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    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

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    Autore:

    AA.VV.

    Editore:

    IPSOA

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    FISCO

    55. OPERAZIONI DI ESPORTAZIONE

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    55.1. Definizione - 55.2. Esportazioni - Tipologie - 55.2.1. Esportazioni dirette - 55.2.2. Esportazioni indirette o improprie - 55.2.3. Operazioni con esportatore abituale - 55.2.4. Esportazioni assimilate - 55.2.5. Esportazioni temporanee - 55.2.6. Esportazioni congiunte - 55.2.7. Esportazioni gratuite - 55.2.8. Esportazioni a seguito di appalto - 55.2.9. Brexit: cessioni all’esportazione - 55.3. Esportazioni triangolari - 55.4. Mezzi di prova dell’avvenuta esportazione - 55.4.1. Uffici doganali - 55.4.2.Prova per l’esportatore - 55.5. Fatturazione - 55.6. Cessione a viaggiatori extracomunitari

    55.1. Definizione

    55.1.Definizione

    Sono considerate cessioni all’esportazione le cessioni di beni, anche tramite commissionari, eseguite mediante trasporto o spedizione al di fuori del territorio della UE a cura o a nome dei cedenti o dei commissionari, anche per incarico dei propri cessionari o commissionari di questi. Le eventuali cessioni ai commissionari sono da qualificare anch’esse come esportazioni (55.2.1.).

    I beni possono anche essere sottoposti, per conto del cessionario, ad opera del cedente o di terzi ad operazioni di lavorazione, trasformazione, assiemaggio o adattamento ad altri beni (art. 8, c. 1, D.P.R. n. 633/1972).

    Anche le cessioni di beni prelevati da un deposito IVA con trasporto o spedizione fuori del territorio dell’Unione europea (art. 50-bis, c. 4, lett. g), D.L. n. 331/1993) sono considerate esportazioni.

    Il cessionario può essere residente in Italia, comunitario od extra comunitario.

    È cessione all’esportazione quando si ha:

    • il trasferimento della proprietà dei beni;

    • il trasporto dei suddetti beni a cura o a nome del cedente o per suo conto anche se hanno subito processi di lavorazione e simili ed anche se si tratti di beni ceduti a titolo gratuito;

    • l’uscita fisica dei beni dalla UE:

      • anche se immessi in deposito in regime di franco valuta (46.14.6.) per essere successivamente ceduti;

      • anche se riesportati dopo la lavorazione di beni precedentemente temporaneamente importati;

    • la prova dell’uscita dal territorio doganale UE data dal messaggio informatico trasmesso dalla Dogana di uscita (55.4.2.).

    Le esportazioni concorrono a formare sia il volume d’affari (47.), sia il plafond di esportatore abituale (49.2.) e danno diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte sugli acquisti, salvo cause soggettive ovvero oggettive. Vanno in ogni caso fatturate elettronicamente compilando il Campo Natura con il codice: N3.1. In considerazione che l’acquirente estero (soggetto passivo d’imposta o meno) non può ricevere la fattura elettronica attraverso SdI, il cedente soggetto passivo stabilito in Italia deve inviargliene una copia cartacea.

    Rientrano nel concetto di esportazione ai fini IVA anche le consegne all’estero di beni prodotti in dipendenza di contratti di appalto, ma solo nel limite del prezzo dei beni esportati definitivamente (circ. n. 26/1979). Le prestazioni ad esse accessorie sono, tuttavia, non imponibili in base al principio di accessorietà (art. 12, D.P.R. n. 633/1972).

    Accanto alle esportazioni vere e proprie (art. 8, D.P.R. n. 633/1972) vi sono:

    • le operazioni “assimilate” alle esportazioni (art. 8-bis, D.P.R. n. 633/1972);

    • i servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali (art. 9, D.P.R. n. 633/1972).

    Le operazioni di cessione all’esportazione, quelle assimilate alle esportazioni, nonché i servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali, sono non imponibili ai fini IVA.

    Esistono altre tipologie di operazioni che rientrano nel concetto giuridico di esportazione:

    • il trasferimento di beni da uno Stato membro verso un Paese extra UE L’operazione realizza una esportazione, ma ai fini IVA non costituisce un’operazione non imponibile, bensì esclusa da IVA per difetto del presupposto territoriale (il bene si trova all’estero), non trovando applicazione il disposto dell’art. 8 in quanto prevale la norma speciale dell’art. 7-bis relativo alla territorialità (ris. 20 dicembre 2010, n. 134/E);

    • le esportazioni temporanee, ossia l’uscita dal territorio nazionale di beni e introduzione in uno Stato extra UE con la clausola che gli stessi beni (ovvero beni simili nel caso di reimportazione “per equivalenza”) rientrino in Italia entro termini stabiliti;

    • le esportazioni definitive “franco valuta” ossia le operazioni avente per oggetto beni esportati dal soggetto passivo italiano per essere ad esempio lavorati ed in seguito reimportati. Tale procedura, per celerità, spesso sostituisce il regime agevolato previsto dalla normativa doganale con il termine di “perfezionamento passivo”. In caso di beni venduti all’uscita dalla UE, l’operazione deve essere suffragata da una fattura di cessione non imponibile, provando che quest’ultima sia direttamente collegabile con l’uscita dei beni franco valuta, mediante apposite annotazioni su registro dedicato ed indicazione dei relativi estremi in fattura;

    • esportazioni di propri beni nell’ambito di un contratto di appalto di lavori da eseguire all’estero.

    Gli ultimi tre casi, non comportando il trasferimento della proprietà, non possono essere qualificati come “esportazioni” ai fini IVA. La documentazione da presentare in dogana, ancorché sotto forma di fattura pro-forma (46.14.5.), dovrà riportare la dizione: “non valida ai fini dell’esportazione art. 8, D.P.R. n. 633/1972”.

    55.2. Esportazioni - Tipologie

    55.2.Esportazioni - Tipologie

    Ai fini IVA le esportazioni di beni si possono suddividere in:

    • esportazioni dirette (art. 8, c. 1, lett. a), D.P.R. n. 633/1972);

    • esportazioni indirette o improprie (art. 8, c. 1, lett. b) e b-bis), D.P.R. n. 633/1972);

    • operazioni con esportatore abituale (art. 8, c. 1, lett. c) e c. 2, D.P.R. n. 633/1972);

    • assimilate (art. 8-bis, D.P.R. n. 633/1972).

    55.2.1. Esportazioni dirette

    55.2.1.Esportazioni dirette

    Si ha esportazione diretta quando intervengono tutte le seguenti circostanze:

    • trasferimento fisico e definitivo del bene di produzione o commercializzazione del cedente verso un altro Paese non comunitario. Il bene può essere trasferito allo stato originario oppure può subire lavorazioni, trasformazioni, montaggi e simili, effettuati dal cedente o da un terzo, ma per ordine dell’acquirente estero;

    • trasferimento del diritto di proprietà (all’estero) a favore di un altro soggetto italiano od estero;

    • trasporto o spedizione all’estero a cura od a nome del cedente.

    Sono da considerare esportazioni dirette, per esempio, anche:

    • le esportazioni effettuate per il tramite di un commissionario del cedente, anche per incarico dei propri cessionari o commissionari di questi. Il committente fattura al commissionario non imponibile IVA art. 8, c. 1, lett. a);

    • le cessioni di beni verso un terzista residente al fine di sottoporli, su incarico dell’acquirente finale estero, a lavorazione, trasformazione, montaggio e simili, purché l’esportazione sia a cura o a nome del terzista ovvero a cura od a nome dell’acquirente estero;

    • le cessioni di beni verso un terzista residente al fine di sottoporli, su incarico del cedente, a lavorazione, trasformazione, montaggio e simili purché l’esportazione sia a cura o a nome del cedente residente;

    • le esportazioni di beni prodotti a seguito di un contratto di appalto (43.3.) con materie prevalentemente o totalmente fornite dallo stesso cedente che in questo caso assume anche la figura del prestatore di servizi;

    • le operazioni nell’ambito di un contratto di consignment stock/call-off stock (56.2.) all’estero. L’esportazione in questo caso si considera effettuata al momento del prelievo dei beni da parte del cliente estero tenuto a segnalare il fatto al cedente nazionale.

    Non possono essere considerate esportazioni dirette, non essendoci il passaggio della proprietà:

    • le esportazioni temporanee, riferite ai beni inviati all’estero per subire determinati trattamenti al termine dei quali rientrano in Italia (c.d. perfezionamento passivo);

    • le esportazioni definitive, ma senza passaggio della proprietà;

    • le esportazioni di beni introdotti in Italia in temporanea importazione per subire una lavorazione sul territorio nazionale, al termine della quale tornano fuori dal territorio UE.

    Fattura differita

    Per le esportazioni dirette non è possibile l’emissione di una fattura differita (ammissibile solo per le triangolazioni (55.3.)) in quanto è necessario esibire la fattura per il completamento dell’operazione doganale.

    Acconti

    Anche gli acconti ricevuti in relazioni a beni destinati ad essere esportati sono soggetti a fatturazione non imponibile (ex art. 8, c. 1, lett. a), D.P.R. n. 633/1972). La successiva fattura di vendita deve esporre tanto il valore complessivo della cessione, quanto - in detrazione - l’importo ricevuto a titolo di acconto.

    55.2.2. Esportazioni indirette o improprie

    55.2.2.Esportazioni indirette o improprie

    Si dicono esportazioni indirette od improprie le esportazioni che non vengono effettuate direttamente dal cedente soggetto stabilito in Italia, bensì dall’acquirente soggetto passivo stabilito in altro Paese UE o extra-UE in maniera diretta oppure attraverso l’incarico affidato ad un vettore.

    La disposizione (art. 8, c. 1, lett. b), D.P.R. n. 633/1972) peraltro pone una serie di vincoli affinché il cedente nazionale possa fatturare la vendita qualificandola come non imponibile:

    • l’acquirente non può essere un privato consumatore;

    • i beni acquistati devono essere esportati dal soggetto estero acquirente (direttamente o tramite terzi) senza subire alcuna lavorazione, montaggio e simili sul suolo italiano;

    • la cessione non deve realizzarsi per il tramite di commissionari;

    • l’esportazione deve essere eseguita entro 90 giorni dalla cessione.

    Caso tipico è la cessione Franco Fabbrica (EXW) ad un operatore economico non residente in Italia o nella UE che agisca direttamente neanche attraverso un suo rappresentante fiscale in Italia.

    L’esportatore è pertanto il soggetto passivo estero. Tutta la documentazione doganale, nonché il codice MRN rimane nelle sue mani.

    Il cedente nazionale ha emesso comunque una fattura elettronica verso SDI, sempre con Codice Natura N3.1 ma non può essere assolutamente certo dell’effettiva esportazione da parte del cessionario e soprattutto che l’operazione sia stata compiuta nei 90 giorni.

    Per le problematiche riguardanti il limite massimo di esportazione (44.1.2.).

    Cessioni nei confronti di soggetti della cooperazione allo sviluppo

    Costituiscono cessioni all’esportazione non imponibili (art. 8, lett. b-bis), D.P.R. n. 633/1972) anche le cessioni con trasporto o spedizione fuori del territorio dell’Unione europea, entro 180 giorni dalla consegna, a cura del cessionario o per suo conto, effettuate nei confronti:

    • delle amministrazioni pubbliche e

    • dei soggetti della cooperazione allo sviluppo iscritti nell’apposito elenco (aggiornato periodicamente dall’Agenzia) ove vengono inseriti gli enti e le organizzazioni che rispettano i parametri ed i criteri sulla base dei quali vengono verificate le loro competenze ed esperienze nel campo della cooperazione allo sviluppo.

    Anche in questa ipotesi la fatturazione è elettronica verso SDI con Codice Natura N3.1, con onere di invio al cessionario anche di una copia analogica della fattura.

    Le organizzazioni interessate al provvedimento sono:

    • le organizzazioni non governative specializzate nella cooperazione allo sviluppo e nell’aiuto umanitario;

    • gli Enti del Terzo Settore (art. 79, c. 5, D.Lgs. n. 117/2017) statutariamente finalizzati alla cooperazione allo sviluppo e alla solidarietà internazionale;

    • le organizzazioni di commercio equo e solidale, della finanza etica e del microcredito che statutariamente perseguono la cooperazione internazionale allo sviluppo;

    • le organizzazioni e associazioni delle comunità di immigrati che mantengono con le comunità dei Paesi di origine rapporti di cooperazione e sostegno allo sviluppo o che collaborano con soggetti con le medesime caratteristiche attivi nei Paesi interessati;

    • le cooperative sociali, le organizzazioni sindacali dei lavoratori e degli imprenditori, le fondazioni, le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale purché i rispettivi statuti prevedono la cooperazione allo sviluppo;

    • le organizzazioni con sede in Italia che godono da almeno 4 anni dello status consultivo presso il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite.

    55.2.3. Operazioni con esportatore abituale

    55.2.3.Operazioni con esportatore abituale

    Sebbene spesso chiamate “esportazioni indirette” in realtà le cessioni effettuate a seguito di cessione di beni da un residente a favore di un altro soggetto residente “esportatore abituale” non sono delle esportazioni vere e proprie; ad esse si applica il medesimo trattamento delle esportazioni dirette, sebbene il cessionario potrebbe anche non esportare mai i beni acquistati “in sospensione d’imposta” (art. 8, c. 1, lett. c) e c. 2, D.P.R. n. 633/1972) (49.).

    Si ricorda che:

    • le cessioni di beni e servizi ad esportatori abituali non concorrono alla formazione dello status di esportatore abituale del cedente stesso;

    • prima di poter emettere fattura in sospensione di imposta il fornitore deve:

      • controllare telematicamente nel “cassetto fiscale” dell’Agenzia delle Entrate gli estremi del protocollo di ricezione della dichiarazione d’intento che l’esportatore abituale aveva preventivamente inviato telematicamente all'Agenzia;

      • scaricare il messaggio “dichiarazione d’intento correttamente presentata” e conservarlo;

    • nel caso di dichiarazioni ricevute valide per tutto l’anno esse decadono con il 31 dicembre dell’anno di emissione, pertanto in prossimità della scadenza il fornitore deve tener conto del momento di effettuazione dell’operazione al fine di non travalicare detto termine.

    55.2.4. Esportazioni assimilate

    55.2.4.Esportazioni assimilate

    Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi rivolte al settore navale ed aereo sono considerate non imponibili ancorché eseguite nel territorio dello Stato (art. 8-bis, D.P.R. n. 633/1972).

    Sono considerate non imponibili anche:

    • le cessioni di apparati motori e loro componenti e ricambi;

    • i beni da destinare a dotazioni di bordo;

    • le forniture destinate al vettovagliamento, comprese le somministrazioni di alimenti e bevande a bordo (con esclusione, per le navi da pesca costiera, alle provviste di bordo);

    • le prestazioni di servizio accessorie quali: uso dei bacini di carenaggio relativi alla costruzione, manutenzione, riparazione, modificazione, trasformazione, assiemaggio, allestimento, arredamento.

    Sono del pari non imponibili le locazioni, il leasing sia delle navi, sia degli aeromobili, nonché i relativi apparati motori e loro componenti e ricambi, le operazioni di demolizione delle navi. Tali operazioni concorrono sia alla formazione del volume d’affari, sia alla costituzione del plafond e consentono l’esercizio della detrazione dell’imposta corrisposta a monte (44.1.4.).

    Una nave si considera adibita alla navigazione in alto mare (e dunque assimilata alle cessioni all’esportazione ex art. 8-bis, c. 1, D.P.R. n. 633/1972) se ha effettuato nell’anno solare precedente o, in caso di primo utilizzo, effettua nell’anno in corso un numero di viaggi in alto mare superiore al 70%. I soggetti che intendono avvalersi della facoltà di effettuare acquisti o importazioni senza pagamento dell’imposta attestano la condizione della navigazione in alto mare mediante apposita dichiarazione utilizzando un modello predisposto dall’Agenzia delle Entrate e trasmettendolo all’Agenzia delle Entrate telematicamente. Questa rilascia una dichiarazione il cui protocollo deve essere indicato nella fattura.

    Il modello di dichiarazione è adottato entro il 1° febbraio mediante Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate (art. 1, c. 708, 711, 712, Legge n. 178/2020).

    Con specifico riferimento alle navi commerciali d’alto mare (ossia quelle che hanno effettuato più del 70% dei propri viaggi nell’anno precedente oltre le 12 miglia marine dalla costa italiana) possono acquistare beni e servizi di cui all’art. 8-bis, c. 1, D.P.R. n. 633/1972 senza applicazione dell’IVA. Questa agevolazione è applicabile anche in via anticipata alle navi ancora in costruzione sulla base di una dichiarazione dell’armatore dalla quale risulti che, una volta ultimata, la nave sarà adibita alla navigazione d’alto mare. Condizione da verificare entro l’anno successivo al varo.

    L’armatore che intende avvalersi della non imponibilità trasmette preventivamente all’Agenzia delle Entrate apposita dichiarazione in via telematica attestante la condizione di utilizzo in alto mare della nave. La dichiarazione può riguardare anche più operazioni tra le stesse parti.

    Gli estremi del protocollo di ricezione rilasciati dall’Agenzia devono essere indicati nelle fatture emesse senza imposta ovvero nella dichiarazione doganale in caso di import. Nell’ipotesi di presentazione di dichiarazione nella quale si attesti una percentuale determinata in via provvisoria, l’armatore (il trader od il cantiere a seconda delle situazioni effettive) deve verificare a consuntivo che la nave sia stata effettivamente utilizzata “in alto mare” come sopra indicato (circ. n. 39/E/2021).

    Il beneficio della non imponibilità ex art. 8-bis compete anche (risposta a interpello n. 449/2022):

    • alle le attività, ancorché concesse in subappalto, costituenti fasi autonome all'interno degli interventi richiamati dalla disposizione (compresi i servizi di cui alla lett. e) quali, a titolo di esempio, le operazioni di riparazione, demolizioni, ecc.), costituendo parte integrante degli stessi;

    • ai contratti di risultato, in cui i prestatori sono dotati di autonomia organizzativa.

    Tutte le esportazioni assimilate ex art. 8-bis del D.P.R. n. 633/1972 devono essere fatturate in via elettronica dal cedente con l’indicazione nel Campo Codice Natura: N3.4.

    55.2.5. Esportazioni temporanee

    55.2.5.Esportazioni temporanee

    I beni possono essere esportati temporaneamente (quindi con previsione di rientro in Italia) essenzialmente nei seguenti casi:

    • per essere soggetti a lavorazione, trasformazione, assiemaggio, ecc.;

    • per esposizioni (fiere, mercati e simili);

    • per tentata vendita.

    Lavorazioni e simili

    Le procedure per esportare beni e merci da sottoporre a trattamenti, e successivo rientro dei prodotti finiti, possono essere:

    • esportazioni temporanee vere e proprie;

    • esportazione definitiva senza trasferimento del diritto di proprietà dei beni;

    • esportazione definitiva con trasferimento del diritto di proprietà dei beni.

    Esportazioni temporanee vere e proprie - L’esportazione temporanea corrisponde al regime del cosiddetto perfezionamento passivo specificamente disciplinato dal Codice doganale.

    Questo permette agli operatori di esportare temporaneamente, beni da sottoporre a lavorazione (“operazione di compensazione”).

    I beni risultanti dalla lavorazione (“prodotti compensatori”) verranno successivamente reintrodotti nel territorio comunitario in esenzione totale o parziale dai relativi dazi doganali.

    I trattamenti (operazioni di compensazione) sono:

    • trasformazione in prodotti aventi caratteristiche chimiche, fisiche od organolettiche diverse da quelle delle merci temporaneamente esportate;

    • lavorazione non rientrante nel precedente punto, compresi il montaggio, l’assiemaggio e l’adattamento ad altre merci;

    • riparazione, compresi il riattamento e la messa a punto;

    • altri trattamenti non compresi nei punti precedenti.

    Ai fini IVA l’esportazione “temporanea” di beni oggetto di successiva lavorazione:

    • non costituisce cessione all’esportazione ai sensi dell’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972 non essendovi trasferimento del diritto di proprietà;

    • non concorre alla formazione del plafond.

    La bolla di esportazione temporanea riporta il valore dei beni in uscita.

    La bolla di importazione dei prodotti compensatori indica il valore delle operazioni di compensazione (ossia il valore delle lavorazioni).

    I dazi e l’IVA si applicano sul valore delle operazioni di compensazione.

    Le esportazioni temporanee vere e proprie trovano poca utilizzazione soprattutto a causa dei tempi tecnici che occorrono per ottenere le necessarie autorizzazioni per all’assolvimento delle formalità finalizzate all’identificazione dei beni esportati contenuti nei prodotti compensatori.

    Esportazione definitiva senza trasferimento di proprietà - In alternativa al regime del “perfezionamento passivo”, gli operatori economici possono ricorrere al regime di esportazione definitiva senza passaggio della proprietà dei beni oggetto delle operazioni di compensazione.

    Con questo regime:

    • non è necessaria alcuna autorizzazione;

    • per vincere la presunzione di cessione non si possono utilizzare “fatture pro-forma” (46.14.5.), ma piuttosto:

      • una lista valorizzata (elenco descrittivo dei beni coi rispettivi valori) da registrare in uno specifico registro tenuto e conservato ai sensi dell’art. 39 del D.P.R. n. 633/1972 (43.6.1.), ovvero

      • un documento di trasporto o di consegna (DDT, documenti doganali, ecc.), senza necessità di annotarlo nel predetto registro, ma solo da conservare.

    Tanto la lista valorizzata quanto il documento di trasporto devono essere invalidati dalla dogana con la dicitura “Non valida ai fini dell’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972”. Nessuna registrazione è richiesta ai fini IVA.

    Anche questa operazione non attribuisce all’operatore nazionale il beneficio della non imponibilità IVA (art. 8, D.P.R. n. 633/1972); pertanto, la relativa operazione è irrilevante ai fini della formazione del plafond e del conseguente acquisto in sospensione d’imposta.

    All’atto della eventuale reimportazione si realizza una “immissione in libera pratica” dei medesimi beni il cui valore imponibile ai fini IVA viene commisurato al valore doganale dei beni importati, comprensivo:

    • non solo del compenso pattuito per la lavorazione;

    • ma anche del valore dei beni in precedenza esportati;

    • nonché degli apporti utilizzati per l’ottenimento dei beni medesimi e di tutti gli altri elementi da prendere in considerazione in base all’art. 69 del D.P.R. n. 633/1972.

    È pertanto una procedura che penalizza il soggetto che non abbia un plafond da utilizzare all’importazione dei prodotti compensatori.

    Ai fini IVA una eventuale cessione dei beni esportati durante la loro permanenza all’estero è irrilevante per carenza del presupposto territoriale (44.3.) (art. 7, D.P.R. n. 633/1972).

    Esportazione definitiva con trasferimento della proprietà - Affinché l’invio all’estero di beni da sottoporre a lavorazione sia qualificabile come cessione all’esportazione è necessario che la proprietà degli stessi venga trasferita all’acquirente estero (trasformatore) anche con contratto verbale e che risulti pagato il relativo corrispettivo, anche mediante la compensazione finanziaria delle posizioni debitorie e creditorie intercorrenti tra le parti.

    Acclarata l’onerosità dell’operazione questa può andare a costituire il plafond di esportatore abituale. Le formalità, in questa situazione sono le stesse valevoli per le esportazioni dirette (55.1.) ove la fattura emessa dall’esportatore vede come cliente il trasformatore.

    All’atto della reintroduzione dei beni, realizzandosi un’importazione, si dovrà corrispondere l’IVA sul valore intero dei beni importati, con l’eventuale utilizzazione del plafond precedentemente formato.

    È evidente come l’impatto fiscale a cui l’esportatore è sottoposto è allineato con quello derivante dall’applicazione del regime del perfezionamento passivo.

    È la metodologia più utilizzata dagli operatori economici.

    Esposizioni, fiere e simili - Carnet ATA

    In caso di invio in Paesi extra UE di merci per esposizioni, fiere e simili o campioni commerciali o tentata vendita, viene di regola applicata la procedura di esportazione temporanea con l’utilizzo del Carnet ATA (Admission Temporaire - Temporary Admission), valido per l’esportazione temporanea di merci verso Paesi non facenti parte dell’Unione europea e aderenti alla convenzione ATA.

    Sono esclusi i beni temporaneamente esportati per essere lavorati, assiemati, trasformati, riparati e simili.

    Attraverso il carnet ATA si evita il pagamento di dazi e l’IVA alla dogana, purché le merci siano reimportate entro i termini indicati nel documento ed al massimo entro 12 mesi.

    L’utilizzo del Carnet ATA consente la semplificazione delle operazioni di sdoganamento rispetto alle ordinarie procedure di export ed import temporanee. Inoltre, il titolare è esonerato dall’obbligo di depositare qualsiasi cauzione presso la dogana di importazione.

    La presentazione del carnet all’Ufficio doganale, al fine di beneficiare del regime di temporanea esportazione, equivale alla presentazione della domanda di autorizzazione.

    Cessione dei beni esportati con Carnet ATA - Il titolare deve richiedere al competente Ufficio doganale la regolarizzazione dell’operazione, con presentazione di apposita dichiarazione doganale definitiva.

    Trattandosi di una cessione di beni già allo Stato estero non dà luogo ad una cessione all’esportazione, non imponibile ai fini IVA ai sensi dell’art. 8, c. 1, lett. a), D.P.R. n. 633/1972 e, pertanto, la stessa non genera plafond per l’operatore nazionale. L’emissione della fattura è comunque obbligatoria (art. 21, c. 6-bis, lett. b), D.P.R. n. 633/1972) con la causale Codice Natura N3.6.

    55.2.6. Esportazioni congiunte

    55.2.6.Esportazioni congiunte

    Prima dell’uscita dal territorio doganale della UE, i beni possono essere assoggettati, per conto del cessionario, ad opera del cedente stesso ovvero di terzi, a prestazioni di servizio, quali:

    • lavorazioni;

    • trasformazioni;

    • montaggi;

    • assiemaggi;

    • adattamenti ad altri beni.

    Non esiste alcun termine per l’uscita dei beni dalla UE. Il procedimento di lavorazione può essere realizzato senza limiti di tempo (art. 8, c. 1, lett. a) seconda parte, D.P.R. n. 633/1972).

    I soggetti interessati sono tre:

    • un committente;

    • un cedente;

    • un terzista che può eseguire la lavorazione per conto di un committente non residente ovvero di un committente residente.

    Esportazione con lavorazione per conto di un committente non residente

    Cedente stabilito in Italia - La cessione dei beni al committente estero realizza una esportazione diretta non imponibile (ex art. 8, c. 1, lett. a), D.P.R. n. 633/1972) anche se i beni sono soggetti a lavorazione per conto del committente non residente, prima dell’esportazione. L’esportatore deve presentare in dogana sia la fattura di vendita sia quella di lavorazione.

    Terzista stabilito in Italia - La lavorazione è fuori campo IVA ex art. 7-ter quale prestazione generica, in quanto il committente non è stabilito in Italia.

    Esportazione con lavorazione per conto di un committente stabilito in Italia

    Cedente stabilito in Italia - La cessione dei beni al committente estero realizza una esportazione diretta non imponibile (ex art. 8, c. 1, lett. a), D.P.R. n. 633/1972) anche se i beni sono soggetti a lavorazione per conto del committente non residente, prima dell’esportazione. Il DAU intestata al cedente residente riporta il prezzo dei beni e della lavorazione. Occorre presentare sia la fattura di cessione sia quella di lavorazione.

    Terzista stabilito in Italia - Fattura la prestazione di servizio al cedente stabilito assoggettandola ad IVA, quale operazione interna.

    55.2.7. Esportazioni gratuite

    55.2.7.Esportazioni gratuite

    Anche le cessioni gratuite di beni entrano a pieno titolo nel concetto di esportazioni, indipendentemente dalla circostanza che le stesse riguardino:

    • omaggi;

    • sostituzione di beni in garanzia;

    • originari accordi contrattuali;

    • sconti in natura, ecc.

    Tipologia Fatturazione
    Di propria produzione o commercializzazione Si tratta di una normale esportazione diretta non imponibile ex art. 8, c. 1 lett. a)
    Va annotata sul registro delle vendite, indicando il prezzo di acquisto ovvero il costo dei beni ex art.13, c. 2 lett. c)
    Non concorre al plafond
    Codice Natura N3.1
    Non di propria produzione o commercializzazione di valore unitario non superiore a 50 euro oppure di beni acquistati senza detrazione dell'imposta La cessione è fuori campo IVA (art. 2, c. 2 n. 4). Ai fini doganali occorre presentare una “fattura pro-forma”
    In sostituzione a garanzia di altri beni precedentemente ceduti

    55.2.8. Esportazioni a seguito di appalto

    55.2.8.Esportazioni a seguito di appalto

    Si considerano cessioni all’esportazione anche le consegne fuori della UE di beni prodotti in esecuzione di contratti di appalto eseguiti anch’essi all’estero, ma limitatamente al corrispettivo dei beni esportati (circ. n. 26/1979).

    Tipologia Fatturazione
    Esportazione di beni dall’Italia per l’esecuzione di un appalto fuori della UE Va individuata la porzione del corrispettivo da riferire al valore dei beni. Questa costituisce cessione all’esportazione non imponibile (art. 8, c. 1 lett. a) Codice Natura N3.1.
    Beni prodotti in Italia su ordinazione dell’acquirente extra UE e con materie prime dell’appaltatore e successivamente esportati La spedizione costituisce esportazione (ex art. 8, c. 1 lett. a) sebbene collegata all’appalto (circ. n. 145/E/1998) Codice Natura N3.1.
    Beni prodotti in Italia su ordinazione dell’acquirente extra UE con materie prime fornite da questi o da suoi fornitori italiani od esteri Si possono dare due ipotesi:
    1) materie prime trasferite in temporanea importazione. La successiva uscita dalla UE non realizza alcuna esportazione;
    2) materie prime fornite da fornitore nazionale, si realizza una esportazione congiunta, quindi non imponibile per la parte beni e fuori campo IVA per la lavorazione addebitata al committente extra UE.

    55.2.9. Brexit: cessioni all’esportazione

    55.2.9.Brexit: cessioni all’esportazione

    Dal 1° gennaio 2021, con l’uscita definitiva della Gran Bretagna dalla UE, le cessioni di beni verso quel Paese sono considerate esportazioni e non più cessioni intracomunitarie.

    A fini della cessione di beni, il Protocollo stipulato il 24 dicembre 2020 tra UE e UK ha stabilito che nei confronti dell’Irlanda del Nord esse sono ancora da considerare cessioni intracomunitarie a tutti gli effetti sino a tutto il 2024, nonostante la sua appartenenza al Regno unito. Pertanto, le fatture continuano ad essere emesse secondo le disposizioni dell’art. 41 del D.L. n. 331/1993 ed indicate nel Mod. INTRASTAT.

    L’Irlanda del Nord, ha un numero di partita IVA specifico preceduto dalla sigla XI.

    Infine, gli scambi tra UK e Irlanda del Nord sono ora soggetti alle formalità doganali previste per import/export.

    55.3. Esportazioni triangolari

    55.3.Esportazioni triangolari

    Anche le esportazioni triangolari fanno parte delle esportazioni dirette (art. 8, c. 1, lett. a), D.P.R. n. 633/1972). I soggetti interessati sono:

    • un primo cedente (IT1) soggetto passivo IVA il quale provvede a propria cura o fa provvedere a proprio nome al trasporto o spedizione fuori della UE di beni, su incarico dell’acquirente nazionale (IT2);

    • un primo acquirente (IT2) (promotore) che acquista da IT1 ordinandogli di spedire i beni direttamente al proprio cliente extra UE all’estero purché il trasporto o la spedizione siano effettuate direttamente a cura o a nome di IT1 (vedi oltre);

    • un acquirente finale extra UE, cliente di IT2 che riceve direttamente i beni da IT1. Per il vero potrebbe essere anche un soggetto italiano che per proprie necessità si faccia inviare i beni direttamente all’estero.

    L’operazione può avvenire anche per il tramite di commissionari di IT1.

    Sulla imponibilità o non imponibilità delle operazioni triangolari “nazionali” (promotore e primo acquirente stabiliti in Italia) è intervenuta l’Agenzia delle Entrate per sottolineare che tra le condizioni necessarie perché si abbia un’esportazione non imponibile, oltre al trasferimento della proprietà dei beni e all’uscita effettiva dal territorio doganale, occorre che l’esecuzione del trasporto sia “a cura o a nome del cedente”. Questa condizione, ad avviso dell’Agenzia, deve valere anche nel caso delle operazioni triangolari, ossia che il trasporto e la spedizione dei beni all'estero devono avvenire “a cura o nome” del cedente nazionale che vende ad un altro soggetto residente in Italia (cessionario nazionale o promotore) beni destinati ad un cliente estero extra UE.

    A quest’ultimo proposito diverse sentenze della Suprema Corte hanno espresso, invece, diverso parere affermando che è pur sempre non imponibile l’operazione triangolare quando la volontà sia del promotore, sia del primo cedente, sin dall’inizio era orientata effettivamente all’esportazione e, quindi, in una operazione triangolare non è strettamente necessario che il trasporto dei beni sia effettuato a cura o a nome del cedente. Invece, secondo l’orientamento dell’Agenzia occorre evitare che la cessione tra i due operatori nazionali possa godere della non imponibilità in quanto si avrebbe il passaggio della proprietà tra il primo cedente ed il promotore in Italia, il quale poi potrebbe liberamente disporne in Italia. Pertanto, l’operazione triangolare va scissa in due parti: la prima imponibile (perché effettuata in Italia) la seconda tra il promotore ed il cessionario extraUE non imponibile in quanto operazione all’esportazione ex art. 8, c. 1, lett. a) del D.P.R. n. 633/1972 (risposta a interpello n. 283/2023).

    In definitiva:

    • secondo la Suprema Corte anche l’operazione da IT1 a IT2 sarebbe da considerare non imponibile quando sia possibile dimostrare, sin dall’inizio, che la volontà delle parti era quella di procedere ad una effettiva esportazione a favore del cessionario finale e che, quindi, una volta rispettato il principio che il trasporto o spedizione dei beni all’estero avviene a cura od a nome del cedente nazionale, la vendita è tra IT1 ed IT2, ma IT2 non viene a disporre dei beni, e quindi si realizza un’operazione non imponibile. Occorre, inoltre, ricordare che qualora il promotore debba effettuare controlli, collaudi, assemblaggi ecc., questi non consentono la disponibilità in Italia dei beni da parte del promotore;

    • secondo l’Agenzia, invece, al fine di evitare operazioni fraudolenti, ossia tendenti a far restare in Italia i beni ceduti da IT1 ad IT2, pretende che tutta l’operazione sia suddivisa in due parti: da IT1 ad IT2 (operazione imponibile in Italia); da IT2 a cessionario finale (esportazione diretta).

    55.4. Mezzi di prova dell’avvenuta esportazione

    55.4.Mezzi di prova dell’avvenuta esportazione

    La prova dell’avvenuta esportazione deve risultare:

    • da documento doganale, oppure

    • da vidimazione apposta dall’ufficio doganale su un esemplare della fattura (così ancor oggi dispone l’art. 8, c. 1, del D.P.R. n. 633/1972, sebbene non più attuabile in quanto la prova è rappresentata dal messaggio elettronico “risultati di uscita”, registrato sul sistema doganale Aida) oppure,

    • dalla vidimazione apposta dall’ufficio doganale su un esemplare della Bolla di Accompagnamento Merci - BAM - (per i residui casi per i quali essa risulti essere ancora obbligatoria), oppure su un esemplare del Documento Di Trasporto (DDT).

    55.4.1. Uffici doganali

    55.4.1.Uffici doganali

    Vi sono due tipologie di dogane:

    • dogana di esportazione, più correttamente Ufficio doganale di esportazione;

    • dogana di uscita, più correttamente Ufficio doganale di uscita.

    Gli Uffici sono tra di loro collegati telematicamente mediante un sistema di informatizzazione delle operazioni di esportazione denominato Export Control System (ECS).

    Ufficio doganale di esportazione

    È quello espressamente individuato come Ufficio doganale competente per la sorveglianza del luogo in cui l’esportatore è stabilito o in quello in cui le merci sono caricate o imballate per l’esportazione (fatti salvi alcune specie minori).

    Presso l’ufficio, l’esportatore presenta le merci e la dichiarazione di esportazione (c.d. DAU) e, ove richieste specifiche autorizzazioni o licenze all’ufficio doganale di “esportazione”. La dichiarazione doganale deve essere trasmessa all’ufficio doganale di esportazione in formato elettronico tramite le apposite funzionalità del sistema informatico dell’Agenzia AIDA.

    L’ufficio di esportazione procede ad accettare la dichiarazione e ad effettuare l’analisi dei rischi ai fini fiscali e di sicurezza. All’operazione è assegnato un numero di riferimento MRN (Movement Reference Number).

    Espletati tali adempimenti, l’ufficio di esportazione svincola le merci a condizione che esse lascino il territorio doganale alle stesse condizioni in cui si trovavano quando la dichiarazione di esportazione è stata accettata.

    L’Ufficio consegna all’operatore oppure allo spedizioniere il Documento di Accompagnamento Esportazione (DAE) che indica, tra l’altro anche il codice identificativo MRN.

    Il DAE accompagna la merce dalla dogana di esportazione fino a quella di uscita dalla UE, dove devono essere presentati all’ufficio doganale.

    Ufficio doganale di uscita

    Nell’ambito della UE, la dogana di uscita corrisponde all’ufficio doganale, in qualunque Paese della UE ubicata, dal quale i beni lasciano il territorio della UE. All’arrivo delle merci scortate dal DAE, il dichiarante lo consegna per consentire l’immediato riconoscimento dell’operazione e l’effettuazione degli adempimenti connessi all’uscita della merce.

    L’ufficio, accertato che la merce corrisponda a quella dichiarata, verifica l’uscita fisica dei beni dal territorio della UE e quindi invia il messaggio elettronico “risultati di uscita” tramite il sistema informatico doganale AIDA all’ufficio di esportazione.

    Il messaggio “uscita conclusa” costituisce prova dell’uscita della merce dal territorio doganale della UE. Il messaggio è consultabile dall’operatore digitando il numero di MRN sul sito dell’Agenzia alla sezione “Tracciamento di movimenti di esportazione o di transito (MRN)”.

    La merce svincolata per l’esportazione deve uscire dal territorio doganale dell’Unione entro 90 giorni dalla data dello svincolo.

    Il messaggio “uscita conclusa” viene inviato solo a titolo informativo anche all’esportatore. Questi verifica il buon esito dell’esportazione tramite interrogazione via informatica utilizzando il codice MRN consegnatogli in precedenza.

    55.4.2. Prova per l’esportatore

    55.4.2.Prova per l’esportatore

    La prova per l’esportatore che effettivamente la merce abbia varcato i confini comunitari, qualora l’operazione rientri nel sistema ECS, presuppone l’accesso al portale on-line del sito dell’Agenzia delle Dogane denominato “Notifica di esportazione AES”, con successiva digitazione del numero MRN, composto da 18 caratteri, ricevuto dalla dogana di esportazione.

    La stampa ottenuta non è di per sé il mezzo di prova, come non è mezzo di prova neppure il messaggio di risultato di uscita ricevuto dalla dogana di uscita.

    Secondo le disposizioni doganali, la prova è il “risultato di uscita” che l’Amministrazione doganale ha già messo a disposizione dell’Amministrazione finanziaria.

    È opportuno archiviare la stampa scaricata dal sito insieme alla pratica di esportazione.

    Nel caso di esportazioni:

    • triangolari (ove IT1 vende a IT2 il quale rivende a extra UE, con il trasporto o la spedizione fuori della UE che avviene direttamente o tramite terzi),

    • di prodotti in sospensione di accisa,

    • abbinate a transito (ossia esportazioni con merce scortate dai cosiddetti Carnet ATA; T2; Carnet TIR),

    • effettuate per via aerea, navale, ferroviaria o postale,

    • tramite commissionario,

    la prova dell’effettiva esportazione è data:

    • dal messaggio elettronico “risultati di uscita”, registrato sul sistema doganale Aida;

    • dal DAE timbrato in dogana;

    • dal DDT anch’esso timbrato dalla dogana, nel caso di operazione triangolare con utilizzo della fattura differita tra IT1 ed IT2.

    Secondo la Corte di Cassazione (sentenze n. 19750/2013, n. 18826/2017) è da escludere che la prova dell’esportazione possa sostanziarsi semplicemente nella fattura di trasporto/spedizione oppure nella documentazione di pagamento (bonifici bancari, accrediti sul c/c, ecc.).

    Oltre ai documenti cartacei sopra citati, possono considerarsi mezzo di prova dell’avvenuta esportazione anche:

    • le attestazioni delle Pubbliche amministrazioni del Paese di destinazione, da cui si desume l’avvenuta presentazione delle merci nella dogana di entrata;

    • le attestazioni apposte da Autorità estere su documenti doganali emessi a scorta dei beni introdotti nel locale territorio doganale, a condizione di reciprocità;

    • gli idonei documenti di trasporto internazionale.

    La Suprema Corte ritorna sull’argomento (ord. n. 14853/2023) sottolineando l’esportatore deve essere in possesso di mezzi di prova certi ed inconvertibili come quelli citati appena sopra, ma anche:

    • i carnet TIR (documento doganale internazionale concepito per agevolare il trasporto di merci su strada “senza rottura di carico”. Con tale espressione si intende il trasporto tra un ufficio doganale di partenza di un Paese aderente alla Convenzione TIR ed un ufficio doganale di destinazione di un altro Paese firmatario della medesima Convenzione senza controlli doganali intermedi sulle merci trasportate) vidimati da una autorità doganale;

    • altri documenti che, sia pur di provenienza privatistica, siano vidimati e contrassegnati da un’autorità doganale;

    • il codice MRN rilasciato dalla Dogana di esportazione.

    Sempre la Suprema corte ha stabilito che il manifesto di carico, vidimato dall’Ufficio doganale di uscita, costituisce una prova alternativa dell’avvenuta esportazione, con particolare riferimento alle c.d. “esportazioni indirette” (ex art. 8, c. 1 lett. b) del D.P.R. n. 633/1972) quando facilmente capita che tutta la procedura doganale sia stata curata dal cliente estero e che il messaggio elettronico risultati di uscita erano stati notificati sempre e solamente al soggetto estero (sent. n. 6584/2024).

    55.5. Fatturazione

    55.5.Fatturazione

    Ai fini IVA, la fattura relativa alle cessioni all’esportazione deve essere emessa al momento di inizio del trasporto/spedizione dei beni al di fuori della UE o al momento della consegna dei beni al cessionario, in caso di esportazione a cura o a nome di quest’ultimo.

    Le fatture relative a beni destinati all’esportazione, di regola, sono emesse in formato elettronico (ancorché il cessionario sia soggetto passivo non stabilito in Italia, al quale poi dovrà necessariamente essergli inviata anche una copia in formato cartaceo) inserendo nella voce “codice destinatario” il valore “XXXXXXX”. La fatturazione elettronica oppure la presenza di una bolla doganale, rende facoltativo l’obbligo di comunicazione periodica mediante il cosiddetto nuovo esterometro (62.1.2.).

    L’Agenzia delle Entrate ha confermato che, in considerazione del fatto che l’Amministrazione conosce i dati dell’operazione di esportazione attraverso la bolla doganale (o anche dalla fattura elettronica utilizzata dal contribuente), non vi è alcun obbligo di presentare la fattura in dogana per l’apposizione del visto uscire (risposta a interpello 24 aprile 2019, n. 130).

    Anche per quanto riguarda le fatture da emettere nei confronti degli esportatori abituali, occorre fare riferimento alle regole dell’art. 6, D.P.R. n. 633/1972, distinguendo a seconda che l’operazione sia una cessione o una prestazione (43.2.).

    55.6. Cessione a viaggiatori extracomunitari

    55.6.Cessione a viaggiatori extracomunitari

    I commercianti al dettaglio che cedono beni destinati all’uso personale o familiare di un acquirente extra-UE (turista), compresi i cittadini italiani iscritti all’AIRE (risposta a interpello 2 aprile 2019, n. 93), all’interno del proprio negozio e che operano nei seguenti settori:

    • capi d’abbigliamento in senso lato,

    • pelletteria,

    • oggetti di orologeria, di gioielleria, di argenteria e similari,

    • articoli cinefotografici,

    • articoli sportivi,

    • apparecchiature elettroniche in genere (cellulari, computer, Hi-Fi e simili),

    • cosmetici, profumi e prodotti di bellezza,

    • giocattoli,

    • prodotti alimentari,

    • vini e alcolici in genere,

    • alimentari,

    possono, su richiesta del turista, cedere i propri articoli come operazioni non imponibili (art. 38-quater, D.P.R. n. 633/1972).

    Condizioni dell’acquirente

    I turisti interessati debbono soddisfare entrambe le seguenti condizioni:

    • essere privati consumatori, ossia non devono trattarsi di soggetti passivi d’imposta nel proprio Paese od in altro Stato non comunitario;

    • essere domiciliati oppure residenti in uno Stato extra-UE.

    A questi fini rientrano:

    • i residenti nella zona di Livigno;

    • i residenti di Campione d’Italia;

    • i cittadini italiani iscritti all’AIRE.

    Non rientrano invece i soggetti residenti o domiciliati a San Marino in considerazione delle particolari disposizioni che regolano le cessioni tra l’Italia e questa Repubblica.

    I beni agevolabili devono avere le seguenti caratteristiche:

    • essere destinati all’uso personale del viaggiatore o dei suoi familiari ancorché questi non viaggino con lui;

    • rientrare nelle categorie merceologiche sopra elencate e comunque devono essere privi del requisito della commerciabilità da parte dell’acquirente;

    • avere un valore complessivamente superiore a 70 euro IVA compresa (importo così modificato dalla Legge n. 213/2023, art. 1 c. 77) e giustificati da un’unica fattura. Tale limite deve essere superato per ogni acquisto o gruppo di acquisti effettuato nello stesso giorno presso lo stesso negoziante. Per maggior precisione, il valore di 70 euro, per quanto anche derivante da molteplici beni compravenduti tra gli stessi soggetti, non può riferirsi a più cessioni (ossia compravendite avvenute in momenti diversi), seppure documentate con un'unica fattura (ris. n. 60/E/2022).

    Condizioni del cedente

    La non imponibilità si applica alle cessioni effettuate dai commercianti al dettaglio. Non si esclude, tuttavia, l’estensione dell’agevolazione ai grossisti che abbiano ottenuto l’iscrizione al REC e l’autorizzazione amministrativa anche per il commercio al dettaglio, sempreché le cessioni al minuto avvengano in appositi locali, distinti da quelli destinati alla vendita all’ingrosso (ris. 7 settembre 1998, n. 126/E).

    Per il cedente, le operazioni in esame, in quanto non imponibili, danno diritto alla detrazione dell’imposta assolta “a monte” sugli acquisti, ma:

    • non concorrono alla determinazione dello status di esportatore abituale e alla formazione del plafond;

    • non consentono di richiedere il rimborso dell’IVA annuale o trimestrale.

    Condizioni per la cessione agevolata

    Devono lasciare il territorio italiano:

    • purché inseriti nei bagagli personali;

    • entro 3 mesi dall’acquisto;

    • accompagnati dalla fattura di vendita non più vistata dalla Dogana di uscita ma, a seguito della digitalizzazione informatica, attraverso il “visto digitale” rappresentato da un codice univoco generato dalla procedura Otello 2.0. In caso di uscita dei beni dalla UE attraverso un altro Stato comunitario, la prova di uscita è fornita dalla Dogana estera secondo le modalità di legge ivi previste.

    Scelte comportamentali del cedente

    Prima alternativa:

    • emettere fattura elettronica (46.13.6.) che deve poi essere documentata attraverso il sistema Otello (ris. n. 60/E/2022) per il valore del bene dopo aver scorporato l’imposta indicando in calce alla stessa che trattasi di operazione non imponibile ai sensi dell’art. 38-quater, c. 1, D.P.R. n. 633/1972. Al cessionario va consegnata una “copia di cortesia” cartacea;

    • indicare in fattura anche gli estremi del passaporto o altro documento similare, dell’acquirente;

    • riscuotere il prezzo del bene al netto dell’IVA;

    • informare l’acquirente che quest’ultimo dovrà obbligatoriamente:

      • esportare i beni acquistati entro 3 mesi;

      • reinviargli la fattura vistata dalla dogana di uscita entro 4 mesi dall’acquisto;

    • annotare la fattura nel registro delle fatture emesse in apposita colonna. La fattura non partecipa all’eventuale formazione del plafond di esportatore abituale, non incide sulla detraibilità dell’IVA assolta a monte;

    • allegare la fattura ritornatagli, vistata dalla dogana, all’esemplare in suo possesso emesso al momento della vendita al fine di giustificare la non imponibilità dell’operazione.

    Se il venditore non dovesse ricevere la fattura debitamente vistata dalla dogana, entro il termine del terzo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, egli sarà obbligato ad emettere una nota di debito di sola IVA a regolarizzazione. Inoltre, sarà soggetto a una sanzione dal 50 al 100% del tributo in caso di mancata regolarizzazione nei termini (art. 7, c. 2, D.Lgs. n. 471/1997).

    Seconda alternativa:

    • fatturare elettronicamente - da documentare tramite il sistema Otello - il bene assoggettandolo all’IVA, evidenziando che trattasi di fattura ai sensi dell’art. 38-quater, c. 2, D.P.R. n. 633/1972, indicando anche gli estremi del passaporto o altro documento similare dell’acquirente;

    • riscuotere l’importo della vendita IVA compresa;

    • chiedere all’acquirente le modalità con cui preferisce ottenere il rimborso diretto dell’imposta (bonifico, assegno, ecc.);

    • annotare detto documento nel registro delle fatture emesse;

    • informare l’acquirente che quest’ultimo dovrà obbligatoriamente esportare i beni acquistati entro 3 mesi;

    • reinviare la fattura vistata dalla dogana di uscita entro 4 mesi dall’acquisto;

    • recuperare l’IVA attraverso l’emissione di una nota di variazione in diminuzione (art. 26, D.P.R .n. 633/1972) e annotando la corrispondente variazione nel registro degli acquisti.

    Fattura Tax Free Shopping

    Le fatture inerenti al Tax Free Shopping (c.d. FTF) devono essere emesse in modalità elettronica (Legge n. 205/2017) (46.13.6.). La fatturazione elettronica interessa tutte le tipologie di cessioni di beni sopra indicate, sempre non inferiore al limite minimo di euro 70 (IVA compresa) e sempre a favore di soggetti privati non domiciliati e non residenti nella Comunità e sempre nei medesimi limiti temporali di esportazioni.

    Il commerciante cedente:

    • deve nominare preventivamente un gestore persona fisica. Se il cedente è una persona giuridica deve comunque nominare un gestore persona fisica. La nomina deve avvenire utilizzando il Modello Autorizzativo Unico;

    • può delegare ad un terzo tutti gli adempimenti;

    • deve utilizzare la fatturazione elettronica indipendentemente dalle alternative di cui sopra utilizzate.

    La digitalizzazione della procedura di emissione della fattura digitale avviene tramite il sistema Otello 2.0 (che aggiorna la precedente versione Otello) (determinazione direttoriale n. 54088/RU/2018).

    Inoltre:

    • tutte le operazioni relative a fatture tax free sono gestite unicamente da Otello 2.0. La prova dell’uscita delle merci è data unicamente dal codice di visto digitale univoco generato da Otello 2.0. In caso di uscita dal territorio doganale dell’Unione europea attraverso un altro Stato membro, la prova di uscita delle merci è fornita dalla dogana estera secondo le modalità vigenti in tale Stato membro;

    • i soggetti interessati devono ottenere l’accreditamento ai servizi digitali di Otello 2.0, mediante i sistemi nazionali di identità digitale (credenziali SPID ovvero Carta Nazionale dei Servizi) (nota n. 54505/RU/2018);

    • ai cessionari viene messa a disposizione una fattura elettronica o analogica contenente il Codice emesso dal sistema, attestante l’avvenuta acquisizione.

    Con l’avvenuta acquisizione dei dati da parte di Otello 2.0, i dati di natura fiscale della e-fattura sono messi a disposizione del cedente in un’apposita area a lui riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate. L’eventuale impossibilità di trasmissione dei messaggi per cause tecniche sarà resa nota al cedente direttamente dal sistema, con invito a ritrasmetterli non appena possibile.

    Flusso operativo

    Il cedente, mediante la procedura informatica Otello 2.0, emette e invia immediatamente la fattura per il “Tax Free Shopping” all’Agenzia delle Dogane, che la riceve in tempo reale e la notifica. Questa contiene il codice (c.d. “codice richiesta”) che identifica univocamente la transazione e che deve essere indicato sulla copia del documento che il cedente mette a disposizione del cessionario in forma analogica o elettronica. Pertanto, il documento può essere considerato esistente solo nel momento in cui entra nella disponibilità del cessionario, al quale deve essere consegnato. La fattura elettronica è considerata esistente quando messa a disposizione in modalità digitale (ad esempio, invio per e-mail).

    Se il cessionario ha raggiunto il punto di uscita prima che il cedente abbia trasmesso la fattura tax free in una situazione di fallback (malfunzionamento del sistema), i dati non sono disponibili in OTELLO 2.0, pertanto non è possibile apporre il visto digitale. In questa evenienza il personale doganale accede ad una particolare funzione del sistema per acquisire il set minimo di dati - rilevati dalla copia del documento che il cedente ha messo a disposizione del cessionario, in forma analogica o elettronica, necessari ai fini del successivo ricongiungimento automatico con i dati della fattura tax free trasmessi dal cedente non appena il sistema ritorna ad essere disponibile (risposta a interpello n. 485/2021).

    Il cessionario, per avere diritto al rimborso o allo sgravio dell’IVA, dimostra l’avvenuta uscita dei beni dal territorio doganale della UE attraverso il “visto digitale” rappresentato da un codice univoco generato da Otello 2.0. Successivamente si reca in dogana (che ha già ricevuto il file della fattura).

    L’Ufficio doganale verifica se il contenuto della fattura coincide con quanto esposto e, in caso di regolarità, inserisce nel sistema informativo l’avvenuta esportazione delle merci.

    Il cedente collegandosi via internet a Otello 2.0, può verificare se e quando il visto è stato rilasciato. Quindi, se il cedente ha emesso fattura con IVA, quando riscontra sul portale che il visto è stato rilasciato, può restituire l’IVA al cessionario ed emettere una nota di variazione. È rimessa, invece, al cessionario la scelta di avvalersi o meno dell’ausilio delle società di tax free per ottenere un rimborso più veloce (risposta a interpello 2 aprile 2019, n. 93).

    Altri adempimenti del venditore

    Ricevuto nei tempi tecnici il documento vistato, in caso di avvenuta variazione in diminuzione, il venditore, che abbia messo fattura elettronica con IVA, può, se vuole (art. 26, c. 2, D.P.R. n. 633/1972):

    • emettere una nota di credito sempre in modalità elettronica a diminuzione della sola imposta, registrandola nei libri obbligatori;

    • allegare la nota di credito alla fattura riportante il codice univoco emesso dal sistema operativo Otello 2.0 a giustificazione della non imponibilità della cessione. Come detto, con la fatturazione elettronica il cedente mette a disposizione dell’acquirente una fattura analogica che contiene il codice ricevuto in risposta che ne certifica l’avvenuta acquisizione da parte del sistema. Infine, il messaggio contenente i dati dell’eventuale variazione, effettuata ai sensi dell’art. 26 del D.P.R. n. 633/1972, è trasmesso dal cedente al momento dell’effettuazione della variazione;

    • effettuare direttamente il rimborso dell’imposta al cliente con le procedure precedentemente concordate.

    Entrambe le alternative presentano rischi a carico del venditore (1° alternativa) o del cessionario estero (seconda alternativa). Onde evitare i rischi per entrambe le parti sono state costituite apposite società denominate Tax Free o Tax Refund, che operano:

    • aprendo degli appositi sportelli presso aeroporti, porti, ecc. nel Paese del cedente;

    • aprendo appositi sportelli nel Paese del cessionario.

    In entrambi i casi esse agiscono come mandatarie senza rappresentanza dei negozianti che abbiano aderito al circuito e provvedono a:

    • raccogliere dai viaggiatori esteri le fatture non appena questi abbiano provveduto a far vistare le stesse dalla Dogana di uscita;

    • verificarne la correttezza formale e temporale rispetto al momento di acquisto;

    • provvedere a farle pervenire entro 4 mesi dall’acquisto al negoziante;

    • rimborsare immediatamente l’IVA al viaggiatore, al netto di una commissione a carico di questi ovvero sarà il cessionario, una volta rientrato nel proprio Stato a far pervenire agli sportelli della società Tax Free sita sul suo territorio, la succitata documentazione al fine di ottenere l’accredito, mediante o bonifico od altro strumento, l’importo corrispondente all’IVA pagata.

    Il limite minimo di acquisto mediante il sistema Tax Free Shopping è fissato in 70 euro. Potrebbe capitare che a seguito di un reso parziale da parte del cliente, il valore residuo della cessione sia inferiore a detto limite minimo. In tale situazione la differenza tra il valore così determinato a seguito dell’emissione di nota di credito elettronica ed il valore minimo dovrà essere fatturato con IVA. Ad esempio:

    • valore originario della cessione euro 120;

    • emissione di nota di credito per euro 80;

    • valore residuo ed effettivo della cessione euro 50. Importo inferiore al minimo di legge di 70 euro.

    Il commerciante dovrà emettere una fattura per euro 20 più IVA relativa in quanto la cessione non può più rientrare nella disciplina TFR e la cessione è stata effettuata in Italia.

    Note di variazione

    Qualora il cedente abbia la necessità di procedere ad una variazione della fattura elettronicamente trasmessa mediante la piattaforma Otello, occorre distinguere due fattispecie:

    • fattura originaria emessa senza addebito d’imposta - Trascorsi 4 mesi dalla cessione senza che il venditore abbia ricevuto copia della fattura con l’apposizione del “visto digitale di uscita” (art. 38-quater, c. 1, D.P.R. n. 633/1972), è obbligato alla regolarizzazione dell’operazione mediante emissione di una fattura (variazione in aumento) per la sola IVA dovuta, entro il mese successivo. La fattura di variazione va anch’essa inoltrata telematicamente attraverso Otello (ris. n. 58/E/2019). Non è possibile procedere all’emissione di una nota di variazione cumulativa in riferimento ad una pluralità di fatture telematiche in quanto ogni singola operazione di cessione (fattura ed eventuale nota di variazione ad essa riferibile) risulta inequivocabilmente identificata dal sistema Otello 2.0 mediante la notifica del cosiddetto “codice richiesta” che deve essere indicato sulla copia che il cedente consegna al cessionario, pertanto Otello 2.0 processa singolarmente ogni cessione, conseguentemente anche la correlata nota variazione viene univocamente individuata e ciò impedisce una nota di variazione cumulativa (ris. n. 58/E/2019);

    • fattura originaria emessa con addebito d’imposta - il cliente, al momento dell’uscita dal territorio comunitario, ha diritto al rimborso dal venditore dell’imposta pagata a favore di questi. Il diritto al rimborso dell’imposta pagata nasce a condizione che i beni siano trasportati fuori della UE entro il terzo mese successivo alla cessione e purché il cessionario restituisca al cedente copia della fattura vistata dall’ufficio doganale entro il mese ancora successivo. Il rimborso viene effettuato direttamente dal cedente, il quale poi a sua volta ha il diritto al recupero dell’imposta mediante annotazione della variazione (variazione in diminuzione), annotandola sul registro degli acquisti. Qui non vi è la necessità di emissione di un apposito documento autonomo, ma solo della semplice annotazione. Conseguentemente non vi è la necessità di alcuna nota da far transitare attraverso Otello 2.0. Resta comunque obbligato a fornire le prove a suffragio della nota di variazione. La prova può essere fornita con qualunque mezzo, quindi anche mediante i documenti rilasciati dagli intermediari tax free ai propri clienti (cedenti), purché questi consentano di collegare inequivocabilmente la fattura originaria con la variazione (circ. n. 65/E/2019).

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