1. Il cantiere, in relazione al tipo di lavori effettuati, deve essere dotato di recinzione avente caratteristiche idonee ad impedire l'accesso agli estranei alle lavorazioni.
GIURISPRUDENZA COMMENTATA
Sommario: 1. Obbligo di recinzione del cantiere - 2. Due cantieri, tre ditte .
Un socio lavoratore responsabile per la sicurezza di una s.a.s. fu condannato per l'infortunio mortale subito da altro socio lavoratore per ``aver omesso di provvedere alla segregazione dell'area adibita a lavori di giardinaggio'', con la conseguenza che, ``mentre si trovava sulla piattaforma per la potatura di un pino rientrante nella proprietà di un privato, lascava cadere una porzione del tronco dell'albero, che attingeva al capo l'altro socio, che si trovava nell'area sottostante, non segregata né segnalata, benché rientrante nel raggio di azione del carrello''. Nel confermare la condanna, la Sez. IV rileva che ``la prescrizione di cui all'art. 109 D.Lgs. n. 81/2008 ha una funzione precauzionale, sia verso i lavoratori che verso i terzi''. E spiega: ``La predisposizione di adeguate forme di recinzione, certamente funzionale ad impedire l'accesso al cantiere da parte di soggetti estranei, intende garantire anche la sicurezza dei lavoratori, che nel cantiere sono chiamati ad operare. La delimitazione dell'area di cantiere, cioè, integra una norma cautelare di ordine polifunzionale. La previsione, nell'assicurare che terzi estranei, privi di ogni formazione antinfortunistica, accedano all'area interessata dalle lavorazioni, esponendo a rischio se stessi, risulta contestualmente funzionale a circoscrivere la zona di cantiere, quale zona intrinsecamente esposta a fonti di rischio, anche per i lavoratori addetti. In tali termini, la recinzione si risolve in un presidio funzionale a garantire la sicurezza degli operatori addetti alle lavorazioni che devono essere svolte all'interno della zona delimitata”. (Su un'ipotesi d'infortunio mortale subito da un socio lavoratore colpito da un albero v. Cass. n. 27242 del 1° ottobre 2020, sub art. 2, paragrafo 15).
``L'art. 109, D.Lgs. n. 81/2008 imponeva una recinzione atta a impedire l'accesso al cantiere da parte di terzi estranei. Senonché l'infortunata era invece sicuramente entrata nel cantiere ove fu poi trovata morta. La donna era molto anziana e non autosufficiente, con ciò che ne consegue in punto di possibilità di rimanere vittima di cadute e di difficoltà nell'invocare aiuto. La donna cadeva in un luogo - non adeguatamente recintato - in cui ben difficilmente sarebbe stato possibile trovarla e soccorrerla, in modo tale da rimanere in stato di abbandono; il decesso avvenne bensì per infarto ma in correlazione con la disidratazione della donna (verificatasi in seguito all'accesso della stessa ad area che doveva essere interdetta all'ingresso di estranei, e presumibilmente a distanza di diverse ore o giorni dall'uscita dell'anziana donna dall'ospedale), disidratazione resa ancor più probabile dalla stagione estiva (i fatti sono dell'agosto); il primo elemento della serie causale che condusse al decesso era pur sempre costituito dalla violazione di una regola codificata di prevenzione di infortuni a terzi estranei al luogo di lavoro, con ciò che ne consegue in termini di prevedibilità di incidenti a terzi, oltretutto nel comprensorio di un ospedale ove insisteva una RSA; né infine risulta affatto esplorata, in punto di prevedibilità in concreto, la tipologia di pazienti della RSA ove la donna era ricoverata, da valutarsi in relazione con i rischi di un potenziale accesso di alcuno di detti pazienti in area non adeguatamente recintata e di un possibile verificarsi di conseguenti incidenti a loro carico. Con precipuo riguardo a quest'ultimo profilo, nel valutare la possibile dipendenza causale tra le contestate omissioni di norme cautelari e l'evento-morte (e in relazione alla presenza di una RSA nel comprensorio dell'ospedale), sarebbe stato (ed è) necessario approfondire se il fatto fosse ricollegabile all'inosservanza delle predette norme, e cioè sempre che la presenza di soggetto passivo estraneo all'attività ed all'ambiente di lavoro, nel luogo e nel momento dell'infortunio non rivestisse carattere di anormalità, atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere interrotto il nesso eziologico tra l'evento e la condotta inosservante, e la norma violata miri a prevenire l'incidente verificatosi''.
Condannato per la violazione dell'art. 109, D.Lgs. n. 81/2008, il titolare di un'impresa edile deduce a sua discolpa che «nessun pericolo sussisteva anche perché vi erano gli operai al lavoro», e che la parola `idonee' di cui all'art. 109, D.Lgs. n. 81/2008 deve essere interpretata nel senso di idonea a prevenire danni a terzi in un luogo dove vi siano pericoli». La Sez. III replica: «La critica mossa dall'imputato tende a sollecitare una rivalutazione del fatto in base ad un criterio (quello dell'accertamento in concreto dell'effettiva esistenza di pericoli all'interno dell'area di cantiere) che invece la norma non prevede affatto».
V. pure Cass. 23 giugno 2016 n. 26097, ove si rileva ``l'esigenza di evitare che terzi estranei possano entrare in contatto con rischi e pericoli connessi all'attività che si svolge all'interno del cantiere'', nonché Cass. 3 maggio 2019, n. 18344. L'Interpello n. 12 del 25 ottobre 2016 precisa che “La segnaletica e delimitazione di cantiere previste dal codice della strada hanno le funzioni espressamente ivi previste e sono cosa diversa dalla recinzione di cui all'art. 109 del D.Lgs. n. 81/2008. Tuttavia, ove la delimitazione di cui sopra abbia le caratteristiche di impedire l'accesso agli estranei alle lavorazioni', la stessa deve considerarsi idonea anche ai fini del sopracitato art. 109 del D.Lgs. n. 81/2008”.
Tre le ditte operanti in due cantieri attigui: il primo avente per oggetto lavori di costruzione di un nuovo svincolo di autostrada appaltati a una s.p.a., l'altro lavori di completamento e ammodernamento di un tratto di tale autostrada appaltati a una soc.cons.a.r.l., ivi inclusa la fornitura e posa in opera di manto di asfalto subappaltati dalla soc.cons.a.r.l. a una s.r.l. Un dipendente della s.r.l., addetto alla pompa per travaso di calcestruzzo dall'autobetoniera ad un pilastro in costruzione ubicato nell'area del cantiere di costruzione del nuovo svincolo autostradale, per avere una migliore visione, si era allontanato dalla zona in cui vi era il pilastro, e si era fermato sulla carreggiata attigua all'altro cantiere, ove la soc.cons.a.r.l. stava effettuando lavori di completamento e ammodernamento del tratto autostradale. Lungo la carreggiata sopraggiungeva in retromarcia un automezzo trasportante bitume, condotto da un dipendente della ditta con cui la s.r.l. aveva in corso un contratto di appalto di fornitura di materiale bituminoso e che doveva avvicinarsi alla macchina finitrice per effettuare lo scarico. L'autista del veicolo, non accortosi della presenza del dipendente della s.r.l. addetto alla pompa per travaso di calcestruzzo, lo investiva, cagionandone la morte. a causa delle lesioni subite. Condannati i responsabili delle tre ditte, nonché il coordinatore per l'esecuzione dei lavori. E condannate anche le stesse tre imprese per l'illecito amministrativo connesso al delitto di omicidio colposo. A dividere i due cantieri non era stata collocata la recinzione pur prevista dai rispettivi POS, né vi era segnaletica indicante il transito di veicoli, né al momento dell'incidente era presente alcun preposto delle ditte coinvolte che potesse impedire al lavoratore di tenere un comportamento pericoloso. La Sez. IV rileva che ``la funzione della recinzione non era soltanto quella di definire le aree di lavorazione e di impedire l'accesso ad estranei, ma anche quella di delimitare le zone dove si effettuavano lavorazioni pericolose, per impedire che gli stessi lavoratori del cantiere accedessero a tali aree, dove soltanto ad alcuni di essi, edotti degli specifici pericoli vi presenti, era consentito entrare'': ``funzione ben specificata dall'INAIL, nonché dal Ministero del lavoro che, nel fornire chiarimenti in merito all'applicazione dell'art. 109 D.Lgs. n. 81/2008, ha precisato che la recinzione di cantiere, oltre ad avere la funzione di cui all'art. 109, cioè di impedimento all'accesso di estranei, riveste anche quella di misura di sicurezza per i lavoratori che operano all'interno del cantiere, e ciò al fine di impedire le interferenze tra lavorazioni pericolose e delimitare le zone di accesso soltanto a determinati operai, edotti dei pericoli connessi alle specifiche lavorazioni: rischi specifici delle interferenze tra le lavorazioni, che, nel caso di specie, proprio in quanto tali, erano stati contemplati ed individuati nei rispettivi POS, così come le misure di sicurezza idonee ad eliminarli''. Sottolinea che ``tali misure non sono state attuate, essendo stata erroneamente reputata sufficiente ed adeguata la scarpata naturale intercorrente tra i due cantieri'', ``una scarpata che non poteva svolgere efficacemente l'anzidetta funzione impeditiva, in quanto facilmente percorribile dai lavoratori, così come era avvenuto per l'infortunato, e per la sua conformazione non impeditiva dell'accesso all'aerea di lavorazione adiacente''. A questo punto, la Sez. IV si sofferma sul ``rischio interferenziale''. Osserva che ``il termine `interferenza' non riceve una declinazione normativa, ma una definizione può rinvenirsi nella Determinazione n. 3/2008 dell'Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, che la intende come circostanza in cui si verifica un contatto rischioso tra il personale del committente e quello dell'appaltatore o tra il personale di imprese diverse che operano nella stessa sede aziendale con contratti differenti''. Precisa che ``da tali possibili interferenze tra le diverse attività che si svolgono, in successione o contestualmente, all'interno di una stessa area, grava, specularmente, su tutti i datori di lavoro ai quali siano stati appaltati segmenti dell'opera complessa, l'obbligo di collaborare all'attuazione del sistema prevenzionistico globalmente inteso, sia mediante la programmazione della prevenzione concernente i rischi specifici della singola attività, rispetto ai quali la posizione di garanzia permane a carico di ciascun datore di lavoro, sia mediante la cooperazione nella prevenzione dei rischi generici derivanti dall'interferenza tra le diverse attività, rispetto ai quali la posizione di garanzia si estende a tutti i datori di lavoro ai quali siano riferibili le plurime attività coinvolte nel processo causale da cui ha tratto origine l'infortunio''. Un ulteriore profilo di colpa addebitato alla datrice di lavoro della s.r.l. è quello di ``non avere adottato te misure necessarie atte ad impedire investimenti da parte di mezzi circolanti, predisponendo, in particolare, personale con compiti di `moviere' in prossimità delle macchine operatrici degli autocarri per il trasporto del conglomerato bituminoso''.