71.1. Sistema dei controlli e degli accertamenti - 71.1.1. Attività di controllo e di accertamento - 71.2. Tipologie di controllo - 71.2.1. Verifiche fiscali - 71.2.2.Constatazione delle violazioni - 71.2.3. Statuto del contribuente - 71.2.4.Nuovo contraddittorio preventivo - 71.3.Dichiarazione annuale - 71.4. Accertamenti IVA - 71.4.1. Controllo formale della dichiarazione - 71.4.2. Accertamento analitico - 71.4.3. Accertamento parziale - 71.4.4. Accertamento induttivo - 71.5. Accertamenti imposte sui redditi - 71.5.1. Controllo formale della dichiarazione - 71.5.2. Accertamento analitico - 71.5.3. Accertamento parziale - 71.5.4. Accertamento induttivo - 71.5.5. Accertamento d’ufficio - 71.5.6. Accertamento sintetico - 71.6. Risultanze finanziarie - 71.6.1. Richiesta dell’Amministrazione finanziaria - 71.6.2. Presunzione legale ed onere della prova - 71.6.3. Sospensione della riscossione - 71.6.4. Definizione delle sanzioni - 71.7. Accertamento esecutivo - 71.8. Accertamenti emessi dagli enti locali - 71.8.1. Termini di prescrizione - 71.8.2. Sospensione della prescrizione - 71.8.3. Termini di pagamento - 71.8.4. Rateazione - 71.8.5. Riscossione coattiva - 71.9.Concordato Preventivo Biennale (CPB) - 71.10. Studi di settore e parametri - 71.10.1. Studi di settore - 71.10.2. Indici Sintetici di Affidabilità (ISA) - 71.10.3.Regime premiale
71.1. Sistema dei controlli e degli accertamenti
71.1.Sistema dei controlli e degli accertamenti71.1.1. Attività di controllo e di accertamento
71.1.1.Attività di controllo e di accertamentoL’attività di accertamento, si articola in quattro fasi principali:
-
fase di iniziativa (selezione dei soggetti da sottoporre a controllo e acquisizione degli elementi fiscalmente rilevanti);
-
fase istruttoria (selezione dei dati e degli elementi su cui l’accertamento deve fondarsi);
-
fase decisoria (individuazione del contenuto dell’atto);
-
fase integrativa dell’efficacia (notifica dell’atto).
Soggetti legittimati all’attività di controllo
L’attività di controllo, eseguita ai fini dell’IVA e delle imposte sui redditi (e in materia di IRAP), nonché ai fini delle principali imposte indirette (registro, successioni, donazioni, ipotecaria, catastale, bollo, concessioni governative, ecc.) è effettuata da:
-
Agenzia delle Entrate (Direzioni Regionali e Provinciali, Uffici Locali);
-
Guardia di Finanza;
-
Uffici doganali (in materia di tributi doganali, compresa, quindi, l’IVA, e di elenchi INTRASTAT).
Sono soggetti legittimati all’attività di accertamento in materia di IVA e di imposte sui redditi (nonché in materia di IRAP e di imposte indirette), esclusivamente le Direzioni Regionali e gli Uffici Provinciali dell’Agenzia delle Entrate, nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del contribuente (art. 31, c. 2, D.P.R. n. 600/1973).
Dimensioni del contribuente
I criteri di controllo si differenziano in relazione alle dimensioni del contribuente.
Nei confronti dei soggetti di dimensioni medie e piccole, vengono preferite metodologie di carattere matematico-statistico (è il caso dei parametri e degli studi di settore).
Nei confronti dei soggetti di maggiore dimensione, viene privilegiato il riscontro diretto dei dati dichiarati attraverso verifiche a scadenze prestabilite. Sulla scorta di tale suddivisione è stato previsto:
-
il controllo delle imprese di più rilevante dimensione (con un volume d’affari o di ricavi non inferiori a 100 milioni di euro);
-
l’attribuzione, a strutture appositamente individuate, di poteri di controllo in materia di imposte sui redditi e IVA nei confronti delle imprese con un volume d’affari o di ricavi non inferiore ai 100 milioni di euro.
A questo riguardo l’Agenzia delle Entrate (circ. 9 aprile 2009, n. 13) ha effettuato la seguente distinzione:
-
grandi contribuenti (con ricavi o volume d’affari superiori a 100 milioni di euro);
-
imprese di media dimensione (con ricavi o volume d’affari compresi tra 5,16 e 100 milioni di euro);
-
imprese di minori dimensioni (con ricavi o volume d’affari inferiori a 5,16 milioni di euro) e lavoratori autonomi.
Contribuenti di grandi dimensioni (ricavi o volume d’affari superiori a 100 milioni di euro)
È prevista una disciplina specifica in relazione agli accertamenti eseguiti nei confronti dei contribuenti con volume d’affari, ricavi o compensi non inferiori a 100 milioni di euro (art. 27, D.L. n. 185/2008).
L’individuazione viene eseguita facendo riferimento al valore più elevato tra:
-
ricavi (art. 85, c. 1, lett. a) e b), TUIR);
-
ammontare lordo complessivo dei compensi derivanti dall’esercizio di arti e professioni (art. 53, c. 1, TUIR);
-
volume d’affari (art. 20, D.P.R. n. 633/1972).
Per tali soggetti l’attività di controllo sostanziale è demandata alle strutture individuate con apposito regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle Entrate (art. 27, c. 14, lett. b), D.L. n. 185/2008).
L’Ufficio regionale, provinciale o locale competente si determina in base al domicilio fiscale del contribuente (artt. 40, D.P.R. n. 633/1972 e art. 58, D.P.R. n. 600/1973).
Per i Grandi Contribuenti (art. 27, c. da 9 a 12, art. 27, D.L. n. 185/2008), è previsto:
-
controllo sostanziale annuale entro l’anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione (tutoraggio
71.2.1.);
-
disposizioni particolari in tema di interpello (
73.2.).
Imprese di medie dimensioni (ricavi o volume d’affari compresi tra 5,16 e 100 milioni di euro)
Sono considerati i seguenti fattori di rischio:
-
l’assenza di controlli negli ultimi anni;
-
la bassa redditività negli ultimi anni;
-
l’effettuazione di operazioni che impattano notevolmente sulla determina zione del reddito imponibile ai fini IRES/IRAP o sull’IVA;
-
la presenza del rischio di evasione in materia di IVA.
Al fine di potenziare le attività di controllo, inoltre, vengono espletate le seguenti iniziative:
-
coordinamento da parte della DRE dei controlli che coinvolgono imprese di medie dimensioni appartenenti a gruppi di imprese;
-
supervisione dell’analisi di rischio ad opera della DRE per quanto concerne il segmento delle imprese medio-grandi, intendendosi per tali quelle con fatturato superiore ai 25 milioni di euro;
-
immissione di personale della DRE specializzato nei controlli sui grandi contribuenti presso gli Uffici controlli delle Direzioni provinciali, anche per periodi limitati;
-
intensificazione del coordinamento con la Guardia di Finanza.
Imprese di minori dimensioni (ricavi o volume d’affari sino a 5,16 milioni di euro) e lavoratori autonomi
Per le imprese di minori dimensioni e i lavoratori autonomi, in genere, per la selezione
dei controlli hanno rilievo, tra l’altro, le discordanze rispetto all’applicazione
degli studi di settore. A partire dal Mod. Redditi 2019, gli studi di settore sono
stati sostituiti dai nuovi indicatori sintetici di affidabilità, introdotti dall’art. 7-bis, D.L. n. 193/2016. In particolare, si tratta di un insieme di indici, in relazione ai quali sarà possibile
valutare il contribuente, da un punto di vista dell’affidabilità fiscale (71.10.2.).
71.2. Tipologie di controllo
71.2.Tipologie di controlloPoteri dell’Amministrazione finanziaria
L’Amministrazione finanziaria può avvalersi dei seguenti poteri (art. 32, D.P.R. n. 600/1973):
-
procedere all’esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche;
-
richiedere, previa autorizzazione del Direttore Centrale dell’Accertamento, del direttore regionale delle entrate ovvero, per la Guardia di Finanza, del comandante regionale, ai soggetti sottoposti ad accertamento, ispezione o verifica, il rilascio di una dichiarazione contenente l’indicazione della natura, del numero e degli estremi identificativi dei rapporti intrattenuti con le banche, la società Poste italiane S.p.A., gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio e le società fiduciarie, nazionali o stranieri, in corso ovvero estinti da non più di 5 anni dalla data della richiesta;
-
richiedere, previa autorizzazione del Direttore Centrale dell’Accertamento, del Direttore regionale delle entrate ovvero, per la Guardia di Finanza, del comandante regionale, alle banche, alla società Poste italiane S.p.A., per le attività finanziarie e creditizie, alle società ed enti di assicurazione per le attività finanziarie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie, dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi. Alle società fiduciarie può essere richiesto, tra l’altro, specificando i periodi temporali di interesse, di comunicare le generalità dei soggetti per conto dei quali esse hanno detenuto o amministrato o gestito beni, strumenti finanziari e partecipazioni in imprese;
-
invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti, anche relativamente alle operazioni annotate nei conti correnti bancari, la cui copia sia stata acquisita nei modi di cui sopra;
-
invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a esibire o trasmettere atti e documenti rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti. Ai soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili può essere richiesta anche l’esibizione dei bilanci o rendiconti e dei libri o registri previsti dalle disposizioni tributarie. L’ufficio può estrarne copia ovvero trattenerli, rilasciandone ricevuta, per un periodo non superiore a 60 giorni dalla ricezione. Non possono essere trattenute le scritture cronologiche in uso;
-
inviare ai contribuenti questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti, con invito a restituirli compilati e firmati.
Può richiedere agli amministratori di condominio dati, notizie e documenti relativi alla gestione condominiale, fermo restando l’obbligo per gli amministratori di condominio di comunicare annualmente all’anagrafe tributaria l’ammontare dei beni e servizi acquistati dal condominio e i dati identificativi dei relativi fornitori (art. 7, D.P.R. n. 605/1973).
Istanza di sequestro e/o ipoteca
L’Agenzia delle Entrate, qualora abbia il fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, può chiedere, con istanza motivata, al presidente della Corte di Giustizia Tributaria di primo grado, l’iscrizione di ipoteca sui beni del trasgressore e dei soggetti obbligati in solido, e l’autorizzazione a procedere, a mezzo di ufficiale giudiziario, al sequestro conservativo dei loro beni, compresa l’azienda (art. 22, D.Lgs. n. 472/1997).
Le istanze in questione possano essere inoltrate anche dal Comandante provinciale della Guardia di Finanza, in relazione ai processi verbali di constatazione rilasciati dai reparti dipendenti.
La GdF dovrà dare tempestiva comunicazione alla direzione provinciale dell’Agenzia delle Entrate, la quale esaminerà l’istanza e comunicherà le proprie eventuali osservazioni al presidente della Corte di Giustizia Tributaria, nonché al comandante provinciale richiedente. Decorso il termine di 20 giorni dal ricevimento dell’istanza, si intenderà acquisito il parere dell’Agenzia (art. 16-septies, D.L. n. 119/2018).
Requisiti - L’istanza di sequestro e/o ipoteca è subordinata alla sussistenza di due requisiti:
-
il fumus boni iuris. Esistenza di un debito tributario a carico del contribuente derivante da un provvedimento dell’amministrazione (atto di contestazione, irrogazione sanzione, PVC);
-
il periculum in mora (fondato timore di perdere la garanzia del credito). Deve trattarsi di un timore attuale e non potenziale desumibile sia da dati oggettivi, come la consistenza e le caratteristiche del patrimonio del contribuente, sia da dati soggettivi valutando cioè la condotta del debitore.
Secondo quanto affermato dalla Guardia di Finanza, nel corso dell’incontro con la stampa specializzata del 23 gennaio 2019, il comandante della Guardia di Finanza che presenta l’istanza per l’applicazione delle misure cautelari in favore dell’Amministrazione finanziaria (art. 22, D.Lgs. n. 472/1997) non partecipa al relativo giudizio avanti la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado competente.
Nel caso in cui il credito a tutela del quale è stata iscritta ipoteca venga ridotto, poiché interessato da annullamento giudiziale o autotutela, il giudice tributario investito del ricorso può disporre la riduzione del credito (Cass. 23 dicembre 2020, n. 29364). Non può invece ritersi corretto l’annullamento automatico del l’ipoteca. Questo in quanto il processo tributario, ormai in ragione di un orientamento consolidato, è annoverato non tra quelli di “impugnazione-annullamento” ma di “impugnazione-merito”. Conseguentemente il giudice, nei limiti prospettati dalla parte nei motivi di ricorso, deve ricondurre la pretesa nella giusta misura, annullandola solo nella parte che trovava il proprio presupposto nelle maggiori somme originariamente iscritte nonché́ ordinando la riduzione dell’ipoteca ai sensi dell’art. 2872 c.c., e, in particolare, la riduzione dell’importo per il quale essa era stata iscritta al doppio dell’importo complessivo del (minor) credito ancora a ruolo.
L’ipoteca può essere iscritta (art. 77, D.P.R. n. 602/1973), solo se l’importo per cui si procede supera i 20.000 euro. È iscritta per una somma pari al doppio del credito per cui si procede, da computarsi considerando tutti i ruoli affidati ad Agenzia delle Entrate-Riscossione, sia tributari che non, dunque anche previdenziali (Cass. 7 ottobre 2015, n. 20055).
Compliance dei Comuni
È stata introdotta la collaborazione dei Comuni nell’ambito dell’attività di accertamento. Gli enti, infatti, potranno comunicare all’Agenzia eventuali situazioni anomale rispetto alle dichiarazioni presentate. Quando invece l’Amministrazione ha già proceduto ad accertare il contribuente ne darà notizia al Comune di residenza, il quale valuterà se possono esistere eventuali altri elementi utili ai fini del controllo.
Inottemperanza agli inviti e alle richieste
La mancanza di collaborazione alle operazioni di verifica costituisce un argomento di prova sul quale il giudice tributario potrebbe
fondare la propria decisione.
Le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Di ciò l’ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta (art. 32, c. 4, D.P.R. n. 600/1973).
Al fine di vincere tale preclusione il contribuente deve depositare, tale documentazione, in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado, dimostrando di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile (art. 32, c. 5, D.P.R. n. 600/1973).
Dati e notizie già in possesso degli uffici finanziari
Al contribuente non possono essere chiesti documenti già in possesso degli uffici finanziari, o di altre Amministrazioni Pubbliche indicate dal medesimo (art. 6, c. 4, Legge n. 212/2000). I contribuenti non devono fornire informazioni che siano già in possesso dell’Amministrazione finanziaria e degli enti previdenziali ovvero che da questi possono essere direttamente acquisite da altre amministrazioni (art. 7, c. 1, lett. f), D.L. n. 70/2011). Pertanto:
-
non è sanzionabile il contribuente che non esibisce documenti richiesti dagli uffici, ma già in loro possesso o detenuti da altre amministrazioni;
-
non è applicabile la preclusione probatoria in caso di mancata esibizione di tali documenti, nemmeno nel caso in cui tale circostanza venisse evidenziata nel questionario (Cass. 22 giugno 2018, n. 16548).
La preclusione probatoria non è stata ritenuta operante, dalla giurisprudenza di merito, nelle seguenti ipotesi:
-
documenti in possesso di un ufficio locale diverso da quello che aveva emanato l’avviso di accertamento;
-
scritture contabili sottoposte a sequestro penale ad opera della Guardia di Finanza.
1) Mancata risposta al questionario e mancato invio della documentazione - La mancata risposta al questionario e il mancato invio della documentazione richiesta non possono essere considerati in sede contenziosa a favore del contribuente, se l’Ufficio lo aveva informato delle conseguenze dell’inottemperanza. Tale comportamento pertanto è sanzionato con la preclusione amministrativa e processuale di allegazione di dati e documenti non forniti nella sede precontenziosa rendendo valido il procedimento di rettifica, senza bisogno di accertamenti ulteriori (Cass., Sez. V, 20 ottobre 2016, n. 21271).
2) Omesso avvertimento al contribuente sui rischi della mancata ottemperanza - La preclusione alla produzione documentale prevista dall’art. 32 del D.P.R. n. 600/1973 richiede la fissazione di un termine (minimo) per l’adempimento da parte del contribuente, con l’ avvertimento delle conseguenze pregiudizievoli derivanti dall’eventuale inottemperanza allo stesso, senza che, in caso di mancato rispetto del termine, sia invocabile la sanzione dell’inutilizzabilità della documentazione esibita dal contribuente solo con l’introduzione del processo tributario. Pertanto, nel caso di omesso avvertimento al contribuente sui rischi legati alla mancata ottemperanza da parte dell’Amministrazione finanziaria, i documenti, non esibiti durante la fase di controllo, sono utilizzabili in giudizio (Cass. 5 ottobre 2022, n. 28857).
3) Deroga all’inutilizzabilità di dati e documenti non forniti in sede precontenziosa - L’invito dell’Amministrazione finanziaria (art. 32, c. 4, D.P.R. n. 600/1973) a fornire dati e notizie, assolve alla chiara funzione di assicurare un dialogo preventivo tra Fisco e contribuente per definire le rispettive posizioni, mirando anche ad evitare l’instaurazione del contenzioso giudiziario, per cui l’eventuale omissione è sanzionata con la preclusione amministrativa e processuale di allegazione di dati e documenti non forniti in quella sede.
Tale inutilizzabilità consegue in modo automatico all’inottemperanza all’invito, potendo il contribuente beneficiare di una deroga solo se ricorrono le condizioni di cui all’art. 32, c. 5, D.P.R. n. 600/1973, ossia depositando in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado le notizie, i dati, i documenti, i libri, e i registri non trasmessi, dichiarando contestualmente di non aver potuto adempiere alle richieste dell’Ufficio per causa a lui non imputabile (Cass., ord. 3 maggio 2019, n. 11608), ovvero per forza maggiore (Cass. 5 novembre 2021, n. 31869).Tale norma, si applica anche ai questionari ed inviti in materia di IVA (art. 51, c. 4, D.P.R. n. 633/1972). Qualora il contribuente non dia seguito alle richieste ed agli inviti eseguiti ai sensi dell’art. 32, D.P.R. n. 600/1973, è considerato legittimo l’accertamento induttivo extra-contabile (art. 39, c. 2, lett. d-bis), D.P.R. n. 600/1973). Parimenti, si ritiene sussista la stessa legittimità in caso di parziale o incompleta ottemperanza (Cass. 9 novembre 2021, n. 32629).
La preclusione probatoria, derivante dal “rifiuto di esibizione” dei documenti non prodotti nella fase di accertamento, può operare solamente nell’ipotesi in cui vi sia stato un invito specifico e puntuale all’esibizione (Cass. 25 giugno 2019, n. 16962; Cass. 22 giugno 2018, n. 16548, Cass. 17 giugno 2011, n. 13289). Secondo quanto previsto con l’art. 32, c. 4, D.P.R. n. 600/1973, il documento non esibito è inutilizzabile solo nel caso in cui sia stato espressamente richiesto al contribuente, poiché solo tale interpretazione della norma garantisce il diritto di difesa del contribuente (art. 24 Cost.) e il principio della capacità contributiva (art. 53 Cost.).
Qualora dovesse mancare la prova, da parte dell’Amministrazione finanziaria, di una specifica e puntuale richiesta, la “nuova” documentazione può essere legittimamente prodotta in giudizio da parte del contribuente (Cass., ord. 21 marzo 2018, n. 7011; Cass., ord. 27 dicembre 2016, n. 27069.
Amministrazione finanziaria
La preclusione non opera nel caso di mancata consegna della documentazione, a seguito di generica richiesta di esibizione documentazione circa l’acquisto dei beni rilevanti, ai fini reddituali, contenuta nell’invito a comparire o nel questionario.
Un contribuente, a seguito di controllo formale, riceve un invito a esibire la documentazione giustificativa di alcune detrazioni d’imposta, senza che sia fatto alcun riferimento alla preclusione probatoria. In seguito alla mancata esibizione della documentazione l’Agente della riscossione notifica la cartella di pagamento. In sede di ricorso il contribuente può produrre ogni documento probativo a giustificazione della detrazione, senza limitazioni.
La Corte di Cassazione ha dichiarato non applicabile, al procedimento tributario il principio “nemo tenetur se detergere” (diritto di tacere e di non contribuire alla propria incriminazione), poiché operante esclusivamente nell’ambito di un procedimento penale già attivato (sent. 26 luglio 2017, n. 37107).
Secondo la giurisprudenza di merito l’effetto preclusivo della disamina in sede processuale della documentazione a suo tempo non fornita nella fase istruttoria deve essere circoscritto alle sole ipotesi di condotte volontarie. La corretta gestione dei poteri istruttori deve infatti tendere a consentire l’acquisizione della documentazione necessaria contemperando i poteri dell’Amministrazione finanziaria con le garanzie di difesa del contribuente, al fine di evitare pagamenti non dovuti (CTR Campania, sent. 17 maggio 2018, n. 4669).
La Corte di Giustizia dell’Unione europea si è pronunciata sulla possibilità di riconoscere il diritto al silenzio nell’ambito di una procedura sanzionatoria dinnanzi alla Consob finalizzata all’accertamento degli illeciti anticoncorrenziali. Le sentenze si inseriscono in un cospicuo filone giurisprudenziale che tende ad estendere i principi e le garanzie proprie del settore penale anche alle sanzioni amministrative dotate di carattere punitivo, fattispecie che si verifica anche in ambito tributario (Corte di Giustizia 2 febbraio 2021, causa C-481/19, Causa DB v. Consob su Sent. Interpretativa Corte Cost. 30 aprile 2021, n. 84).
La Corte ha sancito la piena applicazione del diritto al silenzio a tutti i cittadini implicati in procedimenti solo formalmente amministrativi. Nessuna differenza può sussistere tra i procedimenti formalmente penali e procedimenti formalmente amministrativi, nel caso in cui quest’ultimi possano dare luogo all’irrogazione di sanzioni di natura punitiva secondo i c.d. criteri Engel.
Il principio nemo tenetur se detegere, anche conosciuto come diritto a non autoincriminarsi o diritto al silenzio, è stato espressamente riconosciuto come un corollario del diritto di difesa e della presunzione di innocenza, nonché come valido anche nell’ambito di procedimenti amministrativi che possono sfociare in una sanzione sostanzialmente penale. Di tale decisione dovrà pertanto tenere conto anche la giurisprudenza di legittimità e di merito italiana.
Esibizione e trasmissione di documenti falsi
Chiunque, a seguito delle richieste effettuate nell’esercizio dei poteri in materia di IVA e di imposte sui redditi esibisce o trasmette atti o documenti falsi in tutto o in parte ovvero fornisce dati e notizie non rispondenti al vero è punito ai sensi del Codice penale e delle leggi speciali in materia (art. 76, D.P.R. n. 445/2000) qualora a seguito delle richieste si configurino le fattispecie penali tributarie di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (art. 11, c. 1, D.L. n. 201/2011).
Limiti alla richiesta di documentazione
Non possono, in ogni caso, essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell’Amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente (art. 6, c. 4, Legge n. 212/2000, c.d. Statuto del contribuente) né il soggetto passivo deve fornire informazioni che siano già in possesso del Fisco e degli enti previdenziali ovvero che da questi possono essere direttamente acquisite da altre Amministrazioni (art. 7, c. 1, lett. f), D.L. n. 70/2011).
Limiti all’attività di controllo
Il controllo, effettuato nei confronti di imprese a contabilità semplificata o di lavoratori autonomi non può durare più di 15 giorni lavorativi contenuti nell’arco di non più di un trimestre, termine prorogabile una sola volta per ulteriori 15 giorni. Per le altre categorie di contribuenti (imprese in contabilità ordinaria), restano fermi i più ampi termini di durata del controllo, pari a 30 giorni, prorogabili per ulteriori 30, previsti dall’art. 12, c. 5 della Legge n. 212/2000 (art. 7, D.L. n. 70/2011).
La proroga dovrà essere inserita in un’apposita comunicazione motivata da consegnare, per notifica, al contribuente. Dell’avvenuta notifica, inoltre, si dovrà dare atto nel verbale di verifica.
I verificatori hanno poi la possibilità di ritornare nella sede del contribuente una volta che sia decorso il termine di 30 giorni (eventualmente prorogato). Tale possibilità è subordinata:
-
alla necessità di esaminare le osservazioni e le richieste eventualmente presentate dal contribuente dopo la conclusione delle operazioni di verifica;
-
alla sussistenza di specifiche ragioni, previo assenso motivato del dirigente dell’Ufficio.
Secondo la Guardia di Finanza, le specifiche ragioni richiamate dalla norma devono ritenersi configurate nei casi in cui:
-
sopravvenga, a intervento già concluso, la conoscenza di nuovi elementi che legittimino la redazione dei processi verbali di constatazione finalizzati a consentire l’emanazione di accertamenti modificativi o integrativi;
-
sia necessario, a conclusione dell’ispezione svolta presso gli Uffici del reparto operante, procedere a specifici riscontri documentali che comprovino le risultanze della precedente attività;
-
sia necessario, ultimata un’ispezione di carattere generale, procedere a un successivo intervento parziale per contestare, ad esempio, gli esiti degli accertamenti bancari.
Ai fini del calcolo del periodo di permanenza presso la sede del contribuente (sia esso di 15 giorni sia esso di 30 giorni), occorre fare riferimento alle giornate di effettiva presenza presso la sede del contribuente (circ. 29 dicembre 2008, n. 1/2008 del Comando Generale della Guardia di Finanza e circ. 27 giugno 2001, n. 64/E).
Pertanto, se i funzionari, per esigenze di servizio, sospendono la verifica per alcuni giorni e ritornano, successivamente, nella sede del contribuente, detti giorni di sospensione non vengono computati. Parimenti, tali giorni, non vengono computati nel caso in cui il contribuente chieda che l’esame delle scritture contabili avvenga presso il proprio professionista ovvero nella sede dell’Amministrazione finanziaria. Gli accessi dovuti a controlli di natura fiscale disposti, da qualunque autorità competente, nei confronti delle micro, medie e piccole imprese devono essere oggetto di programmazione da parte degli enti procedenti e di coordinamento tra i vari soggetti interessati (art. 7, c. 2, D.L. n. 70/2011).
La violazione dei predetti termini da parte dell’Amministrazione per consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità non comporta l’invalidità del successivo atto impositivo.
Gli elementi rinvenuti successivamente allo spirare dei termini di permanenza sono utilizzabili, e l’accertamento non è affetto da alcuna nullità, posto che le suddette sanzioni procedimentali avrebbero dovuto essere contemplate dal legislatore (Cass. 22 settembre 2011, n. 19338; Cass. 29 novembre 2013, n. 26732; Cass. 15 aprile 2015, n. 7584).
Tuttavia, in considerazione di un opportuno bilanciamento tra interesse fiscale ed esigenza dei diritti del contribuente, si potrebbe sostenere che, in caso di “sforamento” del termine di permanenza dei verificatori, siano inutilizzabili non tutti gli elementi acquisiti nelle more del controllo, ma solo quelli rinvenuti dopo il decorso dei termini.
71.2.1. Verifiche fiscali
71.2.1.Verifiche fiscaliLa verifica fiscale consiste nel controllo sostanziale della gestione economica del soggetto ispezionato nella sua globalità, ovvero di determinati aspetti della sua attività, avendo riguardo a tutti o parte
dei suoi settori di interesse erariale, comprese le leggi a tutela del corretto adempimento
degli obblighi contributivi.
Le verifiche fiscali possono essere iniziate:
-
dagli Uffici dell’Agenzia delle Entrate;
-
dai Reparti della Guardia di Finanza.
Mentre le competenze di quest’ultima terminano con la conclusione della verifica fiscale, l’emanazione dell’avviso di accertamento, nonché la gestione dell’eventuale contenzioso sono attribuite all’Agenzia delle Entrate.
Verifiche contabili
Consistono in un controllo e un riscontro sulla completezza, esattezza e veridicità delle scritture obbligatorie, ai fini fiscali, sulla scorta delle fatture e degli altri documenti relativi all’impresa, tenuto conto, altresì, dei libri sociali, delle altre scritture prescritte anche ai fini non fiscali o comunque in possesso del contribuente, delle notizie raccolte, nonché di ogni altro fatto o circostanza, compreso ovviamente il controllo delle esistenze di magazzino, che rappresenti elemento patrimoniale o reddituale utile all’accertamento; e, al tempo stesso, dette verifiche contabili sono vaglio giuridico-fiscale dei fatti di gestione che sono stati, o avrebbero dovuto essere, evidenziati nelle scritture obbligatorie o tenuti presenti in sede di dichiarazione annuale.
I Grandi Contribuenti (71.1.1.), in virtù della loro rilevanza economico-fiscale, sono assoggettati ad una vigilanza
specifica e ad una sostanziale ridefinizione delle modalità di intervento, definita
tutoraggio (art. 27, c. da 9 a 11, D.L. n. 185/2008).
Tutoraggio
Consiste in un monitoraggio dei comportamenti delle imprese appartenenti alla categoria dei Grandi Contribuenti, attraverso l’utilizzo di approcci differenziati in considerazione delle caratteristiche di tale tipologia di soggetti. Il controllo avrà ad oggetto le dichiarazioni in materia di imposte sui redditi e le dichiarazioni IVA e dovrà essere effettuato, da parte dell’Agenzia delle Entrate, di norma, entro l’anno successivo a quello della presentazione.
A far corso dal 2012, l’attività di tutoraggio deve riguardare tutti i Grandi contribuenti
esercenti attività di impresa e diviene, per tutta la platea di tali soggetti, la
fase in cui realizzare una approfondita analisi del rischio di evasione/elusione di ciascun soggetto, propedeutica ad ogni successiva iniziativa
di controllo più approfondito, mediante le attività istruttorie sia esterne che interne
(circ. 6 agosto 2014, n. 25/E).
Altri tipi di controllo
Vi sono interventi denominati controlli, volti al riscontro di singoli atti di gestione, di parte di essa ovvero di particolari adempimenti extratributari e/o fiscali (ad esempio in materia di ricevuta e scontrino fiscale o controlli intracomunitari).
Appositi controlli, da parte delle amministrazioni locali, sono effettuati sui soggetti che trasferiscono la residenza all’estero ovvero nei confronti delle persone fisiche che hanno chiesto l’iscrizione nell’anagrafe degli italiani residenti all’estero dal 1° gennaio 2006 (art. 83, c. 16 e 17, D.L. 25 giugno 2008, n. 112).
Misure di contrasto all’apertura di partite IVA fittizie “Legge di Bilancio 2024”
L’Agenzia delle Entrate può invitare il contribuente a comparire di persona anche qualora il provvedimento di cessazione della partita IVA sia stato notificato al soggetto passivo che ha fatto apposita richiesta di chiusura nei 12 mesi precedenti (art. 35, c. 15-bis1 e 15-bis2, D.P.R. n. 633/1972).
Nel caso di mancata comparizione di persona del contribuente ovvero di esito negativo dei riscontri operati sui documenti esibiti, l’ufficio potrà emanare un provvedimento di cessazione della partita IVA irrogando una sanzione pari a 3.000 euro.
Sarà preclusa la compensazione “orizzontale” dei crediti fiscali e contributivi mediante il Modello F24, a partire dalla data di notifica del provvedimento di cessazione della partita IVA.
Per la riapertura della partita IVA sarà necessario il rilascio di una polizza fideiussoria o fideiussione bancaria con durata di 3 anni dalla data del rilascio per un importo non inferiore a 50.000 euro (salvo diversa valutazione in caso di violazioni fiscali di ammontare più elevato).
71.2.2. Constatazione delle violazioni
71.2.2.Constatazione delle violazioniLe violazioni emerse dalla fase istruttoria vengono indicate in un processo verbale di constatazione e comunicate, mediante la trasmissione dello stesso, ai competenti uffici dell’Agenzia
delle Entrate per l’accertamento del maggior tributo dovuto e/o delle violazioni amministrative.
Contenuto del processo verbale di constatazione |
Motivi che hanno indotto al controllo e oggetto dello stesso. |
Precisazione che le operazioni di verifica - salvo casi eccezionali ed urgenti, adeguatamente documentati - si svolgeranno durante l’orario ordinario di esercizio dell’attività oggetto di controllo. |
Informazione che la parte ha la facoltà di farsi assistere da un professionista di fiducia. |
Informazione che è facoltà della parte richiedere che l’esame dei documenti amministrativi e contabili sia effettuato presso l’ufficio dei verificatori o presso il professionista che lo assiste e rappresenta. |
Informazione che la parte potrà formulare osservazioni e chiarimenti, fornire delucidazioni e dichiarazioni, di cui sarà dato atto nei processi verbali giornalieri. |
Informazione che i libri, le scritture ed i documenti richiesti, di cui è stata rifiutata l’esibizione, non potranno essere presi in considerazione, a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa. Per rifiuto di esibizione si intendono anche la dichiarazione di non possedere i libri e le scritture e/o la loro sottrazione all’ispezione. |
Informazione che la mancata esibizione delle scritture contabili e dei documenti la cui tenuta e conservazione, sono obbligatorie per legge, o di cui comunque risulta l’esistenza, renderà̀ applicabile la sanzione amministrativa da 1.000, a 8.000 euro (art. 9, c. 2, D.Lgs. n. 471/1997). |
Precisazione che ogni richiamo alle sanzioni amministrative passibili di applicazione non comporta - alla data odierna - né determinazione, né contestazione, né irrogazione (D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471). |
Informazione che, qualora il contribuente non ha tenuto o sottrae all’ispezione una o più delle scritture contabili obbligatorie, ovvero le scritture medesime non sono disponibili per forza maggiore, l’Amministrazione può rideterminare il reddito d’impresa e procedere alla rettifica induttiva dell’IVA (art. 55, D.P.R. n. 633/1972, art. 39, c. 2, lett. c), D.P.R. n. 600/1973). |
Posizione giurisprudenza di merito
È riconosciuto agli Uffici, nell’ambito dei poteri ad essi conferiti dalla legge, di integrare o correggere, con il proprio avviso di accertamento, i rilievi formulati dall’organo che ha eseguito il controllo (fase istruttoria) e risultanti dal processo verbale di constatazione da cui trae origine l’accertamento medesimo.
Posizione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha precisato che nessuna norma o principio impone all’Amministrazione finanziaria di fare proprie, nell’accertamento, le conclusioni cui è pervenuta la Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria (Cass., Sez. trib., 3 aprile 2000, n. 3988).
È legittimo l’accertamento portante somme maggiori rispetto alle contestazioni del verbale conclusivo della verifica: l’Agenzia, infatti, non è vincolata al contenuto del PVC (Cass., ord. 18 maggio 2019, n. 13490).
Adesione al PVC - Novità Decreto Accertamento
Per effetto delle novità introdotte dal D.Lgs. n. 13/2024, è stata reintrodotta la possibilità di prestare adesione al contenuto integrale dei verbali di constatazione redatti ai sensi dell’art. 24 della Legge 7 gennaio 1929, n. 4 (art. 5-quater, D.Lgs. n. 218/1997).
Come per il passato l’adesione potrà avere ad oggetto esclusivamente il contenuto integrale del verbale di constatazione e dovrà prevedere la rimozione di errori manifesti. Ne consegue che, in caso di rilievi non condivisi, per i quali si intende invece chiarire la posizione in sede di adesione o, in difetto, sarà possibile esclusivamente il ravvedimento (riferito, ovviamente ai rilievi condivisi).
Rispetto però alla previsione in vigore qualche anno fa - contenuta nel soppresso art. 5-bis del D.Lgs. n. 218/1997 - non si fa più riferimento ai verbali in materia di imposte sui redditi e di IVA che consentivano l’emissione di accertamenti parziali. Sembrerebbe quindi che l’istituto possa ora applicarsi a tutte le imposte a condizione che il rilievo sia constatato nel verbale.
La richiesta di adesione deve essere formulata entro 30 giorni dalla consegna del verbale e va effettuata al competente Ufficio dell’Agenzia e all’organo che lo ha redatto. Il contribuente ha la possibilità di condizionare l’adesione alla rimozione di errori manifesti, immediatamente riconoscibili senza necessità di attività interpretativa o valutativa.
Nei casi in cui non ci sia errore da correggere, l’Ufficio nei successivi 60 giorni dalla richiesta, notifica al contribuente l’atto di definizione dell’accertamento parziale.
Nell’ipotesi di adesione condizionata l’organo che ha redatto il verbale, nei 10 giorni successivi alla comunicazione, può correggere gli errori mediante aggiornamento del verbale, informandone immediatamente il contribuente e l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate. In questa ipotesi il termine dei 60 giorni decorre dalla comunicazione all’Agenzia da parte dall’organo verbalizzante.
I termini per l'accertamento sono in ogni caso sospesi fino alla comunicazione dell'adesione del contribuente e comunque non oltre la scadenza del trentesimo giorno dalla consegna del verbale di constatazione.
Il beneficio dell’adesione è rappresentato dalla riduzione delle sanzioni alla metà rispetto a quelle applicabili in sede di accertamento con adesione (riduzione a un sesto del minimo edittale).
In ipotesi di mancato pagamento, le somme vengono iscritte a ruolo. Trattandosi poi di una modalità di estinzione del debito tributario, la definizione al PVC contenente rilievi penali fa conseguire tutti i benefici previsti dal D.Lgs. n. 74/2000 in presenza di pagamento del debito tributario.
71.2.3. Statuto del contribuente
71.2.3.Statuto del contribuenteLo Statuto dei diritti del contribuente (Legge 27 luglio 2000, n. 212), contiene norme aventi valore di principi generali dell’ordinamento tributario. Rispetto ad esse tutte le leggi vigenti saranno rese coerenti e coordinate, anche - ove necessario - mediante disposizioni correttive (Cass., Sez. trib., 14 aprile 2004, n. 7080; Cass., Sez. trib., 10 dicembre 2002, n. 17576). Le norme dello Statuto costituiscono, in quanto espressione di principi già immanenti nell’ordinamento, criteri guida per il giudice nell’interpretazione delle norme pur non avendo, tuttavia, rango superiore alla legge ordinaria e, conseguentemente, non potendo fungere da norme parametro di costituzionalità, né consentire la disapplicazione della norma tributaria in asserito contrasto con le stesse (Cass., Sez. trib., 5 giugno 2013, n. 14185).
La Corte Costituzionale ha precisato che le disposizioni dello Statuto rappresentano criteri di interpretazione adeguatrice della legislazione tributaria, anche antecedente, e che, pertanto, i giudici tributari devono fare diretta applicazione delle norme recate dalla Legge n. 212/2000 (Corte Cost., ord. 6 luglio 2004, n. 216).
Riforma fiscale
Il D.Lgs. n. 219/2023, che dà attuazione alla Legge n. 111/2023 (Delega al Governo per la riforma fiscale), modifica lo Statuto dei diritti del contribuente.
Interpretazione adeguatrice - L’art. 1, c. 1, introduce un riferimento specifico alla rilevanza della c.d. interpretazione adeguatrice. Ciò consente alle disposizioni contenute nello Statuto di svolgere una funzione orientativa per l’interpretazione di tutte le norme tributarie, contribuendo al rafforzamento della certezza del diritto e alla coerenza di tali norme con i principi giuridici dell’ordinamento tributario italiano.
Verifiche fiscali - In relazione alle disposizioni afferenti alle verifiche fiscali, in sintesi, le novità riguardano:
-
diritti e le garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali (art. 12). Viene abrogato, rispetto alla precedente disciplina, il c. 7, che prevedeva la presentazione, entro 60 giorni dal rilascio del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, di osservazioni e richieste. Eliminando conseguentemente il divieto di emissione, prima di tale scadenza, del relativo avviso di accertamento;
-
istituzione del Garante nazionale del contribuente (art. 13). Quest’ultimo, sulla base di segnalazioni scritte del contribuente o di qualsiasi altro soggetto che lamenti disfunzioni, irregolarità, scorrettezze, prassi amministrative anomale o irragionevoli o qualunque altro comportamento suscettibile di incrinare il rapporto di fiducia tra cittadini e amministrazione finanziaria, potrà:
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rivolgere raccomandazioni ai direttori delle Agenzie fiscali ai fini della tutela del contribuente e della migliore organizzazione dei servizi;
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accedere agli uffici finanziari per controllarne la funzionalità dei servizi di assistenza e di informazione al contribuente, nonché l’agibilità degli spazi aperti al pubblico;
-
richiamare gli uffici finanziari al rispetto di quanto previsto dagli articoli 5 e 12 nonché al rispetto dei termini previsti per il rimborso d’imposta;
-
-
emanazione del “Codice di comportamento per il personale addetto alle verifiche tributarie” (art. 15);
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divieto di richiedere al contribuente documenti ed informazioni già in possesso dell’Amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche (art. 6, c. 4);
-
principio del contraddittorio (art. 6-bis). Questo intervento tenta di adeguare la protezione dei diritti fondamentali dei contribuenti agli standards di tutela internazionale e a quelli applicabili in base al diritto dell’Unione Europea, rispettando altresì i canoni interpretativi del giusto processo applicati alla materia tributaria dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU, 23.11.2006, Jussila v Finlandia, App. n. 73053/01, parr. 36 ss.). Per principio del contraddittorio deve intendersi il diritto del soggetto di essere sentito prima dell’emanazione di atto che incida sfavorevolmente sulla sua sfera giuridica. Tutti gli atti autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria devono essere preceduti, a pena di annullabilità, da un contraddittorio informato ed effettivo, ad eccezione degli atti automatizzati, di pronta liquidazione e di controllo formale dichiarazioni individuati con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, nonché per i casi motivati da fondato pericolo per la riscossione. Per consentire il contradditorio, l’Amministrazione finanziaria comunicherà al contribuente, lo schema di atto che intende notificare, assegnando un termine non inferiore a 60 giorni per consentirgli eventuali controdeduzioni ovvero, su richiesta, per accedere ed estrarre copia degli atti del fascicolo. L’atto non potrà essere adottato prima della scadenza del termine di 60 giorni. Se la scadenza di tale termine è successiva a quella del termine di decadenza per l’adozione dell’atto conclusivo ovvero se fra la scadenza del termine assegnato per l’esercizio del contraddittorio e il predetto termine di decadenza decorrono meno di 120 giorni, tale ultimo termine è posticipato al 120° giorno successivo alla data di scadenza del termine di esercizio del contraddittorio;
-
inapplicabilità delle sanzioni relative a violazioni formali (art. 10, c. 3);
-
possibilità di estinguere l’obbligazione tributaria per compensazione ovvero mediante l’accollo del debito tributario altrui, benché senza liberazione del contribuente originario (art. 8) (
74.2.2.).
Le disposizioni dello “Statuto del contribuente”, si applicano anche nelle ipotesi di attività ispettive o di controllo effettuate dagli enti di previdenza e assistenza obbligatoria (art. 7, c. 2, lett. d), del già citato D.L. n. 70/2011).
Diritti e garanzie del contribuente - Sono state introdotte ulteriori misure di tutela del contribuente. In particolare:
-
principio di proporzionalità nel procedimento tributario (art. 10-ter). Tale principio stabilisce un collegamento tra azione e principi, limitando l’azione degli uffici a quanto strettamente necessario e idoneo a realizzare gli obbiettivi. In conformità a tale principio, l’azione amministrativa deve essere necessaria per l’attuazione del tributo, non eccedente rispetto ai fini perseguiti e non limitare i diritti dei contribuenti oltre quanto strettamente necessario al raggiungimento del proprio obiettivo;
-
esercizio del potere di autotutela obbligatoria (art. 10-quater). È previsto l’esercizio di tale potere senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi, nei casi di manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione, specificatamente identificati. L’obbligo è escluso in ipotesi di sentenza passata in giudicato favorevole all’Amministrazione finanziaria, ovvero decorso un anno dalla definitività dell’atto viziato per mancata impugnazione;
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esercizio del potere di autotutela facoltativa (art. 10-quinquies). Viene riconosciuto all’Amministrazione finanziaria un generale potere di autotutela facoltativa, consentendole di procedere all’annullamento, in tutto o in parte, di atti di imposizione, ovvero alla rinuncia all’imposizione, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi, in presenza di una illegittimità o dell’infondatezza dell’atto o dell’imposizione;
-
consulenza giuridica (art. 10-octies). Viene introdotta un’attività interpretativa da parte dell’Amministrazione finanziaria finalizzata all’individuazione del corretto trattamento fiscale di fattispecie riferite a problematiche di carattere generale, che non riguardano singoli contribuenti. Non si tratta di un interpello generalizzato, poiché i soggetti sono esclusivamente o le Associazioni sindacali e di categoria e gli Ordini professionali, le Amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici o privati, gli enti territoriali e locali. La presentazione delle istanze di consulenza giuridica non ha effetto sulle scadenze previste dalle norme tributarie, né sulla decorrenza dei termini di decadenza e non comporta interruzione o sospensione dei termini di prescrizione;
-
consultazione semplificata (art. 10-nonies). Viene introdotta una nuova disciplina dei servizi di consultazione rapida destinati ai contribuenti meno strutturati, come le persone fisiche, anche non residenti, e ai contribuenti di minori dimensioni, come le società di persone, che adottano regimi di contabilità semplificata. Il servizio si sostanzia nella possibilità di interrogazione di una apposita banca dati, di nuova costituzione, che raccoglie, debitamente classificati e categorizzati, tutti gli atti di prassi che esprimono indirizzi interpretativi (ad esempio, risposte a istanze di interpello, risoluzioni, principi di diritto). Attraverso questo servizio di consultazione gratuita, il contribuente è supportato nella ricerca della soluzione del quesito interpretativo o applicativo esposto nella sua richiesta. La risposta fornita dalla banca dati, non è equiparata ad una risposta ad interpello, ma costituisce causa di disapplicazione delle sanzioni e non debenza degli interessi moratori per il contribuente che vi si sia adeguato. L’utilizzazione del servizio costituisce condizione di ammissibilità ai fini della presentazione delle istanze di interpello;
-
interpello (art. 11). È prevista una nuova disciplina per l’interpello (
73.2.).
Autotutela obbligatoria
L’Amministrazione finanziaria procede in tutto o in parte all’annullamento di atti di imposizione ovvero alla rinuncia all’imposizione, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi, nei seguenti casi di manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione:
-
errore di persona;
-
errore di calcolo;
-
errore sull’individuazione del tributo;
-
errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’Amministrazione finanziaria;
-
errore sul presupposto d’imposta;
-
mancata considerazione di pagamenti d’imposta regolarmente eseguiti;
-
mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini ove previsti a pena di decadenza.
Casi di esclusione:
-
sentenza passata in giudicato favorevole all’Amministrazione finanziaria;
-
decorso 1 anno dalla definitività dell’atto viziato per mancata impugnazione.
Autotutela facoltativa
L’Amministrazione (art. 10-quinquies, Legge n. 212/2000) può comunque procedere all’annullamento, in tutto o in parte, di atti impositivi, ovvero rinunciare all’imposizione, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi, in presenza dell’illegittimità o dell’infondatezza dell’atto o dell’imposizione.
La norma non individua esattamente le ipotesi in cui l’Ufficio dovrà annullare lasciando così piena discrezionalità.
Impugnazione dell’autotutela
In riferimento all’autotutela obbligatoria, viene prevista in generale l’impugnabilità generalmente senza alcuna deroga.
Le nuove regole sul processo tributario prevedono così che sia il diniego tacito sia quello espresso siano impugnabili dinanzi al giudice tributario.
Diverso, invece, è il caso dell’autotutela facoltativa, per la quale la norma prevede l’impugnazione solo se espressa.
Ove il contribuente richieda un annullamento relativamente a situazioni diverse da evidenti errori (di cui all’art. 10-quater, Legge n. 212/2000), potrà presentare ricorso solo se l’Ufficio notificherà un diniego espresso.
Per quanto concerne i diritti e le garanzie del contribuente nel corso delle verifiche fiscali, è previsto che (art. 12, Legge n. 212/2001):
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gli accessi presso locali destinati all’esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo devono essere motivati da esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo e, salvo casi eccezionali ed urgenti adeguatamente documentati, devono svolgersi durante l’ordinario orario di esercizio dell’attività e con modalità tali da comportare la minore turbativa possibile allo svolgimento dell’attività ed alle relazioni commerciali o professionali;
-
all’inizio della verifica, il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni che l’abbiano giustificata e dell’oggetto che la riguarda, della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa davanti agli organi di giustizia tributaria, nonché dei diritti che gli devono essere riconosciuti e degli obblighi cui è soggetto;
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l’esame dei documenti amministrativi e contabili, su richiesta del soggetto controllato, può essere effettuato nell’ufficio dei verificatori o presso il professionista che lo assiste o rappresenta;
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delle osservazioni e dei rilievi del contribuente e del professionista, che eventualmente lo assista, deve darsi atto nel processo verbale delle operazioni di verifica;
-
la permanenza presso la sede del contribuente non può superare i 30 giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori 30 giorni nei casi di particolare complessità dell’indagine individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio;
-
la facoltà per il soggetto controllato, il quale ritenga che i verificatori procedano con modalità non conformi alla legge, di rivolgersi al Garante nazionale del contribuente.
Permanenza presso la sede del contribuente - Secondo la ormai consolidata giurisprudenza di legittimità, il termine di 30 giorni non è perentorio ma ordinatorio. La violazione del termine di permanenza dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente non determina la sopravvenuta carenza del potere di accertamento ispettivo. Possono essere utilizzati gli elementi rinvenuti dai verificatori, anche oltre il termine massimo di permanenza (art. 12, c. 5, Legge n. 212/2000). Tale utilizzabilità deriva dall’assenza di norme in senso contrario. Il termine di 30 giorni, concesso per le verifiche fiscali, deve intendersi come numero dei giorni effettivi di permanenza presso la sede dell’attività (Cass., ord. 12 novembre 2021, n. 33894).
La mancata osservanza dei termini di permanenza nelle verifiche fiscali non comporta nullità dell’accertamento; allo stesso modo non può sostenersi l’invalidità o l’inutilizzabilità degli elementi eventualmente raccolti una volta scaduto il suddetto termine; infatti, si tratta i di sanzioni non previste dalla legge (Cass. 25 luglio 2022, n. 23217).
Pertanto, nel caso in cui l’attività di verifica venga interrotta e successivamente ripresa, non si terrà conto dei giorni di sospensione dell’attività. In ogni caso, è prevista la possibilità di ritornare presso il soggetto controllato, decorso tale periodo, per:
-
esaminare le osservazioni e le richieste eventualmente presentate dopo la conclusione delle operazioni di verifica.
71.2.4. Nuovo contraddittorio preventivo
71.2.4.Nuovo contraddittorio preventivoIl D.Lgs. n. 219/2023, dando attuazione alla Legge delega n. 111/2023 interviene sulla precedente disciplina del contraddittorio, prevedendo:
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l’applicazione in via generalizzata del contraddittorio, per tutti gli atti autonomamente impugnabili, a pena di nullità;
-
la previsione di una disciplina omogenea a prescindere dalle modalità di controllo;
-
l’assegnazione di un termine per formulare osservazioni sulla proposta di accertamento;
-
l’obbligo dell’ente impositore di espressa motivazione sulle osservazioni formulate dal contribuente.
Casi di esclusione
Con Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 11 aprile 2024, in vigore dal 30 aprile 2024, sono stati individuati gli atti automatizzati, sostanzialmente automatizzati, di pronta liquidazione e di controllo formale delle dichiarazioni per i quali non sussiste il diritto al contraddittorio ai sensi dell'art. 6-bis della Legge 27 luglio 2000, n. 212 .
Atti automatizzati e sostanzialmente automatizzati - Si intende ogni atto emesso dall'amministrazione finanziaria riguardante esclusivamente violazioni rilevate dall'incrocio di elementi contenuti in banche dati nella disponibilità della stessa amministrazione. Sono pertanto esclusi dall'obbligo di contraddittorio (art. 2, D.M. 11 aprile 2024):
-
i ruoli e le cartelle di pagamento, gli atti di cui agli artt. 50, c. 2, 77 e 86 del D.P.R. n. 602/1973, ogni altro atto emesso dall'Agenzia delle Entrate-Riscossione ai fini del recupero delle somme ad essa affidate;
-
gli accertamenti parziali (art. 41-bis, D.P.R. n. 600/1973, art. 54, quinto c., D.P.R. n. 633/1972), gli atti di recupero (art. 38-bis, D.P.R. n. 600/1973), predisposti esclusivamente sulla base dell'incrocio di dati;
-
gli atti di intimazione autonomi (art. 29, D.L. n. 78/2010) nonché gli atti di intimazione emessi per decadenza dalla rateazione;
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gli atti di accertamento per omesso, insufficiente o tardivo versamento dei seguenti tributi e irrogazione delle relative sanzioni:
-
tasse automobilistiche erariali (D.P.R. n. 39/1953);
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addizionale erariale D.L. n. 98/2011;
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tasse sulle concessioni governative per l'impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione (art. 21, tariffa allegata al D.P.R. n. 641/1972);
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imposta parametrata al numero di grammi di biossido di carbonio emessi per chilometro dai veicoli (art. 1, c. da 1042 a 1047, Legge n. 145/2018);
-
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gli accertamenti catastali per l'iscrizione e la cancellazione delle annotazioni di riserva alle intestazioni catastali (art. 55 del R.D. 8 ottobre 1931, n. 1572 e all'art. 12 della Legge 1° ottobre 1969, n. 679);
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gli avvisi di liquidazione per decadenza delle agevolazioni fiscali, ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali;
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gli avvisi di liquidazione per recupero delle imposte di registro, ipotecarie e catastali a seguito di rettifica ai sensi dell'art. 12 D.L. n. 70/1988;
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gli avvisi di pagamento per omesso, insufficiente o tardivo versamento dell'accisa o dell'imposta di consumo dovuta sulla base delle dichiarazioni, dei dati relativi alle contabilità nonché dei documenti di accompagnamento della circolazione, presentati dai soggetti obbligati ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative (D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504);
-
gli avvisi di pagamento per indebita compensazione di crediti di accisa ovvero per omesso, insufficiente o tardivo versamento di somme e di diritti dovuti alle prescritte scadenze (D.Lgs. n. 504/1995).
Atti di pronta liquidazione - Si considera di pronta liquidazione (art. 3, D.M. 11 aprile 2024) ogni atto emesso dall'amministrazione finanziaria a seguito di controlli effettuati sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai dati in possesso della stessa amministrazione. Conseguentemente, sono esclusi dall'obbligo di contraddittorio, i seguenti atti:
-
le comunicazioni degli esiti del controllo di cui all'art. 36-bis D.P.R. 600/1973, anche relativamente alla liquidazione dell'imposta dovuta sui redditi soggetti a tassazione separata (art. 1, c. 412, Legge n. 311/2004);
-
le comunicazioni degli esiti dei controlli (artt. 54-bis, 54-ter e 54-quater del D.P.R. n. 633/1972);
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gli avvisi di liquidazione dell'imposta, nonché di irrogazione delle sanzioni, per i casi di omesso, insufficiente o tardivo versamento, omessa o tardiva registrazione degli atti e tardiva presentazione delle relative dichiarazioni, dei seguenti tributi:
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imposta di registro;
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imposte ipotecaria e catastale e tasse ipotecarie;
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imposta sulle successioni e donazioni;
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imposta sui premi delle assicurazioni;
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imposta sostitutiva sui finanziamenti (art. 20, c. 5, D.P.R. n. 601/1973);
-
imposta di bollo;
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tributi speciali di cui alla tabella A, allegata al D.L. n. 533/1954;
-
-
gli inviti al pagamento del contributo unificato e irrogazione delle sanzioni per i casi di omesso, insufficiente o tardivo versamento (art. 248, D.P.R. n. 115/2002.
Atti di controllo formale delle dichiarazioni - Si considera di controllo formale della dichiarazione (art. 4, D.M. 11 aprile 2024) ogni atto emesso dall'amministrazione finanziaria a seguito di un riscontro formale dei dati contenuti nelle dichiarazioni presentate dai contribuenti o dai sostituti d'imposta con i documenti che attestano la correttezza dei dati dichiarati.
Procedura
L’Amministrazione comunica al contribuente lo schema di provvedimento che intende adottare nei suoi confronti, assegnando:
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un termine non inferiore a 60 giorni per eventuali controdeduzioni;
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la possibilità di accedere ed estrarre copia degli atti del fascicolo;
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la possibilità di presentare istanza di adesione entro il termine di 30 giorni.
L’atto non può essere adottato prima della scadenza del termine di 60 giorni dalla comunicazione. Se la scadenza è successiva a quella di decadenza, ovvero se fra scadenza del termine assegnato per il contraddittorio e il predetto termine di decadenza decorrono meno di 120 giorni, la decadenza è posticipata al centoventesimo giorno successivo alla data di scadenza del termine di esercizio del contraddittorio.
Casi pratici
Presentazione dell’istanza di adesione (con o senza osservazioni) senza il raggiungimento di un accordo: l’atto di rettifica successivo non sarà più suscettibile di adesione.
Presentazioni delle osservazioni nei 60 giorni (dopo la ricezione dello schema di provvedimento), senza proporre istanza con adesione: se l’ufficio non le accoglie, l’atto impositivo successivo è ancora suscettibile di adesione (da proporre entro 15 giorni dalla notifica dell’atto).
In tale eventualità, il termine per ricorrere è sospeso per (soli) 30 giorni. Analoga disciplina viene eseguita nell’ipotesi in cui il contribuente, ricevuto lo schema dell’atto, non formula nessuna osservazione e non presenta istanza di adesione.
Nell’eventuale adesione attivata dopo la fase infruttuosa del contraddittorio preventivo, l’ufficio non è obbligato a tener conto di elementi di fatto diversi da quelli proposti nelle osservazioni del contribuente.
Le nuove disposizioni si applicheranno a partire dagli atti emessi dal 30 aprile 2024.
Obbligo di motivazione
La nuova disciplina introduce due obblighi di motivazione a carico dell’ufficio. Nel caso in cui, termine del contraddittorio preventivo, non sia stato raggiunto alcun accordo, l’atto impositivo dovrà indicare i motivi posti a giustificazione del mancato accoglimento delle doglianze del contribuente.
Considerato che l’obbligo all’invito preventivo può essere derogato in casi di particolare urgenza, l’ufficio, ricorrendo queste ipotesi, dovrà espressamente motivare tale circostanza ovvero il fondato pericolo per la riscossione.
71.3. Dichiarazione annuale
71.3.Dichiarazione annualeCon la dichiarazione annuale, prevista in materia di IVA, imposte sui redditi ed IRAP, il soggetto porta a conoscenza dell’Agenzia delle Entrate la propria situazione fiscale complessiva (ricavi, costi, redditi, base imponibile, imposta dovuta, detrazioni, deduzioni, ecc.).
Il contribuente può rettificare la propria dichiarazione sia a favore che a sfavore - fatta salva l’applicazione delle sanzioni e le disposizioni del ravvedimento operoso - entro i termini di decadenza dell’azione di accertamento (art. 2, c. 8 e 8-bis, D.P.R. n. 322/1998).
La giurisprudenza di legittimità ammette tale facoltà anche in sede contenziosa (Cass. 30 giugno 2017, n. 16286).
Le dichiarazioni, sia a favore che e a sfavore del contribuente, possono ora essere presentate entro i termini di decadenza dell’azione di accertamento di cui all’art. 43, D.P.R. n. 600/1973 (chiarimento Agenzia delle Entrate nel corso dell’incontro con la stampa specializzata del 1° febbraio 2018). Analoga previsione è contenuta nell’art. 8, D.P.R. n. 322/1998, ai fini IVA.
Tuttavia, le richiamate disposizioni prevedono che, mentre il credito derivante dalla dichiarazione integrativa a favore, presentata entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno d’imposta successivo, può essere utilizzato in compensazione già a partire dal giorno successivo all’integrazione, quando la dichiarazione integrativa a favore è presentata oltre detto termine (c.d. integrative “ultrannuali”), il maggior credito d’imposta ivi emergente può essere utilizzato in compensazione ai sensi dell’art. 17, D.Lgs. n. 241/1997, solo per eseguire il versamento di debiti maturati a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in cui è stata presentata l’integrativa (artt. 2, c. 8-bis e 8, c. 6-quater, D.P.R. n. 322/1998).
Ciò detto, il limite temporale all’utilizzo in compensazione dei maggiori crediti emergenti dalle dichiarazioni “ultrannuali” non può essere superato attraverso l’integrazione “a catena” di tutte le dichiarazioni, a partire da quella in cui è stato commesso l’errore fino all’ultima dichiarazione utile.
Ravvedimento speciale delle violazioni tributarie
La Legge di bilancio (art. 1, c. da 174 a 178, Legge n. 197/2022) ha introdotto una peculiare forma di “ravvedimento operoso c.d. speciale”, con il quale era possibile regolarizzare le violazioni concernenti le dichiarazioni validamente presentate, relative al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2021 e ai periodi di imposta precedenti.
La norma consentiva di regolarizzare le violazioni “sostanziali” dichiarative e le violazioni sostanziali “prodromiche” alla presentazione della dichiarazione, non assorbite dalla regolarizzazione della dichiarazione.
La regolarizzazione prevedeva il pagamento di 1/18 del minimo edittale delle sanzioni irrogabili previsto dalla legge, oltre all’imposta e agli interessi dovuti.
Modalità di pagamento - Erano previste le seguenti forme di pagamento:
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in un’unica soluzione, entro il 30 settembre 2023;
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in 8 rate trimestrali di pari importo con scadenza della prima rata il 30 settembre 2023. Sulle rate successive alla prima da versare, rispettivamente, entro il 31 ottobre 2023, il 30 novembre 2023, 20 dicembre 2023, il 31 marzo 2024, il 30 giugno 2024, il 30 settembre 2024 e il 20 dicembre 2024, sono dovuti gli interessi nella misura del 2% annuo.
Non è ammesso il pagamento delle somme dovute attraverso la compensazione (art. 17, D.Lgs. n. 241/1997).
Era sempre necessaria la rimozione, entro il medesimo termine, delle irregolarità od omissioni ravvedute. Il mancato pagamento, anche parziale, di una delle rate successive alla prima entro il termine di versamento della rata successiva comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e l’iscrizione a ruolo degli importi ancora dovuti, con l’applicazione della sanzione amministrativa pari al 30% (art. 13, D.Lgs. n. 471/1997) sul residuo dovuto a titolo di imposta - e degli interessi al tasso del 4% annuo (art. 20, D.P.R. n. 602/1973), con decorrenza dalla data del 31 marzo 2023.
In tali ipotesi, la cartella di pagamento deve essere notificata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di decadenza dalla rateazione.
Per beneficiare della regolarizzazione è necessario che le violazioni “ravvedibili” non siano state già contestate, alla data del versamento di quanto dovuto o della prima rata, con atto di liquidazione, di accertamento o di recupero, contestazione e irrogazione di sanzioni, comprese le comunicazioni di cui all’art. 36-ter del D.P.R. n. 600/1973.
Novità introdotte dal Decreto Milleproroghe - L’art. 3, c. 12-undecies, del D.L. n. 215/2023 (Decreto Milleproroghe) estende l’applicabilità dell’Istituto del ravvedimento speciale (art. 1, c. da 174 a 178, Legge n. 197/2022) e riguardante le violazioni concernenti le dichiarazioni validamente presentate in relazione al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2021 e ai periodi d’imposta precedenti, alle violazioni concernenti le dichiarazioni validamente presentate con specifico riferimento al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2022.
L’estensione del ravvedimento speciale è ammessa, al ricorrere delle condizioni normativamente previste, purché la dichiarazione del relativo periodo d’imposta sia stata validamente presentata (circ. 15 maggio 2024, n. 11/E).
Il perfezionamento della procedura è subordinato:
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alla rettifica della dichiarazione infedele entro il 31 maggio 2024;
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al versamento in un’unica soluzione, entro il 31 maggio 2024, dei tributi dovuti, degli interessi da ravvedimento calcolati dalla data della violazione a quella del versamento, al versamento dell’importo della sanzione ridotta a 1/18 del minimo edittale.
In alternativa al pagamento in un’unica soluzione quest’ultimo potrà essere effettuato con il pagamento rateale:
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alla data del primo versamento (31 maggio 2024):
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un importo pari a 5/8 del tributo;
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un ammontare pari a 5/8 degli interessi complessivi da ravvedimento, calcolati dalla data della violazione a quella del versamento;
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un importo pari a 5/8 della sanzione ridotta nella misura disposta dal ravvedimento speciale;
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alla data del versamento di ciascuna delle 3 rate successive 30 giugno, 30 settembre e 20 dicembre 2024):
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un importo pari a 1/8 del tributo;
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un ammontare pari a 1/8 degli interessi complessivi da ravvedimento, calcolati dalla data della violazione a quella del primo versamento (nell’esempio il 31 maggio 2024);
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un importo pari a 1/8 della sanzione da ravvedimento speciale;
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l’ammontare degli interessi da rateazione (nella misura del 2 per cento annuo), calcolati, sull’importo di ciascuna rata, dal 1° giugno 2024 alla data del versamento di ciascuna rata.
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Riliquidazione
Tutte le dichiarazioni presentate dai contribuenti (persone fisiche, giuridiche o Enti) sono riliquidate dall’Amministrazione finanziaria, in modo automatizzato, allo scopo di controllarne la correttezza formale, l’esistenza di errori materiali o di calcolo, di detrazioni d’imposta non spettanti, il corretto e tempestivo versamento delle imposte dovute, ecc.
L’attività di riliquidazione viene effettuata dopo la fase di presentazione della dichiarazione, prima dell’attività di controllo (solo eventuale) da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Precompilata IVA
A partire dalle operazioni IVA effettuate dal 1° luglio 2021 (art. 4, D.Lgs. n. 127/2015), nell’ambito di un programma di assistenza on line basato sui dati delle operazioni acquisiti con le fatture elettroniche e con le comunicazioni delle operazioni transfrontaliere, nonché sui dati dei corrispettivi acquisiti telematicamente, è previsto che l’Agenzia delle Entrate metta a disposizione dei soggetti passivi IVA residenti e stabiliti in Italia, in apposita area riservata del proprio sito internet, le bozze dei seguenti documenti (art. 16, D.L. n. 124/2019):
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registri (artt. 23 e 25, D.P.R. n. 633/72);
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comunicazioni delle liquidazioni periodiche dell’IVA.
A partire dalle operazioni IVA effettuate dal 1° gennaio 2022, per i soggetti passivi residenti e stabiliti in Italia è disponibile, in un’apposita area riservata del sito internet dell’Agenzia delle Entrate, la bozza della dichiarazione IVA. (art. 4, c. 1 e 1-bis, D.Lgs. n. 127/2015).
Per i soggetti passivi IVA che convalideranno o, eventualmente, integreranno le informazioni proposte dall’Agenzia delle Entrate, verrà meno l’obbligo di tenuta dei registri delle fatture acquisti e vendite (artt. 23 e 25, D.P.R. n. 633/1972), fatta salva la tenuta del registro incassi e pagamenti (art. 18, c. 2, D.P.R. n. 600/1973). L’obbligo di tenuta dei registri ai fini IVA permane per i soggetti che hanno deciso di tenere i registri ai fini dell’imposta sul valore aggiunto senza operare le annotazioni relative a incassi e pagamenti (art. 18, c. 5, D.P.R. n. 600/1973).
71.4. Accertamenti IVA
71.4.Accertamenti IVA71.4.1. Controllo formale della dichiarazione
71.4.1.Controllo formale della dichiarazioneL’Amministrazione finanziaria, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione, procede al controllo formale delle dichiarazioni. Tale controllo implica una ridotta attività amministrativa in cui può essere richiesta l’esibizione di documenti giustificanti determinate voci della dichiarazione. Il procedimento può essere così schematizzato:
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controllo formale della dichiarazione;
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invio della “comunicazione bonaria”;
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eventuale contraddittorio tra Agenzia delle Entrate e contribuente;
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iscrizione a ruolo delle somme;
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notifica della cartella di pagamento ad opera dell’Agente della riscossione.
Se vi è pericolo per la riscossione, l’ufficio può provvedere, anche prima della presentazione della dichiarazione annuale, a controllare la tempestiva effettuazione dei versamenti dell’imposta (art. 54-bis, D.P.R. n. 633/1972).
Approvazione dei Modelli di dichiarazione IVA 2024 - Con il Provvedimento Agenzia delle Entrate del 15 gennaio 2024, sono stati approvati, con le relative istruzioni:
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il Modello di dichiarazione annuale IVA 2024. Va utilizzato per la presentazione della dichiarazione IVA (obbligatoriamente in forma autonoma), comprende il frontespizio, l’informativa relativa al trattamento dei dati personali e i quadri VA, VC, VD, VE, VF, VJ, VH, VM, VK, VN, VL, VP, VQ, VT, VX, VO, VG;
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il Modello di dichiarazione annuale IVA Base 2024. È una versione semplificata della dichiarazione IVA 2024 e può essere utilizzato in alternativa a tale modello; è costituito dal frontespizio e da un modulo, composto dai quadri VA, VE, VF, VJ, VH, VP, VL, VT, VX. Il Modello IVA Base 2024 può essere utilizzato dai soggetti IVA, sia persone fisiche sia soggetti diversi dalle persone fisiche. Le modalità ed i termini per la presentazione del Modello IVA Base 2024 sono le stesse previste per la presentazione del Modello di dichiarazione annuale IVA 2024.
Contribuenti sottoposti a controllo formale
L’attività non riguarda la totalità dei contribuenti poiché è limitata ai soggetti emergenti dai criteri selettivi all’uopo fissati.
Infatti, i controlli sono eseguiti tenendo nella dovuta considerazione i criteri selettivi
fissati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, nonché specifiche analisi di rischio evasione.
Esito dei controlli
Quando dai controlli automatici emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione, l’esito della liquidazione è comunicato al contribuente mediante avviso bonario o avviso di pagamento. Qualora a seguito della comunicazione il contribuente rilevi eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nella liquidazione dei tributi, lo stesso può fornire i chiarimenti necessari all’Amministrazione finanziaria entro i 30 giorni successivi al ricevimento della comunicazione. Nell’ipotesi in cui l’Amministrazione ritenga fondati i rilievi del contribuente dovrà rideterminare, in sede di autotutela, le somme dovute.
Le somme dovute a seguito dei controlli automatici ovvero dei controlli eseguiti dall’ufficio ai sensi dell’art. 54-bis, D.P.R. n. 633/1972, sono iscritte direttamente nei ruoli a titolo definitivo (art. 2, D.Lgs. n. 462/1997).
L’iscrizione a ruolo non è eseguita, in tutto o in parte, se il contribuente provvede a pagare le somme dovute entro 30 giorni dal ricevimento dell’avviso bonario ovvero della comunicazione definitiva contenente la rideterminazione in sede di autotutela delle somme dovute, a seguito dei chiarimenti forniti dal contribuente. In tal caso, l’ammontare della sanzione è ridotto a 1/3 (definizione agevolata).
Presentazione di documenti
Qualora l’Ufficio, con la notifica della comunicazione, richieda al contribuente la presentazione di documenti o chiarimenti, il contribuente stesso è sempre ammesso a definire in via agevolata la violazione, con il versamento in misura ridotta della sanzione entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione definitiva (la quale potrebbe confermare o modificare la comunicazione originaria).
Qualora, a seguito della comunicazione originaria, il contribuente presenti spontaneamente documenti o chiarimenti per contestare le risultanze del controllo formale, facendo quindi spirare il termine di 30 giorni per la definizione agevolata, il soggetto potrà essere riammesso al versamento agevolato solo nell’ipotesi in cui l’Ufficio, in sede di autotutela, accolga l’istanza di parte, riducendo l’imposta dovuta. In caso contrario, qualora cioè l’Ufficio ribadisca la comunicazione originaria, il contribuente non sarà più ammesso al versamento in misura ridotta.
Per il versamento dell’IVA, degli interessi (calcolati dal giorno successivo a quello di scadenza del versamento fino all’ultimo giorno del mese antecedente quello di elaborazione automatizzata della comunicazione - circ. 18 maggio 2000, n. 100/E) e della sanzione ridotta deve essere utilizzato il Mod. F24 (si ricorda che il versamento da parte dei soggetti titolari di partita IVA deve essere obbligatoriamente effettuato utilizzando il Modello di versamento F24 on line).
È ammessa la compensazione delle somme dovute con eventuali crediti tributari o contributivi (art. 17, D.Lgs. n. 241/1997 e circ. 27 aprile 2000, n. 83/E).
Le cartelle di pagamento emesse ai sensi dell’art. 54-bis, D.P.R. n. 633/1972, sono atti impositivi e costituiscono il primo atto ricevuto dal contribuente, nel quale si manifesta la pretesa tributaria. Per questo motivo, le stesse, sono impugnabili per vizi propri.
Qualora intercorra un eccessivo lasso di tempo fra l’invio del questionario e la richiesta di ulteriore documentazione, accompagnata dalla successiva emissione, a soli 10 giorni di distanza, dell’atto accertativo, risultano violati i principi generali di buona fede e di leale collaborazione, introdotti nell’ordinamento tributario tramite il principio del legittimo affidamento di cui all’art. 10, c. 1, della Legge n. 212/2000. Tale condotta, infatti, rende impossibile l’espletamento di un effettivo contraddittorio endoprocedimentale, non essendo sufficiente a tali fini la mera convocazione del contribuente per la richiesta di informazioni preordinate ad effettuare l’accertamento induttivo (CTP Reggio Emilia 17 giugno 2020, n. 146).
Rateazione delle somme
Le somme dovute in base all’avviso bonario notificato al contribuente possono essere versate in forma rateizzata. Le rate hanno cadenza trimestrale e le somme dovute possono essere versate in un numero massimo di 8 rate trimestrali di pari importo, ovvero, se superiori a 5.000 euro, in un numero massimo di 20 rate trimestrali di pari importo (art. 3-bis, D.Lgs. n. 462/1997). L’importo della prima rata deve essere versato entro il termine di 30 giorni dal ricevimento della comunicazione. Sull’importo delle rate successive sono dovuti gli interessi calcolati dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di elaborazione della comunicazione. Le rate trimestrali nelle quali il pagamento è dilazionato, scadono l’ultimo giorno di ciascun trimestre. In caso di rateazione (art. 3-bis, D.Lgs. n. 462/1997), il mancato pagamento della prima rata entro il termine di 30 giorni dal ricevimento della comunicazione, ovvero di una delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva, comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e l’iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni in misura piena (art. 15-ter, D.P.R. n. 602/1973). Il ritardato pagamento di una delle rate diverse dalla prima, entro il termine per il versamento della rata successiva, non comporta la decadenza dalla rateazione.
In caso di tardivo pagamento di una rata diversa dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva, si procede all’iscrizione a ruolo dell’eventuale frazione non pagata, della sanzione (art. 13, D.Lgs. n. 471/1997), commisurata all’importo non pagato o pagato in ritardo e dei relativi interessi.
Sanzione per ritardato pagamento
Le sanzioni per ritardato pagamento sono riassunte nella tabella che segue.
Ritardo | Sanzione |
Contenuto entro 90 giorni | La sanzione del 30% è ridotta alla metà |
Contenuto entro 15 giorni | La sanzione del 15% è ulteriormente ridotta a un importo pari a 1/15 per ciascun giorno di ritardo, pari all’1% per ciascun giorno di ritardo. |
Svolgimento della procedura: l’iscrizione a ruolo non è eseguita se il contribuente si avvale del ravvedimento, entro il termine di pagamento della rata successiva ovvero, in caso di ultima rata o di versamento in unica soluzione, entro 90 giorni dalla scadenza (art. 15-ter, c. 6, D.P.R. n. 602/1973). |
Si supponga un piano di rateazione che prevede il versamento di euro 1.000 al 31 gennaio (terza rata) e di euro 1.000 entro il 30 aprile (quarta rata).
L’omesso versamento della terza rata entro il 30 aprile, comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e l’iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni in misura piena.
Il tardivo versamento della terza rata eseguito comunque entro il 30 aprile, comporta l’applicazione della sanzione del 15% (150 euro) sull’importo versato in ritardo (entro 90 giorni), oltre ai relativi interessi, mediante iscrizione a ruolo (se l’importo versato fosse inferiore alla somma dovuta, l’Ufficio procederebbe a iscrizione a ruolo anche dell’eventuale frazione non pagata).
Se il ritardo fosse contenuto entro 15 giorni, la sanzione applicabile sarebbe pari a 10 euro (1/15 di 150) per ogni giorno di ritardo.
Regolarizzazione delle violazioni - In caso di tardivo versamento della rata il contribuente potrebbe regolarizzazione la violazione mediante versamento dell’importo dovuto e dei relativi interessi, e il pagamento della sanzione ridotta (art. 13, D.Lgs. n. 472/1997).
Il ravvedimento deve avvenire:
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entro il termine di pagamento della rata successiva;
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in caso di inadempimento relativo alla totalità delle somme dovute o all’ultima rata, entro 90 giorni dalla scadenza.
Si tratta di un ravvedimento operoso, con riduzione della sanzione da tardivo versamento a 1/10 o a 1/9.
Caratteristiche | Rate |
Rate (sino a 5.000 euro) | 8 trimestrali |
Rate (oltre i 5.000 euro) | 20 trimestrali |
Decadenza | Mancato pagamento prima rata o di una rata successiva non sanata entro il termine di pagamento della rata successiva (salvo il lieve inadempimento) |
Compensazione | Ammessa |
Interessi da rateazione | 3,5% annuo |
È esclusa la decadenza in caso di lieve inadempimento dovuto a:
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insufficiente versamento della rata, per una frazione non superiore al 3% e, in ogni caso, a 10.000 euro;
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tardivo versamento della prima rata, non superiore a 7 giorni (art. 15-ter, c. 3, D.P.R. n. 602/1973).
In tali casi, si procede all’iscrizione a ruolo della somma non pagata con applicazione della relativa sanzione del 30% commisurata all’importo non versato o pagato in ritardo e dei relativi interessi (art. 13, D.Lgs. n. 471/1997).
Parimenti si procede in caso di tardivo pagamento di una rata successiva alla prima, ove la tardività sia contenuta entro il termine per il versamento della rata successiva.
La disposizione si applica anche con riguardo al versamento in unica soluzione delle somme dovute a seguito di controllo formale (art. 15-ter, c. 4, D.P.R. n. 602/1973).
Riduzione della sanzione - Nella tabella seguente si riassumono le modalità di applicazione del ravvedimento (art. 13, D.Lgs. n. 471/1997, lettere da a) a b-quater).
Ritardo | Sanzione | Riduzione | Sanzione ridotta | Applicazione | Art. 13 D.P.R. n. 633/1972 |
Sino a 14 giorni | 1% - 14% | Riduzione della sanzione del 15% a 1/15 per giorno di ritardo e ulteriore riduzione al decimo | 0,1% - 1,4% | Tutti i tributi | lett. a |
Da 15 a 30 giorni | 15% | 01-ott | 1,50% | Tutti i tributi | lett. a |
Da 31 a 90 giorni | 15% | 01-set | 1,67% | Tutti i tributi | lett. a-bis |
Dal 91° giorno all’anno dalla violazione o entro il termine della dichiarazione relativa all’anno in cui è commessa la violazione | 30% | 01-ago | 3,75% | Tutti i tributi | lett. b |
Entro 2 anni dalla violazione o entro il termine della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello in cui è commessa la violazione | 30% | 01-lug | 4,29% | Tutti i tributi | lett. b-bis |
Oltre 2 anni dalla violazione oppure oltre il termine della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello in cui è commessa la violazione | 30% | 01-giu | 5% | Tutti i tributi | lett. b-ter |
Dopo la constatazione della violazione nel “PVC” | 30% | 01-mag | 6% | Solo Agenzia delle Entrate, tributi doganali e accise | lett. b-quater |
Notifica
La cartella di pagamento per l’iscrizione a ruolo deve essere notificata al contribuente, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre (art. 25, D.P.R. n. 602/1973):
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del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, ovvero a quello di scadenza del versamento dell’unica o ultima rata se il termine per il versamento delle somme risultanti dalla dichiarazione scade oltre il 31 dicembre dell’anno in cui la dichiarazione è presentata, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione (art. 36-bis, D.P.R. n. 600/1973). Del quarto anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione del sostituto d’imposta;
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del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di controllo formale (art. 36-ter, D.P.R. n. 600/1973);
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del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, per le somme dovute in base agli accertamenti dell’ufficio;
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del terzo anno successivo a quello di scadenza dell’ultima rata del piano di rateazione per le somme dovute a seguito degli inadempimenti nei pagamenti delle somme dovute a seguito dell’attività di controllo (art. 15-ter, D.P.R. n. 603/1973).
Tali termini (art. 25, D.P.R. n. 602/1973), sono applicabili anche in materia di IVA (ai sensi dell’art. 23, D.Lgs. n. 46/1999).
I termini menzionati, essendo decadenziali, non possono in alcun modo essere interrotti, ferma restando, naturalmente, l’eventualità di una loro proroga ad opera del legislatore.
Violazioni formali
Qualora dal controllo formale emergano soltanto violazioni formali, che non comportino una maggiore imposta da versare, il contribuente riceve l’atto di contestazione, con il quale l’Ufficio applica al soggetto passivo le sanzioni (D.Lgs. n. 472/1997). Contro i predetti provvedimenti è ammesso ricorso alla competente Corte di Giustizia Tributaria di primo grado.
Controllo automatizzato sui soggetti identificati in Italia
Per i soggetti identificati in Italia che effettuano servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione ed elettronici sono previsti:
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specifiche tipologie di controllo (art. 54-ter, D.P.R. n. 633/1972);
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un regime speciale per servizi resi da soggetti non UE a committenti non soggetti passivi d’imposta domiciliati, ovvero residenti nell’UE, stabilendo che questi possono identificarsi in Italia (art. 74-quinquies, D.P.R. n. 633/1972), per l’assolvimento degli obblighi in materia di IVA.
Modalità
È necessario presentare apposita richiesta all’ufficio competente dell’Agenzia delle Entrate, il quale comunica al soggetto richiedente il numero di identificazione attribuito.
Tali soggetti sono tenuti a presentare, per ciascun trimestre dell’anno solare ed entro il giorno 20 del mese successivo al trimestre di riferimento, anche in mancanza di operazioni, una dichiarazione dalla quale risultino il numero di identificazione, l’ammontare delle prestazioni effettuate nel periodo di riferimento, distintamente per ciascuno Stato membro di domicilio o residenza dei committenti, le aliquote applicate, l’ammontare dell’imposta (art. 74-quinquies, c. 6, D.P.R. n. 633/1972).
Entro il termine di cui sopra, i soggetti passivi devono effettuare il versamento dell’IVA dovuta in base alla dichiarazione trimestrale (art. 74-quinquies, c. 9, D.P.R. n. 633/1972). Entro il 10° giorno successivo alla scadenza di cui sopra, l’Agenzia delle Entrate, sulla base dei dati e degli elementi desumibili dal portale telematico, verifica l’avvenuta presentazione della dichiarazione, nonché la rispondenza con la dichiarazione e la tempestività dei versamenti dell’imposta risultante dalla stessa (art. 54-ter, D.P.R. n. 633/1972). L’Amministrazione finanziaria, qualora rilevi che la dichiarazione trimestrale non sia stata ancora trasmessa, inoltra al soggetto passivo un sollecito, così come nel caso in cui sia rilevato che l’imposta dovuta in base alla dichiarazione medesima non sia stata in tutto o in parte versata. Qualora i soggetti interessati persistano a non osservare le norme relative al regime speciale (art. 74-quinquies, D.P.R. n. 633/1972), l’Amministrazione finanziaria emette provvedimento motivato di esclusione dal regime speciale, avverso il quale è ammesso ricorso secondo le disposizioni relative al contenzioso tributario.
Prevenzione e contrasto dei fenomeni evasivi e fraudolenti in ambito IVA
Ai fini della prevenzione e del contrasto dei fenomeni evasivi e fraudolenti, in ambito IVA, connessi all’utilizzo abusivo della procedura che consente l’esenzione dal pagamento dell’IVA al momento dell’importazione di beni nell’Unione europea da Paesi Extra UE, nella dichiarazione di inizio attività, o nella successiva dichiarazione di variazione, deve essere indicata l’eventuale volontà del soggetto di effettuare operazioni intracomunitarie (Titolo II, Capo II, D.L. 30 agosto 1993, n. 331).
Liquidazione dell’imposta
L’Amministrazione finanziaria, avvalendosi di procedure automatizzate, procede a:
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correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti nella determinazione dell’imposta;
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controllare la rispondenza con la dichiarazione e la tempestività dei versamenti dell’imposta risultante dalla dichiarazione.
Esito del controllo
Quando dai controlli automatici eseguiti emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione, l’esito del controllo è comunicato per via elettronica al contribuente entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. La comunicazione contiene l’intimazione ad adempiere, entro 60 giorni dal ricevimento della stessa, al pagamento dell’imposta o della maggiore imposta dovuta e non versata, della sanzione (art. 13, D.Lgs. n. 471/1997) e degli interessi (art. 20, D.P.R. n. 602/1973), calcolati fino al giorno in cui è effettuata la liquidazione. In caso di mancato pagamento delle somme dovute entro il termine indicato, la comunicazione diviene titolo esecutivo ai fini della riscossione.
Qualora l’Amministrazione finanziaria verifichi, sulla base delle informazioni presenti nel sistema informativo dell’anagrafe tributaria, che il soggetto, non domiciliato o residente nel territorio dello Stato, non dispone di fonti di reddito o beni disponibili nel territorio nazionale, la riscossione delle somme contenute nella comunicazione potrà essere chiesta direttamente ad uno Stato estero attraverso la cooperazione amministrativa per il recupero dei crediti (Direttiva n. 2010/24/UE del Consiglio del 16 marzo 2010 o altri accordi sulla reciproca assistenza in materia di riscossione dei crediti tributari comparabile a quella assicurata dalla citata Direttiva), in deroga alle disposizioni in materia di iscrizione a ruolo e senza l’affidamento in carico agli agenti della riscossione.
Qualora il contribuente rilevi eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nella liquidazione dell’imposta, lo stesso può fornire per via elettronica i chiarimenti necessari all’Amministrazione finanziaria. I dati contabili risultanti dalla liquidazione si considerano, a tutti gli effetti, come dichiarati dal contribuente.
71.4.2. Accertamento analitico
71.4.2.Accertamento analiticoL’accertamento può definirsi analitico se viene effettuato mediante la rettifica delle singole componenti attive e passive che compongono il reddito d’impresa o di lavoro autonomo (art. 54, c. 2, D.P.R. n. 633/1972). Può essere definito anche “analitico contabile” o solo “contabile” in quanto, non presupponendo che la contabilità, nel suo complesso, sia considerata inattendibile, va a rettificare le singole risultanze della medesima.
L’accertamento analitico può distinguersi in:
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accertamento analitico vero e proprio;
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accertamento analitico per presunzioni qualificate;
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accertamento analitico indipendente dalla previa ispezione della contabilità del contribuente.
Accertamento analitico vero e proprio
L’infedeltà della dichiarazione emerge in modo diretto da elementi o dati risultanti dai registri o da altra documentazione contabile posta in essere dal contribuente (esempio: dal confronto tra i registri e la dichiarazione, tra i documenti elementari e le registrazioni, tra le notizie raccolte mediante inviti, questionari o accertamenti bancari e le registrazioni medesime, ecc.).
Accertamento analitico per presunzioni qualificate
Si ha quando l’ufficio accerta l’infedeltà della dichiarazione desumendo le omissioni e le false o inesatte indicazioni:
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avvalendosi delle presunzioni legali di cessioni e di acquisto (D.P.R. 10 novembre 1997, n. 441);
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avvalendosi di presunzioni semplici, purché questi siano gravi, precise e concordanti.
Secondo la Corte di Cassazione la presunzione ha il valore autonomo di prova della pretesa fiscale e produce, quindi, l’effetto di spostare sul contribuente l’onere della prova contraria (Cass., Sez. V, 5 settembre 2015, n. 18766).
Presunzioni legali e presunzioni semplici
Le presunzioni legali sono quelle presunzioni il cui valore probatorio è riconosciuto dalla legge e che da sole sono sufficienti a legittimare la rettifica del reddito imponibile, addossando l’onere della prova contraria a carico del contribuente.
Caratteristiche principali:
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si risolvono in un notevole alleggerimento probatorio e procedimentale per l’Amministrazione finanziaria;
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pongono un vincolo all’attività valutativa del giudice;
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comprimono fortemente i poteri di difesa del contribuente;
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dove le presunzioni semplici comportano una valutazione caso per caso della gravità precisione concordanza (da svolgersi secondo i criteri generali di rilevanza ed ammissibilità), le presunzioni legali superano tale giudizio.
La prova contraria del contribuente è ammessa per le sole presunzioni legali “relative”, mentre per quelle “assolute” non è ammessa prova contraria.
Le presunzioni semplici sono quelle che, di per sé sole, non possono fondare la rettifica del reddito imponibile di un contribuente, ma necessitano di ulteriori elementi indiziari della presunta evasione (salvo casi espressamente previsti dalla legge). L’Amministrazione finanziaria è tenuta, in queste ipotesi, a dimostrare la sussistenza di ulteriori elementi che possano servire a conferire il carattere della gravità, precisione e concordanza alla presunzione di maggior imponibile.
Partendo da un fatto noto, si giunge alla determinazione del fatto ignoto sintomatico di evasione. Il fatto noto è quindi un elemento essenziale della presunzione semplice. La sua mancanza determina l’inesistenza della presunzione stessa, a prescindere dalla sussistenza dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. Il fatto noto deve essere quindi certo o oggettivamente determinabile.
È fatto noto l’emissione di un assegno, il pagamento tramite carta di credito piuttosto che un determinato quantitativo di merce in magazzino. In virtù di ciò, qualora le circostanze lo consentano, è opportuno contestare la sussistenza del fatto noto in quanto, nel caso in cui si riuscisse a provare che l’accadimento posto alla base della presunzione non costituisce fatto “noto”, cadrebbe la fondatezza della tesi erariale.
Gestione antieconomica
L’antieconomicità della gestione imprenditoriale ha assunto negli ultimi anni un ruolo centrale nell’attività di accertamento dell’Amministrazione finanziaria.
La presenza di una contabilità formalmente regolare, ma intrinsecamente inattendibile per l’antieconomicità del comportamento del contribuente, legittima l’accertamento in via induttiva (art. 54, c. 2 e 3, D.P.R. n. 633/1972), sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta. Incombe sul contribuente l’onere di fornire la prova contraria e dimostrare la correttezza delle proprie dichiarazioni senza che sia sufficiente invocare l’apparente regolarità delle annotazioni contabili. Qualora l’Amministrazione finanziaria dimostri l’antieconomicità manifesta e macroscopica dell’operazione, non riconosce il diritto alla detrazione dell’IVA “a monte”. L’antieconomicità assume rilievo quale indizio di non inerenza della destinazione del bene o servizio all’utilizzo per operazioni assoggettate ad IVA. L’onere di provare che l’operazione è realmente esistente ed inerente all’attività svolta grava sul contribuente.
Il carattere antieconomico nella gestione dell’impresa, che il contribuente non riesce a giustificare può avere quale conseguenza un accertamento analitico-induttivo. Qualora tuttavia il contribuente riesca a giustificare la ragione delle perdite, come ad esempio la crisi del principale committente dell’azienda, da cui è scaturita la necessità di una riconversione produttiva, l’accertamento deve essere annullato (Cass. 19 gennaio 2021, n. 751). La valutazione in merito all’incongruità ovvero all’antieconomicità dei costi non può comportare di per sé l’esclusione del diritto alla detrazione dell’Iva assolta. Per escludere il diritto alla detrazione, l’Amministrazione finanziaria deve dimostrare l’“antieconomicità manifesta e macroscopica” dell’operazione, quale indizio di non veridicità della fattura e, conseguentemente, dell’operazione stessa ovvero la non inerenza del bene o servizio (Cass. 7 luglio 2021, n. 19212).
Accertamento analitico senza l’ispezione contabile
L’Ufficio può, in ogni caso, procedere alla rettifica della dichiarazione, indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità del contribuente, qualora l’esistenza di operazioni imponibili per ammontare superiore a quello indicato nella dichiarazione, o l’inesattezza delle indicazioni relative alle operazioni che danno diritto alla detrazione, risulti in modo certo e diretto, e non in via presuntiva da:
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verbali, questionari e fatture;
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elenchi allegati alle dichiarazioni di altri contribuenti;
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verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti;
-
altri atti e documenti in suo possesso.
Motivazione
L’Ufficio deve indicare i criteri logici, le fonti di convincimento e le prove utilizzate per la ricostruzione del reddito in modo da permettere al contribuente l’esercizio del diritto di difesa.
L’obbligo motivazionale a carico dell’Ufficio può essere così riassunto nella tabella che segue.
Tipologia di accertamento |
Obbligo di motivazione |
Accertamento analitico vero e proprio |
L’Ufficio dovrà soltanto dimostrare la difformità sussistente tra la dichiarazione e gli elementi contabili-documentali che dimostrano l’infedeltà (esempio: risultanze delle liquidazioni periodiche, registrazione delle fatture emesse, ecc.). |
Accertamento analitico per presunzioni qualificate |
L’ufficio dovrà dimostrare la sussistenza e la fondatezza delle presunzioni. |
Accertamento analitico effettuato indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità |
L’ufficio dovrà dimostrare la difformità tra la dichiarazione e gli atti e documenti in suo possesso o risultanti dai mezzi istruttori sopra indicati (questionari, inviti, ecc.). |
È sempre ammessa la prova contraria da parte del contribuente. |
Se nella motivazione degli atti dell’Amministrazione finanziaria si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama (art. 7, c. 1, Legge n. 212/2000).
Posizione della giurisprudenza di legittimità - La giurisprudenza di legittimità si è, a più riprese, pronunciata in ordine ad avvisi di accertamento che richiamano nella parte motivazionale altri atti e, in particolare, processi verbali di constatazione.
In tali occasioni, è stato confermato l’orientamento, che può dirsi ormai definitivamente consolidato, secondo cui l’obbligo di motivazione dell’atto di accertamento può essere soddisfatto anche attraverso il richiamo ad elementi risultanti da altri atti o documenti. In questo caso occorre, tuttavia, che detti documenti siano allegati all’atto notificato; in alternativa, il contenuto essenziale di questi ultimi deve essere riportato nel provvedimento che lo richiama. In caso di inosservanza di tali disposizioni, l’accertamento è illegittimo poiché le ragioni della pretesa devono essere chiare al fine di garantire il diritto di difesa del contribuente. Nel rispetto del principio costituzionale di buona amministrazione, occorre che sia previamente esercitata un’azione amministrativa efficiente e congrua alle finalità della legge, per permettere di comprendere la effettiva ragione della decisione adottata (Cass. n. 6636/2016).
Chiarezza e motivazione degli atti
Il Consiglio dei Ministri del 28 dicembre 2023 ha approvato in esame definitivo il decreto delegato modificativo dello Statuto dei diritti del contribuente.
Il D.Lgs. n. 219/2023, che dà attuazione alla Legge n. 111/2023 (Delega al Governo per la riforma fiscale), modifica lo Statuto dei diritti del contribuente. Per effetto di tali modifiche, l’obbligo di motivazione degli atti è stato previsto a pena di annullabilità.
Gli atti dell’amministrazione finanziaria, autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria, devono indicare i presupposti di fatto posti a base del provvedimento a pena di annullabilità indicando specificamente i presupposti, i mezzi di prova e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione su cui si fonda la decisione.
Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, che non è stato già portato a conoscenza dell’interessato, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale e la motivazione indica espressamente le ragioni per le quali i dati e gli elementi contenuti nell’atto richiamato si ritengono sussistenti e fondati.
I fatti e i mezzi di prova a fondamento del provvedimento non possono essere successivamente modificati, integrati o sostituiti se non attraverso l’adozione di un ulteriore provvedimento, ove ne ricorrano i presupposti e non siano maturate decadenze (art. 7, Legge n. 212/2000).
È illegittimo l’avviso di accertamento con cui si contesta l’omessa fatturazione di operazioni imponibili nel momento in cui, sia nell’avviso di accertamento che nel PVC prodromico, siano stati citati ed elencati i documenti probatori posti a base della contestazione, ma gli stessi non siano successivamente prodotti in giudizio.
Questo in quanto, il giudice di merito non ha la possibilità di tenerne conto e, pertanto, non può essere annullata la sentenza da lui resa per omessa valutazione di una prova, nella misura in cui venga dimostrato che quella prova, che rappresenta un allegato al processo verbale di constatazione, non è presente agli atti di causa (Cass., ord. 24 agosto 2018, n. 21105).
È legittimo l’avviso di accertamento con il quale si rileva la mancata tenuta della contabilità fiscale in presenza di attività imprenditoriale, nonostante la mancanza di allegazione della documentazione posta a fondamento, richiamata solo per relationem nel processo verbale di constatazione (Cass., ord. 18 ottobre 2018, n. 26107).
In tema di motivazione per relationem degli atti d’imposizione tributaria, l’art. 7, c. 1, dello Statuto del contribuente, nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’Amministrazione finanziaria ogni documento da esso richiamato in motivazione, si riferisce esclusivamente agli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza.
71.4.3. Accertamento parziale
71.4.3.Accertamento parzialeL’Agenzia delle Entrate, senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti dalla legge, qualora da:
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accessi, ispezioni, verifiche;
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segnalazioni effettuate dalla Direzione Centrale Accertamento;
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segnalazioni da una Direzione regionale;
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segnalazioni da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali;
-
segnalazioni dalla Guardia di Finanza;
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segnalazioni da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici;
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oppure dai dati in possesso dell’anagrafe tributaria;
risultano elementi che consentono di stabilire l’esistenza di corrispettivi o di imposta in tutto o in parte non dichiarati, o di detrazioni in tutto o in parte non spettanti, può limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, l’imposta o la maggiore imposta dovuta, il minor credito spettante o il tributo non versato (art. 54, c. 5, D.P.R. n. 633/1972).
L’accertamento parziale può essere attivato dagli uffici anche a seguito delle attività istruttorie (art. 51, c. 2, nn. da 1) a 4), D.P.R. n. 633/1972), vale a dire, inviti a comparire (anche a seguito di accertamenti bancari), inviti ad esibire atti e documenti, questionari.
Con l’accertamento parziale, l’Amministrazione finanziaria non ha l’obbligo di sottoporre ad accertamento l’intera posizione fiscale del contribuente, ma può limitarsi a contestare la singola violazione segnalata dai predetti organi.
Non è pregiudicata la possibilità di effettuare, in seguito, entro i termini decadenziali legislativamente prescritti, ulteriori accertamenti parziali o l’accertamento ordinario senza necessità di dimostrare la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi (art. 57, c. 4, D.P.R. n. 633/1972).
È considerato illegittimo l’accertamento “a singhiozzo”.
Tale circostanza si verifica quando, dopo un primo accertamento parziale, segue un successivo accertamento basato su altri elementi acquisiti sin dall’origine, ma non inizialmente contestati, con pregiudizio di una linea difensiva unitaria e complessiva (Cass. 2 ottobre 2018, n. 23685).
La violazione, tuttavia, non pregiudica la legittimità dell’accertamento iniziale, ma esclusivamente quella dell’accertamento successivo, determinando la nullità solo di quest’ultimo.
L’accertamento parziale è uno strumento volto a far emergere materia imponibile. Non costituisce un metodo di accertamento autonomo e indipendente rispetto alle previsioni degli artt. 38 e 39 del D.P.R. n. 600/1973 e degli artt. 54 e 55 del D.P.R. n. 633/1972.
È una modalità procedurale che può fondarsi, senza limiti, anche sulla metodologia induttiva. Il correlato atto di accertamento può essere emesso anche in presenza di una contabilità regolare (Cass., ord. 14 dicembre 2018, n. 32459).
Notifica
Gli avvisi di accertamento parziale possono essere notificati, come gli avvisi di accertamento ordinari, mediante
invio di lettera raccomandata con avviso di ricevimento oppure mediante posta elettronica certificata.
Qualunque notificazione a mezzo del servizio postale si considera fatta nella data della spedizione.
Termini
Decorrono dalla data in cui l’atto è ricevuto (art. 60, D.P.R. n. 600/1973, applicabile anche in materia di IVA per effetto del rinvio operato dall’art. 56, c. 1, D.P.R. n. 633/1972).
Contribuente momentaneamente assente - La notifica si considera avvenuta, decorsi 10 giorni dall’invio della raccomandata al contribuente che lo informa del deposito dell’atto presso l’ufficio postale. Per il calcolo dei giorni, secondo la Cassazione (sent. n. 25040/2017), occorre escludere il giorno iniziale, coincidente con la data di invio della raccomandata informativa.
È considerata irregolare la notifica al contribuente temporaneamente assente, qualora non venga data la prova della ricezione della raccomandata informativa, non essendo sufficiente la prova, fornita dall’Amministrazione finanziaria, di aver spedito la comunicazione dell’avvenuto deposito presso la casa comunale (Cass. n. 5522/2019). In tali ipotesi trova applicazione l’art. 140 c.p.c. Tale norma prevede che, in caso di impossibilità di consegna del plico, l’ufficiale giudiziario depositi copia dello stesso presso la casa comunale, ed affigga avviso di deposito in busta chiusa alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario. Per il perfezionamento della notifica occorre inoltrare al destinatario una raccomandata informativa del deposito dell’atto presso la casa comunale. L’Amministrazione finanziaria deve dimostrare, l’effettiva ricezione da parte del destinatario, non essendo sufficiente la prova della sola spedizione.
Notifica a mezzo PEC - È consentito notificare a mezzo PEC (art. 60, D.P.R. n. 600/1973 applicabile anche in materia di IVA per effetto del rinvio operato dall’art. 56, c. 1, D.P.R. n. 633/1972), avvisi e altri atti impositivi a imprese individuali o costituite in forma societaria e a professionisti, trasmettendoli all’indirizzo del destinatario risultante in Ini-PEC.
Casella PEC satura - L’ufficio deve effettuare un secondo tentativo di consegna decorsi almeno 7 giorni dal primo invio.
Ulteriore esito negativo, indirizzo non valido o attivo - La notifica si esegue mediante deposito telematico dell’atto nell’area riservata del sito internet della società InfoCamere Scpa e pubblicazione, entro il secondo giorno successivo, del relativo avviso nello stesso sito, per la durata di 15 giorni.
L’ufficio deve in questo caso comunicare comunque al destinatario l’avvenuta notifica dell’atto a mezzo di lettera raccomandata.
Le notifiche avvengono in deroga espressa dell’art. 149-bis del Codice di procedura civile il quale, nel disciplinare la notificazione a mezzo PEC, richiede comunque la trasmissione da parte dell’ufficiale giudiziario di copia informatica dell’atto, sottoscritta con firma digitale, con annessa relata su documento informatico separato e congiunto all’atto cui si riferisce, con indicazione dell’indirizzo di PEC del destinatario come luogo di consegna.
Motivazione
Se la motivazione dell’avviso di accertamento fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale. In caso di inosservanza di tale disposizione, l’accertamento è nullo (art. 56, c. 5, D.P.R. n. 633/1972).
Elementi certi
L’Agenzia delle Entrate può procedere ad accertamento parziale, anche sulla base di segnalazioni ricevute da altre amministrazioni nonché dai dati in possesso dell’anagrafe tributaria, tuttavia è necessario che risultino elementi che consentono di stabilire l’esistenza di un reddito non dichiarato o il maggior ammontare di un reddito parzialmente dichiarato (CTR Bologna, sent. 1006/2017).
Tali elementi non possono essere ricavati dai dati forniti da altro contribuente (spesometro), in assenza di qualsiasi verifica da parte dell’Ufficio, cosicché l’esistenza del reddito dichiarato non può dirsi accertata. Analogamente l’Ufficio può procedere a rettifica della dichiarazione del contribuente ai fini IVA, unicamente quando l’esistenza di operazioni imponibili per ammontare superiore a quello indicato risulti in modo certo e diretto e non in via presuntiva, da verbali, questionari e fatture (art. 54, c. 3, D.P.R. n. 633/1972). Nel caso di specie l’Agenzia si è limitata ad acquisire i dati derivanti dall’applicativo CLI.FO, senza procedere ad alcuna ulteriore verifica bancaria e/o documentale presso la società che si era avvalsa delle fatture del contribuente per importi superiori a quelli, da quest’ultimo dichiarati.
Ad analoghe conclusioni è giunta anche la CTR Milano (sent. n. 4546/16/2014) per un accertamento fondato esclusivamente sul predetto applicativo clienti e fornitori. Il collegio ha ritenuto che i dati fossero privi di certezza e pertanto non potessero fondare la pretesa. L’elenco clienti e fornitori, oggetto delle decisioni dei giudici di merito, era uno strumento sostanzialmente analogo al nuovo spesometro.
71.4.4. Accertamento induttivo
71.4.4.Accertamento induttivoL’Amministrazione finanziaria può procedere all’accertamento dell’imposta dovuta o della maggiore imposta dovuta indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità del contribuente (art. 55, D.P.R. n. 633/1972). In tal caso, l’ammontare imponibile complessivo e l’aliquota applicabile sono determinati induttivamente sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza dell’Ufficio e sono computati in detrazione soltanto i versamenti eventualmente eseguiti dal contribuente e le imposte detraibili, solo se risultanti dalle liquidazioni periodiche.
Casi di ammissibilità
L’accertamento induttivo può essere effettuato in presenza di precise ipotesi, tassativamente indicate dalla
legge:
-
il contribuente non ha presentato la dichiarazione annuale;
-
la dichiarazione presentata è priva di sottoscrizione e il contribuente non ha provveduto alla sottoscrizione, entro 30 giorni dal ricevimento dell’invito da parte dell’ufficio IVA;
-
la dichiarazione reca le indicazioni relative all’ammontare imponibile delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi o degli acquisti e delle importazioni registrate nell’anno precedente, senza distinzione in base alle aliquote applicabili e senza l’indicazione delle relative imposte;
-
risulta, attraverso il verbale di ispezione, che il contribuente non ha tenuto, ha rifiutato di esibire o ha comunque sottratto all’ispezione i registri previsti dalla legge IVA e le altre scritture contabili obbligatorie;
-
dal verbale di ispezione risulta che il contribuente non ha emesso le fatture per una parte rilevante delle operazioni ovvero non ha conservato, ha rifiutato di esibire o ha comunque sottratto all’ispezione, totalmente o per una parte rilevante, le fatture emesse;
-
le omissioni e le false o inesatte indicazioni o annotazioni accertate mediante l’accertamento analitico, ovvero le irregolarità formali dei registri e delle altre scritture contabili risultanti dal verbale di ispezione, sono così gravi, numerose e ripetute, da rendere inattendibile la contabilità del contribuente.
Se vi è pericolo per la riscossione dell’imposta, l’Ufficio può procedere all’accertamento induttivo, per la frazione di anno solare già decorsa, senza attendere la scadenza del termine stabilito per la dichiarazione annuale e con riferimento alle liquidazioni periodiche (art. 55, c. 3, D.P.R. n. 633/1972).
71.5. Accertamenti imposte sui redditi
71.5.Accertamenti imposte sui redditiAi fini delle imposte sui redditi, le norme in materia di accertamento ricalcano sostanzialmente quelle previste in materia di IVA (
71.4.). Le differenze, sono riconducibili sia al diverso campo operativo dei rispettivi
tributi, sia alla platea di soggetti passivi, che, non sono solo soggetti qualificati
(imprenditori, artisti e professionisti), ma anche persone fisiche che non svolgono
attività commerciali o professionali (artt. dal 36-bis al 41-bis, D.P.R. n. 600/1973). I diversi tipi di accertamento possono essere così individuati:
-
liquidazione delle imposte (art. 36-bis);
-
controllo formale delle dichiarazioni (art. 36-ter);
-
accertamento analitico (art. 39);
-
accertamento parziale (art. 41-bis);
-
accertamento induttivo (art. 39);
-
accertamento d’ufficio (art. 41);
-
accertamento sintetico (art. 38).
71.5.1. Controllo formale della dichiarazione
71.5.1.Controllo formale della dichiarazioneLiquidazione delle imposte
Avvalendosi di procedure automatizzate, l’Amministrazione finanziaria procede, entro l’inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all’anno
successivo, alla liquidazione delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti, nonché dei rimborsi spettanti in base alle dichiarazioni
presentate dai contribuenti e dai sostituti d’imposta (art. 36-bis, D.P.R. n. 600/1973).
Sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate e di quelli in possesso dell’anagrafe tributaria, l’Amministrazione finanziaria provvede a:
-
correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti nella determinazione degli imponibili, delle imposte, dei contributi e dei premi;
-
correggere gli errori materiali commessi dai contribuenti nel riporto delle eccedenze delle imposte, dei contributi e dei premi risultanti dalle precedenti dichiarazioni;
-
ridurre le detrazioni d’imposta indicate in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalle dichiarazioni;
-
ridurre le deduzioni dal reddito esposte in misura superiore a quella prevista dalla legge;
-
ridurre i crediti d’imposta esposti in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalle dichiarazioni;
-
controllare la rispondenza con la dichiarazione e la tempestività dei versamenti delle imposte, dei contributi e dei premi, dovuti a titolo di acconto e di saldo, e delle ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto d’imposta.
Se vi è pericolo per la riscossione, l’ufficio può provvedere, anche prima della presentazione della dichiarazione annuale, a controllare la tempestiva effettuazione dei versamenti dell’imposta (art. 36-bis, c. 2-bis, D.P.R. n. 600/1973).
Quando emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione, l’esito della liquidazione è comunicato al contribuente o al sostituto d’imposta (mediante il c.d. avviso bonario o avviso di pagamento) per evitare la reiterazione di errori e per consentire la regolarizzazione degli aspetti formali e la comunicazione all’Amministrazione finanziaria di eventuali dati ed elementi non considerati nella liquidazione.
La Corte di Cassazione ritiene gli avvisi bonari immediatamente impugnabili, essendo essi qualificabili come avvisi di accertamento o di liquidazione, cioè come atti con cui l’Amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria ormai definita, ancorché tale comunicazione non si concluda con una formale intimazione di pagamento bensì con un invito bonario a versare quanto dovuto, non assumendo alcun rilievo la mancanza della formale dizione avviso di liquidazione o avviso di pagamento (Cass., Sez. IV, ord. 28 luglio 2015, n. 15957; Cass., Sez. V, 11 febbraio 2015, n. 2616; Cass., Sez. V, 11 maggio 2012, n. 7344; Cass. 26 gennaio 2021, n. 1584).
La mancata impugnazione di tale atto non impedisce tuttavia al contribuente di impugnare la successiva cartella di pagamento, potendosi contestare, in quella sede, anche l’an e/o il quantum della pretesa impositiva (Cass., Sez. V, 11 febbraio 2015, n. 2616, cit.).
Le somme dovute a seguito dei controlli automatici ovvero dei controlli eseguiti dagli uffici, sono iscritte direttamente nei ruoli a titolo definitivo e la cartella di pagamento deve essere notificata al contribuente, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, ovvero del terzo anno successivo a quello di scadenza del versamento dell’unica o ultima rata, se il termine per il versamento delle somme risultanti dalla dichiarazione scade oltre il 31 dicembre dell’anno in cui la dichiarazione è presentata (art. 25, D.P.R. n. 602/1973).
La cartella con cui l’Amministrazione chiede il pagamento delle imposte, dichiarate dal contribuente e non versate, non necessita di specifica motivazione, in quanto la pretesa tributaria scaturisce dalla pura e semplice obbligazione di pagamento delle imposte, determinate nella dichiarazione del contribuente” (Cass., Sez. trib., ord. 3 dicembre 2013, n. 27098).
Il termine di iscrizione dei ruoli (art. 25, D.P.R. n. 602/1973) riguarda la notifica della cartella a seguito di comunicazione di irregolarità di cui all’art. 36-bis, mentre il credito erariale accertato con sentenza, che definisce l’impugnazione dell’atto impositivo, soggiace al termine di prescrizione decennale (art. 2953 c.c.), in quanto il titolo della pretesa tributaria cessa di essere l’atto e diventa la sentenza che, pronunciando sul rapporto, ne ha confermato la legittimità (Cass., Sez. V, 9 agosto 2016, n. 16730).
Riduzione della sanzione | |
Il contribuente provvede a pagare le somme dovute entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione. | L’iscrizione a ruolo non è eseguita, in tutto o in parte. |
L’ufficio richiede al contribuente la presentazione di documenti o chiarimenti. | 1) Il contribuente stesso è ammesso a definire in via agevolata la violazione con il versamento in misura ridotta della sanzione, entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione definitiva. 2) Il contribuente presenta spontaneamente documenti o chiarimenti per contestare le risultanze del controllo formale, facendo quindi spirare il termine di 30 giorni per la definizione agevolata. Il soggetto potrà essere riammesso al versamento agevolato solo nell’ipotesi in cui l’Ufficio, in sede di autotutela, accolga l’istanza di parte, riducendo l’imposta dovuta. In caso contrario, qualora cioè l’Ufficio ribadisca la pretesa originaria, il contribuente non sarà più ammesso al versamento in misura ridotta. |
L’avviso bonario non è stato notificato al contribuente | La riduzione della sanzione può essere richiesta dopo la notifica della cartella di
pagamento (tale riduzione, in caso di mancata notifica dell’avviso bonario, può venire
applicata direttamente dall’Agente della riscossione). |
Giurisprudenza di legittimità L’emissione della cartella di pagamento (artt. 36-bis, c. 3, D.P.R. n. 600/1973 e 54-bis, c. 3, D.P.R. n. 633/1972) non è condizionata dalla preventiva comunicazione al contribuente dell’esito del controllo (avviso bonario), salvo che il controllo medesimo non riveli l’esistenza di errori essendovi, solo in ipotesi di irregolarità riscontrata nella dichiarazione, l’obbligo di comunicazione per la liquidazione d’imposta, contributi, premi e rimborsi (Cass., Sez. V, 20 novembre 2015, n. 23759; Cass., Sez. V, 26 luglio 2012, n. 13343 e Cass., Sez. VI, ord. 30 luglio 2013, n. 18250). In tali ipotesi, la nullità della cartella non deriva dalla mancata omissione dell’avviso bonario, bensì dall’omessa attivazione del contraddittorio nelle ipotesi di evidenti casi di incertezza, su aspetti rilevanti della dichiarazione. Nel caso in cui il contribuente non effettui il pagamento delle somme richieste in base all’avviso bonario, le somme dovute vengono iscritte a ruolo, unitamente a sanzioni ed interessi. Gli interessi sono dovuti fino all’ultimo giorno del mese antecedente a quello della elaborazione della comunicazione (art. 3, c. 1, D.Lgs. n. 462/1997). I dati contabili risultanti dalla liquidazione si considerano, a tutti gli effetti, come dichiarati dal contribuente e dal sostituto d’imposta. |
Controllo formale delle dichiarazioni
L’Amministrazione finanziaria, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a
quello di presentazione, procede al controllo formale delle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti d’imposta, sulla base dei criteri selettivi
fissati dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate, tenendo anche conto delle capacità
operative dei medesimi uffici (art. 36-ter, D.P.R. n. 600/1973).
Poteri dell’Amministrazione finanziaria
Senza pregiudizio dell’azione accertatrice, gli uffici possono:
-
escludere, in tutto o in parte, lo scomputo delle ritenute d’acconto non risultanti dalle dichiarazioni dei sostituti d’imposta, dalle certificazioni richieste ai contribuenti ovvero delle ritenute risultanti in misura inferiore a quella indicata nelle dichiarazioni dei contribuenti stessi;
-
escludere, in tutto o in parte, le detrazioni d’imposta e/o le deduzioni dal reddito non spettanti in base ai documenti richiesti ai contribuenti;
-
determinare i crediti d’imposta spettanti in base ai dati risultanti dalle dichiarazioni e ai documenti richiesti ai contribuenti;
-
liquidare la maggiore imposta sul reddito delle persone fisiche e i maggiori contributi dovuti sull’ammontare complessivo dei redditi risultanti da più dichiarazioni o Modelli CUD presentati per lo stesso anno, dal medesimo contribuente;
-
correggere gli errori materiali e di calcolo commessi nelle dichiarazioni dei sostituti d’imposta.
Il contribuente o il sostituto d’imposta può essere invitato a fornire chiarimenti in ordine ai dati contenuti nella dichiarazione e ad eseguire o trasmettere ricevute di versamento e altri documenti non allegati alla dichiarazione o difformi dai dati forniti da terzi.
Esito del controllo formale - È comunicato al contribuente o al sostituto d’imposta (mediante avviso bonario) con l’indicazione dei motivi che hanno dato luogo alla rettifica degli imponibili, delle imposte, delle ritenute alla fonte, dei contributi e dei premi dichiarati, per consentire anche la segnalazione di eventuali dati ed elementi non considerati o valutati erroneamente in sede di controllo formale. In caso di somme dovute a seguito dell’attività di liquidazione (all’art. 36-ter del D.P.R. n. 600/1973), la notifica al contribuente della cartella di pagamento deve avvenire, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (art. 25, D.P.R. n. 602/1973).
Pagamento rateale
Le somme dovute in base all’avviso bonario, sia nel caso di liquidazione delle imposte (art. 36-bis, D.P.R. n. 600/1973), sia nel caso di controlli formali (art. 36-ter, D.P.R. n. 600/1973), possono essere versate in forma rateizzata (art. 3-bis, D.Lgs. n. 462/1997).
In caso di versamento rateale il mancato pagamento della prima rata entro il termine di 30 giorni dal ricevimento della comunicazione, ovvero di una delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva, comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e l’iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni in misura piena, dedotto quanto versato dal contribuente (art. 15-ter, D.P.R. n. 602/1973).
La decadenza dalla rateazione, quindi, non opera per un semplice ritardo nel versamento di una rata, essendo necessario che il versamento della rata non sia eseguito entro il termine di pagamento della rata successiva.
In caso di tardivo pagamento di una rata diversa dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva, si procede all’iscrizione a ruolo dell’eventuale frazione non pagata, della sanzione commisurata all’importo non pagato o pagato in ritardo, e dei relativi interessi.
Se il ritardo è contenuto entro 90 giorni, la sanzione applicabile è ridotta alla metà.
L’iscrizione a ruolo non è eseguita se il contribuente si avvale del ravvedimento, entro il termine di pagamento della rata successiva ovvero, in caso di ultima rata o di versamento in unica soluzione, entro 90 giorni dalla scadenza (art. 15-ter, c. 6, D.P.R. n. 602/1973).
71.5.2. Accertamento analitico
71.5.2.Accertamento analiticoL’accertamento può definirsi analitico se viene effettuato mediante la rettifica delle singole componenti attive e passive che compongono il reddito d’impresa o di lavoro autonomo.
Possono essere assoggettati ad accertamento analitico:
-
soggetti che effettuano attività commerciali, in forma individuale o collettiva, sia a contabilità ordinaria che semplificata;
-
gli esercenti arti o professioni, anche se organizzati in forma associata;
possono essere assoggettati ad accertamento analitico.
L’accertamento analitico può consistere in:
-
accertamento analitico vero e proprio;
-
accertamento analitico per presunzioni qualificate (altrimenti detto accertamento analitico-presuntivo).
Accertamento analitico vero e proprio
Con l’accertamento analitico vero e proprio (art. 39, c. 1, D.P.R. n. 600/1973), l’Ufficio rettifica la dichiarazione (sia ai fini delle imposte sui redditi - IRPEF, IRES - sia ai fini IRAP), intervenendo:
-
ai fini delle imposte sui redditi, sulle singole poste che concorrono alla formazione del reddito imponibile;
-
ai fini IRAP, sulle singole poste che concorrono alla determinazione del valore della produzione netta.
La rettifica può scaturire dal raffronto tra:
-
la dichiarazione (ovvero, per le imprese a contabilità ordinaria, il conto economico) e quanto risulta dalla contabilità del contribuente;
-
ovvero da altri dati ed elementi indicati dalla norma (ad esempio, mediante raffronto tra la dichiarazione e le registrazioni, tra i documenti elementari e le registrazioni eseguite, ecc.).
Secondo l’orientamento della Corte di Cassazione, questo tipo di accertamento prevede che le omissioni o le false o inesatte indicazioni contabili siano tali da inficiare l’attendibilità e, quindi, l’utilizzabilità delle stesse, con la conseguenza che l’amministrazione può determinare l’imponibile in base a elementi meramente indiziari anche se inidonei ad assurgere a prova, ossia privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza (Cass. n. 20132/2017).
È legittimo l’accertamento basato anche su dati estrapolati da una rivista economica che non sia stata allegata all’atto impositivo a condizione che il contenuto essenziale di tali informazioni sia riportato nel provvedimento dell’ufficio.
La mancata allegazione della ricerca riportata sula rivista non è causa di nullità avendo l’ufficio enunciato il suo contenuto essenziale nell’avviso di accertamento consentendo così di contrastarlo.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, infatti, l’art. 7 dello Statuto del contribuente, in base al quale occorre allegare o riprodurre a pena di nullità gli atti cui il provvedimento impositivo fa riferimento, si riferisce solo agli atti di cui il contribuente non ha già avuto integrale e legale conoscenza (Cass., ord. 23 febbraio 2018, n. 4396).
Accertamento analitico-presuntivo
Quando la rettifica delle singole poste, che concorrono alla determinazione della base imponibile, si basa non sul raffronto diretto tra dichiarazione ed elementi documentali, ma su presunzioni qualificate, si parla di accertamento analitico con metodo presuntivo.
La particolarità di questa speciale figura di accertamento analitico consiste nel fatto che la prova dell’infedeltà della dichiarazione non emerge direttamente da documenti, verbali, questionari, ecc., ma deve essere tratta dall’Amministrazione utilizzando presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, cioè partendo da un fatto noto e desumendo da esso un fatto ignoto, il fatto da provare.
Costituisce giurisprudenza consolidata della Cassazione l’affermazione secondo cui è necessario che la relazione tra fatto noto e fatto ignoto presenti carattere di ragionevole certezza, essendo sufficiente che all’accertamento del fatto ignoto si pervenga dalla considerazione di un fatto noto attraverso un processo logico deduttivo basato sull’id plerumque accidit (Cass., Sez. I, 17 maggio 1983, n. 3402; Cass., Sez. I, 17 giugno 1980, n. 3846), non essendo necessario che il fatto ignoto si presenti come l’unica conseguenza possibile dei fatti accertati, secondo un legame di necessarietà assoluta ed esclusiva. In altre parole, nella prova per presunzioni, la relazione tra il fatto noto e quello ignoto non deve avere carattere di necessità, essendo sufficiente che l’esistenza del fatto da dimostrare derivi come conseguenza del fatto noto alla stregua di canoni di ragionevole probabilità (Cass., Sez. V, 7 dicembre 2016, n. 25129).
Presunzione qualificata
È ammessa anche in presenza di una contabilità che il Fisco stesso ritiene correttamente tenuta o, meglio, non inattendibile. Il grado di probabilità del fatto presunto, derivante dal procedimento per presunzioni, deve essere tale da sopravanzare con largo margine ogni altro fatto presumibile, e quindi anche il fatto emergente dalla contabilità. Ove ciò non si verifichi, la prova per presunzioni non avrà il grado di validità probatoria atto a dimostrare la non veridicità delle risultanze contabili e quindi non potrà essere ammesso.
Discrimine
Secondo la giurisprudenza di legittimità, il discrimine tra l’accertamento condotto
con metodo analitico-presuntivo (art. 39, c. 1, lett. d), D.P.R. n. 600/1973) e l’accertamento condotto con metodo induttivo puro (art. 39, c. 2, D.P.R. n. 600/1973) (71.4.4.), è legato alla parziale o assoluta inattendibilità dei dati delle scritture contabili
(Cass. n. 20132/2016).
Tipologia di accertamento analitico | Caratteristiche |
Accertamento analitico presuntivo | L’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi dichiarati non è tale da
dover prescindere dagli stessi. All’Ufficio accertatore è consentito “completare” le lacune riscontrate utilizzando, ai fini della dimostrazione della esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati ovvero della inesistenza di componenti negativi dichiarati, anche presunzioni semplici (praesumptio hominis) purché gravi, precise e concordanti. Mediante accertamento analitico-presuntivo, l’Ufficio può procedere a rettificare il reddito d’impresa anche quando l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza di passività dichiarate sia desumibile sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti. L’accertamento basato sugli studi di settore ( ![]() |
Accertamento induttivo puro | Le omissioni o le false o inesatte indicazioni risultano tali da inficiare la attendibilità
- e dunque la utilizzabilità - ai fini dell’accertamento anche degli altri dati contabili
(apparentemente regolari), con la conseguenza che in questo caso l’Amministrazione
finanziaria può prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e delle
scritture contabili, in quanto esistenti, ed è legittimata a determinare l’imponibile
in base ad elementi meramente indiziari anche se inidonei ad assurgere a prova presuntiva
(artt. 2727 e 2729 c.c.). |
Giurisprudenza di legittimità Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, per l’accertamento dei redditi di impresa (art. 39, D.P.R. n. 600/1973), la ricorrenza dei presupposti per l’accertamento induttivo (anche nella ipotesi di inattendibilità dell’intera contabilità) non comporta l’obbligo dell’ufficio di avvalersi di tale metodo di accertamento, ma costituisce una mera facoltà che non preclude, pertanto, la possibilità di procedere ad una valutazione analitica dei dati comunque emergenti dalle scritture dell’imprenditore. Inoltre, l’esistenza dei presupposti per l’applicazione del metodo induttivo non esclude che l’amministrazione possa servirsi, nel corso del medesimo accertamento e per determinate operazioni, del metodo analitico vero e proprio (art. 39, c. 1, D.P.R. n. 600/1973) oppure contemporaneamente di entrambe le metodologie (cfr. tra le altre, Cass., Sez. V, 3 febbraio 2012, n. 1555). |
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In presenza di contabilità formalmente regolare, ma inattendibile per l’antieconomicità del comportamento del contribuente, l’Amministrazione finanziaria può desumere il reddito in via induttiva
sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti. Nella prova per presunzioni, il giudice deve in primo luogo, valutare analiticamente gli elementi indiziari e scartare quelli privi di rilevanza; secondariamente, deve accertare se tutti gli elementi presuntivi isolati siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova. In altre parole, occorre una valutazione complessiva di tutti gli elementi indiziari riportati nell’accertamento (Cass., Sez. VI, ord. 31 agosto 2017, n. 20362). |
Un caso diffuso di ricorso al metodo analitico-presuntivo è l’utilizzo delle c.d. percentuali di ricarico calcolate con la media ponderata e desumibili o dal raffronto tra i costi, i ricavi e le rimanenze, ovvero da documentazioni estranee all’impresa (ad esempio, studi relativi a determinati settori economici) o, infine, da elementi desunti da annualità precedenti rispetto a quella oggetto di controllo (Cass. ord. n. 16119/2017 in linea con il precedente orientamento Cass. n. 20060/2014; Cass. n. 23550/2014; Cass. n. 18232/2016).
Il consumo di acqua minerale può costituire un valido elemento per la ricostruzione presuntiva del volume d’affari per ciò che concerne il settore dei ristoranti e delle pizzerie senza richiedere ulteriori delucidazioni motivazionali (Cass. n. 25129/2016).
I giudici di legittimità richiamando un precedente orientamento giurisprudenziale (Cass. n. 17408/2010; Cass. n. 5870/2012), hanno affermato che nella prova per presunzioni, la relazione tra il fatto noto e quello ignoto non deve avere carattere di necessità, essendo sufficiente che l’esistenza del fatto da dimostrare derivi come conseguenza del fatto noto alla stregua di canoni di ragionevole probabilità. Pertanto, in tema di accertamento presuntivo del reddito d’impresa (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, c. 1, lett. d) è stato ritenuto legittimo l’accertamento che abbia ricostruito i ricavi di un’impresa di ristorazione sulla base del consumo unitario dei tovaglioli utilizzati (si vedano, tra le altre, Cass. n. 51/1999 in tema di materia prima per produrre prodotti di ristorazione, n. 6465/2002 e n. 9884/2002, n. 15808/2006 in tema di consumo di tovaglioli, e, in altro settore, consumo guanti monouso in odontoiatria).
La presenza di scritture contabili formalmente corrette non esclude la legittimità dell’accertamento analitico induttivo del reddito d’impresa, qualora la contabilità stessa possa considerarsi complessivamente inattendibile, essendo in tali casi consentito all’Ufficio di dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere, sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, maggiori ricavi o maggiori costi, ad esempio determinando il reddito utilizzando le percentuali di ricarico, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente.
Quindi in tema di applicazione presuntiva della percentuale di ricarico per presumere l’esistenza di ricavi superiori a quelli contabilizzati ed assoggettati ad imposta, non bastano semplici indizi, ma occorrono circostanze gravi, precise e concordanti. Ne consegue che non è legittima la presunzione di ricavi, maggiori di quelli denunciati, fondata sul raffronto tra prezzi di acquisto o di rivendita operato su alcuni articoli anziché su un inventario generale delle merci da portare a base dell’accertamento, né si rende legittimo il ricorso al sistema della media semplice, anziché a quello della media ponderale, quando tra i vari tipi di merce esiste una notevole differenza di valore ed i tipi più venduti presentano una percentuale di ricarico inferiore a quella risultante dal ricarico medio (Cass. n. 4312/2015 e Cass. n. 13319/2011).
La determinazione della percentuale di ricarico, riferita ad un determinato periodo d’imposta, può essere utilizzata per la ricostruzione del reddito imponibile afferente periodi d’imposta differenti laddove non sia mutata la natura dell’attività economica esercitata dal contribuente nel corso degli anni, in termini quantitativi e qualitativi, sì da rendere inconferente tale dato con la concreta realtà dell’impresa (Cass., Sez. trib., 12 febbraio 2013, n. 3357).
È legittimo l’accertamento analitico-induttivo nei confronti di un odontoiatra, basato sull’utilizzo di guanti monouso, sebbene il percorso di ricostruzione indiretta dei compensi del professionista tenga in considerazione anche le rimanenze, elemento estraneo alla determinazione del reddito di lavoro autonomo, perché rilevante solo per il calcolo del reddito d’impresa. Tali rimanenze assumono rilievo non in senso tecnico, bensì quali elementi di un più ampio quadro indiziario che deve essere considerati dal Giudice tributario ai soli fini dell’accertamento induttivo del reddito (Cass., Sez. trib. 4 maggio 2018, n. 10692).
È legittimo l’accertamento analitico-induttivo nei confronti di un parrucchiere, basato sull’utilizzo di shampoo. Il quantitativo di shampoo acquistato da un parrucchiere e utilizzato nella sua attività è un elemento presuntivo idoneo a consentire all’Amministrazione finanziaria una ricostruzione induttiva dei ricavi, sulla base del consumo di tale indispensabile prodotto per l’esercizio dell’attività (CTR Lazio, sent. 23 settembre 2020, n. 2684).
La determinazione della percentuale di ricarico, riferita ad un determinato periodo d’imposta, può essere utilizzata per la ricostruzione del reddito imponibile afferente periodi d’imposta differenti laddove non sia mutata la natura dell’attività economica esercitata dal contribuente nel corso degli anni, in termini quantitativi e qualitativi, sì da rendere inconferente tale dato con la concreta realtà dell’impresa (Cass., Sez. trib., 12 febbraio 2013, n. 3357).
La determinazione in via presuntiva della percentuale di ricarico effettiva sul prezzo della merce venduta, in sede di accertamento induttivo, deve avvenire adottando un criterio che sia:
-
coerente con la natura e le caratteristiche dei beni presi in esame;
-
applicato ad un campione di beni scelti in modo appropriato;
-
fondato su una media aritmetica o ponderale, scelta in base alla composizione del campione di beni; tale modalità di determinazione della reale percentuale di ricarico prescinde del tutto dalla circostanza che la contabilità dell’imprenditore risulti formalmente regolare (Cass., Sez. trib., 11 febbraio 2013, n. 3197).
È legittimo l’accertamento fondato anche sugli studi di settore, pur in assenza di preventivo contraddittorio con il contribuente, qualora detto strumento presuntivo sia stato utilizzato non nell’ambito di un accertamento parametrico, ma all’interno di un accertamento analitico-induttivo, esperito in forza della riscontrata presenza di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti.
Tale strumento può, infatti, essere utilizzato solo quale criterio di giudizio per la rideterminazione, in termini oggettivi e comparabili, del reddito d’impresa e, dunque, ai fini della valutazione della congruità della ricostruzione induttiva del reddito d’impresa (Cass. 24 aprile 2018, n. 10030).
È legittimo l’accertamento analitico-presuntivo nei confronti di un dentista con cui l’Agenzia delle Entrate riprenda a tassazione maggiori ricavi sulla base dei giorni lavorati e del numero di interventi sui clienti dichiarato dal contribuente (Cass. 5 febbraio 2019, n. 3290). Qualora l’Amministrazione finanziaria motivi gli indici di inattendibilità dei dati relativi ad alcune poste di bilancio, che denotano ricavi non dichiarati, spetta al contribuente dimostrare la regolarità delle operazioni effettuate. Anche laddove la contabilità sia nel complesso regolare, se il comportamento del contribuente risulta antieconomico l’Amministrazione finanziaria può desumere in via induttiva il reddito del contribuente sulla base di presunzioni semplici, a patto che siano gravi, precise e concordanti.
71.5.3. Accertamento parziale
71.5.3.Accertamento parzialeL’Amministrazione finanziaria, senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti (art. 43, D.P.R. n. 600/1973), qualora da accessi, ispezioni e verifiche, da segnalazioni effettuate da altri organi oppure dai dati in possesso dell’anagrafe tributaria, risultino elementi che consentono di stabilire l’esistenza di un reddito non dichiarato nonché l’esistenza di imposte o di maggiori imposte non versate (escluse le ipotesi di cui agli artt. 36-bis e 36-ter, D.P.R. n. 600/1973), può accertare, in base agli elementi predetti, il reddito o il maggior reddito imponibile ovvero la maggiore imposta da versare (art. 41-bis, D.P.R. n. 600/1973).
L’accertamento parziale può essere attivato dagli uffici anche a seguito delle attività istruttorie (art. 32, c. 1, n. da 1) a 4), D.P.R. n. 600/1973), vale a dire, inviti a comparire (anche a seguito di accertamenti bancari), inviti ad esibire atti e documenti, questionari. In tal modo, l’attività di controllo potrà essere meglio indirizzata verso situazioni
di maggiore rischio di evasione.
Così come si è osservato per l’IVA, l’accertamento parziale non pregiudica la possibilità di effettuare, in seguito, entro i termini decadenziali legislativamente prescritti, a prescindere dalla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, l’accertamento ordinario (analitico o induttivo) che, per sua natura, deve obbligatoriamente avere riguardo all’intera posizione contributiva del soggetto.
L’Amministrazione finanziaria può avvalersi dell’accertamento parziale per stabilire l’esistenza di un reddito non dichiarato o il maggiore ammontare di un reddito parzialmente dichiarato (art. 41-bis, c. 1, D.P.R. n. 600/1973), sia in relazione ad un periodo d’imposta, la cui durata corrisponde all’anno solare (art. 7, c. 1, D.P.R. n. 917/1986), sia in relazione ad un più limitato segmento temporale. Il parametro di riferimento consiste nella differenza infrannuale tra le merci giacenti (in magazzino) e quelle iscritte nei registri contabili di magazzino.
Qualora vi siano discordanze tra le risultanze contabili e le giacenze rinvenute in loco, operano le presunzioni di cessione e di acquisto dei beni in evasione di imposta (di cui all’art. 44, D.P.R. n. 441/1997), annoverabili tra le presunzioni legali cosiddette “miste”, che consentono, entro i limiti di oggetto e di mezzi di prova stabiliti a fini antielusivi, la dimostrazione contraria da parte del contribuente, il quale sarà tenuto a provare, con le modalità tassativamente indicate dagli artt. 1 e 2, D.P.R. n. 441/1997, che la contrazione registratasi nella consistenza del magazzino è frutto dell’impiego produttivo dei beni e non di cessioni o acquisizioni non contabilizzate (Cass. 28 ottobre 2020, n. 23802).
71.5.4. Accertamento induttivo
71.5.4.Accertamento induttivoL’Ufficio delle imposte determina il reddito d’impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili, in quanto esistenti e di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza (art. 39, c. 2, D.P.R. n. 600/1973).
Condizioni di applicabilità
Deve sussistere almeno una delle seguenti condizioni:
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nella dichiarazione non è stato indicato il reddito d’impresa (art. 39, c. 2, lett. a), a prescindere dalla circostanza che il soggetto abbia o meno regolarmente tenuto le scritture contabili, anche se queste potranno comunque assumere valore probatorio;
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dal verbale di ispezione redatto in sede di accessi, ispezioni e verifiche, risulta che il contribuente non ha tenuto o comunque ha sottratto all’ispezione una o più delle scritture contabili ovvero quando le scritture medesime non sono disponibili per causa di forza maggiore (art. 39, c. 2, lett. c);
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quando le omissioni, le false o inesatte indicazioni accertate e le irregolarità formali delle scritture contabili risultanti dal verbale di ispezione redatto in sede di accesso, ispezione e verifica sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibili nel loro complesso le scritture stesse, per mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica. Le scritture ausiliarie di magazzino non si considerano irregolari se gli errori e le omissioni sono contenuti entro i normali limiti di tolleranza delle quantità annotate nel carico e nello scarico e dei costi specifici imputati nelle schede di lavorazione (art. 39, c. 2, lett. d). Le fattispecie che possono determinare l’inattendibilità delle scritture contabili sono, a titolo esemplificativo:
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l’omessa registrazione di operazioni;
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la registrazione di fatture per operazioni inesistenti;
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la non corretta tenuta delle scritture (cancellazioni, abrasioni, spazi in bianco). I fatti sopra indicati devono essere numerosi, ripetuti e di una gravità tale da ingenerare il fermo convincimento che sono stati posti in essere allo scopo di evitare o ridurre l’imposizione;
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la differenza macroscopica tra quantità di merce acquistata e venduta;
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quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti dagli uffici per l’accertamento ai fini delle imposte sui redditi o dell’IVA (lett. d-bis);
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quando viene rilevata l’omessa presentazione dei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore o di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti, nonché di infedele compilazione dei predetti modelli che comporti una differenza superiore al 15%, o comunque ad euro 50.000, tra i ricavi o compensi stimati applicando gli studi di settore sulla base dei dati corretti e quelli stimati sulla base dei dati indicati in dichiarazione (art. 39, c. 2, lett. d-ter).
Le omissioni, le inesattezze e le falsità devono essere di tale natura da rendere inattendibile non questa o quella voce, ma tutta la contabilità globalmente intesa, sì da giustificare un accertamento che prescinda - eventualmente anche in toto - da essa (Cass., Sez. I, 23 gennaio 1990, n. 349).
Il giudice tributario deve valutare la concreta idoneità dei documenti extracontabili rinvenuti presso terzi a fondare una rettifica con il metodo induttivo.
In ogni caso le irregolarità contabili riscontrate dalla Polizia tributaria in relazione a una determinata annualità non possono avere alcuna ripercussione automatica sulle dichiarazioni dei redditi della società e dei soci per gli anni precedenti, attesa l’autonomia dei singoli periodi d’imposta (Cass., Sez. I, 24 ottobre 1988, n. 5758; Cass., Sez. VI, ord., 2 dicembre 2016, n. 24709).
Quando l’Amministrazione finanziaria procede alla determinazione del reddito imponibile in sede di accertamento induttivo, l’Ufficio, oltre a ricostruire i ricavi, deve tenere altresì conto di una incidenza percentualizzata dei costi (Cass., Sez. trib., 17 gennaio 2001, n. 640; Cass., Sez. trib., 12 dicembre 2003, n. 19062). In particolare, nell’accertamento eseguito in tema di reddito d’impresa secondo il metodo induttivo extracontabile (art. 39, c. 2), l’Agenzia delle Entrate deve determinare il reddito tenendo in considerazione anche i costi sostenuti dal contribuente, riconoscendo i costi stessi anche in via forfettaria, posto che la quantificazione del reddito può avvenire sulla base delle c.d. “presunzioni semplicissime” (ovvero prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza). Qualora, invece, si verta in caso di accertamento analitico-induttivo (art. 39, c. 1, lett. d), D.P.R. n. 600/1973), ciò non trova applicazione, siccome il contribuente deve dimostrare (art. 109 TUIR) che i costi, ancorché non imputati a Conto Economico, risultano da elementi certi e precisi (Cass., Sez. V, 27 gennaio 2012, n. 1166). I costi sostenuti assumono sempre rilevanza sia in caso di accertamento induttivo c.d. “puro”, sia in caso di accertamento analitico-induttivo, in quanto componenti negativi del reddito.
L’Amministrazione finanziaria deve riconoscere una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi di produzione soltanto in caso di accertamento induttivo “puro” (ex art. 39, c. 2, D.P.R. n. 600/1973).
In caso di accertamento analitico o analitico presuntivo (come, ad esempio, in caso di indagini bancarie) è il contribuente a dover provare l’esistenza di costi deducibili, afferenti ai maggiori ricavi o compensi, senza che l’Ufficio debba necessariamente procedere al loro riconoscimento in misura percentuale forfettaria (Cass. 18 novembre 2021, n. 35128).
Devono essere definite in modo trasparente le modalità con le quali l’Agenzia delle Entrate ha stabilito gli importi dei beni ceduti.
In particolare, devono essere chiari i parametri utilizzati dall’ufficio per giustificare l’incongruità e l’antieconomicità dei prezzi praticati, alla base della rideterminazione del reddito della società (Cass. 9 gennaio 2018, n. 304).
Onere probatorio a carico del Fisco
L’Amministrazione finanziaria deve dimostrare i fatti, richiesti dalla legge, che legittimano il ricorso all’accertamento induttivo.
Una volta fornita tale prova, ai fini della rettifica, l’ufficio potrà servirsi di:
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dati e notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza dell’ufficio medesimo;
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presunzioni semplici non qualificate.
Costi presunti
La stessa Agenzia, con la circ. n. 32/E/2006, al par. 5.5, ha affermato che, in caso di ricostruzione del reddito sulla base del metodo di accertamento induttivo puro, l’Ufficio non può non tenere conto, soprattutto in assenza di documentazione certa, di un’incidenza percentuale di costi presunti a fronte dei maggiori ricavi accertati.
Si tratta, infatti, di una tipologia di accertamento che, a fronte di un maggiore reddito accertato, presuppone necessariamente l’esistenza di un costo cui corrisponde l’investimento che ha generato il ricavo. Diversamente opinando, infatti, sempre secondo la stessa Amministrazione finanziaria, si lederebbe il principio di capacità contributiva sancito dagli artt. 3 e 53 Cost.
È opportuno evidenziare, dunque, che alla luce di un così consolidato e chiaro orientamento giurisprudenziale e di prassi, l’Ufficio deve certamente riconoscere i costi qualora ricostruisca complessivamente la situazione del contribuente, prescindendo dalle scritture contabili e solo in base a presunzioni semplici.
71.5.5. Accertamento d’ufficio
71.5.5.Accertamento d’ufficioL’attività di accertamento, in via generale, postula la regolare presentazione della
dichiarazione da parte del contribuente. Gli uffici delle imposte procedono all’accertamento d’ufficio (art. 41, D.P.R. n. 600/1973) nei casi di:
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omessa presentazione della dichiarazione;
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presentazione di dichiarazioni nulle.
Dichiarazione omessa
La dichiarazione è omessa quando non viene presentata dal contribuente. Essa giustifica l’attribuzione all’Amministrazione finanziaria di maggiori poteri nella fase di verifica. La dichiarazione non è omessa se viene presentata entro 90 giorni dalla scadenza del termine.
La dichiarazione fiscale presentata dall’intermediario, ma poi scartata dal sistema telematico è sempre da considerarsi omessa ai fini fiscali.
Lo scarto per errori da parte del sistema informatico non esime l’utente a ripetere tempestivamente la trasmissione.
Pertanto, in caso di mancata ripresentazione del modello scartato, l’Amministrazione finanziaria è comunque legittimata ad accertare induttivamente l’imponibile non dichiarato e, in caso di incertezza nella sua determinazione, può optare per la scelta più restrittiva e sfavorevole per il contribuente, utilizzando anche i minori costi riportati nella dichiarazione tardiva prodotta in istruttoria (CTR Lombardia, sent. 10 maggio 2018, n. 2102).
Dichiarazione nulla
La dichiarazione è nulla se non è redatta su stampati conformi ai modelli ufficialmente provati, non reca la sottoscrizione del contribuente o di chi ne ha la rappresentanza legale o negoziale. La nullità è sanata se la dichiarazione è sottoscritta entro 30 giorni dall’invito dell’Ufficio.
Caratteristiche
In caso di accertamento d’Ufficio, l’Amministrazione finanziaria determina il reddito complessivo del contribuente:
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sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza;
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avvalendosi di presunzioni anche prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza;
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prescindendo in tutto o in parte dalle risultanze della dichiarazione, se presentata, e dalle eventuali scritture contabili del contribuente ancorché regolarmente tenute.
Una volta constatata l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, l’Amministrazione finanziaria assume la legittimazione a utilizzare qualsiasi metodo di determinazione del reddito per far valere le proprie ragioni, sulla base di tutti i dati e notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza; di contro, al contribuente spetta l’onere di provare che il reddito, anche presuntivamente determinato, non è stato prodotto o è stato prodotto in misura inferiore a quello indicato dall’ufficio (Cass., ord. 30 marzo 2012, n. 5213).
Nell’ipotesi di accertamento d’ufficio (ovvero di rettifica eseguita nei confronti di un soggetto che ha omesso di presentare la dichiarazione dei redditi) è legittima la determinazione dell’imponibile basata sulle movimentazioni bancarie derivanti dai conti correnti intestati all’amministratore della società. Le indagini bancarie sono da ritenersi legittime anche se estese a soggetti diversi dal contribuente “accertato” quali, ad esempio, i congiunti del contribuente stesso o gli amministratori della società.
Tale principio, non è derogato nelle ipotesi di accertamento d’ufficio. In caso di conti intestati a terzi, l’Ufficio deve fornire la prova che il conto bancario intestato a terzi sia nella effettiva disponibilità del contribuente, al quale possono essere attribuite le movimentazioni bancarie fiscalmente rilevanti (Cass., ord. 20 dicembre 2018, n. 32974).
71.5.6. Accertamento sintetico
71.5.6.Accertamento sinteticoL’Amministrazione finanziaria determina (sinteticamente) il reddito complessivo del contribuente:
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sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute, degli investimenti ed i consumi effettuati nel corso del periodo d’imposta (art. 38, c. 4 a 8, D.P.R. n. 600/1973);
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sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva individuato mediante l’analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell’area territoriale di appartenenza, con Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale con periodicità biennale.
La determinazione sintetica del reddito complessivo è ammessa a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno 1/5 quello dichiarato. L’ufficio che procede alla determinazione sintetica del reddito complessivo ha l’obbligo di invitare il contribuente a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai
fini dell’accertamento e, successivamente, di avviare il procedimento di accertamento con adesione (art. 5, D.Lgs. n. 218/1997).
Applicabilità
L’accertamento sintetico è applicabile alle:
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persone fisiche ai fini delle imposte sul reddito;
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persone fisiche che esercitano imprese, arti e professioni qualora il reddito complessivo dai medesimi dichiarato (ad esempio, quello dell’impresa individuale) sia inferiore a quello sinteticamente loro attribuibile, in base alle spese sostenute nel periodo d’imposta e ai predetti indici di capacità contributiva.
Regime premiale
I contribuenti, soggetti al regime di accertamento basato sulle risultanze degli studi di settore (art. 10, Legge 8 maggio 1998, n. 146), che nel periodo di imposta di riferimento risultano congrui, anche per effetto dell’adeguamento, e coerenti agli specifici indicatori previsti dai decreti di approvazione degli studi medesimi, possono accedere al regime premiale (art. 10, c. 9, D.L. n. 201/2011) se:
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la coerenza sussiste per tutti gli indicatori di coerenza e di normalità previsti dallo studio applicabile;
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nell’ipotesi in cui si conseguano redditi di impresa e di lavoro autonomo, l’assoggettabilità al regime di accertamento basato sulle risultanze degli studi di settore sussiste per entrambe le categorie reddituali;
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la congruità e la coerenza sussistono per tutti gli studi di settore applicabili;
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hanno regolarmente assolto gli obblighi di comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, indicando fedelmente tutti i dati previsti.
La fedeltà dei dati dichiarati nella compilazione dei modelli degli studi di settore risulta sussistere anche nel caso di errori o omissioni di dati che non comportano la modifica:
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dell’assegnazione ai cluster;
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del calcolo dei ricavi o dei compensi stimati;
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del posizionamento rispetto agli indicatori di normalità e di coerenza;
rispetto alle risultanze dell’applicazione degli studi di settore sulla base dei dati veritieri.
Accertamento sintetico sulla base delle spese sostenute
L’Amministrazione finanziaria può determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute dal contribuente nel corso del periodo d’imposta.
Prova contraria - A fronte della determinazione sintetica del reddito basata sulle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta, il contribuente (art. 38, c. 4, D.P.R. n. 600/1973), può fornire la prova che il relativo finanziamento è avvenuto con redditi:
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diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta;
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esenti;
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soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta;
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legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile.
L’Ufficio è, quindi, svincolato dall’individuazione di specifici parametri o coefficienti su cui basarsi, essendo sufficiente quantificare le spese di qualsiasi genere sostenute dal soggetto passivo nel corso del periodo d’imposta.
Presunzione - Tutto quanto si è speso nel periodo d’imposta deve essere finanziato con i redditi posseduti nel medesimo periodo, ferma restando la prova contraria che le spese sono state finanziate con altri mezzi.
Spese di qualsiasi genere - L’Amministrazione finanziaria ha precisato che i relativi dati sono capillarmente raccolti, sia con flussi informatici strutturati che tramite l’acquisizione di dati sul territorio. In tale ambito hanno assunto particolare rilievo gli elementi che caratterizzano la capacità di spesa relativa a beni non di prima necessità quali:
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imbarcazioni;
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auto di lusso;
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possesso di cavalli;
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iscrizione a scuole e circoli esclusivi;
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acquisto di opere d’arte ecc. (circ. 12 marzo 2010, n. 12/E, risp. 8.1.).
Sono prese in considerazione, altresì, anche altre spese, quali, a titolo indicativo, quelle sostenute per turismo, viaggi, iscrizione a palestre, centri benessere, le spese per oneri deducibili e detraibili (spese mediche, assicurative, per contributi previdenziali, per riscatti di laurea o del periodo militare), nonché le spese di qualsiasi genere che emergono dalle comunicazioni delle operazioni IVA previste dal c.d. “spesometro” (art. 21, D.L. n. 78/2010).
L’Amministrazione finanziaria ha, inoltre, confermato che tra le spese di qualsiasi genere sostenute nel periodo d’imposta, e che rilevano nella determinazione sintetica del reddito, rientrano anche quelle che nella disposizione normativa previgente (art. 38, D.P.R. n. 600/1973, in vigore prima della riforma recata dal D.L. n. 78/2010) erano individuate come spese per incrementi patrimoniali (circ. 21 giugno 2011, n. 28/E, risp. 8.1).
Il contribuente potrà fornire la prova relativa alla formazione della provvista utilizzata per l’effettuazione dello specifico investimento individuato, dimostrando, ad esempio, che la provvista si è formata anche anni addietro (circ. 14 maggio 2014, n. 10/E, risp. 12.4).
La norma prevede la facoltà di determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta e non in misura pari alle spese medesime. Ai fini della determinazione della spesa sostenuta nel corso del periodo d’imposta, si applica il principio di cassa.
Valore dei beni - In presenza di acquisto di un bene immobile effettuato tramite finanziamento (mutuo, leasing, ecc.) ai fini dell’accertamento sintetico (art. 38, c. 4, D.P.R. n. 600/1973) rileveranno solamente le quote o i canoni pagati nell’anno che andranno ad aggiungersi alle altre spese sostenute nel corso del periodo d’imposta esaminato (circ. n. 28/E, risp. 6.2.).
Accertamento sintetico sulla base del contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva (redditometro)
Fino all’anno d’imposta 2015, il contenuto induttivo degli elementi indicativi di capacità contributiva (D.M. 16 settembre 2015 - Tabella A) è determinato tenendo conto della spesa media, per gruppi e categorie di consumi, del nucleo familiare di appartenenza del contribuente (art. 10, D.L. n. 87/2018).
Tale contenuto corrisponde alla spesa media risultante dall’indagine annuale sui consumi delle famiglie compresa nel Programma statistico nazionale (art. 13, D.Lgs. 6 settembre 1989, n. 322), effettuata su campioni significativi di contribuenti appartenenti ad undici tipologie di nuclei familiari distribuite nelle cinque aree territoriali in cui è suddiviso il territorio nazionale.
Le tipologie di nuclei familiari considerate (D.M. 16 settembre 2015 - Tabella B) sono determinate considerando le risultanze di analisi e studi socio-economici, anche di settore.
Scostamento di 1/5 - La determinazione sintetica del reddito complessivo è ammessa a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno 1/5 quello dichiarato.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che lo scostamento del 20% deve essere commisurato al reddito dichiarato (circ. 31 luglio 2013, n. 24/E, § 3.5.).
Ad esempio, reddito dichiarato pari a 100; si può procedere all’accertamento qualora il reddito accertabile sia pari almeno a 121 (100+20% = 120).
Procedimento - L’adempimento richiesto all’Amministrazione finanziaria è duplice (art. 38, c. 7, D.P.R. n. 600/1973):
-
invitare il contribuente a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento;
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attivare sempre il procedimento di accertamento con adesione (art. 5, D.Lgs. n. 218/1997).
Il contribuente può fornire la prova esimente sia nella fase istruttoria (ad esempio,
in risposta al questionario dell’Ufficio, in sede di invito, ecc.) sia in sede di
accertamento con adesione, presentandosi presso l’Ufficio nel giorno ed ora indicati.
Sanzione applicabile - Nei casi in cui il contribuente non si presenti all’invito dell’Ufficio si applica la sanzione da 250 a 2.000 euro (art. 11, c. 1, lett. c), D.Lgs. n. 471/1997).
Prova contraria - Il contribuente può giustificare la spesa sostenuta dimostrando che la stessa è stata finanziata con redditi riferibili ad annualità pregresse rispetto a quella oggetto di accertamento (ad esempio, con risparmi derivanti da redditi conseguiti in precedente periodi d’imposta) o che le spese sono state coperte con elementi patrimoniali accumulati in periodi d’imposta precedenti o sono state finanziate da economie terze (circ. 12 marzo 2010, n. 12/E, risp. 8.3.).
L’Amministrazione finanziaria non può richiedere al contribuente di contrastare l’accertamento sintetico dimostrando il collegamento causale tra entrate ricevute e uscite sostenute, essendo sufficiente dimostrare il transito delle somme nella propria disponibilità, nonché la persistenza della durata nel possesso.
Nel caso di specie veniva annullato l’accertamento effettuato al coniuge per avere acquistato un’auto di grossa cilindrata con il denaro ricevuto dal marito e la cui disponibilità era stata provata attraverso l’esibizione degli estratti conti bancari (Cass. n. 3804/2017).
Mezzi finanziari - Per quanto riguarda la dimostrazione che i mezzi finanziari per l’effettuazione delle spese provengono da redditi esenti, soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile, il contribuente può fornire la prova del possesso di (art. 38, D.P.R. n. 600/1973):
-
redditi agrari tassati non in base al reddito effettivamente prodotto, bensì alle rendite catastali aggiornate;
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utili distribuiti da società di capitale;
-
acconti di dividendi;
-
somme disponibili a seguito di rimpatrio beneficiando dello scudo fiscale o di condoni;
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somme avute in donazione o successione;
-
riscatto di polizze assicurative o di titoli;
-
somme provenienti dal disinvestimento di beni immobili, mobili o di titoli di Stato;
-
somme ricevute da risarcimenti o per indebitamento (mutui, finanziamenti, prestiti);
-
vincite, premi, lotterie;
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rateazione di plusvalenze d’impresa;
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redditi effettivi percepiti per la locazione di immobili di interesse storico/artistico (per i quali, ai fini fiscali, deve essere dichiarata la sola rendita catastale e non il canone di locazione);
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redditi di natura finanziaria assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta;
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plusvalenze derivanti da partecipazioni qualificate (parzialmente escluse) e plusvalenze derivanti dalle partecipazioni non qualificate (soggette a ritenuta a titolo di imposta).
Le spese relative ai beni e servizi si considerano sostenute dalla persona fisica cui risultano riferibili sulla base dei dati disponibili o delle informazioni presenti in Anagrafe tributaria.
Inoltre, si considerano sostenute dal contribuente anche le spese relative ai beni e servizi effettuate dal coniuge e dai familiari fiscalmente a carico (art. 2, Decreto 24 dicembre 2012).
Non si considerano sostenute dalla persona fisica le spese per i beni e servizi se gli stessi sono relativi esclusivamente ed effettivamente all’attività di impresa o all’esercizio di arti e professioni, sempre che tale circostanza risulti da idonea documentazione (art. 2, c. 2, Decreto 16 settembre 2015).
Accertamento nei confronti delle società che partecipano al consolidato fiscale nazionale
La disciplina relativa alla tassazione consolidata di gruppo prevede due sistemi di consolidamento: uno tra società residenti (consolidato nazionale - artt. da art. 117 a 129), l’altro anche con società non residenti (consolidato mondiale - artt. da 130 a 142, D.P.R. n. 917/1986).
Nel consolidato fiscale nazionale, la fase di controllo può attuarsi:
-
in una rettifica della dichiarazione di gruppo;
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in una rettifica delle dichiarazioni delle singole società consolidate.
Ai fini IRES, l’accertamento va eseguito dall’ufficio competente per la consolidata mediante unico atto da notificare sia alla consolidante che alla consolidata (art. 40-bis, D.P.R. n. 600/1973).
La notifica dell’accertamento alle consolidate deve avvenire presso il domicilio eletto (art. 119 TUIR), ovvero presso la sede della consolidante (circ. 31 ottobre 2007, n. 60/E).
L’accertamento unico viene utilizzato nelle ipotesi in cui occorra rettificare il reddito delle consolidate, o della consolidante.
Non opera nel caso di rettifiche che hanno ad oggetto dati ed elementi trasferiti dalla singola consolidata alla dichiarazione di gruppo, diversi dal reddito complessivo proprio di ciascun soggetto partecipante al consolidato (circ. 6 giugno 2011, n. 27/E)
Verranno poi emessi atti nei confronti della sola consolidata ove la questione concerna le eccedenze e i crediti d’imposta da questa dichiarati e non trasferiti al consolidato, rimasti quindi nella disponibilità della stessa. Tra la consolidata accertata e la consolidante vige il litisconsorzio necessario. (art. 40-bis, D.P.R. n. 600/1973).
La riscossione in pendenza di giudizio è eseguita per il terzo a prescindere dal fatto che uno dei due soggetti abbia o meno presentato ricorso (circ. 6 giugno 2011, n. 27/E).
Computazione delle perdite - La consolidante ha facoltà di chiedere che siano computate in diminuzione dei maggiori imponibili accertati le perdite di periodo del consolidato non utilizzate, sino a concorrenza del loro importo (art. 40-bis, D.P.R. n. 600/1973). A tal fine, occorre presentare un’istanza all’ufficio competente (Provv. Agenzia delle Entrate 20 ottobre 2014).
Detta istanza va presentata entro il termine per il ricorso, ossia entro 60 giorni dalla ricezione dell’atto (art. 21, D.Lgs. n. 546/1992). Da tale momento, il termine rimane sospeso sia per la consolidata sia per la consolidante per 60 giorni, e, entro i 60 giorni successivi alla ricezione dell’istanza, l’Agenzia delle Entrate deve provvedere al ricalcolo dell’eventuale maggiore imposta dovuta, degli interessi e delle sanzioni correlate, e comunicare l’esito alla consolidata e alla consolidante.
Per perdite di periodo del consolidato, si intendono sia le perdite relative al periodo d’imposta oggetto di rettifica, sia quelle ancora utilizzabili alla data di chiusura dello stesso (art. 84 TUIR). Si scomputano per prime le perdite relative al periodo d’imposta oggetto di rettifica (art. 2.3, Provv. Agenzia delle Entrate 29 ottobre 2010).
71.6. Risultanze finanziarie
71.6.Risultanze finanziarieL’accertamento bancario (indagine finanziaria) è una particolare procedura che consente all’Amministrazione finanziaria di acquisire elementi e dati sui rapporti intrattenuti dai contribuenti con gli intermediari finanziari. Dall’esame di tali dati è possibile individuare movimentazioni che, se non opportunamente giustificate dal contribuente, vengono contestate dalla stessa Amministrazione finanziaria quali maggiori ricavi o compensi.
L’Amministrazione finanziaria può eseguire controlli ed effettuare accertamenti utilizzando le risultanze bancarie o finanziarie riconducibili al contribuente ai fini:
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IVA e imposte sui redditi (artt. 51, D.P.R. n. 633/1972 e 32, D.P.R. n. 600/1973);
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accise (art. 18, c. 3, D.Lgs. n. 504/1995);
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imposte di registro, ipotecaria e catastale (D.P.R. n. 131/1986);
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IRAP (art. 24, D.Lgs. n. 446/1997).
Gli accertamenti finanziari rappresentano un importante sistema di controllo, la cui legittimità costituzionale è stata affermata con ord. n. 33 del 26 febbraio 2002 della Corte Costituzionale, utilizzabile sia per l’esecuzione di verifiche parziali, sia per verifiche globali.
Oggetto delle indagini
Gli accertamenti finanziari possono avere ad oggetto qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati dalle banche e dalle Poste (per qualsiasi rapporto o qualsiasi operazione si intende l’elenco dei rapporti e delle operazioni contenute nelle tabelle allegate 1 e 2 al Provv. 22 dicembre 2005 del Direttore dell’Agenzia delle Entrate).
Possono essere effettuati non solo sulle banche e le Poste ma anche nei confronti di intermediari finanziari, imprese di investimento, organismi di investimento collettivo del risparmio, società di gestione del risparmio, società ed enti di assicurazione per le attività finanziarie (art. 23, c. 24 e 25, D.L. 6 luglio 2011, n. 98) e società fiduciarie.
L’accertamento eseguito sulla base delle risultanze bancarie è una facoltà (al pari degli accessi, ispezioni, verifiche, questionari, inviti, ecc.) per mezzo della quale gli uffici possono raccogliere elementi probatori per rettificare la dichiarazione del contribuente nell’ambito degli schemi di controllo riferibili all’accertamento analitico ovvero a quello induttivo.
Un metodo per confutare la pretesa può derivare dall’utilizzare, per ogni transazione finanziaria, il canale telematico (bancomat, carta di credito), dando, in tal modo, traccia di ogni operazione. Il contribuente, anche anni dopo, sarà così in grado di provare che tale transazione è fiscalmente irrilevante (ad esempio: acquisto relativo ad un bene personale).
È prudente altresì: conservare la documentazione bancaria (almeno gli estratti conto); annotare a margine le operazioni, come gli assegni, per le quali sul menzionato estratto non compaiono dettagli, indicandone la causale nonché l’emittente/destinatario.
Per le presunzioni legali, in materia di accertamento bancario, occorre fare una distinzione fra movimentazioni bancarie riguardanti conti correnti riconducibili al contribuente o a un familiare e movimentazioni riguardanti conti di una società di capitali partecipata dallo stesso contribuente. Le indagini bancarie estese ai conti correnti intestati ai congiunti, possono legittimamente fondare l’accertamento ai danni del contribuente. In questa ipotesi, pertanto, il contribuente dovrà fornire idonea prova contraria, la quale, non potrà essere generica, bensì dovrà consistere in una analitica dimostrazione della provenienza e della destinazione dei singoli pagamenti. Al contrario le movimentazioni che interessano i conti della società di capitali partecipata dal contribuente non possono essere imputate ai soci e, quindi, al soggetto destinatario dell’accertamento. In tal caso non opera alcun meccanismo presuntivo: è, infatti, consentito inferire che siano riferibili alla società verificata le operazioni sui conti correnti intestati all’amministrazione o al socio, ma non anche che siano riferibili a questi soggetti le movimentazioni sui conti correnti intestati alla società (Cass. 25 settembre 2019, n. 23859). È richiesto al contribuente, in caso di presunzioni bancarie (art. 32, c. 1, n. 2, D.P.R. n. 600/1973), di fornire analitica e idonea prova atta a dimostrare che gli elementi desumibili dalle indagini bancarie non si riferiscono ad operazioni imponibili. Tale indicazione dovrà essere specificatamente fornita per ciascuna movimentazione. Spetta invece al giudice di merito, l’onere di operare una verifica rigorosa delle prove fornite dal contribuente a giustificazione di ogni singola movimentazione accertata, dandone specifica motivazione in sentenza (Cass. 20 ottobre 2021, n. 29060). Trattandosi di una presunzione legale, si ritiene non necessiti dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici (Cass., ord. 30 giugno 2020, n. 13112).
71.6.1. Richiesta dell’Amministrazione finanziaria
71.6.1.Richiesta dell’Amministrazione finanziariaRichieste di dati e notizie agli intermediari finanziari
L’Amministrazione finanziaria può richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale dell’accertamento dell’Agenzia delle Entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del comandante regionale, alle banche, alla società Poste italiane S.p.A., agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie, dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi (alle società fiduciarie può essere richiesto, tra l’altro, specificando i periodi temporali di interesse, di comunicare le generalità dei soggetti per conto dei quali esse hanno detenuto o amministrato o gestito beni o attività finanziarie). Le richieste, nonché le relative risposte, anche se negative, devono essere effettuate esclusivamente in via telematica, secondo modalità stabilite con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate (art. 1, c. 404, Legge n. 311/2004).
I soggetti obbligati devono fornire al Fisco dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi. Le banche, la società Poste italiane S.p.A., gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio, nonché ogni altro operatore finanziario, sono tenuti a rilevare e a tenere in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro qualsiasi rapporto o effettui qualsiasi operazione di natura finanziaria ad esclusione di quelle effettuate mediante versamento in conto corrente postale per un importo unitario inferiore a 1.500 euro (art. 7, c. 6, D.P.R. n. 605/1973).
Richieste di dati e notizie ai soggetti sottoposti ad accertamento, ispezione o verifica
L’Amministrazione finanziaria, può richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale dell’accertamento dell’Agenzia delle Entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della Guardia di Finanza, del comandante regionale, ai soggetti sottoposti ad accertamento, ispezione o verifica il rilascio di una dichiarazione contenente l’indicazione della natura, del numero e degli estremi identificativi dei rapporti intrattenuti con le banche, la società Poste italiane S.p.A., gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio e le società fiduciarie, nazionali o stranieri, in corso ovvero estinti da non più di 5 anni dalla data della richiesta (art. 51, c. 2, n. 6-bis, D.P.R. n. 633/1972 e art. 32, c. 2, n. 6-bis, D.P.R. n. 600/1973).
Modalità della richiesta telematica - Le richieste e le relative risposte devono essere predisposte secondo lo schema allegato al Provv. 22 dicembre 2005 del Direttore dell’Agenzia delle Entrate (schema “XML allegato numero 4”) e firmate digitalmente e crittografate, nonché marcate temporalmente.
Le banche, le Poste e gli altri intermediari finanziari devono essere dotati di una casella di posta elettronica certificata e comunicare, all’Agenzia delle Entrate, il proprio indirizzo di posta elettronica certificata, unitamente alle altre informazioni.
Sulla base delle comunicazioni pervenute, l’Agenzia delle Entrate ha istituito il registro generale degli indirizzi elettronici, dove sono annotati tutti gli indirizzi di posta elettronica certificata comunicati dagli operatori finanziari. Il registro generale è reso disponibile agli altri organi preposti al controllo.
Invito di comparizione - Una volta ottenuti i documenti, i conti e le altre informazioni, gli Uffici o la Guardia di Finanza invitano i contribuenti, indicandone il motivo, a comparire di persona o a mezzo di rappresentanti per fornire dati, notizie e chiarimenti relativamente ai rapporti e alle operazioni annotate nei conti medesimi segnalati dai soggetti sopra indicati (banche, poste, società finanziarie, ecc.).
È legittimo l’accertamento basato sui movimenti del conto corrente di un lavoratore dipendente: si tratta di una presunzione di carattere generale che non è rivolta solo ad imprese e professionisti (Cass., ord. 4 gennaio 2019, n. 104).
L’Agenzia delle Entrate eseguiva delle indagini bancarie nei confronti di un lavoratore dipendente. In esito a tali controlli veniva notificato un avviso di accertamento che era impugnato dinanzi al giudice tributario.
Il contribuente eccepiva che la presunzione prevista in tema di indagini finanziarie non valeva nella specie, poiché non si trattava di reddito di lavoro autonomo o di impresa, poiché era lavoratore dipendente. Entrambi i giudici di merito confermavano la legittimità della pretesa e il contribuente ricorreva così in Cassazione, lamentando un’errata applicazione della norma.
La presunzione derivante dalle indagini bancarie trasferisce sul contribuente l’onere della prova. Quest’ultimo deve dimostrare in modo analitico l’estraneità di ciascun movimento rispetto a fatti imponibili. I dati e gli elementi acquisiti attraverso le indagini bancarie possono essere posti a base degli accertamenti e rettifiche se il contribuente non dimostra di averne tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta. La norma essendo di portata generale, è applicabile anche al lavoratore dipendente.
Sarebbe auspicabile, che in simili accertamenti, gli uffici oltre alla mera sommatoria matematica delle movimentazioni considerate imponibili, indicassero anche la tipologia di reddito presunto e non dichiarato. Va infatti considerato che un contribuente privato non ha alcun obbligo di redazione e conservazione delle scritture contabili e pertanto per poter assolvere all’onere di prova contraria, dovrebbe comprendere quale sia la natura reddituale contestata.
71.6.2. Presunzione legale ed onere della prova
71.6.2.Presunzione legale ed onere della provaLa legge prevede una presunzione legale che comporta un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, stabilendo che i dati ed elementi attinenti ai rapporti e alle operazioni segnalati dai soggetti di cui sopra (banche, poste, società finanziarie, ecc.) sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti (analitico o induttivo) se l’interessato non dimostra che ne ha tenuto conto nelle dichiarazioni o che non si riferiscono ad operazioni imponibili o soggette ad imposta.
In mancanza di detta dimostrazione, le entrate risultanti dai conti si considerano:
-
componenti positivi del reddito, ai fini delle imposte sui redditi;
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operazioni attive ai fini dell’IVA (la legge prevede che sia le operazioni imponibili sia gli acquisti, dedotti dalla movimentazione bancaria, si considerano effettuati all’aliquota in prevalenza rispettivamente applicata o che avrebbe dovuto essere applicata).
Ai soli effetti dell’imposizione diretta, è prevista un’ulteriore presunzione legale, superabile da prova contraria posta sempre in capo al contribuente, secondo cui i prelevamenti o gli importi riscossi e non risultanti dalle scritture contabili per importi superiori a euro 1.000 giornalieri e, comunque, a euro 5.000 mensili sono posti come ricavi a base delle rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario (l’art. 32, c. 1, n. 2), D.P.R. n. 600/1973).
Posizione dell’Agenzia delle Entrate - Secondo il parere dell’Amministrazione finanziaria, le disposizioni relativa alla nuova presunzione, sono applicabili a partire dal 3 dicembre 2016 (data di entrata in vigore della Legge di conversione del D.L. n. 193/2016). In particolar l’Agenzia ha specificato che a partire dal 3 dicembre 2016, a base delle rettifiche ed accertamenti, saranno considerati ricavi prelevamenti o gli importi riscossi nei limiti previsti dalla nuova disposizione. Non ha pertanto riconosciuto l’applicazione retroattiva delle nuove previsioni (circ. 7 aprile 2017, n. 8/E). In altri termini, secondo l’Agenzia tale applicabilità riguarda gli accertamenti ancora non notificati alla data del 3 dicembre 2016, anche riferiti a periodi d’imposta precedenti, mentre per quelli già emessi, resterebbe applicabile la disposizione previgente (che non prevedeva alcun limite).
Posizione della Guardia di Finanza - La Guardia di Finanza, ha rilevato che in considerazione della natura procedurale della disciplina delle indagini finanziarie e delle pertinenti presunzioni, si ritiene che le novità introdotte dal D.L. n. 193/2016 abbiano carattere retroattivo e risultino applicabili, pertanto a tutti il periodo d’imposta ancora accertabili. Lo stesso organo rileva poi che per quanto riguarda il sistema presuntivo i profili interpretativi sono stati già oggetto di un preliminare confronto con la Direzione Centrale Accertamento dell’Agenzia delle Entrate che, tra l’altro, ha condiviso la retroattività applicativa delle menzionate soglie (circ. 7 aprile 2017, n. 109546).
Versamenti
La norma interviene solamente sui prelievi non giustificati e non anche sui versamenti, per i quali rimane in vigore la regola che costituiscono presunzioni di reddito qualora non risultassero giustificati (circ. 7 aprile 2017, n. 8/E). Pertanto, sia con riguardo alle imprese, sia con riguardo ai lavoratori autonomi (non imprenditori) continua ad operare la presunzione in base alla quale i versamenti, qualora non giustificati, costituiscono maggior reddito.
Presunzioni legali - Le presunzioni legali di cui sopra sono utilizzabili automaticamente dall’Ufficio, sebbene il contribuente possa fornire la prova contraria. In sostanza, come chiarito dalla Corte di Cassazione (Cass., Sez. V, 28 agosto 2000, n. 11234), è la stessa legge che individua il fatto costituente il presupposto della presunzione (rinvenimento di dati emergenti da conti bancari non transitati nelle scritture) e che individua l’effetto della presunzione stessa (utilizzabilità dei dati ai fini della ricostruzione della base imponibile).
Prova contraria analitica
Una volta acquisite le risultanze dei conti bancari, la certezza del dato risulta difficilmente controvertibile e l’onere della prova contraria si sposta sicuramente sul contribuente (Cass., Sez. trib., 16 settembre 2005, n. 18429), in quanto il rinvenimento di singoli dati ed elementi risultanti dai conti bancari non transitati nelle scritture dell’imprenditore costituisce il presupposto di una presunzione legale (anche se relativa, in quanto è ammessa la prova del contrario da parte del contribuente) a favore del fisco, utilizzabile ai fini della ricostruzione della base imponibile (Cass., Sez. trib., 14 ottobre 2005, n. 19956). Pertanto, i dati e gli elementi risultanti dai conti correnti bancari assumono sempre rilievo ai fini della ricostruzione del reddito imponibile, qualora il titolare dei conti non produca un’adeguata giustificazione (Cass., Sez. V, ord. 7 maggio 2013, n. 10584). Incombe, quindi, sul contribuente l’onere dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili (Cass., Sez. VI-5, ord., 6 maggio 2014, n. 9731; in senso conforme Cass., Sez. V, ord. 17 agosto 2009, n. 18339; Cass., Sez. V, 12 maggio 2008, n. 11750).
Secondo la giurisprudenza di legittimità, infatti, i dati raccolti dall’Ufficio in sede di accesso ai conti correnti bancari di un operatore economico consentono, in virtù della presunzione contenuta nella detta normativa, di imputare gli elementi da essi risultanti direttamente a ricavi dell’attività svolta dal contribuente, salva la possibilità per il medesimo di provare che determinati accrediti non costituiscono proventi di detta attività (Cass., Sez. trib., 4 giugno 2007, n. 12975 e n. 12977).
Costituisce, infatti, principio assodato che il D.P.R. n. 633/1972, art. 51, c. 2, n. 2, pone a favore dell’Ufficio la presunzione che le movimentazioni di denaro, sia attive che passive, non regolarmente registrate in contabilità, siano conseguenza di operazioni imponibili a fine IVA. Tale presunzione ammette la prova contraria, ma questa non può essere parziale o generica.
Incombe sul contribuente dimostrare l’irrilevanza e la neutralità fiscale di ogni singola movimentazione.
La regolare tenuta della contabilità e la conformità del reddito dichiarato rispetto a quello risultante dagli studi di settore non è sufficiente a contrastare la presunzione legale (anche se relativa) a favore dell’Erario che, come tale non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. (richiesti invece per le presunzioni semplici), ed è superabile soltanto dalla prova contraria fornita dal contribuente (Cass. sent. n. 6237/2015 e n. 9078/2016), il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili (Cass. n. 6947/2017).
Estensione delle indagini bancarie - L’Amministrazione finanziaria può porre a base delle rettifiche ed accertamenti i conti “cointestati” al contribuente, dato che:
-
anche questi sono conti intrattenuti dal contribuente stesso (Cass., Sez. V, 18 aprile 2003, n. 6232; Cass., Sez. V, 5 ottobre 2007, n. 20858, concernente un conto cointestato ai familiari);
-
la cointestazione non tocca, nei rapporti esterni, la posizione di ciascuno dei cointestatari di creditore o debitore, rispetto a tutte le operazioni annotate (Cass., Sez. V, 21 giugno 2001, n. 8457).
Le indagini bancarie possono essere estese:
-
ai rapporti conti correnti intestati a congiunti del contribuente persona fisica, ovvero a quelli degli amministratori della società contribuente, qualora abbia motivo di ritenerli connessi ed inerenti al reddito del contribuente (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, n. 7, riguardo alle imposte sui redditi, che il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, riguardo all’IVA);
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ai conti correnti di soggetti terzi rispetto alla società, legati a quest’ultima a titolo di amministratore, socio ovvero quali congiunti di questi.
Il rapporto familiare è ritenuto sufficiente a giustificare, salva prova contraria, la riferibilità al contribuente accertato delle operazioni riscontrate su conti correnti bancari degli indicati soggetti (Cass., Sez. V, 21 maggio 2014, n. 11183).
In una società la cui compagine sociale e la cui amministrazione è riferibile ad un unico ristretto gruppo familiare, l’esistenza di tali vincoli è sufficiente a giustificare la riferibilità al contribuente accertato delle operazioni riscontrate su conti correnti bancari intestati a tali soggetti, salva naturalmente la facoltà di questi di provare la diversa origine di tali entrate.
La presunzione legale non trova applicazione con riguardo a conti bancari intestati esclusivamente a persone diverse, ancorché legate al contribuente da vincoli familiari o commerciali, salvo che l’ufficio opponga e poi provi in sede giudiziale che l’intestazione a terzi è fittizia o comunque è superata, in relazione alle circostanze del caso concreto, dalla sostanziale imputabilità al contribuente medesimo delle posizioni creditorie e debitorie annotate sui conti (Cass., Sez. trib., 15 febbraio 2013, n. 3762; in senso contrario, si veda, comunque, Cass., Sez. V, 18 aprile 2003, n. 6232 e Cass., Sez. V, 17 settembre 2001, n. 11639).
Controlli su liste selettive - L’anagrafe tributaria raccoglie e ordina su scala nazionale i dati e le notizie risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce presentate agli uffici dell’Amministrazione finanziaria e dai relativi accertamenti, nonché i dati e le notizie che possono comunque assumere rilevanza ai fini tributari. Tali informazioni sono comunicate agli organi dipendenti dal Ministro delle Finanze preposti agli accertamenti ed ai controlli relativi all’applicazione dei tributi e, in particolare, ai fini della valutazione della complessiva capacità contributiva e degli adempimenti conseguenziali di rettifica delle dichiarazioni e di accertamento, all’ufficio distrettuale delle imposte nella cui circoscrizione il soggetto ha il domicilio fiscale. Sulla base dei dati in suo possesso l’anagrafe tributaria provvede alle elaborazioni utili per lo studio dei fenomeni fiscali (art. 1, D.P.R. n. 605/1973).
Obblighi di comunicazione
Gli uffici pubblici hanno obblighi di comunicazione all’anagrafe tributaria (art. 7, D.P.R. n. 605/1973).
Soggetti tenuti alla comunicazione | Obblighi di comunicazione |
Le aziende, gli istituti, gli enti e le società | Devono comunicare all’anagrafe tributaria i dati e le notizie riguardanti: a) contratti di assicurazione, ad esclusione di quelli relativi alla responsabilità civile ed alla assistenza e garanzie accessorie, relativamente ai soggetti contraenti; b) contratti di somministrazione di energia elettrica, di servizi di telefonia, fissa, mobile e satellitare, di servizi idrici e del gas, relativamente agli utenti. |
Le banche, la società Poste italiane S.p.A., gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio, nonché ogni altro operatore finanziario | Sono tenuti a rilevare e a tenere in evidenza: a) i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro qualsiasi rapporto o effettui, per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, qualsiasi operazione di natura finanziaria ad esclusione di quelle effettuate tramite bollettino di conto corrente postale per un importo unitario inferiore a 1.500 euro; |
b) l’esistenza dei rapporti e l’esistenza di qualsiasi operazione di cui al punto periodo, compiuta al di fuori di un rapporto continuativo, nonché la natura degli stessi, sono comunicate all’anagrafe tributaria ed archiviate in apposita sezione, con l’indicazione dei dati anagrafici dei titolari e dei soggetti che intrattengono con gli operatori finanziari qualsiasi rapporto o effettuano operazioni al di fuori di un rapporto continuativo per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, compreso il codice fiscale. | |
Gli ordini professionali e gli altri enti ed uffici preposti alla tenuta di albi, registri ed elenchi | Devono comunicare, su richiesta dell’anagrafe i dati dei soggetti iscritti ai rispettivi ordini professionali entro 6 mesi dalla data di ricevimento della richiesta. |
I rappresentanti legali dei soggetti diversi dalle persone fisiche, che non siano tenuti a presentare la dichiarazione | Devono comunicare all’anagrafe tributaria, entro 30 giorni, l’avvenuta estinzione e le avvenute operazioni di trasformazione, concentrazione o fusione. |
Gli amministratori di condominio | Devono comunicare annualmente all’anagrafe tributaria l’ammontare dei beni e servizi acquistati dal condominio e i dati identificativi dei relativi fornitori. |
Le comunicazioni devono indicare il numero di codice fiscale dei soggetti cui le comunicazioni stesse si riferiscono e devono essere sottoscritte dal legale rappresentante dell’ente o dalla persona che ne è autorizzata, secondo l’ordinamento dell’ente stesso. Per le amministrazioni dello Stato la comunicazione è sottoscritta dalla persona preposta all’ufficio che ha emesso il provvedimento. Le comunicazioni sono trasmesse esclusivamente per via telematica. Le modalità e i termini delle trasmissioni nonché le specifiche tecniche del formato dei dati sono definite con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate. |
Utilizzo delle informazioni - Le comunicazioni effettuate dagli uffici pubblici, sono utilizzate dall’Agenzia delle Entrate per l’elaborazione di specifiche liste selettive di contribuenti a maggior rischio di evasione, con procedure centralizzate, secondo i criteri individuati con Provvedimento del Direttore della medesima Agenzia. In tal modo, è concesso all’Amministrazione finanziaria di avere a disposizione on line le risultanze bancarie e finanziarie di tutti i contribuenti, al fine di meglio programmare l’attività di controllo, per il contrasto all’evasione fiscale.
L’esame di queste risultanze bancarie e finanziarie potrà essere eseguito, ai fini del controllo delle posizioni fiscali dei soggetti maggiormente a rischio, senza necessità di alcuna autorizzazione, come è invece previsto, per la richiesta di dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata per le quali è necessaria l’autorizzazione del direttore centrale dell’accertamento dell’Agenzia delle Entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del comandante regionale (artt. 32, n. 7), D.P.R. n. 600/1973 - ai fini delle imposte sui redditi - e 52, n. 7), D.P.R. n. 633/1972 - ai fini dell’IVA).
Proroga dei termini di notifica
Gli atti di accertamento, di contestazione, di irrogazione delle sanzioni, di recupero dei crediti di imposta, di liquidazione e di rettifica e liquidazione, per i quali i termini di decadenza, calcolati senza tener conto del periodo di sospensione dall’8 marzo al 31 maggio 2020 (art. 67, c. 1, D.L. n. 18/20, conv. Legge n. 27/2020), scadevano tra l’8 marzo 2020 e il 31 dicembre 2020, potevano essere emessi (pertanto sottoscritti dal funzionario competente) entro il 31 dicembre 2020, ma notificati nel periodo compreso tra il 1° marzo 2021 e il 28 febbraio 2022 (D.L. n. 7/2021).
Entro il 31 dicembre 2020 avrebbero dovuto essere emessi gli accertamenti imposte sui redditi, IVA e IRAP relativi all’annualità 2015 Mod. UNICO 2016 (2014 Mod. UNICO 2015 qualora ci sia stata l’omessa dichiarazione). La notifica avviene però dal marzo 2021 al 28 febbraio 2022.
L’accertamento va notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (quinto anno se si tratta di dichiarazione omessa), ai sensi dell’art. 43, D.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 57, D.P.R. n. 633/1972 (nella versione antecedente alla Legge n. 208/2015, che opera dalle dichiarazioni presentate nel 2017, relative al 2016).
In riferimento al raddoppio dei termini per violazioni penali, abrogato con decorrenza dall’anno 2016 (dichiarazioni da presentare nel 2017), entro il 31 dicembre 2020 dovevano essere emessi gli accertamenti imposte sui redditi, IVA e IRAP relativi all’annualità 2011, Mod. UNICO 2012 (2009 Mod. UNICO 2010 qualora ci sia stata l’omessa dichiarazione). La notifica può avvenire nel periodo compreso tra il 1° marzo 2021 e il 28 febbraio 2022. Lo slittamento dei termini di notifica si riferisce anche alle annualità che scadono a fine 2020 per effetto di proroghe dei termini, come il raddoppio per violazioni penali (circ. Agenzia delle Entrate n. 25/2020).
Le tipologie di atti oggetto di differimento si riferiscono, in generale, a provvedimenti che vengono emessi al termine della fase del controllo sostanziale con riferimento agli atti o alle imposte, sia indirette che dirette, i cui termini di decadenza scadono nel periodo indicato.
Per gli atti riferiti invece ad atti o ad imposte i cui termini decadenziali non scadono entro il 31 dicembre 2020, gli uffici potranno svolgere nell’anno 2020 le relative attività di accertamento o di controllo sostanziale senza però procedere alla notifica degli atti, a meno che abbiano carattere di indifferibilità ed urgenza, escludendo le fattispecie per le quali è necessario o opportuna l’attivazione del contraddittorio.
Sono fatti salvi anche i casi in cui l’emissione dell’atto è funzionale all’adempimento, come nel caso della liquidazione d’ufficio delle imposte da versare a seguito della presentazione di una istanza del contribuente per la revoca della dichiarazione di intenti espressa in atto ai fini dell’agevolazione prima casa, presentata sia prima sia dopo il decorso dei termini di decadenza.
La proroga, dunque, riguarda tutti gli atti e le imposte per le quali è prevista una decadenza dei termini nel periodo dall’8 marzo al 31 dicembre 2020.
71.6.3. Sospensione della riscossione
71.6.3.Sospensione della riscossioneÈ data la facoltà, al contribuente, di chiedere la sospensione della riscossione:
-
in via amministrativa (art. 39, D.P.R. n. 602/1973);
-
in via giudiziale (art. 47, D.Lgs. n. 546/1992).
Nell’ipotesi d’impugnazione dell’atto, i contributi ed i premi corrispondenti agli imponibili accertati dall’ufficio ma non ancora definitivi, nonché i relativi interessi, sono iscritti a titolo provvisorio nei ruoli, dopo la notifica dell’atto di accertamento, per 1/3 degli ammontari corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accertati (art. 15, D.P.R. n. 602/1973).
Pertanto, in presenza di un avviso di accertamento contro cui il contribuente presenti ritualmente e tempestivamente impugnazione, il pagamento degli importi dovuti dovrà essere pari a 1/3 degli ammontari corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accertati.
Le sanzioni collegate al tributo non dovranno essere versate se non dopo la sentenza, totalmente o parzialmente, sfavorevole al contribuente.
71.6.4. Definizione delle sanzioni
71.6.4.Definizione delle sanzioniÈ ammessa la definizione agevolata con il pagamento di un importo pari ad 1/3 della sanzione irrogata e comunque non inferiore ad 1/3 dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo, entro il termine previsto per la proposizione del ricorso (art. 17, D.Lgs. n. 472/1997). Le sanzioni versate (definite) non saranno rimborsate, nemmeno in caso di sentenza totalmente favorevole al contribuente. Nello stesso avviso di accertamento, nella sezione avvertenze per il contribuente, alla voce “definizione delle sole sanzioni con riduzione ad un terzo” è indicato l’importo dovuto per beneficiare della definizione.
71.7. Accertamento esecutivo
71.7.Accertamento esecutivoGli avvisi di accertamento (analitici, parziali, induttivi), relativi all’IVA, alle imposte sui redditi e all’IRAP, nonché ai connessi provvedimenti
di irrogazione sanzioni, funzionali all’attività di riscossione, costituiscono anche titolo per la riscossione delle somme dovute, senza necessità di iscrizione a ruolo e notifica della relativa cartella di pagamento (
101.1.).
Tali atti divengono esecutivi una volta trascorsi 60 giorni dalla loro notifica devono espressamente contenere l’avvertimento che:
-
l’avviso di accertamento ha valore di intimazione ad adempiere, entro il termine di presentazione del ricorso (60 giorni dalla notifica);
-
dopo il termine utile per la presentazione del ricorso l’atto diventerà esecutivo;
-
decorsi 30 giorni dal termine ultimo per il pagamento, la riscossione delle somme richieste è affidata all’agente della riscossione, anche ai fini dell’esecuzione forzata, senza la preventiva notifica della cartella di pagamento.
In ogni caso, la norma stabilisce che l’esecuzione forzata è sospesa, ex lege, per un periodo di 180 giorni dall’affidamento in carico agli agenti della riscossione dell’accertamento esecutivo, salvo che per le azioni cautelari e conservative, nonché per ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore.
Fondato pericolo
La sospensione non opera qualora gli agenti della riscossione vengano a conoscenza di elementi idonei a dimostrare il fondato pericolo di pregiudicare la riscossione e in caso di accertamenti definitivi, anche in seguito a giudicato e di recupero di somme derivanti da decadenza dalla rateazione.
Ricorso alle Corti di Giustizia Tributaria- Il contribuente è intimato, comunque, ad adempiere, entro i termini di presentazione
dello stesso, all’obbligo di pagamento di 1/3 degli importi dovuti per imposte e interessi, come indicato nella sezione “avvertenze per il contribuente” dell’avviso di accertamento,
alla voce importi intimati (71.6.3.).
Sanzioni irrogate
Il pagamento delle sanzioni è dovuto, a titolo provvisorio:
-
per i 2/3, dopo la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di primo grado che respinge il ricorso;
-
per l’ammontare risultante dalla sentenza di primo grado, e comunque non oltre i 2/3, se la stessa accoglie parzialmente il ricorso;
-
per il residuo ammontare determinato nella sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado (artt. 19, D.Lgs. n. 472/1997 e 68, D.Lgs. n. 546/1992).
La procedura di riscossione immediata delle somme dovute, senza la previa iscrizione a ruolo (art. 29, lett. a), D.L. n. 78/2010), si applica ai seguenti casi:
-
mancato pagamento anche di una sola delle rate successive alla prima dovute a seguito di accertamento con adesione (art. 8, c. 3-bis, D.Lgs. n. 218/1997);
-
sentenza della Corte di Giustizia Tributaria sfavorevole, in tutto o in parte, al contribuente, onde consentire la riscossione frazionata del tributo e delle sanzioni dovute a titolo provvisorio in pendenza di giudizio (artt. 68, D.Lgs. n. 546/1992 e 19, D.Lgs. n. 472/1997).
L’elencazione (art. 29, lett. a), D.L. n. 78/2010), tuttavia, non deve ritenersi tassativa.
In presenza di sentenza sfavorevole, in tutto o in parte, per il contribuente, la riscossione frazionata delle somme ancora dovute a titolo di imposta, interessi e sanzioni, sulla base della pronuncia del giudice tributario avverrà, dunque, previa notifica di un ulteriore atto (intimazione di pagamento). In tali ultimi casi il versamento delle somme dovute deve avvenire entro 60 giorni dalla notifica.
L’intimazione può essere impugnata con ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado per vizi propri dell’atto, come nel caso di errore di calcolo nella determinazione degli importi dovuti a seguito della sentenza.
Qualora vi siano più obbligati solidali, l’avviso di accertamento deve essere notificato, entro i termini decadenziali, a ciascuno di essi.
Il coobbligato solidale, ricevuto l’accertamento esecutivo (anche se per mera conoscenza) lo deve impugnare tempestivamente.
la tesi secondo cui a questi può essere notificata la cartella di pagamento, rimanendo comunque fermo il diritto di difendersi nel merito, non può essere sostenuta, siccome nel sistema degli accertamenti esecutivi non essendoci il ruolo non viene nemmeno più notificata la cartella (Cass., SS.UU., 16 dicembre 2020, n. 28709).
Avvisi bonari
Non costituiscono titoli per la riscossione:
-
gli atti emessi nei casi di omesso versamento delle somme rateizzate in seguito alla definizione delle comunicazioni degli esiti dei controlli automatici ovvero dei controlli formali delle dichiarazioni (art. 54-bis, D.P.R. n. 633/1972);
-
gli atti emessi nei casi di omesso versamento delle somme rateizzate risultanti dalle comunicazioni dell’esito dell’attività di liquidazione dei redditi soggetti a tassazione separata (art. 1, c. 412, Legge n. 311/2004 (
71.5.1.).
Le comunicazioni da cui discendono le somme dovute non hanno i requisiti tipici degli avvisi di accertamento
e dei provvedimenti di irrogazione delle sanzioni propriamente intesi, bensì quelli
degli avvisi bonari contenenti un invito a fornire eventuali dati o elementi non considerati o valutati
erroneamente nella liquidazione dei tributi e che quindi manifestano una volontà impositiva
ancora in itinere e non formalizzata in un atto definitivo, cancellabile solo in via
di autotutela o attraverso l’intervento del giudice.
71.8. Accertamenti emessi dagli enti locali
71.8.Accertamenti emessi dagli enti localiA decorrere dal 1° gennaio 2020, gli accertamenti emessi dagli enti locali ed afferenti tributi propri ed entrate patrimoniali saranno immediatamente esecutivi, parimenti a quanto avviene per gli avvisi afferenti le imposte sui redditi, IVA, IRAP (art. 29, D.L. n. 78/2010). Non sarà conseguentemente più notificata la cartella di pagamento o l’ingiunzione fiscale (art. 1, c. 792, Legge n. 160/2019).
Decorsi i termini di legge, previsti per la proposizione del ricorso, il credito dell’ente locale potrà esse affidato all’esattore. La riscossione potrà avvenire in proprio ad opera dell’ente impositore, mediante affidamento al concessionario locale o a quello “nazionale” (Agenzia delle Entrate-Riscossione o Riscossione Sicilia S.p.A., considerata Agente della riscossione per effetto del D.L. n. 203/2005).
Gli atti di esecuzione, come il pignoramento, ovvero cautelari, come ipoteca, e fermo dei beni mobili registrati, andranno posti in essere entro termini di prescrizione, che potranno essere interrotti da qualsiasi atto di intimazione di pagamento.
71.8.1. Termini di prescrizione
71.8.1.Termini di prescrizionePer le sanzioni tributarie, la prescrizione è quinquennale (art. 20, D.Lgs. n. 472/1997). Costante giurisprudenza ritiene che ciò valga anche per le imposte, in tema di fiscalità locale (Cass. 10 dicembre 2014, n. 26013; Cass. 22 giugno 2017, n. 15580).
Nel caso in cui sussista sentenza passata in giudicato (art. 2953 c.c.), la prescrizione, sia per imposte, sia per sanzioni, diviene decennale.
71.8.2. Sospensione della prescrizione
71.8.2.Sospensione della prescrizioneLa prescrizione rimane sospesa in caso di:
-
ricorso, cominciando a decorrere dal giudicato;
-
provvedimenti disciplinati dal D.P.R. n. 602/1973 (notificati entro 5 anni);
-
preavviso di fermo dei beni mobili registrati, la comunicazione di ipoteca e l’intimazione ad adempiere (art. 50, D.P.R. n. 602/1973);
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nota di presa in carico degli importi, contenete l’intimazione di pagamento.
Non può avere effetto interruttivo la trasmissione del carico all’esattore, essendo un atto interno tra enti pubblici.
71.8.3. Termini di pagamento
71.8.3.Termini di pagamentoGli importi dovranno essere così corrisposti:
-
se il contribuente presenta ricorso, entro il relativo termine occorre versare la totalità delle imposte e gli interessi;
-
se il contribuente si avvale dell’acquiescenza, entro il termine di presentazione del ricorso dovrà versare la totalità delle imposte, gli interessi, fruendo della riduzione delle sanzioni al terzo dell’irrogato;
-
se il contribuente non presenta ricorso e non si avvale dell’acquiescenza, oltre alla totalità delle imposte e degli interessi, dovrà versare altresì le sanzioni per intero (art. 68, D.Lgs. n. 546/1992 e art. 19, D.Lgs. n. 472/1997).
Il termine per il pagamento viene sospeso ogni anno dal 1° al 31 agosto (art. 1, Legge n. 742/1969).
Il mancato o tardivo pagamento delle somme intimate con l’avviso di accertamento esecutivo non dà luogo alle sanzioni del 30 o del 15% (art. 13, D.Lgs. n. 471/1997) dell’importo non pagato o pagato tardivamente.
71.8.4. Rateazione
71.8.4.RateazioneL’ente creditore o il soggetto affidatario, su apposita richiesta del debitore, potrà concedere la rateazione delle somme dovute:
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fino a 100 euro nessuna rateizzazione;
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da 100,01 a 500 euro fino a 4 rate mensili;
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da 500,01 a 3.000 euro da 5 a 12 rate mensili;
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da 3.000,01 a 6.000 euro da 13 a 24 rate mensili;
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da 6.000,01 a 20.000 euro da 25 a 36 rate mensili;
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oltre 20.000 euro da 37 a 72 rate mensili.
L’ente locale con specifica deliberazione potrà ulteriormente regolamentare condizioni e modalità di rateizzazione, ferma restando la durata massima non inferiore a 36 rate mensili per debiti di importi superiori a 6.000 euro.
Decadenza
In caso di mancato pagamento di 2 rate consecutive nel corso del periodo di rateazione, il debitore decade automaticamente dal beneficio e il debito non può più essere rateizzato; l’intero importo ancora dovuto sarà immediatamente riscuotibile in unica soluzione.
71.8.5. Riscossione coattiva
71.8.5.Riscossione coattivaGli importi intimati mediante l’avviso di accertamento esecutivo, se non pagati entro il termine per il ricorso e salvo ottenimento della sospensione giudiziale, vengono posti in riscossione, in proprio dall’ente locale, tramite affidamento al concessionario ex art. 53, D.Lgs. n. 446/1997 o ad Agenzia delle Entrate-Riscossione. Le somme vengono affidate in riscossione in via diretta, senza notifica, al contribuente, della cartella di pagamento o dell’ingiunzione fiscale.
Aggi di riscossione
Se gli importi non vengono pagati entro il termine per il ricorso, al contribuente vengono addebitati anche gli aggi di riscossione. Ove la riscossione sia stata affidata ad Agenzia delle Entrate-Riscossione, gli aggi saranno pari al 6% degli importi da riscuotere (art. 17, D.Lgs. n. 112/1999). Ove la riscossione sia effettuata in proprio o tramite concessionario (art. 53, D.Lgs. n. 446/1997), il contribuente dovrà pagare:
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un aggio pari al 3% con un massimo di 300 euro in caso di pagamento entro 60 giorni da quando è spirato il termine per il ricorso (nella maggioranza dei casi, entro 120 giorni dalla notifica dell’atto);
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un aggio paro al 6% con massimo di 600 euro in caso di pagamento oltre i 60 giorni da quando è spirato il termine per il ricorso.
Aggio di riscossione - A partire dai ruoli affidati dagli enti creditori all’Agente della riscossione dopo il 1° gennaio 2022 è prevista l’eliminazione dalla cartella degli oneri di riscossione (c.d. “aggio”) (art. 1, c. 15-17, Legge n. 234/2021). Per i ruoli affidati all’Agente della riscossione fino al 31 dicembre 2021, a prescindere dalla data di notifica della relativa cartella di pagamento che venga notificata anche successivamente a tale data, permangono ancora a carico del contribuente gli oneri di riscossione nella misura e secondo la ripartizione previste dalle diposizioni vigenti fino al 1° gennaio 2022 (data di entrata in vigore Legge n. 234/2021).
L’Agenzia delle Entrate (Provv. 17 gennaio 2022) ha approvato il modello di cartella di pagamento che l’Agente della riscossione è tenuto ad utilizzare per le cartelle relative ai carichi affidatigli a decorrere dal 1° gennaio 2022. Resta fermo, per le cartelle relative ai carichi affidati all’Agente della riscossione fino al 31 dicembre 2021, il modello approvato con Provv. 14 luglio 2017.
Interessi di mora
Ove la riscossione sia stata affidata ad Agenzia delle Entrate-Riscossione, gli interessi di mora sono disciplinati dall’art. 30 del D.P.R. n. 602/1973 e conteggiati dal giorno successivo alla notifica dell’atto.
Ove la riscossione sia effettuata in proprio ovvero tramite concessionario (art. 53, D.Lgs. n. 446/1997), al contribuente si applicano, sempre sulla quota capitale, gli interessi di mora al tasso legale (che potrà essere maggiorato al massimo di due punti percentuali con apposita delibera dello stesso ente), calcolati a partire dai 30 giorni dal termine per il ricorso.
71.9. Concordato Preventivo Biennale (CPB)
71.9.Concordato Preventivo Biennale (CPB)Il D.Lgs. n. 13/2024 introduce il Concordato Preventivo Biennale (CPB).
I contribuenti di minori dimensioni, titolari di reddito di impresa e di lavoro autonomo derivante dall’esercizio di arti e professioni che svolgono attività nel territorio dello Stato, possono accedere a un concordato preventivo biennale (art. 6, D.Lgs. n. 13/2024).
Nessuna distinzione è formulata in riferimento alla struttura giuridica del soggetto che consegue il reddito, pertanto possono avvalersi del nuovo istituto, sia i soggetti IRPEF, sia i soggetti IRES.
Il nuovo istituto non ha effetti sulla disciplina IVA.
Il concordato preventivo biennale è stato oggetto di chiarimenti ufficiali da parte dell’Agenzia delle Entrate, con i seguenti documenti di prassi: circ. 17 settembre 2024, n. 18/E; ris. 19 settembre 2024 n. 48/E.
Termini per l’adesione
L’adesione al concordato preventivo doveva essere espressa entro il termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi, ossia entro il 31 ottobre 2024 per i soggetti “solari”.
Trattandosi di un termine perentorio, l’accettazione della proposta:
-
può essere espressa anche con una dichiarazione correttiva nei termini (entro il 31 ottobre 2024 per i soggetti “solari”);
-
non può essere espressa con una dichiarazione tardiva (entro 90 giorni dalla scadenza del termine).
L’Agenzia delle Entrate formula una proposta per la definizione biennale:
-
del reddito derivante dall’esercizio d’impresa o dall’esercizio di arti e professioni;
-
del valore della produzione netta, rilevanti, rispettivamente, ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive (art. 7, D.Lgs. n. 13/2024).
Nei confronti dei contribuenti esercenti attività d’impresa, arti o professioni che aderiscono al regime forfetario (art. 1, c. da 54 a 89, Legge 23 dicembre 2014, n. 190), l’applicazione del concordato preventivo è limitata, in via sperimentale, a una sola annualità.
Riapertura dei termini
Con il D.L. n. 167/2024, pubblicato il 14 novembre 2024 nella Gazzetta ufficiale, sono stati riaperti i termini per le adesioni al concordato preventivo biennale.
I soggetti che hanno validamente presentato la dichiarazione dei redditi entro il termine del 31 ottobre 2024 e non hanno aderito al concordato preventivo biennale (artt. da 10 a 22, D.Lgs. n. 13/2024), possono aderire al predetto concordato preventivo biennale entro il 12 dicembre 2024 mediante la presentazione della dichiarazione integrativa (art. 2, c. 8, D.P.R. n. 322/1998). Tale facoltà non è consentita se nella dichiarazione integrativa sono indicati un minore imponibile o, comunque, un minore debito d'imposta ovvero un maggiore credito rispetto a quelli riportati nella dichiarazione presentata entro la data del 31 ottobre 2024 (art. 1, D.L. n. 167/2024).
In caso di adesione, entro il predetto termine del 12 dicembre, ai fini dell'art. 2-quater del D.L. 9 agosto 2024, n. 113, l'adesione al concordato preventivo biennale si intende avvenuta entro il 31 ottobre 2024.
Novità introdotte dal decreto Omnibus (D.L. n. 113/2024)
I soggetti che hanno applicato gli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale (ISA), e che aderiscono al concordato presentivo biennale entro il 31 ottobre 2024, possono beneficiare di un regime di ravvedimento, versando l'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle relative addizionali nonché dell’IRAP, in modo agevolato, per gli anni dal 2018 al 2022 (art. 2-quater, D.L. n. 113/2024).
Per effetto delle novità introdotte dall’art. 1, c. 2, D.L. n. 167/2024, l’adesione al concordato si intende effettuata entro il 31 ottobre 2024, in caso di adesione entro il 12 dicembre 2024, mediante la presentazione di dichiarazione integrativa.
È necessario, pena il mancato perfezionamento, che prima del pagamento in una unica soluzione o della prima rata il contribuente non abbia ricevuto:
-
processi verbali di constatazione;
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schemi di atto di accertamento;
-
atti di recupero di crediti inesistenti.
In ogni caso, il valore complessivo dell'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle relative addizionali da versare per ciascuna annualità oggetto dell'opzione non può essere inferiore a 1.000 euro. L’imponibile è determinato dalla differenza tra il reddito di impresa o di lavoro autonomo già dichiarato, ovvero del valore della produzione, e tale valore incrementato di un importo percentuale
Anni 2018, 2019, 2022
PUNTEGGIO ISA | Base imponibile: Differenza tra reddito/valore produzione dichiarato e incremento del | ALIQ-IMP REDD E ADD | ALIQUOTA IRAP |
8 – 9 - 10 | 5% | 10% | 3,9% |
8-9 | 10% | 10% | 3,9% |
6 - 7 | 20% | 12% | 3.9% |
4-5 | 30% | 15% | 3.9% |
3 | 40% | 15% | 3.9% |
1 -2 | 50% | 15% | 3.9% |
Anni 2020, 2021
PUNTEGGIO ISA | Base imponibile: Differenza tra reddito/valore produzione dichiarato e incremento del | ALIQ IMP REDD E ADD | ALIQUOTA IRAP |
8 – 9 - 10 | 5% | 7% | 2.73% |
8-9 | 10% | 7% | 2,73% |
6 - 7 | 20% | 8,4% | 2,73% |
4-5 | 30% | 10,5% | 2,73% |
3 | 40% | 10,5% | 2,73% |
1 -2 | 50% | 10,5% | 2,73% |
Modalità di versamento - Il versamento dell'imposta sostitutiva è effettuato:
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in un'unica soluzione entro il 31 marzo 2025;
-
mediante pagamento rateale in un massimo di ventiquattro rate mensili di pari importo maggiorate di interessi calcolati al tasso legale con decorrenza dal 31 marzo 2025.
In caso di pagamento rateale, l'opzione, per ciascuna annualità, si perfeziona mediante il pagamento di tutte le rate.
Il pagamento di una delle rate, diverse dalla prima, entro il termine di pagamento della rata successiva non comporta la decadenza dal beneficio della rateazione.
Non si fa comunque luogo al rimborso delle somme versate a titolo di imposta sostitutiva in ipotesi di decadenza dalla rateizzazione.
L’adesione al ravvedimento comporta l’impossibilità per l’amministrazione di effettuare, nei confronti degli interessati, rettifiche per i periodi d'imposta 2018, 2019, 2020, 2021 e 2022, al reddito d'impresa o di lavoro autonomo ai fini delle imposte sui redditi/IRAP (art. 39, D.P.R. n. 600/1973) e dell’IVA.
In riferimento all’IVA l’inibizione è limitata alle rettifiche relative a omissioni e false o inesatte indicazioni, indirettamente desunte dai dati e notizie acquisiti a norma dell'art. 53 D.P.R. n. 633/1972 o anche sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti (art. 54, c. 2, D.P.R. n. 633/1972).
Resta invece la possibilità per gli uffici di rettificare le dichiarazioni IVA allorché le violazioni risultino in modo certo e diretto, e non in via presuntiva, da verbali, questionari e fatture nonché dalle dichiarazioni di altri contribuenti o da verbali relativi ad ispezioni nei confronti di altri contribuenti, o da atti e documenti in possesso degli uffici stessi.
Proroga termini decadenziali
Nei confronti di coloro che aderiscono al concordato preventivo beneficiando del ravvedimento per uno o più anni dal 2018 al 2021, e per coloro che, pur aderendo al concordato, non regolarizzano uno dei periodi di imposta passati è prevista una proroga dei termini decadenziali:
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contribuenti a cui si applicano gli ISA che aderiscono al concordato preventivo biennale e che si avvalgano, per uno o più periodi d’imposta (tra 2018 e 2021), del ravvedimento speciale. Per questi soggetti la proroga dei termini di accertamento per il periodo, o per i periodi di imposta, oggetto di regolarizzazione è al 31 dicembre 2027;
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contribuenti a cui si applicano gli ISA che aderiscono al concordato preventivo ma non si avvalgono del ravvedimento. La proroga per questi contribuenti ha effetto solo per i termini decadenziali in scadenza al 31 dicembre 2024 che slittano al 31 dicembre 2025.
Procedura
L’Agenzia delle Entrate, entro il 15 aprile di ciascun anno, mette a disposizione dei contribuenti o dei loro intermediari, anche mediante l’utilizzo delle reti telematiche, appositi programmi informatici per l’acquisizione dei dati necessari per l’elaborazione della proposta per la definizione biennale (annuale per i soggetti forfettari) del reddito, individuando i periodi d’imposta per i quali la metodologia approvata consente di definire la proposta di concordato preventivo biennale (art. 8, D.Lgs. n. 13/2024).
Per il 2024 i programmi informatici sono resi disponibili entro il 15 giugno ovvero entro il 15 luglio per i contribuenti in regime forfetario.
Il contribuente potrà aderire entro il 31 luglio, ovvero entro l'ultimo giorno del settimo mese successivo a quello di chiusura del periodo d'imposta per i soggetti con periodo d'imposta non coincidente con l'anno solare. Per il primo anno di applicazione dell'istituto, il contribuente può aderire alla proposta di concordato entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale dei redditi (art. 11, D.Lgs. 8 gennaio 2024, n. 1).
La proposta di concordato è elaborata dall’Agenzia delle Entrate, in coerenza con i dati dichiarati dal contribuente (gestione caratteristica), comunque nel rispetto della sua capacità contributiva sulla base di una metodologia che valorizza, anche attraverso processi decisionali completamente automatizzati (art. 22, Reg. UE 27 aprile 2016, n. 2016/679), le informazioni già nella disponibilità dell’Amministrazione finanziaria, limitando l’introduzione di nuovi oneri dichiarativi.
La predetta metodologia tiene conto degli andamenti economici e dei mercati, delle redditività individuali e settoriali desumibili dagli indici sintetici di affidabilità fiscale (art. 9-bis, D.L. 24 aprile 2017, n. 50) e delle risultanze della loro applicazione, nonché degli specifici limiti imposti dalla normativa in materia di tutela dei dati personali. La metodologia è approvata con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, sentito il Garante per la protezione dei dati personali.
Condizioni per l’accesso
Possono accedere i contribuenti che (art. 11, D.Lgs. n. 13/2024):
-
non hanno debiti tributari;
-
hanno estinto quelli che tra essi sono d’importo complessivamente pari o superiori a 5.000 euro per tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, compresi interessi e sanzioni, ovvero per contributi previdenziali definitivamente accertati con sentenza irrevocabile o con atti impositivi non più soggetti a impugnazione. Non concorrono al predetto limite i debiti oggetto di provvedimenti di sospensione o di rateazione sino a decadenza dei relativi benefici secondo le specifiche disposizioni applicabili.
Cause di esclusione
Non possono accedere alla proposta di concordato preventivo biennale (art. 11, D.Lgs. n. 13/2024) i contribuenti per i quali sussiste anche solo una delle seguenti cause di esclusione:
-
mancata presentazione della dichiarazione dei redditi in relazione ad almeno uno dei tre periodi d’imposta precedenti a quelli di applicazione del concordato, in presenza dell’obbligo a effettuare tale adempimento;
-
condanna per uno dei reati previsti dal D.Lgs. n. 74/2000, dall’art. 2621 c.c., nonché dagli artt. 648-bis, 648-ter e 648-ter1 c.p., commessi negli ultimi tre periodi d’imposta antecedenti a quelli di applicazione del concordato. Alla pronuncia di condanna è equiparata la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti;
-
con riferimento al periodo d'imposta precedente a quelli cui si riferisce la proposta, aver conseguito, nell'esercizio d'impresa o di arti e professioni, redditi o quote di redditi, comunque denominati, in tutto o in parte, esenti, esclusi o non concorrenti alla base imponibile, in misura superiore al 40% del reddito derivante dall'esercizio d'impresa o di arti e professioni;
-
adesione, per il primo periodo d'imposta oggetto del concordato, al regime forfetario (art. 1, c. da 54 a 89, della Legge n. 190 del 2014);
-
nel primo anno cui si riferisce la proposta di concordato la società o l'ente risulta interessato da operazioni di fusione, scissione, conferimento, ovvero, la società o l'associazione è interessata da modifiche della compagine sociale.
Effetti dell’accettazione
L’accettazione da parte del contribuente della proposta impegna il contribuente a dichiarare gli importi concordati nelle dichiarazioni dei redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive relative ai periodi d’imposta oggetto di concordato. L’accettazione della proposta obbliga parimenti al rispetto della medesima i soci o gli associati.
L’Agenzia delle Entrate provvede al controllo automatizzato (art. 36-bis, D.P.R. n. 600/1973) delle somme non versate.
Nei periodi d’imposta oggetto di concordato, i contribuenti sono tenuti:
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agli ordinari obblighi contabili e dichiarativi;
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alla comunicazione dei dati mediante la presentazione dei modelli per l’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale.
Ulteriori benefici premiali
Ulteriori benefici premiali sono:
-
inibizione agli uffici delle tipologie di accertamento, di cui all’art. 39 del D.P.R. n. 600/1973 (ma non le attività di controllo propedeutiche a quelle di rettifica, quali ad esempio accessi, ispezioni e verifiche. L’inibizione accertativa non riguarda l’IVA). Tuttavia, qualora emergano, dalle operazioni istruttorie, importi evasi maggiori del 30% dei ricavi dichiarati, l’accertamento sarà emesso determinando la decadenza dal concordato;
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l’irrilevanza reddituale, IRAP e dei contributi previdenziali obbligatori di eventuali maggiori o minori redditi imponibili effettivi rispetto a quelli oggetto del concordato, fermo restando gli obblighi contabili e dichiarativi;
-
i vantaggi previsti dall’art. 9-bis, c. 1, D.L. n. 50/2017, previsti per i soggetti ISA (a prescindere dal punteggio).
Reddito di lavoro autonomo oggetto di concordato
Ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo, derivante dall'esercizio di arti e professioni proposto al contribuente (art. 54, c. 1, D.P.R. n. 917/1986), sono escluse:
a) plusvalenze e minusvalenze;
b) redditi o quote di redditi relativi a partecipazioni in soggetti di cui all'articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi;
b-bis) corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali, riferibili all’attività artistica o professionale) (art. 15, D.Lgs. n. 13/2024).
Il saldo netto tra le plusvalenze e le minusvalenze, nonché i corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali e i redditi derivanti da partecipazioni, determinano una corrispondente variazione del reddito concordato, ferma restando la dichiarazione di un reddito minimo di 2.000 euro. Nel caso di società semplici e di soggetti a esse equiparati ai sensi dell'art. 5 del D.P.R. n. 917/1986, il limite di euro 2.000 è ripartito tra i soci o associati secondo le rispettive quote di partecipazione (art. 15, D.Lgs. n. 13/2024).
Reddito d’impresa oggetto di concordato
Il reddito d'impresa, rilevante ai fini delle imposte sui redditi, proposto al contribuente ai fini del concordato, è individuato con riferimento all'art. 56 del D.P.R. n. 917/1986 e, per quanto riguarda i contribuenti soggetti all'imposta sul reddito delle società, alle disposizioni di cui alla sezione I del capo II del titolo II del predetto testo unico delle imposte sui redditi, ovvero, relativamente alle imprese minori, all'art. 66 del D.P.R. n. 917/1986, senza considerare i valori relativi a:
-
plusvalenze e sopravvenienze attive, nonché' minusvalenze, sopravvenienze passive e perdite su crediti;
-
utili o perdite derivanti da partecipazioni o in un Gruppo europeo di interesse economico GEIE, o derivanti da partecipazioni in società di capitali aderenti al regime di cui all'art. 115 ovvero all'art. 116 del D.P.R. n. 917/1986, o utili distribuiti, in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione, da società ed enti.
Il saldo netto tra le plusvalenze, le sopravvenienze attive, le minusvalenze, le sopravvenienze passive e le perdite su crediti, nonché gli utili e le perdite derivanti dalle partecipazioni determinano una corrispondente variazione del reddito concordato.
In ogni caso il reddito assoggettato a imposizione non può essere inferiore a 2.000 euro. Nel caso di società in nome collettivo e società in accomandita semplice e di soggetti a esse equiparati, nonché dei soggetti di cui agli artt. 115 e 116 del D.P.R. n. 917/1986, il limite di 2.000 euro è ripartito tra i soci o associati secondo le rispettive quote di partecipazione. Il contribuente può computare in diminuzione le perdite fiscali, conseguite nei periodi d'imposta oggetto del concordato, dai redditi relativi ai medesimi periodi d'imposta e a quelli successivi (art. 16, D.Lgs. n. 13/2024).
Rilevanza delle variazioni reddituali
Maggiori o minori redditi effettivi, maggiori o minori valori della produzione netta effettivi, nel periodo di vigenza del concordato, non rilevano ai fini della determinazione delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive, nonché dei contributi previdenziali obbligatori.
In presenza di circostanze eccezionali, individuate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, che determinano minori redditi effettivi o minori valori della produzione netta effettivi, eccedenti la misura del 30% rispetto a quelli oggetto del concordato, quest'ultimo cessa di produrre effetti a partire dal periodo di imposta in cui tale differenza si realizza (art. 19, D.Lgs. n. 13/2024).
Determinazione degli acconti
L'acconto delle imposte sui redditi e IRAP relativo ai periodi d'imposta oggetto del concordato è determinato secondo le regole ordinarie tenendo conto dei redditi e del valore della produzione netta concordati (art. 20, D.Lgs. n. 13/2024).
Primo periodo d'imposta di adesione al concordato:
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se l'acconto delle imposte sui redditi è determinato sulla base dell'imposta relativa al periodo precedente, è dovuta una maggiorazione di importo pari al 10% della differenza, se positiva, tra il reddito concordato e quello di impresa o di lavoro autonomo dichiarato per il periodo precedente, rettificato secondo quanto previsto dagli artt. 15 e 16 del D.Lgs. n. 13/2024;
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se l'acconto IRAP è determinato sulla base dell'imposta relativa al periodo precedente, è dovuta una maggiorazione di importo pari al 3% della differenza, se positiva, tra il valore della produzione netta concordato e quello dichiarato per il periodo precedente;
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se l'acconto è determinato sulla base dell'imposta relativa al periodo in corso, la seconda rata di acconto è calcolata come differenza tra l'acconto complessivamente dovuto in base al reddito e al valore della produzione netta concordato e quanto versato con la prima rata calcolata secondo le regole ordinarie.
Le maggiorazioni sono versate entro il termine previsto per il versamento della seconda o unica rata dell'acconto.
Regime opzionale
Per i periodi d'imposta oggetto del concordato, i contribuenti che aderiscono alla proposta dell'Agenzia delle Entrate possono assoggettare la parte di reddito d'impresa o di lavoro autonomo derivante dall'adesione al concordato, che risulta eccedente rispetto al corrispondente reddito dichiarato nel periodo d'imposta antecedente a quelli cui si riferisce la proposta (art. 20-bis, D.Lgs. n. 13/2024), a una imposta sostitutiva:
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del 10%, se, nel periodo d'imposta antecedente, il livello di affidabilità fiscale era pari o superiore a 8;
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del 12%, se, il livello di affidabilità fiscale, era pari o superiore a 6 ma inferiore a 8;
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del 15%, se, il livello di affidabilità fiscale, era inferiore a 6.
Cessazione del concordato
Il concordato cessa di avere efficacia a partire dal periodo d’imposta nel quale si verifica una delle seguenti condizioni (art. 21, D.Lgs. n. 13/2024):
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il contribuente modifica l’attività svolta nel corso del biennio concordatario rispetto a quella esercitata nel periodo d’imposta precedente il biennio stesso. La cessazione non si verifica se per le nuove attività è prevista l’applicazione del medesimo indice sintetico di affidabilità fiscale;
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il contribuente cessa l’attività;
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il contribuente aderisce al regime forfetario;
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la società o l'ente è interessato da operazioni di fusione, scissione, conferimento, ovvero, la società o l'associazione è interessata da modifiche della compagine sociale;
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il contribuente dichiara ricavi di cui all'art. 85, c. 1, esclusi quelli di cui alle lettere c), d) ed e), o compensi di cui all'art. 54, c. 1, del D.P.R. n. 917/1986, di ammontare superiore al limite stabilito dal decreto di approvazione o revisione dei relativi indici sintetici di affidabilità fiscale maggiorato del 50%.
Decadenza dal concordato
Il concordato cessa di produrre effetto per entrambi i suoi periodi di imposta se:
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a seguito di accertamento, nei periodi di imposta oggetto del concordato o in quello precedente, risulta l'esistenza di attività non dichiarate o l'inesistenza o l'indeducibilità di passività dichiarate, per un importo superiore al 30% dei ricavi dichiarati, ovvero risultano commesse altre violazioni di non lieve entità;
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a seguito di modifica o integrazione della dichiarazione dei redditi, i dati e le informazioni dichiarate dal contribuente determinano una quantificazione diversa dei redditi o del valore della produzione netta rispetto a quelli in base ai quali è avvenuta l'accettazione della proposta di concordato;
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sono indicati, nella dichiarazione dei redditi, dati non corrispondenti a quelli comunicati ai fini della definizione della proposta di concordato;
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ricorre una causa di esclusione (art. 11, D.Lgs. n. 13/2024) ovvero vengono meno i requisiti di accesso (art. 10, c. 2, D.Lgs. n. 13/2024);
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è omesso il versamento delle somme (art. 12, c. 2, D.Lgs. n. 13/2024).
Sono di non lieve entità:
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le violazioni di cui al D.Lgs. n. 74/2000, relativamente ai periodi di imposta oggetto del concordato;
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la comunicazione inesatta o incompleta dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli indici (art. 9-bis, D.L. n. 50/2017), in misura tale da determinare un minor reddito o valore netto della produzione oggetto del concordato per un importo superiore al 30%;
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le violazioni, relative agli anni oggetto del concordato, di cui:
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agli artt. 1, c. 1, 2, c. 1, e 5, c. 1, del D.Lgs. n. 471/1997;
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all'art. 6, c. 2-bis e 3, del D.Lgs. n. 471/1997, contestate in numero pari o superiore a 3, commesse in giorni diversi;
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all'art. 9, c. 2, del D.Lgs. n. 471/1997;
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all'art. 11, c. 5 e 5-bis, del D.Lgs. n. 471/1997, nonché all'art. 2 della Legge n. 18/1983.
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Nel caso di decadenza dal concordato restano dovute le imposte e i contributi determinati tenendo conto del reddito e del valore della produzione netta concordati se maggiori di quelli effettivamente conseguiti (art. 22, D.Lgs. n. 13/2024).
71.10. Studi di settore e parametri
71.10.Studi di settore e parametriNei confronti dei contribuenti di minori dimensioni l’Amministrazione finanziaria può eseguire accertamenti utilizzando strumenti presuntivi che misurano i ricavi, i compensi ed il volume d’affari. Tali strumenti erano rappresentati,
principalmente, fino all’introduzione degli Indici sintetici di affidabilità (art. 9-bis, D.L. n. 50/2017) dai c.d. studi di settore e, in via subordinata, dai c.d. parametri, che trovano applicazione per i soggetti per i quali non erano ancora stati approvati
gli studi di settore o per i quali gli studi, pur approvati, non erano applicabili.
A decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018 (Mod. Redditi 2019), con Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, sono stati individuati Indici sintetici di affidabilità fiscale cui sono collegati livelli di premialità per i contribuenti più affidabili, anche consistenti nell’esclusione o nella riduzione dei termini per gli accertamenti, al fine di promuovere l’adempimento degli obblighi tributari e il rafforzamento della collaborazione tra l’Amministrazione finanziaria e i contribuenti (art. 7-bis, D.L. n. 193/2016).
Contestualmente all’adozione di tali indici cessano di avere effetto, al fine dell’accertamento dei tributi, le disposizioni relative agli studi di settore (art. 62-bis del D.L. 30 agosto 1993, n. 331) e ai parametri (art. 3, c. da 181 a 189, della Legge 28 dicembre 1995, n. 549).
Sistema di presunzioni semplici
La procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sé considerati - meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività - ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale fase, infatti, quest’ultimo ha la facoltà di contestare l’applicazione dei parametri provando le circostanze concrete che giustificano lo scostamento della propria posizione reddituale, costringendo l’ufficio - ove non ritenga attendibili le allegazioni di parte - ad integrare la motivazione dell’atto impositivo, indicando le ragioni del suo convincimento. Tuttavia, ogni qual volta il contraddittorio sia stato regolarmente attivato ed il contribuente ometta di parteciparvi ovvero si astenga da qualsivoglia attività di allegazione, l’ufficio non è tenuto ad offrire alcuna ulteriore dimostrazione della pretesa esercitata in ragione del semplice disallineamento del reddito dichiarato rispetto ai menzionati parametri (Cass. 20 settembre 2017, n. 21754).
71.10.1. Studi di settore
71.10.1.Studi di settoreL’Amministrazione finanziaria aveva elaborato, d’intesa con le categorie interessate, appositi studi di settore validi sia ai fini dell’IVA che delle imposte sui redditi (art. 62-bis, D.L. n. 331/1993; art. 10, Legge 8 maggio 1998, n. 146 e D.P.R. 31 maggio 1999, n. 195) i quali consentivano di stimare i ricavi o i compensi attribuibili al contribuente (quindi, non direttamente il reddito del contribuente).
Essi individuavano le relazioni esistenti tra le variabili strutturali e contabili delle imprese e dei lavoratori autonomi con riferimento al settore economico di appartenenza, ai processi produttivi utilizzati, all’organizzazione, ai prodotti e servizi oggetto dell’attività, alla localizzazione geografica e agli altri elementi significativi (ad esempio area di vendita, andamento della domanda, livello dei prezzi, concorrenza, ecc.).
Accertamento con adesione
L’Amministrazione finanziaria, doveva obbligatoriamente far ricorso al procedimento di accertamento con adesione (art. 10, c. 3-bis, Legge n. 146/1998), inviando ai contribuenti un invito al contraddittorio contenente gli elementi rilevanti ai fini dell’accertamento, per pervenire alla definizione.
Sulla base di elementi di valutazione direttamente acquisiti ovvero forniti dal contribuente
in sede di contraddittorio, gli uffici dovevano adeguare il risultato della applicazione degli studi alla concreta particolare situazione dell’impresa,
tenendo anche conto della localizzazione nell’ambito del territorio comunale, non
colta dalle elaborazioni dalle quali sono scaturiti gli studi di settore. Le osservazioni
formulate dai contribuenti nel corso del contraddittorio andranno attentamente valutate
motivando sia l’accoglimento che il rigetto delle stesse.
Le difficoltà di adeguamento delle stime derivanti dall’applicazione degli Studi alle singole realtà locali hanno indotto alla loro sostituzione con Indicatori Sintetici di Affidabilità (ISA).
71.10.2. Indici Sintetici di Affidabilità (ISA)
71.10.2.Indici Sintetici di Affidabilità (ISA)Gli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale (art. 9-bis, D.L. n. 50/2017), sostitutivi degli studi di settore, sono stati introdotti allo scopo di:
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favorire l’emersione spontanea delle basi imponibili;
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stimolare l’assolvimento degli obblighi tributari da parte dei contribuenti;
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rafforzare la collaborazione tra questi ultimi e l’amministrazione finanziaria.
Gli indici rappresentano la sintesi di indicatori elementari volti a verificare la normalità e la coerenza della gestione aziendale e professionale esprimendo, su una scala da 1 a 10, il grado di affidabilità fiscale riconosciuto a ciascun contribuente, anche al fine di consentirgli l’accesso al regime premiale.
Sono approvati con Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze entro il 31 dicembre del periodo d’imposta per il quale sono applicati.
Eventuali integrazioni, indispensabili per tenere conto di situazioni di natura straordinaria, anche correlate a modifiche normative e ad andamenti economici e dei mercati, con particolare riguardo a determinate attività economiche o aree territoriali, sono approvate entro il mese di febbraio del periodo d’imposta successivo a quello per il quale sono applicate. Gli indici sono soggetti a revisione almeno ogni 2 anni dalla loro prima applicazione o dall’ultima revisione.
Con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, da emanare entro il mese di gennaio di ciascun anno, sono individuate le attività economiche per le quali devono essere elaborati gli indici ovvero deve esserne effettuata la revisione.
Modalità applicative
Gli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale si applicano a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2019.
Soggetti esclusi - Sono esclusi dall’applicazione degli ISA:
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i contribuenti che iniziano o cessano l’attività, oppure per i quali sussistono condizioni di non normale svolgimento della stessa;
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i contribuenti che dichiarano ricavi di cui all’art. 85, c. 1, esclusi quelli di cui alle lett. c), d) ed e), o compensi di cui all’art. 54, c. 1 del D.P.R. 917/1986 di ammontare superiore a 5.164.569 euro;
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i soggetti che usufruiscono del regime forfetario (Legge n. 190/2014) e del regime di vantaggio (D.L. n. 98/2011) e i soggetti che determinano il reddito con altre tipologie di criteri forfetari;
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i soggetti che esercitano due o più attività d’impresa, non rientranti nello stesso indice, se l’importo dei ricavi dichiarati relativi alle attività non rientranti tra quelle prese in considerazione dall’indice dell’attività prevalente supera il 30% del totale dei ricavi dichiarati;
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gli Enti del Terzo Settore non commerciali che optano per la determinazione forfetaria del reddito d’impresa (art. 80, D.Lgs. n. 117/2017);
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le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale che applicano il regime forfetario (art. 86, D.Lgs. n. 117/2017);
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le imprese sociali (D.Lgs. n. 112/2017);
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le società cooperative, società consortili e consorzi che operano solo a favore delle imprese socie o associate e le società cooperative costituite da utenti non imprenditori che operano solo a favore degli utenti stessi.
Sono inoltre previste ulteriori cause di esclusione (art. 3, D.M. 24 dicembre 2019). In riferimento ai seguenti indici, ai fini della determinazione del limite di esclusione dall’applicazione degli indici stessi, i ricavi devono essere aumentati delle rimanenze finali e diminuiti delle esistenze iniziali, valutate ai sensi degli artt. 92 e 93 TUIR:
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BG40U, applicabile alle attività di: sviluppo di progetti immobiliari senza costruzione (41.10.00); lottizzazione dei terreni connessa con l’urbanizzazione (42.99.01); compravendita di beni immobili effettuata su beni propri (68.10.00); locazione immobiliare di beni propri o in leasing (68.20.01); affitto di aziende (68.20.02);
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BG50U, applicabile alle attività di: intonacatura e stuccatura (43.31.00); rivestimento di pavimenti e di muri (43.33.00); tinteggiatura e posa in opera di vetri (43.34.00); attività non specializzate di lavori edili (muratori) (43.39.01); altri lavori di completamento e di finitura degli edifici n.c.a. (43.39.09); pulizia a vapore, sabbiatura e attività simili per pareti esterne di edifici (43.99.01);
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BG69U, applicabile alle attività di: rimozione di strutture ed elementi in amianto specializzata per l’edilizia (39.00.01); costruzione di edifici residenziali e non residenziali (41.20.00); costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali (42.11.00); costruzione di linee ferroviarie e metropolitane (42.12.00); costruzione di ponti e gallerie (42.13.00); costruzione di opere di pubblica utilità per il trasporto di fluidi (42.21.00); costruzione di opere di pubblica utilità per l’energia elettrica e le telecomunicazioni (42.22.00); costruzione di opere idrauliche(42.91.00); altre attività di costruzione di altre opere di ingegneria civile n.c.a. (42.99.09); demolizione (43.11.00); preparazione del cantiere edile e sistemazione del terreno (43.12.00); trivellazioni e perforazioni (43.13.00); realizzazione di coperture (43.91.00); altre attività di lavori specializzati di costruzione n.c.a. (43.99.09);
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BK23U, applicabile alle attività di: servizi di progettazione di ingegneria integrata (71.12.20).
L’indice BG77U, attività di: trasporto marittimo e costiero di passeggeri (50.10.00); trasporto marittimo e costiero di merci (50.20.00); trasporto di passeggeri per vie d’acqua interne (inclusi i trasporti lagunari) (50.30.00); trasporto di merci per vie d’acqua interne (50.40.00); altre attività dei servizi connessi al trasporto marittimo e per vie d’acqua (52.22.09); noleggio senza equipaggio di imbarcazioni da diporto (77.21.02); noleggio di mezzi di trasporto marittimo e fluviale (77.34.00); scuole di vela e navigazione che rilasciano brevetti o patenti commerciali (85.32.01), non si applica nei confronti delle corporazioni dei piloti di porto esercenti le attività di cui al medesimo indice.
Con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate sono individuate le tipologie di contribuenti che, ancorché esclusi dall’applicazione degli indici, sono comunque tenuti alla comunicazione dei dati economici, contabili e strutturali, previsti dall’art. 9-bis, c. 4, D.L. n. 50/2017 (art. 3, D.M. 24 dicembre 2019).
Per migliorare il proprio profilo di affidabilità nonché per accedere al regime premiale (art. 9-bis, c. 11, D.L. n. 50/2017) i contribuenti interessati possono indicare nelle dichiarazioni fiscali ulteriori componenti positivi, non risultanti dalle scritture contabili, rilevanti per la determinazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi. Tali ulteriori componenti positivi rilevano anche ai fini IRAP e determinano un corrispondente maggior volume di affari rilevante ai fini IVA.
Ai fini IVA, salva prova contraria, all’ammontare degli ulteriori componenti positivi si applica, tenendo conto dell’esistenza di operazioni non soggette ad imposta ovvero soggette a regimi speciali, l’aliquota media risultante dal rapporto tra l’imposta relativa alle operazioni imponibili, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili, e il volume d’affari dichiarato. Tale dichiarazione non comporta l’applicazione di sanzioni e interessi a condizione che il versamento delle relative imposte sia effettuato entro il termine e con le modalità previsti per il versamento a saldo delle imposte sui redditi (art. 20, D.Lgs. n. 241/1997).
Per i periodi in cui trovano applicazione gli indici, i contribuenti possono integrare i redditi non risultanti dalle scritture contabili per migliorare il proprio profilo di affidabilità nonché per accedere al regime premiale. Queste ulteriori componenti positive rilevano ai fini delle imposte dirette e dell’IRAP e determinano un maggior volume di affari ai fini dell’IVA. Alle componenti positive aggiunte si applica l’aliquota media IVA risultante dal rapporto tra l’imposta relativa alle operazioni imponibili, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili, e il volume d’affari dichiarato.
Per tali integrazioni non sono dovuti sanzioni e interessi a condizione che il versamento venga effettuato entro i termini e con le modalità previsti per il versamento a saldo delle imposte sui redditi.
Per le società in c.d. “perdita sistemica” (dichiarazioni in perdita fiscale non determinata da compensi erogati ad amministratori e soci, per più di un periodo d’imposta, che non hanno deliberato e interamente liberato nello stesso periodo uno o più aumenti di capitale a titolo oneroso di importo almeno pari alle perdite fiscali stesse) non soggette agli Indici sintetici di affidabilità né a tutoraggio, l’Agenzia e la GdF realizzeranno annualmente piani di intervento coordinati sulla base di analisi di rischio sviluppate mediante l’utilizzo delle banche dati nonché di elementi e circostanze emersi nell’esercizio degli ordinari poteri istruttori e d’indagine.
Semplificazione degli adempimenti
Il D.Lgs. n. 1/2024, entrato in vigore il 13 gennaio 2024 ha introdotte alcune misure atte alla riorganizzazione degli ISA al fine di semplificare la compilazione dei modelli. Nell’ambito dell’attività di revisione periodica degli indici sintetici di affidabilità fiscale (art. 9-bis, c. 2-bis, D.L. n. 50/2017) occorre recepire le evoluzioni della classificazione ATECO.
L’Agenzia delle Entrate mette a disposizione dei contribuenti e dei loro intermediari, anche mediante l’utilizzo delle reti telematiche e delle nuove tecnologie, gli elementi e le informazioni riferibili allo stesso contribuente, acquisiti direttamente o pervenuti da terzi, per l’acquisizione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli indici. Gli specifici elementi e informazioni resi disponibili saranno definiti con decreto del Ministero dell’Economia, sentito il Garante per la protezione dei dati personali (art. 9-bis, c. 4-ter, D.L. n. 50/2017).
Inoltre, i provvedimenti di approvazione dei Modelli ISA dovranno definire i dati su cui si fondano le analisi funzionali alla revisione degli ISA eliminando le informazioni non indispensabili ai fini del calcolo, dell’elaborazione o dell’aggiornamento degli indici.
71.10.3. Regime premiale
71.10.3.Regime premialeIl contribuente, tramite l’applicazione degli ISA, può verificare, in fase dichiarativa, il proprio grado di affidabilità fiscale in base al posizionamento su una scala di valori da 1 a 10 (10 corrisponde al punteggio di massima affidabilità).
In relazione ai diversi livelli di affidabilità fiscale conseguenti all’applicazione degli ISA, determinati anche per effetto dell’indicazione di ulteriori componenti positivi, sono riconosciuti i seguenti benefici.
Livello di affidabilità | Benefici |
Punteggio almeno pari a 8 | Esonero dal visto di conformità per la compensazione dei crediti d’imposta per un importo non superiore a: - 70.000 euro annui, relativamente all’IVA; - 50.000 euro annui relativamente a IIDD e IRAP. Esonero dal visto di conformità sulla richiesta di compensazione del credito IVA infrannuale, per crediti di importo non superiore a 70.000 euro annui. |
Esonero dal visto di conformità, ovvero dalla prestazione della garanzia, sulla richiesta di rimborso del credito IVA, per crediti d’importo non superiore a 70.000 euro annui. Esonero dal visto di conformità, ovvero dalla prestazione della garanzia, sulla richiesta di rimborso del credito IVA infrannuale, per crediti di importo non superiore a 70.000 euro annui. Anticipazione di un anno dei termini di decadenza per l’attività di accertamento (artt. 43, c. 1, D.P.R. n. 600/1973 e 57, c. 1, D.P.R. n. 633/1972), con riferimento al reddito d’impresa e di lavoro autonomo. |
|
Punteggio almeno pari a 8,5 | Esclusione dagli accertamenti basati sulle presunzioni semplici (art. 39, c. 1, lett. d), secondo periodo, D.P.R. n. 600/1973 e art. 54, c. 2, secondo periodo, D.P.R. n. 633/1972). |
Punteggio almeno pari a 9 | Esclusione dall’applicazione della disciplina delle società non operative e dalla determinazione sintetica del reddito complessivo, laddove il reddito complessivo accertabile non ecceda di 2/3 quello dichiarato. |
Per i contribuenti con “bollino di affidabilità fiscale” ai quali sia stato attribuito un punteggio di affidabilità pari ad almeno nove negli ultimi tre periodi d’imposta precedenti a quello di proposizione del ricorso avverso l’avviso di accertamento è previsto che l’eventuale richiesta di sospensione dell’atto impugnato non sia subordinata alla prestazione di una garanzia (art. 47, c. 5, D.Lgs. n. 546/1992).
I contribuenti che conseguono, nel medesimo periodo di imposta, sia reddito di impresa sia reddito di lavoro autonomo, accedono ai benefici premiali di cui ai precedenti punti se:
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applicano, per entrambe le categorie reddituali, i relativi ISA, laddove previsti;
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il punteggio attribuito a seguito dell’applicazione di ognuno di tali ISA, anche sulla base di più periodi d’imposta, è pari o superiore a quello minimo individuato per l’accesso al beneficio stesso.
Conseguentemente, ne risultano esclusi i contribuenti che, per il periodo d’imposta interessato:
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non presentano il Modello ISA in presenza di una causa di esclusione;
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presentano il modello solo per fini statistici, oppure ai fini dell’acquisizione dei dati necessari all’elaborazione futura degli ISA (circ. 2 agosto 2019, n. 17/E).
Secondo i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate, nonostante il periodo emergenziale che ha caratterizzato il 2020, sono comunque esclusi dal regime premiale i soggetti per cui opera una delle nuove cause di esclusione introdotte dal D.M. 2 febbraio 2021, come modificato dal D.M. 30 aprile 2021 (circ. 4 giugno 2021, n. 6/E).
Individuazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli ISA per il periodo d’imposta 2023
L’Agenzia delle Entrate (Provv. 30 gennaio 2023) ha definito i dati economici, contabili e strutturali rilevanti per l’applicazione degli ISA in relazione al periodo di imposta 2023. Il provvedimento dispone:
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che i dati per il periodo di imposta 2023, siano: i) gli stessi individuati nei decreti di approvazione degli indici in vigore per il periodo d’imposta 2022; ii) quelli individuati, ai fini della revisione, all’interno dei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli ISA utilizzati per il periodo d’imposta 2021 (approvati con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate 31 gennaio 2022); iii) i dati presenti nell’Allegato 1 al Provvedimento;
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quali dati saranno utilizzati nella fase di elaborazione degli ISA e che, se significativi, saranno richiesti per la relativa applicazione a partire dal periodo di imposta 2023;
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il programma di revisione degli indici applicabili a partire dal periodo d’imposta 2023, da approvare con Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze;
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l’elenco delle attività economiche coinvolte;
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le modalità per l’acquisizione degli ulteriori dati necessari ai fini dell’applicazione degli ISA per il periodo di imposta 2022, sia massivamente, per operatori professionali, attraverso i servizi fiscali dell’Agenzia, che puntualmente, per ciascun contribuente, accedendo al proprio cassetto fiscale.
Compilazione del modello
Ai fini del raggiungimento di una premialità, la dichiarazione deve essere correttamente compilata. In caso di dati incompleti o inesatti, non può ritenersi legittimo il godimento del beneficio (circ. 9 settembre 2019, n. 20/E).
I benefici premiali sono disconosciuti se, a seguito del ricalcolo dell’ISA con i dati corretti, il punteggio ISA scende al di sotto delle soglie minime richieste per i singoli benefici. In questo caso, la perdita del beneficio, ad esempio, dell’esonero dal visto di conformità, comporterebbe l’applicazione della sanzione pari al 30% del credito indebitamente utilizzato in compensazione (art. 13, D.Lgs. n. 471/1997), oltre al recupero dell’ammontare dei crediti utilizzati.
Nei casi di omissione della comunicazione dei dati rilevanti ai fini della costruzione e dell’applicazione degli indici, o di comunicazione inesatta o incompleta dei medesimi dati, si applica (art. 9-bis, c. 16, D.L. n. 50/2017) la sanzione da 250 a 2.000 euro (art. 8, c. 1, D.Lgs. n. 471/1997).
Anomalie
L’Agenzia delle Entrate ha approvato diverse tipologie di anomalia nei dati dichiarati ai fini degli ISA per il triennio 2018 - 2020, al ricorrere delle quali viene recapitata nel Cassetto fiscale un’apposita comunicazione al contribuente (Provv. 24 giugno 2022, n. 237932).
A fronte della comunicazione ricevuta, il contribuente potrà fornire chiarimenti e precisazioni utilizzando il software reso disponibile dall’Agenzia. In caso di errori od omissioni a seguito dell’anomalia segnalata, sarà possibile la regolarizzazione presentando una dichiarazione integrativa, comprensiva della comunicazione dei dati rilevanti corretta, beneficiando del ravvedimento operoso per la riduzione delle sanzioni in ragione del tempo trascorso dalla commissione della violazione.
Sanzioni
Nei casi di omissione della comunicazione dei dati rilevanti ai fini della costruzione e dell’applicazione degli indici, o di comunicazione inesatta o incompleta dei medesimi dati (art. 9-bis, c. 16, D.L. 24 aprile 2017, n. 50) si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 250 a euro 2.000 (art. 8, c. 1, D.Lgs. n. 471/1997).
L’Agenzia delle Entrate, prima della contestazione della violazione, mette a disposizione del contribuente (art. 1, c. da 634 a 636, Legge n. 190/2014), le informazioni in proprio possesso, invitando lo stesso ad eseguire la comunicazione dei dati o a correggere spontaneamente gli errori commessi.
Del comportamento del contribuente si tiene conto nella graduazione della misura della sanzione. L’Agenzia delle Entrate può altresì procedere, previo contraddittorio, all’accertamento dei redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dell’imposta sul valore aggiunto. Le norme in tema di parametri cessano di avere effetto a decorrere dai periodi d’imposta in cui si applicano gli indici. Le norme riferite agli studi di settore si intendono riferite anche agli indici.
L’anno d’imposta 2016 avrebbe dovuto essere l’ultimo anno di applicazione per molti studi di settore. Tuttavia, per effetto delle modifiche introdotte dalla Legge di bilancio 2018 (art. 1, c. 931, Legge n. 205/2017), al fine di evitare la fase transitoria (art. 9-bis, c. 4 e 18, D.L. n. 50/2017) nella quale avrebbero continuato a trovare applicazione gli studi di settore e i parametri contabili, limitatamente alle attività per le quali non sono stati ancora approvati i nuovi indici, tale applicazione è stata differita al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018 (Mod. Redditi 2019).
Dichiarazione integrativa
Le dichiarazioni successive alla scadenza del termine ordinario di presentazione, che modifichino l’originario punteggio ISA, sono considerate:
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non rilevanti ai fini dei benefici premiali, se migliorano il punteggio precedentemente ottenuto;
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rilevanti ai fini della riduzione o della perdita dei benefici premiali, se riducono il punteggio precedentemente ottenuto dal contribuente (circ. 16 giugno 2020, n. 16/E).
Si ritiene non inclusa nella suddetta fattispecie la dichiarazione integrativa presentata entro 90 giorni dall’ordinario termine di presentazione della dichiarazione in quanto tale dichiarazione integrativa si sostituisce a quella originaria, rimuovendo eventuali infedeltà (Agenzia delle Entrate circ. 12 ottobre 2016, n. 42/E)
Violazioni penali
I benefici:
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esclusione della disciplina delle società non operative e delle società in perdita sistematica;
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esclusione degli accertamenti basati sulle presunzioni semplici;
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anticipazione di un anno dei termini di decadenza per l’attività di accertamento, con riferimento al reddito d’impresa e di lavoro autonomo;
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esclusione della determinazione sintetica del reddito complessivo.
non operano in caso di violazioni che comportino l’obbligo di denuncia penale per uno dei reati previsti dal D.Lgs. n. 74/2000 (art. 9-bis, c. 13, D.L. n. 50/2017).
Permangano in caso di denuncia per reati non disciplinati dal D.Lgs. n. 74/2000, ancorché di natura tributaria.
Concordato Preventivo Biennale
I contribuenti esercenti attività d'impresa, arti o professioni che applicano gli indici sintetici di affidabilità (art. 9-bis, D.L. n. 50/2017) possono accedere al concordato preventivo biennale.