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Il T.U. Sicurezza sul lavoro commentato con la giurisprudenza

1. Nei lavori di splateamento o sbancamento se previsto l'accesso di lavoratori, le pareti delle fronti di attacco devono avere una inclinazione o un tracciato tali, in relazione alla natura del terreno, da impedire franamenti. Quando la parete del fronte di attacco supera l'altezza di m 1,50, è vietato il sistema di scavo manuale per scalzamento alla base e conseguente franamento della parete.64

2. Quando per la particolare natura del terreno o per causa di piogge, di infiltrazione, di gelo o disgelo, o per altri motivi, siano da temere frane o scoscendimenti, deve essere provveduto all'armatura o al consolidamento del terreno.

3. Nei lavori di escavazione con mezzi meccanici deve essere vietata la presenza degli operai nel campo di azione dell'escavatore e sul ciglio del fronte di attacco.

4. Il posto di manovra dell'addetto all'escavatore, quando questo non sia munito di cabina metallica, deve essere protetto con solido riparo.

5. Ai lavoratori deve essere fatto esplicito divieto di avvicinarsi alla base della parete di attacco e, in quanto necessario in relazione all'altezza dello scavo o alle condizioni di accessibilità del ciglio della platea superiore, la zona superiore di pericolo deve essere almeno delimitata mediante opportune segnalazioni spostabili col proseguire dello scavo.

GIURISPRUDENZA COMMENTATA

Sommario: 1. Opere di contenimento e consulenza geologica .

``In caso di infortunio sul lavoro per omesso approntamento delle armature di sostegno di uno scavo profondo oltre un metro e mezzo, può essere esclusa la responsabilità del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti solo quando l'evento si sia verificato per cause occulte o lesioni interne del terreno preventivamente non riconoscibili né verificabili da tecnico specializzato tramite consulenza. Questo principio, che è stato affermato con riferimento ad una ipotizzata violazione dell'art. 119 D.Lgs. n. 81/2008 (che riguarda scavi di pozzi o trincee) [v. infatti, sub art. 119, paragrafo 1, Cass. pen. 16 marzo 2015 n. 11132, nonché Cass. pen. 16 maggio 2022 n. 16831] opera anche con riferimento all'art. 118, comma 2, D.Lgs. n. 81/2008. Le due norme, infatti, sono espressione del medesimo criterio di cautela, secondo il quale il pericolo di seppellimento dei lavoratori conseguente a frane e smottamenti è insito nelle operazioni di scavo, salvo che il terreno dia tali garanzie di stabilità da consentire di escluderlo e l'evento si sia verificato per cause occulte. Ai sensi dell'art. 119 D.Lgs. n. 81/2008, nello scavo di pozzi e di trincee profondi più di m. 1,50, quando la consistenza del terreno non dia sufficiente garanzia di stabilità, anche in relazione alla pendenza delle pareti, si deve provvedere man mano che procede lo scavo, all'applicazione delle necessarie armature di sostegno. La `sufficiente garanzia di stabilità, anche in relazione alla pendenza delle pareti', richiesta dalla citata norma ai fini dell'esclusione dell'obbligo di applicare armature di sostegno nello scavo di pozzi e trincee profondi più di m. 1,50, va in particolare intesa nel senso per cui la consistenza del terreno dev'essere tale da far ritenere insussistente qualunque pericolo, anche remoto, di franamento o cedimento delle pareti, da valutarsi ex ante, cioè riportandosi al momento dell'effettuazione dello scavo e tenendo presenti tutte le circostanze concretamente conosciute o conoscibili dall'agente che possano in qualsiasi modo contribuire a compromettere la stabilità del terreno anche nel corso del lavoro. Lo scavo superiore a m. 1,50, peraltro, impone la detta verifica della consistenza del terreno onde valutare la necessità di applicare armature di sostegno non al termine ma, secondo la lettera della legge, `man mano che procede lo scavo' stesso''.

``In caso di infortunio sul lavoro per omesso approntamento delle armature di sostegno di uno scavo profondo oltre un metro e mezzo, può essere esclusa la responsabilità del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti solo quando l'evento si sia verificato per cause occulte o lesioni interne del terreno preventivamente non riconoscibili né verificabili da tecnico specializzato tramite consulenza. Questo principio, che è stato affermato con riferimento ad una ipotizzata violazione dell'art. 119 d.lgs. n. 81/08 (che riguarda scavi di pozzi o trincee) [v., infatti, Cass. 16 marzo 2015 n. 11132, sub art. 119, paragrafo 1] opera anche con riferimento all'art. 118, comma 2, D.Lgs. n. 81/2008. Le due norme, infatti, sono espressione del medesimo criterio di cautela, secondo Il quale il pericolo di seppellimento dei lavoratori conseguente a frane e smottamenti è insito nelle operazioni di scavo, salvo che il terreno dia tali garanzie di stabilità da consentire di escluderlo e l'evento si sia verificato per cause occulte''.

``Il datore di lavoro dell'infortunato osserva che l'art. 118, comma 5, D.Lgs. n. 81/2008 è destinato ad operare mentre gli scavi sono in corso e non quando, come nel caso di specie, lo scavo è completato. Sottolinea che l'esistenza di illeciti urbanistici penalmente rilevanti è stata esclusa con sentenza definitiva e che, quand'anche tali illeciti fossero stati sussistenti, ciò non estendeva certo gli obblighi di sicurezza facenti capo al datore di lavoro (che si riferivano solo all'esecuzione delle opere di carpenteria e non anche alla fase dello scavo). Rileva che i lavori di scavo erano stati appaltati a una s.r.l. sul cui corretto operato poteva fare affidamento. Sostiene che il POS predisposto dalla sua impresa non doveva valutare rischi da seppellimento (che erano collegati esclusivamente alla attività di scavo) ed egli non era tenuto ad accertarsi delle caratteristiche geologiche del sito. Nessuno di questi argomenti appare idoneo a scalfire il nucleo su cui si fonda l'affermazione della penale responsabilità. Lo scavo era, infatti, il luogo di lavoro nel quale l'imputato inviò i propri dipendenti e le sentenze di merito sottolineano che quel luogo di lavoro non era sicuro: perché lo sbancamento non era frutto di un idoneo intervento progettuale; perché sul ciglio dello scavo era stato pericolosamente collocato, insieme a pietrame di cantiere, il terreno di risulta dello sbancamento; perché il fronte di attacco non era stato inclinato in modo tale da impedire franamenti. La circostanza che lo scavo fosse stato già concluso e fosse stato materialmente eseguito da altri, non faceva sì che egli fosse estraneo alla gestione del rischio di seppellimento che poteva concretamente governare non consentendo ai propri dipendenti di operare all'interno di uno scavo che non garantiva condizioni di sicurezza. È coerente con tale impostazione che egli sia stato ritenuto responsabile per non aver verificato che le lavorazioni si svolgessero in un luogo sicuro e aver omesso di valutare il rischio connesso''.

«Il datore di lavoro garante non può reputarsi sollevato dalle previste e necessarie opere di sostegno, contenimento e protezione, stante la natura dei lavori da svolgere (sbancamento con mezzi meccanici a ridosso di costone), quale che sia il giudizio sulla consistenza del terreno espressa in sede geologica».

Note a piè di pagina
64
Comma così modificato dall'art. 74, comma 1 del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
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