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    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

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    Autore:

    AA.VV.

    Editore:

    IPSOA

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    FISCO

    19. PRESUPPOSTO IMPOSITIVO E SOGGETTI PASSIVI

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    19.1. Presupposto impositivo - 19.2. Soggetti passivi - 19.2.1. Stato ed enti pubblici - 19.2.2. Enti commerciali - 19.2.3. Enti non commerciali residenti - 19.2.4. Intermediari finanziari e società di partecipazione - 19.3.Enti e società non residenti - 19.3.1. Residenza fiscale delle società - 19.3.2. Società “esterovestite” - 19.3.3. Trust - 19.3.4. OICR

    19.1. Presupposto impositivo

    19.1.Presupposto impositivo

    Così come previsto per l’IRPEF (2.2.) (art. 6, D.P.R. n. 917/1986) il presupposto dell’Imposta sul reddito delle società (IRES) è il possesso di redditi, in denaro o in natura, rientranti in una delle seguenti categorie (art. 72, D.P.R. n. 917/1986):

    • redditi fondiari;

    • redditi di capitale;

    • redditi di lavoro dipendente;

    • redditi di lavoro autonomo;

    • redditi d’impresa;

    • redditi diversi.

    19.2. Soggetti passivi

    19.2.Soggetti passivi

    Sono soggetti all’Imposta sul reddito delle società (IRES) (art. 73, D.P.R. n. 917/1986):

    • le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato;

    • gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;

    • gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;

    • le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato, incluse le società di persone e le associazioni (art. 5, D.P.R. n. 917/1986).

    Tra gli enti diversi dalle società sono inclusi, oltre alle persone giuridiche, le associazioni non riconosciute, i consorzi e le altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi, nei confronti delle quali il presupposto dell’imposta si verifica in modo unitario e autonomo.

    Rientrano nel campo di applicazione dell’IRES anche le Società Europee (SE) (Reg. CE n. 2157/2001) e le Società Cooperative Europee (SCE) (Reg. CE n. 1435/2003).

    Rientra tra i soggetti passivi IRES la comunione familiare, quale ente associativo con personalità giuridica di diritto privato preposto all’amministrazione di beni oggetto di comunione privatistica, il cui godimento non è rivolto a favore dell’intera collettività locale ma di soggetti determinati (ris. 7 luglio 2010, n. 69/E).

    Non hanno, invece, soggettività IRES autonoma i patrimoni destinati ad uno specifico affare costituiti a norma dell’art. 2447-bis c.c.

    Soggetti Residenza
    nel territorio
    dello Stato
    Art. 73,
    D.P.R. n. 917/1986
    - Società per azioni (art. 2325 c.c.)
    - società in accomandita per azioni (art. 2452 c.c.)
    - società a responsabilità limitata (art. 2462 c.c.)
    - società cooperative (art. 2511 c.c.)
    - società di mutua assicurazione (art. 2546 c.c.)
    - società europee (Reg. CE n. 2157/2001)
    - società cooperative europee (Reg. CE n. 1435/2003).
    SÌ lett. a)
    Enti pubblici e privati diversi dalle società e trust che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali. SÌ lett. b)
    Enti pubblici e privati diversi dalle società e trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale nonché gli organismi di investimento collettivo del risparmio. SÌ lett. c)
    Società ed enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato. NO lett. d)

    19.2.1. Stato ed enti pubblici

    19.2.1.Stato ed enti pubblici

    Sono esclusi dall’IRES lo Stato e gli enti pubblici.

    In particolare, l’esclusione si applica per:

    • gli organi e le Amministrazioni dello Stato, compresi quelli ad ordinamento autonomo, anche se dotati di personalità giuridica;

    • i Comuni;

    • i consorzi tra enti locali;

    • le associazioni e gli enti gestori di demanio collettivo;

    • le Comunità montane;

    • le Province e le Regioni.

    Inoltre, non costituiscono esercizio dell’attività commerciale e sono, pertanto, escluse dall’IRES l’esercizio di:

    • funzioni statali da parte di enti pubblici;

    • attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di enti pubblici istituiti esclusivamente a tal fine, comprese le Aziende sanitarie locali;

    • attività previdenziali e assistenziali esercitate da enti privati di previdenza obbligatoria (art. 38, c. 11, D.L. n. 78/2010).

    Si considera esercizio di funzioni statali da parte di enti pubblici anche l’attività di formazione universitaria posta in essere dalle Università non statali legalmente riconosciute che hanno ottenuto l’autorizzazione a rilasciare titoli di studio universitario aventi valore legale, non costituite sotto forma di società commerciali (art. 1, c. 721, Legge n. 160/2019).

    Le aziende sanitarie sono soggette a tassazione IRES per i redditi dei terreni, dei fabbricati, di capitale; la normativa fiscale le esenta da tassazione esclusivamente per l’attività istituzionale sanitaria (Cass. 12 gennaio 2012, n. 288).

    19.2.2. Enti commerciali

    19.2.2.Enti commerciali

    Sono considerati soggetti all’IRES gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti in Italia che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (art. 73, c. 1, lett. b), D.P.R. n. 917/1986).

    Tra gli enti privati commerciali si annoverano, a titolo esemplificativo, le associazioni non riconosciute e i consorzi.

    Tra gli enti pubblici commerciali rientrano, invece, le c.d. “aziende speciali” costituite per la gestione di servizi pubblici aventi rilevanza economica.

    Per la disciplina fiscale degli enti non commerciali si rimanda al capitolo (27.).

    Determinazione della natura commerciale dell’ente - Per individuare la natura “commerciale” dell’ente occorre rifarsi all’oggetto del medesimo (27.3.1.).

    Enti diversi - Si comprendono, oltre alle persone giuridiche, le associazioni non riconosciute, i consorzi e le altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi, nei confronti delle quali il presupposto dell’imposta si verifica in modo unitario e autonomo.

    Consorzi che rientrano nell’IRES
    Soggetti Riferimenti
    Consorzi che coordinano i lavori di imprese consortili ris. 19 dicembre 1976, n. 9/1450
    Consorzi costituti al fine di partecipare a gare di appalto per lavori da attuare in aeroporti ris. 19 dicembre 1976, n. 9/1450
    Consorzi i di bonifica ris. 24 aprile 1976, n. 10/631
    Consorzio per lo sviluppo industriale del Mezzogiorno ris. 4 novembre 1978, n. 11/1440
    Consorzi per la fornitura di acqua ai Comuni ris. 1° aprile 1980, n. 11/242
    Consorzi per la manutenzione delle strade di uso pubblico ris. 23 settembre 2002, n. 307/E
    Aziende speciali costituite dalle Camere di commercio ris. 23 marzo 2005, n. 37/E

    Associazioni Temporanee tra Imprese (ATI) - L’Associazione Temporanea tra Imprese (ATI), generalmente, non dà origine ad un soggetto fiscalmente autonomo.

    Si tratta, infatti, di forme giuridiche di collaborazione tra imprese autonome per la conclusione di un singolo affare, previste solo per particolari attività (generalmente appalti di opere pubbliche).

    Sulla qualificazione fiscale di tali soggetti, però, non c’è uniformità di vedute tra Amministrazione finanziaria e giurisprudenza. In particolare, secondo l’orientamento di prassi dominante, nel caso in cui le imprese raggruppate si comportino, nell’esecuzione dell’appalto, in modo unitario e indistinto, può determinarsi un’autonomia soggettiva in capo all’ATI (ris. 13 luglio 2007, n. 172/E e ris. 28 giugno 1988, n. 550231).

    Di diverso avviso è la giurisprudenza di legittimità secondo cui l’ATI non è configurabile come autonomo ed unitario soggetto tributario e non è, quindi, assimilabile agli enti commerciali (Cass. 20 marzo 2009, n. 6791).

    19.2.3. Enti non commerciali residenti

    19.2.3.Enti non commerciali residenti

    Rientrano tra i soggetti passivi IRES gli enti pubblici e privati, diversi dalle società, nonché i trust, residenti in Italia che non hanno quale oggetto principale o esclusivo l’esercizio di attività commerciali (27.) (art. 73, c. 1, lett. c), D.P.R. n. 917/1986).

    Determinazione della natura commerciale o non commerciale dell’ente - Per quanto riguarda i criteri di legge per individuare la natura commerciale o non commerciale dell’ente, nel momento in cui esso eserciti più attività valgono le stesse considerazioni fatte a proposito degli enti commerciali (19.2.2.).

    19.2.4. Intermediari finanziari e società di partecipazione

    19.2.4.Intermediari finanziari e società di partecipazione

    Intermediari finanziari - Ai fini IRES (e IRAP) si definiscono intermediari finanziari (art. 162-bis, D.P.R. n. 917/1986):

    • le banche italiane, le società finanziarie italiane, le società di partecipazione finanziaria mista italiane, le SIM, le società che controllano SIM, le società di gestione del risparmio, le agenzie di prestito su pegno, gli istituti di moneta elettronica e gli istituti di pagamento (art. 2, c. 1, lett. c) D.Lgs. n. 38/2005) nonché i soggetti con stabile organizzazione nel territorio dello Stato aventi le stesse caratteristiche;

    • i confidi iscritti nell’apposito elenco (art. 112-bis, D.Lgs. n. 385/1993);

    • gli operatori del microcredito iscritti nell’apposito elenco (art. 111, D.Lgs. n. 385/1993);

    • i soggetti che esercitano in via esclusiva o prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni in intermediari finanziari, diversi da quelli indicati al numero 1);

    Società di partecipazione - Si definiscono:

    • società di partecipazione finanziaria: i soggetti che esercitano in via esclusiva o prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni in intermediari finanziari;

    • società di partecipazione non finanziaria e assimilati:

      • i soggetti che esercitano in via esclusiva o prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni in soggetti diversi dagli intermediari finanziari;

      • i soggetti che svolgono attività non nei confronti del pubblico.

    L’esercizio in via prevalente di attività di assunzione di partecipazioni in:

    • intermediari finanziari sussiste quando, in base ai dati del bilancio approvato relativo all’ultimo esercizio chiuso, l’ammontare complessivo delle partecipazioni in detti intermediari finanziari e altri elementi patrimoniali intercorrenti con gli stessi, unitariamente considerati, inclusi gli impegni ad erogare fondi e le garanzie rilasciate, sia superiore al 50% del totale dell’attivo patrimoniale, inclusi gli impegni ad erogare fondi e le garanzie rilasciate.

    • soggetti diversi dagli intermediari finanziari sussiste quando in base ai dati del bilancio approvato relativo all’ultimo esercizio chiuso, l’ammontare complessivo delle partecipazioni in detti soggetti e altri elementi patrimoniali intercorrenti con i medesimi, unitariamente considerati, sia superiore al 50% del totale dell’attivo patrimoniale.

    19.3. Enti e società non residenti

    19.3.Enti e società non residenti

    Sono soggetti passivi dell’IRES le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti in Italia (art. 73, c. 1, lett. d), D.P.R. n. 917/1986).

    19.3.1. Residenza fiscale delle società

    19.3.1.Residenza fiscale delle società

    Con l’entrata in vigore della riforma della fiscalità internazionale (D.Lgs. n. 209/2023), a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 29 dicembre 2023 (art. 7, D.Lgs. n. 209/2023) è cambiata la disciplina sulla residenza fiscale delle società (art. 2, D.Lgs. n. 209/2023; circ. 4 novembre 2024, n. 20/E).

    Ai fini delle imposte sui redditi, si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno nel territorio dello Stato la sede legale o la sede di direzione effettiva o la gestione ordinaria in via principale (art. 73, c. 3, D.P.R. n. 917/1986).

    Di conseguenza, il concetto di “sede dell’amministrazione” e quello di “oggetto principale” sono sostituiti da sede di direzione effettiva e di gestione ordinaria in via principale.

    Viene fornita una definizione specifica di sede di direzione effettiva, ai sensi della quale si intende la continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso.

    Per gestione ordinaria si intende il continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso.

    Su tale aspetto, si registra un allineamento con i chiarimenti forniti dal paragrafo 24.1 del Commentario all'art. 4 del Modello OCSE, secondo cui, tra i fattori considerati per la risoluzione del conflitto di residenza a favore di uno Stato contraente, è compreso il luogo dove avviene la gestione quotidiana dell'attività. Il criterio di collegamento in esame deve, quindi, essere associato al luogo in cui si esplicano il normale funzionamento della società e gli adempimenti che attengono all'ordinaria amministrazione della stessa (circ. 4 novembre 2024, n. 20/E).

    La disciplina prevista dalla Riforma è efficace a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 29 dicembre 2023: pertanto, la novella si applica dal 1° gennaio 2024 per le società e gli enti aventi l'esercizio coincidente con l'anno solare.

    Per le società o gli enti con esercizio non coincidente con l'anno solare (c.d. esercizio a cavallo d'anno) la nuova determinazione della residenza è efficace dal periodo successivo a quello in corso al 29 dicembre 2023, continuando ad operare la disciplina previgente nel periodo d'imposta in corso fino alla chiusura dell'esercizio a cavallo d'anno.

    Nozione di residenza fiscale ante riforma fiscalità internazionale - In base alle regole precedenti all’entrata in vigore della riforma sulla fiscalità internazionale e, quindi, fino al periodo d’imposta in corso al 29 dicembre 2023 (D.Lgs. n. 209/2023), si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato.

    Pertanto, i tre elementi alternativi, da considerare al fine di stabilire la residenza fiscale di una società o di un ente, sono:

    • la sede legale;

    • la sede amministrativa;

    • l’oggetto esclusivo o principale.

    Requisiti Determinazione
    Sede legale Luogo che è espressamente indicato nello statuto o atto costitutivo.
    Sede amministrativa Luogo ove il soggetto titolare del potere esecutivo esercita le sue attività e funzioni, con carattere di stabilità ed effettività, in relazione alla gestione della società.
    Oggetto esclusivo o principale dell’ente È determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto.
    In mancanza dell’atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l’oggetto principale dell’ente residente è determinato in base all’attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato; tale disposizione si applica in ogni caso agli enti non residenti.

    Doppia residenza - Nel caso in cui la stessa società o ente risulta essere fiscalmente residente in più Stati o, viceversa, situazioni in cui, per un certo lasso di tempo, potrebbe non risultare più residente nel Paese d’origine, ma non ancora residente in quello di destinazione, vanno verificati, caso per caso, i criteri di collegamento dell’impresa con l’ordinamento interno ovvero con quello estero (ris. 17 gennaio 2006, n. 9/E).

    In presenza di convenzione internazionale stipulato con gli Stati interessati, si adottano gli specifici rimedi ivi previsti (generalmente si fa riferimento all’art. 4 per le convenzioni stipulate secondo il Modello OCSE), salvo i casi in cui la normativa nazionale non ne offra uno più favorevole.

    19.3.2. Società “esterovestite”

    19.3.2.Società “esterovestite”

    Salvo prova contraria, si considerano residenti nel territorio dello Stato le società ed enti (prima dell’entrata in vigore della riforma di cui al D.Lgs. n. 209/2023 e, quindi, fino al periodo d’imposta in corso al 29 dicembre 2023, si faceva riferimento alla sede dell’amministrazione delle società), che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell’art. 2359, c. 1, c.c., nelle società di capitali ed enti commerciali residenti (art. 73, c. 1, lett. a) e b), D.P.R. n. 917/1986) se, in alternativa (art. 73, c. 5-bis e 5-ter, D.P.R. n. 917/1986):

    • sono controllate, anche indirettamente, ai sensi dell’art. 2359, c. 1, c.c., da soggetti residenti nel territorio dello Stato;

    • sono amministrate da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza da consiglieri residenti nel territorio dello Stato.

    Controllo societario secondo il Codice civile
    Definizione di società controllate Valorizzazione dei voti
    1) Società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria. Si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.
    2) Società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria.
    3) Società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

    Per le persone fisiche devono essere computati anche i voti spettanti al coniuge, ai familiari entro il terzo grado ed agli affini entro il secondo (art. 5, c. 5, D.P.R. n. 917/1986).

    È prevista l’inversione, a carico del contribuente, dell’onere della prova, sollevando l’Amministrazione finanziaria dalla necessità di provare l’effettiva sede della amministrazione di entità che presentano elementi di collegamento con il territorio dello Stato molteplici e significativi.

    In tal modo si intende porre un freno al fenomeno delle c.d. “esterovestizioni”, consistenti nella localizzazione della residenza fiscale delle società in Stati esteri al prevalente scopo di sottrarsi agli obblighi fiscali previsti dall’ordinamento di appartenenza.

    La norma è applicabile anche nelle ipotesi in cui tra i soggetti residenti controllanti e controllati si interpongano più sub-holding estere.

    La presunzione di residenza in Italia della società estera che direttamente controlla una società italiana rende operativa, infatti, la presunzione anche per la società estera inserita nell’anello immediatamente superiore della catena societaria; quest’ultima si trova, infatti, a controllare direttamente la sub-holding estera, considerata residente in Italia.

    Il presupposto per la sussistenza del controllo (dei soggetti residenti sull’entità estera e di questa su società ed enti residenti) - e quindi della localizzazione in Italia della sede dell’amministrazione - deve valutarsi con riferimento alla data di chiusura dell’esercizio dell’entità controllata localizzata all’estero.

    Ovviamente, non è preclusa all’Amministrazione la possibilità di dedurre - anche in altri casi e assumendosene l’onere - la residenza in Italia di entità esterovestite.

    Effetti - Il soggetto estero si considera, ad ogni effetto, residente nel territorio dello Stato ed è quindi soggetto a tutti gli obblighi strumentali e sostanziali che l’ordinamento prevede per le società e gli enti residenti.

    A titolo esemplificativo, gli effetti di più immediato impatto per le sub-holding esterovestite riguardano:

    • i capital gain realizzati dalla cessione di partecipazioni da assoggettare al regime di imponibilità o di esenzione previsti dagli artt. 86 e 87 del TUIR;

    • le ritenute da operare sui pagamenti di interessi, dividendi e royalty corrisposti a non residenti o sui pagamenti di interessi e royalty corrisposti a soggetti residenti fuori del regime d’impresa;

    • il concorso al reddito in misura pari al 100% del loro ammontare degli utili di partecipazione provenienti da società residenti in Stati o territori a fiscalità privilegiata.

    Al contrario, i predetti soggetti non devono subire ritenute sui flussi di dividendi, interessi e royalty in uscita dall’Italia e possono scomputare in sede di dichiarazione annuale le ritenute eventualmente subite nel periodo d’imposta per il quale sono da considerare residenti, anche se inizialmente operate a titolo d’imposta.

    Prova contraria - Il soggetto per vincere la presunzione deve dimostrare, con argomenti adeguati e convincenti, che la sede di direzione effettiva della società non è in Italia, bensì all’estero.

    Tali argomenti e prove devono dimostrare che, nonostante i citati presupposti di applicabilità della norma, esistono elementi di fatto, situazioni od atti idonei a dimostrare un concreto radicamento della direzione effettiva nello Stato estero.

    La prova circa l’esistenza all’estero della sede dell’Amministrazione deve essere fornita in sede di accertamento e non tramite la procedura di interpello c.d. “disapplicativo” (ris. 5 novembre 2007, n. 312/E).

    Compatibilità con il Trattato dell’Unione europea e con le convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia - Sotto il profilo della compatibilità comunitaria, la norma è coerente con l’orientamento della Corte di giustizia, che nella sentenza Centros (causa C-81/87) ha affermato il principio secondo cui gli Stati membri sono liberi di determinare il criterio di collegamento di una società con il territorio dello Stato.

    Principio che risulta, indirettamente, confermato anche dalla sentenza emessa nella causa C-208/00, relativa ad una controversia concernente una società olandese che, in base all’ordinamento tedesco, era stata considerata residente in Germania a partire dal momento in cui le sue quote di maggioranza erano state acquistate da cittadini ivi residenti (circ. 4 agosto 2006, n. 28/E).

    Inoltre, la possibilità di fornire la prova contraria garantisce la valutazione case by case e dunque la proporzionalità della norma rispetto al fine perseguito, necessario a mitigare la portata generale delle disposizioni antielusive.

    Né si ravvisano profili di contrasto con le convenzioni contro le doppie imposizioni, stipulate dall’Italia.

    Queste ultime, infatti, non interferiscono con i differenti criteri di collegamento soggettivo che ciascuno Stato seleziona per stabilire la residenza di un soggetto sul proprio territorio, limitandosi a indicare quali elementi e circostanze devono essere, prioritariamente, valutati in ipotesi di doppia residenza.

    L’effettiva sede della amministrazione è uno di questi elementi. Per di più, esso è - nella gran parte delle convenzioni - quello determinante per l’attribuzione della residenza di soggetti diversi dalle persone fisiche.

    La reale presenza della sede della amministrazione nell’uno o nell’altro ordinamento implica, poi, accertamenti di merito e diventa una mera questione di prova da valutare sulla base dei principi interpretativi, affermatisi a livello internazionale e rinvenibili nello stesso Commentario al Modello OCSE di Convenzione.

    Collegamento con le norme sulle CFC - In merito agli effetti della norma con la disciplina sulle Controlled Foreign Companies (CFC) (31.3.) (art. 167, D.P.R. n. 917/1986), nel particolare caso in cui un soggetto residente controlli una società o un ente residente o localizzato in Stati o territori a fiscalità privilegiata che, a sua volta, detenga partecipazioni di controllo in società di capitali o enti commerciali residenti in Italia, è evidente che la presunzione di residenza nel territorio dello Stato dell’entità estera rende - in punto di principio - inoperante tale disciplina.

    Non è imputabile al soggetto controllante il reddito che la controllata stessa, in quanto residente, è tenuta a dichiarare in Italia.

    Qualora, tuttavia, sia fornita la prova contraria, atta a vincere la presunzione di residenza in Italia, la controllata non residente rimane attratta - ricorrendone le condizioni - alla disciplina CFC.

    In altri termini, il reddito della controllata estera non assoggettato a tassazione in Italia in dipendenza del suo - comprovato - status di società non residente resta imputabile per trasparenza al soggetto controllante (art. 167, D.P.R. n. 917/1986).

    L’effettiva localizzazione della sede della amministrazione della controllata estera fuori del territorio dello Stato, e quindi la sua autonomia decisionale e di gestione, non escludono, infatti, che il suo reddito sia da considerare nella disponibilità economica del controllante residente.

    Soggetti con investimenti in fondi d’investimento immobiliari chiusi - Salvo prova contraria, si considerano residenti nel territorio dello Stato le società o enti il cui patrimonio sia investito in misura prevalente in quote di fondi d’investimento immobiliare chiusi (art. 37, D.Lgs. n. 58/1998), e siano controllati direttamente o indirettamente, per il tramite di società fiduciarie o per interposta persona, da soggetti residenti in Italia (art. 73, c. 5-quater, D.P.R. n. 917/1986).

    Il controllo è individuato ai sensi dell’art. 2359, c. 1 e 2, c.c., anche per partecipazioni possedute da soggetti diversi dalle società.

    19.3.3. Trust

    19.3.3.Trust

    Tra i soggetti passivi IRES sono inseriti anche i trust (29.6.3.).

    In particolare, ai fini della determinazione del reddito del trust, rilevano in Italia:

    • per i trust residenti nel territorio dello Stato che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, in quanto “enti commerciali” (art. 73, c. 1, lett. b), D.P.R. n. 917/1986), tutti i redditi ovunque prodotti;

    • per i trust residenti nel territorio dello Stato che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, in quanto “enti non commerciali” (art. 73, c. 1, lett. c), D.P.R. n. 917/1986), tutti i redditi ovunque prodotti;

    • per i trust non residenti, i soli redditi prodotti nel territorio dello Stato, in quanto “enti non residenti” (art. 73, c. 1, lett. d), D.P.R. n. 917/1986), salvo le seguenti ipotesi:

      • beneficiario “individuato” residente; e

      • beneficiario residente di trust opaco stabilito in Paesi a fiscalità privilegiata.

    Nelle ultime due ipotesi (casi in cui si applica, rispettivamente, l’art. 73, c. 2, D.P.R. n. 917/1986 per i trust trasparenti non residenti e l’art. 44, c. 1, lett. g-sexies), D.P.R. n. 917/1986 per le attribuzioni da parte di trust opachi stabiliti in Stati aventi un regime fiscale privilegiato con riferimento ai redditi da essi prodotti) nei confronti del beneficiario residente (ai fini della imputazione o dell’attribuzione) rileva il reddito complessivamente prodotto dal trust non residente riferibile al beneficiario, indipendentemente dal rispetto del requisito di territorialità (circ. 20 ottobre 2022, n. 34/E).

    Nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell’atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali.

    Inoltre, si considerano residenti nel territorio dello Stato, salvo prova contraria:

    • i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Paesi diversi da quelli che permettono uno scambio di informazioni (D.M. 4 settembre 1996), in cui almeno uno dei disponenti ed almeno uno dei beneficiari del trust siano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato;

    • i trust istituiti in uno Stato diverso da quelli che permettono uno scambio di informazioni, quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto residente nel territorio dello Stato effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonché vincoli di destinazione sugli stessi.

    Ai fini della individuazione del regime fiscale applicabile al reddito, inoltre, si distinguono due tipologie di trust:

    • “trust trasparente”, ovvero trust con beneficiario di reddito “individuato”, il cui reddito è tassato in capo al beneficiario, mediante imputazione per trasparenza e applicando le regole proprie di tassazione di tale soggetto beneficiario;

    • “trust opaco”, ovvero trust senza beneficiario di reddito “individuato”, il cui reddito è tassato in capo al trust quale soggetto passivo IRES.

    Ai fini della determinazione del reddito prodotto dal trust (sia opaco che trasparente) si applicano le regole fiscali previste in base alla natura, “commerciale” o “non commerciale” dell’attività svolta dal trust.

    In particolare:

    • nel caso di trust (opaco o trasparente) residente nel territorio dello Stato che ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, il reddito è determinato secondo le regole previste per i soggetti IRES che esercitano attività commerciale;

    • nel caso di trust (opaco o trasparente) residente nel territorio dello Stato che non ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, il reddito è determinato secondo le regole previste per gli enti non commerciali (art. 143, D.P.R. n. 917/1986);

    • nel caso di trust (opaco o trasparente) non residente che ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, il reddito prodotto in Italia è determinato ai sensi dell’art. 151 D.P.R. n. 917/1986;

    • nel caso di trust (opaco o trasparente) non residente che non ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, il reddito prodotto in Italia è determinato ai sensi dell’art. 153 D.P.R. n. 917/1986 (circ. 20 ottobre 2022, n. 34/E).

    19.3.4. OICR

    19.3.4.OICR

    I redditi degli Organismi d’Investimento Collettivo del Risparmio (OICR) istituiti in Italia, diversi dagli organismi d’investimento collettivo del risparmio immobiliari, e di quelli con sede in Lussemburgo, già autorizzati al collocamento nel territorio dello Stato (art. 11-bis, D.L. n. 512/1983) non sono soggetti ad IRES purché il fondo o il soggetto incaricato della gestione sia sottoposto a forme di vigilanza prudenziale (art. 73, c. 5-quinquies, D.P.R. n. 917/1986).

    Le ritenute operate sui redditi di capitale sono a titolo d’imposta.

    Rientrano tra i soggetti IRES anche le Società di investimento Semplice (SiS), qualificate come OICR (risposta a interpello 5 ottobre 2021, n. 661).

    Gli OICR istituiti in Italia si considerano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato (art. 73, c. 3, D.P.R. n. 917/1986).

    Ritenute applicabili1 Ritenute non applicabili
    - sugli interessi e altri proventi delle obbligazioni e titoli similari (11.5.10.) (art. 26, c. 1, D.P.R. n. 600/1973);
    - sugli interessi e altri proventi delle obbligazioni e titoli similari emessi da soggetti non residenti con scadenza inferiore a 18 mesi (art. 2, c. 1-ter, D.Lgs. n. 239/1996);
    - sui proventi dei depositi, anche se rappresentati da certificati, detenuti presso banche italiane (art. 26, c. 2, D.P.R. n. 600/1973);
    - sugli interessi e altri proventi dei conti correnti e depositi esteri, compresi i certificati di deposito, emessi da soggetti non residenti, (art. 26, c. 3, D.P.R. n. 600/1973);
    - sui proventi delle accettazioni bancarie (art. 1, D.L. n. 546/1981);
    - sui proventi delle cambiali finanziarie (o certificati d’investimento) nei casi in cui, al momento dell’emissione, il rendimento effettivo sia superiore ai limiti di legge (art. 26, c. 1, D.P.R. n. 600/1973);
    - sui proventi dei titoli atipici (artt. 5 e 8, D.L. n. 512/1983);
    - sui proventi delle operazioni di riporto, pronti contro termine e di mutuo di titoli garantito (art. 26, c. 3-bis, D.P.R. n. 600/1973) aventi ad oggetto titoli i cui proventi sono soggetti alla ritenuta del 26% (ad esempio, titoli obbligazionari aventi una scadenza inferiore a 18 mesi).
    - sugli interessi ed altri proventi dei conti correnti e depositi bancari (11.3.1.) (art. 26, c. 2, D.P.R. n. 600/1973) anche se dovuti da non residenti (art. 26, c. 3 D.P.R. n. 600/1973);
    - sui pronti contro termine su titoli e su valute e sui riporti (11.5.15.) (art. 26, c. 3-bis, D.P.R. n. 600/1973);
    - sui rilasci di fideiussioni e altre garanzie e concessione di mutui di titoli garantiti (11.5.12.) (art. 26, c. 3-bis, D.P.R. n. 600/1973);
    - sugli redditi di capitale diversi (art. 26, c. 5, D.P.R. n. 600/1973);
    - sui redditi di capitale derivanti dalla partecipazione a OICR italiani e lussemburghesi storici (11.5.14.) (art. 26-quinquies, D.P.R. n. 600/1973);
    - sui proventi derivanti dalla partecipazione agli organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari di diritto estero (art. 10-ter, Legge n. 77/1983).
    1 A titolo d’imposta e imposte sostitutive (circ. 15 luglio 2011, n. 33/E).

    Per quel che concerne i redditi diversi, non essendo gli organismi in parola soggetti alle imposte sui redditi, le plusvalenze e le minusvalenze sono percepiti al lordo di ogni onere impositivo.

    Lo stesso dicasi per le altre eventuali categorie di reddito indicate nell’art. 6, D.P.R. n. 917/1986 (circ. 15 luglio 2011, n. 33/E).

    Affrancamento quote OICR - Era prevista la facoltà di considerare realizzati i redditi derivanti dalla cessione o dal rimborso di quote o azioni di Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio (OICR) assoggettando ad imposta sostitutiva con aliquota del 14%, entro il 16 settembre 2023, la differenza tra il valore delle quote o azioni rilevato dai prospetti periodici alla data del 31 dicembre 2022 e il costo o valore di acquisto o di sottoscrizione (32.16.) (art. 1, c. 112-113 Legge n. 197/2022).

    Fine capitolo
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