene, oltre che in sede di cessione, anche nell’esercizio di
distribuzione degli utili o delle riserve di capitale.
Sull’importo sospeso sono dovute garanzie proporzionali all’importo dell’imposta sospeso.
In alternativa al pagamento immediato e alla modalità di riscossione delle imposte sui redditi, le imposte stesse, anche relative a ciascun cespite, possono essere versate in quote costanti con riferimento all’esercizio in cui ha efficacia il trasferimento e nei cinque successivi, maggiorate degli interessi.
Per consentire il versamento, tramite Mod. F24, delle imposte rateizzate sulle plusvalenze da exit tax, sono stati istituiti i seguenti codici tributo (ris. 24 aprile 2014, n. 44/E):
-
4049 denominato “Imposta rateizzata sulla plusvalenza da exit-tax di cui all’art. 166 del TUIR - IRPEF”;
-
2026 denominato “Imposta rateizzata sulla plusvalenza da exit-tax di cui all’art. 166 del TUIR - IRES”;
-
2027 denominato “Imposta rateizzata sulla plusvalenza da exit-tax di cui all’art. 166 del TUIR - Maggiorazione IRES - Società di comodo”;
-
2028 denominato “Imposta rateizzata sulla plusvalenza da exit-tax di cui all’art. 166 del TUIR - Addizionale IRES - settore petrolifero e gas”;
-
2030 denominato “Imposta rateizzata sulla plusvalenza da exit-tax di cui all’art. 166 del TUIR - Addizionale IRES - enti creditizi, finanziari e assicurativi”.
Decadenza - Si decade dal beneficio (e, pertanto, si deve effettuare il versamento dell’imposta residua) nei casi di trasferimento di sede in uno Stato diverso dagli Stati appartenenti all’Unione europea o aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo, di liquidazione o estinzione del soggetto estero nonché di conferimento ovvero di fusione o scissione che comportano il trasferimento dell’azienda ad altro soggetto residente in uno Stato diverso da quelli sopra richiamati.
Opzione - Può essere esercitata anche distintamente per ciascuno dei cespiti o componenti non confluiti in una Stabile Organizzazione situata nel territorio dello Stato; a tal fine la plusvalenza è riferita a ciascun cespite o componente trasferito in base al rapporto tra il suo maggior valore e il totale dei maggiori valori trasferiti.
L’esercizio dell’opzione comporta il venir meno degli obblighi di monitoraggio annuale.
Trasferimento di azienda o ramo d’azienda - È possibile sospendere l’applicazione della c.d. exit tax anche nel caso di trasferimento, da parte di un’impresa non residente nel territorio dello Stato, di una parte o della totalità degli attivi collegati ad una Stabile Organizzazione ed aventi ad oggetto un’azienda o un ramo d’azienda, verso altro Stato appartenente all’Unione europea ovvero aderente all’Accordo sullo spazio economico (artt. 11 e 12, D.Lgs. n. 147/2015).
La sospensione dell’exit tax si applica anche ai trasferimenti che conseguono indirettamente ad altre operazioni straordinarie (fusioni, scissioni e conferimenti), alle condizioni di legge.
31.5.2. Disciplina sull’imposizione in uscita
31.5.2.Disciplina sull’imposizione in uscitaLe norme sull’imposizione in uscita si applicano alle imprese commerciali che:
-
sono fiscalmente residenti nel territorio della Stato e trasferiscono all’estero la propria residenza fiscale;
-
sono fiscalmente residenti nel territorio dello Stato e trasferiscono attivi ad una loro Stabile Organizzazione situata all’estero, con riferimento allo quale si applica l’esenzione degli utili e delle perdite;
-
sono fiscalmente residenti all’estero, possiedono una Stabile Organizzazione situata nei territori della Stato e trasferiscono l’intera stabile organizzazione alla sede centrale o ad altra Stabile Organizzazione situata all’estero;
-
sono fiscalmente residenti all’estero, possiedono una Stabile Organizzazione situata nel territorio dello Stato e trasferiscono attivi facenti parte del patrimonio di tale Stabile Organizzazione alla sede centrale o ad altra Stabile Organizzazione situata all’estero;
-
sono fiscalmente residenti nel territorio dello Stato e sono stati incorporati da una società non residente oppure hanno effettuato una scissione a favore di una o più beneficiarie non residenti, oppure hanno effettuato il conferimento di una Stabile Organizzazione o di un ramo di essa situati all’estero a favore di un soggetto residente all’estero.
Trasferimento di attivi a o da una Stabile Organizzazione - Si intende effettuato quando le attività si considerano rispettivamente entrate nel patrimonio o uscite dal patrimonio della Stabile Organizzazione.
Ciò in applicazione dei criteri definiti dall’OCSE, considerando la Stabile Organizzazione un’entità separata e indipendente, che svolge le medesime o analoghe attività, in condizioni identiche o similari e tenendo conto delle funzioni svolte, dei rischi assunti e dei beni utilizzati.
Determinazione dell’imponibile in uscita - Le regole variano a seconda delle situazioni che si possono verificare.
Ipotesi | Regole per determinare l’imponibile in uscita |
Trasferimento della residenza all’estero |
La plusvalenza, unitariamente intesa, è data dalla differenza tra valore di mercato e il costo fiscalmente riconosciuto degli attivi trasferiti. La fattispecie non ricorre nell’ipotesi in cui detti attivi confluiscono in una Stabile Organizzazione di tale soggetto, divenuto non residente, situata nel territorio dello Stato. |
Il soggetto residente trasferisce attivi in una propria Stabile Organizzazione all’estero |
La base imponibile è data dalla differenza tra il valore di mercato e il costo fiscalmente riconosciuto degli attivi trasferiti. |
La Stabile Organizzazione in Italia di un soggetto non residente viene trasferita nella sua globalità in altro Paese, ovvero riassorbita dalla casa madre | La plusvalenza, unitariamente intesa, è costituita dalla differenza tra il valore di mercato e il corrispondente costo fiscalmente riconosciuto dei beni e diritti facenti parte del patrimonio della Stabile Organizzazione. |
La Stabile Organizzazione in Italia di un soggetto non residente trasferisce in tutto
o in parte i propri attivi in altro Paese, ovvero i medesimi vengono riassorbiti dalla casa madre |
La base imponibile è data dalla differenza tra il valore di mercato e il costo fiscalmente riconosciuto degli attivi trasferiti. |
Operazioni straordinarie | La plusvalenza, unitariamente determinata, è costituita dalla differenza tra il valore di mercato complessivo e il corrispondente costo fiscalmente riconosciuto dei beni e diritti che prima del perfezionamento dell’operazione erano di proprietà del soggetto fiscalmente residente nel territorio dello Stato o che facevano parte del patrimonio di una Stabile Organizzazione di un soggetto non residente situata nel territorio dello Stato. |
La disciplina dell’imposizione in uscita non si applica se, contestualmente al perfezionamento, i valori confluiscono in una Stabile Organizzazione di un soggetto non residente situato nel territorio dello Stato.
Valore di mercato - Il valore di mercato per la valutazione dei componenti trasferiti, in sostituzione
del valore normale, è determinato con riferimento alle condizioni e ai prezzi che
sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza, tenendo conto delle indicazioni del Ministero dell’economia e delle finanze in tema
di prezzi di trasferimento (21.8.) (D.M. 14 maggio 2018; art. 110, c. 7, D.P.R. n. 917/1986).
Tassazione fondi e riserve - La tassazione dei fondi e delle riserve in sospensione d’imposta varia a seconda del tipo di soggetto interessato.
Tipo di soggetti | Tassazione fondi e riserve |
Fiscalmente residenti nel territorio della Stato e trasferiscono all’estero la propria residenza fiscale |
Le riserve in sospensione d’imposta, incluse quelle tassabili solo in caso di distribuzione, che risultano iscritte in bilancio al termine dell’ultimo periodo d’imposta di residenza o prima del perfezionamento dell’operazione sono tassate se, e nella misura in cui, non sono ricostituite nel patrimonio contabile di una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato |
Fiscalmente residenti nel territorio dello Stato e sono stati incorporati da una società
non residente oppure hanno effettuato una scissione a favore di una o più beneficiarie
non residenti, oppure hanno effettuato il conferimento di una stabile organizzazione o di un ramo di essa situati all’estero a favore di un soggetto residente all’estero |
|
Fiscalmente residenti all’estero, con una stabile organizzazione situata nei territori della Stato e trasferiscono l’intera stabile organizzazione alla sede centrale o ad altra stabile organizzazione situata all’estero |
Le riserve in sospensione d’imposta, incluse quelle tassabili solo in caso di distribuzione, che risultano iscritte nel rendiconto economico e patrimoniale (art. 152, c. 1, D.P.R. n. 917/1986), sono tassate nel momento in cui si considera effettuato il trasferimento dell’intera stabile organizzazione |
Regime delle perdite - Il trattamento delle perdite è anch’esso differenziato in ragione delle diverse fattispecie individuate dalla norma (art. 116, c. 6, D.P.R. n. 917/1986).
Periodo d’imposta di imputazione del reddito - I redditi sono determinati in via definitiva come indicato in tabella.
Soggetti | Periodo d’imposta |
Fiscalmente residenti nel territorio della Stato che trasferiscono all’estero la propria residenza fiscale |
Alla fine dell’ultimo periodo d’imposta di residenza fiscale in Italia |
Fiscalmente residenti nel territorio dello Stato che trasferiscono attivi ad una loro Stabile Organizzazione situata all’estero, con riferimento allo quale si applica l’esenzione degli utili e delle perdite |
Nel momento in cui si considera effettuato il trasferimento alla Stabile Organizzazione situata all’estero |
Fiscalmente residenti all’estero, possiedono una Stabile Organizzazione situata nei territori della Stato e trasferiscono l’intera stabile organizzazione alla sede centrale o ad altra Stabile Organizzazione situata all’estero |
Nel momento in cui si considera effettuato il trasferimento dell’intera Stabile Organizzazione |
Fiscalmente residenti all’estero, possiedono una Stabile Organizzazione situata nel territorio dello Stato e trasferiscono attivi facenti parte del patrimonio di tale Stabile Organizzazione alla sede centrale o ad altra Stabile Organizzazione situata all’estero |
Nel momento in cui si considera effettuato il trasferimento alla sede centrale o alla Stabile Organizzazione situata all’estero |
Fiscalmente residenti nel territorio dello Stato che sono stati incorporati da una società non residente oppure che hanno effettuato una scissione a favore di una o più beneficiarie non residenti, oppure che hanno effettuato il
conferimento di una Stabile Organizzazione o di un ramo di essa situati all’estero a favore di un soggetto residente all’estero |
Nel momento in cui ha effetto l’operazione |
È comunque previsto che:
-
in caso di trasferimento della residenza all’estero, la plusvalenza si intende realizzata nell’ultimo periodo d’imposta il cui reddito va dichiarato in Italia;
-
negli altri casi il reddito è imputato al momento di perfezionamento delle rispettive operazioni.
Non si tiene conto di minusvalenze o plusvalenze realizzate successivamente al momento di determinazione del reddito in via definitiva.
Rateizzazione dell’exit tax - Gli importi sono dilazionabili in 5 rate (D.M. 2 luglio 2014) (96.6.).
La rateizzazione riguarda l’intera imposta e sulle rate sono dovuti interessi.
Alle imprese individuali ed alle società di persone si applica la tassazione separata, che colpisce:
-
le plusvalenze, compreso il valore di avviamento, realizzate mediante cessione a titolo oneroso di aziende possedute da più di 5 anni e redditi conseguiti in dipendenza di liquidazione, anche concorsuale, di imprese commerciali esercitate da più di 5 anni;
-
i redditi compresi nelle somme attribuite o nel valore normale dei beni assegnati ai soci di società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice nei casi di recesso, esclusione e riduzione del capitale o agli eredi in caso di morte del socio, e redditi imputati ai soci in dipendenza di liquidazione, anche concorsuale, delle società stesse, se il periodo di tempo intercorso tra la costituzione della società e la comunicazione del recesso o dell’esclusione, la deliberazione di riduzione del capitale, la morte del socio o l’inizio della liquidazione è superiore a 5 anni.
Il trasferimento della residenza fiscale all’estero da parte di una società di capitali non dà luogo di per sé all’imposizione dei soci della società trasferita.
31.6. Imposizione fiscale in ingresso
31.6.Imposizione fiscale in ingressoLa disciplina sul trasferimento in Italia della residenza o della sede dei contribuenti esteri, con effetto dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018, è stata oggetto di importanti modifiche ad opera del D.Lgs. n. 142/2018, in vigore dal 12 gennaio 2019, che ha recepito la Direttiva n. 2016/1164/UE (Direttiva ATAD).
Le disposizioni relative al riconoscimento fiscale dei valori in ingresso sono contenute nell’art. 166-bis D.P.R. n. 917/1986.
Soggetti interessati - La disciplina si applica:
-
all’impresa commerciale che si trasferisce fiscalmente nel territorio dello Stato;
-
al soggetto residente all’estero che trasferisce a una propria Stabile Organizzazione situata nel territorio dello Stato attivi e, per effetto del trasferimento, lo Stato di residenza di tale soggetto perde il diritto di tassare gli attivi trasferiti;
-
al soggetto fiscalmente residente all’estero che trasferisce nel territorio dello Stato un complesso aziendale e, per effetto del trasferimento, lo Stato di residenza di tale soggetto perde il diritto di tassare i redditi generati dall’azienda o dal ramo di azienda trasferiti;
-
al soggetto residente in Italia che possiede una Stabile Organizzazione situata all’estero, con riferimento alla quale si applica la c.d. branch exemption (
31.7.) (esenzione degli utili e delle perdite, art. 168-ter, D.P.R. n. 917/1986), che trasferisce alla sede centrale attivi facenti parte del patrimonio di tale Stabile Organizzazione;
-
al soggetto fiscalmente residente all’estero, oggetto di incorporazione da parte di una società fiscalmente residente nel territorio dello Stato, che effettua una scissione a favore di una o più entità beneficiarie residenti nel territorio dello Stato, oppure effettua il conferimento di una Stabile Organizzazione situata al di fuori del territorio dello Stato a favore di un soggetto fiscalmente residente nel territorio dello Stato.
Momento di effettuazione del trasferimento - Il trasferimento di attivi a una Stabile Organizzazione o da una Stabile Organizzazione si intende effettuato quando, gli attivi si considerano entrati nel patrimonio o usciti dal patrimonio della Stabile Organizzazione. Tale regola segue i criteri definiti dall’OCSE, che considerano la Stabile Organizzazione un’entità separata e indipendente, che svolge le medesime o analoghe attività, in condizioni identiche o similari, e tenendo conto delle funzioni svolte, dei rischi assunti e dei beni utilizzati.
Le attività oggetto di trasferimento assumono fiscalmente il valore di mercato, ai fini dell’applicazione della norma sulla tassazione in ingresso, a condizione che i soggetti coinvolti nel trasferimento abbiano la residenza fiscale in uno Stato appartenente all’Unione europea oppure in uno Stato incluso nella lista degli stati con cui vi è adeguato scambio di informazioni fiscali.
Valore di mercato - È determinato con riferimento alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti
tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili tenendo conto, qualora si tratti di valore riferibile
a un complesso aziendale o a un ramo di azienda, del valore dell’avviamento, calcolato
considerando le funzioni e dei rischi trasferiti, sulla base delle indicazioni contenute
nel D.M. 14 maggio 2018 emanato ai sensi delle norme sul transfer pricing (21.8.) (art. 110, c. 7, D.P.R. n. 917/1986).
Trasferimento in Stati diversi da quelli UE - Se il soggetto coinvolto nell’operazione fa parte di Stati o territori diversi dall’UE o da quelli con cui vi è adeguato scambio di informazioni fiscali, il valore fiscale assunto è il valore di mercato, determinato in esito all’accordo preventivo stipulato con l’Amministrazione finanziaria (art. 31-ter, D.P.R. n. 600/1973).
In assenza di tale accordo, il valore fiscale delle attività e delle passività è assunto, per le prime, in misura pari al minore tra il costo di acquisto, il valore di bilancio e il valore di mercato, mentre per le seconde, in misura pari al maggiore tra questi.
Sanzioni - In caso di omessa o incompleta segnalazione, si applica la sanzione amministrativa pari al 10% dell’importo complessivo delle spese e dei componenti negativi non indicati nella dichiarazione dei redditi, con un minimo di 500 ed un massimo di 50.000 euro (art. 8, c. 3-bis, D.Lgs. n. 471/1997).
31.7. Branch exemption
31.7.Branch exemptionÈ previsto un regime di esenzione degli utili e delle perdite delle Stabili Organizzazioni di imprese residenti (c.d. branch exemption) (art. 168-ter, D.P.R. n. 917/1986; Provv. 28 agosto 2017).
Tale esenzione è opzionale: l’opzione è irrevocabile ed è esercitata al momento di costituzione della Stabile Organizzazione, con effetto dal medesimo periodo d’imposta.
Se la Stabile Organizzazione soddisfa le condizioni previste per le CFC (31.3.3.) (art. 167, c. 4, D.P.R. n. 917/1986), l’opzione si esercita, relativamente a tali stabili organizzazioni, a condizione
che ricorra l’esimente prevista per le CFC (
31.3.4.) (art. 167, c. 5, D.P.R. n. 917/1986.
È stabilito un regime transitorio, ossia la possibilità per un’impresa di passare dal metodo del credito d’imposta a quello della branch exemption, senza che ciò determini l’emersione di plusvalenze latenti tassabili o minusvalenze latenti deducibili.
Inoltre, si riconosce al contribuente la possibilità di interpellare l’Agenzia delle Entrate in merito all’esistenza di una sua Stabile Organizzazione estera e, altresì, anche in merito alla spettanza del credito d’imposta per redditi prodotti all’estero (art. 165, D.P.R. n. 917/1986).
Branch exemption | |
Aspetto | Disciplina |
Esercizio dell’opzione | L’opzione va effettuata nella dichiarazione dei redditi riferita al periodo d’imposta di costituzione della branch, a partire dal quale è efficace il regime di branch exemption. L’opzione è efficace a condizione che sia configurabile una Stabile Organizzazione nello Stato estero di
localizzazione ai sensi della convenzione contro le doppie imposizioni tra quest’ultimo
e l’Italia, ove in vigore, ovvero, in mancanza di una convenzione, dei criteri di
configurazione della Stabile Organizzazione (![]() Se lo Stato estero accerta l’esistenza di una Stabile Organizzazione, il contribuente può esercitare l’opzione per l’esenzione degli utili e delle perdite attribuibili alla stessa, ovvero, se già in regime di branch exemption, deve includere la Stabile Organizzazione nel perimetro di esenzione, nell’esercizio in cui l’accertamento estero è diventato definitivo, purché, oltre alla configurazione nello Stato estero, ricorrano le ulteriori condizioni di cui sopra. L’opzione ha effetto nei confronti di tutte le Stabili Organizzazioni dell’impresa esistenti al momento dell’esercizio, nonché per quelle costituite successivamente senza che sia necessaria una nuova opzione. Il mancato esercizio dell’opzione nei termini sopra indicati non impedisce all’impresa di accedere successivamente al regime di branch exemption ogni volta che costituisce una nuova branch, con le modalità e gli effetti precedenti sopra illustrati. |
Cessazione dell’efficacia dell’opzione |
L’efficacia dell’opzione cessa a seguito della chiusura, anche per liquidazione o cessione, di tutte le branch esenti, oltre che nel caso di operazioni straordinarie. La successiva costituzione di altre Stabili Organizzazioni richiede l’esercizio di una nuova opzione, ove l’impresa scelga di ricominciare ad applicare il medesimo regime. Dopo la cessazione di efficacia dell’opzione, la costituzione nei 3 periodi d’imposta successivi di una o più branch nei medesimi Stati o territori esteri da parte dell’impresa, in assenza di una nuova opzione, viene valutata mediante presentazione di interpello per conoscere se le operazioni costituiscano fattispecie di abuso del diritto. |
Il contribuente non può procedere con la revoca dell’opzione per il regime di branch exemption in ragione di un mero ripensamento basato su criteri di convenienza che sono successivamente maturati. L’esercizio dell’opzione per il regime di esenzione esprime una manifestazione di volontà per la quale la dichiarazione assume il valore di un atto negoziale, e come tale può essere modificato solamente in presenza di errore, dolo, violenza (Agenzia delle Entrate, principio di diritto 28 novembre 2018, n. 13). | |
Recapture delle perdite fiscali pregresse |
Se nei 5 periodi d’imposta antecedenti a quello di efficacia dell’opzione, la Stabile Organizzazione ha conseguito perdite fiscali imputate all’impresa, i redditi realizzati da detta Stabile Organizzazione in regime di branch exemption
partecipano alla formazione del reddito imponibile di casa madre fino a concorrenza
delle perdite fiscali nette pregresse prodotte dalla medesima Stabile Organizzazione.
Le eventuali perdite fiscali conseguite dalla stessa branch in vigenza dell’opzione
non hanno alcuna rilevanza. A tal fine si considera l’ammontare delle perdite fiscali conseguite dalla Stabile Organizzazione al netto dei redditi imponibili realizzati dalla medesima branch nel quinquennio considerato. Rilevano solo i redditi imponibili e le perdite fiscali della Stabile Organizzazione, determinati ai sensi delle disposizioni fiscali italiane, che hanno concorso a formare il reddito dell’impresa nel suo complesso. Le operazioni volte ad anticipare il conseguimento di perdite prima dell’esercizio dell’opzione, ovvero volte a posticipare la realizzazione di utili dopo l’esercizio dell’opzione saranno valutate mediante presentazione di interpello per conoscere se le operazioni costituiscono fattispecie di abuso del diritto. Le perdite così determinate sono oggetto di recapture solo per l’ammontare delle stesse effettivamente utilizzato, da calcolarsi secondo le modalità di cui sopra. La parte non utilizzata non concorre a formare le perdite fiscali di casa madre riportabili da quest’ultima in base alle regole generali ( ![]() Le perdite fiscali della Stabile Organizzazione si considerano utilizzate quando hanno compensato in tutto o in parte il reddito imponibile di casa madre. Qualora nei 5 periodi d’imposta antecedenti a quello di efficacia dell’opzione siano state conseguite perdite fiscali sia dalla branch sia dall’impresa, quelle di quest’ultima si considerano prioritariamente utilizzate. Ai fini della determinazione e del riassorbimento del recapture, la casa madre calcola il recapture per singolo Stato o territorio estero, assumendo che in ciascuno esista una sola Stabile Organizzazione, anche se divisa in più siti produttivi. Il recapture per singolo Stato o territorio estero si determina sommando algebricamente, per i 5 periodi d’imposta precedenti a quello di efficacia dell’opzione, i risultati reddituali conseguiti dalla branch. Se il risultato è negativo, detto importo rappresenta l’ammontare dei redditi successivamente conseguiti dalla branch esente che concorrono a formare il reddito imponibile di casa madre, purché ricorrano le suddette condizioni. |
Il recapture per singolo Stato o territorio rileva ai fini dello scomputo dalla relativa
imposta italiana delle eventuali eccedenze d’imposta estera riportabili (![]() In caso di trasferimento, a qualsiasi titolo, di una branch esente soggetta a recapture a favore di un soggetto appartenente al medesimo gruppo di casa madre, l’eventuale plusvalenza o minusvalenza conseguita a seguito del trasferimento della Stabile Organizzazione concorre alla formazione del recapture che prosegue nei confronti dell’avente causa, purché quest’ultimo sia residente nel territorio dello Stato e in regime di branch exemption o eserciti la relativa opzione anche successivamente al trasferimento. In caso di opzione successiva al trasferimento, il quinquennio rilevante ai fini della determinazione del recapture decorre a ritroso dal periodo d’imposta di efficacia dell’opzione in capo all’avente causa, anche se include il recapture residuo che non è stato assorbito in capo al dante causa. In caso di trasferimento, a qualsiasi titolo, di una branch non in regime di esenzione a favore di un soggetto appartenente al medesimo gruppo della casa madre, l’eventuale plusvalenza o minusvalenza conseguita a seguito del trasferimento della Stabile Organizzazione concorre alla formazione del recapture, che sarà riassorbito in capo all’avente causa qualora quest’ultimo sia residente nel territorio dello Stato e in regime di branch exemption o eserciti la relativa opzione in occasione del trasferimento o successivamente al trasferimento stesso. Il quinquennio rilevante ai fini della determinazione del recapture decorre a ritroso dal periodo d’imposta di efficacia dell’opzione in capo all’avente causa, anche se include periodi d’imposta in cui la casa madre della Stabile Organizzazione era ancora il dante causa. In caso di cessione di una branch esente soggetta a recapture a favore di un soggetto non residente o non appartenente al medesimo gruppo, il dante causa scomputa il recapture, ove esistente, dall’eventuale plusvalenza esente realizzata e fino a concorrenza della stessa. Il recapture va, al ricorrere dei presupposti, corrispondentemente rettificato a seguito di accertamenti divenuti definitivi. |
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Recapture e consolidato fiscale nazionale o regime di trasparenza fiscale | In caso di adesione dell’impresa al regime del consolidato nazionale (![]() ![]() |
Se, a seguito dell’interruzione o del mancato rinnovo dell’opzione per il consolidato nazionale, alla casa madre o alla consolidante sono attribuite delle perdite fiscali e una
parte di queste è stata realizzata da una Stabile Organizzazione nei cinque periodi
d’imposta antecedenti a quello in cui ha effetto l’opzione per la branch exemption,
il soggetto cui sono attribuite le perdite fiscali può utilizzare l’intero ammontare
delle stesse a condizione che il recapture sia già avvenuto. Se il recapture è ancora
in corso, il soggetto cui sono attribuite le perdite può sterilizzarle per la parte
residua di recapture, ovvero continuare a utilizzarle a condizione che il recapture
sia completato. Le stesse regole si applicano, in quanto compatibili, anche se la casa madre è in regime di trasparenza ( ![]() |
|
Trattamento delle operazioni interne pregresse |
Se nei 5 periodi d’imposta precedenti a quello di efficacia dell’opzione, l’impresa ha trasferito, a qualsiasi titolo, alla Stabile Organizzazione attività o passività, compresi i beni che costituiscono ricavi (art. 85, D.P.R. n. 917/1986), nonché funzioni e rischi che al momento del trasferimento non sono stati valorizzati
in capo alla medesima branch in base al valore determinato secondo le regole del transfer
pricing (![]() L’adeguamento del costo fiscale al valore di cui al periodo precedente delle attività e/o passività nonché delle funzioni e rischi ricevuti dalla branch avviene mediante apposite variazioni in aumento e diminuzione da effettuare nella sezione della dichiarazione dei redditi relativa alla determinazione del reddito dell’impresa nel complesso e della Stabile Organizzazione esente. |
Determinazione del reddito della Stabile Organizzazione esente | Anche in assenza di specifiche disposizioni di una convenzione contro le doppie imposizioni
tra lo Stato italiano e lo Stato di localizzazione della Stabile Organizzazione esente,
il reddito di quest’ultima è determinato in base all’approccio autorizzato OCSE. Pertanto, la Stabile Organizzazione è considerata come un’entità separata e indipendente, svolgente le medesime o analoghe attività, in condizioni identiche o similari, tenendo conto delle funzioni svolte, dei rischi assunti e dei beni utilizzati. Anche il fondo di dotazione congruo riferibile alla branch esente è determinato in conformità ai criteri appena delineati. Nel caso in cui lo Stato estero non applichi, anche in conformità a una convenzione contro le doppie imposizioni vigente con l’Italia, i criteri richiamati al punto precedente, per attribuire gli utili e le perdite alla Stabile Organizzazione ivi localizzata la casa madre può chiedere all’Agenzia delle Entrate il riconoscimento totale o parziale dei principi adottati dallo Stato estero (art. 31-ter, D.P.R. n. 600/1973). Gli utili e le perdite attribuibili alla Stabile Organizzazione esente devono risultare dall’apposito rendiconto economico e patrimoniale. |
Al risultato di detto rendiconto vanno apportate le variazioni in aumento e diminuzione relative alla singola branch previste dalle disposizioni in materia di reddito d’impresa per i soggetti residenti nel territorio dello Stato al fine di determinare il reddito o la perdita della Stabile Organizzazione esente, da indicare separatamente nella dichiarazione dei redditi dell’impresa nel complesso. Se emerge un reddito, questo va sottratto dal reddito imponibile o sommato alla perdita fiscale dell’impresa nel complesso. Se emerge una perdita fiscale, questa va sommata al reddito imponibile o sottratta alla perdita fiscale dell’impresa nel complesso. L’impresa nel complesso calcola il suo reddito imponibile apportando all’utile o alla perdita risultante dal Conto economico del bilancio di esercizio le variazioni in aumento e diminuzione previste dalle disposizioni in materia di reddito d’impresa per i soggetti residenti nel territorio dello Stato. Il reddito imponibile o la perdita fiscale così determinati vanno rettificati apportando le variazioni da branch exemption. | |
Applicazione delle disposizioni CFC |
In caso di esercizio dell’opzione per l’esenzione, alla Stabile Organizzazione estera
si applicano, al ricorrere dei presupposti, le disposizioni previste in materia di
Controlled Foreign Companies (“CFC”) (![]() |
Utili provenienti da branch esenti |
Gli utili e le perdite provenienti dalle Stabili Organizzazioni incluse nel perimetro
di esenzione non concorrono alla determinazione del reddito imponibile della casa
madre, fatta eccezione per l’ipotesi di utili provenienti dalla branch esente localizzata negli Stati o territori a regime
fiscale privilegiato (art. 47-bis, c. 1, D.P.R. n. 917/1986) e per le quali non si siano rese applicabili le disposizioni sulle CFC (art. 167, D.P.R. n. 917/1986) (in quest’ultimo caso si applicano le regole previste per i redditi di capitale
di cui agli artt. 47, c. 4 e 89, c. 3, D.P.R. n. 917/1986). Gli utili della Stabile Organizzazione esente si intendono percepiti dalla casa madre all’atto della riduzione del fondo di dotazione da parte della branch per l’attribuzione all’impresa, anche per effetto di una riallocazione di funzioni, asset e rischi. Nel caso di riduzione del fondo di dotazione, si presumono prioritariamente attribuiti a casa madre gli utili realizzati quando la branch non era in regime di esenzione. |
Operazioni straordinarie e cessioni che coinvolgono le Stabili Organizzazioni esenti | Le operazioni straordinarie non determinano l’interruzione del regime di branch exemption quando l’incorporante, la società risultante dalla fusione, il conferitario o il beneficiario (in seguito “avente causa”) è già in regime di branch exemption o sceglie di esercitare l’opzione nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di efficacia giuridica dell’operazione straordinaria. |
In tali casi, l’avente causa subentra nel regime di branch exemption ed assume le attività e le passività della Stabile Organizzazione esente, sulla base di funzioni e rischi a essa connessi, all’ultimo valore fiscale che avevano presso l’incorporata, la società partecipante alla fusione, la conferente o la scissa (in seguito “dante causa”). | |
Interpello | A seguito della presentazione dell’interpello l’Agenzia delle Entrate rilascia un
parere (c.d. interpello qualificatorio) in merito all’esistenza di una Stabile Organizzazione all’estero dell’impresa. Tale
parere è reso sulla base delle informazioni e dei documenti prodotti dalla casa madre. |
Ai fini della configurazione della Stabile Organizzazione all’estero si fa riferimento alla convenzione contro le doppie imposizioni, ove esistente, ovvero ai criteri previsti ai fini delle imposte sui redditi (art. 162, D.P.R. n. 917/1986). | |
Ipotesi di doppia deduzione/doppia esenzione (mismatching) e altre fattispecie elusive | Se emergono fenomeni di doppia deduzione o doppia esenzione, derivanti da disallineamenti normativi tra l’ordinamento italiano e quello dello Stato o territorio di localizzazione della Stabile Organizzazione esente, i relativi effetti sono opportunamente sterilizzati al fine di evitare un’erosione della base imponibile italiana. |
IRAP | Il valore della produzione netta relativa alla branch esente, da scomputare dal valore della produzione netta dell’impresa nel complesso, è determinato in via analitica, partendo dal rendiconto economico e patrimoniale (art. 12, c. 2-bis, D.Lgs. n. 446/1997 e art. 152, c. 2, D.P.R. n. 917/1986). |
31.8. Country by country reporting
31.8.Country by country reportingLe società controllanti, residenti nel territorio dello Stato, che hanno l’obbligo di redazione del bilancio consolidato, con un fatturato consolidato, conseguito dal gruppo di imprese multinazionali nel periodo d’imposta precedente
a quello di rendicontazione, di almeno 750 milioni di euro e che non sono a loro volta controllate da soggetti diversi dalle persone fisiche,
devono trasmettere all’Agenzia delle Entrate annualmente una rendicontazione Paese per Paese che riporti l’ammontare dei ricavi e gli utili lordi, le imposte pagate e maturate,
insieme con altri elementi indicatori di un’attività economica effettiva (art. 1, c. 145 e 146, Legge n. 208/2015; D.M. 23 febbraio 2017; Provv. 28 novembre 2017 e Provv. 11 dicembre 2017).
Country by country reporting | |
Aspetto | Disciplina |
Soggetti obbligati | La rendicontazione Paese per Paese deve essere presentata dalla controllante capogruppo, residente nel territorio dello Stato, di un gruppo di imprese multinazionali i cui
ricavi complessivi risultanti dal bilancio consolidato sono, in relazione a ciascun
periodo d’imposta precedente a quello cui si riferisce l’obbligo di rendicontazione,
non inferiori a 750 milioni di euro o a un importo in valuta locale approssimativamente
equivalente a 750 milioni di euro al 1° gennaio 2015, come indicato nel bilancio consolidato
relativo a tale periodo d’imposta precedente. Sono incluse nella rendicontazione Paese per Paese le sole entità appartenenti al gruppo che si consolidano integralmente o con il metodo del pro-rata, secondo i principi contabili applicabili, con esclusione delle entità che si consolidano con il metodo del patrimonio netto. Ai fini del calcolo della soglia di ricavi complessivi risultanti dal bilancio consolidato, le banche e gli altri enti creditizi e finanziari considerano il margine di intermediazione incrementato della voce “interessi passivi e oneri assimilati” e “commissioni passive” esposto nel bilancio consolidato in corretta applicazione dei principi contabili applicati. Le entità residenti tenute alla presentazione della rendicontazione sono esonerate dagli obblighi di presentazione qualora il gruppo multinazionale metta a disposizione la rendicontazione tramite una supplente della controllante capogruppo o tramite altra entità residente nel territorio dell’Unione europea designata a presentare la rendicontazione presso la propria autorità fiscale. |
Nelle ipotesi in cui la giurisdizione della controllante capogruppo non residente di un gruppo multinazionale, ai fini dell’esenzione dall’obbligo di rendicontazione, abbia stabilito una soglia di ricavi, in valuta locale, approssimativamente equivalente a 750 milioni di euro, al tasso di cambio del gennaio 2015, la predetta soglia vale anche ai fini degli obblighi di rendicontazione per le entità residenti che appartengono al medesimo gruppo multinazionale. | |
Controllante capogruppo non residente |
Qualora la controllante capogruppo non sia residente nel territorio dello Stato e
si verifichi una delle seguenti condizioni: 1) la controllante capogruppo del gruppo multinazionale non è obbligata a presentare la rendicontazione Paese per Paese nella propria giurisdizione di residenza fiscale; 2) nella giurisdizione di residenza fiscale della controllante capogruppo vige un accordo internazionale con l’Italia, ma alla data di scadenza del termine per la presentazione del report non è in vigore uno specifico accordo qualificante tra Autorità competenti che preveda lo scambio automatico delle rendicontazioni Paese per Paese tra le medesime; |
3) si è verificata un’inadempienza sistemica della giurisdizione di residenza della
controllante capogruppo, comunicata dall’Agenzia delle Entrate all’entità appartenente
al gruppo multinazionale residente nel territorio dello Stato, la rendicontazione è presentata alternativamente: a) dall’entità residente nel territorio dello Stato, appartenente al gruppo multinazionale, tenuta all’obbligo di rendicontazione; b) dall’entità residente nel territorio dello Stato designata dal gruppo multinazionale. |
|
Oggetto della comunicazione | Le entità tenute alla rendicontazione devono comunicare, entro i 12 mesi successivi
all’ultimo giorno del periodo d’imposta di rendicontazione del gruppo multinazionale,
utilizzando il modello allegato al D.M. 23 febbraio 2017, le seguenti informazioni: a) Tabella 1 del modello di rendicontazione, denominata “Riepilogo della distribuzione dei redditi, delle imposte e delle attività per giurisdizione fiscale”: - le giurisdizioni fiscali in cui le entità appartenenti al gruppo di imprese multinazionali sono residenti a fini fiscali o, nel caso di Stabili Organizzazioni, in cui quest’ultime sono situate, dove per giurisdizione fiscale si intende una giurisdizione, corrispondente o meno ad uno Stato, dotata di autonomia fiscale; - i ricavi costituiti dalla somma dei ricavi di tutte le entità appartenenti al gruppo di imprese multinazionali nella pertinente giurisdizione fiscale; - gli utili (perdite) al lordo delle imposte sul reddito costituiti dal “Risultato prima delle imposte” di tutte le entità appartenenti al gruppo residenti a fini fiscali nella pertinente giurisdizione fiscale; - le imposte sul reddito pagate (in base alla contabilità di cassa) costituite dall’importo totale delle imposte sul reddito effettivamente versate durante il pertinente periodo d’imposta da tutte le entità appartenenti al gruppo residenti a fini fiscali nella giurisdizione fiscale di cui trattasi; |
- le imposte sul reddito maturate (anno in corso) costituite dall’ammontare delle imposte correnti maturate sull’utile imponibile o
alla perdita fiscale dell’anno cui si riferisce la rendicontazione di tutte le entità
appartenenti al gruppo, residenti a fini fiscali nella pertinente giurisdizione fiscale,
indipendentemente dal fatto che siano state pagate; - il capitale dichiarato costituito dalla somma del capitale sociale e delle riserve di capitale di tutte le entità appartenenti al gruppo residenti a fini fiscali nella pertinente giurisdizione fiscale; - gli utili non distribuiti costituiti dalla somma degli utili non distribuiti a fine anno di tutte le entità appartenenti al gruppo residenti a fini fiscali nella pertinente giurisdizione fiscale; - il numero di addetti costituito dal numero totale di addetti, su base Equivalente a Tempo Pieno (ETP), di tutte le entità appartenenti al gruppo residenti a fini fiscali nella pertinente giurisdizione fiscale; - le immobilizzazioni materiali costituite dalla somma dei valori contabili netti delle immobilizzazioni materiali risultanti dallo Stato patrimoniale, di tutte le entità appartenenti al gruppo residenti a fini fiscali nella pertinente giurisdizione fiscale. |
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b) Tabella 2 del modello di rendicontazione, denominata “Elenco di tutte le entità appartenenti
al gruppo di imprese multinazionali incluse in ciascuna aggregazione per giurisdizione
fiscale”: - la lista delle entità appartenenti al gruppo residenti per ciascuna giurisdizione fiscale, riportando la denominazione di ciascuna entità appartenente al gruppo di imprese multinazionali residente ai fini fiscali nella pertinente giurisdizione fiscale; - il nome della giurisdizione fiscale in base alla cui normativa l’entità appartenente al gruppo è stata costituita, se diversa dalla giurisdizione di residenza fiscale; - la natura dell’attività principale o delle attività principali esercitate da ciascuna entità appartenente al gruppo nella pertinente giurisdizione fiscale. |
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c) Tabella 3 del modello di rendicontazione, denominata: “Informazioni supplementari”: - oltre alla denominazione del gruppo di imprese multinazionali, il periodo d’imposta di riferimento, la fonte dei dati e ogni ulteriore informazione o spiegazione sintetica che si ritenga necessaria o che possa agevolare la comprensione delle informazioni obbligatorie fornite nella rendicontazione Paese per Paese. |
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Lingua utilizzata | Lingua italiana e lingua inglese. |
Valuta | Gli importi oggetto di rendicontazione sono comunicati nella valuta utilizzata dall’entità tenuta alla rendicontazione nel bilancio consolidato ovvero nel proprio bilancio di esercizio. Le entità appartenenti al gruppo che comunicano la rendicontazione possono utilizzare la valuta che ha utilizzato la propria controllante capogruppo all’interno dei dati comunicati. |
Modalità di presentazione | Le entità trasmettono i dati utilizzando, in ragione dei requisiti posseduti per l’abilitazione,
i servizi telematici Entratel o Fisconline dell’Agenzia delle Entrate, direttamente o tramite intermediari abilitati. I file contenenti le informazioni da comunicare sono predisposti secondo il formato XML. |
Termine di presentazione | La comunicazione annuale va trasmessa entro i 12 mesi successivi all’ultimo giorno del periodo d’imposta di rendicontazione del gruppo multinazionale. Per il primo anno di rendicontazione, relativamente al periodo d’imposta di rendicontazione che inizia il 1° gennaio 2016 o in data successiva e termina prima del 31 dicembre 2016, la comunicazione andava inviata entro il 9 febbraio 2018. |
31.9. Disallineamenti da ibridi
31.9.Disallineamenti da ibridiIl tema dei disallineamenti da ibridi vale a dire le differenze nella qualificazione giuridica dei pagamenti tra giurisdizioni diverse, che coinvolgono i Paesi terzi, è stato oggetto di importanti modifiche ad opera del D.Lgs. n. 142/2018 che recependo la Direttiva n. 2017/952/UE (c.d. ATAD 2) ha innovato la Direttiva n. 2016/1164 (Direttiva ATAD).
Le disposizioni sui disallineamenti da ibridi (artt. 6-11, D.Lgs. n. 142/2018; circ. 26 gennaio 2022, n.2/E) mirano a contrastare gli effetti di doppia deduzione ovvero di “deduzione non inclusione”, che derivano da conflitti nella qualificazione di strumenti finanziari, pagamenti, entità, stabili organizzazioni o dall’allocazione dei pagamenti.
In sostanza lo stesso pagamento, le stesse spese o le stesse perdite sono dedotti sia nello Stato membro in cui il pagamento ha origine, le spese sono sostenute o le perdite sono subite sia in un altro Stato membro (doppia deduzione), ovvero a un pagamento è applicata una deduzione nello Stato membro in cui il pagamento ha origine senza una corrispondente inclusione, a fini fiscali, dello stesso nell’altro Stato membro (deduzione senza inclusione).
Un ulteriore fine è quello di contrastare l’ottenimento di un indebito credito per le imposte estere, originato dallo sfruttamento di un disallineamento concernente uno strumento finanziario.
31.9.1. Definizione di disallineamento da ibridi
31.9.1.Definizione di disallineamento da ibridiPer disallineamento da ibridi, si fa riferimento a determinate situazioni che coinvolgono un soggetto passivo.
In dettaglio, i disallineamenti da ibridi derivano da un trattamento fiscale asimmetrico da parte di due o più sistemi fiscali in relazione a entità, stabili organizzazioni, negozi giuridici (in particolare strumenti finanziari o aventi ad oggetto strumenti finanziari), componenti di reddito, idonei a generare effetti fiscali (i “disallineamenti”, appunto) incoerenti (e, perciò, “ibridi”) a livello internazionale, quali quelli riconducibili ai fenomeni di deduzione senza inclusione (“deduction/no inclusion” o D/NI) e doppia deduzione (double deduction o DD) (circ. 26 gennaio 2022, n. 2/E).
Situazione | Ulteriori condizioni |
Componente negativo di reddito che, in base alle previsioni contrattuali che regolano uno strumento finanziario ovvero un trasferimento ibrido, genera una deduzione senza inclusione | - Il corrispondente componente positivo di reddito non è incluso dalla giurisdizione del beneficiario in un periodo d’imposta che inizia entro 12 mesi dalla fine del periodo d’imposta del pagatore, con riferimento al quale il componente negativo di reddito è stato dedotto; |
- Il disallineamento è imputabile a differenze nella qualificazione dello strumento finanziario o del componente reddituale in base alla giurisdizione del pagatore ed a quella diversa del beneficiario. | |
Componente negativo di reddito sostenuto, ovvero che si ritiene sia sostenuto, in base alle previsioni contrattuali che regolano uno strumento finanziario o trasferimento ibrido che non genera un disallineamento da ibridi | Lo sgravio fiscale concesso nella giurisdizione del beneficiario è dovuto esclusivamente
allo status fiscale di quest’ultimo o al fatto che lo strumento è soggetto ai termini di un regime
fiscale speciale. |
Componente negativo di reddito sostenuto, ovvero che si ritiene sia sostenuto, a favore di un’entità ibrida che genera un effetto di deduzione senza inclusione | Il disallineamento è il risultato di differenze nell’allocazione del corrispondente componente positivo di reddito a favore dell’entità ibrida in base alle leggi della giurisdizione in cui è stabilita o registrata l’entità ibrida ed alle leggi della giurisdizione di qualsiasi soggetto con una partecipazione in tale entità ibrida1. |
Componente negativo di reddito sostenuto, ovvero che si ritiene sia sostenuto, a favore di un’entità avente una o più stabili organizzazioni che genera un effetto di deduzione senza inclusione | Tale disallineamento è il risultato di differenze nell’allocazione del corrispondente componente positivo di reddito in base alle leggi della giurisdizione di residenza della casa madre ed alle leggi della giurisdizione di localizzazione della sua Stabile Organizzazione ovvero alle leggi delle giurisdizioni di localizzazione di due o più stabili organizzazioni della stessa entità1. |
Componente negativo di reddito sostenuto, ovvero che si ritiene sia sostenuto, che genera un effetto di deduzione senza inclusione a seguito dell’attribuzione del corrispondente componente positivo di reddito a favore di una Stabile Organizzazione disconosciuta 1 | |
Componente negativo di reddito sostenuto, ovvero che si ritiene sia sostenuto, da parte di un’entità ibrida che genera una deduzione senza inclusione | Tale disallineamento origina dal fatto che il corrispondente componente positivo di reddito non è riconosciuto come tale in base alle leggi della giurisdizione del beneficiario1. |
Componente negativo di reddito relativo ad una operazione che si ritiene sia intervenuta tra la sede centrale e la Stabile Organizzazione ovvero tra due o più stabili organizzazioni che genera una deduzione senza inclusione | Tale disallineamento origina dal fatto che il corrispondente componente positivo di reddito non è riconosciuto come tale in base alle leggi della giurisdizione del beneficiario1. |
Fenomeno di doppia deduzione di componenti negativi di reddito | |
1 In ogni caso, il componente negativo di reddito sostenuto, ovvero che si ritiene sia sostenuto, non determina un disallineamento da ibridi laddove la deduzione senza inclusione si sarebbe verificata in ogni caso a causa dello status di esenzione dall’imposta del beneficiario a norma delle leggi della sua giurisdizione di residenza ovvero di localizzazione. |
31.9.2. Giurisdizione e conseguenze fiscali
31.9.2.Giurisdizione e conseguenze fiscaliRiguardo al ruolo dello Stato italiano rispetto alle differenti posizioni attive e passive, e le conseguenze fiscali in caso di disallineamento dovuto a doppia deduzione, si applicano particolari regole.
In linea generale, se dal disallineamento deriva una doppia deduzione, la deduzione della componente negativa di reddito è negata in capo al soggetto passivo qualora lo Stato italiano sia lo Stato dell’investitore, ovvero qualora sia lo Stato del pagatore e la deduzione della componente negativa di reddito non sia stata negata nello Stato dell’investitore.
Situazione | Qualifica dello Stato italiano | Conseguenze fiscali |
Componente negativa di reddito (quale, ad esempio, il pagamento di un interesse passivo) deducibile ai fini della determinazione del reddito imponibile di un soggetto passivo | Stato pagatore | La deduzione della componente negativa di reddito è negata in capo al soggetto passivo, salvo che il disallineamento non sia neutralizzato in un altro Stato mediante inclusione del medesimo flusso nella base imponibile. Tuttavia, in caso di successiva inclusione (oltre 12 mesi dalla fine del periodo d’imposta considerato) nello Stato del beneficiario del corrispondente flusso positivo nel suo reddito imponibile, sorge in capo al soggetto passivo il diritto alla corrispondente deduzione del componente negativo di reddito in precedenza non dedotto |
Componente negativa di reddito sostenuta da una stabile organizzazione di un soggetto passivo o da un soggetto non residente imputata a un soggetto passivo e deducibile ai fini della determinazione del suo reddito imponibile | Stato dell’investitore |
Se la deduzione della componente negativa di reddito non è stata negata nello Stato del pagatore, l’importo della corrispondente componente positiva di reddito che altrimenti genererebbe un disallineamento deve essere inclusa nella base imponibile in capo al soggetto passivo |
Componente positiva di reddito attribuita a un soggetto passivo in base alla giurisdizione del pagatore | Stato del beneficiario |
Se la deduzione della componente negativa di reddito non è stata negata nello Stato del pagatore, l’importo della corrispondente componente positiva di reddito che altrimenti genererebbe un disallineamento deve essere inclusa nella base imponibile in capo al soggetto passivo |
È comunque vietata la deduzione di una componente negativa di reddito da parte di un soggetto qualora essa finanzi, direttamente o indirettamente, oneri deducibili che generano un disallineamento da ibridi mediante una transazione o serie di transazioni tra imprese associate o che sono parti di un accordo strutturato (c.d. “imported hybrid mismatch”).
Il divieto viene meno se il disallineamento viene neutralizzato attraverso un adeguamento equivalente in uno degli Stati di residenza o di localizzazione dei soggetti coinvolti nella transazione o serie di transazioni.
Nel caso in cui un disallineamento da ibridi coinvolga un reddito di una Stabile Organizzazione disconosciuta di un soggetto passivo residente, tale componente deve essere inclusa nel reddito imponibile in capo a quest’ultimo, salvo il caso in cui le disposizioni di una convenzione per evitare le doppie imposizioni in essere tra lo Stato italiano e un Paese terzo prevedano l’obbligo di esentare tale reddito.
Effetti sul credito d’imposta per le imposte estere - Nel caso di proventi derivanti da contratti di riporto, pronti contro termine o dal mutuo di titoli garantito, nonché delle operazioni che producono analoghi effetti economici, aventi a oggetto obbligazioni e titoli similari o titoli atipici, il credito per le imposte estere spetta in misura corrispondente alla differenza positiva tra il provento cui detto credito si ricollega e l’onere finanziario relativo alle suddette operazioni.
31.9.3. Disallineamento da ibridi inversi
31.9.3.Disallineamento da ibridi inversiÈ prevista una misura di contrasto ai disallineamenti da ibridi c.d. “inversi”, che corrispondono a casi di “deduzione non inclusione” derivanti dall’attribuzione di componenti positivi di reddito ad entità considerate trasparenti ai fini della legge dello Stato di localizzazione dell’entità e opache ai fini della legge dello Stato di localizzazione dei soggetti che detengono un interesse rilevante nell’entità. In tali casi, è fondamentale valutare se i soci non residenti sono considerati contribuenti dello Stato di residenza o dello Stato in cui si trova l’entità.
In particolare, se una o più entità (esclusi gli organismi di investimento collettivo del risparmio) associate non residenti che detengono complessivamente un interesse diretto o indiretto pari o superiore al 50% dei diritti di voto, della partecipazione al capitale o dei diritti di partecipazione agli utili in un’entità ibrida costituita o stabilita nello Stato, sono situate in una giurisdizione o in giurisdizioni che considerano l’entità ibrida soggetto imponibile (e quindi considerano l’entità ibrida opaca), il reddito prodotto dall’entità ibrida è soggetto a imposizione nella misura in cui quest’ultimo non è altrimenti soggetto a imposta a norma delle leggi di un altro Stato.
31.9.4. Contrasto ai fenomeni di doppia deduzione
31.9.4.Contrasto ai fenomeni di doppia deduzioneSono previste alcune disposizioni per contrastare i fenomeni di doppia deduzione derivanti dai casi di doppia residenza fiscale del soggetto passivo.
In particolare, nel caso in cui una società sia considerata residente ai fini fiscali in Italia e anche in un altro Stato membro dell’Unione europea in base alla legge interna di tale Stato, nel quale risulti residente ai fini della convenzione per evitare le doppie imposizioni, la deduzione di una componente negativa deve essere negata a meno che tale componente negativa non abbia compensato una componente positiva di reddito considerata a doppia inclusione.
Nel caso speculare in cui lo Stato italiano sia lo Stato di residenza fiscale ai fini della convenzione per evitare le doppie imposizioni in essere tra lo Stato italiano e l’altro Stato membro dell’Unione europea, il compito di neutralizzazione del disallineamento da ibridi sarà affidato allo Stato estero e, pertanto, la misura di contrasto prevista dallo schema in esame non risulterà applicabile.
Stesse regole si applicano nel caso in cui il disallineamento da residenza fiscale coinvolga uno Stato non appartenente all’Unione europea, per cui la deduzione della componente negativa deve essere negata qualora risulti deducibile nel Paese terzo, a condizione che tale componente non abbia compensato una componente positiva di reddito considerata a doppia inclusione.
31.9.5. Controlli
31.9.5.ControlliL’accertamento di eventuali violazioni della disciplina sui disallineamenti da ibridi viene effettuato con apposito atto, preceduto, a pena di nullità, dalla notifica al contribuente di una richiesta di chiarimenti, da fornire entro il termine di 60 giorni, in cui sono indicati i motivi per i quali si ritiene configurabile una violazione.
La richiesta motivata di chiarimenti è notificata dall’Amministrazione finanziaria entro il termine di decadenza previsto per la notificazione dell’atto impositivo.
Tra la data di ricevimento dei chiarimenti, ovvero di inutile decorso del termine assegnato al contribuente per rispondere alla richiesta, e quella di decadenza dell’amministrazione dal potere di notificazione dell’atto impositivo, intercorrono non meno di 60 giorni.
In difetto, il termine di decadenza per la notificazione dell’atto impositivo è automaticamente prorogato, in deroga a quello ordinario, fino a concorrenza dei 60 giorni.
31.9.6. Entrata in vigore e disciplina transitoria
31.9.6.Entrata in vigore e disciplina transitoriaLe disposizioni sui disallineamenti da ibridi si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019, quindi dal 2020 per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare (art. 13, c. 8, D.Lgs. n. 142/2018).
Quelle sui disallineamenti da ibridi inversi (31.9.4.), invece, si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2021, quindi dal 2022 per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare.
31.9.7. Disapplicazione delle sanzioni
31.9.7.Disapplicazione delle sanzioniIn caso di contestazione relativa alle suddette disposizioni in materia di disallineamenti da ibridi da cui derivi una maggiore imposta o una riduzione del credito, la sanzione dovuta pari dal 90 al 180% della maggior imposta dovuta o della differenza del credito utilizzato (art. 1, c. 2, D.Lgs. n. 471/1997) non si applica se, nel corso dell’accesso, ispezione o verifica o di altra attività istruttoria, il contribuente consegna all’Amministrazione finanziaria la documentazione, avente data certa, indicata in un apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, idonea a consentire il riscontro dell’applicazione delle norme volte a neutralizzare i disallineamenti da ibridi (art. 1, c. 6-bis, D.Lgs. n. 471/1997; art. 61, D.Lgs. n. 209/2023).
Il contribuente che detiene la documentazione ne dà apposita comunicazione all’Amministrazione finanziaria; in assenza di detta comunicazione si applica la sanzione.
Con riferimento ai periodi di imposta anteriori al 29 dicembre 2023 (data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 209/2023) si applicano le esimenti di cui si discute, se la documentazione ivi indicata è predisposta, con data certa, entro il termine di presentazione della dichiarazione relativo al periodo di imposta in corso al 29 dicembre 2023 ovvero, se posteriore, entro il sesto mese successivo alla data di approvazione del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze e se la violazione non è stata già constatata e comunque non sono iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati hanno avuto formale conoscenza; non sono ripetibili le somme versate, incluse quelle versate a titolo di sanzioni, a seguito di ravvedimento operoso.
31.10. Imposta minima globale (global minimum tax)
31.10.Imposta minima globale (global minimum tax)Con effetto dagli esercizi che decorrono a partire dal 31 dicembre 2023, il Decreto legislativo di riforma della fiscalità internazionale (D.Lgs. n. 209/2023) ha recepito la Direttiva n. 2022/2523 del Consiglio UE in materia di imposizione minima globale (artt. 8-60, D.Lgs. n. 209/2023; D.M. 20 maggio 2024).
In particolare, con lo scopo di garantire un livello impositivo minimo dei gruppi multinazionali o nazionali di imprese, ai sensi delle regole OCSE e conformemente alle disposizioni della Direttiva n. 2022/2523 sulla imposizione fiscale minima delle imprese multinazionali, viene istituita una imposizione integrativa prelevata attraverso:
-
l’imposta minima integrativa, dovuta da controllanti localizzate in Italia di gruppi multinazionali o nazionali in relazione alle imprese soggette ad una bassa imposizione facenti parte del gruppo (
31.10.1.);
-
l’imposta minima nazionale, dovuta in relazione alle imprese di un gruppo multinazionale o nazionale soggette ad una bassa imposizione localizzate in Italia (
31.10.2.);
-
l’imposta minima suppletiva, dovuta da una o più imprese di un gruppo multinazionale localizzate in Italia in relazione alle imprese facenti parte del gruppo soggette ad una bassa imposizione quando non è stata applicata, in tutto o in parte, l’imposta minima integrativa equivalente in altri Paesi (
31.10.3.).
31.10.1. Imposta minima integrativa
31.10.1.Imposta minima integrativaSoggetti interessati
Destinatarie della disciplina sull’imposta minima integrativa sono le imprese in Italia che fanno parte di un gruppo multinazionale o nazionale con ricavi annui pari o superiori a 750 milioni di euro, ivi compresi i ricavi delle entità escluse, risultanti nel bilancio consolidato della controllante capogruppo in almeno 2 dei 4 esercizi immediatamente precedenti a quello considerato.
Se 1 o più dei 4 esercizi ha durata inferiore o superiore a 12 mesi, la soglia dei ricavi è determinata in proporzione alla durata di ciascun esercizio.
Casi particolari - Vengono disciplinati anche i seguenti casi particolari:
-
gruppo formato da imprese neocostituite che non dispone di bilanci consolidati relativi ad esercizi precedenti. Le norme si applicano a partire dal terzo esercizio, se raggiunge la soglia di ricavi rilevante nei 2 esercizi precedenti;
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ricavi risultanti nel bilancio consolidato espressi in valuta di presentazione diversa dall’euro. La soglia di rilevanza è verificata convertendo i ricavi di ogni esercizio considerato al tasso di cambio medio del mese di dicembre dell’esercizio immediatamente precedente. Il tasso di cambio medio è determinato in base alle quotazioni pubblicate dalla Banca Centrale Europea o, qualora la Banca Centrale Europea non pubblichi il tasso di cambio in euro della valuta di un Paese, dalla Banca Centrale del Paese.
Soggetti esclusi
L’imposizione integrativa non si applica:
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all’entità che si qualifica come:
-
entità statale;
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organizzazione internazionale;
-
organizzazione senza scopo di lucro;
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fondo pensione;
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fondo di investimento che è una controllante capogruppo o un veicolo di investimento immobiliare che è una controllante capogruppo; ovvero
-
-
all’entità il cui valore è detenuto per almeno il 95% da una o più entità di cui alla predetta lettera a), direttamente ovvero indirettamente, tenendo conto dell’effetto demoltiplicativo, attraverso uno o più entità escluse, con l’eccezione delle entità di servizi pensionistici, e che alternativamente o congiuntamente:
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operi esclusivamente o almeno al 90% per detenere attività o investire fondi a beneficio di una o più entità di cui alla lettera a);
-
svolga esclusivamente attività ausiliarie a quelle eseguite da una o più entità di cui alla lettera a);
-
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all’entità il cui valore è detenuto per almeno l’85% da una o più entità indicate alla precedente lettera a), direttamente ovvero indirettamente, tenendo conto dell’effetto demoltiplicativo, attraverso una o più entità escluse, con l’eccezione delle entità di servizi pensionistici, a condizione che il suo reddito sia costituito per almeno il 90% da dividendi o da plusvalenze o minusvalenze esclusi dal calcolo del reddito o perdita rilevante.
Ai fini delle esclusioni valevoli per le società controllate, in via quasi esclusiva, da entità escluse, le attività dell’entità sono valutate tenendo conto anche di quelle svolte per il tramite di stabili organizzazioni.
Se una entità soddisfa la definizione di entità esclusa in quanto controllata, l’imposizione integrativa non si applica alla entità nel suo complesso, incluse le sue stabili organizzazioni.
In deroga a quanto detto sopra, l’impresa dichiarante può scegliere (art. 52, D.Lgs. n. 209/2023) di non considerare come soggetti esclusi quelli controllati.
Criteri di localizzazione di una impresa
Un’impresa, diversa da una entità fiscalmente trasparente (in cui il reddito è imputato, cioè, ai partecipanti al capitale), si considera localizzata nel Paese dove è residente ai fini delle imposte sui redditi, sulla base del criterio di ubicazione della sede dell’amministrazione (la direttiva fa riferimento alla sede di direzione), del luogo di costituzione o di criteri analoghi (art. 12, D.Lgs. n. 209/2023).
Qualora, per effetto dell’applicazione di tali disposizioni, l’impresa non risulti localizzata in nessun Paese, essa si considera localizzata dove la stessa è stata costituita.
Le entità trasparenti costituite in base alle leggi dello Stato italiano che sono controllanti si considerano localizzate nel territorio dello Stato italiano.
Stabili organizzazioni - Regole specifiche sono previste per le stabili organizzazioni come definite nell’Allegato A, n. 52 del D.Lgs. n. 209/2023.
Impresa localizzata in due Paesi - Se una impresa si considera localizzata in due Paesi (dual located entity), tra i quali è in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni sul reddito, la stessa si considera localizzata nel Paese in cui è considerata essere residente ai sensi di tale convenzione.
Qualora ai fini di accertare la residenza in base alla convenzione sia necessario un accordo tra le autorità competenti dei due Paesi e tale accordo non è stato raggiunto o tra i due Paesi non è in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni, l’impresa si considera localizzata dove, per il medesimo periodo d’imposta, è dovuto il maggiore importo di imposte rilevanti (art. 27, D.Lgs. n. 209/2023).
Al fine di determinare l’importo più elevato, non si considerano le imposte rilevanti dovute in virtù di un regime fiscale delle società controllate estere.
Nel caso in cui l’importo di imposte rilevanti dovuto in entrambi i Paesi fosse identico o pari a zero, l’impresa si considera localizzata nel Paese in cui è maggiore la riduzione del reddito da attività economica sostanziale (art. 35, D.Lgs. n. 209/2023).
Nel caso in cui l’importo di tale riduzione relativo ad entrambi i Paesi fosse eguale o pari a zero, l’impresa si considera una entità apolide.
Controllante capogruppo - Se l’impresa è la controllante capogruppo, le disposizioni del precedente periodo non trovano applicazione ed essa si considera localizzata nel Paese in cui la stessa è stata costituita.
Modalità di calcolo
La controllante capogruppo localizzata nel territorio dello Stato italiano che ha detenuto, in qualsiasi momento dell’esercizio, direttamente o indirettamente partecipazioni in imprese a bassa imposizione localizzate in un altro Paese o che sono entità apolidi, per quell’esercizio deve versare l’imposta minima integrativa in misura pari all’importo di imposizione integrativa ad essa attribuita, relativa a tali imprese a bassa imposizione (art. 13, D.Lgs. n. 209/2023).
La controllante capogruppo di un gruppo multinazionale o nazionale localizzata nel territorio dello Stato italiano che, in un dato esercizio, è un’impresa a bassa imposizione deve versare l’imposta minima integrativa ad essa riferibile e l’importo dell’imposizione integrativa ad essa attribuita relativa alle imprese a bassa imposizione localizzate nel territorio dello Stato italiano detenute in qualsiasi momento di tale esercizio.
Società intermedie del gruppo
Per le società intermedie del gruppo viene previsto che (art. 14, D.Lgs. n. 209/2023):
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una partecipante intermedia localizzata nel territorio dello Stato italiano e detenuta da una controllante capogruppo localizzata in un Paese terzo, che ha detenuto, in qualsiasi momento dell’esercizio, direttamente o indirettamente partecipazioni in imprese a bassa imposizione localizzate in un altro Paese o che sono entità apolidi, deve versare per quell’esercizio l’imposta minima integrativa in misura pari all’importo di imposizione integrativa ad essa attribuita relativa a tali imprese a bassa imposizione;
-
una partecipante intermedia localizzata nel territorio dello Stato italiano che, in un dato esercizio, è un’impresa a bassa imposizione ed è direttamente o indirettamente detenuta da una controllante capogruppo localizzata in un Paese terzo, deve versare per quell’esercizio sia l’imposta minima integrativa ad essa riferibile, sia l’importo di imposizione integrativa ad essa attribuita relativa ad imprese a bassa imposizione localizzate nel territorio dello Stato italiano detenute in qualsiasi momento di tale esercizio.
Quanto disposto nei due punti precedenti non trova applicazione quando con riferimento al medesimo esercizio:
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la controllante capogruppo è soggetta ad una imposta minima integrativa equivalente; o
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un’altra partecipante intermedia ovunque localizzata una partecipazione di controllo, diretta o indiretta, nella partecipante intermedia localizzata nel territorio dello Stato italiano ed è soggetta ad una imposta minima integrativa o ad un’imposta minima integrativa equivalente.
Inoltre:
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una partecipante intermedia localizzata nel territorio dello Stato italiano e detenuta da una controllante capogruppo che è una entità esclusa, che ha detenuto, in qualsiasi momento dell’esercizio, direttamente o indirettamente partecipazioni in imprese a bassa imposizione localizzate in un altro Paese o che sono entità apolidi, deve versare per quell’esercizio l’imposta minima integrativa in misura pari all’importo di imposizione integrativa relativa a tali imprese a bassa imposizione;
-
una partecipante intermedia localizzata nel territorio dello Stato italiano che, in un dato esercizio, è un’impresa a bassa imposizione ed è direttamente o indirettamente detenuta da una controllante capogruppo che è una entità esclusa deve versare per quell’esercizio l’imposta minima integrativa ad essa riferibile e l’importo di imposizione integrativa ad essa attribuita relativa ad imprese a bassa imposizione localizzate nel territorio dello Stato italiano detenute in qualsiasi momento di tale esercizio.
Le regole di cui ai due punti precedenti non trovano applicazione quando, per tale esercizio, un’altra partecipante intermedia è soggetta ad una imposta minima integrativa, o ad un’imposta minima integrativa equivalente, e detiene, direttamente o indirettamente, una partecipazione di controllo nella partecipante intermedia ivi indicata localizzata nel territorio dello Stato italiano.
Partecipanti parzialmente possedute
Per le partecipanti parzialmente possedute viene previsto che (art. 15, D.Lgs. n. 209/2023):
-
una partecipante parzialmente posseduta localizzata nel territorio dello Stato italiano che ha detenuto, in qualsiasi momento dell’esercizio, direttamente o indirettamente partecipazioni in imprese a bassa imposizione localizzate in un altro Paese o che sono entità apolidi, deve versare per quell’esercizio l’imposta minima integrativa;
-
se la partecipante parzialmente posseduta è localizzata nel territorio dello Stato italiano e, in un dato esercizio, è un’impresa a bassa imposizione, deve versare per quell’esercizio l’imposta minima integrativa ad essa riferibile e l’importo di imposizione integrativa ad essa attribuita relativa a imprese a bassa imposizione localizzate nel territorio dello Stato italiano detenute in qualsiasi momento di tale esercizio.
Tali regole non si applicano se, con riferimento al medesimo esercizio, un’altra partecipante parzialmente posseduta ovunque localizzata e soggetta ad una imposta minima integrativa o ad un’imposta minima integrativa equivalente, detiene, direttamente o indirettamente, una partecipazione totalitaria nella partecipante parzialmente posseduta localizzata nel territorio dello Stato.
Attribuzione dell’imposta minima integrativa
L’imposta minima integrativa dovuta in un esercizio da una controllante, da una partecipante intermedia o da una partecipante parzialmente posseduta, per un’impresa a bassa imposizione corrisponde all’importo dell’imposizione integrativa ad essa attribuita relativa a tale impresa a bassa imposizione, determinata moltiplicando l’imposizione integrativa (art. 34, D.Lgs. n. 209/2023), per la sua quota di attribuzione (art. 16, D.Lgs. n. 209/2023).
La quota di attribuzione alla controllante dell’imposizione integrativa relativa ad un’impresa a bassa imposizione è pari, in ogni esercizio, al reddito rilevante dell’impresa a bassa imposizione, ridotto dell’importo di tale reddito attribuibile a partecipazioni detenute da altri soggetti non appartenenti al medesimo gruppo, diviso per il reddito rilevante dell’impresa a bassa imposizione.
L’importo del reddito rilevante è l’importo che sarebbe stato considerato come attribuibile a tali soggetti, in base a principi contabili conformi, utilizzati nel bilancio consolidato della controllante capogruppo se l’utile netto dell’impresa a bassa imposizione fosse uguale al suo reddito rilevante e alle seguenti condizioni, che devono congiuntamente concorrere:
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ove la controllante avesse redatto il bilancio consolidato conformemente a tale principio contabile (bilancio consolidato ipotetico);
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ove la controllante detenesse una partecipazione di controllo nell’impresa a bassa imposizione di modo che tutte le componenti positive e negative di reddito dell’impresa a bassa imposizione dovrebbero essere consolidate voce per voce con quelle della controllante nel bilancio consolidato ipotetico;
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ove tutti i redditi rilevanti dell’impresa a bassa imposizione fossero riferibili a operazioni con soggetti non appartenenti al gruppo;
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ove tutte le partecipazioni non detenute direttamente o indirettamente dalla controllante fossero detenute da soggetti non appartenenti al gruppo.
In aggiunta agli importi attribuiti alla controllante, è dovuta dalla controllante:
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l’imposta minima integrativa pari all’intero importo di imposizione integrativa relativa a tale controllante;
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l’imposta minima integrativa relativa alle imprese a bassa imposizione, facenti parte del gruppo e localizzate nel territorio dello Stato italiano, corrispondente all’imposizione integrativa ad essa attribuita relativa ad ogni impresa a bassa imposizione, determinata moltiplicando l’imposizione integrativa per la sua quota di attribuzione.
Scomputo dell’imposta minima integrativa
Se una controllante localizzata nel territorio dello Stato italiano detiene indirettamente una partecipazione in un’impresa a bassa imposizione attraverso una partecipante intermedia che, per l’esercizio, è soggetta ad un’imposta minima integrativa (se localizzata in Italia) o ad un’imposta minima integrativa equivalente (se localizzata in altro Paese), rispetto a tale impresa a bassa imposizione, l’imposizione integrativa attribuita alla controllante relativa a tale impresa a bassa imposizione viene ridotta in misura pari alla porzione di detta imposizione integrativa che è attribuita alla partecipante intermedia (art. 17, D.Lgs. n. 209/2023).
Analoghe disposizioni sono contenute per l’ipotesi in cui una controllante localizzata nel territorio dello Stato italiano detiene indirettamente una partecipazione in un’impresa a bassa imposizione attraverso una partecipante parzialmente posseduta che, per l’esercizio, è soggetta ad un’imposta minima integrativa o ad un’imposta minima integrativa equivalente rispetto a tale impresa a bassa imposizione.
Attività economica sostanziale
Con il D.M. 11 ottobre 2024 sono stati attuati i contenuti del Commentario alle regole OCSE, approvato e pubblicato il 14 marzo 2022 “Tax Challenges Arising from the Digitalisation of the Economy - Commentary to the Global Anti Base Erosion Model Rules (Pillar Two” e successive modificazioni, e delle guide amministrative previste nell'art. 8.3 delle suddette regole OCSE e del loro aggiornamento (art. 9, D.Lgs. n. 209/2023).
Il Decreto regolamenta la disciplina sulla riduzione da attività economica sostanziale che si applica sul reddito netto rilevante di un gruppo multinazionale o nazionale in un dato Paese ai fini della determinazione dell'imposizione integrativa.
31.10.2. Imposta minima nazionale
31.10.2.Imposta minima nazionaleÈ prevista una imposta minima nazionale dovuta qualora l’aliquota di imposizione effettiva, relativa alle imprese di un gruppo multinazionale o nazionale e alle entità a controllo congiunto localizzate nel territorio dello Stato italiano, è inferiore alla aliquota minima di imposta e pari all’imposizione integrativa relativa a tutte le suddette imprese ed entità (art. 18, D.Lgs. n. 209/2023; D.M. 1° luglio 2024).
Più precisamente, se in un esercizio l’aliquota di imposizione effettiva (artt. 33, 38, 43, D.Lgs. n. 209/2023) relativa alle imprese di un gruppo multinazionale o nazionale e alle entità a controllo congiunto localizzate nel territorio dello Stato italiano è inferiore alla aliquota minima di imposta, è dovuta una imposta minima nazionale pari all’imposizione integrativa, relativa a tutte le suddette imprese ed entità.
A tal fine, l'aliquota di imposizione effettiva si calcola applicando le regole contenute nelle seguenti norme del D.Lgs. n. 209/2023:
-
art. 33 per le imprese, incluse le entità apolidi;
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art. 43 per le entità a controllo congiunto e per i gruppi a controllo congiunto;
-
art. 38 per le imprese partecipate in misura minoritaria e per i sottogruppi di minoranza;
-
art. 48 per le entità di investimento e le entità assicurative di investimento, diverse da quelle fiscalmente trasparenti o da quelle cui si applica il regime della distribuzione imponibile.
Nel calcolo dell'aliquota di imposizione effettiva non si considerano le imposte rilevanti dovute in altri Paesi da un'impresa proprietaria e da una casa madre ivi localizzate in relazione ad imprese o entità a controllo congiunto localizzate nel territorio dello Stato italiano.
Fermo restando quanto sopra previsto, ai fini del calcolo dell'aliquota di imposizione effettiva, non si tiene conto delle imposte rilevanti dovute in Italia dalle imprese e dalle entità a controllo congiunto ivi localizzate in base al regime fiscale delle società controllate estere, o in qualità di impresa proprietaria in relazione agli utili distribuiti da un'altra impresa o in relazione a entità ibride, o in qualità di casa madre in relazione a stabili organizzazioni.
Restano salve le eccezioni previste dal D.Lgs. n. 209/2023.
L’imposta è calcolata indipendentemente dalla quota di partecipazione detenuta nelle imprese localizzate nel territorio dello Stato italiano da parte di qualsiasi controllante del gruppo multinazionale o nazionale.
Soggetti interessati – Imprese e entità a controllo congiunto localizzate in Italia nonché entità apolidi costituite in base alle leggi dello Stato italiano che fanno parte di un gruppo multinazionale o nazionale con ricavi annui pari o superiori a 750 milioni di euro, ivi compresi i ricavi delle entità escluse, risultanti nel bilancio consolidato della controllante capogruppo in almeno due dei quattro esercizi immediatamente precedenti a quello considerato.
Calcolo del profitto eccedente e dell’importo dell’imposta minima nazionale
Il profitto eccedente di tutte le imprese e di tutte le entità a controllo congiunto localizzate nel territorio dello Stato italiano e l’importo dell’imposta minima nazionale sono calcolati sulla base dei bilanci o rendiconti redatti in conformità ai principi contabili da queste adottati, in ottemperanza alla normativa fiscale o societaria italiana, oppure sulla base dei bilanci o rendiconti soggetti a revisione contabile esterna qualora questi siano redatti in conformità a tali principi contabili, sebbene la normativa fiscale o societaria italiana non le obblighi ad adottarli.
Se una o più imprese o entità a controllo congiunto localizzate nel territorio dello Stato italiano non soddisfano le condizioni sopra menzionate o redigono il bilancio o rendiconto avendo a riferimento un esercizio differente da quello del bilancio consolidato del gruppo, il profitto eccedente e l’imposta minima nazionale sono calcolati sulla base dei principi contabili adottati nel bilancio consolidato predisposto dalla controllante capogruppo o dei principi contabili adottati in conformità alla norma (art. 22, c. 2, D.Lgs. n. 209/2023).
Valuta - Nei casi di redazione del bilancio secondo la normativa fiscale e societaria italiana ovvero in caso di revisione esterna ove tutte le imprese o le entità a controllo congiunto localizzate nel territorio dello Stato italiano adottano l’euro come valuta funzionale, le disposizioni in commento sono applicate utilizzando importi denominati in euro.
Viceversa, se non tutte le imprese o le entità a controllo congiunto localizzate nel territorio dello Stato italiano adottano l’euro come valuta funzionale, l’impresa dichiarante può esercitare un’opzione quinquennale per scegliere di effettuare i calcoli dell’imposta minima nazionale in relazione a tutte le imprese o entità a controllo congiunto localizzate nel territorio dello Stato italiano utilizzando la valuta di presentazione del bilancio consolidato oppure l’euro.
Le suddette imprese o entità a controllo congiunto che utilizzano una diversa valuta funzionale rispetto a quella prescelta operano la conversione sulla base delle regole di conversione valutaria previste nel principio contabile adottato ai fini della predisposizione del bilancio consolidato.
Ove il profitto eccedente e l’imposta minima nazionale siano calcolati sulla base dei principi contabili adottati nel bilancio consolidato predisposto dalla controllante capogruppo le disposizioni in esame sono applicate utilizzando gli importi denominati nella valuta di presentazione del bilancio consolidato.
Imposta minima nazionale - Se l’imposta minima nazionale o l’imposta minima nazionale equivalente è stata calcolata, per l’esercizio, sulla base dei principi contabili conformi adottati dalla controllante capogruppo ovvero dei principi contabili internazionali, l’imposizione integrativa si assume pari a zero.
Ai fini dell’imposta minima nazionale, non si applicano le esclusioni dall’imposizione integrativa (art. 56, D.Lgs. n. 209/2023) per i gruppi multinazionali o nazionali di imprese.
Calcolo dell’imposta minima nazionale - L'imposta minima nazionale è calcolata, in un esercizio, conformemente alle disposizioni, se compatibili, contenute nel D.Lgs. n. 209/2023.
In un esercizio, l'imposta minima nazionale è pari al prodotto tra il profitto eccedente relativo ai soggetti obbligati, e l'aliquota di imposizione integrativa, maggiorato dell'imposizione integrativa addizionale relativa ai medesimi soggetti, determinata in base alle regole sull’imposta integrativa addizionale di cui all'art. 36 del D.Lgs. n. 209/2023.
Se il gruppo multinazionale o nazionale non esercita l'opzione prevista all'art. 35, c. 2, del D.Lgs. n. 209/2023 relativo alla riduzione dell’attività economica sostanziale, il profitto eccedente si determina applicando la riduzione del reddito da attività economica sostanziale, determinata ai sensi dell'art. 35 D.Lgs. n. 209/2023 e tenendo conto delle aliquote previste nell'allegato B del medesimo decreto, in relazione alle imprese o alle entità a controllo congiunto localizzate in Italia o alle entità apolidi costituite in base alle leggi dello Stato italiano.
In un esercizio, l'aliquota d'imposizione integrativa, il profitto eccedente e l'imposta minima nazionale si determinano autonomamente, rispetto alle altre imprese del gruppo localizzate nel territorio dello Stato italiano, per:
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ciascuna entità a controllo congiunto che non è membro di un gruppo a controllo congiunto;
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le entità appartenenti al medesimo gruppo a controllo congiunto;
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le entità di investimento;
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le entità assicurative di investimento;
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ciascuna impresa partecipata in misura minoritaria che non è membro di un sottogruppo di minoranza;
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le imprese appartenenti al medesimo sottogruppo di minoranza;
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ciascuna entità apolide costituita in base alle leggi dello Stato italiano.
In caso di opzione in materia di regimi transitori semplificati, esercitata in relazione a un esercizio per le imprese e per le entità a controllo congiunto localizzate in Italia, l'imposta minima nazionale dovuta dal gruppo per tali imprese ed entità, in quell'esercizio, si assume pari a zero.
In caso di opzione per l’esclusione de minimis di cui all'art. 37, c. 1, del D.Lgs. n. 209/2023, esercitata in relazione a un esercizio, per le imprese e per le entità a controllo congiunto localizzate in Italia, l'imposta minima nazionale dovuta dal gruppo per tali imprese ed entità, in quell'esercizio, si assume pari a zero.
Pagamento dell’imposta
Tutte le imprese del gruppo, diverse dalle entità di investimento, e le entità a controllo congiunto localizzate nel territorio dello Stato, sono tra loro solidalmente e congiuntamente responsabili per il pagamento della imposta minima nazionale.
Il gruppo multinazionale o nazionale individua l’impresa localizzata in Italia quale responsabile dell’imposta minima nazionale e stabilisce la ripartizione del relativo onere tra le imprese localizzate nel territorio dello Stato italiano.
Se in un esercizio non ci sono imprese, diverse da entità d'investimento e da entità assicurative d'investimento, localizzate in Italia, il gruppo individua una entità apolide costituita in base alle leggi dello Stato italiano per il versamento dell'imposta minima nazionale dovuta in relazione a tale esercizio dalle entità apolidi e dalle entità d'investimento e dall'entità assicurative d'investimento.
In questo caso, l'entità apolide tenuta al versamento dell'imposta e tutte le altre entità apolidi costituite in base alle leggi dello Stato italiano sono tra loro solidamente e congiuntamente responsabili per l'imposta dovuta.
Se in un esercizio non ci sono entità apolidi costituite in base alle leggi dello Stato italiano e sono localizzate in Italia solo entità d'investimento o entità assicurative d'investimento, il gruppo multinazionale o nazionale individua una entità di investimento o un'entità assicurativa d'investimento per il versamento della relativa imposta dovuta in relazione a tale esercizio dalle entità d'investimento o dalle entità assicurative di investimento.
In questo caso, l'entità di investimento o l'entità assicurativa d'investimento tenuta al versamento dell'imposta e tutte le altre entità d'investimento o le altre entità assicurative di investimento sono tra loro congiuntamente e solidalmente responsabili per l'imposta dovuta.
L'entità a controllo congiunto è tenuta a versare autonomamente l'imposta minima nazionale dovuta in relazione ad un esercizio.
L'entità a controllo congiunto localizzata in Italia appartenente ad un gruppo a controllo congiunto è tenuta al versamento dell'imposta minima nazionale dovuta, in relazione ad un esercizio, anche dalle sue entità sussidiarie a controllo congiunto.
Nell'ipotesi di cui al periodo precedente, se l'entità a controllo congiunto non è localizzata in Italia, il gruppo a controllo congiunto individua l'entità sussidiaria a controllo congiunto localizzata in Italia per il versamento dell'imposta minima nazionale dovuta in relazione a tale esercizio da tutte le entità sussidiarie a controllo congiunto.
L'entità a controllo congiunto o l'entità sussidiaria a controllo congiunto tenuta al versamento, e tutte le entità sussidiarie a controllo congiunto appartenenti al medesimo gruppo a controllo congiunto localizzate in Italia sono tra loro solidalmente e congiuntamente responsabili per il corretto assolvimento dell'imposta dovuta.
L'impresa tenuta al versamento dell’imposta e tutte le imprese del gruppo localizzate in Italia, diverse dalle entità di investimento e dalle entità assicurative di investimento, e le entità apolidi costituite in base alle leggi dello Stato italiano sono tra loro solidalmente e congiuntamente responsabili per il corretto assolvimento dell'imposta dovuta.
Il gruppo multinazionale o nazionale stabilisce la ripartizione dell'onere derivante dall'imposta minima nazionale nel rispetto della modalità separata di calcolo dell'imposta minima nazionale.
Non assumono rilevanza fiscale le somme percepite e versate dalle imprese e dalle entità a controllo congiunto in dipendenza dell'allocazione dell'imposta minima nazionale coma sopra indicato.
Opzione per il “porto sicuro” - Su opzione dell'impresa dichiarante, l'imposizione integrativa dovuta per un Paese è pari a zero, se l'imposta minima nazionale o l'imposta minima nazionale equivalente ivi dovuta rispetta i requisiti dei regimi semplificati, previsti dal quadro inclusivo sul BEPS, per essere considerata “porto sicuro”.
A tal fine si fa riferimento alla lista delle legislazioni nazionali con imposte aventi i requisiti del “porto sicuro” contenuta nella guida amministrativa e nei suoi aggiornamenti pubblicati dal quadro inclusivo sul BEPS.
Il riconoscimento o la perdita dello status di “porto sicuro” ha effetto, ai fini dell'applicazione del decreto legislativo, con decorrenza indicata dal quadro inclusivo sul BEPS.
L'opzione, che ha validità per un esercizio ed è rinnovabile, è esercitata nella comunicazione rilevante (art. 51, D.Lgs. n. 209/2023) separatamente in relazione ai soggetti interessati, localizzati in Italia o alle entità apolidi costituite in base alle leggi dello Stato italiano.
31.10.3. Imposta minima suppletiva
31.10.3.Imposta minima suppletivaCon effetto dagli esercizi che decorrono a partire dal 31 dicembre 2024 (art. 60, D.Lgs. n. 209/2023), se la controllante capogruppo è localizzata in un Paese terzo che non applica una imposta minima integrativa equivalente ovvero è una entità esclusa, tutte le imprese localizzate nel territorio dello Stato italiano, diverse dalle entità di investimento, sono tra loro solidalmente e congiuntamente responsabili per il pagamento, a titolo di imposta minima suppletiva, di un importo pari all’imposizione integrativa attribuita, per l’esercizio, allo Stato italiano (art. 19, D.Lgs. n. 209/2023).
In tal caso spetta al gruppo multinazionale il compito di individuare l’impresa localizzata nel territorio dello Stato italiano tenuta al versamento dell’imposta minima suppletiva; esso può stabilire la ripartizione del relativo onere tra le imprese localizzate nel territorio dello Stato italiano.
Le somme percepite o versate dalle imprese a fronte del riaddebito dell’imposta minima suppletiva non assumono rilevanza fiscale.
Applicazione dell’imposta minima suppletiva nel paese della capogruppo controllante
Se la controllante capogruppo è localizzata in un Paese terzo a bassa imposizione, tutte le imprese del gruppo localizzate nel territorio dello Stato italiano, purché diverse dalle entità di investimento, sono tra loro solidalmente e congiuntamente responsabili per il pagamento, a titolo di imposta minima suppletiva, dell’importo pari all’imposizione integrativa attribuita, per l’esercizio, allo Stato italiano (art. 20, D.Lgs. n. 209/2023).
Le norme di cui si discute non trovano applicazione se la controllante capogruppo è soggetta ad una imposta minima integrativa equivalente con riferimento a sé stessa ed alle sue imprese a bassa imposizione localizzate nel suo Paese di localizzazione.
Calcolo dell’imposta minima suppletiva
L’imposta minima suppletiva attribuita allo Stato italiano si determina moltiplicando l’importo complessivo dell’imposta minima suppletiva per la percentuale di sua pertinenza (art. 21, D.Lgs. n. 209/2023).
L’importo complessivo dell’imposta minima suppletiva relativo ad un dato esercizio è pari alla somma della imposizione integrativa relativa a ciascuna delle imprese del gruppo multinazionale dovuta per il medesimo esercizio, tenuto conto di quanto previsto di seguito.
L’importo di tale imposta relativa ad un’impresa a bassa imposizione è pari a zero se, nell’esercizio, tutte le partecipazioni della controllante capogruppo in tale impresa sono detenute direttamente o indirettamente per il tramite di una o più controllanti che sono localizzate in Paesi che applicano una imposta minima integrativa equivalente con riferimento a detta impresa a bassa imposizione per il medesimo esercizio.
Fuori dai predetti casi di detenzione in Paesi che applicano un’imposta integrativa equivalente, l’importo dell’imposta minima suppletiva relativa ad un’impresa a bassa imposizione è ridotto in misura pari all’importo dell’imposizione integrativa dovuta da una controllante che, con riferimento ad essa, applica un’imposta minima integrativa equivalente.
La percentuale dell’imposta minima suppletiva imputabile allo Stato italiano calcolata con riferimento ad un dato esercizio e in relazione ad un gruppo multinazionale è pari al 50% della somma dei seguenti rapporti:
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numero dei dipendenti impiegati da tutte le imprese del gruppo multinazionale localizzate nello Stato italiano, diviso per il numero dei dipendenti complessivamente impiegati da tutte le imprese del gruppo multinazionale localizzate in Paesi in cui è in vigore una imposta minima suppletiva equivalente;
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il valore contabile netto dei beni tangibili di tutte le imprese del gruppo multinazionale localizzate nello Stato italiano diviso per il valore contabile netto dei beni tangibili di tutte le imprese del gruppo multinazionale localizzate in Paesi che applicano una imposta minima suppletiva equivalente.
Riguardo al predetto calcolo, va ricordato che:
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il numero dei dipendenti corrisponde al numero di dipendenti equivalenti a tempo pieno, calcolati su basa annua rispetto alle ore medie di un lavoratore a tempo pieno, impiegati da tutte le imprese localizzate nel Paese di pertinenza, comprensivi dei lavoratori che partecipano ordinariamente alle attività operative di queste ultime alle dipendenze di fornitori non appartenenti al gruppo multinazionale;
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ad una stabile organizzazione sono attribuiti i lavoratori dipendenti il cui costo è contabilizzato nel suo conto economico. I dipendenti che sono attribuiti alla stabile organizzazione non rilevano ai fini del computo dei lavoratori dipendenti relativo al Paese di localizzazione della casa madre;
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ad una stabile organizzazione sono attribuiti i beni tangibili che sono rilevati nello stato patrimoniale ad essa relativo. I beni tangibili che sono attribuiti alla stabile organizzazione in conformità al precedente periodo non rilevano ai fini del computo del valore contabile netto dei beni tangibili relativo al Paese di localizzazione della casa madre;
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i beni tangibili comprendono quelli di tutte le imprese localizzate nel Paese di pertinenza ad eccezione delle disponibilità liquide o attivi equivalenti e delle immobilizzazioni immateriali o finanziarie;
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il numero dei dipendenti ed il valore contabile netto dei beni tangibili rispettivamente impiegati e detenute da una entità di investimento non sono presi in considerazione;
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il numero dei dipendenti ed il valore contabile netto dei beni tangibili rispettivamente impiegati e detenute da una entità trasparente sono irrilevanti salvo che essi siano attribuiti ad una stabile organizzazione ovvero, in assenza di una stabile organizzazione, alle imprese localizzate nel suo Paese di costituzione.
Deroghe – In deroga alle suddette modalità di calcolo della percentuale dell’imposta minima suppletiva attribuita allo Stato italiano, la percentuale dell’imposta minima suppletiva relativa a un gruppo multinazionale, imputabile ad un Paese e riferita ad un determinato esercizio è pari a zero se in detto Paese l’imposta di sua pertinenza relativa ad un esercizio precedente non abbia generato, per il suo intero ammontare, un onere fiscale supplementare esigibile sulle imprese del gruppo ivi localizzate.
In tal caso, il numero dei dipendenti ed il valore contabile netto dei beni tangibili delle imprese del gruppo ivi localizzate sono esclusi ai fini del calcolo della menzionata percentuale.
Rimane invece ferma l’applicazione delle disposizioni di cui sopra in materia di percentuale di calcolo ove, in un esercizio, la percentuale di imposta suppletiva relativa a un gruppo multinazionale imputabile a tutti i Paesi in cui sono localizzate le sue imprese è pari a zero.
Opzione - Su opzione dell’impresa dichiarante, per gli esercizi di durata non superiore a 12 mesi che iniziano entro il 31 dicembre 2025 e terminano prima del 31 dicembre 2026, è possibile calcolare come pari a zero l’imposta minima suppletiva dovuta in relazione al Paese di localizzazione della controllante capogruppo, se tale Paese applica l’imposta sul reddito delle società con un’aliquota nominale pari o superiore al 20%.
31.10.4. Calcolo del reddito o della perdita rilevante
31.10.4.Calcolo del reddito o della perdita rilevanteIl decreto di riforma della fiscalità internazionale indica le modalità di determinazione del reddito o della perdita rilevante (art. 22, D.Lgs. n. 209/2023).
In particolare, viene previsto che il reddito o la perdita rilevante sono calcolati apportando all’utile o perdita contabile netta dell’esercizio apposite variazioni in aumento o in diminuzione (art. 23, 24, 25 e 26, D.Lgs. n. 209/2023).
Per determinare tale calcolo, l’utile o perdita contabile netta dell’esercizio corrisponde al risultato contabile netto dell’impresa di detto esercizio, calcolato in conformità ai principi contabili utilizzati dalla controllante capogruppo ai fini del bilancio consolidato, prima delle rettifiche da consolidamento.
Inoltre, ci sono apposite regole per:
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l’utile derivante dal trasporto marittimo internazionale e dalle attività accessorie del trasporto marittimo internazionale (art. 24, D.Lgs. n. 209/2023);
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il reddito o perdita rilevante della stabile organizzazione (art. 25, D.Lgs. n. 209/2023);
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l’imputazione del reddito o della perdita rilevante di una entità trasparente (art. 26, D.Lgs. n. 209/2023).
31.10.5. Imposte rilevanti rettificate
31.10.5.Imposte rilevanti rettificateIl decreto di riforma della fiscalità internazionale definisce:
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quali sono le imposte rilevanti di un’impresa ai fini del calcolo delle imposte rilevanti rettificate e quali sono le imposte escluse (art. 27, D.Lgs. n. 209/2023);
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la rettifica delle imposte rilevanti di un’impresa per un esercizio fiscale, attraverso l’elencazione delle maggiorazioni e delle riduzioni delle imposte rilevanti (art. 28, D.Lgs. n. 209/2023) nonché l’importo totale delle rettifiche relative alla fiscalità anticipata e differita (art. 30, D.Lgs. n. 209/2023);
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un regime opzionale della perdita rilevante che riconosce a un’impresa dichiarante la possibilità di scegliere di considerare l’imposta anticipata da perdita rilevante per ogni esercizio con riferimento al quale emerge una perdita netta rilevante in tale Paese. A tal fine l’attività fiscale differita relativa a una perdita rilevante è pari alla perdita netta qualificante per un esercizio fiscale per la giurisdizione moltiplicata per l’aliquota minima d’imposta (art. 30, D.Lgs. n. 209/2023);
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l’imputazione delle imposte rilevanti di alcune tipologie di entità (art. 31, D.Lgs. n. 209/2023);
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le rettifiche successive alla presentazione della dichiarazione e di variazioni dell’aliquota fiscale (art. 32, D.Lgs. n. 209/2023).
Imposte rilevanti per un’impresa
Le imposte rilevanti di un’impresa comprendono:
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le imposte contabilizzate in bilancio come imposte sul reddito relativamente alle sue componenti reddituali e ai suoi profitti, nonché alle componenti reddituali e ai profitti di un’altra impresa imputati alla prima in virtù della partecipazione in essa detenuta;
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le imposte sugli utili distribuiti, sulle distribuzioni presunte e sugli oneri non inerenti, prelevate nell’ambito di un regime di imposizione sull’utile distribuito;
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le imposte applicate in sostituzione delle imposte di cui alla lettera a);
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le imposte applicate con riferimento al valore degli utili non distribuiti e del patrimonio netto della società o altra entità nonché quelle applicate su più componenti basate sul reddito e sul patrimonio netto.
Esclusioni - Sono escluse dalle imposte rilevanti di un’impresa:
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l’imposta minima integrativa e l’imposta minima integrativa equivalente dovuta da una controllante;
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l’importo dovuto da un’impresa a titolo di imposta minima nazionale e di imposta minima nazionale equivalente;
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l’importo dovuto da un’impresa a titolo di imposta minima suppletiva e di imposta minima suppletiva equivalente;
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l’imposta accreditabile non rilevante;
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le imposte pagate da una compagnia assicurativa con riferimento ai rendimenti spettanti agli assicurati.
31.10.6. Calcolo dell’aliquota di imposizione effettiva e dell’imposizione integrativa
31.10.6.Calcolo dell’aliquota di imposizione effettiva e dell’imposizione integrativaCalcolo dell’imposizione effettiva
L’aliquota di imposizione effettiva di un gruppo multinazionale o nazionale di imprese deve essere calcolata separatamente per ogni esercizio e per ogni Paese di localizzazione, a condizione che nel Paese vi sia un reddito netto rilevante (art. 33, D.Lgs. n. 209/2023).
L’aliquota di imposizione effettiva è pari al rapporto tra le imposte rilevanti rettificate del Paese e il reddito netto rilevante del Paese e detto rapporto può essere negativo o positivo.
Il reddito netto rilevante o la perdita netta rilevante del Paese per un dato esercizio sono dati dalla differenza tra il reddito rilevante di tutte le imprese localizzate nel Paese e la perdita rilevante di tutte le imprese localizzate nel medesimo Paese.
Inoltre, l’aliquota di imposizione effettiva di ciascuna impresa apolide è calcolata, per ogni esercizio, separatamente dall’aliquota di imposizione effettiva di ogni altra impresa.
Calcolo dell’imposizione integrativa
Se in un esercizio l’aliquota di imposizione effettiva di un Paese è inferiore all’aliquota minima d’imposta, il gruppo multinazionale o nazionale calcola l’imposizione integrativa e la ripartisce per ogni impresa ivi localizzata con un reddito rilevante che ha concorso alla determinazione del reddito netto del Paese (art. 34, D.Lgs. n. 209/2023).
L’importo dell’imposizione integrativa è determinato per singolo Paese.
L’aliquota di imposizione integrativa di un Paese, relativa ad un esercizio, è data dalla differenza tra l’aliquota minima di imposta del 15% e l’aliquota d’imposizione effettiva di cui al paragrafo precedente.
Dunque, nel caso in cui, in relazione alle imprese localizzate in un Paese, l’aliquota di imposizione effettiva sia uguale o superiore al 15%, il gruppo non dovrà alcuna imposizione integrativa.
In un esercizio l’imposizione integrativa dovuta per un Paese è pari al prodotto tra il profitto eccedente del Paese e l’aliquota di imposizione integrativa, maggiorato dell’imposizione integrativa addizionale relativa al Paese e ridotto dell’importo della imposta minima nazionale o della imposta minima nazionale equivalente fino a concorrenza del suo azzeramento.
Affinché l’imposizione integrativa sia ridotta dall’imposta minima nazionale o dall’imposta minima nazionale equivalente quest’ultime devono considerarsi dovute.
A tal fine l’imposta minima nazionale o l’imposta minima nazionale equivalente non si considera dovuta quando:
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il gruppo ne contesta direttamente o indirettamente la legittimità nell’ambito di una procedura giudiziale o amministrativa, sulla base di ragioni di legittimità dell’imposta quali quelle di ordine costituzionale ovvero derivanti da obblighi internazionali del Paese;
oppure
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l’autorità fiscale del Paese ha stabilito che la propria imposta minima nazionale non sia prelevabile o accertabile in base a ragioni di legittimità costituzionale ovvero derivanti da obblighi internazionali del Paese.
31.10.7. Dichiarazione, riscossione e sanzioni
31.10.7.Dichiarazione, riscossione e sanzioniDichiarazione
La dichiarazione annuale relativa all’imposizione integrativa dovuta a titolo di imposta minima integrativa, di imposta minima suppletiva e di imposta minima nazionale è presentata entro il 15° mese successivo all’ultimo giorno dell’esercizio con riferimento al quale la comunicazione rilevante si riferisce e, entro il diciottesimo mese successivo al termine finale dell’esercizio transitorio (art. 53, D.Lgs. n. 209/2023).
Versamento
Le imposte sono versate in due rate:
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il 90% dell’importo dovuto entro l’undicesimo mese successivo all’ultimo giorno dell’esercizio al quale le imposte si riferiscono;
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l’importo residuo entro l’ultimo giorno del mese successivo al termine previsto per la dichiarazione annuale relativa a tale esercizio.
Esimente
Per i primi 3 esercizi di applicazione delle disposizioni non si fa luogo ad irrogazione delle sanzioni ad eccezione che per i casi di dolo o colpa grave.
31.10.8. Disciplina transitoria
31.10.8.Disciplina transitoriaSono previste specifiche regole per il periodo transitorio di applicazione delle disposizioni contenute nel Decreto di riforma (art. 54, D.Lgs. n. 209/2023).
L’esercizio transitorio indica, in relazione ad un Paese, il primo esercizio con riferimento al quale un gruppo multinazionale o nazionale di imprese è soggetto:
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alle disposizioni di recepimento delle norme in materia di imposizione minima globale;
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ovvero alle disposizioni interne di trasposizione della Direttiva negli Stati membri europei;
-
ovvero alle disposizioni di recepimento delle regole OCSE in Stati terzi.
Ai fini del calcolo dell’aliquota d’imposizione effettiva di un Paese nell’esercizio transitorio e negli esercizi ad esso successivi, il gruppo multinazionale o nazionale di imprese deve tenere in considerazione le imposte anticipate e le imposte differite iscritte all’inizio dell’esercizio transitorio nel bilancio e negli equivalenti rendiconti patrimoniali e finanziari delle imprese ivi localizzate.
Si tiene altresì conto anche delle imposte anticipate non iscritte in bilancio in mancanza dei relativi presupposti contabili.
Le imposte anticipate e le imposte differite rilevano in misura pari al minore tra il loro valore calcolato applicando l’aliquota minima d’imposta ed il loro valore calcolato applicando la pertinente aliquota nominale di imposizione in vigore nel Paese.
Tuttavia, le imposte anticipate che sono state calcolate applicando una aliquota di imposizione inferiore all’aliquota minima d’imposta sono ricalcolate applicando l’aliquota minima di imposta se e nella misura in cui esse si riferiscono ad una perdita rilevante.
Sono irrilevanti le iscrizioni o cancellazioni, totali o parziali, contabilizzate a conto economico di imposte anticipate per effetto di modifiche dei loro presupposti di registrazione contabile.
Le imposte anticipate che originano da elementi reddituali che non concorrono alla formazione del reddito o perdita rilevante non rilevano se esse originano da transazioni poste in essere successivamente alla data del 30 novembre 2021.
Per i trasferimenti di immobilizzazioni posti in essere tra imprese in data successiva al 30 novembre 2021 ma anteriore all’inizio dell’esercizio transitorio, il loro valore rilevante corrisponde al loro valore contabile in capo alla entità trasferente alla data del trasferimento. Tale valore è aumentato o diminuito a seguito di ammortamenti, svalutazioni, rivalutazioni o capitalizzazioni intercorse dalla data del trasferimento sino all’ultimo giorno antecedente il periodo transitorio.
Sono irrilevanti, ai fini di quanto stabilito dal periodo precedente, i maggiori ammortamenti derivanti da valutazioni con il criterio del fair value.
Le plusvalenze e le minusvalenze in caso di ulteriore cessione sono calcolate, ai fini del reddito o perdita rilevante, sulla base del valore indicato ai sensi di quanto sopra descritto.
Eventuali valori di imposte differite e di imposte anticipate registrate dalle suddette imprese in conseguenza del trasferimento sono ricalcolati avendo a riferimento il valore contabile che le immobilizzazioni trasferite avevano in capo alla entità trasferente alla data del trasferimento.
31.10.9. Regimi transitori semplificati
31.10.9.Regimi transitori semplificatiSono previste specifiche regole per i regimi transitori semplificati (transitional safe harbours) (art. 39, D.Lgs. n. 209/2023; D.M. 20 maggio 2024).
In deroga a quanto previsto a proposito del calcolo dell’imposizione effettiva ed
integrativa (31.10.6.) a seguito di opzione dell'impresa dichiarante l'imposizione integrativa dovuta da
un gruppo in un esercizio in relazione ad un determinato Paese si presume pari a zero
se il livello di imposizione effettiva delle sue imprese ivi localizzate rispetta
le condizioni previste da un accordo internazionale sui regimi semplificati.
Un accordo internazionale sui regimi semplificati indica un insieme di regole e di condizioni concordate a livello internazionale da tutti gli Stati membri dell'Unione Europea che consentono ai gruppi di beneficiare di uno o più dei regimi di semplificazione ivi previsti e disciplinati.
Regime di semplificazione
Consente di considerare pari a zero l’imposizione integrativa dovuta dal gruppo in un esercizio e con riferimento ad un Paese senza la necessità di calcolare l’aliquota di imposizione effettiva e l’eventuale importo dell’imposizione integrativa secondo le modalità ordinarie previste dalle Regole GloBE se tale Paese presenta un basso rischio fiscale.
Per assicurare che il Paese sia a basso rischio fiscale è necessario che il gruppo rispetti, in tale Paese, almeno uno dei seguenti requisiti:
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il requisito de minimis transitorio;
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il requisito riguardante l’aliquota di imposizione effettiva semplificata o il requisito del profitto ordinario.
Requisito de minimis transitorio - Garantisce che il “Paese testato” non presenti una pericolosità fiscale quando il gruppo registra Ricavi Totali inferiori a 10 milioni di euro ed un Utile Ante Imposte inferiore a 1 milione di euro nell’esercizio considerato e nel Paese testato.
Il requisito sussiste quando entrambe le condizioni risultano soddisfatte.
Con specifico riferimento alla seconda condizione, si precisa che quest’ultima è sempre soddisfatta nell’ipotesi in cui il gruppo contabilizzi una Perdita Ante Imposte, indipendentemente dal suo ammontare
Requisito per l’aliquota di imposizione effettiva semplificata - L’aliquota viene calcolata in ciascun esercizio, in relazione ad un “Paese testato”, rapportando le Imposte Rilevanti Semplificate dell’esercizio (numeratore) al suo Utile Ante Imposte (denominatore).
Le Imposte Rilevanti Semplificate sono definite come le imposte sul reddito del “Paese testato” indicate nella voce imposte dei Rendiconti Finanziari Qualificati del gruppo, al netto degli importi che non rappresentano imposte rilevanti e degli importi relativi alle posizioni fiscali incerte indicate in tali rendiconti.
In particolare, il gruppo multinazionale o nazionale può esercitare l’opzione per il regime transitorio semplificato in un esercizio rientrante nel Periodo Rilevante ed in relazione ad un “Paese testato” se, per quell’esercizio e in quel Paese, il gruppo ha un’Aliquota di Imposizione Effettiva Semplificata uguale o superiore alla Aliquota di Imposizione Transitoria.
Quest’ultima, è pari all’aliquota del:
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15% per gli esercizi che iniziano nel 2023 e nel 2024;
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16% per gli esercizi che iniziano nel 2025;
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17% per gli esercizi che iniziano nel 2026.
Requisito del profitto ordinario - Prevede il confronto tra l’importo della riduzione del reddito da attività economica sostanziale (SBIE) di un “Paese testato” e il relativo l’Utile o Perdita Ante Imposte sul reddito come riportato nel CbCR Qualificato del gruppo multinazionale o come sarebbe stato riportato nel CbCR Qualificato se il gruppo multinazionale o nazionale fosse stato obbligato a predisporlo.
Se l’importo dello SBIE di un “Paese testato” è uguale o superiore al suo utile (perdita) prima dell’imposta sul reddito, è presumibile che in tale “Paese testato” il gruppo non realizzi un profitto in eccesso e tale circostanza legittima la fruizione del criterio transitorio di semplificazione.
Verifica dei requisiti
Ai fini della verifica, una stabile organizzazione deve utilizzare dati provenienti dai suoi Rendiconti Finanziari Qualificati.
Nel caso questi non siano disponibili, il gruppo multinazionale può determinare i valori dell’Utile o Perdita Ante Imposte, dei Ricavi Totali riferiti alla stabile organizzazione utilizzando rendiconti separati predisposti dalla casa madre per finalità finanziarie, fiscali, regolamentari o di controllo di gestione.
Per evitare duplicazioni, si stabilisce la regola secondo cui i dati riguardanti la stabile organizzazione assumono rilevanza solo nel Paese in cui questa è localizzata e non possono essere computati ai fini della verifica dei requisiti necessari per fruire del regime transitorio semplificato nel Paese della casa madre
Opzione
Le regole di semplificazione trovano applicazione solo a seguito di un’apposita opzione esercitata dall’entità dichiarante, nella comunicazione rilevante da presentare ai sensi dell’art. 51 del D.Lgs. n. 209/2023, e per un periodo di tempo limitato che ricomprende gli esercizi che iniziano entro il 31 dicembre 2026 e terminano entro il 30 giugno 2028.
Determinazione dell’imposizione integrativa
Ai fini della determinazione dell’imposizione integrativa, il regime transitorio semplificato deve applicarsi in maniera autonoma in relazione alle entità a controllo congiunto o in relazione a ciascun gruppo a controllo congiunto, con conseguente verifica delle condizioni previste dalla norma sulla base dei rispettivi Rendiconti Finanziari Qualificati.
In altri termini, le entità a controllo congiunto o ciascun gruppo a controllo congiunto costituiscono un “Paese testato” (Tested jurisdiction) separato rispetto al quale occorre verificare la sussistenza di uno dei requisiti previsti dalla norma.
Imprese detenute per la vendita
I relativi dati non sono da considerare ai fini della verifica dei requisiti necessari per fruire del regime transitorio semplificato se questi non sono inclusi nella Rendicontazione Paese per Paese Qualificata o non sarebbero stati inclusi nella Rendicontazione Paese per Paese Qualificata se il gruppo nazionale o multinazionale fosse stato obbligato a predisporla.
Entità fiscalmente trasparenti
I Ricavi Totali, l’Utile Ante Imposte e le Imposte Rilevanti Semplificate ed ogni altro dato o bene registrato o detenuto da un’entità fiscalmente trasparente è attribuito pro-quota alle sue stabili organizzazioni e/o alle sue imprese proprietarie ai fini della verifica dei requisiti previsti dalla norma.
L’attribuzione contestuale dei citati valori alla stabile organizzazione e alle imprese proprietarie dell’entità fiscalmente trasparente avviene quando non tutti i Ricavi Totali, l’Utile Ante Imposte e le Imposte Rilevanti Semplificate sono attribuibili ad una stabile organizzazione, con la conseguenza che i valori residuali sono allocati alle imprese proprietarie dell’entità fiscalmente trasparente.
Controlli
Nel caso in cui un gruppo multinazionale o nazionale scelga di applicare un regime transitorio semplificato, l’amministrazione fiscale può applicare i suoi processi ordinari di valutazione, di indagine e controllo per determinare se la semplificazione sia stata applicata secondo i criteri stabili dal decreto, a loro volta conformi ai criteri stabiliti nel Quadro di Implementazione delle Regole GloBE, e la correttezza dei dati sottostanti utilizzati ai fini del regime di semplificazione prescelto.