73.1. Autotutela - 73.1.1. Principi generali - 73.1.2. Riforma dello Statuto del contribuente - 73.2. Interpello - 73.2.1. Principi generali - 73.2.2. Interpello ordinario e qualificatorio - 73.2.3. Interpello probatorio - 73.2.4. Interpello antiabuso - 73.2.5. Interpello disapplicativo - 73.2.6. Interpello sui nuovi investimenti - 73.2.7. Adempimento collaborativo - 73.2.8. Ruling internazionale
73.1. Autotutela
73.1.Autotutela73.1.1. Principi generali
73.1.1.Principi generaliL’autotutela è il potere dell’Amministrazione finanziaria di procedere al ritiro della pretesa
fiscale annullando (anche parzialmente) propri atti riconosciuti illegittimi o infondati
(art. 2-quater, D.L. n. 564/1994).
L’autotutela non sospende il termine per ricorrere. Pertanto, al fine di impedire la definitività dell’atto, è necessario proporre ricorso entro i termini di cadenza dello stesso, nonostante la domanda sia sotto esame da parte dell’Amministrazione.
Scopo dell’autotutela - è realizzare l’interesse pubblico e non di garantire al cittadino un ulteriore mezzo di difesa oltre a quelli assicurati dal sistema di tutela amministrativa; in nessun caso, quindi, essa, come ben ha precisato l’Amministrazione finanziaria, può essere confusa con la tutela.
Iniziativa
L’annullamento dell’atto illegittimo o infondato può avvenire su iniziativa:
-
dello stesso Ufficio che ha emanato l’atto o, in via sostitutiva, della Direzione Regionale delle Entrate da cui dipende l’Ufficio;
-
del contribuente (persona fisica, giuridica o Ente), con istanza non soggetta al rispetto di forme particolari.
Competenza degli Uffici
Il potere di esercizio dell’autotutela spetta all’Ufficio che ha emanato l’atto o che è competente per gli accertamenti (art. 1, D.M. 11 febbraio 1997, n. 37). In via sostitutiva è previsto che in caso di “grave inerzia” il potere è attribuito alla Direzione regionale o compartimentale da cui l’Ufficio dipende (autotutela mediata).
1) L’esercizio dell’autotutela da parte dell’Ufficio ha effetti processuali. In caso di sola riduzione dell’atto impugnato in corso di causa non si determina l’estinzione del processo per cessazione della materia del contendere. Il giudice, in tal caso, deve decidere sulla legittimità della pretesa residua (Cass., sent. 18 novembre 2022, n. 34014).
2) L’Agenzia delle Entrate può annullare in autotutela l’avviso di accertamento impugnato sostituendolo con un nuovo atto impositivo, anche nel caso in cui l’accertamento sia già stato annullato dal giudice provinciale che ha accolto il ricorso del contribuente. In tale caso, l’esercizio del potere di autotutela sostitutiva è legittimamente esercitato fino allo scadere del termine lungo per l’appello, determinante il passaggio in giudicato della sentenza sfavorevole all’Erario. Sempre fermo, ovviamente, il rispetto dei termini di decadenza dalla potestà accertativa (Cass., sent. 2 febbraio 2022, n. 3268).
3) Non è possibile, in sede di ricorso contro il diniego di autotutela, eccepire vizi dell’atto che avrebbero dovuto essere oggetto di tempestivo ricorso. Il giudice tributario, infatti, può censurare il diniego di autotutela di un atto ormai definitivo, ma solo quando il suo annullamento risponda ad esigenze di ordine generale, originarie o sopravvenute (Cass., sent. 26 settembre 2019 n. 24032).
Istanza del contribuente
È prevista la possibilità che il contribuente avanzi richieste di annullamento o rinuncia all’imposizione agli Uffici competenti (art. 5, D.M. 11 febbraio 1997, n. 37). Nel caso in cui la richiesta sia inviata ad Ufficio incompetente, questo è tenuto a trasmetterla all’Ufficio competente dandone avviso al contribuente.
Nel caso in cui l’importo dell’imposta, sanzioni e accessori oggetto di annullamento o rinuncia all’imposizione o dell’agevolazione superi 516.456,89 euro, è previsto il parere preventivo della Direzione Regionale o compartimentale da cui l’Ufficio dipende (art. 4, D.M. 11 febbraio 1997, n. 37). Il contribuente che nutre un interesse “qualificato” può chiedere di visionare il suddetto parere (Consiglio di Stato 21 ottobre 2008, n. 5144).
Oggetto
L’annullamento può riguardare:
-
gli atti caratterizzati da una pretesa impositiva;
-
gli atti destinati ad incidere negativamente sulla sfera giuridica del contribuente (comunicazione di irregolarità, avviso di accertamento, atto di contestazione, rigetto di istanza di rimborso, ecc.).
L’annullamento dell’atto travolge necessariamente tutti gli altri ad esso consequenziali e comporta l’obbligo di restituzione delle somme indebitamente riscosse (circ. 5 agosto 1998, n. 198).
Nel potere di annullamento o revoca deve intendersi compreso anche il potere di sospensione degli effetti dell’atto che appare illegittimo o infondato (art. 2-quater, c. 1-bis, D.L. n. 564/1994).
Dell’eventuale annullamento totale o parziale, è data comunicazione al contribuente, all’organo giurisdizionale davanti al quale sia eventualmente pendente il relativo contenzioso nonché - in caso di annullamento disposto in via sostitutiva (ad esempio, quando la direzione regionale annulla un atto di un ufficio sottordinato) - allo stesso ufficio che ha emanato l’atto.
Autotutela parziale
L’annullamento in autotutela può essere anche parziale ed esercitato in pendenza di un giudizio innanzi alle Corti
di Giustizia Tributaria. A fronte di una rideterminazione della pretesa erariale il
contribuente potrebbe non avere più interesse a proseguire il contenzioso oppure potrebbe
ritenere più vantaggiosa l’ipotesi di una definizione del giudizio.
Viene impugnato un avviso di accertamento contenente due rilievi: il primo palesemente infondato ed il secondo per il quale si ritiene corretta la pretesa impositiva.
Se il medesimo atto avesse contenuto solo il secondo rilievo il contribuente avrebbe magari evitato l’impugnazione dell’avviso di accertamento, avvenuta per contestare il primo rilievo.
Nel momento in cui quest’ultimo viene annullato in autotutela, il ricorrente si troverebbe nella situazione di dover continuare un contenzioso che non avrebbe instaurato se l’Ufficio avesse operato in modo corretto sin dall’inizio. Questa situazione comporta che il contribuente, in caso di rigetto del ricorso dovrebbe far fronte ad esborsi più elevati, non potendo più fruire dei benefici previsti da alcuni istituti (riduzione sanzioni, interessi ridotti, ecc.).
Nei casi di annullamento o revoca parziali dell’atto impositivo, il contribuente può avvalersi degli istituti di definizione agevolata delle sanzioni:
-
acquiescenza
(art. 15, D.Lgs. n. 218/1997);
-
definizione delle sanzioni (art. 16, D.Lgs. n. 472/1997);
alle medesime condizioni esistenti alla data di notifica dell’atto stesso e a condizione che rinunci al ricorso proposto.
In tal caso le spese del relativo procedimento restano a carico delle parti che le hanno sostenute.
Non è applicabile invece l’istituto della definizione delle sanzioni irrogate contestualmente al recupero del tributo (ex art. 17, c. 2, D.Lgs. n. 472/1997) che prevede il pagamento in misura ridotta delle sanzioni con la possibilità comunque di presentare ricorso, in quanto la rinuncia a quest’ultimo è condizione di applicabilità della nuova normativa.
Autotutela a processo pendente
L’autotutela può intervenire anche quando il processo tributario è già stato instaurato. In questo
caso occorre distinguere due ipotesi:
-
autotutela parziale. Il contenzioso, senza necessità di istanze particolari, prosegue per la “porzione” di provvedimento ancora in essere (Cass. 23 luglio 2007, n. 16252; Cass. 12 luglio 2006, n. 15825). Il contribuente, se rinuncia al ricorso, può fruire degli istituti che consentono la definizione della pretesa, con la consequenziale riduzione delle sanzioni;
-
autotutela totale. All’annullamento d’ufficio dell’intero atto impugnato, il processo si estingue per cessazione della materia del contendere (art. 46, D.Lgs. n. 546/1992). In tal caso, il giudice deve effettuare un giudizio virtuale sull’esito della controversia, e, a seconda delle ipotesi, condannare il soccombente al pagamento delle spese oppure disporne la compensazione (Cass. 15 ottobre 2007, n. 21530; Cass. 21 settembre 2010, n. 19947).
Qualora, l’autotutela totale fosse disposta dopo la notifica del ricorso ma prima della costituzione in giudizio, viene meno l’oggetto del processo. Non è pertanto necessaria la costituzione in giudizio. Quest’ultima, tuttavia, potrebbe essere effettuata al fine di ottenere la condanna alle spese processuali.
Sgravio
Il potere di autotutela può essere sollecitato anche nella fase di riscossione, mediante apposita domanda di sgravio nei confronti dell’ente che ha formato il ruolo. L’annullamento in autotutela della cartella di pagamento deve essere chiesto all’Agenzia delle Entrate-Riscossione ove il vizio concerna questioni non di merito ma proprie della cartella, come quello di notifica o di mancato rispetto dei termini di decadenza.
Responsabilità amministrativa
Con riguardo alle valutazioni di fatto operate dall’Amministrazione finanziaria ai fini dell’esercizio del potere di autotutela obbligatoria, la responsabilità di cui all’articolo 1, c. 1, della Legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni, è limitata alle ipotesi di dolo (art. 10 quater, Legge n. 212/2000).
Responsabilità processuale aggravata
Nel processo tributario si ritiene applicabile la responsabilità processuale aggravata, detta anche da lite temeraria o da danno processuale (art. 96 c.p.c.). Qualora la parte agisca con mala fede o colpa grave il giudice, su istanza
dell’altra parte, può condannarla, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni.
In determinate situazioni, gli estremi della responsabilità processuale aggravata
possono ritenersi integrati a causa del mancato esercizio del potere di autotutela.
Il giudice può, anche d’ufficio, condannare la parte soccombente ad una somma equitativamente
determinata in caso di colpa (anche non “grave”).
Responsabilità civile
Il mancato esercizio del potere di autotutela può rendere applicabile la responsabilità extracontrattuale (c.d. “illecito aquiliano” - art. 2043 c.c.). La giurisprudenza di legittimità ha sancito che l’illegittimità della pretesa non può comportare, di per sé, il sorgere del diritto al risarcimento, posto che occorre la violazione delle regole di imparzialità, buona fede e corretta amministrazione. Il comportamento doloso o colposo deve aver violato i suddetti principi, oltre che aver, naturalmente, cagionato la lesione del diritto del contribuente.
L’autotutela deve essere esercitata in tempi brevi, tali da non ledere la posizione giuridica soggettiva del contribuente, e spetta al giudice del merito verificare se il tempo impiegato dalla PA sia stato eccessivo o meno (Cass. 20 aprile 2012, n. 6283; Cass. 19 gennaio 2010, n. 698).
Autotutela sostitutiva
Costituisce esercizio del potere di autotutela sostitutiva il ritiro di un atto impositivo e l’emanazione di un nuovo avviso di accertamento con il quale vengono corretti vizi del primo.
L’istituto va distinto dal c.d. accertamento integrativo (art. 43, c. 3, D.P.R. n. 600/1973), basato sulla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi.
L’autotutela sostitutiva è ammessa per sanare vizi formali dell’atto (ad esempio, il difetto di sottoscrizione, l’omessa indicazione dell’aliquota o il vizio di notifica), mentre non è concessa nel caso in cui riguardi questioni di merito (ad esempio la determinazione dell’imponibile o l’identificazione dei soggetti passivi).
Condizioni di applicabilità dell’autotutela sostitutiva - Occorre:
-
la presenza di vizi formali nell’atto sostituito;
-
il rispetto dei termini decadenziali per l’accertamento;
-
il rispetto di quanto statuito dall’eventuale giudicato formatosi;
-
l’annullamento del precedente atto impositivo (Cass. n. 21719/2011).
Annullamento del provvedimento di annullamento in autotutela
L’Amministrazione finanziaria, sulla base del generale potere di autotutela, può annullare un precedente proprio provvedimento con il quale, a sua volta, era stato annullato un atto impositivo. In tal caso l’annullamento non può avere come effetto la reviviscenza del provvedimento originario, in quanto è sempre necessario che l’Ufficio emani un nuovo ed ulteriore atto, successivo all’annullamento di quello che in precedenza aveva fatto venir meno il provvedimento originario. Al nuovo provvedimento di annullamento in autotutela non può farsi conseguire l’ulteriore effetto di riviviscenza dell’originario atto impositivo il quale, travolto dal primo provvedimento, è stato definitivamente eliminato dall’ordinamento (Cass. 8 ottobre 2013, n. 22827).
Se l’Ufficio ha esercitato il potere di “autotutela sostitutiva” il processo relativo all’atto annullato si estingue, e il contribuente ha l’onere di impugnare il nuovo atto. Invece, ove l’annullamento fosse avvenuto dopo la notifica del ricorso ma prima della costituzione in giudizio, quest’ultimo adempimento può essere omesso, visto che non esisterebbe più l’oggetto del processo.
In assenza delle condizioni necessarie per l’emissione di un accertamento integrativo (art. 43, D.P.R. n. 600/1973 e art. 57, D.P.R. n. 633/1972) l’Amministrazione finanziaria è legittimata ad esercitare l’autotutela sostitutiva per modificare statuizioni favorevoli al contribuente risultate erronee, anche in caso di assenza di elementi sopravvenuti.
L’esercizio di tale potere è consentito a condizione che vi sia la pendenza dei termini decadenziali dell’accertamento e nel rispetto del giudicato eventualmente formatosi sull’atto viziato (Cass., ord. 3 dicembre 2019, n. 31476).
73.1.2. Riforma dello Statuto del contribuente
73.1.2.Riforma dello Statuto del contribuenteIl D.Lgs. n. 219/2023, in vigore dal 18 gennaio 2023, ha modificativo lo Statuto dei diritti del contribuente. La novella legislativa ha introdotto nell’art. 1, c. 1, un riferimento specifico alla rilevanza della c.d. interpretazione adeguatrice. Ciò consente alle disposizioni contenute nello Statuto di svolgere una funzione orientativa per l’interpretazione di tutte le norme tributarie, contribuendo al rafforzamento della certezza del diritto e alla coerenza di tali norme con i principi giuridici dell’ordinamento tributario italiano.
Esercizio del potere di autotutela obbligatoria
È stato introdotto (art. 10-quater, Legge n. 212/2000), un obbligo di autotutela da parte dell’Amministrazione finanziaria, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi, nei seguenti casi di manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione:
-
errore di persona;
-
errore di calcolo;
-
errore sull’individuazione del tributo;
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errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’Amministrazione finanziaria.
-
errore sul presupposto di imposta;
-
mancata considerazione di pagamenti di imposta regolarmente eseguiti;
-
mancanza di documentazione successivamente santa, non oltre i termini ove previsti a pena di decadenza.
Esclusione - L’obbligo di esercizio non sussiste in caso di sentenza passata in giudicato favorevole all’Amministrazione finanziaria, nonché decorso un anno dalla definitività dell’atto viziato per mancata impugnazione.
Esercizio del potere di autotutela facoltativa
Fuori dei casi in cui è prevista l’autotutela obbligatoria, l’Amministrazione finanziaria può comunque procedere all’annullamento, in tutto o in parte, di atti di imposizione, ovvero alla rinuncia all’imposizione, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi, in presenza di una illegittimità o dell’infondatezza dell’atto o dell’imposizione (art. 10-quinques, Legge n. 212/2000).
Diniego di autotutela
È impugnabile (art. 19, D.Lgs. n. 546/1992, alle lettere g-bis) e g-ter), rispettivamente, il rifiuto espresso o tacito sull’istanza di autotutela obbligatoria e il (solo) rifiuto espresso sull’istanza di autotutela facoltativa.
Il ricorso può essere proposto avverso:
g-bis) il rifiuto espresso o tacito sull’istanza di autotutela nei casi previsti dall’art. 10-quater della Legge 27 luglio 2000, n. 212;
g-ter) il rifiuto espresso sull’istanza di autotutela nei casi previsti dall’art. 10-quinquies della Legge 27 luglio 2000, n. 212.
Il ricorso contro il rifiuto tacito, potrà avvenire dopo il novantesimo giorno dalla relativa istanza a seguito della contestuale modifica all’art. 21 del D.Lgs. n. 546/1992.
73.2. Interpello
73.2.Interpello73.2.1. Principi generali
73.2.1.Principi generaliL’interpello rappresenta una procedura ad iniziativa del contribuente volta a conoscere preventivamente
la posizione dell’Amministrazione finanziaria rispetto all’applicazione di norme tributarie
ad un caso concreto e personale, sul quale sussistono obiettive condizioni di incertezza.
L’istituto è finalizzato a declinare in modo effettivo il principio di collaborazione tra Fisco e contribuente, allo scopo di rendere più chiaro il quadro normativo.
Effetti
La risposta vincola la stessa Amministrazione, seppure limitatamente al singolo caso prospettato ed esclusivamente nei riguardi del contribuente istante.
La risposta non vincola il contribuente, il quale resta libero di non uniformarsi all’interpretazione dell’Amministrazione, ferma restando ovviamente la potestà dell’Amministrazione stessa di esercitare l’azione di controllo ed accertamento.
Nell’ambito del controllo annuale riservato alle dichiarazioni in materia di imposte sui redditi ed IVA delle imprese di più rilevante dimensione, viene verificato il rispetto della soluzione interpretativa oggetto della risposta di interpello (art. 27, c. 12, D.L. n. 185/2008).
La risposta resa in sede di interpello non costituisce, in via di principio, atto impugnabile, in quanto, stante la natura di parere, al quale il contribuente può non adeguarsi, non è in alcun modo lesivo della posizione del soggetto che potrà impugnare, tempestivamente ed a tempo debito, gli eventuali atti (art. 19, D.Lgs. n. 546/1992) nei quali dovesse farsi applicazione delle disposizioni antielusive il cui esonero è stato negato (Consiglio di Stato, 26 gennaio 2009, n. 414; in senso conforme, circ. 14 giugno 2010, n. 32/E par. 8 e circ. 3 marzo 2009, n. 7/E).
Ufficio Competente
L’Agenzia delle Entrate ha fornito alcune indicazioni al fine di individuare i criteri per determinare l’ufficio competente in merito alle istanze di interpello e di consulenza giuridica (circ. 20 giugno 2022, n. 21/E):
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i soggetti di rilevanti dimensioni (volume d’affari o i ricavi/compensi contenuti nell’ultima dichiarazione presentata superiori a 100 milioni di euro) (art. 27, c. 10, D.L. n. 185/2008) indirizzano l’istanza alla Divisione contribuenti;
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i soggetti non di rilevanti dimensioni (volume d’affari e i ricavi/compensi contenuti nell’ultima dichiarazione presentata inferiori a 100 milioni di euro) indirizzano l’istanza alla Direzione regionale nell’ambito della quale hanno domicilio fiscale.
Condizione di ammissibilità dell’istanza di interpello
Per effetto delle novità introdotte dal D.Lgs. n. 220/2023, è stata introdotta, una condizione di ammissibilità dell’istanza di interpello (art. 10-nonies, c. 4, Legge n. 212/2000).
Le persone fisiche, anche non residenti, e società semplici, in nome collettivo, in accomandita semplice e alle società ad esse equiparate, che applicano il regime di contabilità semplificata, previamente alla presentazione dell’Istanza di interpello, dovranno accedere a una apposita banca dati contenetti le risposte a precedenti istanze di consulenza giuridica e interpello, oltre alle risoluzioni precedentemente offerte dall’Amministrazione finanziaria. La banca dati dovrebbe consentire l’individuazione della soluzione al quesito interpretativo o applicativo esposto dal contribuente. Quando la risposta al quesito non sia individuata univocamente, la banca dati dovrebbe informare il contribuente che può presentare istanza di interpello.
Tipologie di interpello
Sono a disposizione dei contribuenti quattro diverse tipologie di interpello (art. 11, Legge n. 212/2000):
-
ordinario (c. 1, lett. a, che ricomprende quello qualificatorio);
-
probatorio (c. 1, lett. b);
-
anti-abuso (c. 1, lett. c);
-
disapplicativo (c. 1, lett. d);
-
sui nuovi investimenti (c. 1, lett. e);
-
adempimento collaborativo (c. 1, lett. f).
73.2.2. Interpello ordinario e qualificatorio
73.2.2.Interpello ordinario e qualificatorioInterpello ordinario
Il contribuente può interpellare l’Amministrazione finanziaria per ottenere una risposta riguardante fattispecie concrete e personali relativamente a:
-
corretta interpretazione delle disposizioni, ovvero;
-
corretta qualificazione di fattispecie;
e contemporaneamente non siano comunque attivabili le procedure (introdotte dagli artt. 1 e 2, D.Lgs. n. 147/2015) relative a:
-
accordo preventivo per le imprese con attività internazionale;
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interpello sui nuovi investimenti.
Interpello qualificatorio
Il contribuente può interpellare l’Amministrazione finanziaria nel caso in cui le condizioni di obiettiva incertezza incidono sulla corretta qualificazione della fattispecie ai fini fiscali.
Oggetto della relativa istanza non sarà la norma, bensì la qualificazione del caso in questione.
L’Amministrazione potrà fornire una risposta che contiene una valutazione basata più sulle circostanze di fatto relative alla fattispecie piuttosto che sull’interpretazione delle norme invocate dal contribuente nel caso concreto.
Il Legislatore (art. 7, D.Lgs. n. 156/2015), ha previsto la possibilità di chiedere un parere:
-
sulla riconducibilità di una determinata spesa alla categoria delle spese di pubblicità o di rappresentanza;
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sulla sussistenza di una Stabile Organizzazione per l’esenzione degli utili e delle perdite delle Stabili Organizzazioni di imprese residenti (art. 168-ter, D.P.R. n. 917/1986).
Sono escluse dall’interpello qualificatorio (circ. 1° aprile 2016, n. 9/E) le ipotesi caratterizzate, alternativamente:
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da una spiccata ed ineliminabile rilevanza dei profili fattuali riscontrabili dalla stessa Amministrazione finanziaria ma solo in sede di accertamento: si tratta in sintesi di tutte quelle fattispecie nelle quali, più che rilevare l’aspetto qualificatorio, rilevano i meri accertamenti di fatto;
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dalla necessità di espletare attività istituzionalmente di competenza di altre Amministrazioni, enti o soggetti che presuppongono accertamenti di tipo tecnico e non di carattere fiscale.
Obbiettive condizioni di incertezza
Quando manca un’interpretazione ufficiale dell’Amministrazione, le condizioni di obiettiva incertezza ricorrono in presenza di previsioni normative equivoche, tali da ammettere interpretazioni diverse e da non consentire in un determinato momento, l’individuazione certa di un significato della norma.
Non ricorrono condizioni di obiettiva incertezza nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria abbia fornito, mediante documenti di prassi o risoluzioni, la soluzione per fattispecie corrispondenti a quella rappresentata dal contribuente. (art. 11, c. 4, Legge n. 212/2000).
In presenza di leggi di recente emanazione rispetto alle quali non si è formato un orientamento interpretativo definito, ovvero coesistano orientamenti contraddittori. La previsione va estesa ovviamente anche alle disposizioni normative di non recente emanazione, qualora ricorrano i medesimi presupposti (circ. n. 50/2001).
Istanza di interpello
L’istanza deve essere redatta in forma scritta e deve contenere (art. 3, c. 1, D.Lgs. n. 156/2015):
-
dati identificativi dell’istante ed eventualmente del suo legale rappresentante, compreso il codice fiscale;
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indicazione del tipo di istanza di interpello che si propone;
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circostanziata e specifica descrizione della fattispecie;
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specifiche disposizioni di cui si richiede l’interpretazione, l’applicazione o la disapplicazione;
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esposizione, in modo chiaro ed univoco, della soluzione proposta;
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indicazione del domicilio e dei recapiti anche telematici dell’istante o dell’eventuale domiciliatario presso il quale devono essere effettuate le comunicazioni dell’amministrazione e deve essere comunicata la risposta;
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sottoscrizione dell’istante o del suo legale rappresentante ovvero del procuratore generale o speciale. In questo ultimo caso, se la procura non è contenuta in calce o a margine dell’atto, essa deve essere allegata allo stesso.
La presentazione dell’istanza di interpello è in ogni caso subordinata al versamento di un contributo, destinato a finanziare iniziative per implementare la formazione del personale delle agenzie fiscali, la cui misura e le cui modalità di corresponsione sono individuate con Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze in funzione della tipologia di contribuente, del suo volume di affari o di ricavi e della particolare rilevanza e complessità della questione oggetto di istanza.
All’istanza di interpello deve essere allegata la copia della documentazione non in possesso dell’Amministrazione procedente o di altre Amministrazioni pubbliche indicate dall’istante, rilevante ai fini della risposta. Nei casi in cui la risposta presupponga accertamenti di natura tecnica, non di competenza dell’Amministrazione procedente, alle istanze devono essere allegati anche i pareri resi dall’ufficio competente (art. 3, c. 2, D.Lgs. n. 156/2015).
Nel caso in cui le istanze fossero carenti dei requisiti necessari, l’Amministrazione invita il contribuente alla loro regolarizzazione entro il termine di 30 giorni. I termini per la risposta all’interpello iniziano in tal caso a decorrere dal giorno in cui la regolarizzazione viene effettuata (art. 3, c. 3, D.Lgs. n. 156/2015).
Modalità di presentazione
La presentazione dell’istanza può avvenire:
-
consegna diretta a mano;
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spedizione a mezzo plico raccomandato con avviso di ricevimento;
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presentazione per via telematica attraverso l’impiego della posta elettronica certificata, ovvero attraverso l’utilizzo di servizio telematico (art. 64, D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82).
Termine di presentazione
L’istanza deve essere presentata:
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prima di porre in essere il comportamento o di dare attuazione alla norma oggetto di interpello, avendo quest’ultimo una funzione preventiva;
-
prima della scadenza dei termini previsti dalla legge per la presentazione della dichiarazione o per l’assolvimento di altri obblighi tributari aventi ad oggetto o comunque connessi alla fattispecie cui si riferisce l’istanza medesima senza che, a tali fini, assumano valenza i termini concessi all’amministrazione per rendere la propria risposta (art. 2, c. 2, D.Lgs. n. 156/2015).
Organo destinatario
L’organo competente è determinato in base alla tipologia di tributo e della richiesta come schematizzato nella tabella che segue.
Organo destinatario | Tributo |
Direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate competente in relazione al domicilio fiscale del contribuente | - Imposte sui redditi; - imposta sul valore aggiunto; - IRAP; - imposta di registro; - imposta sulle successioni e donazioni; - imposta di bollo; - tasse sulle concessioni governative; - imposta sugli intrattenimenti; - altri tributi minori; - imposta ipotecaria; - imposta catastale; - tributi speciali catastali. |
Direzione Regionale nel cui ambito opera l’ufficio competente ad applicare la norma tributaria oggetto di interpello (Provv. 4 gennaio 2016, n. 27) | - Imposta ipotecaria dovuta in relazione agli atti diversi da quelli di natura traslativa; - tasse ipotecarie e i tributi speciali catastali; - istanze di interpello ordinario aventi ad oggetto disposizioni o fattispecie di natura catastale. |
Direzione Interregionale, Regionale o Interprovinciale territorialmente competente per la soluzione del caso particolare | Tributi di competenza dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli-Area Dogane, diversi dalle risorse proprie tradizionali dell’Unione europea, per le quali l’istituto resta disciplinato dalle norme unionali. |
Uffici dei monopoli territorialmente competenti per la soluzione del caso particolare (Agenzia delle Dogane e dei Monopoli - Determinazione Direttoriale prot. n. 10539/R.U. del 28 gennaio 2016) | Tributi di competenza dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli-Area Monopoli. |
In caso di presentazione dell’istanza ad ufficio incompetente ovvero ad un indirizzo di posta elettronica certificata o ordinaria diverso da quello corrispondente all’ufficio competente, essa deve essere trasmessa tempestivamente all’ufficio competente o all’indirizzo di posta elettronica corretto. In tal caso, il termine per la risposta dell’Amministrazione inizia a decorrere dalla data di ricezione dell’istanza da parte dell’ufficio competente o dalla consegna dell’istanza all’indirizzo di posta elettronica corretto. Della data di ricezione dell’istanza da parte dell’ufficio competente è data notizia al contribuente (Provv. 4 gennaio 2016, n. 27). |
È stata definita la ripartizione delle competenze tra Divisione Contribuenti e Direzione Centrale Coordinamento Normativo in ordine alle istanze di interpello e di consulenza giuridica (Provv. 1° marzo 2018).
La Direzione Centrale Coordinamento Normativo (già Direzione Centrale Normativa) è competente per:
-
gli interpelli di maggiore rilevanza, relativi a norme di recente introduzione. Per tali si intendono quelle entrate in vigore da non oltre 12 mesi rispetto al momento di presentazione dell’istanza, comprese quelle modificative di istituti già esistenti;
-
le istanze di consulenza giuridica aventi ad oggetto disposizioni normative entrate in vigore da non oltre 12 mesi rispetto al momento di presentazione dell’istanza presentate dagli uffici dell’Amministrazione finanziaria, ivi inclusa la Guardia di Finanza, e dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione e presentate da Associazioni sindacali e di categoria, Ordini professionali, Amministrazioni dello Stato, enti pubblici, enti pubblici territoriali e assimilati, nonché da altri enti istituzionali operanti con finalità di interesse pubblico.
Resta ferma la competenza delle Direzioni Regionali per la ricezione e trattazione delle istanze di consulenza giuridica e la competenza generale della Divisione contribuenti per tutte le istanze di interpello e di consulenza giuridica diverse da quelle espressamente assegnate alla DCCN.
Le strutture centrali dell’Agenzia delle Entrate provvedono (a partire dal mese di settembre 2018) a dare pubblicità alle risposte alle istanze d’interpello ammissibili (Legge n. 212/2000) ed alle istanze di consulenza giuridica esterna (circ. 5 agosto 2011, n. 42/E), in forma anonima, mediante pubblicazione in una sezione dedicata del sito dell’Amministrazione finanziaria. Qualora le risposte contengano chiarimenti interpretativi del tutto nuovi, modifichino l’orientamento adottato in precedenti documenti di prassi amministrativa, garantiscano maggiore uniformità̀ di comportamento o ricorrano le altre condizioni di cui all’art. 11, c. 6, Legge n. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente), la pubblicazione continuerà ad avvenire sotto forma di circolare o di risoluzione (Provv. 7 agosto 2018).
Inammissibilità dell’istanza
L’istanza è considerata inammissibile (art. 5, D.Lgs. n. 156/2015) qualora:
-
manchino i dati identificativi dell’istante (o del suo legale rappresentante) o la circostanziata e specifica descrizione della fattispecie;
-
non sia presentata preventivamente rispetto alla scadenza dei termini previsti dalla legge per la presentazione della dichiarazione o per l’assolvimento di altri obblighi tributari aventi ad oggetto o comunque connessi alla fattispecie cui si riferisce l’istanza medesima;
-
non ricorrano le obiettive condizioni di incertezza;
-
abbia ad oggetto la medesima questione sulla quale il contribuente ha già ottenuto un parere, salvo che vengano indicati elementi di fatto o di diritto non rappresentati precedentemente;
-
verta su materie oggetto degli accordi preventivi per le imprese con attività internazionale o riguardanti l’interpello preventivo indirizzato alle società che effettuano nuovi investimenti (D.Lgs. n. 147/2015), ovvero riguardanti la procedura abbreviata di interpello preventivo sulla certezza del diritto (D.Lgs. n. 218/2016);
-
verta su questioni per le quali siano state già avviate attività di controllo alla data di presentazione dell’istanza di cui il contribuente sia formalmente a conoscenza. In tal caso è stato precisato (circ. 1° aprile 2016, n. 9/E) che l’inammissibilità, visto che la norma fa riferimento non all’istante ma alle questioni oggetto dell’istanza, ricorre non solo per le attività riferite direttamente al contribuente (quindi anche a terzi), purché l’istante ne sia formalmente a conoscenza e opera anche nel caso in cui oggetto di accertamento non siano direttamente i comportamenti oggetto dell’istanza ma altri, riferiti a precedenti periodi di imposta, comunque strettamente correlati alla richiesta di interpello, perché, tra l’altro, perfettamente sovrapponibili;
-
il contribuente, invitato a integrare i dati che si assumono carenti (art. 3, c. 3, D.Lgs. n. 156/2015), non provvede alla regolarizzazione nei termini previsti (30 giorni).
Termini di risposta dell’Amministrazione finanziaria
L’Amministrazione finanziaria ferma la facoltà di chiedere documentazione integrativa (art. 4, D.Lgs. n. 156/2015), risponde alle istanze di interpello nel termine di 90 giorni.
Il termine è sospeso:
-
nel periodo di sospensione feriale tra il 1° e il 31 agosto;
-
ogni volta in cui è obbligatorio chiedere un parere preventivo ad altra Amministrazione. Se il parere non è reso entro 60 giorni dalla richiesta, l’Amministrazione risponde comunque all’istanza di interpello.
Se il termine per la risposta cade il sabato ovvero in un giorno festivo, verrà prorogato al primo giorno successivo non festivo.
La risposta, scritta e motivata, vincola ogni organo della Amministrazione finanziaria con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell’istanza e limitatamente al richiedente.
Quando la risposta non è comunicata al contribuente entro il termine previsto, il silenzio equivale a condivisione della soluzione prospettata dal contribuente da parte dell’amministrazione.
Gli atti, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio difformi dalla risposta, espressa o tacita, sono nulli.
Gli effetti della risposta alla istanza di interpello si estendono ai comportamenti successivi del contribuente riconducibili alla fattispecie già oggetto di interpello, salvo rettifica della soluzione interpretativa da parte dell’amministrazione con valenza esclusivamente per gli eventuali comportamenti futuri dell’istante (art. 11, c. 5, Legge n. 212/2000).
La presentazione della istanza di interpello non incide sulle scadenze previste dalle norme tributarie né sulla decorrenza dei termini di decadenza e non comporta interruzione o sospensione dei termini di prescrizione (art. 11, c. 6, Legge n. 212/2000).
La risposta alla istanza di interpello non è impugnabile (art. 11, c. 7, Legge n. 212/2000).
73.2.3. Interpello probatorio
73.2.3.Interpello probatorioIl contribuente può presentare istanza richiedendo un parere in relazione alla sussistenza delle condizioni ed alla valutazione dell’idoneità degli elementi probatori richiesti per l’accesso a specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti dalla legge (art. 11, c. 1, lett. b), Legge n. 212/2000).
La tempistica della risposta dell’Amministrazione, si differenzia rispetto all’interpello ordinario. L’Amministrazione finanziaria ha, infatti, 120 giorni di tempo per rispondere, anziché 90.
Tipologie
Sono previste diverse tipologie di interpello probatorio:
-
sulle operazioni con imprese di Paesi cd. “black list”;
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c.d. “Controlled Foreign Companies”;
-
degli enti creditizi sulle partecipazioni acquisite nel corso di operazioni di ristrutturazione;
-
per continuare il consolidato in caso di operazioni di riorganizzazione;
-
per l’accesso al consolidato mondiale;
-
per le società considerate non operative;
-
per il beneficio ACE.
Soggetti interessati
I contribuenti, residenti e non residenti, sostituti di imposta, consulenti incaricati degli adempimenti fiscali possono presentare istanza a:
-
Direzione regionale delle entrate competente per territorio per i contribuenti con un volume di affari inferiore ai 100 milioni di euro;
-
Direzione Centrale Normativa dell’Agenzia delle Entrate per i contribuenti di più rilevante dimensione (ossia quelli con volume d’affari o ricavi non inferiori a 100 milioni di euro).
Termini di presentazione della domanda
La presentazione dell’istanza deve essere effettuata:
-
entro i termini ordinari per la presentazione della dichiarazione;
-
entro i termini per l’assolvimento di altri obblighi tributari correlati al caso prospettato nell’istanza.
L’eventuale richiesta di integrazione dell’istanza da parte dell’ufficio competente deve essere presentata entro 30 giorni dalla presentazione dell’istanza.
La regolarizzazione dell’istanza da parte del contribuente deve avvenire entro i successivi 30 giorni dalla ricezione della richiesta dell’ufficio competente.
L’eventuale integrazione documentale deve avvenire entro 1 anno dalla richiesta dell’ufficio.
Termini di risposta dell’Amministrazione finanziaria (73.2.2.)
Procedure
Il contribuente deve presentare l’istanza in carta libera, contenente:
-
i dati identificativi dell’istante ed eventualmente del suo legale rappresentante;
-
l’indicazione del tipo di istanza (vale a dire “interpello probatorio ex art. 11, c. 1, lett. b), Legge n. 212/2000”);
-
la circostanziata e specifica descrizione della fattispecie;
-
l’indicazione della norma di riferimento del regime del quale si chiede l’applicazione;
-
l’indicazione degli elementi probatori richiesti;
-
l’indicazione del domicilio e dei recapiti, anche telematici, dell’istante o dell’eventuale domiciliatario presso il quale devono essere effettuate le comunicazioni dell’amministrazione e comunicata la risposta;
-
la sottoscrizione dell’istante o del suo legale rappresentante ovvero del procuratore generale o speciale.
L’istanza deve essere presentata alla Direzione regionale delle Entrate competente per territorio mediante:
-
consegna a mano;
-
spedizione a mezzo plico raccomandato con avviso di ricevimento;
-
posta elettronica certificata o accesso tramite il servizio telematico dell’Agenzia (ancora da attivare);
-
posta elettronica ordinaria, solo per i soggetti non residenti nel territorio dello Stato che non si avvalgono di un domiciliatario nel territorio dello Stato, all’indirizzo dc.norm.interpello@agenziaentrate.it.
Avverso la risposta negativa dell’Agenzia, non è ammesso ricorso.
Il contribuente può rinunciare all’interpello se, in pendenza dei termini di istruttoria dell’interpello, presenta, con le modalità
consentite, la rinuncia espressa all’interpello.
Ipotesi legislativamente previste
Società di comodo - Istanze presentate dalle società che presentano i requisiti per essere considerate “non operative”. Il contribuente che non ha presentato interpello ovvero, avendolo presentato, non ha ricevuto risposta positiva, deve dare indicazione in dichiarazione dei redditi dell’esistenza delle condizioni esimenti (art. 30, c. 4-quater, Legge n. 724/1994).
Permanenza nel regime del consolidato nazionale - Istanze presentate in occasione dell’effettuazione di operazioni di riorganizzazione generalmente interruttive del medesimo (ad esempio fusione con enti non appartenenti al consolidato), al fine di verificare che anche dopo le stesse sussistono ancora i requisiti ai fini dell’accesso al regime (art. 117, D.P.R. n. 917/1986). La società o l’ente controllante che intende continuare ad avvalersi della tassazione di gruppo ma non ha presentato la relativa istanza di interpello probatorio per i casi suindicati ovvero, avendola presentata, non ha ricevuto risposta positiva, deve segnalare tale circostanza nella dichiarazione dei redditi (art. 124, c. 5-bis, D.P.R. n. 917/1986).
Accesso al regime del consolidato mondiale - Istanze presentate per verificare la sussistenza dei requisiti per il legittimo esercizio dell’opzione (artt. 130 ss. D.P.R. n. 917/1986). Anche in tal caso chi intende accedere a tale regime ma non ha presentato l’istanza di interpello ovvero, avendola presentata, non ha ricevuto risposta positiva, deve segnalare detta circostanza nella dichiarazione dei redditi (art. 132, c. 5, D.P.R. n. 917/1986).
Applicazione del regime delle imprese estere controllate - Istanze presentate per dimostrare l’esistenza delle condizioni previste per le CFC (art. 167, D.P.R. n. 917/1986). In caso di mancata presentazione dell’interpello ovvero di ricezione di una risposta negativa allo stesso, la mancata segnalazione in dichiarazione dei redditi di partecipazioni in società residenti in Stati con regime fiscale privilegiato comporta l’applicazione di una sanzione.
Applicazione del regime di aiuto alla crescita economica - Istanze presentate per dimostrare che le operazioni effettuate non comportano duplicazioni del beneficio concesso. Il contribuente che intende fruire del beneficio ma non ha presentato l’istanza di interpello prevista ovvero, avendola presentata, non ha ricevuto risposta positiva, deve separatamente indicare nella dichiarazione dei redditi gli elementi conoscitivi indicati con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate (art. 1, c. 8, D.L. n. 201/2011).
Partecipazioni acquisite per il recupero di crediti bancari - Istanze presentate dagli enti creditizi per verificare la sussistenza delle condizioni per la non applicazione del regime di esenzione delle plusvalenze (art. 87, D.P.R. n. 917/1986) alle partecipazioni acquisite nell’ambito di interventi finalizzati al recupero di crediti o derivanti dalla conversione in azioni di nuova emissione dei crediti verso imprese in temporanea difficoltà finanziaria, nel rispetto delle diposizioni in materia di vigilanza bancaria. Da evidenziare che l’ente creditizio che non intende applicare il regime di esenzione delle plusvalenze ma non ha presentato l’istanza di interpello suindicata, ovvero, avendola presentata, non ha ricevuto risposta positiva, deve segnalare nella dichiarazione dei redditi gli elementi conoscitivi essenziali da individuare con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate (art. 113, c. 6, D.P.R. n. 917/1986).
Sanzioni
L’omessa segnalazione, in dichiarazione, della mancata presentazione o della risposta negativa all’istanza di interpello è punita con la sanzione amministrativa da 2.000 a 21.000 euro (art. 8, c. 3-quinquies, D.Lgs. 471/1997).
Unica eccezione è quella relativa alla CFC: in caso di omissione del suindicato obbligo di segnalazione in dichiarazione, si applica una sanzione pari al 10% del reddito della partecipata, con un minimo di 1.000 euro ed un massimo di 50.000 euro (art. 8, c. 3-ter e 3-quater, D.Lgs. n. 471/1997).
73.2.4. Interpello antiabuso
73.2.4.Interpello antiabusoIl contribuente può presentare (art. 11, c. 1, lett. c), Legge n. 212/2000) istanza richiedendo all’Amministrazione se determinate operazioni che intende realizzare
configurino o meno un’ipotesi di abuso del diritto (art. 10-bis, Legge n. 212/2000).
Soggetti interessati
I contribuenti, residenti e non residenti, sostituti di imposta, consulenti incaricati degli adempimenti fiscali possono presentare istanza a:
-
Direzione regionale delle entrate competente per territorio per i contribuenti con un volume di affari inferiore ai 100 milioni di euro (dal 1° gennaio 2018);
-
Direzione Centrale Normativa dell’Agenzia delle Entrate:
-
fino al 31 dicembre 2017 per tutti,
-
dal 1° gennaio 2018 solo per i contribuenti di più rilevante dimensione, ossia quelli con volume d’affari o ricavi non inferiori a 100 milioni di euro.
-
Termini di presentazione della domanda
La presentazione dell’istanza deve essere effettuata:
-
entro i termini ordinari per la presentazione della dichiarazione;
-
entro i termini per l’assolvimento di altri obblighi tributari correlati al caso prospettato nell’istanza.
La richiesta di integrazione dell’istanza da parte dell’ufficio competente va presentata entro 30 giorni dalla presentazione dell’istanza.
La regolarizzazione dell’istanza da parte del contribuente deve avvenire entro 30 giorni della ricezione della richiesta dell’ufficio competente.
L’eventuale integrazione documentale deve avvenire entro 1 anno dalla richiesta dell’ufficio.
Termini di risposta dell’Amministrazione finanziaria (73.2.2.)
Procedura (73.2.3.)
73.2.5. Interpello disapplicativo
73.2.5.Interpello disapplicativoIl contribuente può presentare interpello per la disapplicazione di norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta o altre posizioni soggettive del soggetto passivo altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario, fornendo la dimostrazione che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non possono verificarsi (art. 11, c. 1, lett. d), Legge n. 212/2000).
Differenza nella disciplina rispetto agli alti interpelli
Questo tipo di interpello, si differenzia dalle altre tipologie in quanto è l’unico interpello obbligatorio. Il contribuente per disapplicare una determinata norma tributaria finalizzata ad evitare l’elusione fiscale deve inoltrare una richiesta all’Amministrazione.
Il termine per la risposta all’interpello disapplicativo è di 90 giorni.
Nei casi in cui non sia stata resa risposta favorevole dall’Amministrazione, il contribuente ha comunque la possibilità di dimostrare che nella particolare fattispecie gli effetti elusivi non possono verificarsi anche nelle successive fasi dell’accertamento, sia in sede amministrativa che contenziosa.
Soggetti interessati
I contribuenti, residenti e non residenti, sostituti di imposta, consulenti incaricati degli adempimenti fiscali possono presentare istanza a:
-
Direzione Regionale delle Entrate competente per territorio per i contribuenti con un volume di affari inferiore ai 100 milioni di euro;
-
Direzione Centrale Normativa dell’Agenzia delle Entrate per i contribuenti di più rilevante dimensione (ossia quelli con volume d’affari o ricavi non inferiori a 100 milioni di euro).
Termini di presentazione della domanda
La presentazione dell’istanza deve essere effettuata:
-
entro i termini ordinari per la presentazione della dichiarazione;
-
entro i termini per l’assolvimento di altri obblighi tributari correlati al caso prospettato nell’istanza.
La richiesta di integrazione dell’istanza da parte dell’Ufficio competente va presentata entro 30 giorni dalla presentazione dell’istanza.
La regolarizzazione dell’istanza da parte del contribuente deve avvenire entro 30 giorni della ricezione della richiesta dell’Ufficio competente.
L’eventuale integrazione documentale deve avvenire entro 1 anno dalla richiesta dell’Ufficio.
Termini di risposta dell’Amministrazione finanziaria (73.2.2.)
Procedura (73.2.3.)
Sanzioni
In caso di mancata presentazione dell’istanza, disapplicazione delle norme aventi ad oggetto deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta o altre posizioni soggettive del soggetto passivo ma riconoscimento della disapplicazione da parte dell’Amministrazione finanziaria si applica la sanzione da 2.000 a 21.000 euro.
In caso di mancata presentazione dell’istanza, disapplicazione delle norme aventi ad oggetto deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta o altre posizioni soggettive del soggetto passivo e disconoscimento della disapplicazione da parte dell’Amministrazione finanziaria la sanzione è raddoppiata: da 4.000 a 42.000 euro.
73.2.6. Interpello sui nuovi investimenti
73.2.6.Interpello sui nuovi investimentiÈ previsto (art. 2, D.Lgs. n. 147/2015) un particolare interpello esperibile dalle imprese, sia nazionali che estere, che:
-
intendono effettuare investimenti nel territorio dello Stato di ammontare non inferiore a 15 milioni di euro (somma complessiva che può dunque riguardare anche più anni). Fino al 31 dicembre 2022 tale limite era 20 milioni di euro;
-
abbiano ricadute occupazionali significative, in relazione all’attività in cui avviene l’investimento, nonché durature.
Tali imprese possono presentare all’Agenzia delle Entrate un’istanza di interpello in merito a:
-
trattamento fiscale del loro piano di investimento;
-
trattamento fiscale delle eventuali operazioni straordinarie che si ipotizzano per la realizzazione di tale piano;
-
valutazione circa l’esistenza o meno di un’azienda;
-
valutazione preventiva circa l’eventuale assenza di abuso del diritto fiscale o di elusione;
-
sussistenza delle condizioni per la disapplicazione di disposizioni antielusive e l’accesso ad eventuali regimi o istituti previsti dall’ordinamento tributario.
Con riferimento ai tributi non di competenza dell’Agenzia delle Entrate, quest’ultima provvede ad inoltrare la richiesta dell’investitore agli enti di competenza che rendono autonomamente la risposta.
Investimento
L’investimento può coinvolgere (D.M. 29 aprile 2016):
-
la realizzazione di nuove attività economiche o l’ampliamento di attività economiche preesistenti;
-
la diversificazione della produzione di un’unità produttiva esistente;
-
la ristrutturazione di un’attività economica esistente al fine di consentire all’impresa il superamento o la prevenzione di una situazione di crisi;
-
le operazioni aventi ad oggetto le partecipazioni in un’impresa.
Per determinare il valore dell’investimento si devono considerare tutte le risorse finanziarie, anche di terzi, necessarie all’impresa per l’attuazione del piano di investimento. Se l’investimento è realizzato da gruppi di società o raggruppamenti di imprese, si fa riferimento al valore complessivo dell’investimento unitario (risultante dalla somma del valore dei singoli investimenti di tutti i soggetti partecipanti all’iniziativa).
Soggetti interessati
Possono presentare interpello sui nuovi investimenti:
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le imprese italiane ed estere, sia individuali sia collettive, nonché i trust indipendentemente dalla circostanza che abbiano o meno una Stabile Organizzazione nel territorio dello Stato;
-
i soggetti non esercenti attività commerciale, a condizione che: gli investimenti siano volti a creare una nuova attività imprenditoriale o partecipare al patrimonio di un’impresa; vi siano impatti occupazionali.
Sono uffici preposti a trattare gli interpelli:
-
la Direzione centrale normativa dell’Agenzia, Ufficio interpelli;
-
la Direzione centrale accertamento solo nel caso di soggetti che accedono al regime dell’adempimento collaborativo, e a condizione che non si tratti di investimenti realizzati da più soggetti (gruppi di società o raggruppamenti di imprese).
Sono uffici preposti a verificare la correttezza delle risposte rese:
-
la Direzione provinciale nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del contribuente;
-
l’Ufficio grandi contribuenti o Ufficio controlli fiscali della Direzione regionale, in caso di contribuenti con volume d’affari, ricavi o compensi non inferiori a 100 milioni di euro;
-
la Direzione provinciale o Ufficio grandi contribuenti o Ufficio controlli fiscali della Direzione regionale nella cui circoscrizione si trova il domicilio fiscale dell’impresa che effettua l’investimento o il cui patrimonio è oggetto dell’investimento, in caso di soggetto non residente privo di Stabile Organizzazione;
-
la Direzione centrale accertamento - Ufficio cooperative compliance, in caso di contribuente che abbia avuto accesso al regime dell’adempimento collaborativo
.
Termini di presentazione della domanda
La domanda deve essere presentata:
-
prima dell’avvio del piano di investimento;
-
in fase attuativa dello stesso.
La richiesta di integrazione dell’istanza da parte dell’ufficio competente deve avvenire entro 30 giorni dalla presentazione dell’istanza.
La regolarizzazione dell’istanza da parte del contribuente deve avvenire entro 30 giorni della ricezione della richiesta dell’ufficio competente.
L’eventuale integrazione documentale deve avvenire entro 1 anno dalla richiesta dell’ufficio.
Termini di risposta dell’Amministrazione finanziaria (73.2.2.)
Procedura (73.2.3.)
73.2.7. Adempimento collaborativo
73.2.7.Adempimento collaborativoÈ stato introdotto un regime di adempimento collaborativo al fine di promuovere forme di comunicazione e di cooperazione tra l’Amministrazione finanziaria e contribuenti dotati di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio,
inteso quale rischio di operare in violazione di norme di natura tributaria ovvero
in contrasto con i principi o con le finalità dell’ordinamento tributario (D.Lgs. n. 128/2015).
Condizioni per l’accesso
Per effetto delle novità introdotte dal D.Lgs. n. 221/2023, in vigore dal 18 gennaio 2023, sono stati modificati i requisiti per l’accesso al regime, riservato:
-
ai contribuenti che conseguono un volume di affari o di ricavi non inferiore a:
-
750 milioni di euro a decorrere dal 2024;
-
500 milioni di euro a decorrere dal 2026;
-
100 milioni di euro a decorrere dal 2028 (art. 7, c. 1-bis, D.Lgs. n. 128/2015);
-
contribuenti che appartengono al medesimo consolidato fiscale nazionale (art. 117 TUIR), a condizione che:
-
almeno un soggetto aderente al consolidato possieda i requisiti dimensionali sopra richiamati;
-
il gruppo adotti un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, certificato da un professionista indipendente (artt. 4, c. 1-bis e 7, c. 1-quater, D.Lgs. n. 128/2015).
-
Requisiti richiesti
Sistema di controllo dei rischi fiscali - I contribuenti che aderiscono al regime di adempimento collaborativo devono essere dotati di un “efficace sistema integrato di rilevazione, misurazione, gestione e controllo dei rischi fiscali anche in ordine alla mappatura di quelli derivanti dai principi contabili applicati dal contribuente, inserito nel contesto del sistema di governo aziendale e di controllo interno” (Tax Control Framework o TCF), in grado di assicurare (art. 4, D.Lgs. n. 128/2015):
-
una chiara attribuzione di ruoli e responsabilità ai diversi settori dell’organizzazione dei contribuenti in relazione ai rischi fiscali;
-
efficaci procedure di rilevazione, misurazione, gestione e controllo dei rischi fiscali il cui rispetto sia garantito a tutti i livelli aziendali;
-
efficaci procedure per rimediare ad eventuali carenze riscontrate nel suo funzionamento e attivare le necessarie azioni correttive;
-
una mappatura dei rischi fiscali relativi ai processi aziendali.
Il sistema deve prevedere, con cadenza almeno annuale, l’invio di una relazione agli organi di gestione per l’esame e le valutazioni conseguenti.
Certificazione del sistema di controllo dei rischi fiscali - Il sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, predisposto in modo coerente con determinate Linee Guida, deve essere certificato, anche in ordine alla sua conformità ai principi contabili, da parte di professionisti indipendenti già in possesso di una specifica professionalità iscritti all’albo degli avvocati o dei dottori commercialisti ed esperti contabili.
Con apposito decreto ministeriale sono disciplinati le disposizioni attuative relative al regime, tra cui i requisiti dei professionisti abilitati al rilascio della certificazione, nonché i loro compiti e adempimenti, prevedendo che, per il rilascio della predetta certificazione, gli stessi possono avvalersi dei consulenti del lavoro per le materie di loro competenza, fermo restando che la certificazione deve essere sottoscritta dai professionisti (art. 4, c. 1-quater, D.Lgs. n. 128/2015).
Linee Guida - Le Linee Guida per la predisposizione di un efficace sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale e del suo aggiornamento sono indicate con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, anche con riferimento al periodico adeguamento della certificazione.
Relazione annuale - Il sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale prevede, con cadenza almeno annuale, l’invio di una relazione agli organi di gestione per l’esame e le valutazioni conseguenti.
La relazione illustra, per gli adempimenti tributari, le verifiche effettuate e i risultati emersi, le misure adottate per rimediare a eventuali carenze rilevate, nonché le attività pianificate.
Effetti e vantaggi del regime
L’adesione al regime comporta una serie di vantaggi per i contribuenti tra cui:
-
la possibilità di prevedere con l’Agenzia delle Entrate ad una comune valutazione delle situazioni suscettibili di generare rischi fiscali prima della presentazione delle dichiarazioni fiscali;
-
una procedura abbreviata di interpello preventivo in merito all’applicazione delle disposizioni tributarie a casi concreti, in relazione ai quali l’interpellante ravvisa rischi fiscali;
-
la verifica e la conferma dell’idoneità della domanda presentata e dell’adeguatezza della documentazione prodotta viene effettuata entro 15 giorni dal ricevimento, mentre la risposta viene fornita entro 45 giorni, anche in caso di accessi presso le sedi dei contribuenti (le modalità applicative saranno stabilite con decreto del MEF);
-
con regolamento del MEF verranno disciplinate le procedure per la regolarizzazione della posizione del contribuente in caso di adesione a indicazioni dell’Agenzia delle Entrate che comportano la necessità di effettuare ravvedimenti operosi, prevedendo un contraddittorio preventivo, modalità semplificate e termini ridotti per la definizione (art. 6, c. 2, D.Lgs. n. 128/2015);
-
prima di notificare una risposta sfavorevole a un’istanza di interpello o di formalizzare qualsiasi altra posizione contraria a una comunicazione di rischio effettuata dal contribuente, è previsto l’obbligo per l’Agenzia delle Entrate di invitare il contribuente a un contraddittorio per illustrargli la propria posizione;
le disposizioni attuative sono demandate a un decreto del MEF (art. 6, c. 2-bis, D.Lgs. n. 128/2015).
Ulteriori vantaggi per il contribuente
Ai contribuenti che comunicano i rischi fiscali in modo tempestivo ed esauriente prima della presentazione delle dichiarazioni fiscali o del decorso delle relative scadenze fiscali, tramite la procedura abbreviata di interpello preventivo o la specifica comunicazione di rischio (ex art. 5, c. 2, lett. b), D.Lgs. n. 128/2015), nel caso in cui il loro comportamento sia “esattamente corrispondente” a quello rappresentato nella comunicazione, non si applicano sanzioni amministrative (art. 6, c. 3, D.Lgs. n. 128/2015).
Le sanzioni amministrative sono, invece, ridotte della metà e comunque non possono essere applicate in misura superiore al minimo edittale, qualora il contribuente adotti una condotta riconducibile a un rischio fiscale “non significativo” ricompreso nella mappa dei rischi.
In ogni caso la riscossione è sospesa fino alla definitività dell’accertamento (art. 6, c. 3-bis, D.Lgs. n. 128/2015).
Il contribuente può comunicare i rischi fiscali connessi a condotte poste in essere in periodi d’imposta prima dell’adesione. Se la comunicazione è effettuata prima della formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di indagini penali sui rischi comunicati, le sanzioni sono ridotte della metà e comunque non possono essere applicate in misura superiore al minimo edittale.
La comunicazione del contribuente deve essere effettuata improrogabilmente entro 120 giorni dalla notifica del provvedimento di ammissione al regime (art. 6, c. 3-ter, D.Lgs. n. 128/2015).
È prevista la non punibilità per il reato di dichiarazione infedele (art. 4, D.Lgs. n. 74/2000) delle condotte dipendenti da rischi di natura fiscale relativi a elementi attivi comunicati in modo tempestivo ed esauriente prima della presentazione delle dichiarazioni fiscali o del decorso delle relative scadenze fiscali, tramite la procedura abbreviata di interpello preventivo o la specifica comunicazione di rischio dell’art. 5, c. 2, lett. b) (art. 6, c. 4, D.Lgs. n. 128/2015).
I contribuenti che aderiscono al regime sono inseriti in apposito elenco pubblicato sul sito istituzionale dell’Agenzia delle Entrate.
Durata del regime
Il regime è applicabile al periodo d’imposta nel corso del quale la richiesta di adesione è trasmessa all’Agenzia delle Entrate. Si intende tacitamente rinnovato in caso di diversa contraria comunicazione (art. 6, c. 6-quater, D.Lgs. n. 128/2015).
L’Agenzia delle Entrate può dichiarare l’esclusione dal regime, a seguito di invito al contraddittorio da svolgere nei successivi 30 giorni, con provvedimento motivato:
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in caso di perdita dei requisiti del sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale o dei requisiti soggettivi;
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in caso di inosservanza degli impegni assunti per effetto dell’adesione (art. 7, c. 3, D.Lgs. n. 128/2015).
In caso di inosservanza degli impegni assunti, l’esclusione è preceduta da un regime transitorio di osservazione di 120 giorni (rinnovabile una sola volta per ulteriori 120 giorni) finalizzato a verificare l’adozione da parte del contribuente degli interventi ritenuti necessari per il conseguimento delle finalità del regime di adempimento collaborativo e la regolarizzazione delle relative violazioni fiscali.
Il periodo di osservazione non si applica in caso di violazioni caratterizzate da condotte simulatorie o fraudolente.
L’esclusione dal regime ha effetto dalla data di notifica del Provvedimento motivato dell’Agenzia delle Entrate.
Procedura
I soggetti ammessi al regime di adempimento collaborativo o che hanno presentato l’istanza prima del 18 gennaio 2024 (data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 221/2023) non sono tenuti alla certificazione del sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale dell’art. 4, c. 1-bis ,del D.Lgs. n. 128/2015.
Per i soggetti già ammessi al regime di adempimento collaborativo alla data del 18 gennaio 2024, le disposizioni relative alla riduzione dei termini di decadenza dall’accertamento (art. 6, c. 6-bis e 6-ter, D.Lgs. n. 128/2015), si applicano a partire del periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2024 (art. 1, c. 3, D.Lgs. n. 221/2023).
Regime opzionale
I contribuenti che non possiedono i requisiti soggettivi per l’accesso al regime di adempimento collaborativo possono comunque optare per l’adozione di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, dandone comunicazione all’Agenzia delle Entrate (art. 7-bis, D.Lgs. n. 128/2015).
L’opzione ha effetto dall’inizio del periodo d’imposta in cui è esercitata, ha una durata di due periodi d’imposta ed è irrevocabile. Al termine del suddetto periodo, l’opzione si intende tacitamente rinnovata per altri due periodi d’imposta, salvo revoca espressa da esercitarsi con le modalità e i termini previsti per la comunicazione di opzione.
Le modalità applicative saranno stabilite con decreto del MEF.
Effetti dell’opzione - Per effetto dell’opzione:
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sono ridotte a 1/3 le sanzioni amministrative per le violazioni relative a rischi di natura fiscale comunicati preventivamente con interpello (ex art. 11, Legge n. 212/2000), prima della presentazione delle dichiarazioni fiscali o prima del decorso delle relative scadenze fiscali;
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si configura causa di non punibilità per il reato di dichiarazione infedele (art. 4, D.Lgs. n. 74/2000) per violazioni di norme tributarie dipendenti da rischi di natura fiscale relativi a elementi attivi.
Istanze aventi ad oggetto fattispecie di rilevanza pluridisciplinare
La gestione delle istanze di interpello aventi ad oggetto la definizione delle attività ammissibili all’agevolazione fiscale e la riconducibilità di quelle prospettate con l’interpello tra quelle di:
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ricerca e sviluppo (art. 3, D.L. n. 145/2013);
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ricerca, sviluppo, innovazione e design (art. 1, c. da 198 a 209, Legge n. 160/2019);
presuppone, in riferimento ai profili extra tributari, conoscenze tecniche in tutto o in parte rimesse ad altre Amministrazioni dello Stato, istituzionalmente titolari di competenze indispensabili per la definizione dell’ambito oggettivo del beneficio fiscale.
Si fa riferimento, a titolo esemplificativo, alle istanze aventi ad oggetto:
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il bonus ricerca e sviluppo (art. 3, D.L. n. 145/2013);
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il credito d’imposta per investimenti in beni strumentali tecnologicamente avanzati (Legge n. 232/2016, All. A) e in beni strumentali immateriali funzionali ai processi di trasformazione 4.0 (Legge n. 232/2016, All. B);
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il credito d’imposta formazione 4.0 (art. 1, c. 46-56, Legge n. 205/2017);
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il credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno (art. 1, c. 98-108, Legge n. 208/2015), gli incentivi agli investimenti in start up innovative anche se operano con strumenti diversi dal credito d’imposta (art. 29, D.L. n. 179/2012);
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il credito d’imposta per le attività di consulenza relativa al processo di quotazione delle PMI (art. 1, c. 89-92, Legge n. 205/2017).
L’Agenzia delle Entrate, con la circ. n. 31/E/2020 ha inteso rimodulare le modalità di gestione di tali istanze.
Istanza di interpello avente ad oggetto esclusivamente la riconducibilità di una determinata attività all’ambito applicativo della disciplina agevolativa - Tale istanza deve essere esclusa dagli interpelli, in quanto l’istruttoria richiederebbe specifiche competenze tecniche non di carattere fiscale (circ. Agenzia delle Entrate 1° aprile 2016, n. 9/E, par. 4.3.1).
Istanza avente ad oggetto sia l’ammissibilità dell’attività al beneficio, sia le questioni aventi carattere fiscale - Tali istanze sono oggetto di diversa valutazione a seconda che il contribuente:
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alleghi il propedeutico parere del competente organo in ordine all’inquadramento tecnico dell’attività espletata;
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non alleghi alcun parere del competente organo in ordine all’inquadramento tecnico dell’attività espletata.
Nel primo caso l’istanza è ammissibile e sarà istruita secondo le modalità descritte dall’art. 11 della Legge n. 212/2000. Nella seconda ipotesi la risposta avrà ad oggetto soltanto l’esame del quesito a carattere fiscale.
Istanza avente ad oggetto esclusivamente questioni di carattere fiscale - In questo caso si procederà ad istruire la risposta secondo le ordinarie modalità, fermo restando che, in assenza di parere tecnico, la risposta fornita assumerà acriticamente gli elementi rappresentati dal contribuente in ordine ai profili di carattere tecnico (non fiscali).
Quanto sinora affermato si applica alle tipologie di interpello previste dall’art. 11 della Legge n. 212/2000, agli interpelli sui nuovi investimenti (art. 2, D.Lgs. n. 147/2015) e alle istanze presentate ai fini dell’adempimento collaborativo di cui al D.Lgs. n. 128/2015.
Le indicazioni fornite sono applicabili alle istanze presentate a partire dal 23 dicembre 2020, ritenendosi dunque superati i chiarimenti forniti dalle precedenti circolari, in relazione alla gestione delle istanze di interpello aventi ad oggetto il credito d’imposta per la ricerca e sviluppo di cui all’art. 3 del D.L. n. 145/2013.
Determinazione dei termini per l’effettuazione dei controlli sui crediti agevolativi
Qualora sia accertato che le attività/spese sostenute non siano ammissibili al credito d’imposta ricerca e sviluppo, secondo quanto rilevato nella circ. n. 31/E del 2020, si configura un’ipotesi di credito inesistente per carenza totale o parziale del presupposto costitutivo. L’ atto di recupero dovrà essere notificato entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo in compensazione. Non rileva, ai fini della violazione, la mera esposizione del credito in dichiarazione annuale.
Nel caso in cui il controllo verta sull’esistenza del credito d’imposta maturato nel periodo d’imposta 2015, indicato nella dichiarazione presentata nel 2016 e utilizzato in compensazione nel corso del 2017, gli Uffici potranno procedere alle operazioni di verifica entro l’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo in compensazione, e, qualora riscontrino che il credito utilizzato è “inesistente” per mancanza dei presupposti costitutivi, dovranno notificare l’atto di recupero entro il 31 dicembre 2025.
Sanzione
Nelle ipotesi di contestazione di crediti inesistenti trova applicazione la sanzione dal 100 al 200% della misura dei crediti stessi (art. 13, c. 5, D.Lgs. n. 471/1997).
Fermo restando che per tale sanzione non è applicabile la definizione agevolata:
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il contribuente può beneficiare della riduzione delle sanzioni prevista dall’art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997 (c.d. ravvedimento), anche successivamente alla constatazione della violazione, ma comunque prima che sia stato notificato l’atto di recupero;
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i competenti Uffici, in ragione delle “circostanze che rendono manifesta la sproporzione tra l’entità del tributo cui la violazione si riferisce e la sanzione”, potranno applicare la predetta sanzione con una riduzione fino alla metà del minimo edittale (art. 7, c. 4, D.Lgs. n. 472/1997).
Il delineato contesto potrebbe trovare applicazione anche per i recenti incentivi - molti dei quali sotto forma proprio di crediti di imposta - introdotti per favorire la ripresa economica conseguente all’emergenza sanitaria.
Si ricorda a titolo esemplificativo, il superbonus del 110%, per il quale gli uffici, potrebbero contestare automaticamente l’utilizzo di un credito inesistente.
Situazioni ritenute non suscettibili di fruire del previsto bonus (nonostante gli acquisti e gli investimenti siano stati realmente sostenuti), ben potrebbero rischiare di essere considerate crediti inesistenti.
Risposte a interpelli applicabili a soggetti diversi dal contribuente istante
La risposta dell’Amministrazione finanziaria ad un interpello, pur avendo efficacia vincolante limitatamente alla questione oggetto dell’interpello ed al contribuente istante, può estendersi anche a soggetti diversi da quest’ultimo, che, in relazione all’atteggiarsi e alla struttura della fattispecie impositiva, nonché all’allocazione dei relativi obblighi, sono indissolubilmente legati alla questione investita dall’interpello (Cass., ord. 30 marzo 2021, n. 8740).
L’Amministrazione finanziaria, nel caso di specie, ha sostenuto che ai fini dell’operatività dell’effetto vincolante di una risposta ad interpello, occorre il presupposto rappresentato dall’identità soggettiva. Identità che non sussiste nel caso in cui l’interpello richiamato sia stato proposto da un alto contribuente. Tale affermazione, assume rilevanza in quanto spesso l’Amministrazione finanziaria motiva le proprie pretese basandosi sui documenti di prassi (tra cui anche chiarimenti forniti in esito a specifiche istanze). Documenti che, in questa circostanza, a contrario, sostiene abbiano valenza esclusivamente in riferimento al contribuente interpellante.
73.2.8. Ruling internazionale
73.2.8.Ruling internazionaleIl ruling internazionale costituisce un accordo sottoscritto tra il competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate e le imprese che svolgono un’attività internazionale.
L’accordo è vincolante per il periodo d’imposta nel corso del quale l’accordo è stipulato e per i quattro periodi d’imposta successivi. Il vincolo viene meno qualora intervengano mutamenti nelle circostanze di fatto o di diritto.
Soggetti interessati
Possono accedere alla procedura degli accordi preventivi:
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le imprese residenti con attività internazionale;
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le imprese non residenti che operano in Italia per mezzo di una Stabile Organizzazione.
Non sono ammessi alla procedura di ruling le persone fisiche e, in genere, tutti i soggetti che non esercitano attività d’impresa.
Oggetto
Possono essere oggetto di ruling internazionale le seguenti fattispecie (art. 31-ter, c. 1, D.P.R. n. 600/1973):
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preventiva definizione in contraddittorio dei metodi di calcolo del valore normale delle operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa (art. 110, c. 7, D.P.R. n. 917/1986);
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applicazione ad un caso concreto di norme, anche di origine convenzionale, concernenti l’attribuzione di utili o perdite alla Stabile Organizzazione in un altro Stato di un’impresa residente ovvero alla Stabile Organizzazione in Italia di un soggetto non residente;
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applicazione ad un caso concreto di norme, anche di origine convenzionale, concernenti l’erogazione o la percezione di dividendi, interessi, royalties e altri componenti reddituali oppure da soggetti non residenti;
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preventiva definizione in contraddittorio dei valori di uscita o di ingresso in caso di trasferimento della residenza (artt. 166 e 166-bis, D.P.R. n. 917/1986);
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valutazione preventiva della sussistenza dei requisiti che configurano una Stabile Organizzazione situata nel territorio dello Stato, tenuti presenti i criteri previsti dall’art. 162 del D.P.R. n. 917/1986, nonché dalle vigenti convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia.
Avvio della procedura
La richiesta per accedere alla procedura deve essere inviata:
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a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento;
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tramite consegna diretta ai seguenti Uffici che ne rilascia ricevuta: Ufficio Accordi preventivi e controversie internazionali dell’Agenzia delle Entrate, Direzione Centrale Accertamento, Settore Internazionale, sezione di Roma, Via Cristoforo Colombo, 426 c/d oppure sezione di Milano, Via Manin, 25;
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a mezzo posta elettronica certificata, ovvero attraverso l’utilizzo di un servizio telematico erogato in rete dall’Agenzia delle Entrate.
Contenuto dell’istanza
L’istanza a pena d’inammissibilità deve contenere:
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denominazione dell’impresa;
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sede legale o domicilio fiscale, se diverso dalla sede legale;
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codice fiscale e/o la partita IVA;
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l’indicazione del domiciliatario nazionale per la procedura, se diverso dall’impresa, presso il quale si richiede di inoltrare le comunicazioni attinenti la procedura stessa;
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oggetto dell’accordo preventivo, oltre che una sintetica descrizione degli elementi specifici dello stesso;
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la documentazione atta a comprovare il possesso del requisito di impresa con attività internazionale, da allegare all’istanza.
Deve essere firmata dal legale rappresentante o da altra persona munita dei poteri di rappresentanza.
Se l’istanza è presentata da impresa non residente, è necessario altresì indicare l’indirizzo della Stabile Organizzazione nel territorio dello Stato ed eventualmente il domiciliatario nazionale per la procedura. Tali requisiti non sono richiesti in caso di istanza presentata da impresa non residente ai fini della valutazione preventiva della sussistenza dei requisiti che configurano una Stabile Organizzazione situata nel territorio dello Stato.
L’Agenzia delle Entrate ha anche previsto (Provv. 21 marzo 2016) la necessità di ulteriori elementi specifici da inserire nell’istanza a seconda del suo oggetto.
L’ammissibilità o l’improcedibilità dell’istanza è comunicata entro 30 giorni dal ricevimento della stessa. Qualora l’istanza sia improcedibile, l’Ufficio potrà richiedere l’integrazione della stessa al contribuente. L’istanza può risultare anche direttamente inammissibile.
Prima dell’avvio formale del procedimento, il contribuente può chiedere un incontro all’Ufficio al fine di ottenere chiarimenti e/o indicazioni in merito alla procedura.
Svolgimento della procedura
L’accordo tra Amministrazione e contribuente deve perfezionarsi entro 180 giorni dal ricevimento dell’istanza e si conclude con la sottoscrizione congiunta del documento.
Le attività si svolgono sempre in contraddittorio ma il procedimento varia a seconda dell’oggetto dell’istanza.
L’accordo si perfeziona con la sottoscrizione congiunta da parte del responsabile dell’Ufficio competente e del legale rappresentante dell’impresa che ha attivato la procedura (o di altra persona munita dei poteri di rappresentanza dell’impresa stessa).
Verifica degli accordi
L’efficacia dell’accordo sottoscritto viene meno in caso di mutamenti nelle circostanze di fatto o di diritto costituenti presupposto delle conclusioni raggiunte in sede di accordo.
In caso di accertata violazione totale o parziale dell’accordo sottoscritto, il competente Ufficio delle entrate procede alla notifica di un atto motivato con il quale si invita l’impresa a far pervenire, entro 30 giorni dalla notifica, eventuali memorie difensive. L’accordo si considera risolto (anche parzialmente) quando:
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le memorie presentate siano considerate inidonee a smentire la violazione denunciata;
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sia vanamente decorso il termine di 30 giorni previsto per la presentazione delle memorie difensive.
È prevista la possibilità di modifica dell’originario accordo stipulato quando siano mutate le condizioni che avevano portato alla stipula dell’accordo stesso.
Tale modifica deve essere firmata entro 180 giorni dalla data di ricezione della richiesta da parte del contribuente o dalla data in cui il mutamento delle condizioni di fatto e/o di diritto risulta intervenuto ovvero, quando non sia possibile accertare tale data, da quella di comunicazione dell’invito da parte dell’Ufficio.
Efficacia dell’accordo
L’efficacia dell’accordo è differente a seconda che si tratti di accordi unilaterali ovvero di accordi bilaterali e multilaterali conclusi con le autorità competenti di Stati esteri a seguito delle procedure amichevoli previste dagli accordi o convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni (art. 31-ter, D.P.R. n. 600/1973).
Accordi unilaterali - L’accordo vincola le parti per il periodo d’imposta nel corso del quale è stipulato e per i quattro periodi d’imposta successivi, salvo mutamenti delle circostanze di fatto o di diritto rilevanti ai fini degli accordi sottoscritti e risultanti dagli stessi.
È concessa al contribuente la facoltà di far valere retroattivamente gli effetti dell’accordo, a condizione che:
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le circostanze di fatto e di diritto alla base dell’accordo ricorrano per uno o più dei periodi di imposta precedenti alla stipulazione;
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per tali periodi d’imposta, i termini per l’accertamento (previsti dall’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973) non siano ancora scaduti e non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza.
In tal caso, qualora sia necessario rettificare il comportamento adottato, il contribuente effettua il ravvedimento operoso o presenta la dichiarazione integrativa (art. 2, c. 8, D.P.R. n. 322/1998), senza l’applicazione delle eventuali sanzioni.
Accordi bilaterali e multilaterali - Qualora l’accordo consegua ad altri accordi conclusi con le autorità competenti di Stati esteri a seguito delle procedure amichevoli previste dagli accordi o convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni, l’accordo vincola le parti, secondo quanto convenuto con dette autorità, a decorrere da periodi di imposta precedenti alla data di sottoscrizione dell’accordo, purché non anteriori al periodo d’imposta in corso alla data di presentazione della relativa istanza da parte del contribuente.
È concessa al contribuente la facoltà di far retroagire gli effetti dell’accordo anche ai periodi di imposta precedenti a quello in corso alla data di presentazione della relativa istanza, a condizione che:
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il contribuente ne abbia fatto richiesta nell’istanza di accordo preventivo;
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le autorità competenti di Stati esteri acconsentano ad estendere l’accordo ad annualità precedenti;
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per tali periodi d’imposta ricorrano le stesse circostanze di fatto e di diritto a base dell’accordo stipulato;
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per tali periodi d’imposta non siano ancora scaduti i termini per l’accertamento (art. 43, D.P.R. n. 600/1973) e non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza.
L’ammissibilità della richiesta di accordo preventivo è subordinata al versamento di una commissione pari a (art. 31-ter, c. 3 bis e 3 ter, D.P.R. n. 600/1973):
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10.000 euro nel caso in cui il fatturato complessivo del gruppo cui appartiene il contribuente istante sia inferiore a 100 milioni di euro;
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30.000 euro nel caso in cui il fatturato complessivo del gruppo cui appartiene il contribuente istante sia compreso tra 100 milioni e 750 milioni di euro;
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50.000 euro nel caso in cui il fatturato complessivo del gruppo cui appartiene il contribuente istante sia superiore a 750 milioni di euro.
Per la determinazione del fatturato complessivo del gruppo occorre fare riferimento al bilancio consolidato disponibile alla data di presentazione dell’istanza.
Comunicazione alle autorità estere
È stato previsto uno scambio automatico obbligatorio di informazioni tra Stati. In particolare, i servizi di collegamento, ossia gli uffici designati quali responsabili principali dei contatti con gli altri Stati membri nel settore della cooperazione amministrativa, scambiano, direttamente con gli altri Stati membri, le informazioni relative ai ruling preventivi transfrontalieri e agli accordi preventivi sui prezzi di trasferimento.
Gli accordi preventivi hanno carattere unilaterale, in quanto gli stessi sono stipulati tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria italiana, non coinvolgendo soggetti terzi come l’Autorità fiscale estera la quale non è dunque vincolata all’accordo.