1. Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio di cui all'articolo 17, comma 1, tiene conto di tutte le informazioni disponibili relative alle caratteristiche dell'agente biologico e delle modalità lavorative, ed in particolare:
a) della classificazione degli agenti biologici che presentano o possono presentare un pericolo per la salute umana quale risultante dall'allegato XLVI o, in assenza, di quella effettuata dal datore di lavoro stesso sulla base delle conoscenze disponibili e seguendo i criteri di cui all'articolo 268, commi 1 e 2;
b) dell'informazione sulle malattie che possono essere contratte;
c) dei potenziali effetti allergici e tossici;
d) della conoscenza di una patologia della quale è affetto un lavoratore, che è da porre in correlazione diretta all'attività lavorativa svolta;
e) delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall'autorità sanitaria competente che possono influire sul rischio;
f) del sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici utilizzati.
2. Il datore di lavoro applica i principi di buona prassi microbiologica, ed adotta, in relazione ai rischi accertati, le misure protettive e preventive di cui al presente titolo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative.
3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche dell'attività lavorativa significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata.
4. Nelle attività, quali quelle riportate a titolo esemplificativo nell'allegato XLIV, che, pur non comportando la deliberata intenzione di operare con agenti biologici, possono implicare il rischio di esposizioni dei lavoratori agli stessi, il datore di lavoro può prescindere dall'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 273, 274, commi 1 e 2, 275, comma 3, e 279, qualora i risultati della valutazione dimostrano che l'attuazione di tali misure non è necessaria.
5. Il documento di cui all'articolo 17 è integrato dai seguenti dati:
a) le fasi del procedimento lavorativo che comportano il rischio di esposizione ad agenti biologici;
b) il numero dei lavoratori addetti alle fasi di cui alla lettera a);
c) le generalità del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
d) i metodi e le procedure lavorative adottate, nonché le misure preventive e protettive applicate;
e) il programma di emergenza per la protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione ad un agente biologico del gruppo 3 o del gruppo 4, nel caso di un difetto nel contenimento fisico.
6. Il rappresentante per la sicurezza è consultato prima dell'effettuazione della valutazione di cui al comma 1 ed ha accesso anche ai dati di cui al comma 5.
GIURISPRUDENZA COMMENTATA
Sommario: 1. Valutazione del rischio biologico .
Non è frequente che la Corte Suprema venga chiamata ad occuparsi dell'esposizione lavorativa al rischio biologico, disciplinata nel Titolo X del D.Lgs. n. 81/2008, diventato di grande attualità con il Covid-19:
Il rappresentante legale di un'impresa agricola fu condannato sia per il reato di cui all'art. 28, comma 2, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008, ``perché consentiva, tollerava e comunque non provvedeva a valutare tutti rischi per la sicurezza e salute dei lavoratori impiegati nell'attività'', e, ``in particolare, il documento di valutazione dei rischi non era redatto con criteri di semplicità e comprensibilità tali da garantirne completezza ed idoneità'', in quanto ``non erano presi in esame i rischi specifici inerenti l'attività svolta e non venivano individuati i lavoratori addetti alle singole lavorazioni svolte per i quali dovevano essere previste le misure di prevenzione e protezione'', sia per il reato di cui all'art. 18, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008, ``perché ometteva di nominare il medico competente per l'effettuazione della sorveglianza sanitaria dei suoi lavoratori''. Nel confermare la condanna, la Sez. III prende atto che il DVR ``non analizzava i rischi legati alla possibile presenza di agenti patogeni veicolati dagli animali, nonostante vi fossero lavoratori addetti alla mungitura e allevamento esposti a tali rischi biologici (derivanti dal contatto con gli animali)'', e sottolinea ``la necessità della nomina di un medico competente per la sorveglianza sanitaria, non nominato nonostante vi fosse l'esposizione al rischio biologico derivante dall'allevamento di animali''. Prende atto che il DVR fu ritenuto incompleto, ``in quanto non contenente la valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori emergenti dagli accertamenti svolti, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari (in genere le attività a contatto con gli animali, la pulizia delle stalle, le attività svolte con uso di mezzi meccanici e quelle comportanti rischi biologici come la mungitura, etc.) e, in definitiva carente nelle indicazioni relative alla scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze e dei preparati impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro''.