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    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

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    Autore:

    AA.VV.

    Editore:

    IPSOA

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    FISCO

    22. COMPONENTI POSITIVE DI REDDITO

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    22.1. Premessa - 22.1.1. Proventi non imponibili - 22.2. Ricavi - 22.2.1. Componenti che non costituiscono ricavi - 22.3. Plusvalenze patrimoniali - 22.3.1. Requisiti per la tassazione - 22.3.2. Tassazione delle plusvalenze - 22.3.3. Plusvalenze non rilevanti - 22.3.4. Plusvalenze in materia di partecipazioni - 22.3.5. Plusvalenze su partecipazioni in imprese non residenti - 22.4. Sopravvenienze attive - 22.4.1. Esclusioni - 22.4.2. Rinuncia dei soci ai crediti - 22.4.3. Riduzione dei debiti in caso di procedure concorsuali - 22.4.4. Cessione del leasing - 22.5. Contributi - 22.5.1. Contributi in conto capitale - 22.5.2. Contributi in conto esercizio - 22.5.3. Contributi in conto impianti - 22.6. Pronti contro termine - 22.7. Dividendi - 22.7.1. Aspetti generali - 22.7.2. Dividendi percepiti da società di capitali - 22.7.3. Dividendi distribuiti da società ed enti non residenti - 22.7.4. Dividendi percepiti da enti non commerciali - 22.7.5. Costi connessi alla gestione delle partecipazioni - 22.8. Proventi immobiliari - 22.8.1. Immobili strumentali - 22.8.2. Immobili merce - 22.8.3. Immobili non strumentali - 22.8.4. Immobili locati - 22.8.5. Immobili di interesse storico o artistico - 22.8.6. Deducibilità delle spese - 22.9. Valutazione delle rimanenze - 22.9.1. Rimanenze di magazzino - 22.9.2. Dettaglianti - 22.9.3. Prodotti in corso di lavorazione - 22.9.4. Valute estere - 22.9.5.Adeguamento rimanenze iniziali per soggetti non IAS/IFRS - 22.10. Opere di durata ultrannuale - 22.10.1. Definizione - 22.10.2. Valutazione - 22.10.3. Documentazione - 22.11. Società petrolifere - 22.12. Titoli e partecipazioni - 22.12.1. Deroga - 22.12.2. Contratti pronti contro termine

    22.1. Premessa

    22.1.Premessa

    Tra i componenti positivi di reddito d’impresa rilevanti ai fini dell’IRES vanno considerati:

    • i ricavi (art. 85, D.P.R. n. 917/1986);

    • le plusvalenze patrimoniali (art. 86, D.P.R. n. 917/1986);

    • le sopravvenienze attive (art. 88, D.P.R. n. 917/1986);

    • i dividendi e gli interessi attivi (art. 89, D.P.R. n. 917/1986);

    • i proventi immobiliari (art. 90, D.P.R. n. 917/1986).

    Da considerare anche le rimanenze, con particolare attenzione alla valutazione delle rimanenze di magazzino (art. 92, D.P.R. n. 917/1986) comprese quelle di alcune categorie di imprese (art. 92-bis, D.P.R. n. 917/1986) oltre che alla valutazione delle opere, forniture e servizi di durata ultrannuale (art. 93, D.P.R. n. 917/1986).

    Per le plusvalenze occorre considerare anche l’ipotesi di esenzione prevista per alcune tipologie al verificarsi di alcune condizioni (c.d. participation exemption - art. 87, D.P.R. n. 917/1986).

    22.1.1. Proventi non imponibili

    22.1.1.Proventi non imponibili

    Non concorrono alla formazione del reddito imponibile (art. 91, D.P.R. n. 917/1986):

    • i proventi dei cespiti in esenzione d’imposta;

    • i proventi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva;

    • in caso di riduzione del capitale sociale mediante annullamento di azioni proprie, acquistate in attuazione della relativa deliberazione o precedentemente, la differenza positiva o negativa tra il costo delle azioni annullate e la corrispondente quota del patrimonio netto;

    • i soprapprezzi di emissione delle azioni o quote e gli interessi di conguaglio versati dai sottoscrittori di nuove azioni o quote.

    22.2. Ricavi

    22.2.Ricavi

    I ricavi sono tutti i componenti positivi di reddito indicati nel Conto economico.

    Sono considerati ricavi (art. 85, D.P.R. n. 917/1986):

    • i corrispettivi derivanti dalla cessione di beni e dalla prestazione di servizi alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa;

    • i corrispettivi delle cessioni di materie prime e sussidiarie, di semilavorati e altri beni mobili (esclusi quelli strumentali) acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione;

    • i corrispettivi delle cessioni di azioni o quote di partecipazioni, anche non rappresentate da titoli, al capitale di società ed enti soggetti a IRES, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, diverse da quelle cui si applica l’esenzione per le plusvalenze (c.d. PEX, art. 87, D.P.R. n. 917/1986), anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa. Se le partecipazioni sono nelle società o enti non residenti, si applicano le norme in materia proventi similari alle azioni e obbligazioni (11.1.2.; 11.1.3.);

    • i corrispettivi delle cessioni di strumenti finanziari similari alle azioni (art. 44, D.P.R. n. 917/1986) emessi da società ed enti soggetti a IRES, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, diversi da quelli cui si applica l’esenzione (art. 87, D.P.R. n. 917/1986) anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa;

    • i corrispettivi delle cessioni di obbligazioni e di altri titoli in serie o di massa, diversi da quelli di cui ai punti precedenti, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa;

    • le indennità risarcitorie, anche in forma assicurativa, conseguite per la perdita dei beni precedentemente indicati;

    • i contributi in danaro o in natura spettanti in base a contratto;

    • i contributi spettanti esclusivamente in conto esercizio a norma di legge;

    • il valore normale dei beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa, destinati al consumo personale o familiare dell’imprenditore o a finalità estranee all’impresa, ovvero assegnati ai soci.

    I beni di cui alle lettere c), d) ed e) costituiscono immobilizzazioni finanziarie se sono iscritti come tali nel bilancio.

    In deroga a quanto detto sopra, per i soggetti che redigono il bilancio in base ai Principi contabili internazionali (IAS), si considerano immobilizzazioni finanziarie gli strumenti finanziari diversi da quelli detenuti per la negoziazione (art. 85, c. 3-bis, D.P.R. n. 917/1986).

    Casi particolari
    Immobiliari di costruzione e di compravendita Gli immobili, se non sono utilizzati quali beni strumentali, costituiscono beni merce e, conseguentemente in caso di vendita, danno luogo a ricavi e non a plusvalenza, non sono produttivi di reddito autonomo, nel periodo di possesso fino alla vendita (o alla locazione) costituiscono beni di magazzino suscettibili di valutazione come rimanenze al termine di ogni periodo d’imposta, se indicati singolarmente nel registro di magazzino (nota ministeriale 23 giugno 1977, n. 9/1050).
    Cessione di una
    partecipazione
    Se iscritta in bilancio per più esercizi consecutivi come immobilizzazione e nel bilancio precedente alla cessione tra le poste dell’attivo circolante, determina il sorgere di ricavi e non di plusvalenze (circ. 27 maggio 1994, n. 73/E, risp. 3.14).
    Versamenti ad un fondo di garanzia per operazioni di credito Se effettuati dai soci in proporzione percentuale all’importo delle operazioni di credito loro accordate, costituiscono, per l’istituto di credito, ricavi, in quanto sono considerati un onere accessorio del prestito contratto (ris. 2 maggio 1979, n. 9/550).
    Contributi spettanti a titolo di “tariffa incentivante” Costituiscono ricavi i contributi al responsabile dell’impianto per l’energia prodotta in misura superiore a 20 kw, “qualora l’impianto fotovoltaico, per la sua collocazione, non risulti posto al servizio dell’abitazione o della sede dell’utente”. In tal caso, infatti, l’energia prodotta si considera ceduta alla rete nell’ambito di un’attività commerciale e la “tariffa incentivante”, ricevuta dal responsabile dell’impianto, costituisce un contributo in conto esercizio, in quanto finalizzato a coprire sia i costi di esercizio, sia quelli connessi all’acquisto dell’impianto (circ. 19 luglio 2007, n. 46/E).

    22.2.1. Componenti che non costituiscono ricavi

    22.2.1.Componenti che non costituiscono ricavi

    Non scatta la presunzione di cessione (art. 1, D.P.R. n. 441/1997) e quindi non è considerato ricavo la distruzione che si realizza con la cessione gratuita a enti (art. 2, c. 1, lett. b), Legge n. 166/2016) delle seguenti tipologie di beni:

    • eccedenze alimentari: prodotti alimentari, agricoli e agro-alimentari invenduti o non somministrati per carenza di domanda, ritirati dalla vendita in quanto non conformi ai requisiti aziendali di vendita, prossimi al raggiungimento della data di scadenza, ecc.;

    • medicinali donati secondo specifiche modalità individuate dal Ministro della salute con D.M. 13 febbraio 2018;

    • articoli di medicazione di cui le farmacie devono obbligatoriamente essere dotate secondo la farmacopea ufficiale non più commercializzati, purché in confezioni integre, correttamente conservati e ancora nel periodo di validità, in modo tale da garantire la qualità, la sicurezza e l’efficacia originarie;

    • prodotti destinati all’igiene e alla cura della persona, prodotti per l’igiene e la pulizia della casa, integratori alimentari, biocidi, presìdi medico chirurgici, prodotti di cartoleria e di cancelleria, non più commercializzati o non idonei alla commercializzazione per imperfezioni, alterazioni, danni o vizi che non ne modificano l’idoneità all’utilizzo o per altri motivi similari;

    • altri prodotti individuati con apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, non più commercializzati o non idonei alla commercializzazione per imperfezioni, alterazioni, danni o vizi che non ne modificano l’idoneità all’utilizzo o per altri motivi similari.

    I beni ceduti gratuitamente di cui sopra non si considerano destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa (art. 85, c. 2, D.P.R. n. 917/1986).

    Le agevolazioni si applicano a condizione che (art. 16, c. 3, Legge n. 166/2016):

    • per ogni cessione gratuita sia emesso un documento di trasporto;

    • il donatore trasmetta, entro il giorno 5 del mese successivo a quello in cui sono state effettuate le cessioni, agli uffici dell’Amministrazione finanziaria e ai comandi della Guardia di finanza competenti, per via telematica, una comunicazione riepilogativa delle cessioni effettuate in ciascun mese solare, con l’indicazione, per ognuna di esse, dei dati contenuti nel relativo documento di trasporto nonché del valore dei beni ceduti, calcolato sulla base dell’ultimo prezzo di vendita. Il donatore è esonerato dall’obbligo di comunicazione per le cessioni di eccedenze alimentari facilmente deperibili, nonché per le cessioni che, singolarmente considerate, siano di valore non superiore a 15.000 euro;

    • l’ente donatario rilasci al donatore, entro la fine del mese successivo a ciascun trimestre, un’apposita dichiarazione trimestrale, recante gli estremi dei documenti di trasporto o dei documenti equipollenti relativi alle cessioni ricevute, nonché l’impegno ad utilizzare i beni medesimi in conformità alle proprie finalità istituzionali.

    Non costituiscono ricavi, inoltre, le cessioni:

    • di beni alle popolazioni colpite da calamità per il tramite di ONLUS, fondazioni, associazioni, comitati e altri enti (art. 27, Legge n. 133/1999; D.P.C.M. 20 giugno 2000);

    • di prodotti editoriali e di dotazioni informatiche, non più commercializzati o non idonei alla commercializzazione, a favore di enti locali, istituti di prevenzione e pena, istituzioni scolastiche, orfanotrofi ed enti religiosi (art. 54, Legge n. 342/2000; D.M. 25 maggio 2001, n. 264).

    22.3. Plusvalenze patrimoniali

    22.3.Plusvalenze patrimoniali

    Le plusvalenze patrimoniali (art. 86, D.P.R. n. 917/1986) sono elementi reddituali che derivano da beni differenti da quelli idonei a produrre ricavi (art. 85, c. 1, D.P.R. n. 917/1986) (22.2.).

    Sono soggetti alla normativa sulle plusvalenze i beni che hanno natura diversa dai beni “merce” e più precisamente:

    • i beni strumentali all’esercizio dell’impresa, ammortizzabili (art. 102, D.P.R. n. 917/1986);

    • i beni non ammortizzabili, purché non “merce”.

    Anche i beni immateriali, sempre che non si tratti di beni “merce”, sono assoggettabili alla disciplina delle plusvalenze patrimoniali.

    Il corrispettivo derivante dalla cessione di un bene immateriale dà luogo a ricavi, se detto bene rientra tra quelli alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa ovvero a plusvalenze ove rientri tra i beni relativi all’impresa diversi da quelli prima indicati (ris. 10 agosto 1991, n. 9/611).

    22.3.1. Requisiti per la tassazione

    22.3.1.Requisiti per la tassazione

    Le plusvalenze concorrono a formare il reddito d’impresa:

    • quando sono realizzate mediante cessione a titolo oneroso;

    • se derivano da risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento dei beni;

    • se i beni sono destinati al consumo personale o familiare dell’imprenditore o a finalità estranee all’impresa, ovvero assegnati ai soci.

    Le plusvalenze non concorrono a formare il reddito imponibile se sono solo “iscritte in bilancio” ma non realizzate.

    Definite quali sono le plusvalenze patrimoniali, è indispensabile determinarne il valore economico.

    Tale valore è rappresentato dalla differenza tra un valore finale ed un valore iniziale.

    Nei casi di cessione a titolo oneroso e di risarcimento, il valore della plusvalenza è dato dalla differenza tra il corrispettivo o l’indennizzo ottenuto ed il costo iscritto in bilancio al netto degli ammortamenti effettuati.

    Concorrono alla formazione del reddito anche le plusvalenze delle aziende, compreso il valore di avviamento, realizzate unitariamente mediante cessione a titolo oneroso.

    Se il corrispettivo della cessione è costituito da beni ammortizzabili, anche se costituenti un complesso o ramo aziendale, e questi sono iscritti in bilancio allo stesso valore al quale vi erano iscritti i beni ceduti, la plusvalenza è costituita dall’eventuale conguaglio in danaro pattuito.

    CASO 1 - Calcolo della plusvalenza patrimoniale

    Cessione di un bene strumentale di costo storico pari a 10.000 euro.

    Nell’anno di cessione, tale bene presenta:

    • costo non ammortizzato “civile”: 6.200 euro;

    • costo fiscalmente riconosciuto: 7.500 euro.

    In caso di cessione ad un corrispettivo di 7.800 euro, si avrà:

    • plusvalenza contabile: 7.800 - 6.200 = 1.600 euro;

    • plusvalenza fiscale: 7.800 - 7.500 = 300 euro.

    L’imputazione temporale prevista in ambito civilistico per un’operazione di sale and lease back assume rilevanza anche ai fini fiscali, con la conseguenza che la plusvalenza realizzata concorre alla formazione del reddito ripartita in funzione della durata del contratto di locazione finanziaria, a partire dal momento in cui inizia a decorrere il contratto di locazione finanziaria (ris. 23 giugno 2017, n. 77/E).

    Plusvalenza derivante da Calcolo
    Cessione a titolo oneroso Corrispettivo, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione - costo non ammortizzato dei beni.
    Risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento dei beni Indennizzo conseguito, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione - costo non ammortizzato dei beni.
    Beni destinati al consumo personale o familiare dell’imprenditore o a finalità estranee all’impresa, ovvero assegnati ai soci Valore normale - costo non ammortizzato dei beni.

    22.3.2. Tassazione delle plusvalenze

    22.3.2.Tassazione delle plusvalenze

    Per le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso o derivanti da risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento di beni e diverse da quelle esenti (23.) (art. 87, D.P.R. n. 917/1986), è possibile il differimento della tassazione in più esercizi, sino ad un massimo di cinque, per quote costanti, a condizione che i beni siano stati posseduti per almeno 3 anni o 1 anno per le società sportive professionistiche.

    La predetta scelta deve risultare dalla dichiarazione dei redditi; se questa non è presentata la plusvalenza concorre a formare il reddito per l’intero ammontare nell’esercizio in cui è stata realizzata.

    Per i beni che costituiscono immobilizzazioni finanziarie, l’agevolazione si applica per quelli iscritti come tali negli ultimi tre bilanci; si considerano ceduti per primi i beni acquisiti in data più recente.

    CASO 2 - Rateizzazione della plusvalenza
    • Valore in bilancio dell’impianto ceduto: 1.000 euro.

    • Fondo ammortamento: 200 euro.

    • Prezzo di cessione: 1.300 euro.

    • Plusvalenza imponibile: 500 euro.

    1) Tassazione in un unico esercizio:

    Risultato d’esercizio = 500;

    Reddito imponibile = 500;

    Imposte di competenza = 200;

    Debiti tributari = 200;

    Utile netto di bilancio = 300.

    2) Tassazione rateizzata in 5 anni:

    Risultato d’esercizio = 500;

    Reddito imponibile = 100;

    Imposte di competenza = 200;

    Debiti tributari = 40;

    Imposte differite = 160;

    Utile netto di bilancio = 300.

    Nel caso in cui si opti per la tassazione rateizzata, nei successivi quattro esercizi la quota residua di plusvalenza, pari a 400 euro, determinerà una ripresa in aumento in sede di dichiarazione dei redditi, in ciascun esercizio pari a 100 euro. Il relativo carico fiscale, pari a 40 euro, non transiterà in Conto economico come imposta di competenza, essendo stato costituito un fondo per imposte differite già nel primo esercizio.

    Ai fini della determinazione del reddito d’impresa, è configurabile “una plusvalenza da avviamento commerciale anche nel caso di cessione a titolo oneroso di un’azienda il cui corrispettivo sia rappresentato dalla costituzione di una rendita vitalizia” (Cass. 27 gennaio 2012, n. 1175).

    22.3.3. Plusvalenze non rilevanti

    22.3.3.Plusvalenze non rilevanti

    Non sono fiscalmente rilevanti, o rilevano parzialmente, le plusvalenze relative a beni i cui costi non sono ammessi totalmente o parzialmente in deduzione (ad esempio, auto aziendali).

    Allo stesso modo, non costituiscono realizzo di plusvalenze le cessioni dei beni ai creditori in sede di concordato preventivo, comprese quelle relative alle rimanenze ed il valore di avviamento (art. 86, c. 5, D.P.R. n. 917/1986).

    22.3.4. Plusvalenze in materia di partecipazioni

    22.3.4.Plusvalenze in materia di partecipazioni

    Nel caso di restituzione delle riserve di capitale (11.2.3.) (art. 47, c. 5, D.P.R. n. 917/1986) o in caso di somme ricevute per recesso, riduzione del capitale esuberante, liquidazione di società (11.2.5.) (art. 47, c. 7, D.P.R. n. 917/1986), costituiscono plusvalenze le somme o il valore normale dei beni ricevuti a titolo di ripartizione del capitale e delle riserve di capitale per la parte che eccede il valore fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni (art. 86, c. 5-bis, D.P.R. n. 917/1986).

    22.3.5. Plusvalenze su partecipazioni in imprese non residenti

    22.3.5.Plusvalenze su partecipazioni in imprese non residenti

    Per le plusvalenze realizzate su partecipazioni in imprese ed enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, individuati in base ai criteri previsti per gli utili (11.5.5.) (art. 47-bis, c. 1, D.P.R. n. 917/1986), per i quali è possibile dimostrare che il soggetto non residente svolga un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali (art. 47-bis, c. 2, lett. a), D.P.R. n. 917/1986), al cedente controllante (art. 167, c. 2, D.P.R. n. 917/1986), residente nel territorio dello Stato, ovvero alle cedenti residenti sue controllate, spetta un credito d’imposta (art. 165, D.P.R. n. 917/1986) in ragione delle imposte assolte dall’impresa o ente partecipato sugli utili maturati durante il periodo di possesso della partecipazione, in proporzione delle partecipazioni cedute e nei limiti dell’imposta italiana relativa a tali plusvalenze (art. 86, c. 4-bis, D.P.R. n. 917/1986).

    La detrazione del credito d’imposta spetta per l’ammontare dello stesso non utilizzato dal cedente (art. 89, c. 3, D.P.R. n. 917/1986); tale ammontare, ai soli fini dell’applicazione dell’imposta, è computato in aumento del reddito complessivo.

    Se nella dichiarazione è stato omesso soltanto il computo del credito d’imposta in aumento del reddito complessivo, si può procedere d’ufficio alla correzione anche in sede di liquidazione dell’imposta dovuta in base alla dichiarazione dei redditi.

    22.4. Sopravvenienze attive

    22.4.Sopravvenienze attive

    La categoria delle sopravvenienze attive e passive ha la funzione di correggere, nella determinazione del reddito, le disfunzioni causate dal fatto che l’attività dell’impresa e la produzione del reddito avvengono in un periodo temporale continuo.

    Si considerano sopravvenienze attive i ricavi o altri proventi conseguiti a fronte di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi e i ricavi o altri proventi conseguiti per ammontare superiore a quello che ha concorso a formare il reddito in precedenti esercizi, nonché la sopravvenuta insussistenza di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi (art. 88, D.P.R. n. 917/1986).

    Nello specifico, sono sopravvenienze attive e, quindi, concorrono a formare il reddito:

    • le indennità risarcitorie considerate plusvalenze patrimoniali, conseguite per un ammontare superiore a quello che ha concorso a formare il reddito in precedenti esercizi e che sono rateizzabili (art. 86, c. 1, lett. b), D.P.R. n. 917/1986): in questo caso, l’eccedenza concorre a formare il reddito per l’intero ammontare nell’esercizio in cui sono state realizzate ovvero, se i beni sono stati posseduti per un periodo non inferiore a 3 anni, o a un anno per le società sportive professionistiche, a scelta del contribuente, in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi, ma non oltre il quarto (art. 88, c. 2, D.P.R. n. 917/1986);

    • i ricavi o altri proventi conseguiti a fronte di costi dedotti in precedenti esercizi;

    • i ricavi o altri proventi conseguiti in misura superiore a quelli che hanno concorso alla formazione del reddito di precedenti esercizi;

    • la sopravvenuta insussistenza di costi dedotti o passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi.

    Gli importi dei fondi per rischi e oneri rivelatisi esuberanti rispetto agli accantonamenti operati in precedenti esercizi generano una sopravvenienza attiva. Si fa riferimento:

    • al fondo rischi su crediti e svalutazione crediti (art. 106, D.P.R. n. 917/1986);

    • al fondo lavori ciclici di manutenzione e revisione di navi e aeromobili (art. 107, c. 1, D.P.R. n. 917/1986);

    • al fondo spese di ripristino e sostituzione di beni gratuitamente devolvibili (art. 107, c. 2, D.P.R. n. 917/1986);

    • al fondo per operazioni e concorsi a premio (art. 107, c. 3, D.P.R. n. 917/1986).

    Sono, inoltre, considerate sopravvenienze attive:

    • le indennità risarcitorie, anche in forma assicurativa, diverse da quelle considerate ricavi (art. 85, c. 1, lett. f), D.P.R. n. 917/1986) ovvero plusvalenze (art. 86, c. 1, lett. b), D.P.R. n. 917/1986);

    • i proventi ottenuti a titolo di contributo o liberalità, diversi da quelli considerati ricavi, esclusi i contributi in denaro, o il valore normale di quelli, in natura, spettanti sotto qualsiasi denominazione in base a contratto (art. 85, c. 1, lett. g), D.P.R. n. 917/1986) e i contributi spettanti esclusivamente in conto esercizio a norma di legge (art. 85, lett. h), D.P.R. n. 917/1986) e quelli per l’acquisto di beni ammortizzabili indipendentemente dal tipo di finanziamento adottato (22.4.1.).

    22.4.1. Esclusioni

    22.4.1.Esclusioni

    Non si considerano sopravvenienze attive (art. 88, c. 4, D.P.R. n. 917/1986):

    • gli apporti effettuati dai possessori di strumenti finanziari similari alle azioni (11.1.2.);

    • i versamenti in denaro o in natura fatti a fondo perduto o in conto capitale alle società e agli enti IRES (art. 73, c. 1, lett. a) e b), D.P.R. n. 917/1986), dai propri soci.

    Inoltre, non sono considerati sopravvenienze attive, in quanto esclusi, i contributi percepiti a titolo di liberalità dai soggetti sottoposti:

    • alle procedure concorsuali (R.D. 16 marzo 1942, n. 267; D.Lgs. n. 270/1999; D.L. n. 347/2003; D.Lgs. n. 14/2019);

    • alle procedure di crisi (art. 20, D.Lgs. n. 180/2015);

    • alla procedura di amministrazione straordinaria (artt. 70 e ss., D.Lgs. n. 385/1993), ad esclusione di quelli provenienti da società controllate dall’impresa o controllate dalla stessa società che controlla l’impresa.

    Tali disposizioni si applicano anche ai contributi percepiti nei 24 mesi successivi alla chiusura delle predette procedure (art. 88, c. 3-bis, D.P.R. n. 917/1986).

    22.4.2. Rinuncia dei soci ai crediti

    22.4.2.Rinuncia dei soci ai crediti

    La rinuncia dei soci ai crediti si considera sopravvenienza attiva per la parte che eccede il relativo valore fiscale (art. 88, c. 4-bis, D.P.R. n. 917/1986).

    A tal fine, il socio, con dichiarazione sostitutiva di atto notorio, comunica alla partecipata tale valore; in assenza di tale comunicazione, il valore fiscale del credito è assunto pari a zero.

    Nei casi di operazioni di conversione del credito in partecipazioni si applicano le disposizioni dei periodi precedenti e il valore fiscale delle partecipazioni viene assunto in un importo pari al valore fiscale del credito oggetto di conversione, al netto delle perdite sui crediti eventualmente deducibili per il creditore per effetto della conversione stessa.

    22.4.3. Riduzione dei debiti in caso di procedure concorsuali

    22.4.3.Riduzione dei debiti in caso di procedure concorsuali

    Il provento derivante dalla riduzione dei debiti dell’impresa (art. 88, c. 4-ter, D.P.R. n. 917/1986):

    • in sede di concordato fallimentare o preventivo liquidatorio o di procedure estere equivalenti, previste in Stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni, o per effetto della partecipazione delle perdite da parte dell’associato in partecipazione, non costituisce sopravvenienza attiva;

    • in caso di concordato di risanamento, di accordo di ristrutturazione dei debiti (omologato ai sensi dell’art. 182-bis, R.D. n. 267/1942) ovvero di un piano attestato di risanamento (art. 67, c. 3, lett. d), R.D. n. 267/1942) pubblicato nel registro delle imprese, o di procedure estere a queste equivalenti, non costituisce sopravvenienza attiva per la parte che eccede le perdite pregresse e di periodo (art. 84, D.P.R. n. 917/1986), senza considerare il limite dell’80%, la deduzione di periodo e l’eccedenza relativa all’ACE (art. 1, c. 4, D.L. n. 201/2011) e gli interessi passivi e gli oneri finanziari assimilati eccedenti il ROL.

    In questo caso, la detassazione opera diversamente a seconda che l’impresa debitrice:

    • consegua un utile di periodo: la sopravvenienza attiva beneficia interamente del regime di detassazione;

    • disponga di perdite (correnti o pregresse): il regime opera fino alla concorrenza delle perdite suscettibili di compensazione.

    Nell’ambito delle suddette perdite rilevano anche le perdite trasferite al consolidato nazionale, non ancora utilizzate.

    CASO 3 - Sopravvenienza per riduzione debiti a seguito di procedura concorsuale

    Una società ha realizzato una sopravvenienza attiva pari a 20.000 euro derivante da una procedura concorsuale o para concorsuale.

    La tassazione varia a seconda del tipo di procedura in atto:

    • procedura di concordato fallimentare o preventivo liquidatorio, ovvero di procedure estere equivalenti - in questo caso, la sopravvenienza sarà completamente detassata ai fini IRES;

    • concordato di risanamento, accordo di ristrutturazione del debito omologato (art. 182-bis, R.D. n. 267/1942) o piano attestato di risanamento iscritto nel registro imprese (art. 67, c. 3, lett. d), R.D. n. 267/1942) ovvero procedure estere equivalenti - in questo caso, la detassazione della sopravvenienza avviene solo per la parte che eccede le perdite fiscali di periodo e pregresse, e le riduzioni e le eccedenze Ace e degli interessi passivi (art. 96, c. 4, D.P.R. n. 917/1986).

    Supponendo che, nel caso prospettato, ci siano solo perdite fiscali di periodo pari a 6.000 euro, la sopravvenienza attiva verrà tassata in misura pari a 14.000 euro (20.000 - 6.000).

    22.4.4. Cessione del leasing

    22.4.4.Cessione del leasing

    In caso di cessione del contratto di locazione finanziaria, il valore normale del bene costituisce sopravvenienza attiva (art. 88, c. 5, D.P.R. n. 917/1986; circ. 21 giugno 2011, n. 28/E).

    Il predetto valore normale deve essere assunto al netto dei canoni relativi alla residua durata del contratto e del prezzo stabilito per il riscatto (valore normale netto), attualizzati alla data della cessione medesima (circ. 3 maggio 1996, n. 108/E/III-6-328; circ. 3 maggio 1996, n. 108/E/I-2-25).

    Nel caso di cessione di un contratto di leasing avente ad oggetto un fabbricato industriale con area sottostante e di pertinenza, la relativa sopravvenienza attiva va determinata tenendo conto, in diminuzione, anche della quota capitale dei canoni, già pagati, riferiti al terreno (quota che è indeducibile).

    Ciò è coerente con quanto già affermato in materia e cioè che nel caso di cessione della proprietà di un’area comprensiva di fabbricato si genera un’unica plusvalenza pari alla differenza tra il corrispettivo pagato e il relativo costo fiscalmente riconosciuto, il quale dovrà essere incrementato delle quote di ammortamento indeducibili in quanto relative al terreno (circ. 16 febbraio 2007, n. 11/E).

    22.5. Contributi

    22.5.Contributi

    22.5.1. Contributi in conto capitale

    22.5.1.Contributi in conto capitale

    I contributi e le liberalità costituiscono una forma di sopravvenienza attiva: essi concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui sono stati incassati o in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi, ma non oltre il quarto (art. 88, c. 3, lett. b), D.P.R. n. 917/1986).

    Sono fatte salve le agevolazioni connesse alla realizzazione di investimenti produttivi concesse nei territori montani (Legge n. 97/1994), nonché quelle concesse ai sensi del Testo Unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno (D.P.R. n. 218/1978).

    Non si considerano contributi o liberalità i finanziamenti erogati dallo Stato, dalle Regioni e dalle Province autonome per la costruzione, ristrutturazione e manutenzione straordinaria e ordinaria di immobili di edilizia residenziale pubblica concessi agli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, e agli enti aventi le stesse finalità sociali dei predetti Istituti, istituiti nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione dell’Unione europea in materia di “in house providing” e che siano costituiti e operanti alla data del 31 dicembre 2013, nonché quelli erogati alle cooperative edilizie a proprietà indivisa e di abitazione per la costruzione, ristrutturazione e manutenzione ordinaria e straordinaria di immobili destinati all’assegnazione in godimento o locazione (art. 88, c. 3, lett. b), D.P.R. n. 917/1986).

    22.5.2. Contributi in conto esercizio

    22.5.2.Contributi in conto esercizio

    I contributi spettanti a norma di legge esclusivamente in conto esercizio, erogati da qualsiasi soggetto, anche diverso dalla Stato o da altri enti pubblici, sono considerati ricavi (art. 85, lett. h), D.P.R. n. 917/1986).

    I contributi in conto esercizio rilevano nell’esercizio di competenza per l’azienda camerale beneficiaria, a condizione che siano riconducibili all’attività commerciale unitariamente considerata (svolta dall’azienda con natura di ente commerciale) ovvero all’attività commerciale eventualmente svolta dall’azienda con natura di ente non commerciale.

    Il contributo destinato a finanziare un’attività istituzionale di natura non commerciale svolta dall’azienda camerale non commerciale non è invece rilevante ai fini delle imposte sui redditi.

    22.5.3. Contributi in conto impianti

    22.5.3.Contributi in conto impianti

    Si tratta di somme la cui concessione è strettamente subordinata all’acquisizione o alla realizzazione di beni strumentali. Sono, pertanto, somme corrisposte per l’acquisto di beni strumentali ammortizzabili.

    Sotto il profilo fiscale, i contributi in questione non costituiscono sopravvenienze attive, né ricavi. Essi concorrono alla formazione del reddito in base all’ammortamento dei beni cui si riferiscono, recependo i criteri civilistici che ne regolano l’imputazione a Conto economico.

    I contributi pubblici erogati per la ristrutturazione di un immobile di un ente non commerciale, escluso dai cespiti “relativi all’impresa”, non concorrono alla formazione del reddito d’impresa come sopravvenienza attiva anche se l’immobile è destinato a essere utilizzato nell’esercizio di un’attività avente natura commerciale (ris. 8 agosto 2007, n. 210/E).

    Contributi Regole
    Contributi in conto capitale Costituiscono una forma di sopravvenienza attiva: essi concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui sono stati incassati o in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi, ma non oltre il quarto.
    Contributi in conto esercizio Costituiscono ricavi e rilevano nell’esercizio di competenza per l’azienda camerale beneficiaria, a condizione che siano riconducibili all’attività commerciale unitariamente considerata (svolta dall’azienda con natura di ente commerciale) ovvero all’attività commerciale eventualmente svolta dall’azienda con natura di ente non commerciale.
    Contributi in conto impianti Non costituiscono sopravvenienze attive, né ricavi ma concorrono alla formazione del reddito in base all’ammortamento dei beni cui si riferiscono, recependo i criteri civilistici che ne regolano l’imputazione a Conto economico.

    22.6. Pronti contro termine

    22.6.Pronti contro termine

    Gli interessi derivanti da titoli acquisiti in base a contratti “pronti contro termine” che prevedono l’obbligo di rivendita a termine dei titoli concorrono a formare il reddito del cessionario per l’ammontare maturato nel periodo di durata del contratto (art. 89, c. 6, D.P.R. n. 917/1986).

    La differenza positiva o negativa tra il corrispettivo a pronti e quello a termine, al netto degli interessi maturati sulle attività oggetto dell’operazione nel periodo di durata del contratto, concorre a formare il reddito per la quota maturata nell’esercizio.

    Tale disciplina si applica sia per le operazioni di pronto contro termine iniziate o concluse durante l’esercizio, sia per quelle ancora in svolgimento alla chiusura dell’esercizio.

    22.7. Dividendi

    22.7.Dividendi

    22.7.1. Aspetti generali

    22.7.1.Aspetti generali

    I dividendi sia nazionali che quelli di provenienza estera non sono soggetti ad imposizione in capo al percettore.

    22.7.2. Dividendi percepiti da società di capitali

    22.7.2.Dividendi percepiti da società di capitali

    I dividendi distribuiti da società con o senza personalità giuridica, sia residenti che non residenti, anche in sede di liquidazione, non concorrono alla formazione del reddito imponibile in misura pari al 95% degli stessi (art. 89, c. 2, D.P.R. n. 917/1986).

    Resta ferma la concorrenza integrale dei dividendi distribuiti da società residenti in Paesi a fiscalità privilegiata (Controlled Foreign Companies - CFC).

    La suddetta esclusione si applica anche (art. 89, c. 3-bis, D.P.R. n. 917/1986):

    • alle remunerazioni sui titoli, strumenti finanziari e contratti di associazione in partecipazione (art. 109, c. 9, lett. a) e b), D.P.R. n. 917/1986), limitatamente al 95% della quota di esse non deducibile;

    • alle remunerazioni delle partecipazioni al capitale o al patrimonio e a quelle dei titoli e degli strumenti finanziari (art. 44, D.P.R. n. 917/1986), provenienti dai soggetti che hanno i requisiti sotto riportati, limitatamente al 95% della quota di esse non deducibile nella determinazione del reddito del soggetto erogante.

    La disposizione di cui alla lett. b) si applica limitatamente alle remunerazioni provenienti da una società che riveste una delle forme previste dall’Allegato I, parte A, della Direttiva 30 novembre 2011, n. 2011/96/UE, nella quale è detenuta una partecipazione diretta nel capitale non inferiore al 10%, ininterrottamente per almeno un anno, e che (art. 89, c. 3-ter, D.P.R. n. 917/1986):

    • risiede, ai fini fiscali, in uno Stato membro dell’Unione europea, senza essere considerata, ai sensi di una convenzione in materia di doppia imposizione sui redditi con uno Stato terzo, residente al di fuori dell’Unione europea;

    • è soggetta, nello Stato di residenza, senza possibilità di fruire di regimi di opzione o di esonero che non siano territorialmente o temporalmente limitati, a una delle imposte elencate nell’Allegato I, parte B, della citata direttiva o a qualsiasi altra imposta che sostituisca una delle imposte indicate.

    Soggetti che applicano gli IAS - In deroga all’esclusione pari al 95% per i soggetti che redigono il bilancio in base ai princìpi contabili internazionali (Reg. CE n. 1606/2002), gli utili distribuiti relativi ad azioni, quote e strumenti finanziari similari alle azioni detenuti per la negoziazione concorrono per il loro intero ammontare alla formazione del reddito nell’esercizio in cui sono percepiti (art. 89, c. 2-bis, D.P.R. n. 917/1986).

    Tassazione dividendi - Coordinamento con altre norme
    Disposizioni Regole di coordinamento
    Consolidato nazionale e mondiale
    (10.2.8.)
    Nell’ambito della tassazione consolidata nazionale, i dividendi partecipano al reddito secondo le regole ordinarie, non essendo prevista alcuna rettifica di consolidamento a tal fine. Pertanto, la quota imponibile dei dividendi infragruppo concorre alla formazione del reddito consolidato.
    Per il consolidato mondiale, invece, in caso di interruzione o di revoca del consolidato, i dividendi o le plusvalenze derivanti dal possesso o dal realizzo delle partecipazioni nelle società consolidate, percepiti o realizzate dalla consolidante dal periodo d’imposta successivo all’ultimo periodo di consolidamento, per la parte esclusa o esente in base alle ordinarie regole, concorrono a formare il reddito fino a concorrenza della differenza tra le perdite della società estera che si considerano dedotte e i redditi della stessa società inclusi nel consolidato (art. 139-bis, D.P.R. n. 917/1986).
    Regime di trasparenza fiscale
    (10.2.8.)
    L’esercizio dell’opzione per la trasparenza fiscale comporta l’imputazione a ciascun socio del reddito imponibile delle società di capitali (art. 73, c. 1, lett. a), D.P.R. n. 917/1986), al cui capitale sociale partecipano esclusivamente società di capitale (art. 115, D.P.R. n. 917/1986).
    A tal fine, ciascuna delle società di capitali socie deve detenere una partecipazione nella società partecipata che attribuisca una percentuale del diritto di voto esercitabile nell’assemblea (artt. 2364, 2364-bis e 2479-bis c.c.) e di partecipazione agli utili non inferiore al 10% e non superiore al 50%.
    L’imputazione a ciascun socio del reddito imponibile della società partecipata avviene indipendentemente dall’effettiva percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili.
    Gli utili e le riserve di utili distribuiti dalla società partecipata, formatisi nei periodi in cui è efficace l’opzione, non concorrono a formare il reddito dei soci anche laddove eccedenti il reddito imputato per trasparenza (D.M. 23 aprile 2004).
    Tale disposizione si applica anche nel caso in cui gli utili relativi a periodi per i quali sia stata esercitata l’opzione per la tassazione per trasparenza vengano distribuiti successivamente a tali periodi o i soci siano diversi da quelli cui sono stati imputati i redditi, sempreché rientrino tra i soggetti che possono adottare il regime di trasparenza (art. 115, c. 1 e 2, D.P.R. n. 917/1986).
    CASO 4 - Dividendi e trasparenza fiscale
    • Prezzo pagato per la partecipazione = valore fiscalmente riconosciuto = 3.000;

    • Somma complessivamente ricevuta in caso di recesso = 4.500;

    • Somma ricevuta a titolo di ripartizione capitale e riserve di capitale = 4.000;

    • Plusvalenza esente (se ricorrono le condizioni di cui all’art. 87) pari alla differenza tra somma ricevuta a titolo di capitale e riserve di capitale (4.000) e valore fiscalmente riconosciuto (3.000) = 1.000;

    • Utile da partecipazione (ex art. 89) pari alla differenza tra somma ricevuta (4.500) e valore fiscalmente riconosciuto (3.000) = 1.500 - 1.000 (plusvalenza esente) = 500 (utile imponibile nella misura del 5%).

    In definitiva, a differenza di quanto previsto per i soggetti non esercenti attività d’impresa, ai fini del trattamento fiscale delle somme erogate nei casi di recesso, esclusione, riscatto e riduzione del capitale esuberante o liquidazione di società (art. 47, c. 7, D.P.R. n. 917/1986), occorre distinguere l’importo corrisposto a titolo di utili da quello corrisposto a titolo di capitale e riserve di capitale in eccedenza al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione.

    22.7.3. Dividendi distribuiti da società ed enti non residenti

    22.7.3.Dividendi distribuiti da società ed enti non residenti

    L’esclusione dei dividendi in esame dal reddito imponibile nella misura del 95% si applica anche qualora la distribuzione di utili relativi alla partecipazione al capitale o al patrimonio e di quelli derivanti da strumenti similari alle azioni (11.1.2.) (art. 44, c. 2, lett. a), D.P.R. n. 917/1986) avvenga da parte delle società non residenti (art. 89, c. 3, D.P.R. n. 917/1986).

    Rientrano in questa disciplina anche le remunerazioni erogate da società non residenti per contratti di associazione in partecipazione con apporto diverso da quello esclusivo di opere e servizi (art. 109, c. 9, lett. b), D.P.R. n. 917/1986).

    Per usufruire dell’esenzione sono, però, previste alcune condizioni.

    In particolare, con effetto sugli utili distribuiti e sulle plusvalenze realizzate a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018, i soggetti devono essere diversi da quelli residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato o, se ivi residenti, sia dimostrato, anche a seguito dell’esercizio dell’interpello (11.5.5.) (art. 47-bis, c. 3, D.P.R. n. 917/1986), che il soggetto non residente svolga un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali (art. 47-bis, c. 2, lett. a), D.P.R. n. 917/1986).

    Gli utili provenienti da società residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato e le remunerazioni derivanti da contratti di associazione in partecipazione (art. 109, c. 9, lett. b), D.P.R. n. 917/1986), stipulati con tali soggetti e alle suddette condizioni, non concorrono a formare il reddito dell’esercizio in cui sono percepiti in quanto esclusi dalla formazione del reddito della società o dell’ente ricevente per il 50% del loro ammontare (art. 89, c. 3, D.P.R. n. 917/1986).

    In tal caso, è riconosciuto al soggetto controllante (art. 162, c. 2, D.P.R. n. 917/1986) residente nel territorio dello Stato, ovvero alle sue controllate residenti percipienti gli utili, un credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero (33.1.) (art. 165, D.P.R. n. 917/1986) in ragione delle imposte assolte dalla società partecipata sugli utili maturati durante il periodo di possesso della partecipazione, in proporzione alla quota imponibile degli utili conseguiti e nei limiti dell’imposta italiana relativa a tali utili.

    Ai soli fini dell’applicazione dell’imposta, l’ammontare del credito d’imposta è computato in aumento del reddito complessivo.

    Se nella dichiarazione è stato omesso soltanto il computo del credito d’imposta in aumento del reddito complessivo, si può procedere d’ufficio alla correzione anche in sede di liquidazione dell’imposta dovuta in base alla dichiarazione dei redditi.

    Si considerano provenienti da imprese o enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime privilegiato gli utili relativi al possesso di partecipazioni dirette in tali soggetti o di partecipazioni di controllo (art. 167, c. 2, D.P.R. n. 917/1986), in società residenti all’estero che conseguono utili dalla partecipazione in imprese o enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime privilegiato e nei limiti di tali utili.

    Qualora il contribuente intenda far valere, sin dal primo periodo di possesso della partecipazione, la sussistenza della condizione che dalle partecipazioni non consegua l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato (art. 47-bis, c. 2, lett. b), D.P.R. n. 917/1986) ma non abbia presentato l’istanza di interpello ovvero, avendola presentata, non abbia ricevuto risposta favorevole, la percezione di utili provenienti da partecipazioni in imprese o enti esteri localizzati in Stati o territori privilegiati (art. 47-bis, c. 1, D.P.R. n. 917/1986), deve essere segnalata nella dichiarazione dei redditi da parte del socio residente.

    Nei casi di mancata o incompleta indicazione nella dichiarazione dei redditi si applica la sanzione amministrativa da un minimo di 1.000 euro ad un massimo di 50.000 euro (art. 8, c. 3-ter, D.Lgs. n. 471/1997).

    Imposta sostitutiva sulla distribuzione di utili - Per le partecipazioni in società estere nell’ambito dell’attività di impresa, effettuando una apposita opzione, è possibile affrancare o rimpatriare con pagamento di una imposta sostitutiva gli utili e le riserve di utile di fonte estera non distribuiti, risultanti dal bilancio delle partecipate estere relativo all’esercizio chiuso nel periodo di imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022 (11.2.8.; 11.5.9.) (art. 1, c. 87-95, Legge n. 197/2022).

    22.7.4. Dividendi percepiti da enti non commerciali

    22.7.4.Dividendi percepiti da enti non commerciali

    Gli utili percepiti dagli enti non commerciali (art. 73, c. 1, lett. c), D.P.R. n. 917/1986) concorrono alla formazione del reddito imponibile nella misura del 100% (22,26% se si tratta di utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2016) del loro ammontare (art. 4, c. 1, lett. q), D.Lgs. n. 344/2003 e art. 1, c. 2, D.M. 26 maggio 2017).

    Sul 100% dell’ammontare degli utili (o 77,74% per gli utili prodotti sino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2016), in qualunque forma corrisposti, si applica una ritenuta alla fonte a titolo di acconto del 26%.

    Il trattamento fiscale sopra descritto si applica agli utili derivanti sia da partecipazioni non qualificate che da partecipazioni qualificate nonché, ai proventi degli strumenti finanziari partecipativi e agli utili derivanti dai contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza con apporto di capitale o misto, indipendentemente dall’entità dell’apporto.

    La ritenuta a titolo d’acconto del 26% sugli utili e proventi assimilati è applicabile anche nei casi di utili di fonte estera. In tale ipotesi la ritenuta sulla parte imponibile degli utili si applica al netto delle eventuali imposte applicate dallo Stato estero (c.d. “netto frontiera”) (11.5.6.) (art. 27, c. 4, D.P.R. n. 600/1973).

    Il predetto regime fiscale non si applica a quegli enti non commerciali che determinano le imposte sulla base di discipline speciali: si tratta, ad esempio, dei fondi pensione che sono soggetti ad un’imposta sostitutiva sul risultato maturato della gestione e per i quali gli utili concorrono a formare detto risultato senza subire alcuna ritenuta alla fonte.

    22.7.5. Costi connessi alla gestione delle partecipazioni

    22.7.5.Costi connessi alla gestione delle partecipazioni

    Le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi (art. 109, c. 5, D.P.R. n. 917/1986).

    Le spese sostenute in relazione alla gestione di partecipazioni qualificate per l’esclusione si considerano inerenti alla determinazione del reddito d’impresa anche se gli utili da esse derivanti sono esclusi dalla formazione del reddito imponibile nella misura del 95% del loro ammontare.

    In sostanza, simmetricamente all’imponibilità parziale degli utili, è riconosciuta la piena deducibilità dei costi connessi alla gestione della partecipazione.

    Tuttavia non è deducibile il costo sostenuto per l’acquisto del diritto di usufrutto o altro diritto analogo relativamente ad una partecipazione societaria da cui derivino utili esclusi (artt. 89 e 109, c. 8, D.P.R. n. 917/1986).

    22.8. Proventi immobiliari

    22.8.Proventi immobiliari

    Qualora l’immobile rientri nella disponibilità di un soggetto (sia a titolo di proprietà che di possesso) giuridicamente qualificato come imprenditore, esso assume rilevanza ai fini della determinazione del reddito d’impresa, come componente positivo o negativo di reddito, a seconda dello scopo cui viene destinato (art. 90, D.P.R. n. 917/1986).

    Un bene immobile si considera relativo all’impresa se inserito nell’inventario dell’imprenditore individuale, ovvero, per le società commerciali, se posseduto.

    Un immobile appartenente ad un’impresa può rivestire la natura di:

    • bene strumentale;

    • bene merce;

    • bene (diverso dai precedenti) relativo all’impresa.

    Tale regola non si applica per i redditi, dominicali e agrari, dei terreni derivanti dall’esercizio delle attività agricole (art. 32, D.P.R. n. 917/1986), pur se nei limiti stabiliti.

    Immobili delle imprese
    Tipologie Definizione Trattamento fiscale
    Immobili
    strumentali
    Immobili che partecipano al ciclo produttivo dell’impresa (strumentali per destinazione) o dei beni che, date le loro caratteristiche, non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni (strumentali per natura). Sono assoggettati ad imposta in base al reddito effettivo.
    Il costo è soggetto ad ammortamento.
    Immobili merce Immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività d’impresa. Concorrono alla formazione del reddito come ricavi (se ceduti) o rimanenze finali (se rimangono in magazzino).
    Immobili
    né strumentali
    né merce
    (c.d. “immobili patrimoniali”)
    Immobili che non sono né strumentali né destinati alla vendita. Partecipano al reddito d’impresa secondo le regole in materia di redditi fondiari.
    I costi non sono ammessi in deduzione.

    22.8.1. Immobili strumentali

    22.8.1.Immobili strumentali

    Ai fini delle imposte dirette, “sono considerati strumentali gli immobili utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’impresa da parte del possessore” (c.d. Immobili strumentali per destinazione).

    Occorrono, tuttavia, due condizioni fondamentali (art. 43, c. 2, D.P.R. n. 917/1986):

    • che l’immobile sia utilizzato in via esclusiva; in tal senso, qualora un bene venga impiegato promiscuamente non è più considerato “fiscalmente” strumentale; da ciò l’indeducibilità parziale delle relative quote di ammortamento nel caso di beni ad uso promiscuo;

    • che l’impresa commerciale sia esercitata dal possessore dell’immobile e non da terzi.

    Tuttavia, è presente un’altra categoria di immobili strumentali (c.d. Immobili strumentali per natura), ovvero quelli che, date le loro caratteristiche, non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni; rientrano in tale categoria gli opifici, i teatri, i cinematografi, le autorimesse, gli immobili a destinazione speciale, le unità immobiliari a destinazione commerciale ed altri.

    Tali beni conservano sempre il carattere di strumentalità e non rileva, a tal fine, che siano utilizzati da terzi (locazione) o che restino inutilizzati.

    Tassazione - Gli immobili relativi all’impresa, strumentali per natura o per destinazione, sono assoggettati ad imposta in base al reddito effettivo ed in ogni caso sono ammortizzabili.

    Strumentalità Definizione
    Per destinazione Immobili utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’impresa da parte del possessore.
    Per natura Immobili che, date le loro caratteristiche, non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni.

    22.8.2. Immobili merce

    22.8.2.Immobili merce

    Gli immobili merce sono immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività d’impresa. Tipico è il caso delle società edili di costruzione e vendita immobiliare.

    Tassazione - Concorrono alla formazione del reddito come ricavi o rimanenze finali a seconda che vengano ceduti o meno.

    La svalutazione delle rimanenze relative ad immobili valorizzate secondo il criterio del costo specifico è fiscalmente irrilevante. Pertanto, le imprese che vi procedono sono obbligate a riprendere a tassazione il componente negativo conseguito sul piano civilistico (ris. 12 novembre 2013, n. 78/E).

    22.8.3. Immobili non strumentali

    22.8.3.Immobili non strumentali

    Gli immobili iscritti in pubblici registri a nome dell’imprenditore (ed indicati nell’inventario) o posseduti da società commerciali, che non siano né strumentali né destinati alla vendita, partecipano al reddito d’impresa secondo le disposizioni relative ai redditi fondiari (reddito catastale o reddito effettivo a seconda dei casi) (10.3.).

    In tal caso i relativi costi non sono ammessi in deduzione; inoltre, in sede di compilazione della dichiarazione dei redditi, sia i costi che i ricavi da essi derivanti devono essere sostituiti attraverso il meccanismo delle variazioni in aumento ed in diminuzione con il reddito fondiario opportunamente determinato.

    22.8.4. Immobili locati

    22.8.4.Immobili locati

    Se il canone risultante dal contratto di locazione ridotto - fino ad un massimo del 15% del canone medesimo - dell’importo delle spese documentate sostenute ed effettivamente rimaste a carico per la realizzazione degli interventi di manutenzione ordinaria (art. 3, c. 1, lett. a), D.P.R. n. 380/2001) risulti superiore al reddito medio ordinario dell’unità immobiliare, il reddito è determinato in misura pari a quella del canone di locazione al netto di tale riduzione (art. 7, D.L. n. 203/2005).

    Tale regola si applica anche ai redditi derivanti da immobili locati non relativi all’impresa degli enti non commerciali.

    La disposizione si riferisce ai fabbricati - costituenti immobili patrimoniali - situati sia nel territorio dello Stato considerato che ai fabbricati situati all’estero a cui non è possibile applicare le tariffe d’estimo, necessarie per il calcolo del “reddito medio ordinario”, come previsto dal citato art. 90, D.P.R. n. 917/1986 (circ. 13 marzo 2006, n. 10/E).

    I redditi dei fabbricati situati all’estero restano, pertanto, ricompresi nell’ammontare determinato a norma dell’art. 70, c. 2, D.P.R. n. 917/1986 (10.1.7.).

    Non possono essere portati in riduzione del canone di locazione gli importi delle spese sostenute per interventi edilizi non riconducibili alla suddetta definizione di “manutenzione ordinaria”, quali ad esempio gli interventi di manutenzione straordinaria, di restauro e risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia.

    CASO 5 - Immobili locati

    Canone di locazione annuo: 20.000 euro.

    Spese di manutenzione: 3.500 euro.

    Riduzione massima (15% di 20.000): 3.000 euro.

    Spese non deducibili: 500 euro.

    A differenza di quanto previsto per l’IRPEF (art. 37, c. 4-bis, ultimo periodo, D.P.R. n. 917/1986), per i soggetti IRES non è prevista alcuna maggiorazione al limite massimo del 15% a beneficio degli immobili situati nel comune di Venezia e nelle isole della Giudecca, di Murano e di Burano.

    Inoltre, se le spese di manutenzione ordinaria sostenute da un’impresa risultino, in un determinato periodo d’imposta, superiori al limite del 15%, l’eccedenza non rileva nei periodi d’imposta successivi, anche se l’importo delle spese sostenute nel corso di essi sia inferiore al predetto limite.

    Documentazione delle spese - Le spese di manutenzione ordinaria possono essere portate in riduzione del canone di locazione, solo se “documentate”.

    Il sostenimento di tali spese, quindi, deve essere adeguatamente comprovato per mezzo di contratti, attestazioni di pagamento, fatture e ricevute fiscali.

    Effettivo sostenimento - La norma richiede, inoltre, che le spese di manutenzione ordinaria siano “effettivamente rimaste a carico” dell’impresa locatrice.

    È posto a carico del locatore l’obbligo di eseguire, per la durata della locazione, tutte le riparazioni necessarie per il mantenimento in buono stato del bene locato, eccetto le spese di piccola manutenzione che sono a carico del conduttore (art. 1576 c.c.).

    Se le parti stabiliscono nel contratto di locazione che le spese di manutenzione ordinaria siano addebitate al conduttore anziché al locatore, quest’ultimo non potrà dedurre gli importi delle spese in argomento e il canone rileverà per l’intero ammontare contrattualmente previsto.

    Imputazione del reddito - In applicazione dei principi generali in materia di reddito d’impresa i redditi degli immobili patrimoniali locati rilevano nel periodo d’imposta in cui i canoni di locazione si considerano conseguiti e le spese sostenute in base al criterio di competenza (21.2.) (art. 109, c. 1 e 2, D.P.R. n. 917/1986).

    Immobili non relativi all’impresa - Per i redditi derivanti da immobili locati non relativi all’impresa si applicano comunque le disposizioni concernenti la determinazione del reddito degli immobili locati (art. 90, c. 1, ultimo periodo, D.P.R. n. 917/1986).

    Tali regole si applicano anche agli immobili non relativi all’impresa ceduti in locazione da parte degli enti non commerciali.

    22.8.5. Immobili di interesse storico o artistico

    22.8.5.Immobili di interesse storico o artistico

    Si applicano le stesse regole previste per l’IRPEF (10.3.14.)

    Situazione dell’immobile Disciplina
    Locato Viene tassata la rendita catastale rivalutata e ridotta del 50%.
    Non locato Qualora il canone risultante dal contratto di locazione ridotto del 35% risulti superiore al reddito medio ordinario dell’unità immobiliare (rendita catastale rivalutata del 5% e ridotta del 50%), il reddito è determinato in misura pari a quella del canone di locazione al netto di tale riduzione (ris. 31 dicembre 2012, n. 114/E).

    22.8.6. Deducibilità delle spese

    22.8.6.Deducibilità delle spese

    Resta fermo il principio in base al quale le spese e gli altri componenti negativi relativi ai beni immobili non sono ammessi in deduzione, fatta eccezione per quelli che rilevano in riduzione del canone di locazione nel limite del 15% del canone medesimo.

    Con una norma di interpretazione autentica, è stato previsto che tra le spese e gli altri componenti negativi indeducibili non si comprendono gli interessi passivi relativi a finanziamenti contratti per l’acquisizione degli immobili (art. 1, c. 35, Legge n. 244/2007; circ. 21 aprile 2009, n. 19/E).

    Inoltre, non rilevano ai fini della deducibilità degli interessi passivi (24.15.) (art. 96, D.P.R. n. 917/1986), quelli relativi a finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili destinati alla locazione per le società che svolgono in via effettiva e prevalente attività immobiliare. Si considerano società che svolgono in via effettiva e prevalente attività immobiliare, le società il cui valore dell’attivo patrimoniale è costituito per la maggior parte dal valore normale degli immobili destinati alla locazione e i cui ricavi sono rappresentati per almeno i due terzi da canoni di locazione o affitto di aziende il cui valore complessivo sia prevalentemente costituito dal valore normale di fabbricati (art. 1, c. 36, Legge n. 244/2007).

    Con riferimento agli oneri indeducibili relativi agli immobili patrimoniali, è stato precisato che (norma di comportamento AIDC n. 156):

    • sono indeducibili i costi presi in considerazione nella determinazione degli estimi catastali e quindi non possono essere analiticamente dedotte le spese di riparazione e manutenzione, le spese per il personale addetto ai servizi di custodia o di portineria, alla manutenzione degli edifici o dedicato all’amministrazione e gestione degli stabili;

    • sono deducibili i costi non “specificamente” relativi agli immobili, quali quelli per il personale addetto alla contabilità e le spese societarie in quanto riferite alla struttura aziendale.

    Quote di ammortamento - Non sono fiscalmente deducibili le quote di ammortamento degli immobili patrimoniali.

    Per i beni che per le loro caratteristiche rientrano fra i proventi immobiliari (art. 90, D.P.R. n. 917/1986), ancorché diversamente rappresentati nel bilancio IAS compliant, il relativo ammortamento non assume rilievo ai fini fiscali (circ. 28 febbraio 2011, n. 7/E).

    Ai fini del calcolo delle quote di ammortamento deducibili dei fabbricati strumentali il costo complessivo è assunto al netto del costo delle aree occupate dalla costruzione e di quelle che ne costituiscono pertinenza. Il costo da attribuire alle predette aree, ove non autonomamente acquistate in precedenza, è quantificato in misura pari al maggior valore tra quello esposto in bilancio nell’anno di acquisto e quello corrispondente al 20% e, per i fabbricati industriali, al 30% del costo complessivo stesso. Per fabbricati industriali si intendono quelli destinati alla produzione o trasformazione di beni (art. 36, c. 7, D.L. n. 223/2006).

    22.9. Valutazione delle rimanenze

    22.9.Valutazione delle rimanenze

    22.9.1. Rimanenze di magazzino

    22.9.1.Rimanenze di magazzino

    Le rimanenze rappresentano la continuità degli eventi di gestione di un’impresa.

    Gli acquisti e i beni prodotti nell’anno non immessi nel mercato al termine del periodo costituiscono un componente positivo di reddito (“rimanenze finali”) e assumono natura di componenti economici negativi all’inizio dell’esercizio successivo (“esistenze iniziali”).

    Nel Conto economico non appaiono i valori in forma esplicita delle rimanenze, ma unicamente la variazione. La variazione a fine anno è data dalla differenza tra le esistenze iniziali e le rimanenze finali.

    Le rimanenze finali devono essere distinte per categorie di beni omogenei, per natura e per valore (art. 92, D.P.R. n. 917/1986).

    Per i beni infungibili, la valutazione avviene a costi specifici (costo di acquisto o di produzione - art. 110, D.P.R. n. 917/1986).

    Contabilità di magazzino - In caso di superamento di alcuni limiti, è obbligatoria la tenuta delle scritture ausiliarie di magazzino (14.11.7.) (D.P.R. n. 695/1996 e art. 14, D.P.R. n. 600/1973).

    Beni che costituiscono rimanenze di magazzino - Sono (art. 85, c. 1, lett. a) e b), D.P.R. n. 917/1986):

    • materie prime e materie sussidiarie;

    • semilavorati, merci e prodotti finiti alla cui produzione o scambio è diretta l’attività di impresa;

    • altri beni mobili acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione, la cui cessione produce ricavi.

    Tali beni, se non vengono valutati a costi specifici, devono essere raggruppati in categorie omogenee.

    Raggruppamento per categorie omogenee
    Raggruppamento Modalità
    Per natura I beni devono appartenere allo stesso genere ma non necessariamente al medesimo tipo. Pertanto, devono essere raggruppati in relazione alle loro proprietà e caratteristiche merceologiche.
    Per valore Il contenuto economico dei beni deve essere somigliante, ma non uguale.
    All’interno di ogni categoria è dunque possibile classificare beni aventi valore unitario diverso, purché non divergente in misura sostanziale.

    Valutazione delle rimanenze ai fini civilistici - Le rimanenze (OIC 13) sono valutate in bilancio al minore tra il costo di acquisto o produzione e il valore di realizzazione desumibile dal mercato (art. 2426, n. 9, c.c.).

    La valutazione delle rimanenze si effettua autonomamente per ciascuna categoria di elementi che compongono la voce.

    Il metodo generale per la determinazione del costo dei beni è il costo specifico che presuppone l’individuazione e l’attribuzione alle singole unità fisiche dei costi specificamente sostenuti per le unità medesime (OIC 13).

    Per quanto riguarda i beni non valutati a costi specifici, ovvero, i beni fungibili, il primo passo da compiere per la determinazione della valorizzazione delle rimanenze è quello di raggruppare i beni in categorie omogenee:

    • per natura, i beni devono, in relazione alle loro proprietà e caratteristiche merceologiche, appartenere allo stesso genere, ancorché di diverso tipo;

    • per valore, i beni devono avere identico contenuto economico.

    Metodi per la valutazione delle rimanenze
    Disciplina civilistica e contabile (art. 2426, c. 1, n. 10), c.c. e OIC 13)
    Metodo Applicazione
    LIFO (last-in, first out) Le quantità acquistate o prodotte più recentemente sono le prime ad essere vendute o utilizzate in produzione; per cui restano in magazzino le quantità relative agli acquisti o alle produzioni più remote.
    Costo medio ponderato Il costo di ciascun bene in rimanenza è pari alla media ponderata del costo degli analoghi beni presenti in magazzino all’inizio dell’esercizio e del costo degli analoghi beni acquistati o prodotti durante l’esercizio.
    FIFO (first-in, first out) Le quantità acquistate o prodotte in epoca più remota sono le prime ad essere vendute od utilizzate in produzione; per cui restano in magazzino le quantità relative agli acquisti o alle produzioni più recenti.
    Variabili del LIFO
    (LIFO a scatti)
    Si tratta di alcune varianti del LIFO.
    Una variante del metodo LIFO è quella “a scatti”.
    Con il LIFO a scatti la valutazione viene fatta non gradualmente in base ad ogni movimento di entrata e di uscita, ma soltanto a fine periodo.
    Nel primo esercizio la valutazione della quantità in rimanenza viene effettuata applicando il costo medio ponderato di acquisto (o fabbricazione).
    Negli esercizi successivi è necessario verificare la quantità di rimanenza e confrontarla con quello dell’esercizio precedente.
    Se la rimanenza:
    - è aumentata, la quantità preesistente viene valutata come l’esercizio precedente mentre l’incremento (“scatto”) si valuta con il LIFO o al costo medio ponderato dell’esercizio;
    - è diminuita, il decremento si imputa agli strati formatisi negli esercizi precedenti, a partire dal più recente.

    Valutazione delle rimanenze ai fini fiscali - Una volta raggruppati i beni per categorie omogenee, la valutazione avviene al minore tra:

    • il costo;

    • il valore normale medio.

    Elemento Determinazione
    Costo Somma degli oneri diretti di acquisizione o di produzione e degli oneri accessori direttamente imputabili ai beni acquistati (spese di trasporto, assicurazione, ecc.) (art. 110, D.P.R. n. 917/1986).
    Non vi rientrano gli oneri riconducibili nell’ambito delle spese generali industriali e amministrative e gli interessi passivi.
    Valore normale medio Prezzo o corrispettivo mediamente praticato (2.7.1.) (art. 9, D.P.R. n. 917/1986):
    - per i beni e servizi della stessa specie o similari;
    - in condizioni di libera concorrenza;
    - al medesimo stato di commercializzazione;
    - nel tempo e nel luogo in cui i beni sono stati acquisiti e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi.
    Si considera l’ultimo mese dell’esercizio.

    Metodi di determinazione del costo - Sono:

    • LIFO a scatti annuali (art. 92, c. 2 e 3, D.P.R. n. 917/1986);

    • valutazione al valore normale (art. 92, c. 5, D.P.R. n. 917/1986).

    LIFO a scatti annuali - Si fonda sul presupposto che le unità acquistate nel periodo più recente vengono cedute per prime.

    Esercizi
    in cui si verificano
    le rimanenze
    Valutazione
    Primo Si attribuisce ad ogni unità il valore risultante dalla divisione del costo complessivo dei beni prodotti e acquistati nell’esercizio stesso per la loro quantità.
    Successivi - Se la quantità delle rimanenze è aumentata rispetto all’esercizio precedente: le maggiori quantità, valutate con il criterio sopra descritto, costituiscono voci distinte per esercizi di formazione.
    - Se la quantità è diminuita: la diminuzione si imputa agli incrementi formati negli esercizi precedenti, a partire dal più recente.

    Metodo del valore normale - Si applica se in un esercizio il valore unitario medio dei beni, determinato in base al LIFO a scatti è superiore al valore normale medio di essi nell’ultimo mese dell’esercizio.

    In tal caso, il valore minimo è determinato moltiplicando l’intera quantità dei beni, indipendentemente dall’esercizio di formazione, per il valore normale.

    Il minor valore attribuito alle rimanenze vale anche per gli esercizi successivi, sempre che le rimanenze non risultino iscritte nello Stato patrimoniale per un valore superiore.

    CASO 6 - Rimanenze finali - Confronto metodi di valutazione

    Si propone un esempio di determinazione del valore delle rimanenze, raffrontando i diversi metodi di valutazione.

    Quantità Costo
    unitario
    Costo
    totale
    Residuo Valore delle rimanenze
    FIFO LIFO Media LIFO a scatti
    Rimanenza
    iniziale
    Kg. 10 150 1.500 10 1.500 1.500 1.500 1.500
    Primo
    acquisto
    Kg. 10 200 2.000 20 3.500 3.500 3.500
    Prima
    vendita
    Kg. -15 5 1.000 750 875
    Secondo
    acquisto
    Kg. 10 100 1.000 15 2.000 1.750 1.875
    Seconda
    vendita
    Kg. -8 7 700 950 875
    Terzo
    acquisto
    Kg. 10 300 3.000 17 3.700 3.950 3.875
    Rimanenze Kg. 17 3.700 3.950 3.875 3.900

    Altri metodi - Per le imprese che valutano in bilancio le rimanenze finali con il metodo della media ponderata o del FIFO o con varianti del LIFO a scatti, le rimanenze finali sono assunte per il valore che risulta dall’applicazione del metodo adottato (art. 92, c. 4, D.P.R. n. 917/1986).

    Mutamento dei criteri di valutazione - L’impresa deve segnalare all’Amministrazione finanziaria la variazione dei criteri mediante apposita comunicazione nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui è avvenuta tale variazione o in un apposito allegato (art. 110, c. 6, D.P.R. n. 917/1986).

    La scelta del criterio ha effetto dallo stesso esercizio in cui il contribuente decide di adottarlo.

    L’Ufficio non può opporsi alla scelta effettuata, ma può indagare al fine di accertare se il nuovo criterio rientra tra quelli fiscalmente consentiti.

    Nel caso in cui il criterio adottato non sia fiscalmente legittimo, l’Ufficio può rettificare il valore delle rimanenze mediante l’applicazione dei normali criteri previsti per le variazioni delle rimanenze (art. 92, D.P.R. n. 917/1986).

    Le correzioni in aumento effettuate dall’Ufficio assumono rilevanza anche per gli esercizi successivi. L’Ufficio ha l’obbligo di tenere conto direttamente delle rettifiche apportate e degli effetti che possono avere sugli imponibili degli esercizi successivi (art. 110, c. 8, D.P.R. n. 917/1986).

    22.9.2. Dettaglianti

    22.9.2.Dettaglianti

    Gli esercenti commercio al minuto possono adottare il metodo di valutazione del prezzo al dettaglio, in base al quale dai prezzi di vendita dei beni viene scorporata la percentuale di ricarico e determinato il relativo costo.

    Si tratta di un metodo che si adatta alle imprese che acquistano e vendono un gran numero di beni aventi caratteristiche merceologiche diverse (ad esempio, settore della grande distribuzione).

    Il metodo del prezzo al dettaglio:

    • prescinde dall’inventariazione fisica delle giacenze, in quanto i carichi sono rilevati a valori (e non anche a quantità);

    • si opera per “aggregazioni di articoli” omogenee per percentuali di ricarico;

    • si basa sulla contrapposizione tra i prezzi di costo (annotati in apposito registro tenuto presso la sede centrale) e i prezzi di vendita (i cui movimenti di carico e scarico sono annotati in appositi registri tenuti dalle filiali) aggiornati periodicamente, sempre e soltanto in termini di valore.

    È necessaria una particolare contabilità di magazzino e va predisposto un documento con l’illustrazione del metodo adottato da esibire agli organi di controllo.

    Ricarico - Indica il margine lordo (solitamente stabilito come percentuale del prezzo di vendita) che l’azienda intende conseguire allo scopo di ottenere la copertura dei costi di gestione (spese amministrative e commerciali, oneri finanziari e tributari, ammortamenti, ecc.) e un certo utile netto.

    Modalità operative - Occorre procedere nel seguente modo:

    • le merci vanno distinte in gruppi omogenei sulla base delle loro caratteristiche merceologiche e della percentuale di ricarico applicata;

    • mediante apposite rilevazioni, le merci sono prese in carico non solo al valore di costo, ma anche al prezzo di vendita e gli scarichi sono valorizzati al prezzo di vendita;

    • in occasione di eventuali variazioni in aumento o in diminuzione nei prezzi di vendita, i valori di carico vanno rettificati in più o in meno.

    Il saldo dei movimenti di carico e scarico fornisce il valore della rimanenza: da tale valore si passa alla valutazione al costo mediante un semplice calcolo percentuale.

    CASO 7 - Calcolo rimanenze di magazzino - Metodo del prezzo al dettaglio

    Un’azienda ha in giacenza, al 1° gennaio, merci Alfa per un valore di costo di euro 54.750. La percentuale di ricarico è pari al 25% del prezzo di vendita. Durante l’esercizio sono state acquistate merci Alfa per un costo di euro 620.250 ed eseguite vendite per euro 810.000. Il prezzo di vendita non è variato nel corso dell’anno.

    1° operazione: valorizzazione al prezzo di vendita dell’esistenza iniziale e degli acquisti effettuati, in base alla percentuale di ricarico del 25%.

    100: 75 = valore esistenza iniziale al prezzo di vendita: 54.750.

    Valore esistenza iniziale al prezzo di vendita = 100 x 54.750 / 75 = 73.000.

    100: 75 = valore degli acquisti al prezzo di vendita: 620.250.

    Valore degli acquisti al prezzo di vendita = 100 x 620.250 / 75 = 827.000.

    2° operazione: valorizzazione della rimanenza finale al costo.

    Totale carico al prezzo di vendita = 73.000 (esistenza iniziale) + 827.000 (acquisti) = 900.000.

    Totale vendite al prezzo di vendita = 810.000.

    Rimanenza al 31/12 = 900.000 - 810.000 = 90.000.

    100: 75 = 90.000: valore della rimanenza al costo.

    Valore di costo della rimanenza = 75 x 90.000 / 100 = 67.500.

    22.9.3. Prodotti in corso di lavorazione

    22.9.3.Prodotti in corso di lavorazione

    I prodotti in corso di lavorazione sono beni che non hanno ancora assunto un’autonoma identità perché devono subire ulteriori processi di trasformazione per raggiungere lo stadio finale in cui diventano utilizzabili e commercializzabili.

    Ad essi non sono applicabili i criteri dettati per gli altri beni in rimanenza (art. 92, c. 6, D.P.R. n. 917/1986) in quanto:

    • variando in funzione della fase di lavorazione o dello stato di avanzamento in cui si trovano, non permettono il loro raggruppamento in categorie omogenee, elemento base per applicare il LIFO a scatti;

    • non hanno un loro mercato per cui non esiste un prezzo mediamente praticato cui fare riferimento.

    Valutazione - A fine esercizio si attribuisce un valore pari ai costi sostenuti nel periodo d’imposta cui il bilancio si riferisce, senza considerare i valori unitari delle eventuali rimanenze che provengono da esercizi precedenti.

    I costi sostenuti da considerare sono (art. 110, D.P.R. n. 917/1986):

    • gli oneri diretti;

    • gli oneri accessori di diretta imputazione.

    Le stesse regole si applicano anche per le opere, forniture e servizi di durata non superiore a 12 mesi (infrannuali).

    Se invece la durata è ultrannuale, si applica la disciplina prevista per le opere ultrannuali (22.10.).

    22.9.4. Valute estere

    22.9.4.Valute estere

    Si assume come valore normale il valore secondo il cambio alla data di chiusura dell’esercizio (art. 92, c. 5, D.P.R. n. 917/1986).

    Sono, tuttavia, applicabili i tassi di cambio alternativi forniti da operatori internazionali indipendenti utilizzati dall’impresa nella contabilizzazione delle operazioni in valuta, purché la relativa quotazione sia resa disponibile attraverso fonti di informazione pubbliche e verificabili.

    22.9.5. Adeguamento rimanenze iniziali per soggetti non IAS/IFRS

    22.9.5.Adeguamento rimanenze iniziali per soggetti non IAS/IFRS

    È possibile effettuare l’adeguamento delle esistenze iniziali, per gli esercenti attività di impresa, che non adottano i principi contabili internazionali per la redazione del bilancio d’esercizio (art. 1, c. 78-85, Legge n. 213/2023; D.M. 24 giugno 2024).

    L’adeguamento, relativo al solo periodo d’imposta in corso al 30 settembre 2023, può essere effettuato in due modi:

    • eliminazione delle esistenze iniziali di quantità o valori superiori rispetto a quelli effettivi;

    • iscrizione delle esistenze iniziali precedentemente omesse.

    A seconda che venga effettuato tramite l’eliminazione o l’iscrizione di valori, dà luogo al pagamento di diverse imposte, non rilevando, in ogni caso, a fini sanzionatori di alcun genere.

    In caso di eliminazione dei valori l’adeguamento comporta:

    • il pagamento dell’IVA, determinata applicando l’aliquota media riferibile all’anno 2023 all’ammontare che si ottiene moltiplicando il valore eliminato per il coefficiente di maggiorazione stabilito, per le diverse attività, con il Decreto dirigenziale del Ministero dell’Economia e delle Finanze 24 giugno 2024. L’aliquota media, tenendo conto della esistenza di operazioni non soggette ad imposta ovvero soggette a regimi speciali, è quella risultante dal rapporto tra l’imposta, relativa alle operazioni, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili, e il volume di affari dichiarato;

    • il pagamento di una imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta sul reddito delle società e dell’imposta regionale sulle attività produttive, in misura pari al 18% da applicare alla differenza tra l’ammontare calcolato con le modalità indicate al punto precedente ed il valore eliminato.

    In caso di adeguamento effettuato con la procedura di iscrizione di valori deve essere versata una imposta sostitutiva dell’IRPEF, dell’IRES e dell’IRAP, in misura pari al 18% da applicare al valore iscritto.

    L’adeguamento deve essere richiesto nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in corso al 30 settembre 2023.

    Le imposte dovute sono versate in due rate di pari importo, di cui la prima con scadenza entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d’imposta in corso al 30 settembre 2023 e la seconda entro il termine di versamento della seconda o unica rata dell’acconto delle imposte sui redditi relativa al periodo d’imposta successivo.

    Il termine di versamento della prima rata è posticipato al 30 settembre 2024 per i soggetti per i quali il termine scade entro il 29 settembre 2024. Inoltre:

    • se il termine di versamento della prima rata scade dopo quello previsto per versare la seconda, anche questa slitta al 30 settembre 2024;

    • per i soggetti per i quali il termine di approvazione del bilancio relativo all'esercizio in corso al 30 settembre 2023 scade entro il 29 settembre 2024, l'adeguamento del magazzino può essere effettuato entro il 30 settembre 2024 nelle scritture contabili relative all'esercizio successivo (art. 7, c. 1, D.L. n. 113/2024).

    Per il versamento delle imposte sostitutive vanno utilizzati i seguenti codici tributo (ris. 17 giugno 2024, n. 30/E):

    • “1732” denominato “Adeguamento per eliminazione delle esistenze iniziali dei beni – IVA - articolo 1, comma 80, lettera a), della legge 30 dicembre 2023, n. 213”;

    • “1733” denominato “Adeguamento per eliminazione delle esistenze iniziali dei beni - Imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e IRAP - articolo 1, comma 80, lettera b), della legge 30 dicembre 2023, n. 213”;

    • “1734” denominato “Adeguamento per esistenze iniziali omesse dei beni - Imposta sostitutiva delle Imposte sui redditi e IRAP - articolo 1, comma 81, della legge 30 dicembre 2023, n. 213”;

    • “1735” denominato “Adeguamento per eliminazione delle esistenze iniziali dei beni - Imposta sostitutiva IRES e IRAP - articolo 1, comma 80, lettera b), della legge 30 dicembre 2023, n. 213”;

    • “1736” denominato “Adeguamento per esistenze iniziali omesse dei beni - Imposta sostitutiva IRES e IRAP - articolo 1, comma 81, della legge 30 dicembre 2023, n. 213”.

    L’adeguamento non rileva a fini sanzionatori di alcun genere.

    I valori risultanti dalle variazioni sono riconosciuti ai fini civilistici e fiscali a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 30 settembre 2023 e, nel limite del valore iscritto o eliminato, non possono essere utilizzati ai fini dell’accertamento in riferimento a periodi d’imposta precedenti a quello sopra indicato. L’adeguamento non ha effetto sui processi verbali di constatazione consegnati e sugli accertamenti notificati fino alla data del 1° gennaio 2024.

    22.10. Opere di durata ultrannuale

    22.10.Opere di durata ultrannuale

    Per le opere di durata ultrannuale sono previste specifiche regole di valutazione (art. 93, D.P.R. n. 917/1986).

    22.10.1. Definizione

    22.10.1.Definizione

    Si tratta di lavori in esecuzione di commesse affidate con contratti di appalto o altri atti aventi contenuti economici simili (quali la vendita di cosa futura, taluni tipi di concessioni amministrative per la realizzazione di un’opera, ecc.) concernenti la costruzione di opere, edifici, strade, ponti, dighe, navi, impianti, ecc., la fornitura di servizi direttamente correlati alla costruzione di un’opera (progettazione), la fornitura di beni eseguiti su ordinazione, ovvero la fornitura di più beni o servizi pattuiti come oggetto unitario.

    Se si tratta di opere con tempo di esecuzione ultrannuale o infrannuale realizzate per essere successivamente vendute si applica la disciplina delle rimanenze di magazzino (22.9.1.).

    Tipologie di lavori in corso

    Contratti a prezzi
    determinati
    L’impresa si impegna a portare a termine l’intero lavoro previsto dal contratto, sulla base del prezzo contrattuale fisso o dei prezzi determinati per le singole voci di lavoro più eventuali adeguamenti.
    Contratti con prezzo basato sul costo consuntivo più il margine Il prezzo è determinato dai costi sostenuti, specificamente previsti dal contratto, maggiorati di una percentuale dei costi stessi a titolo di recupero di spese generali e di altre spese non specificamente rimborsabili, oltre che di profitto, ovvero di un importo fisso, la cui determinazione è in entrambi i casi stabilita contrattualmente.

    Le opere ultrannuali hanno per oggetto beni approntati appositamente per il committente, secondo le specifiche tecniche da questi richieste, con esclusione dei beni che normalmente l’impresa produce per il magazzino e vende successivamente.

    La valutazione di tali lavori è funzionale alla determinazione dei relativi ricavi e costi e quindi al riconoscimento dei conseguenti utili o perdite.

    Componenti di reddito generate dai lavori in corso
    Ricavi La rilevazione del ricavo coincide con il collaudo e l’accettazione dell’opera da parte del committente. I versamenti in acconto vengono considerati come anticipi, fino al momento di accettazione dell’opera.
    Rimanenze Alla fine di ogni esercizio i lavori in corso di esecuzione o non ancora accettati dal committente costituiscono rimanenze.

    Poiché si tratta di operazioni che non si esauriscono in un solo esercizio, il principio della competenza viene rispettato attraverso un procedimento di rilevazione dei costi e dei ricavi di commessa che consenta la loro attribuzione all’esercizio in cui sono effettivamente riferibili, ossia nell’esercizio in cui si svolge l’attività della commessa.

    A tal fine è necessario disporre di un’apposita struttura amministrativa che gestisca i contratti.

    Ricavi e costi di commessa
    Ricavi di commessa Sono costituiti dai corrispettivi complessivi riconosciuti dal committente per l’esecuzione o la fornitura delle opere.
    Comprendono:
    - il prezzo base stabilito contrattualmente;
    - le eventuali rettifiche di prezzo e le maggiorazioni per revisione prezzi;
    - i corrispettivi per opere e prestazioni aggiuntive (es. varianti);
    - i corrispettivi aggiuntivi conseguenti ad eventi i cui effetti siano contrattualmente o per legge a carico del committente;
    - gli altri proventi accessori.
    Costi di commessa Sono costituiti dai:
    - costi diretti riferiti alle commesse;
    - costi indiretti ripartiti, per imputazione, sulle singole commesse.
    I costi diretti comprendono:
    - costi dei materiali utilizzati per la realizzazione dell’opera;
    - costi della manodopera;
    - costi dei subappaltatori;
    - spese per il trasferimento di impianti e attrezzature al cantiere;
    - ammortamenti e noli dei macchinari impiegati;
    - costi per fidejussioni e assicurazioni specifiche.
    Tra i costi indiretti ci sono:
    - costi di progettazione;
    - costi generali di produzione e industriali riferibili all’opera.

    22.10.2. Valutazione

    22.10.2.Valutazione

    Le variazioni delle rimanenze finali delle opere, forniture e servizi pattuiti come oggetto unitario e con tempo di esecuzione ultrannuale, rispetto alle esistenze iniziali concorrono a formare il reddito dell’esercizio (art. 93, D.P.R. n. 917/1986).

    A tal fine le rimanenze finali, che costituiscono esistenze iniziali dell’esercizio successivo, sono assunte per il valore complessivo determinato a norma delle disposizioni che seguono per la parte eseguita fin dall’inizio dell’esecuzione del contratto.

    La valutazione è fatta sulla base dei:

    • corrispettivi pattuiti;

    • corrispettivi liquidati (metodo applicabile solo per le opere coperte da Stati Avanzamento Lavori - SAL).

    Metodo Valutazione
    Corrispettivi pattuiti Si basa sulla percentuale di completamento.
    Alla parte di opera eseguita viene attribuito il valore ottenuto moltiplicando il corrispettivo pattuito per la percentuale di avanzamento dei lavori.
    A fine esercizio:
    - si stabilisce la percentuale del lavoro già effettuato rispetto al totale dell’opera da eseguire;
    - si moltiplica tale percentuale per il ricavo pattuito;
    - si attribuisce il valore ottenuto al lavoro in corso di esecuzione.
    A tal fine, l’impresa deve essere in grado di effettuare:
    - attendibili previsioni del ricavo totale;
    - attendibili stime del costo totale;
    - adeguate rilevazioni dei costi sostenuti per la produzione.
    Delle maggiorazioni di prezzo richieste in applicazione di disposizioni di legge o di clausole contrattuali si tiene conto, finché non siano state definitivamente stabilite, in misura non inferiore al 50%1.
    Corrispettivi liquidati Si applica quando il committente liquida una parte dei corrispettivi a titolo provvisorio ed in base a precise clausole contrattuali di SAL.
    In tal caso, le somme versate non costituiscono ricavi d’esercizio per l’impresa, ma sono trattati come anticipi da clienti, fino al momento in cui avverrà l’accettazione dell’opera.
    La valutazione a fine esercizio non tiene conto dei corrispettivi pattuiti e delle eventuali maggiorazioni, bensì dei corrispettivi già liquidati, perché maggiormente rappresentativi del valore dell’opera sino a quel momento compiuta.
    1 Le maggiorazioni di prezzo richieste in applicazione di disposizioni di legge o di clausole contrattuali non ancora determinate in via definitiva assumono rilevanza fiscale solo quando trovano fondamento nella legge o nel contratto.
    In assenza di questi presupposti, assumono rilevanza solo quando vengono accettate dal committente (ris. 23 ottobre 1975, n. 9/50032; ris. 30 dicembre 1977, n. 9/2214; ris. 22 settembre 1982, n. 36).
    CASO 8 - Opere infrannuali - Metodo dei corrispettivi pattuiti

    Si consideri il caso di un’opera ultrannuale, costruita nel corso di 3 esercizi, il cui corrispettivo è stato pattuito pari a 20.000 euro. Il costo totale, pari a euro 16.000, è stato sostenuto nei 3 esercizi come segue:

    Esercizio x: 40% del costo totale = 6.400;

    Esercizio x+1: 35% del costo totale = 5.600;

    Esercizio x+2: 25% del costo totale = 4.000.

    La valutazione delle rimanenze in base ai corrispettivi pattuiti è la seguente:

    Valore rimanenze al 31/12/x: 20.000 x 6.400 / 16.000 = 8.000;

    Utile derivante dalla commessa al 31/12/x: 8.000 - 6.400 = 1.600;

    Valore rimanenze al 31/12/x+1: 20.000 x (6.400 + 5.600) / 16.000 = 15.000;

    Utile derivante dalla commessa al 31/12/x+1: 15.000 - 8.000 - 5.600 = 1.400;

    Valore rimanenze al 31/12/x+2: 20.000 x (6.400 + 5.600 + 4.000) / 16.000 = 20.000;

    Utile derivante dalla commessa al 31/12/x+2: 20.000 - 15.000 - 4.000 = 1.000;

    Utile totale derivante dalla commessa: (20.000 - 16.000) o (1.600 + 1.400 + 1.000) = 4.000.

    Liquidazioni a titolo definitivo - Quando il committente liquida in via definitiva l’intera opera o una parte di essa le somme spettanti all’impresa costituiscono ricavi realizzati poiché caratterizzati dal requisito della certezza.

    Alla fine dell’esercizio, in sede di valutazione dell’opera ultrannuale (art. 93, c. 4, D.P.R. n. 917/1986):

    • gli importi liquidati non devono essere considerati, poiché già contabilizzati come ricavi realizzati;

    • la quota del corrispettivo per la quale la liquidazione definitiva non è ancora avvenuta va inclusa nel calcolo del valore da attribuire alle rimanenze finali del periodo;

    • le variazioni positive o negative delle somme già liquidate, dovute a fatti nuovi che si verificano successivamente alla liquidazione, vengono imputate quali sopravvenienze attive o passive al reddito dell’esercizio in cui l’evento viene stabilito in via definitiva, cioè dell’esercizio in cui le variazioni divengono certe, liquide ed esigibili.

    CASO 9 - Opere infrannuali - Liquidazione a titolo definitivo

    Si consideri il caso di un’opera ultrannuale, costruita nel corso di 3 esercizi, il cui corrispettivo è stato pattuito pari a 10.000 euro. Il costo totale è pari a euro 8.000.

    La percentuale di Stato Avanzamento Lavori (SAL) è:

    Esercizio x: 40%;

    Esercizio x+1: 35%;

    Esercizio x+2: 25%.

    La valutazione delle rimanenze in base al SAL è la seguente:

    Valore rimanenze al 31/12/x: 10.000 x 40% = 4.000;

    Valore rimanenze al 31/12/x+1: 10.000 x (40%+35%) = 7.500;

    Valore rimanenze al 31/12/x+2: 10.000 x (40%+35%+25%) = 10.000.

    22.10.3. Documentazione

    22.10.3.Documentazione

    Deve essere redatto un apposito prospetto, distintamente per ciascuna opera, fornitura o servizio, recante:

    • gli estremi del contratto;

    • generalità e residenza del committente;

    • scadenze previste;

    • elementi tenuti a base per la valutazione e collocazione di tali elementi nei conti dell’impresa.

    22.11. Società petrolifere

    22.11.Società petrolifere

    La valutazione delle rimanenze finali dei beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa (art. 85, c. 1, lett. a), D.P.R. n. 917/1986) e delle materie prime e sussidiarie, dei semilavorati e degli altri beni mobili, esclusi quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione (art. 85, c. 1, lett. b), D.P.R. n. 917/1986) è effettuata secondo il metodo della media ponderata o del “primo entrato primo uscito” (FIFO), anche se non adottati in bilancio (art. 92-bis, D.P.R. n. 917/1986).

    Tale disposizione si applica alle imprese il cui volume di ricavi supera le soglie previste per l’applicazione degli studi di settore, esercenti le attività di:

    • ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi;

    • raffinazione petrolio, produzione o commercializzazione di benzine, petroli, gasoli per usi vari, oli lubrificanti e residuati, di gas di petrolio liquefatto e di gas naturale.

    Inoltre, si applica anche ai soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali e a quelli che abbiano esercitato, relativamente alla valutazione dei beni fungibili, la relativa opzione (art. 13, c. 4, D.Lgs. n. 38/2005).

    22.12. Titoli e partecipazioni

    22.12.Titoli e partecipazioni

    Per la valutazione dei titoli e quote che nel bilancio non sono stati indicati tra le immobilizzazioni finanziarie e che, al contrario, sono indicati nell’attivo circolante, si applicano i medesimi criteri di valutazione delle rimanenze di materie prime e merci (22.9.) (art. 94, D.P.R. n. 917/1986), salvo il caso in cui in un esercizio il valore unitario medio delle partecipazioni, raggruppate in categorie omogenee (titoli emessi dallo stesso soggetto e aventi uguali caratteristiche) e determinato con i metodi di valutazione delle rimanenze, sia superiore al valore normale medio degli stessi nell’ultimo mese dell’esercizio.

    In tal caso la valutazione minima corrisponderà:

    Titoli Valore minimo
    Titoli derivanti da contratti di riporto o di pronti contro termine Non determinano variazioni nelle rimanenze.
    Titoli quotati in mercati regolamentati italiani ed esteri Prezzi rilevati nell’ultimo giorno dell’esercizio ovvero media aritmetica dei prezzi rilevati nell’ultimo mese.
    Altri titoli Valore normale.

    Le stesse regole si applicano anche per la valutazione delle quote di partecipazione in società ed enti non rappresentate da titoli (art. 94, c. 7, D.P.R. n. 917/1986).

    22.12.1. Deroga

    22.12.1.Deroga

    Per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali, la valutazione dei corrispettivi delle cessioni di azioni o quote di partecipazioni a società, di strumenti finanziari similari alle azioni e di obbligazioni e titoli similari (art. 85, c. 1, lett. c), d) ed e), D.P.R. n. 917/1986), operata in base alla corretta applicazione di tali princìpi, assume rilievo anche ai fini fiscali (art. 94, c. 4-bis, D.P.R. n. 917/1986).

    22.12.2. Contratti pronti contro termine

    22.12.2.Contratti pronti contro termine

    Le cessioni di titoli, derivanti da contratti di riporto o di “pronti contro termine” che prevedono per il cessionario l’obbligo di rivendita a termine dei titoli, non determinano variazioni delle rimanenze dei titoli (art. 94, c. 2, D.P.R. n. 917/1986).

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