56.1. Deposito IVA - 56.1.1. Soggetti interessati - 56.1.2.Introduzione nel deposito - 56.1.3.Estrazione dal deposito - 56.1.4.Depositi fiscali di carburanti per autotrazione - 56.1.5. Trasferimento tra depositi - 56.2. Consignment stock - Call off stock - 56.2.1. Consignment stock verso soggetti UE - 56.2.2. Consignment stock verso soggetti extra UE - 56.2.3. Consignment stock da Paesi extra UE verso l’Italia - 56.2.4. Registro obbligatorio - 56.2.5. Il termine dell’anno per il prelievo
56.1. Deposito IVA
56.1.Deposito IVAI depositi IVA (art. 50-bis, D.L. n. 331/1993) agevolano gli scambi di beni in ambito intracomunitario, rendendo possibile trasferire
la merce da un Paese membro all’altro evitando di assoggettare ad imposta i singoli
passaggi. In particolare, attraverso i depositi IVA, per determinate operazioni effettuate
mediante l’introduzione dei beni nel deposito, l’imposta, ove dovuta, è assolta dall’acquirente finale solo al momento dell’estrazione dei beni dal deposito.
Spesso vengono utilizzati i depositi IVA dei destinatari, al fine di superare il limite
di un anno dalla consegna previsto per i beni oggetto di un contratto di consignment
stock (56.2.).
I depositi IVA sono luoghi fisici situati nel territorio dello Stato italiano, all’interno dei quali la merce viene introdotta, staziona, e poi viene estratta.
Dal punto di vista fiscale, i depositi IVA consentono che, per determinate operazioni, l’imposta, ove dovuta, sia assolta al momento dell’estrazione dei beni, con il meccanismo dell’inversione contabile (c.d. “reverse charge”) o con versamento diretto da parte del gestore del deposito.
I depositi IVA si distinguono dai depositi doganali, in quanto rispetto a questi ultimi:
-
non possono esservi introdotti merci extra UE che non abbiano assolto i dazi all’atto dell’ingresso nel territorio comunitario;
-
i beni stoccati non sono soggetti a vigilanza continua da parte degli organi doganali;
-
i beni devono fisicamente entrare nel deposito IVA, al fine di ottenere i benefici fiscali.
Nel deposito IVA possono essere introdotti beni:
-
nazionali;
-
di provenienza comunitaria;
-
di provenienza extracomunitaria già immessi in libera pratica e che abbiano assolto gli eventuali dazi doganali;
-
negoziati nelle borse merci.
Sono esclusi:
-
i beni destinati alla vendita al dettaglio al suo interno;
-
i beni extracomunitari;
-
i beni vincolati al regime di ammissione temporanea;
-
i beni importati a scarico di un regime di perfezionamento attivo.
Il vantaggio del deposito IVA è dato dal differimento dell’assolvimento dell’IVA ad un momento successivo (estrazione) rispetto a quello dell’introduzione dei beni (art. 50-bis, D.L. n. 331/1993).
Possono assumere la qualifica di depositi IVA, tra l’altro, i seguenti depositi già autorizzati dall’autorità doganale:
-
magazzini generali;
-
depositi franchi;
-
punti franchi gestiti dalle imprese munite di autorizzazione;
-
depositi fiscali per i prodotti soggetti ad accisa;
-
depositi doganali.
Gestore del deposito
La gestione di depositi IVA (art. 50-bis, c. 3, D.L. n. 331/1993) è soggetta a preventiva autorizzazione ed a controlli successivi demandati alle Direzioni Provinciali dell’Agenzia delle Entrate ed ai Comandi della Guardia di Finanza competenti per territorio. La gestione del deposito è affidata ad un gestore che può essere:
-
un soggetto per il quale l’autorizzazione non è necessaria, quali:
-
imprese esercenti magazzini generali con autorizzazione doganale;
-
imprese esercenti depositi franchi;
-
imprese operanti nei punti franchi;
-
depositi fiscali per i prodotti soggetti ad accisa;
-
depositi doganali (compresi quelli per la custodia e la lavorazione delle lane);
-
-
un soggetto che può essere autorizzato, in quanto riscuote la fiducia dell’amministrazione doganale;
-
un soggetto che può essere autorizzato alla custodia di beni per conto terzi, quali:
-
società di capitali;
-
cooperative;
-
enti con capitale sociale o fondo di dotazione non inferiore a 516.456,90 euro che riscuotano la fiducia dell’Amministrazione finanziaria.
-
Il gestore del deposito IVA risponde in solido con il soggetto d’imposta in caso di mancato o irregolare assolvimento dell’IVA, dovuta con l’estrazione dei beni.
Ha l’obbligo di istituire un apposito registro, anche mediante sistemi informatici ove annotare le movimentazioni della merce, in entrata e in uscita. Per le operazioni all’interno del deposito (cessioni di beni tra operatori o effettuazione di prestazioni di servizi sui beni depositati) deve essere conservata una serie di documenti amministrativi (ad esempio, copia di immissione in libera pratica, fattura o autofattura dei cedenti).
Differimento del pagamento
Il differimento del pagamento dell’imposta al momento dell’estrazione del deposito IVA riguarda le operazioni relative ai beni e le operazioni eseguite sui beni che si trovano nel deposito riportate in tabella.
Operazioni | Natura dell’operazione |
Introduzione | - Acquisti intracomunitari di beni - Importazione di beni extracomunitari (immissione in libera pratica) - Cessioni intracomunitarie di beni |
Relative ai beni custoditi | - Cessioni - Prestazioni di servizi (perfezionamento, manutenzioni usuali anche se eseguite in locali limitrofi e che non durino più di 60 giorni) |
Estrazione | - Cessioni intracomunitarie - Cessioni all’esportazione - Trasferimento dei beni da un deposito IVA ad altro deposito IVA |
56.1.1. Soggetti interessati
56.1.1.Soggetti interessatiI soggetti interessati all’utilizzo dei depositi IVA sono:
-
colui che introduce i beni. Possono essere soggetti nazionali, comunitari o extracomunitari;
-
colui che estrae i beni. Deve essere un soggetto passivo d’imposta o un suo rappresentante fiscale se estero o identificato direttamente o soggetti stabiliti in Italia per il tramite di una stabile organizzazione. Non può pertanto procedere all’estrazione un privato consumatore;
-
il gestore. Questi oltre ad essere il custode dei beni introdotti, per una tipologia di estrazione, è anche corresponsabile con il soggetto che estrae per la mancata o irregolare applicazione dell’IVA relativa al bene che viene estratto; se non osserva le disposizioni relative alla tenuta del registro e all’acquisizione o emissione dei documenti relativi ai beni introdotti o estratti (art. 50-bis, c. 8, D.L. n. 331/1993) deve provvedere lui stesso al versamento dell’imposta.
56.1.2. Introduzione nel deposito
56.1.2.Introduzione nel depositoPresupposto sostanziale per l’esenzione dell’IVA al momento dell’estrazione è che i beni vi siano introdotti fisicamente.
Peraltro, sebbene possa sostenersi che il mancato rispetto dell’obbligo di introduzione delle merci nel deposito comporti il pagamento dell’imposta all’importazione se non vi è frode o evasione è possibile regolarizzare con l’inversione contabile.
I beni da introdurre devono essere accompagnati da:
-
documento amministrativo o commerciale o di trasporto contenenti i dati dei beni e del soggetto proprietario, se di provenienza UE;
-
DAU se di provenienza extra UE (i beni devono però essere precedentemente immessi in libera pratica). Per non assolvere l’IVA il DAU deve specificare che i beni immessi in libera pratica sono destinati ad essere introdotti in un deposito IVA.
Non vi è un limite temporale specifico di giacenza nel deposito; per altro tanto la direzione Dogane quanto l’Agenzia delle Entrate sostengono che l’agevolazione è ammessa solo se i beni sono materialmente custoditi nel deposito senza un tempo minimo di giacenza, purché l’introduzione soddisfi economicamente e giuridicamente il contratto di deposito (circ. n. 16/D/2006, ris. n. 440/E/2008).
Acquisti intracomunitari di beni mediante introduzione nel deposito IVA
Si tratta dei beni provenienti da altro Stato membro, costituenti acquisti intracomunitari ivi compresi i trasferimenti di beni da parte di soggetti comunitari per finalità rientranti nell’esercizio dell’impresa.
All’atto dell’immissione il depositario deve:
-
integrare la fattura comunitaria senza applicazione dell’imposta (art. 50-bis);
-
annotare la fattura così integrata nel registro degli acquisti e delle vendite.
Immissione in libera pratica di beni destinati ad essere introdotti nel deposito IVA
I beni extracomunitari possono essere introdotti in un deposito IVA solo se sono stati posti in libera pratica in una Paese della UE e dopo aver assolto i soli dazi doganali; pertanto, non l’IVA all’importazione, il cui ammontare resta tuttavia soggetto ad idonea garanzia fino alla estrazione dei beni dal deposito, salvo che l’importatore non sia un soggetto notoriamente solvibile. Si ricorda che conclusa l’operazione doganale con l’importazione dei beni, la successiva estrazione dal deposito costituisce, a seconda della destinazione della merce, un’operazione interna se i beni rimangono poi in Italia, oppure intracomunitaria oppure una cessione all’esportazione.
All’arrivo dei beni in dogana il depositario deve:
-
presentare in Dogana un documento sottoscritto dallo stesso dal quale risulti la presa in carico dei beni in apposito registro (art. 50-bis, c. 3, D.L. n. 331/1993). La mancata esibizione di detto documento comporta la riscossione da parte della Dogana dell’importo dell’IVA dovuta;
-
presentare in Dogana idonea garanzia qualora non sia esonerato per notoria solvibilità;
-
prendere in carico la bolla doganale di importazione nella quale, peraltro, non viene evidenziata l’imposta.
Cessioni di beni mediante introduzione nel deposito IVA
Le cessioni di beni eseguite mediante introduzione nel deposito sono escluse tout court dal pagamento dell’imposta, a prescindere sia dal luogo di stabilimento/identificazione del cessionario (Italia, altro Paese UE o Paese extra UE), sia dalla tipologia di beni oggetto dell’operazione, compresi o meno nella Tabella A-bis allegata al D.L. n. 331/1993.
Anche per tali operazioni, l’introduzione dei beni nel deposito deve avvenire sulla scorta di documenti amministrativi, commerciali o di trasporto contenenti i dati identificativi dei beni e del soggetto proprietario degli stessi, per conto del quale avviene l’operazione di introduzione.
Cessioni di beni custoditi in deposito IVA
Le transazioni all’interno del deposito sono effettuate in sospensione dell’imposta, a nulla rilevando la circostanza che i cedenti e i cessionari siano residenti o meno in Italia. In altri termini, se le cessioni avvengono all’interno del deposito senza estrazione, l’operazione è considerata non soggetta (circ. n. 2/E/2015), con la conseguenza che il corrispettivo non rileva ai fini della maturazione dello status di esportatore abituale.
Se il cedente:
-
è un soggetto d’imposta stabilito in Italia, emette fattura senza applicazione dell’imposta, indicando in fattura “art. 50-bis, c. 4, lett. c) del D.L. n. 331/1993”;
-
è un soggetto non residente, gli adempimenti relativi all’operazione devono essere effettuati dal cessionario nazionale in reverse charge (se il cedente è soggetto UE) con autofattura (se il cedente è extra UE), senza applicazione dell’imposta; il documento, in formato elettronico, riporta Tipo Documento: TD18 (se di acquisto comunitario), TD19 (se di acquisto extracomunitario) e il Codice Natura N3.6,
-
ed il cessionario sono entrambi soggetti non residenti, non identificati ai fini IVA nel territorio dello Stato o con stabile organizzazione in Italia che non interviene materialmente nell’operazione, non sono tenuti agli obblighi di fatturazione, ma solo all’obbligo di consegnare o inviare in ogni caso al gestore del deposito un documento commerciale che attesti l’avvenuta transazione.
Prestazioni di servizi rese su beni custoditi nel deposito IVA
Le prestazioni di servizi, comprese le operazioni di perfezionamento e le manipolazioni usuali sui beni custoditi nel deposito IVA, possono essere effettuate non solo all’interno del deposito, ma anche in locali limitrofi, sempreché, in tal caso, le suddette operazioni siano di durata non superiore a 60 giorni.
Le prestazioni in oggetto sono da considerare quali prestazioni di servizi “generiche”, per cui assumono rilevanza nel luogo di stabilimento del committente.
Per contro, il magazzinaggio di merci con assegnazione di una parte specifica dell’immobile ad uso esclusivo del destinatario è considerato un servizio relativo ad un bene immobile, come tale territorialmente rilevante nel Paese in cui è ubicato l’immobile (art. 31-bis, Reg. UE n. 282/2011 e Corte di Giustizia, sent. 27 giugno 2013, causa C-155/12).
Dall’ambito delle prestazioni di servizio su beni custoditi nel deposito IVA sono escluse le spese di trasporto dei beni destinati all’introduzione o all’estrazione, in quanto trattasi di servizi resi su beni che non si trovano fisicamente nel deposito, salvo che non si tratti delle spese per il trasporto dei beni da un deposito IVA ad un altro deposito IVA, perché solo in questa circostanza anche a dette spese non si applica l’imposta.
Trasferimento dei beni in altro deposito IVA
Il semplice trasferimento dei beni da un deposito IVA ad un altro non costituisce estrazione, ma deve essere accompagnato da un documento di trasporto da annotare sia nel registro del deposito di partenza, sia in quello del deposito di arrivo. Non è rilevante agli effetti dell’imposta che, invece, dovrà essere applicata qualora, contestualmente al trasferimento dei beni da un deposito IVA ad un altro, vi sia un passaggio di proprietà degli stessi. In tal caso occorre ricorrere alla procedura di fatturazione in reverse charge.
Obbligo di documentazione
Tutte le operazioni sopra analizzate (di cui all’art. 50-bis, c. 4, D.L. n. 331/1993) devono essere documentate secondo la tipologia dell’operazione (es. documento doganale, oppure fattura elettronica se effettuate tra due soggetti d’imposta italiani non soggetta all’imposta sino al momento dell’estrazione).
56.1.3. Estrazione dal deposito
56.1.3.Estrazione dal depositoNon è richiesto che il soggetto che procede all’estrazione debba essere iscritto alla Camera di commercio da almeno un anno e dimostri una effettiva operatività, attestando, altresì la regolarità dei versamenti IVA.
Possono estrarre i beni ed assolvere l’imposta:
-
i soggetti passivi stabiliti in Italia;
-
i soggetti passivi non residenti che si siano identificati direttamente o abbiano nominato un proprio rappresentante fiscale. Questi soggetti possono anche servirsi del gestore del deposito quale rappresentante fiscale leggero (
52.4.) nei casi in cui l’estrazione non comporti alcun debito d’imposta;
-
i soggetti passivi residenti o non residenti, stabiliti all’estero, ma identificati fiscalmente in Italia, se hanno i requisiti per essere considerati esportatori abituali, possono utilizzare il plafond al fine di sterilizzare l’IVA a debito che nasce al momento in cui effettua l’estrazione dei prodotti dal deposito IVA (risposta a interpello n. 95/2023).
Modalità di pagamento dell’imposta
L’imposta va corrisposta all’atto dell’estrazione dei beni dal deposito per l’utilizzazione o commercializzazione in Italia e:
-
(Caso 1) può essere effettuata con il pagamento dell’IVA da parte di chi procede all’estrazione (art. 50-bis, c. 6, D.L. n. 331/1993);
-
(Caso 2) l’imposta relativa è versata in nome e per conto del soggetto che estrae, direttamente dal gestore del deposito (art. 50-bis, c. 4, lett. c), D.L. n. 331/1993).
Caso 1
Di regola, il soggetto IVA procede all’estrazione dal deposito IVA di beni precedentemente introdotti a seguito di un acquisto intracomunitario o di immissione in libera pratica in uno Stato UE (compresa l’Italia e dopo aver assolto agli eventuali dazi). In aggiunta, il soggetto che estrae i beni dal deposito IVA può essere il medesimo che li abbia introdotti oppure un soggetto diverso da quello che li ha introdotti.
In ogni caso, con l’estrazione dal deposito sorge l’obbligo di emissione di fattura elettronica da inviare a SdI con queste precisazioni con riguardo al soggetto che procede all’estrazione.
Se si tratta del medesimo soggetto:
-
che ha introdotto i beni di acquisto intraUE: integra in reverse charge la fattura ricevuta dal cedente comunitario;
-
che ha introdotto i beni immessi in libera pratica: emette autofattura ex art. 17, D.P.R. n. 633/1972.
Se si tratta di soggetto diverso da quello che ha introdotto i beni (siano essi di provenienza UE o extra UE): integra con IVA il documento (acquisto UE) ovvero emette autofattura (acquisto extra UE) che certifica l’acquisto immediatamente precedente all’estrazione nell’ipotesi di cessioni dei beni all’interno del deposito.
In tutti i casi, chi estrae deve predisporre un documento, contenente i dati necessari per l’assolvimento dell’imposta, compresi i dati del cedente, e provvede ad inviarlo tramite SDI con tipo documento TD22 che verrà recapitato solo al soggetto emittente, indicando l’aliquota e l’imposta dovuta (il documento sarà utilizzato in fase di elaborazione delle bozze dei registri IVA da parte dell’Agenzia).
Si ribadisce che il momento per trasmettere a SdI i dati è;
-
all’atto dell’introduzione se avvenuta da parte dello stesso acquirente in caso di acquisto intraUE;
-
all’atto dell’acquisto da soggetti non residenti (UE od extraUE) di beni che si trovano già nel deposito.
Vedasi oltre “Autofattura in formato elettronico”.
Caso 2
Il soggetto IVA che procede all’estrazione dal deposito IVA (ai fini dell’utilizzazione o commercializzazione in Italia) di beni introdotti ai sensi dell’art. 50-bis, c. 4, lett. c), del D.L. n. 331 del 1993, ossia in caso di cessioni di beni già presenti in Italia con l’introduzione in un deposito IVA, emette un’autofattura ex art. 17, c. 2 del DPR n. 633/1972; quindi l’imposta è dovuta dal soggetto che estrae, ma è versata, in nome e per conto suo, dal gestore del deposito mediante F24 intestato al soggetto che estrae (senza possibilità di compensazione), entro il giorno 16 del mese successivo all’estrazione. È fatta salva la possibilità di procedere all’estrazione dei beni senza pagamento dell’imposta utilizzando il plafond disponibile.
Il gestore utilizzerà il Mod. F24 Elide utilizzando i codici tributo che vanno dal 6301 per le estrazioni relative al mese di gennaio, sino al 6312 per l’estrazione del mese di dicembre.
Se il soggetto IVA che estrae i beni è:
-
il medesimo che li aveva introdotti, emette un’autofattura con imposta nel caso di acquisto da soggetto extra UE oppure integra con IVA la fattura nel caso di acquisto da soggetto UE o italiano precedentemente emessa senza applicazione dell’IVA all’atto dell’introduzione dei beni nel deposito;
-
un soggetto diverso da quello che aveva introdotto i beni, emette, come sopra, un’autofattura con imposta nel caso di acquisto da soggetto extra UE oppure integra con IVA la fattura emessa senza applicazione dell’IVA nel caso di acquisto da soggetto UE o italiano, che certifica l’acquisto immediatamente precedente all’estrazione nell’ipotesi di cessioni dei beni all’interno del deposito successive all’introduzione.
In entrambi i casi il documento da emettere e da inviare telematicamente a SdI, riporta come Tipo Documento TD23. Esso verrà recapitato al solo emittente e deve indicare l’aliquota e l’imposta relativa e verrà annotato nel solo registri acquisti (vedasi oltre “Autofattura in formato elettronico).
Non necessariamente vi è corrispondenza tra valore del bene introdotto e valore del bene estratto, in quanto quest’ultimo deve essere incrementato delle spese ivi sostenute e ad esso riferibili.
Ulteriori precisazioni
L’autofattura ovvero la fattura integrata deve essere consegnata in dogana per ottenere lo svincolo della garanzia eventualmente prestata al momento dell’introduzione dei beni nel deposito quando importati in libera pratica.
In particolare:
-
se il bene estratto è stato introdotto a seguito di importazione, l’operazione è stata documentata mediante il Prospetto sintetico di dichiarazione (
54.2.1.) che dal luglio 2022 ha sostituito la bolletta doganale (DAU), la presenza di questo documento consente di evitare la comunicazione dati esterometro;
-
eventuali successive cessioni all’interno del deposito (che non sono soggette all’imposta) devono essere documentate con fattura elettronica da trasmettere via SdI tanto nel caso in cui la cessione sia avvenuta tra soggetti passivi stabiliti in Italia, quanto con operatori esteri;
-
per i beni di provenienza extra UE introdotti in libera pratica, l’estrazione avviene con fattura elettronica da trasmettere via SdI.
Se il soggetto che procede all’estrazione dei beni dal deposito è un non residente deve nominare un rappresentante fiscale in Italia o identificarsi direttamente. Non è possibile utilizzare il gestore come rappresentante leggero perché l’imposta è dovuta.
Estrazione di beni |
Modalità di assolvimento dell’imposta |
Precedentemente introdotti a seguito di acquisto intracomunitario | Cessione in Italia Il proprietario dei beni procede all’estrazione assolvendo l’imposta mediante integrazione in reverse charge in maniera elettronica con formato XML: - indicando i servizi eventualmente resi sui beni e l’imposta; - procedendo all’annotazione della variazione in aumento sia nel registro delle fatture emesse (entro 15 giorni dall’estrazione e con riferimento alla relativa data), sia nel registro degli acquisti (entro il mese successivo a quello dell’estrazione). Cessione verso la UE Il soggetto che estrae, emette fattura elettronica non imponibile (art. 41, D.L. n. 331/1993) e presenta Mod. INTRA 1-bis. Cessione verso Paesi extra UE Il soggetto che estrae emette fattura elettronica non imponibile (art. 8, D.P.R. n. 633/1972). In caso di estrazione dei beni sulla base della dichiarazione doganale, occorre il documento di esportazione. |
Precedentemente introdotti a seguito di immissione in libera pratica | Cessione in Italia Il proprietario dei beni che procede all’estrazione assolve l’imposta mediante autofattura elettronica. Il soggetto in reverse charge, che procede all’estrazione, presta idonea garanzia, secondo le modalità stabilite da appositi decreti, per l’importo corrispondente all’imposta dovuta per la durata di 6 mesi dalla data di estrazione. |
Sono esclusi dall’obbligo di garanzia: - coloro che hanno già prestato garanzia al momento dell’introduzione nel deposito; - i soggetti con certificazione AEO (Operatore Economico Autorizzato); - i soggetti considerati “virtuosi” dalla pubblica amministrazione. Cessione verso la UE Il soggetto che estrae emette fattura elettronica non imponibile (art. 41, D.L. n. 331/1993) e presenta Mod. INTRA 1-bis. |
|
Cessione verso Paesi extra UE Il soggetto che estrae emette fattura elettronica non imponibile (art. 8, D.P.R. n. 633/1972). In caso di estrazione dei beni sulla base della dichiarazione doganale, occorre il documento di esportazione. |
|
Precedentemente introdotti a seguito di acquisto interno ed estratti per essere ceduti nel territorio italiano | L’imposta deve essere materialmente pagata ove il debitore dell’IVA è il soggetto
che provvede all’estrazione, ma obbligato al versamento (mediante F24 Elementi identificativi
- c.d. ELIDE - intestato al soggetto che estrae) è il gestore del deposito che agisce
in nome e per conto di chi estrae e con lui resta solidalmente responsabile. L’imposta va sempre versata in quanto non sono ammesse compensazioni. Il versamento va effettuato entro il giorno 16 del mese successivo all’estrazione a cura del gestore. Adempimento posto a carico di chi estrae è quello di annotare sul solo registro degli acquisti una fattura (autofattura) con i dati della ricevuta del versamento effettuato dal gestore. L’autofattura va emessa in formato elettronico, trasmessa a SdI e deve contenere i dati identificativi del soggetto residente o stabilito che ha effettuato l’estrazione sia nella sezione cedente, sia in quella cessionario. Il soggetto che estrae, se esportatore abituale, può utilizzare il plafond non versando così l’imposta. È onere del gestore procedere ai necessari riscontri telematici. Se chi provvede all’estrazione è un soggetto non residente e solamente identificato in Italia, questi è escluso dall’obbligo di emettere autofattura elettronica; sarà il rappresentante fiscale che potrà procedere all’emissione di autofattura in modalità analogica o anche, a scelta, elettronica extra SdI (risposta a interpello 9 aprile 2019, n. 104). |
Se il cedente dei beni è un soggetto passivo non residente non identificatosi in Italia,
gli adempimenti di fatturazione e presentazione dei Modelli INTRA possono essere adempiuti
dal gestore del deposito in qualità di rappresentante fiscale leggero (circ. n. 12/E/2015) (52.4.).
Autofattura in formato elettronico
La fatturazione elettronica riguarda tutte le fasi di: introduzione, operazioni all’interno del deposito, estrazione.
Introduzione - Possono aversi introduzioni nel deposito IVA:
-
di beni acquistati nella UE (art. 50-bis, c. 4, lett. a), D.L. n. 331/1993). In questo caso all’atto dell’emissione della fattura elettronica occorre utilizzare il codice Tipo Documento TD18 e Codice Natura: N3.6;
-
di acquisizioni extra UE (art. 50-bis, c. 4, lett. b), D.L. n. 331/1993). Per la loro introduzione nel deposito IVA si era resa necessaria l’immissione in libera pratica supportata dal Prospetto di riepilogo ai fini contabili (ex bolla doganale) (
54.2.), pertanto non occorre altro documento;
-
di beni ceduti mediante introduzione nel deposito. Trattandosi di normale cessione il codice Tipo Documento è TD01.
Operazioni da effettuare all’interno del deposito - Le operazioni che possono essere effettuate mentre i beni si trovano all’interno di un deposito IVA possono essere: compravendita; prestazioni di servizi sui beni; trasferimento degli stessi verso un altro deposito IVA (art. 50-bis, c. 4, lett. e), h), i), D.L. n. 331/1993).
In tali casi, le cessioni o le prestazioni di servizio rese, dovranno essere supportate da fattura elettronica con codice Tipo Documento TD01. Invece gli acquisti o prestazioni ricevute, dovranno essere supportate con fatture elettroniche con codice Tipo documento TD19 (in caso di integrazione/autofattura ex art. 17, c. 2, del D.P.R. n. 633/1972 per acquisti da soggetti non stabiliti, di beni già presenti in Italia con introduzione in un deposito IVA (art. 50-bis, c. 4, lett. c)) e TD17 (se relativa ai servizi).
Estrazione ed utilizzo in Italia - La estrazione di beni che sono stati introdotti a seguito di acquisto intracomunitario o importazione, non sconta l’imposta all’atto dell’operazione. La estrazione di beni che sono stati introdotti a seguito di acquisto interno, invece, sconta l’imposta all’atto dell’operazione.
Relativamente ai beni derivanti da acquisti intracomunitari oppure da importazione, la comunicazione a SdI avviene mediante fattura elettronica che riporta come codice Tipo documento TD22 e l’imposta è dovuta dal soggetto passivo che procede all’estrazione mediante “integrazione” della fattura comunitaria ricevuta ovvero mediante autofattura se il bene è di acquisto da soggetto extra UE (art. 50-bis, c. 4, lett. b), D.L. n. 331/1993) ed annotazione tanto nel registro acquisti quanto in quello delle vendite. Nel caso di acquisto extra UE, l’importatore che estrae deve presentare idonea garanzia patrimoniale a favore dell’Amministrazione finanziaria.
Relativamente a beni nazionali estratti da parte dello stesso soggetto che procedette all’introduzione oppure di un soggetto diverso, l’imposta non è più versata dal soggetto che estrae, bensì dal gestore del deposito, mediante Mod. F24 intestato al soggetto che estrae, entro il giorno 16 del mese successivo all’estrazione. In alternativa, è possibile procedere all’estrazione dei beni senza pagamento dell’imposta utilizzando il plafond disponibile. Il soggetto che estrae emette autofattura (art. 17, c. 2, D.P.R. n. 633/1972) in modalità elettronica da inviare a SdI con codice Tipo documento TD23 che verrà recapitata solo al soggetto emittente, indicando l’aliquota e l’imposta dovuta. Il documento trasmesso con TD23 è annotato nel solo registro delle fatture acquisto (con indicazione degli estremi del versamento effettuato con F24).
Estrazione e successivo invio all’estero - Se i beni sono destinati ad essere successivamente ceduti a soggetto passivo stabilito nella UE (art. 50-bis, c. 4, lett. f), D.L. n. 331/1993), con la vendita si realizza una cessione intracomunitaria non imponibile con Codice Natura 3.6.
Se il cessionario è stabilito fuori della UE (art. 50-bis, c. 4, lett. g), D.L. n. 331/1993), la fattura elettronica ha come Codice Natura N3.1.
In entrambi i casi il Tipo Documento è TD23.
Restituzione di beni non conformi
Nel caso in cui i beni introdotti in deposito siano estratti per essere restituiti al fornitore in quanto non conformi a quanto concordato, la relativa estrazione con trasporto o spedizione al di fuori della Comunità dà luogo ad una risoluzione, totale o parziale, del contratto; conseguentemente, tale restituzione non realizza una ipotesi per la quale debba essere emessa autofattura. La movimentazione deve essere annotata nei registri del depositario (circ. n. 12/E/2015).
Base imponibile
La base imponibile sulla quale va commisurata l’imposta è data:
-
dal corrispettivo o valore relativo all’operazione non assoggettata all’IVA per effetto dell’introduzione ovvero,
-
qualora successivamente i beni abbiano formato oggetto di una o più cessioni, dal corrispettivo o valore relativo all’ultima di tali cessioni, in ogni caso aumentato, se non già compreso, dell’importo relativo alle eventuali prestazioni di servizi delle quali i beni stessi abbiano formato oggetto durante la giacenza fino al momento dell’estrazione.
Se i beni, durante il periodo di custodia, hanno subito dei cali fisici o tecnici la base imponibile deve tener conto, in diminuzione, di detti cali, purché questi siano basati su criteri oggettivi e riscontrabili.
All’atto dell’estrazione, si dovrà tener conto delle spese di custodia addebitate dal depositario senza applicazione dell’imposta. I relativi corrispettivi concorrono alla formazione della base imponibile all’atto dell’estrazione, se territorialmente rilevanti.
Svincolo della garanzia
Per procedere allo svincolo della garanzia, il soggetto che ha proceduto all’estrazione dei beni deve produrre:
-
copia dell’autofattura (o nel caso di esportazione o cessione intracomunitaria copia della fattura) integrata con gli estremi della registrazione (o copia dei registri iva da cui risulti la registrazione), oppure
-
dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà con copia del documento di identità attestante la conformità all’originale e l’effettiva registrazione dell’autofattura o della fattura.
56.1.4. Depositi fiscali di carburanti per autotrazione
56.1.4.Depositi fiscali di carburanti per autotrazioneSono previste deroghe alle norme che regolano il pagamento delle accise sui carburanti (segnatamente benzina e gasolio) da utilizzare esclusivamente per l’autotrazione, con particolare riferimento alla gestione di questi combustibili, di provenienza nazionale, comunitaria o extracomunitaria, quando sono stoccati in depositi fiscali.
In particolare, l’immissione in consumo da un deposito fiscale o l’estrazione da un deposito a cura di un destinatario “registrato” (art. 8, D.Lgs. n. 504/1995) è subordinato al pagamento immediato dell’IVA, mediante F24 e senza possibilità di compensazione (circ. n. 18/E/2019). Per certi versi, quindi, i depositi fiscali utilizzati solo per la custodia di carburanti per autotrazione, trovano - dal punto di vista fiscale - un deciso avvicinamento alle regole dei depositi IVA piuttosto che a quelle tipiche dei depositi fiscali ove il tributo viene scomputato per differenza tra la massa delle operazioni attive e quella delle operazioni passive.
Debitore dell’imposta è colui che procede all’estrazione per conto del quale il gestore del deposito procede alla immissione in consumo; l’imposta deve essere assolta prima dell’estrazione. La ricevuta di pagamento deve essere consegnata al gestore prima dell’estrazione, pena l’improcedibilità dell’operazione (in caso contrario vi è responsabilità solidale tra i due soggetti).
Le cessioni che vengono eseguite all’interno del deposito sono effettuate in sospensione d’imposta, ma con obbligo di fatturazione elettronica - senza evidenziazione dell’IVA - e indicazione del titolo di non applicazione (art. 1, c. 939, Legge n. 205/2017). Lo stesso regime di non applicabilità dell’imposta si ha nei casi di circolazione dei prodotti tra depositi fiscali ovvero tra un deposito fiscale ed il deposito di un destinatario registrato.
Misure antifrode
L’obbligo di dotarsi del sistema Info è esteso a tutti i depositi di carburanti e di altri prodotti energetici soggetti ad accisa, con capacità di stoccaggio non inferiore a 3.000 mc.
Nel caso di deposito fiscale utilizzato anche come deposito IVA, il soggetto garante è obbligato a trasmettere in via telematica all’Agenzia delle Entrate il modello di garanzia, ciò allo scopo di evitare il pagamento anticipato dell’IVA. L’Agenzia rilascia apposita ricevuta telematica con il numero di protocollo.
Nel caso di depositi costieri, con eccezione dei depositi di stoccaggio di GPL, la validità della variazione della titolarità o del trasferimento della gestione, sono subordinate alla preventiva comunicazione di inizio di attività da trasmettere sia alle competenti autorità amministrative, sia all’Agenzia delle Dogane. I provvedimenti autorizzativi sono revocati in caso di inoperatività del deposito per oltre 6 mesi (art. 1, c. 1075 - 1078, Legge n. 178/2020).
Base imponibile
La base imponibile (art. 1, c. da 937 a 943-bis, Legge n. 205/2017 e art. 6, c. 1 D.L. n. 124/2019) ai fini IVA, che comprende anche l’accisa, è data:
-
dal corrispettivo o valore “dell’operazione di introduzione”,
ovvero
-
“dal corrispettivo o valore relativo all’ultima cessione effettuata durante la loro custodia nel deposito” eventualmente aumentato dal valore dei possibili servizi effettuati durante la custodia e sino al momento dell’estrazione. Ne deriva che se questi ultimi sono fatturati separatamente non dovranno più essere assoggettati all’imposta.
In caso di importazione, non concorre alla formazione della base imponibile l’eventuale importo sul quale l’imposta sia già stata assolta in dogana salvo che il soggetto che procede all’immissione in consumo dal deposito fiscale ovvero all’estrazione dal deposito di destinatario registrato sia un soggetto diverso da quello che ha assolto l’IVA all’importazione.
Modalità di pagamento dell’IVA
L’immissione in consumo dal deposito fiscale o l’estrazione dal deposito di un destinatario registrato del carburante per autotrazione è subordinata:
-
al pagamento dell’IVA con Mod. F24 ELIDE (cod. tributo: 6044), i cui riferimenti vanno indicati nel documento di accompagnamento (DAS) senza possibilità di compensazione;
-
all’indicazione del codice identificativo in corrispondenza del codice fiscale del gestore del deposito ovvero del destinatario registrato, nonché il codice dell’accisa e il codice identificativo “64”;
-
alla consegna, in originale, della ricevuta di versamento dell’imposta al gestore del deposito, il quale a sua volta, tramite accesso al proprio cassetto fiscale, verifica la presenza del modello.
I soggetti obbligati al pagamento dell’IVA possono effettuare un versamento cumulativo per l’IVA stimata in relazione ai prodotti che si prevede di immettere in consumo ovvero di estrarre da uno specifico deposito; in questo caso, sul Documento Amministrativo Semplificato (DAS) relativo ad ogni singola immissione in consumo o estrazione, dovrà essere riportato il riferimento sempre allo stesso Modello di versamento F24. In caso di versamenti cumulativi il gestore è tenuto ad effettuare verifiche di congruità.
Gli esportatori abituali (49.) non possono utilizzare il proprio plafond disponibile nel caso di immissione in consumo o di estrazione dei carburanti dal
deposito fiscale; conseguentemente anch’essi sono obbligati al versamento immediato
dell’imposta. Se il deposito fiscale è utilizzato anche come deposito IVA, detto divieto
non è applicabile (ris. n. 55/E/2017).
Adempimenti contabili
Se l’estrazione avviene da parte del medesimo soggetto che ha realizzato l’acquisto intraUE, occorre:
-
procedere all’integrazione della fattura comunitaria in reverse charge (circ. n. 14/E/2019, paragrafi 6.3 e 6.4);
-
annotare la variazione in aumento nel registro delle fatture emesse, senza far concorrere l’imposta alla liquidazione di periodo;
-
annotare la variazione in aumento nel registro degli acquisti.
Se l’estrazione avviene da parte di soggetto diverso da quello che ha realizzato l’acquisto intraUE, occorre:
-
emettere autofattura ex art. 17, c. 2, del D.P.R. n. 633/1972;
-
versare l’imposta con Mod. F24;
-
annotare l’autofattura nel registro degli acquisti.
È fatto divieto di compensazione orizzontale dell’imposta (circ. n. 18/E/2019).
Qualora l’imposta che sia stata versata cumulativamente (in base ad una stima dei prodotti che si prevede di immettere in consumo ovvero di estrarre da uno specifico deposito), risulti a fine anno, superiore a quella dovuta con riferimento ai prodotti effettivamente estratti dal deposito nel medesimo anno, può essere recuperata scomputandola dall’imposta relativa alle immissioni in consumo o estrazioni effettuate nei periodi di imposta successivi, fino ad esaurimento della stessa. Solo qualora fosse provata l’assenza di prodotti da estrarre e la conclusione dei rapporti con il gestore, l’imposta versata in eccedenza, può essere chiesta a rimborso ex art. 30-ter, c. 1 del D.P.R. n. 633/1972 (risposta a interpello n. 100/2024).
Estrazione da un deposito fiscale inferiore a 3.000 mc. ed immissione dello stesso prodotto in altro deposito commerciale a cura ed a favore del medesimo soggetto
L’estrazione di prodotti petroliferi da un deposito fiscale (beni in sospensione sia di IVA sia di accise) da parte del titolare di un deposito fiscale con capacità inferiore a 3.000 mc. per la loro immissione in altro deposito commerciale (libero) del medesimo soggetto che operi in proprio e non in qualità di gestore di depositi per conto terzi, non rientrò nelle deroghe di cui alla Legge di bilancio 2018 (art. 1, c. 937 e ss., Legge n. 205/2017); conseguentemente al momento dell’estrazione dal deposito fiscale per essere immesso in un deposito libero ancorché a favore del medesimo soggetto, quindi senza alcuna cessione, l’IVA deve essere comunque assolta, senza alcuna possibilità di compensazione, mediante versamento con Mod. F24 i cui riferimenti devono essere indicati nel DAS. Il versamento è effettuato dal soggetto per conto del quale il gestore dei depositi procede ad immettere in consumo o ad estrarre i prodotti. La base imponibile, che include l'ammontare dell'accisa, è costituita dal corrispettivo o valore relativo all'operazione di introduzione ovvero dal corrispettivo o valore relativo all'ultima cessione effettuata durante la loro custodia nel deposito; la base imponibile in ogni caso è aumentata, se non già compreso, dell'importo relativo alle eventuali prestazioni di servizi delle quali i beni stessi abbiano formato oggetto durante la giacenza fino al momento dell'estrazione.
56.1.5. Trasferimento tra depositi
56.1.5.Trasferimento tra depositiLa Legge di bilancio per il 2018 (Legge n. 205/2017) prevede, tra l’altro, che per la benzina ed il gasolio destinati all’autotrazione e altre tipologie di carburanti da individuare con apposito decreto, introdotti in un deposito fiscale o altro deposito di un destinatario registrato, la loro immissione in consumo dal deposito fiscale, o l’estrazione dal deposito di un destinatario registrato, è subordinata al versamento dell’IVA con le modalità precedentemente descritte.
Ciò premesso, la medesima legge consente delle deroghe o esclusioni. In particolare, il trasferimento dei citati carburanti da un deposito ad un altro, in regime di accesa sospesa, consente la non applicazione dell’IVA. Di conseguenza, il medesimo carburante ceduto all’interno del deposito o trasferito da un deposito fiscale ad un altro deposito fiscale ovvero a favore di un destinatario registrato come gestore di un deposito commerciale, non è soggetto all’imposta. Ciò trova applicazione anche nel caso di cessioni fra più di due soggetti. Inoltre, non rileva il fatto che un deposito sia stabilito in altro Paese membro UE (risposta a interpello n. 465/2023).
56.2. Consignment stock - Call off stock
56.2.Consignment stock - Call off stockSebbene nell’ordinamento nazionale non si faccia distinzione tra “consignment stock” e “call off stock” (tanto è vero che il trattamento fiscale è lo stesso per entrambi gli istituti), in realtà - da un punto di vista meramente tecnico - si tratterebbe di due contratti atipici differenti.
Il consignment stock è un contratto atipico di fornitura con il quale un fornitore trasferisce propri beni immettendoli in deposito
direttamente:
-
presso un’altra impresa UE destinataria finale della cessione,
-
presso un terzo depositario affinché il cessionario possa mantenere la piena disponibilità dei beni per tutto il periodo del deposito.
In estrema sintesi si tratta di un accordo mediante il quale il cedente invia la merce presso un’impresa terza. I beni rimangono pertanto di proprietà del cedente/depositante fino al momento in cui detta impresa li preleva per rivenderli ad altre imprese.
Con il prelievo dei beni da parte del depositario si realizza il passaggio della proprietà e l’obbligo al pagamento.
È assimilabile al contratto estimatorio.
Nel call off stock, invece, il significato assume un concetto leggermente diverso a seconda del Paese. In UK, per esempio, il termine indica quando la merce è messa direttamente a disposizione del cliente. In linea generale si deve parlare di call off stock quando sin dall’inizio è chiaramente individuato il potenziale cliente della merce che viene inviata in altro Stato UE presso un deposito di proprietà ovvero in uso a quest’ultimo, mentre il fornitore non deve essere identificato né avere un proprio rappresentante fiscale nello stato UE di arrivo dei beni. Qualora manchi uno di questi presupposti non si può parlare di call off stock, bensì trovano applicazione le disposizioni della direttiva comunitaria secondo le quali il fornitore stabilito in un paese UE (per esempio, Italia) dovrà identificarsi nello stato unionale di arrivo delle merci, realizzando così un’operazione assimilata alle cessioni intracomunitarie non imponibili.
Per mera semplicità di trattazione nel prosieguo si utilizzerà sempre il termine consignment stock in quanto terminologia più conosciuta.
È un contratto assai diffuso nel commercio internazionale soprattutto perché consente di evitare numerose formalità di carattere fiscale. Di regola si utilizza il contratto di consignment stock ove il deposito, di proprietà del destinatario delle merci, è situato all’estero. Il deposito può anche essere di un terzo, ma il suo accesso è esclusivo per il cessionario. Ha la funzione di minimizzare tutti i costi di stoccaggio, trasporto e relativa logistica.
Nell’ordinamento italiano il consignment stock trova molti punti in comune sia con il contratto estimatorio (artt. 1556-1558 c.c.), sia con il contratto di prestito d’uso.
Contratti di consignment stock possono essere instaurati da soggetti passivi stabiliti in Italia sia nei confronti di altri soggetti UE, sia extra UE.
Direttiva n. 2018/1919/UE
A disciplinare la materia a livello europeo è intervenuta la Direttiva n. 2018/1910/UE. Sebbene alcuni Paesi (Italia, Francia, Germania) fossero già allineati con la procedura ora stabilita dalla Direttiva, altri Paesi invece (es.: Danimarca, Estonia, Grecia, Malta, Portogallo e Spagna) non riconoscevano il consigment stock/call off stock in quanto suddividevano l’operazione (concettualmente unitaria) in due porzioni: 1) il trasporto/spedizione a se stessi dei beni nello Stato di destinazione, obbligando così il cedente ad aprire una partita IVA in detto Stato; 2) la cessione avveniva come operazione interna nello Stato di destinazione; l’operazione si perfezionava con la fatturazione per mezzo di un rappresentante fiscale ovvero a seguito di identificazione diretta.
Con l’entrata in vigore della Direttiva n. 2018/1910/UE, l’operazione è da considerare un unicum non suddivisibile in due operazioni distinte. Le disposizioni della Direttiva sono state recepite nell’ordinamento nazionale con il D.Lgs. n. 191/2021 che ha introdotto nel decreto IVA, tra gli altri, l’art. 41-bis.
In particolare, il consignment stock/call off stock caratterizza in quanto si tratta sempre di una cessione intracomunitaria non imponibile (a favore dello Stato di partenza dei beni) e di un acquisto intracomunitario imponibile nel Paese di destinazione; ma solo quando l’operazione verrà effettivamente a realizzarsi con il prelievo (a mano a mano ovvero in blocco) dei beni da parte del cessionario che li destinerà alla propria attività ovvero li destinerà alla rivendita. In ogni caso l’operazione dovrà essere completata entro 12 mesi dall’arrivo dei beni.
Condizioni
Affinché un’operazione possa essere considerata di consignment stock occorre che:
-
i beni oggetto dell’operazione siano trasferiti da un soggetto IVA di uno Stato membro (o da un terzo per suo conto) verso un altro Stato UE, in previsione del fatto che dopo il loro arrivo, i beni saranno ceduti ad un altro soggetto passivo, il quale ha diritto di acquisirne la proprietà in conformità agli accordi contrattuali;
-
il soggetto che trasferisce i beni non deve avere, nel Paese membro di destinazione dei beni, una sede operativa della attività o una stabile organizzazione. La direttiva specifica che nel caso del call off stock il fornitore non deve essere identificato nel paese UE di arrivo delle merci (risposta a interpello n. 49/2023);
-
il cessionario deve essere identificato nello Stato membro di destinazione e la sua identità e il numero di identificazione comunicati alla controparte prima del trasferimento dei beni. In base ad accordo precedente alla risoluzione di quello con il destinatario originario è possibile cambiare il cessionario finale anche se non stabilito nel Paese di arrivo dei beni;
-
il cedente deve annotare il trasferimento dei beni in un apposito registro indicando gli estremi del cessionario ed il suo numero identificativo e ne dia analoga notizia anche negli elenchi Intrastat. Anche il destinatario deve annotare in un apposito registro l’arrivo dei beni, ma tale obbligo non è vincolante per l’applicazione del regime di non imponibilità.
In caso di distruzione, perdita o furto dei beni, le condizioni cessano di essere soddisfatte a far tempo dal giorno in cui i beni sono stati effettivamente rimossi o distrutti oppure il giorno in cui è accertata la distruzione o la scomparsa degli stessi.
Se anche una sola delle condizioni sopra indicate non si verifica o viene meno oppure
la giacenza superi il periodo di 12 mesi, l’operazione non è considerata cessione
intracomunitaria, bensì operazione intracomunitaria “assimilata” (51.2.) ex art. 41, c. 2 lett. c) del D.L. n. 331/1993, a partire dal momento che la condizione non possa essere soddisfatta oppure dal
giorno successivo allo scadere dei 12 mesi. In tali ipotesi il fornitore deve identificarsi
nel Paese membro di destinazione dei beni al fine di regolarizzare una “cessione interna”
verso sé stessi e soggetta all’imposta in detto Stato.
Esistono per altro delle eccezioni quando:
-
i beni sono stati rispediti dal depositario nel Paese di partenza entro 12 mesi e tale rispedizione sia annotata sul registro di c/s del cedente;
-
il cessionario originario del contratto di consignment stock/call off stock è sostituito da altro soggetto passivo sempre in regime di consignment stock/call off stock;
-
il cessionario originariamente originario sia sostituito da altro soggetto passivo purché la sostituzione si concretizzi entro i 12 mesi (art. 38-ter, c. 5 e 41-bis c. 5 del D.L. n. 331/1993), siano soddisfatte comunque tutte le condizioni sopra riportate, il fornitore annoti nel proprio registro di c/s il nuovo cessionario (art. 50, c. 5-bis, D.L. n. 331/1993) e nei Modelli Intra riporti gli elementi indicativi e il numero identificativo del nuovo cessionario (risposta a interpello n. 574/2022).
L’invio di beni all’estero (UE o extra UE) per essere depositati in regime di consignment
stock può essere accompagnato da una fattura. Questa, ad esempio nel caso di trasferimento
dei beni in un Paese extra UE, è una mera fattura franco valuta (46.14.6.) che deve riportare gli estremi dell’annotazione sul registro dei beni presso terzi;
essa non può essere considerata relativa ad una cessione intracomunitaria o ad un’esportazione,
in quanto manca il requisito fondamentale del trasferimento del diritto di proprietà
(questo avverrà solo al prelievo dei beni da parte del cessionario). Pertanto, tale
fattura non contribuirà alla formazione del plafond né alla qualifica di esportatore
abituale (risposta a interpello n. 238/2020).
Call-off stock ed operazioni triangolari
Qualora l’operazione di call-off stock si inserisca nell’ambito di una operazione triangolare composta da:
-
un cedente Alfa (primo cedente),
-
un operatore intermedio Beta (con funzione di provider e destinatario designato) stabilito in altro Stato UE. I beni vengono stoccati in un magazzino di Gamma. I beni restano di proprietà di Alfa sino a quando Beta non li venderà all’effettivo cessionario Gamma,
-
un cessionario finale (Gamma) che dopo il prelievo trasporterà i beni in altro Stato UE presso un proprio stabilimento produttivo, per cui all’atto del prelievo si realizzerebbe il duplice passaggio di proprietà da Alfa a Beta e da Beta a Gamma,
è possibile applicare lo schema contrattuale del call-off stock tra Alfa e Beta sebbene tutta l’operazione si inserisca nel più ampio quadro di una operazione triangolare intracomunitaria mentre non è data la possibilità di estendere l’effetto sospensivo tipico del call-off alle operazioni triangolari.
Ne deriva che il regime di call-off rimane circoscritto all’operazione intracomunitaria tra il primo cedente (Alfa) ed il primo acquirente designato (Beta); la contestuale cessione effettuata da Beta nei confronti di Gamma dovrà essere considerata come una operazione a sé stante, autonoma e distinta dalla transazione immediatamente precedente (risposta a interpello n. 271/2023).
Registro
La Direttiva prevede che entrambi i soggetti (trasferente e destinatario) istituiscano
un apposito registro di carico/scarico (56.2.4.).
INTRASTAT
La direttiva prescrive che il soggetto passivo trasferente i beni in altro Stato debba indicare in apposito elenco riepilogativo delle cessioni intracomunitarie una serie di dati.
Nel caso di trasferimento di merci in altro Stato UE sia in dipendenza di un contratto:
-
di conto deposito (qui il fornitore deve aprire una posizione IVA nell’altro Stato ove realizzerà una cessione intra UE assimilata e non imponibile in Italia),
-
di tentata vendita,
-
di conto visione,
il fornitore nazionale, al momento in cui si realizza il passaggio di proprietà (ovvero al massimo entro 12 mesi dall’invio), deve predisporre ed inviare il Mod. Intra 1-bis.
Invece nel caso di vero e proprio call off stock, occorre utilizzare un apposito Modello denominato INTRA-1 sexies (Riepilogo delle cessioni intracomunitarie di beni e dei servizi resi) (51.11.) da trasmettere, mensilmente o trimestralmente in relazione alle consuete condizioni
previste per la trasmissione degli altri modelli Intrastat (Determinazione n. 493869/RU/2021
che riporta negli allegati anche le puntuali istruzioni per la sua compilazione) quindi
antecedentemente il passaggio di proprietà dei beni. Quando ciò si realizzerà, dovrà
essere inoltrato anche un Mod. INTRA 1-bis.
56.2.1. Consignment stock verso soggetti UE
56.2.1.Consignment stock verso soggetti UEL’Italia, con il D.Lgs. n. 192/2021 (noto anche come Quick fixes), ha inserito nel D.L. n. 331/1993 i nuovi artt. 38-ter (concernente le movimentazioni dei beni verso il nostro Paese in regime di call-off stock), 41-bis (concernente le movimentazioni dei beni in uscita in regime di call-off stock) ed aggiungendo un nuovo comma all’art. 50 in relazione alle norme di tenuta di un apposito registro di carico e scarico.
Le due disposizioni (artt. 38-ter e 41-bis) sono speculari, ma in particolare l’art. 38-ter stabilisce le seguenti condizioni:
-
che il trasferimento dei beni sia destinato ad una successiva cessione a un soggetto passivo stabilito nel Paese di destinazione;
-
che nel Paese di destinazioni di beni, il soggetto passivo trasferente non abbia né una sede di attività né una stabile organizzazione;
-
che il soggetto ricevente i beni sia iscritto nel VIES ed identificato nel Paese di destinazione ai fini del tributo
-
che il soggetto passivo trasferente i beni ne annoti le movimentazioni in un apposito registro;
-
che il soggetto passivo trasferente indichi nel Mod. INTRA-1 sexies (utilizzabile solo per il call off stock) l’identità nonché il numero di partita IVA del soggetto passivo ricevente.
Ovviamente, oltre a quanto disposto dalle norme di legge, è opportuno che il soggetto passivo italiano trasferente debba:
-
essere preventivamente iscritto al VIES;
-
ottenere dal cessionario il suo codice identificativo attribuitogli in uno Stato membro diverso da quello in cui la spedizione o il trasporto dei beni ha inizio verificandone la correttezza e validità sul sito VIES;
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stipulare un chiaro contratto di consignment stock in data antecedente alla partenza dei beni;
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compilare alla spedizione il Modulo CMR di accompagnamento, dal quale risulti chiaramente che le merci sono consegnate a titolo di deposito ovvero in conto visione presso il cliente estero;
-
concordare con il cessionario una procedura per il controllo tempestivo delle quantità prelevate;
-
emettere fattura non imponibile entro il giorno 15 del mese successivo a quello del prelievo (art. 41, lett. a), D.L. n. 331/1993). Fra gli elementi essenziali da inserire in fattura vi è il codice identificativo attribuito al committente da altro Paese UE diverso da quello del fornitore nazionale. La fattura rileva anche ai fini del plafond di esportatore abituale;
-
annotare distintamente la fattura nel registro delle fatture emesse entro il medesimo termine sopra indicato, ma con riferimento al mese di effettuazione dell’operazione;
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monitorare affinché i beni consegnati non superino l’anno di permanenza; all’eventuale superamento, il cedente deve identificarsi ovvero nominare un proprio rappresentante fiscale e quindi emettere fattura a sé stesso ai soli fini IVA (cessioni assimilate ex art. 41, c. 2 lett. c) del D.L. n. 331/1993).
Si sottolinea che la fattura riguarda solo l’imposta in quanto ai fini civilistici e contabili i beni restano pur sempre di proprietà del trasferente.
Per il cedente nazionale non è necessaria l’apertura di una propria partita IVA nel Paese del deposito salvo che per il caso del vero contratto di conto deposito.
Nel caso di beni fungibili che venissero man mano rimpiazzati a seguito di prelievo, è spesso impossibile individuare con esattezza l’“anzianità” dei beni prelevati. Per tale motivo può essere opportuno un sistema di controllo delle giacenze del tipo FIFO.
In sintesi:
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la movimentazione dei beni e lo stoccaggio in un deposito sito in altro Stato UE non realizza, ai fini IVA, alcuna cessione intracomunitaria né verso sé stessi né verso il soggetto estero;
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solo il successivo prelievo (e per la quantità prelevata) da parte del depositario realizzerà la cessione intracomunitaria;
-
tutte le formalità sopra delineate devono essere adempiute;
-
presentare il Mod. Intra-1 sexies quando viene realizzata la cessione;
-
il regime di consigment stock/call off stock ha una durata massima di 12 mesi dall’arrivo dei beni nel Paese di destinazione. L’eventuale supero determina, dal giorno successivo, una cessione a sé stessi con obbligo di identificazione ovvero di nomina di rappresentante fiscale e di fatturazione.
Call off stock nelle operazioni triangolari comunitarie
Se un contratto di fornitura tra il fornitore ed il primo cessionario (promotore) realizza tutti i presupposti e condizioni necessarie per l’applicazione del regime di call off stock, la successiva cessione da parte del promotore nei confronti del cessionario finale deve essere considerata come operazione autonoma e distinta rispetto alla prima operazione di cessione (risposta a interpello n. 271/2023).
Decadenza dal regime di consignment stock/call off stock
Qualora:
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i beni non siano trasferiti al ricevente entro 12 mesi dal trasferimento,
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non siano rispettate le condizioni precedentemente indicate,
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i beni siano ceduti ad un soggetto passivo differente rispetto al destinatario originariamente indicato,
-
i beni siano trasferiti dal Paese UE di destinazione originaria verso altro Paese tanto della UE quanto extra UE,
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i beni siano perduti, distrutti rubati,
il regime di consignment stock decade, con obbligo per il trasferente di identificarsi all’estero ovvero di nominare un proprio rappresentante fiscale e di fatturare a sé stessi ai soli fini IVA.
Consignment stock triangolare
L’Agenzia delle Entrate ha preso in considerazione la fattispecie in cui sono coinvolti tre soggetti appartenenti a tre Paesi UE diversi. Il caso è quello del soggetto passivo nazionale IT che cede i beni al cessionario UE1 (promotore della triangolazione), ma su incarico di quest’ultimo spedisce i beni in consignment stock a favore di UE1 nel Paese di UE2, cliente di UE1.
Il depositante UE1 deve identificarsi ai fini IVA nel Paese di effettiva consegna fisica dei beni, in quanto il primo cedente IT non realizza una cessione intracomunitaria in sospensione per effetto del consignment stock, essendo questo stipulato tra UE1 e UE2 (ris. n. 49/E/2008).
Con l’introduzione dei beni nel Paese di UE2 da parte dell’operatore italiano si realizza una cessione intracomunitaria per assimilazione, nella specie a “se stessi”, da fatturare in regime di non imponibilità IVA (art. 41, c. 2, lett. c), D.L. n. 331/1993). Correlativamente, nel Paese di UE2, la posizione IVA dell’operatore italiano provvede al corrispondente acquisto intracomunitario, imponibile IVA.
La successiva cessione nei confronti del promotore della triangolazione, posta in essere nel momento del prelievo dei beni da parte del destinatario, dà luogo ad una cessione interna al Paese di UE2.
56.2.2. Consignment stock verso soggetti extra UE
56.2.2.Consignment stock verso soggetti extra UEIn caso di introduzione immediata, senza sdoganamento, nel deposito, il cedente:
-
presenta alla dogana per l’esportazione definitiva una lista valorizzata (
55.2.5.) ovvero una fattura proforma valida solo ai fini doganali riportante la dizione: “trattasi di merce in conto consignment stock. Operazioni non valida ai fini dell’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972“ (
46.14.5.) con il presumibile valore di vendita;
-
compila comunque una bolla doganale riportante i riferimenti al consignment stock;
-
annota su un apposito registro di carico/scarico i beni inviati, al fine di vincere la presunzione di cessione (
43.6.1.);
-
emette fattura non imponibile per cessione all’esportazione (art. 8, c. 1, lett. a), D.P.R. n. 633/1972) al ricevimento dal cessionario estero dell’informazione sui quantitativi effettivamente estratti. La fattura deve indicare:
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gli estremi del CRM;
-
gli estremi del documento ricevuto (ovvero scaricato direttamente qualora il cedente e l’acquirente si siano accordati per un accesso diretto al servizio informatico di quest’ultimo).
La fattura rileva anche ai fini del plafond di esportatore abituale (ris. n. 50/E/2005);
-
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scarica il registro della parte prelevata. Qualora le immissioni siano a flusso continuo soprattutto di beni fungibili, lo scarico avverrà con un concordato criterio, per esempio FIFO;
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monitora le rimanenze in modo da non superare mai l’anno rispetto all’invio.
Il cessionario estero provvede allo sdoganamento dei beni man mano prelevati, assolvendo a tutte le formalità e pagando eventuali dazi all’importazione, diritti ecc. secondo la legislazione locale.
In caso di introduzione con sdoganamento immediato, per il cedente nazionale nulla cambia rispetto a quanto sopra descritto. I beni all’atto dell’importazione nello Stato estero vengono immediatamente dichiarati per l’importazione definitiva a nome del cessionario estero, il quale riceverà così subito tutta la documentazione doganale con la corresponsione dei dazi.
Consegna di beni all’estero extra UE presso un deposito del cedente italiano e cessioni al prelievo
Se alla base dell’operazione vi è un impegno vincolante al trasferimento della proprietà, sebbene quest’ultimo si realizzi successivamente al trasferimento/spedizione dei beni all’estero, all’estrazione dei beni da un deposito del cedente stabilito in Italia similarmente al consignment stock, ai fini IVA viene a configurarsi un’esportazione diretta nei limiti del valore dei beni prelevati, utile alla formazione del plafond di esportatore abituale (ris. n. 94/E/2013). Il cedente:
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al passaggio di proprietà, coincidente con la consegna da parte del fornitore nazionale dei beni stoccati nel proprio deposito estero, realizza una cessione all’esportazione (art. 8, c. 1, lett. a), D.P.R. n. 633/1972), ma nel limite dei beni effettivamente consegnati;
-
annota in apposito registro le spedizioni dei beni all’estero, riportando per ciascuna annotazione gli estremi del documento di esportazione;
indica sulla fattura di vendita, emessa al momento della consegna dei beni all’acquirente, la corrispondente annotazione del registro relativa ai medesimi prodotti.
Il fornitore (esportatore) stabilito in Italia presenta in dogana una fattura pro-forma; all’atto del prelievo (in tutto id in parte) da parte del cliente extra UE, l’esportatore
emette fattura elettronica non imponibile ex art. 8, D.P.R. n. 633/1972, relativa ai quantitativi effettivamente prelevati con Codice Natura N3.1. Al cessionario estero fa pervenire una copia analogica della fattura elettronica.
La movimentazione in carico e scarico è annotata su appositi registri (56.2.4.).
56.2.3. Consignment stock da Paesi extra UE verso l’Italia
56.2.3.Consignment stock da Paesi extra UE verso l’ItaliaQualora all’ingresso dei beni, l’IVA venga comunque assolta in Dogana,
dal Prospetto sintetico della dichiarazione (48.7.1.) deve risultare con chiarezza che trattasi di beni di terzi in conto deposito o visione
in Italia. In alternativa si istituisce un registro di carico e scarico dei beni ricevuti
e prelevati (ex art. 39, D.P.R. n. 633/1972).
Al prelievo il cessionario qui stabilito emette autofattura indicante:
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corrispettivo ed IVA relativa;
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estremi del Prospetto sintetico della dichiarazione con il codice MRN;
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estremi della sua annotazione della bolletta nel registro acquisti.
L’autofattura va annotata sia nel registro acquisti, sia in quello delle vendite.
L’annotazione sul registro acquisti ha finalità utile solo alla dimostrazione del costo, ma è irrilevante ai fini IVA in quanto l’imposta era già stata assolta in dogana. Fatto salvo il caso in cui il corrispettivo dovuto al prelievo risulti essere superiore rispetto a quello indicato in bolla doganale al momento dell’importazione. In tale evenienza la differenza, da annotare su entrambi i registri, rileva ai fini IVA sia pur per la sola differenza.
Per i beni inviati in Italia in consignment stock, da Paesi extra UE, se è vero che il momento di effettuazione dell’operazione ai fini IVA è rinviato al momento del passaggio della proprietà, ciò non influenza il momento dell’esigibilità dell’imposta. Questa deve essere accertata, liquidata e riscossa in dogana al momento dell’ingresso dei beni, sebbene essi non siano ancora di proprietà dell’acquirente italiano (circ. n. 346/E/2008), imposta che può essere immediatamente da questi detratta.
All’arrivo delle merci da Paesi extra UE, esse devono essere sdoganate assolvendo contemporaneamente anche l’imposta ed essere così immesse in libera pratica; la dogana rilascia un Prospetto ai fini contabili da annotare sul registro ex art. 25 del D.P.R. n. 633/1972. Al prelievo occorre emettere autofattura con IVA ed annotarla separatamente sul registro acquisti e vendite solo al fine di giustificare il costo (ris. n. 346/E/2008).
Il soggetto che effettua l’importazione di beni rientranti nell’ambito di un contratto di call off stock o consignment stock, se esportatore abituale, può utilizzare il plafond disponibile ed assolvere così l’imposta in dogana. L’Agenzia con ciò riconosce a detto soggetto, pur non ancora proprietario dei beni in quanto soggetti al regime di consignment stock, il diritto alla detrazione dell’IVA assolta in dogana (risposta a interpello n. 44/2023).
56.2.4. Registro obbligatorio
56.2.4.Registro obbligatorioNel caso di consegna di beni a soggetto UE o extra UE, in capo ad entrambi i soggetti,
visto che i beni non si trovano in luoghi ove il cedente esercita la propria attività,
al fine di poter provare che gli stessi non siano stati venduti in evasione d’imposta
ex D.P.R. n. 441/1997 (43.6.1.), è indispensabile istituire un registro di carico e scarico. Il D.Lgs. n. 192/2021 ha, in proposito, aggiunto il c. 5-bis all’art. 50 del D.L. n. 331/1993, con i dati obbligatori da indicare nel registro di carico/scarico. In particolare:
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a carico del trasferente:
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Stato membro di partenza e la relativa data;
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numero di identificazione IVA del soggetto passivo destinatario dei beni, attribuito dallo Stato verso il quale i beni sono spediti;
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Stato UE verso cui i beni sono spediti o trasportati, numero di identificazione IVA del depositario, indirizzo del deposito in cui i beni sono immagazzinati all’arrivo, e data di arrivo dei beni al deposito;
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valore, descrizione e quantità dei beni arrivati al deposito;
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numero di identificazione IVA dell’eventuale soggetto passivo che sostituisce l’originario depositario;
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base imponibile, descrizione e quantità dei beni ceduti, data in cui ha luogo la cessione dei beni e numero di identificazione IVA dell’acquirente;
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data in cui si verifica una delle condizioni che fa venir meno la disciplina del call off e il relativo motivo;
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valore, descrizione e quantità dei beni rispediti, nonché data in cui gli stessi sono rispediti;
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a carico del destinatario:
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numero di identificazione IVA del soggetto passivo che trasferisce i beni in regime di call off stock;
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descrizione e quantità dei beni destinati;
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data in cui i beni a lui destinati arrivano al deposito;
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base imponibile, descrizione e quantità dei beni a lui ceduti, nonché data in cui ha luogo l’acquisto intracomunitario;
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descrizione e quantità dei beni e data in cui i beni sono prelevati dal deposito;
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descrizione e quantità dei beni distrutti o mancanti e data in cui si è verificata la distruzione, perdita o furto dei beni precedentemente arrivati al deposito o data in cui ne è accertata la distruzione o la scomparsa.
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Il registro può essere cartaceo o elettronico. Può essere anche realizzato con un sistema di collegamento telematico tra cedente e cessionario che permetta di operare i carichi e scarichi on line e, quindi, in tempo reale. Il registro deve essere tenuto senza cancellature, abrasioni e conservato sino al termine dei tempi previsti per l’accertamento dell’imposta.
56.2.5. Il termine dell’anno per il prelievo
56.2.5.Il termine dell’anno per il prelievoTanto nel caso di consignment stock quanto nel call off stock è previsto che i beni debbano essere prelevati entro un anno dalla loro introduzione nel magazzino del destinatario. Infatti, quello è il termine in cui l’operazione si considera effettuata ai fini IVA.
I beni sono inviati nel corso nell’anno 2xxx verso un cliente UE ove vengono depositati.
Nel caso di call off il fornitore nazionale deve sia compilare l’apposito registro di carico e scarico, sia compilare il Mod. INTRA-sexies.
I beni vengono prelevati dal cliente UE nel corso dello stesso anno 2xxx.
Il fornitore nazionale fattura la cessione come operazione intracomunitaria che viene segnalata compilando il Mod. 1-bis.
I beni sono inviati nel mese di aprile dell’anno 2xxx verso un cliente UE ove vengono depositati.
Nel caso di call off il fornitore nazionale deve sia compilare l’apposito registro, sia compilare il Mod. INTRA-sexies.
I beni vengono prelevati dal cliente UE nel mese di febbraio dell’anno 2xxx+1.
Il prelievo è effettuato prima della scadenza di un anno dalla consegna, pertanto, nulla cambia rispetto al caso precedente.
I beni sono inviati nel mese di aprile dell’anno 2xxx verso un cliente UE ove vengono depositati. Al termine del mese di aprile dell’anno 2xxx+1 i beni sono ancora giacenti presso il cliente UE.
I beni sono destinati a rimanere presso il cliente UE. In questa evenienza, il fornitore nazionale deve regolarizzare l’operazione come cessione intracomunitaria assimilata verso sé stesso nel Paese del cliente UE. Per fare ciò dovrà aprire un proprio identificativo fiscale (alias: partita IVA locale), quindi perfezionerà la cessione come vendita interna nel Paese del cliente applicando le regole fiscali dello stesso.
Al contrario, non oltre lo scadere di un anno dal deposito nel Paese UE, i beni rientrano in Italia. La cessione, ovviamente, non si è realizzata ed il fornitore nazionale dovrà solo chiudere l’operazione sul registro di carico/scarico e segnalare l’avvenuto rientro nel Mod. INTRA 1-sexies.
Per quanto riguarda le problematiche connesse al reiterato stoccaggio di beni fungibili
si veda 56.2.1.