1. Ai fini della prevenzione e della protezione contro le esplosioni, sulla base della valutazione dei rischi e dei principi generali di tutela di cui all'articolo 15, il datore di lavoro adotta le misure tecniche e organizzative adeguate alla natura dell'attività; in particolare il datore di lavoro previene la formazione di atmosfere esplosive.
2. Se la natura dell'attività non consente di prevenire la formazione di atmosfere esplosive, il datore di lavoro deve:
a) evitare l'accensione di atmosfere esplosive;
b) attenuare gli effetti pregiudizievoli di un'esplosione in modo da garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori.
3. Se necessario, le misure di cui ai commi 1 e 2 sono combinate e integrate con altre contro la propagazione delle esplosioni e sono riesaminate periodicamente e, in ogni caso, ogniqualvolta si verifichino cambiamenti rilevanti.
GIURISPRUDENZA COMMENTATA
Sommario: 1. Accensione di atmosfere esplosive .
Il delegato per la sicurezza di una s.p.a. fu assolto perché il fatto non sussiste dal delitto di lesione personale colposa in danno di un lavoratore dipendente ``intento a versare, anche mediante scuotimento, il contenuto di un sacco contente nitrocellulosa, e investito da una fiammata''. La Sez. IV annulla con rinvio l'assoluzione: ``Il Tribunale, dopo aver affermato che il lavoratore indossava abiti antinfortunistici, che la nitrocellulosa nei sacchetti si presentava difettosa perché era compatta e a blocchi, che, nonostante ciò l'infortunato aveva continuato la propria attività lavorativa, in assenza del capo reparto poiché quest'ultimo certamente si sarebbe lamentato dell'eventuale interruzione della produzione, che i sacchetti erano certificati dalla ditta indiana dalla quale il prodotto veniva acquistato come conformi ai parametri di sicurezza quanto all'indice di resistività antistatica, afferma che, nonostante l'azienda dopo l'evento avesse modificato la procedura evitando lo scuotimento del sacchetto e recuperando i residui separatamente in un bidone di cartone non era possibile verificare con esattezza la precisa causa dell'esplosione. Finendo per concludere che, a fronte dell'impossibilità di conoscere le cause precise dell'innesco dell'incendio, e tenuto conto che una delle cause - anche se non l'unica - può essere rappresentata dalla non conformità dei sacchetti contenenti la nitrocellulosa, benché vi fosse la certificazione di conformità, non può essere attribuito un addebito di colpa all'imputato per una generica omissione di ogni possibile cautela che avrebbe potuto astrattamente evitare l'evento (ex art. 289, comma 2, lettera a), D.Lgs. n. 81/2008). Invero non solo l'evento era imprevedibile in presenza della certificazione di conformità dei sacchetti, che mai avevano presentato problemi in precedenza, ma non si è neppure accertata la causa precisa dell'incendio che ha prodotto le lesioni al lavoratore. La corte d'appello assume la genericità del profilo di colpa contestato, soggiungendo che le cautele necessarie e le misure idonee che potevano essere previste in anticipo e che avrebbero evitato l'evento sono tuttavia emerse solo dopo il verificarsi dell'incidente. Inoltre, premesso che l'imputato non poteva essere a conoscenza che i parametri di resistività dei sacchetti non erano stati rispettati, attesa la certificazione di sicurezza della società produttrice, in presenza di incertezza sulla causa dell'innesco e dei sacchetti che non rispettavano i parametri di sicurezza, la sicura prevedibilità dell'evento non può essere affermata. L'indicazione dell'incendio nel documento di valutazione dei rischi rappresenta una previsione generica che si trova in tutti i documenti relativi a lavorazioni infiammabili, nel mentre l'adozione, successiva all'infortunio, di prassi volte ad eliminare anche quella possibilità di innesco che si era verificata nei confronti dell'infortunato può solo dimostrare l'evitabilità dell'evento, non anche la prevedibilità dello stesso. Al contrario di quel che afferma la corte d'appello, devesi chiarire che il documento di valutazione dei rischi non può mai assumere il valore di un generico richiamo agli astratti pericoli derivanti dalla lavorazione, ma, al contrario, evidenzia i rischi specifici e concretizzati; ciò non significa, tuttavia, che la precettività dello strumento debba dipendere da un'analisi analitica, non solo delle fonti di pericolo, ma, altresì, esplicativa delle scaturigini dei meccanismi fisici, chimici o biologici alla base del predetto rischio. Nel caso di specie non era dubbio che la lavorazione, implicando la manipolazione di materiali infiammabili e sensibili alle cariche elettrostatiche costituiva concretizzazione del rischio d'incendio. Ciò era nella piena consapevolezza dei garanti per la sicurezza tanto da aver cercato di corroborare, piuttosto goffamente, l'asserto d'imprevedibilità acquisendo, tuttavia solo dopo l'evento, certificazione di garanzia dalla società esportatrice indiana. Certificazione che, è bene soggiungere, pur se fosse stata acquisita prima dell'incidente in sé non poteva assumere il significato liberatorio che gli attribuiscono i giudici del merito: l'agente modello, dotato di specifica competenza ed esperienza non può appagarsi di una tale attestazione in presenza di materiale infiammabile, spesso riscontrato difettoso, che per essere utilizzato aveva bisogno di scuotimento; in definitiva, si era in presenza di uno specifico e concreto rischio che la certificazione, pur ove fosse stata tempestivamente ottenuta, non avrebbe fugato. Non ha, poi, significato liberatorio la dedotta incertezza circa la causa ultima dell'innesco: quale che sia la ragione che abbia intensificato la carica elettrostatica sprigionatasi a seguito dello scuotimento del sacco quel che è certo è che la causa prima dell'evento deve rinvenirsi senza ombra di dubbio nella non adeguata resistività dei sacchi, dalla qualità del prodotto (sovente anomalamente compattato) e dal procedimento lavorativo. Con la conseguenza che l'evento non poteva affermarsi imprevedibile e non prevenibile; anzi, a quest'ultimo proposito, la prassi virtuosa messa in atto dall'azienda dopo l'infortunio dimostra il contrario, confermando che ove fosse stata tenuta la condotta prescritta l'evento non si sarebbe verificato, o, avrebbe avuto conseguenze meno gravi. Infine, al lavoratore singolo non era stato attribuito l'effettivo potere di autotutelarsi sospendendo la lavorazione tutte le volte che la nitrocellulosa si presentava compattata, cosa di frequente ricorrenza. Al più è dato rinvenire il sommario e del tutto generico avvertimento di stare attenti. Peraltro tratterebbesi di un irragionevole ed illegale spostamento del rischio a carico del soggetto garantito, il quale avrebbe dovuto valutare il rischio e, ad un tempo, assumersi la responsabilità di sospendere il ciclo produttivo. Diversamente si sarebbe dovuto ragionare ove fosse stato assegnato l'effettivo potere ad un soggetto di garanzia, sempre presente durante la lavorazione, di prendere i provvedimenti del caso, ivi inclusa la sospensione della produzione''.