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FISCO

1. SOGGETTI PASSIVI

1.1. Principi di tassazione - 1.2.Nozione di residenza fiscale - 1.2.1. Residenti in Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato - 1.2.2. Controlli dei Comuni - 1.2.3. Redditi detenuti in Paesi black list - 1.3. Soggetti non residenti - 1.4. Imputazione dei redditi nella famiglia - 1.4.1. Redditi dei beni in comunione - 1.4.2. Redditi dei beni in separazione - 1.4.3. Fondo patrimoniale - 1.4.4. Figli minorenni - 1.5. Soci di società di persone - 1.6. Decesso del contribuente - 1.6.1. Adempimenti del curatore di eredità giacente - 1.7. Soggetti falliti - 1.8. Nudo proprietario e usufruttuario

1.1. Principi di tassazione

1.1.Principi di tassazione

L’IRPEF colpisce tutte le persone fisiche residenti e non in Italia (art. 2, D.P.R. n. 917/1986), in base a due criteri:

  • principio della “tassazione su base mondiale” (si applica ai soggetti residenti e prevede la tassazione di tutti i redditi ovunque prodotti e agli stessi riferibili);

  • principio della “tassazione su base territoriale” (interessa i contribuenti non residenti e si fonda sul criterio dell’assoggettamento a tassazione in base alla localizzazione dei redditi nello Stato).

Esistono eccezioni a tali regole: le norme interne per evitare le doppie imposizioni, come il ricorso al credito d’imposta sulle imposte versate all’estero (33.1.) (art. 165, D.P.R. n. 917/1986), e le disposizioni previste dalle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni.

1.2. Nozione di residenza fiscale

1.2.Nozione di residenza fiscale

Ai fini della tassazione IRPEF, è necessario stabilire se il soggetto possa essere qualificato non residente, oppure se lo stesso, pur trovandosi all’estero, mantenga la residenza in Italia.

Nel primo caso è tassato in Italia limitatamente ai redditi prodotti nel territorio dello Stato; nel secondo caso mantiene la soggettività anche per i redditi prodotti all’estero.

I neo residenti possono optare per un regime sostitutivo di tassazione sui redditi prodotti all’estero (9.6.7.).

Con l’entrata in vigore della riforma della fiscalità internazionale (D.Lgs. n. 209/2023), a partire dal 1° gennaio 2024 (art. 7, D.Lgs. n. 209/2023) è cambiata la disciplina sulla residenza fiscale delle persone fisiche.

In particolare, si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno il domicilio o la residenza nel territorio dello Stato ovvero che sono ivi presenti (art. 1, D.Lgs. n. 209/2023; circ. 4 novembre 2024, n. 20/E).

Rispetto alla disciplina previgente, sotto riportata:

  • è stato introdotto il riferimento alla frazione di giorno;

  • sono residenti anche i soggetti presenti nel territorio dello Stato per la maggior parte del periodo d’imposta, di fatto così ampliando la platea dei contribuenti residenti in Italia.

Inoltre, in luogo del riferimento alle nozioni contenute nel Codice civile, viene introdotto un nuovo concetto di “domicilio” che si basa sul luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona.

Infine, viene introdotta la presunzione di residenza, salvo prova contraria, per le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente.

Quindi, si considerano fiscalmente residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d'imposta (ossia 183 giorni in un anno, o 184 giorni in caso di anno bisestile):

  • hanno la residenza, ai sensi del codice civile, nel territorio dello Stato;

  • hanno il domicilio (art. 2, c. 2, D.P.R. n. 917/1986), nel territorio dello Stato;

  • sono presenti nel territorio dello Stato, tenuto conto anche delle frazioni di giorno;

  • sono iscritte nell'anagrafe della popolazione residente.

Quest’ultima condizione, a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 209/2023 non riveste più carattere di "presunzione assoluta" bensì di "presunzione relativa" che ammette la prova contraria (circ. 4 novembre 2024, n. 20/E).

Regole in vigore fino al 31 dicembre 2023 - In base alle regole in vigore prima della riforma, si considerano residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d’imposta:

  • risultano iscritte nell’anagrafe della popolazione residente nello Stato;

  • hanno il domicilio nello Stato, cioè hanno ivi stabilito la sede principale dei loro affari ed interessi, anche morali e sociali;

  • hanno la residenza nello Stato, hanno cioè in Italia la loro dimora abituale.

I requisiti sono alternativi tra loro e non concorrenti: è sufficiente, pertanto, la presenza di uno solo di essi, affinché un soggetto possa essere considerato fiscalmente residente in Italia.

CASO 1 - Residenza - Requisiti

1) L’avere stabilito il proprio domicilio civilistico (art. 43 c.c.) in Italia ovvero l’avere fissato la propria residenza nel territorio dello Stato sono condizioni sufficienti per l’integrazione della fattispecie di residenza fiscale, indipendentemente dall’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente.

2) La sola iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente per la maggior parte del periodo d’imposta è elemento di per sé sufficiente a determinare la soggettività passiva IRPEF dell’individuo.

Requisito della maggior parte del periodo d’imposta - È verificato se il periodo di permanenza in Italia è di almeno 183 giorni (184 giorni negli anni bisestili), anche non continuativi.

A tal fine, dal 2024, si considerano anche le frazioni di giorno.

Non rileva il periodo complessivo superiore a 183 giorni se cade a cavallo di due anni solari e se, in ciascun anno, è inferiore a 183 giorni (circ. 8 giugno 2004, n. 22/E).

Per il conteggio dei giorni di permanenza in Italia (o all’estero) è necessario utilizzare il criterio dell’effettiva presenza fisica.

I giorni di presenza fisica di un soggetto che lavora all’estero come dipendente devono essere calcolati includendo (circ. 17 agosto 1996, n. 201/E; circ. 16 novembre 2000, n. 207/E):

  • una frazione di giorno;

  • il giorno di arrivo;

  • il giorno di partenza;

  • i sabati e le domeniche, i giorni festivi e di ferie goduti indipendentemente dal luogo in cui sono trascorsi;

  • i congedi per malattia, a meno che tale malattia non impedisca alla persona di lasciare il Paese quando avrebbe avuto, altrimenti, diritto ad essere ivi esonerata dall’imposizione sui redditi da attività di lavoro dipendente;

  • i giorni trascorsi nel Paese ove è svolta l’attività per le seguenti ragioni:

    • decesso o malattia di un familiare;

    • interruzione dovuta a scioperi o serrate;

    • interruzione dovuta a ritardi delle consegne.

Iscrizione all’AIRE - La semplice cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente e l’iscrizione all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) non costituiscono elementi determinanti a far perdere lo status di residente sotto il profilo fiscale, allorché il soggetto abbia nel territorio dello Stato il proprio domicilio, inteso come sede principale degli affari ed interessi economici, nonché delle relazioni personali (Cass. 15 marzo 2013, n. 6598).

L’Amministrazione, per legittimare la pretesa tributaria nei confronti del contribuente che abbia provveduto alla cancellazione dai registri anagrafici e alla contestuale iscrizione all’AIRE, deve dimostrare che lo stesso abbia conservato comunque in Italia il centro dei suoi interessi e attività professionali (Cass., Sez. trib., 26 febbraio 2007, n. 4303).

Domicilio

A partire dal 2024, per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona.

In precedenza, si intendeva il luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi “affari e interessi” (art. 43, c.c.), indipendentemente dalla propria effettiva presenza nel territorio nazionale.

La locuzione “affari ed interessi” deve intendersi in senso ampio, comprensivo non solo di rapporti di natura patrimoniale ed economica ma anche morali, sociali e familiari (circ. 2 dicembre 1997, n. 304/E; circ. 26 gennaio 2001, n. 9/E).

La volontà del soggetto di stabilire in un determinato luogo (quindi, in Italia) il centro dei propri interessi e relazioni familiari, economici e sociali è condizione per determinare il domicilio (Cass. 22 maggio 1963, n. 1342; Cass. 12 febbraio 1973, n. 435; Cass. 5 maggio 1980, n. 2963) e prescinde dall’effettiva presenza fisica del soggetto (ris. 7 agosto 2008, n. 351/E). Le autorità fiscali italiane possono contestare la perdita della residenza fiscale in Italia, ad esempio, nel caso in cui un soggetto mantenga la propria famiglia in Italia, con la conseguenza che lo stesso sarebbe tassato sui redditi ovunque prodotti (world-wide taxation).

Residenti Il domicilio coincide, normalmente, con il Comune nella cui anagrafe si è iscritti. Tuttavia, l’Amministrazione finanziaria, può stabilire il domicilio fiscale del contribuente nel Comune ove è svolta in via continuativa l’attività (art. 59, D.P.R. n. 600/1973).
Non residenti Il domicilio è fissato nel Comune in cui si è prodotto il reddito o, se il reddito si è prodotto in più Comuni, nel Comune in cui è prodotto il reddito più elevato. I cittadini italiani residenti all’estero in forza di un rapporto di servizio con la Pubblica Amministrazione e quelli considerati residenti in quanto emigrati in Stati a fiscalità privilegiata, hanno il domicilio nel Comune di ultima residenza in Italia (art. 58, D.P.R. n. 600/1973).

È da considerare in Italia il domicilio di un contribuente se la famiglia risiede in Italia e sono intestati a suo nome contratti d’affitto e utenze. Nel caso invece di contestuale residenza fiscale in Italia e in uno Stato estero, si determina un conflitto di residenza da risolvere facendo riferimento a quanto stabilito all’interno della Convenzione contro le doppie imposizioni (se stipulata) tra Italia e Stato estero (risposta a interpello 4 ottobre 2018, n. 25).

Centro degli interessi economici e personali in Italia - Gli elementi di prova che dimostrano che i contribuenti - pur avendo residenza anagrafica in Paesi esteri (alcuni dei quali a fiscalità privilegiata) - hanno comunque mantenuto i propri interessi economici e personali in Italia, possono essere (Agenzia delle Entrate, comunicato stampa 23 dicembre 2008):

  • lunga permanenza in località italiane (dimostrata dai viaggi aerei di rientro dall’estero);

  • partecipazione a concerti, sfilate di moda, eventi mondani tenuti in diverse città italiane;

  • frequente apparizione in trasmissioni televisive nazionali, oltre che vari contratti stipulati con case discografiche e compagnie assicurative italiane;

  • presenza in Italia degli affetti familiari.

Se il soggetto mantiene in Italia i propri legami familiari o il centro dei propri interessi patrimoniali e sociali, ciò è di per sé sufficiente a realizzare un collegamento effettivo e stabile con il territorio italiano. In particolare, indipendentemente dalla presenza fisica e dalla circostanza che l’attività lavorativa sia esplicata prevalentemente all’estero, sono indici significativi - ai fini dell’eventuale residenza fiscale - la disponibilità di una abitazione permanente, la presenza della famiglia, l’accreditamento di propri proventi dovunque conseguiti, il possesso di beni anche mobiliari, la partecipazione a riunioni d’affari, la titolarità di cariche sociali, il sostenimento di spese alberghiere o di iscrizione a circoli o club, l’organizzazione della propria attività e dei propri impegni anche internazionali, direttamente o attraverso soggetti operanti nel territorio italiano (ris. 7 agosto 2008, n. 351/E).

1.2.1. Residenti in Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato

1.2.1.Residenti in Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato

Si considerano residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori a fiscalità privilegiata (c.d. Paesi black list o tax heaven) individuati con il D.M. 4 maggio 1999 (art. 2, c. 2-bis, D.P.R. n. 917/1986).

Si tratta di una presunzione relativa, in base alla quale l’Amministrazione finanziaria considera fiscalmente residente in Italia il soggetto, che abbia dichiarato la propria residenza in uno dei Paesi tassativamente elencati dal decreto.

È posto a carico del contribuente che si è trasferito in Paese a fiscalità privilegiata l’onere di dimostrare la propria residenza all’estero, generalmente incombente sull’Amministrazione finanziaria, adducendo fatti o atti che comprovino l’effettività della situazione dichiarata, in coerenza con un reale e duraturo collegamento con lo Stato di emigrazione.

Si assiste ad un’inversione dell’onere della prova, per cui, in presenza di un eventuale accertamento, l’individuo deve fornire tutti gli elementi idonei a provare la non sussistenza di legami familiari ed economici con l’Italia, anche in relazione alla durata del periodo di permanenza all’estero e la sussistenza di legami reali e duraturi con lo Stato di emigrazione.

Stati e territori con regime fiscale privilegiato
Alderney (Aurigny) Andorra (Principat d’Andorra)
Anguilla Antigua e Barbuda (Antigua and Barbuda)
Antille Olandesi (Nederlandse Antillen) Aruba
Bahama (Bahamas) Bahrein (Dawlat al-Bahrain)
Barbados Belize
Bermuda Brunei (Negara Brunei Darussalam)
Costa Rica (Repùblica de Costa Rica) Dominica
Ecuador (Repuplica dell’Ecuador) Emirati Arabi Uniti (Al-Imarat al-’Arabiya al Muttahida)
Filippine (Pilipinas) Gibilterra (Dominion of Gibraltar)
Gibuti (Djibouti) Grenada
Guernsey (Bailiwick of Guernsey) Hong Kong (Xianggang)
Isola di Man (Isle of Man) Isole Cayman (The Cayman Islands)
Isole Cook Isole Marshall (Republic of the Marshall Islands)
Isole Vergini Britanniche (British Virgin Islands) Jersey
Libano (Al-Jumhuriya al Lubnaniya) Liberia (Republic of Liberia)
Liechtenstein (Furstentum Liechtenstein) Macao (Macau)
Malaysia (Persekutuan Tanah Malaysia) Maldive (Divehi)
Maurizio (Republic of Mauritius) Monaco (Principauté de Monaco)
Monserrat Nauru (Republic of Nauru)
Niue Oman (Saltanat ‘Oman)
Panama (Repubblica de Panamà) Polinesia Francese (Polynesie Francaise)
Saint Kitts e Nevis (Federation of Saint Kitts and Nevis) Saint Lucia
Saint Vincent e Grenadine (Saint Vincent and the Grenadines) Samoa (Independent State of Samoa)
Sark (Sercq) Seichelles (Republic of Seychelles)
Singapore (Republic of Singapore) Svizzera (Confederazione Svizzera)
Taiwan (Chunghua MinKuo) Tonga (Pule’anga Tonga)
Turks e Caicos (The Turks and Caicos Islands) Tuvalu (The Tuvalu Islands)
Uruguay (Republica Oriental dell’Uruguay) Vanuatu (Republic of Vanuatu)

Residenza fiscale
Centro interessi vitali I cittadini italiani, pur formalmente residenti all’estero, sono considerati soggetti passivi laddove stabiliscano in Italia, per la maggior parte del periodo d’imposta, il proprio domicilio, inteso come la sede principale degli affari ed interessi economici nonché delle relazioni personali, come desumibile da elementi presuntivi. La volontà individuale alla base delle libere scelte del soggetto deve essere contemperata con le esigenze di tutela dell’affidamento dei terzi, per cui il centro principale degli interessi vitali del soggetto va individuato dando prevalenza al luogo in cui la gestione degli interessi viene esercitata abitualmente in modo riconoscibile dai terzi stessi (Cass. pen., sent. 12 luglio 2017, n. 45752; Cass. civ., sent. 16 gennaio 2015, n. 678; Cass. civ., sent. 25 marzo 2011, n. 6934; Cass. pen., Sez. III, 30 ottobre 2017, n. 13114 Cass. civ., sent. 13 maggio 2015, n. 9723; Cass. civ., sent. 15 giugno 2016, n. 12311).
Inoltre, l’iscrizione all’AIRE non esclude la residenza fiscale in Italia in quanto prevale il centro di interessi così come appare riconoscibile ai terzi (Cass. civ., sent. 4 aprile 2012, n. 5382).
Attività lavorativa
svolta all’estero
Il soggetto residente all’estero (nel caso di specie in Belgio), che svolge l’attività di chiropratico in Italia è obbligato a presentare le dichiarazioni relative alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto in quanto considerato fiscalmente residente in Italia (Cass. pen., sent, 29 marzo 2017, n. 37849).
Residenza nel
Principato di Monaco
Si presume residente in Italia un soggetto, iscritto all’AIRE e residente nel Principato di Monaco. Tale presunzione, contenuta nell’art. 2, D.P.R. n. 917/1986, ovvero la fittizietà della residenza monegasca, è superabile dall’interessato mediante prova contraria (Cass. civ., sent. 30 settembre 2016, n. 19484).
Iscrizione nelle
anagrafi della
popolazione residente
Ai fini delle imposte dirette, le persone iscritte nelle anagrafi della popolazione residente si considerano in ogni caso residenti, e pertanto soggetti passivi d’imposta, in Italia. Il trasferimento della residenza all’estero non rileva fino a quando non risulti la cancellazione dall’anagrafe di un Comune italiano (Cass. civ., sent., 28 ottobre 2015, n. 21970).
Paesi a fiscalità
privilegiata
Per vincere la presunzione di residenza (art. 2, c. 2-bis, D.P.R. n. 917/1986), i cittadini italiani trasferiti in Paesi a fiscalità privilegiata hanno l’onere di provare che è effettivamente ivi localizzato il centro dei loro interessi vitali, per individuare il quale le relazioni affettive e familiari non hanno una rilevanza prioritaria rispetto agli interessi di natura economico-patrimoniale (Cass. civ., sent. 31 marzo 2015, n. 6501).
Affitto di abitazione
all’estero
Al fine di dimostrare l’effettiva residenza all’estero è sufficiente provare il pagamento dell’affitto e delle relative utenze; non rilevano invece i numerosi biglietti aerei aventi come città di partenza e di arrivo l’Italia (Cass. civ., sent. 4 settembre 2013, n. 20285).
Funzionario
dell’Unione europea
Non può essere considerato fiscalmente residente in Italia il funzionario/agente dell’Unione europea che risulta fiscalmente residente in Belgio (in ragione di quanto stabilito dall’art. 13 del protocollo sui privilegi e sulle immunità dell’UE) che ha trasferito fisicamente la propria residenza in Italia (Agenzia delle entrate, interpello 19 settembre 2018, n. 7).
Doppia residenza
fiscale
Se in base alla normativa interna di due Stati, un contribuente risulta essere residente di entrambi, è l'accordo contro le doppie imposizioni che risolve il problema (Agenzia delle Entrate, risposta a interpello 25 giugno 2019, n. 203).

1.2.2. Controlli dei Comuni

1.2.2.Controlli dei Comuni

I Comuni, entro i 6 mesi successivi alla richiesta di iscrizione nell’anagrafe degli italiani residenti all’estero, confermano all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate, competente per l’ultimo domicilio fiscale, che il richiedente ha effettivamente cessato la residenza nel territorio nazionale (art. 83, c. 16 e 17, D.L. n. 112/2008).

Per il triennio successivo alla richiesta di iscrizione, l’effettività della cessazione della residenza nel territorio nazionale è sottoposta a vigilanza da parte dei Comuni e dell’Agenzia delle Entrate, la quale si avvale delle facoltà istruttorie previste ai fini dell’accertamento delle imposte (D.P.R. n. 600/1973).

1.2.3. Redditi detenuti in Paesi black list

1.2.3.Redditi detenuti in Paesi black list

Gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenuti negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato (D.M. 4 maggio 1999 e D.M. 21 novembre 2001), senza tener conto delle limitazioni ivi previste, in violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale (e cioè di compilazione del quadro RW del Mod. Redditi - PF) (17.5.), ai soli fini fiscali si presumono costituiti mediante redditi sottratti a tassazione, salva la prova contraria (art. 12, D.L. n. 78/2009).

In tale caso sono raddoppiati:

  • i termini di accertamento ai fini delle imposte sui redditi (art. 43, c. 1 e 2, D.P.R. n. 600/1973) e IVA (art. 57, c. 1 e 2, D.P.R. n. 633/1972) (72.2.);

  • le sanzioni (art. 1, D.Lgs. n. 471/1997) (76.2.).

1.3. Soggetti non residenti

1.3.Soggetti non residenti

I soggetti non residenti sono tassati in Italia esclusivamente sui redditi ivi prodotti.

A tal fine, si applicano le disposizioni IRPEF previste per i non residenti (9.) (artt. 23 e 24, D.P.R. n. 917/1986). Per coloro che trasferiscono la residenza in Italia sono previste alcune agevolazioni (9.6.).

1.4. Imputazione dei redditi nella famiglia

1.4.Imputazione dei redditi nella famiglia

1.4.1. Redditi dei beni in comunione

1.4.1.Redditi dei beni in comunione

I redditi derivanti dai beni in regime di comunione legale sono imputati a ciascuno dei coniugi per metà del loro ammontare netto o per la diversa quota, se così è stabilito da una convenzione modificativa (art. 4, c. 1, lett. a), D.P.R. n. 917/1986).

Fanno parte della comunione legale (art. 177 c.c.):

  • gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali;

  • i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione;

  • i proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati;

  • le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio;

  • i beni destinati all’esercizio dell’impresa di uno dei coniugi, costituita dopo il matrimonio, e gli incrementi dell’impresa costituita anche precedentemente (solo se sussistono al momento dello scioglimento della comunione).

Proventi dell’attività separata di ciascun coniuge - Sono imputati a quest’ultimo per l’intero ammontare, anche in presenza di comunione legale.

Redditi esclusi dalla comunione - Sono imputati unicamente al coniuge che li possiede.

Non costituiscono oggetto della comunione e sono beni personali del coniuge (art. 179 c.c.):

  • i beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento;

  • i beni acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione, quando nell’atto di liberalità o nel testamento non è specificato che essi sono attribuiti alla comunione;

  • i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori;

  • i beni che servono all’esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di una azienda facente parte della comunione;

  • i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa;

  • i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o col loro scambio purché ciò sia espressamente dichiarato all’atto dell’acquisto.

Scioglimento della comunione - I beni vengono divisi tra i coniugi. Questi ultimi, per il futuro, diventano quindi titolari solo dei redditi derivanti dai beni loro spettanti.

I frutti dei beni propri e i proventi delle attività personali (ad esempio dividendi su azioni) percepiti e non consumati al momento dello scioglimento della comunione si considerano appartenenti alla comunione.

1.4.2. Redditi dei beni in separazione

1.4.2.Redditi dei beni in separazione

Nel caso in cui i coniugi siano in regime di separazione legale dei beni (art. 215 c.c.), ciascuno mantiene la titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio. In tal caso, ad ognuno è imputato il reddito derivante dai beni di sua proprietà.

1.4.3. Fondo patrimoniale

1.4.3.Fondo patrimoniale

I redditi dei beni che formano oggetto del fondo patrimoniale sono imputati per metà del loro ammontare netto a ciascuno dei coniugi (art. 4, c. 1, lett. b), D.P.R. n. 917/1986).

Il fondo patrimoniale è un complesso di beni, appartenenti ad un terzo, o ad entrambi i coniugi, o ad uno solo di essi, destinati dal loro titolare al soddisfacimento dei bisogni e degli interessi della famiglia.

L’atto costitutivo del fondo patrimoniale è rappresentato:

  • necessariamente da un atto tra vivi, nel caso di costituzione ad opera di entrambi i coniugi;

  • da un atto tra vivi o da testamento, nel caso di costituzione ad opera di terzo.

Nel caso di cessazione del fondo si applicano le stesse regole relative allo scioglimento della comunione (1.4.1.).

1.4.4. Figli minorenni

1.4.4.Figli minorenni

I redditi derivanti dai beni appartenenti ai figli minori, non emancipati, subiscono un diverso trattamento fiscale a seconda che ricadano o meno nell’usufrutto legale dei genitori.

Per i beni soggetti all’usufrutto legale, i redditi sono imputati a ciascun genitore per metà del loro ammontare netto (art. 4, c. 1, lett. c), D.P.R. n. 917/1986).

Se vi è un solo genitore o se l’usufrutto legale spetta ad un solo genitore, i redditi gli sono imputati per l’intero ammontare.

I beni che non ricadono nell’usufrutto legale (art. 324, c. 3 c.c.) sono, invece, ricondotti direttamente al minore, in qualità di autonomo soggetto passivo d’imposta.

Beni esclusi dall’usufrutto legale
Proventi derivanti da attività proprie di lavoro e i beni acquistati con tali proventi
Beni lasciati al minore per intraprendere una professione, un’arte o una carriera
Beni lasciati o donati con la condizione che i genitori esercenti la responsabilità genitoriale o uno di essi non ne abbiano l’usufrutto (tale condizione, però, non ha effetto per i beni spettanti al figlio a titolo di legittima)
Beni pervenuti al figlio per eredità, legato o donazione e accettati nell’interesse del figlio contro la volontà dei genitori (se uno solo di essi era favorevole all’accettazione, l’usufrutto legale spetta esclusivamente a lui)
Pensioni di reversibilità attribuibili pro quota al figlio minore (circ. 23 dicembre 1997, n. 326, par. 1.4)

1.5. Soci di società di persone

1.5.Soci di società di persone

I soci delle società di persone e assimilate residenti in Italia sono soggetti all’IRPEF per i redditi da queste derivanti (14.7.) (art. 5, D.P.R. n. 917/1986), mentre la società non è soggetta ad IRPEF, ma sconta solamente l’IRAP (37.1.).

Rientrano in tale ipotesi i soci di:

  • società di persone (società semplici, società in nome collettivo, società in accomandita semplice);

  • società equiparate alle società di persone;

  • associazioni senza personalità giuridica tra artisti e professionisti per lo svolgimento di attività professionale;

  • Gruppi Europei di Interesse Economico (GEIE) residenti in Italia, ovvero che vi abbiano una Stabile Organizzazione.

1.6. Decesso del contribuente

1.6.Decesso del contribuente

In caso di morte del contribuente, salvo che si sia in presenza di eredità giacente (art. 187, D.P.R. n. 917/1986), i redditi del de cuius sono tassati in capo agli eredi e ai legatari che li hanno percepiti, secondo le disposizioni della tassazione separata (8.9.) (art. 7, c. 3, D.P.R. n. 917/1986).

Ipotesi Soggetti passivi e adempimenti
Eredità giacente e
non ancora accettata
Non esiste un soggetto passivo d’imposta. Se questa situazione si protrae oltre il periodo d’imposta nel quale è avvenuto il decesso, responsabile per la dichiarazione dei redditi e per il versamento delle imposte gravanti sull’eredità è il curatore dell’eredità.
Il reddito imponibile è calcolato, in via provvisoria, applicando le regole proprie di ciascuna categoria di reddito.
Eredità accettata Soggetti passivi diventano gli eredi, con effetto retroattivo sin dal momento dell’apertura della successione.
Gli eredi sono responsabili delle obbligazioni del defunto, distinguendo tra:
- redditi posseduti dal defunto (o nella sua disponibilità) anteriormente alla sua morte: gli eredi rispondono solo dell’imposta dovuta e rispondono in solido delle obbligazioni tributarie (art. 65, D.P.R. n. 600/1973). La sanzioni, quindi, non possono essere trasmesse agli eredi (art. 8, D.Lgs. n. 472/1997);
- redditi prodotti dal defunto, ma percepiti dagli eredi: ne rispondono gli eredi, i quali assumono la veste di soggetti passivi d’imposta. Si applica la tassazione separata (8.9.).
Eredità accettata
con beneficio d’inventario
Gli eredi sono soggetti obbligati per i debiti d’imposta (compresi gli interessi, ma escluse le sanzioni) del defunto nei limiti del valore dei beni ereditati.
Eredità devoluta sotto
condizione sospensiva
- Prima del verificarsi della condizione: non esiste un soggetto passivo d’imposta;
- se il mancato verificarsi della condizione si protrae oltre il periodo di imposta del decesso: l’amministratore dell’eredità è responsabile per la dichiarazione dei redditi e per il versamento delle imposte gravanti sull’eredità.
Eredità devoluta nei confronti di un nascituro non ancora concepito Dopo il verificarsi della condizione, soggetti passivi sono gli eredi, con effetto retroattivo sin dal momento dell’apertura della successione, ed è possibile effettuare la liquidazione definitiva delle imposte.
Scomparsa e dichiarazione di morte presunta Soggetti passivi d’imposta sono gli immessi nel possesso dei beni dell’assente (in caso di scomparsa) o del defunto (in caso di morte presunta).

1.6.1. Adempimenti del curatore di eredità giacente

1.6.1.Adempimenti del curatore di eredità giacente

I curatori di eredità giacenti e gli amministratori di eredità devolute sotto condizione sospensiva o in favore di nascituri non ancora concepiti devono presentare:

  • le dichiarazioni dei redditi, nei termini ordinari, relative al periodo d’imposta nel quale hanno assunto le rispettive funzioni e quelle relative ai periodi d’imposta successivi fino al periodo d’imposta anteriore a quello in cui cessa la curatela o l’amministrazione, entro 6 mesi dalla data di assunzione delle funzioni (art. 5-ter, D.P.R. n. 322/1998);

  • le dichiarazioni relative al periodo d’imposta nel quale si è aperta la successione, se anteriore a quello nel quale hanno assunto le funzioni, e agli altri periodi d’imposta già decorsi anteriormente a quest’ultimo;

  • la dichiarazione dei redditi posseduti nell’ultimo periodo d’imposta dal contribuente deceduto e, se il relativo termine non era scaduto alla data del decesso, quella dei redditi posseduti nel periodo d’imposta precedente.

I curatori e gli amministratori devono inoltre:

  • adempiere per i periodi d’imposta nei quali hanno assunto le rispettive funzioni e per i periodi d’imposta successivi fino a quello anteriore al periodo d’imposta nel quale cessa la curatela o l’amministrazione, se nell’asse ereditario sono comprese aziende commerciali o agricole, gli obblighi contabili e quelli a carico dei sostituti d’imposta;

  • presentare, entro 6 mesi dalla data di assunzione delle funzioni, le dichiarazioni di sostituto d’imposta relative ai pagamenti effettuati nei periodi d’imposta considerati nei punti 2) e 3) di cui sopra;

  • comunicare mediante raccomandata all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate, entro 60 giorni, l’assunzione e la cessazione delle funzioni; la comunicazione di cessazione deve contenere l’indicazione dei dati identificativi degli eredi e delle quote ereditarie di ciascuno di essi.

L’erede, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale è cessata la curatela o l’amministrazione, deve darne comunicazione e indicare l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate del domicilio fiscale del contribuente deceduto, i dati identificativi del curatore o dell’amministratore e degli altri eredi e la propria quota di eredità. Nella stessa dichiarazione può essere esercitata, per ciascuno degli anni per i quali i redditi sono stati determinati in via provvisoria, la facoltà di tassazione separata (8.9.) (art. 17, c. 3, D.P.R. n. 917/1986).

Dalla data di presentazione della dichiarazione o, in mancanza, dalla data in cui avrebbe dovuto essere presentata, decorre il termine per la liquidazione definitiva delle imposte.

Nei confronti del curatore o dell’amministratore i termini pendenti alla data di apertura della successione e quelli aventi inizio prima della data di assunzione delle funzioni sono sospesi fino a tale data e sono prorogati di 6 mesi.

1.7. Soggetti falliti

1.7.Soggetti falliti

Nel caso di fallimento, il fallito resta il soggetto sul quale grava il prelievo, mentre il curatore fallimentare o il commissario liquidatore agiscono solo come organo di gestione per la liquidazione del patrimonio del contribuente (art. 183, D.P.R. n. 917/1986).

Periodo di riferimento Regole
Periodo compreso tra l’inizio
dell’esercizio e la dichiarazione
di fallimento
- Il reddito di impresa è determinato in base al bilancio redatto dal curatore.
- Per le imprese individuali e per le società in nome collettivo e in accomandita semplice tale reddito concorre a formare il reddito complessivo dell’imprenditore, dei familiari partecipanti all’impresa o dei soci relativo al periodo di imposta in corso alla data della dichiarazione di fallimento.
Periodo compreso tra l’inizio
e la chiusura del procedimento
concorsuale
- Il reddito di impresa è costituito dalla differenza tra il residuo attivo e il patrimonio netto dell’impresa o della società all’inizio del procedimento, determinato in base ai valori fiscalmente riconosciuti.
- Per le imprese individuali e per le società in nome collettivo e in accomandita semplice la predetta differenza è diminuita dei corrispettivi delle cessioni di beni personali dell’imprenditore o dei soci compresi nel fallimento o nella liquidazione ed è aumentata dei debiti personali dell’imprenditore o dei soci pagati dal curatore o dal commissario liquidatore.
- Ai fini IRPEF il reddito che ne risulta è imputato all’imprenditore, ai familiari partecipanti all’impresa o ai soci nel periodo di imposta in cui si è chiuso il procedimento.
- Il patrimonio netto dell’impresa o della società all’inizio del procedimento concorsuale è determinato mediante il confronto secondo i valori riconosciuti ai fini delle imposte sui redditi, tra le attività e le passività risultanti dal bilancio redatto e allegato alla dichiarazione iniziale del curatore.
- Il patrimonio netto è considerato nullo se l’ammontare delle passività è pari o superiore a quello delle attività.

1.8. Nudo proprietario e usufruttuario

1.8.Nudo proprietario e usufruttuario

In caso di usufrutto o altro diritto reale, soggetto passivo dell’imposta è solo l’usufruttuario o il titolare del diritto reale di godimento.

Se l’usufrutto è parziale, il reddito deve essere imputato pro-quota anche al proprietario.

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