1. Nei lavori in quota, devono essere adottate, seguendo lo sviluppo dei lavori stessi, adeguate impalcature o ponteggi o idonee opere provvisionali o comunque precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta di persone e di cose conformemente ai punti 2, 3.1, 3.2 e 3.3 dell'allegato XVIII.67
GIURISPRUDENZA COMMENTATA
Sommario: 1. Ponteggi ed opere provvisionali - 2. Titolare dell'obbligo .
Condanna del datore di lavoro per l’infortunio occorso a un dipendente caduto “mentre, in piedi sopra una scala estensibile a tre tronchi, aveva terminato di dipingere la ringhiera di un balcone posta a circa quattro metri di altezza da terra e stava per scendere”. Addebito: “aver violato l’art. 122 D.Lgs. n. 81/2008 del d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81, fornendo all’operaio una scala inadatta ed omettendo di allestire un’adeguata impalcatura o ponteggio o opera provvisionale o precauzioni atte ad eliminare il pericolo di caduta né provvedendo a che un collega fornisse ausilio da terra”. Osserva la Sez. IV che occorre non confondere “il concetto di ultimazione dello specifico lavoro di pitturazione nell’occasione svolto dall’operaio con quello di ultimazione del lavoro, in senso assoluto, in sicurezza, poiché è indiscutibilmente al lavoro il dipendente che, all’interno del cantiere, all’esito del completamento, rientrante nei propri compiti, di un lavoro già svolto in altezza, scende dalla scala che gli ha fornito la ditta, nell’assenza di presidi di sicurezza, e cadendo si fa male”.
``L'esistenza di postazioni di lavoro in quota impone la previa adozione delle misure prescritte e la permanenza delle medesime sino a quando le lavorazioni non siano cessate. L'imputato propone una definizione del rischio traguardato dalle norme cautelari pertinenti al caso come `rischio di caduta del solo lavoratore occupato nel lavoro e solo durante il suo svolgimento'. Ben diversamente, il rischio considerato è quello determinato dalla mera allocazione di postazioni di lavoro ad una quota tale da rendere la caduta pericolosa per l'uomo. Basti considerare che l'art. 122 D.Lgs. n. 81/2008 menziona il pericolo di caduta di `persone e di cose', senza specificazioni che facciano riferimento alla qualità di lavoratore, ad un particolare tempo, o a una fase della lavorazione. La circostanza che il lavoratore infortunatosi si trovasse in quota per ragioni non inerenti lo svolgimento del lavoro da compiersi sul posto non si riflette quindi sulla sussistenza dell'obbligo cautelare ma sulla valenza della medesima quale causa da sola sufficiente a cagionare l'evento tipico. Nella vicenda che occupa è accertato che l'infortunato si era portato sulla sommità della struttura per prendere la borsa degli attrezzi che vi aveva lasciato in precedenza; e che l'altro lavoratore coinvolto nell'infortunio stava salendo la scala per verificare cosa stesse facendo il collega. Si tratta, quindi, di una presenza sul posto che trova origine proprio nella necessità di assolvere ai compiti affidatagli e che pertanto proponeva un rischio tipicamente lavorativo. Né imprime una diversa connotazione a tale rischio - lasciando il campo ad un rischio eccentrico - l'uso della scala, posto cheessa costituiva la via di accesso alla sommità della struttura predisposta in luogo del ponteggio e più percorribile più rapidamente rispetto a questo''.
Conferma la condanna per la violazione dell'art. 122, D.Lgs. 81/2008 ``per aver installato un ponteggio per l'intonacatura degli esterni di un fabbricato privo in alcuni punti di parapetti, con i piani di calpestio montati senza l'osservanza dello schema autorizzativo e con i ponti di servizio montati senza il rispetto della distanza dal sottoponte o comunque inclinati''.
``L'altezza superiore a due metri dal suolo, tale da richiedere le particolari misure di prevenzione prescritte dall'art. 122 del D.Lgs. n. 81/2008, deve essere calcolata in riferimento all'altezza alla quale il lavoro viene eseguito rispetto al terreno sottostante e non al piano di calpestio del lavoratore''.
``Il dettato dell'art. 122 D.Lgs. n. 81/2008 è chiaro e vincolante per il datore di lavoro perché impone che per i lavori da eseguirsi ad un'altezza superiore a metri 2 devono essere adottate adeguate impalcature o ponteggi o idonee opere provvisionali o comunque precauzioni volte ad eliminare il pericolo di caduta di persone o di cose e sicuramente tale non era lo scaletto che aveva a disposizione il lavoratore; mentre risulta ininfluente che il lavoratore abbia utilizzato lo scaletto per pochi minuti''.
``L'altezza superiore a m 2 dal suolo, tale da richiedere le particolari misure di prevenzione prescritte dall'art. 122 D.Lgs. n. 81/2008, va calcolata in riferimento all'altezza alla quale il lavoro viene eseguito, rispetto al terreno sottostante, e non al piano di calpestio del lavoratore. Sotto il profilo giuridico, non ha dunque rilievo che il piano di calpestio fosse posto ad un'altezza inferiore a metri 2, se il lavoro si svolgeva ad un'altezza superiore. E, in questa prospettiva, l'operaio lavorava a un'altezza tale per cui c'era il rischio, sia teorico che effettivo, che egli potesse cadere dall'alto, trattandosi di un lavoro da effettuarsi, ad operaio in posizione eretta, a oltre 2 m. Ragion per cui il rischio di caduta era prevedibile e doverosamente evitabile, sia in via preventiva, nel POS, sia nel momento esecutivo''.
(V. anche Cass. 8 marzo 2018, n. 10544).
``L'altezza superiore a metri due dal suolo, tale da richiedere particolari misure di prevenzione prescritte dall'art. 122 del D.Lgs. n. 81/2008 va calcolata in riferimento all'altezza alla quale il lavoro viene eseguito rispetto al terreno sottostante e non al piano di calpestio del lavoratore''. ``L'utilizzo di un cavalletto o di un ponteggio, quali previsti dagli artt. 122 e seguenti del D.Lgs. n. 81/2008, avrebbe costituito presidio più idoneo, consentendo al lavoratore un piano di appoggio più ampio e stabile, la possibilità di movimenti più estesi, e il sussidio di un parapetto, richiamata la previsione dell'art. 27 del D.P.R. n. 547/ 1955 in tema di parapetti, trasfusa nel T.U. di cui al D.Lgs. n. 81/2008, norma di carattere generale, il cui ambito di applicazione non è limitato ai cantieri edili, ma si estende a tutte le ipotesi di attività lavorativa svolta ad un'altezza superiore ad un metro e mezzo''. (Nella fattispecie, l'infortunato, ``intento a lavorare su una scala telescopica trasformabile e ad un'altezza di circa tre metri da terra, in un cantiere della ditta, per effettuare due fori nel muro, necessari all'installazione di un impianto di condizionamento, perdeva l'equilibrio e cadeva al suolo urtando la testa'').
Condannato per la violazione dell'art. 122, D.Lgs. n. 81/2008, un datore di lavoro affidatario di lavori da svolgersi esclusivamente al piano terra di un edificio in ristrutturazione deduce che ``tale norma non era applicabile al datore di lavoro che non provvede all'esecuzione di lavori in quota e che non è risultato essere né proprietario né allestitore né in alcun modo utilizzatore del ponteggio ritenuto privo di taluni presidi di sicurezza'', e che ``l'operaio dipendente, presente al momento dell'ispezione, era impegnato esclusivamente nella realizzazione delle opere site al piano terra dello stabile ed in nessun caso si sarebbe dovuto avvalere degli impianti da altra ditta predisposti per altre lavorazioni da svolgersi in quota ed in tempi diversi''. E aggiunge che ``l'art. 122, D.Lgs. n. 81/2008 individua come suo presupposto di applicabilità (e, quindi, di insorgenza degli obblighi in capo al datore di lavoro) l'esecuzione di lavori in quota, circostanza che, diversamente, non risultava nel caso in esame, in quanto il dipendente della ditta dell'imputato, unico lavoratore presente in cantiere, era impegnato a lavorare a terra, né vi erano altri operai impegnati a lavorare in quota''. La Sez. III annulla senza rinvio la condanna: ``L'affermazione contenuta nell'impugnata sentenza (secondo cui `la portata generale della normativa in materia di sicurezza sul lavoro è funzionale alla tutela del dipendente sul luogo di lavoro, a prescindere che il rispettivo datore di lavoro sia o meno legittimato ad intervenire attivamente in ordine all'adeguamento in base alle prescrizioni impartite') non può essere condivisa. È ben vero, certo, che gli obblighi prevenzionistici hanno `portata generale' in quanto le relative norme che tali obblighi prevedono sono funzionali alla tutela del lavoratore, ma tuttavia è altrettanto indubbio che - ai fini dell'ascrivibilità del fatto ad un comportamento, commissivo od omissivo colpevole - è richiesto che il soggetto obbligato sia titolare di una posizione di garanzia nei confronti dei soggetti destinatari della tutela. Nel caso di specie, si era individuato come soggetto responsabile il datore di lavoro dell'unico operaio presente in cantiere al momento dell'accesso ispettivo, sul presupposto che questi dovesse adempiere alle prescrizioni relative alla messa a norma del ponteggio anche a tutela del proprio dipendente. Risulta l'impossibilità di ascrivere all'imputato ricorrente - quale proprietario della ditta esecutrice di parte dei lavori appaltati in cantiere - la responsabilità per la violazione accertata, sicuramente imputabile a soggetto diverso dal datore di lavoro ricorrente. Pacifico, infatti, nella giurisprudenza di questa Corte è - con riferimento alla normativa prevenzionistica riguardante i ponteggi - che il titolare dell'impresa esecutrice (ovviamente laddove sia stata detta impresa a realizzare il ponteggio) ha l'obbligo di vigilare sull'osservanza delle disposizioni dettate per garantire la sicurezza dei ponteggi anche quando questi non vengono utilizzati dai propri dipendenti. Allo stesso modo, l'obbligo di verificare che i ponteggi siano a norma incombe su tutte le ditte che quel ponteggio utilizzino, ma ciò era escluso nel caso in esame proprio dalla natura dei lavori appaltati alla ditta di cui l'imputato era titolare. Deve, quindi, concludersi che il datore di lavoro ricorrente non avesse alcun obbligo di garanzia rispetto alla peculiare situazione di fatto, non potendo pretendersi che questi si sostituisse - non avendone non solo l'obbligo, ma neanche la possibilità materiale e giuridica - al titolare della ditta che aveva curato l'allestimento del ponteggio, per eseguirne la regolarizzazione, compito al medesimo imputato non incombente''.