1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente Capo si intendono per:
a) cantiere temporaneo o mobile, di seguito denominato «cantiere»: qualunque luogo in cui si effettuano lavori edili o di ingegneria civile il cui elenco è riportato nell'allegato X.
b) committente: il soggetto per conto del quale l'intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione. Nel caso di appalto di opera pubblica, il committente è il soggetto titolare del potere decisionale e di spesa relativo alla gestione dell'appalto;
c) responsabile dei lavori: soggetto che può essere incaricato dal committente per svolgere i compiti ad esso attribuiti dal presente decreto; nel campo di applicazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, il responsabile dei lavori è il responsabile del procedimento.4
d) lavoratore autonomo: persona fisica la cui attività professionale contribuisce alla realizzazione dell'opera senza vincolo di subordinazione;
e) coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante la progettazione dell'opera, di seguito denominato coordinatore per la progettazione: soggetto incaricato, dal committente o dal responsabile dei lavori, dell'esecuzione dei compiti di cui all'articolo 91;
f) coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante la realizzazione dell'opera, di seguito denominato coordinatore per l'esecuzione dei lavori: soggetto incaricato, dal committente o dal responsabile dei lavori, dell'esecuzione dei compiti di cui all'articolo 92, che non può essere il datore di lavoro delle imprese affidatarie ed esecutrici o un suo dipendente o il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) da lui designato. Le incompatibilità di cui al precedente periodo non operano in caso di coincidenza fra committente e impresa esecutrice;5
g) uomini-giorno: entità presunta del cantiere rappresentata dalla somma delle giornate lavorative prestate dai lavoratori, anche autonomi, previste per la realizzazione dell'opera;
h) piano operativo di sicurezza: il documento che il datore di lavoro dell'impresa esecutrice redige, in riferimento al singolo cantiere interessato, ai sensi dell'articolo 17 comma 1, lettera a), i cui contenuti sono riportati nell'allegato XV;
i) impresa affidataria: impresa titolare del contratto di appalto con il committente che, nell'esecuzione dell'opera appaltata, può avvalersi di imprese subappaltatrici o di lavoratori autonomi. Nel caso in cui titolare del contratto di appalto sia un consorzio tra imprese che svolga la funzione di promuovere la partecipazione delle imprese aderenti agli appalti pubblici o privati, anche privo di personale deputato alla esecuzione dei lavori, l'impresa affidataria è l'impresa consorziata assegnataria dei lavori oggetto del contratto di appalto individuata dal consorzio nell'atto di assegnazione dei lavori comunicato al committente o, in caso di pluralità di imprese consorziate assegnatarie di lavori, quella indicata nell'atto di assegnazione dei lavori come affidataria, sempre che abbia espressamente accettato tale individuazione;6
i-bis) impresa esecutrice: impresa che esegue un'opera o parte di essa impegnando proprie risorse umane e materiali;7
l) idoneità tecnico-professionale: possesso di capacità organizzative, nonché disponibilità di forza lavoro, di macchine e di attrezzature, in riferimento ai lavori da realizzare.8
GIURISPRUDENZA COMMENTATA
Sommario: 1. Il concetto di cantiere temporaneo o mobile - 2. La figura del committente - 3. Il committente di fatto e il committente sostanziale - 4. Il responsabile dei lavori - 5. Il responsabile dei lavori di fatto - 6. Committente e appaltatore apparenti - 7. Il direttore dei lavori - 8. Altri garanti: progettista, direttore tecnico, geologo, collaudatore, amministratore di studio tecnico - 9. RSPP - 10. Il coordinatore dipendente del datore di lavoro dell'impresa esecutrice - 11. Il proprietario d'immobile e il caso dell'appalto domestico - 12. Il piano sostitutivo di sicurezza - 13. Il distacco nel cantiere temporaneo o mobile - 14. Il POS del datore di lavoro - 15. I soggetti responsabili in caso di sub-appalto .
Tre sono i dati normativi che valgono a individuare il campo di applicazione del Titolo IV, Capo I, D.Lgs. n. 81/2008. Anzitutto, l'art. 88, comma 1, in forza del quale ``il presente Capo contiene disposizioni specifiche relative alle misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori nei cantieri temporanei o mobili quali definiti all'articolo 89, comma 1, lettera a)''; in secondo luogo, l'art. 89. Comma 1, lettera a), esplicito nel definire il cantiere temporaneo o mobile come ``qualunque luogo in cui si effettuano lavori edili o di ingegneria civile il cui elenco è riportato nell'allegato X''; infine, l'allegato X, ove si elencano come ``lavori edili o di ingegneria civile di cui all'articolo 89 comma 1, lettera a)'', ``i lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento, ristrutturazione o equipaggiamento, la trasformazione, il rinnovamento o lo smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o in altri materiali, comprese le parti strutturali delle linee elettriche e le parti strutturali degli impianti elettrici, le opere stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche e, solo per la parte che comporta lavori edili o di ingegneria civile, le opere di bonifica, di sistemazione forestale e di sterro'', e ove si considerano, inoltre, ``lavori di costruzione edile o di ingegneria civile'' ``gli scavi, ed il montaggio e lo smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per la realizzazione di lavori edili o di ingegneria civile''. Di particolare rilievo al riguardo sono (oltre a Cass. 23 novembre 2022 n. 44557, sub art. 88, paragrafo 4):
``L'appaltatore di lavori edili, nell'esecuzione della propria attività e in base al principio del neminem laedere, deve osservare tutte le cautele necessarie''. ``Tale obbligo non si limita al periodo di mera esecuzione delle opere appaltate, ma anche alla fase successiva, qualora egli conservi il controllo della zona dei lavori, ma soprattutto si concreta nell'obbligo di non lasciare senza custodia situazioni di grave pericolo; principio dal quale si desume la persistenza della posizione di garanzia in capo all'appaltatore anche nella fase successiva alla eventuale cessione dei lavori e anteriormente al momento in cui l'area interessata dalle opere sia materialmente ed effettivamente entrata nella disponibilità del cessionario''. (Più ampiamente la sentenza è riportata sub art. 3, paragrafo 6).
``L'appaltatore di lavori edili deve osservare tutte le cautele necessarie per evitare danni alle persone, non soltanto nel periodo di esecuzione delle opere appaltate, ma anche nella fase successiva, allorquando egli ha l'obbligo di non lasciare senza custodia le situazioni di grave pericolo che gli siano note''.
``Il Titolo IV del D.Lgs. n. 81/2009 detta `misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili', come definiti dall'art. 89, comma 1, lett. a. Nella vicenda in esame, l'attività svolta dalla s.p.a. appaltatrice era riconducibile alla mera fornitura di materiali o attrezzature e ai lavori o servizi di durata inferiore a cinque uomini-giorno, senza chiarire se ad essa fosse anche demandato il compito di montaggio di un forno''. Pertanto, si esclude la violazione dell'art. 90, comma 1, lettera a), D.Lgs. n. 81/2008 da parte della s.p.a. committente per omessa verifica sull'idoneità dell'impresa appaltatrice.
``Vi era, di fatto, un cantiere in attività, sia pure iniziale, e non già un mero, inerte, deposito; e la circostanza che non fosse intervenuta l'approvazione della licenza edilizia non ha alcun rilievo poiché l'emanazione dell'atto amministrativo in questione è indifferente ai fini della configurabilità o meno di un `cantiere'. L'intero diritto del lavoro è incentrato sul principio di effettività. Ove così non fosse, in presenza di attività lavorative abusive ed illegali, in ipotesi completamente `in nero', non sarebbe applicabile il diritto penale del lavoro, con agevole elusione della disciplina posta - essenzialmente - a protezione dei lavoratori: il che, con tutta evidenza, non è e non può essere''. ``Sono individuati plurimi indici fattuali della esistenza, in quel momento storico, di un vero e proprio cantiere, sia pure in fase iniziale di allestimento, e cioè: 1) l'avvenuta recinzione dell'area; 2) la presenza all'interno dell'area recintata di materiali edili, quali assi e parti di ponteggio; 3) la presenza di due cartelli, l'uno, di tipo commerciale, pubblicitario relativo alla futura attività di costruzione di villette e l'altro, posto sulla recinzione, consistente in un foglio A4 protetto da una cartellina recante le diciture con il nome della impresa affidataria e del suo responsabile, la cui stessa fattura, artigianale e generica, priva di ulteriori indicazioni amministrative, consente di escludere che si tratti di un cartello relativo al precedente cantiere, che era munito di vera e propria licenza edilizia, rimasto per errore attaccato alla recinzione trasportata; si è anche confutata la sottolineata assenza di spogliatoi per gli operai con la fase del tutto iniziale, ma esistente, di allestimento di cantiere. Non senza considerare che era proprio la ditta affidataria, e non già un terzo soggetto, ad avere avanzato la richiesta di autorizzazione, accolta, a poter depositare una gru sul terreno in questione, e inoltre che è stato escluso che la `comunicazione di approntamento di cantiere'' depositata al comune da parte della stessa ditta committente sia frutto di una mera svista del geometra della ditta, che avrebbe inviato la stessa in luogo di una, più pertinente, ```comunicazione di recinzione dell'area'. Corretta appare, inoltre, la lettura del significato dell'all. X al D.Lgs. n. 81/2008 (sia nell'interpretazione delle parole usate dal legislatore sia anche al fine di evitare pericolosi vuoti di tutela), nel senso che esso include nelle attività di cantiere anche quelle di equipaggiamento del cantiere stesso, senza limitare l'equipaggiamento alle sole opere. In ogni caso, la esistenza di un vero e proprio cantiere, è, a ben vedere, un falso problema. Ciò in quanto, avendo pacificamente la ditta affidataria avanzato la richiesta di autorizzazione, accolta dalla società committente, a poter depositare una gru sul terreno in questione, ed avendo, dunque, avuto l'assenso, provveduto al trasporto del pesante macchinario, i lavoratori a ciò addetti (l'infortunato e un altro) sono stati comandati dal proprio datore di lavoro di compiere un'attività indubbiamente pericolosa, attesa la mole ed il peso degli oggetti da trasportare e la presenza di una linea elettrica non protetta, da svolgersi (cantiere in senso stretto o meno che fosse lo spazio fisico ove era concretamente da eseguirsi lo stessa) in un'area che certamente era `luogo di lavoro' nella consolidata accezione di luogo, anche extra-cantiere, in cui viene svolta e gestita una qualsiasi attività implicante prestazioni di lavoro ed in cui, in conseguenza, il lavoratore deve o può recarsi per eseguire incombenze di qualsiasi natura in relazione alla propria attività''.
``L'attività preparatoria dell'area nella quale si doveva realizzare il parcheggio, con prelievo del materiale di risulta ivi depositato, rientra a pieno titolo nella fase esecutiva dei lavori. Pertanto, già a partire da questo iniziale momento dovevano essere applicate le norme antinfortunistiche e le prescrizioni contenute nel POS, su cui era tenuto a vigilare il coordinatore. Gli obblighi imposti dalie norme antinfortunistiche, mirando a tutelare la incolumità dei lavoratori sul luogo di lavoro, devono essere osservate sin dall'inizio della fase lavorativa''.
``L'appaltatore di lavori, in base al principio del neminem laedere, deve osservare tutte le cautele necessarie per evitare danni alle persone, non soltanto nel periodo di esecuzione delle opere appaltate, ma anche nella fase successiva, permanendo l'obbligo di non lasciare senza custodia le situazioni di grave pericolo che gli siano note''. (Conforme Cass. 14 giugno 2016, n. 44612).
Nell'art. 89, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008, ``la lettera della legge non autorizza a ritenere che il cantiere temporaneo o mobile debba considerarsi concluso, e che sia correlativamente esaurita la posizione di garanzia del coordinatore per l'esecuzione e del committente, allorché siano terminate le opere edili in senso stretto, ponendosi tale interpretazione in contrasto tanto con la pluralità delle lavorazioni che, ordinariamente, afferiscono ai cantieri in cui si eseguono lavori edili, e che sono agli stessi funzionali, quanto con la necessità di garantire la massima sicurezza dei lavoratori legata al coordinamento delle diverse attività lavorative per tutto il tempo necessario a consentire la completa esecuzione dell'opera, ancorché í lavori edili in senso stretto siano stati terminati in un momento antecedente. Ciò che mantiene operante la posizione di garanzia del coordinatore per l'esecuzione e del committente non può essere tanto il mancato completamento delle attività inerenti ai lavori edili o di ingegneria civile propriamente detti, quanto piuttosto la persistenza di ulteriori fasi di lavorazione proprie dell'attività di cantiere nel suo complesso. L'esecuzione di lavori edili o di ingegneria civile giova, in altre parole, a connotare, in ragione del tipo di attività che ivi si svolge, il cantiere temporaneo o mobile, ma non è sufficiente a definire anche i limiti spaziotemporali di tale cantiere, diversamente correlati al perfezionamento di tutte le fasi di lavorazione, anche successive ai lavori edili o di ingegneria civile in senso stretto, funzionali al collaudo ed alla consegna dell'opera. Tanto vieppiù vale se si considera che non vi era stata alcuna rituale comunicazione di fine lavori alla committente da parte dell'impresa affidataria''.
Nel caso di specie, ``i lavori consistevano nella bonifica e nello smantellamento di una passerella metallica di rilevanti dimensioni, posizionata sull'estremità del muro di separazione di due vasche, nel quadro del ripristino strutturale e funzionale di un impianto di acque reflue'', e ``le modalità esecutive dell'operazione prevedevano dapprima il taglio dei bulloni di fissaggio della passerella, quindi il taglio di parte della struttura a tratti di 4-5 mt., previo fissaggio a un argano, infine il sollevamento della passerella mediante una gru, per trascinarla fuori delle vasche''. Al riguardo, la Sez. IV premette che ``l'art. 89 del D.Lgs. n. 81/2008 rimanda, per la nozione di lavori che qualificano il luogo come `cantiere temporaneo', all'allegato X al decreto''. Osserva che ``lo smantellamento della passerella metallica (struttura avente notevoli dimensioni) alla quale stava lavorando assieme ad altri operai la persona offesa, non può che qualificare il luogo di svolgimento del lavoro in questione come cantiere temporaneo''. Esclude che, ``a fronte di ciò, assuma rilievo a contrario il fatto che il contratto vigente fra la s.p.a. committente e la s.r.l. appaltatrice facesse riferimento ad opere, genericamente qualificate come di manutenzione, tra le quali (peraltro in via interpretativa) poteva farsi rientrare anche lo smantellamento della passerella in occasione della quale avvenne l'evento lesivo; così come alcun rilievo può annettersi, per analoghe ragioni, al capitolato d'appalto posto in essere tra la s.p.a. committente e il consorzio, del quale la s.r.l. faceva parte''. Ritiene del pari ``irrilevante, in relazione alla tipologia fattuale dei lavori in corso di svolgimento al momento del fatto, la circostanza che l'attività oggetto della D.I.A. presentata dal dirigente della s.p.a. committente al comune fosse prevista in un momento successivo all'evento oggetto del processo'', stante ``la necessaria funzionalità prodromica della rimozione della passerella rispetto ai lavori cui si riferiva la D.I.A., tra i quali rientrava la realizzazione di una passerella in cemento al posto di quella metallica''. Conclude che, ``indipendentemente dall'inquadramento formale e contrattuale delle opere in corso di svolgimento al momento dell'evento, lo smontaggio della passerella metallica qualificava in concreto il luogo di lavoro come cantiere temporaneo e imponeva dunque l'adozione di tutte le cautele e misure all'uopo previste, con conseguente applicazione delle previsioni di cui agli artt. 88 e ss. D.Lgs. n. 81/2008''.
(Cfr., altresì, Cass. n. 3809 del 27 gennaio 2015; Cass. n. 44107 del 23 ottobre 2014; Cass. n. 31304 del 22 luglio 2013; Cass. n. 5075 del 9 febbraio 2010).
A proposito del committente, indicazioni, purtroppo non sempre appaganti, sono date da:
``La disposizione di cui all'art. 89 D.Lgs. n. 81/2008 definisce il committente come colui `per conto del quale l'opera viene realizzata'. L'espressione `per conto', è equivalente sia a `per incarico di' oppure a `in nome di' oppure ancora `a favore di'. Si tratta, in ogni caso, di un soggetto che ha interesse alla realizzazione dell'opera o perché è il colui che stipula il contratto o perché si avvantaggia della sua realizzazione o vi è tenuto giuridicamente oppure perché è stato delegato ad occuparsene. Si tratta di una definizione, che pur prevista dal D.Lgs. n. 81/2008, rivolto a disciplinare la materia della sicurezza sul lavoro, si sovrappone alla generalissima figura civilistica del committente, quale soggetto che commissiona un lavoro, benché la normativa specifica regolata dal richiamato testo unico ne delinei i compiti e le responsabilità nell'ambito regolato. È ben possibile, dunque, che i soggetti non coincidano e che chi stipula il contratto in qualità di committente non sia il proprietario del bene o colui a vantaggio del quale l'opera è realizzata. Si pensi, a mero titolo di esempio, ad un soggetto che conduca in locazione un immobile e che per provvedere ad opere di manutenzione ordinaria incarichi un'impresa. Egli ha un obbligo giuridico di provvedere a siffatto tipo di manutenzione, e, quindi, laddove concluda un contratto per provvedervi è lui e non il proprietario che assume, in modo esclusivo il ruolo di `committente'. O ancora si pensi all'ipotesi di cui all'art. 2028 c.c., in cui alcuno intervenga spontaneamente su un bene altrui, in absentia domini al fine di porre rimedio a situazioni in cui è necessario un intervento urgente (cfr. ad es. l'ipotesi del conduttore che, avvalendosi dei poteri sostitutivi e di gestione conferitigli dagli articoli 1577, comma 2, e 2028 c.c. esegue riparazioni urgenti, ancorché su cosa non locatagli, ma necessarie per l'uso convenuto di quella locatagli; o l'ipotesi dell'amministratore di condominio che stipuli un contratto di affidamento in appalto di lavori da eseguirsi nell'interesse del condominio e può assumere, ove la delibera assembleare gli riconosca autonomia di azione e concreti poteri decisionali, la posizione di `committente', come tale tenuto all'osservanza degli obblighi di verifica della idoneità tecnico professionale della impresa appaltatrice, di informazione sui rischi specifici esistenti nell'ambiente di lavoro e di cooperazione e coordinamento nella attuazione delle misure di prevenzione e protezione). Anche in simili casi chi provvede nell'esclusivo interesse altrui ed a vantaggio altrui, assume nondimeno il ruolo di committente dei lavori, poiché commissiona le opere. Non esiste affatto, dunque, una necessaria coincidenza fra la figura del proprietario che si avvantaggia delle opere e quella del committente che le appalta''. Nel caso di specie, l'imputato ``pretende che per assumere la figura ed i compiti del committente sia necessario che il proprietario gli conferisca delega di funzioni ed il potere di spesa solo così realizzandosi l'effettivo trasferimento degli obblighi con i relativi poteri e facoltà, da parte del soggetto su cui incombe il governo del rischio. Si tratta di un'impostazione che riflette al di fuori del perimetro del D.Lgs. n. 81/2008 disposizioni che sono riferite espressamente al datore di lavoro, estendendo l'ambito di formalizzazione delle deleghe ad una sfera come quella familiare nella quale ipotizzare la necessità di una delega scritta ancor di più con quelle caratteristiche - per affidare ad un membro del nucleo l'incombenza di concludere i contratti e tenere i rapporti con le imprese, i professionisti o gli artigiani che vi provvederanno, si pone come un'incrinatura della natura stessa del rapporto, poiché implica un atto del tutto atipico all'interno di un vincolo di natura affettiva e di comunanza di vita. Al contrario, la responsabilità in capo al committente, nei limiti di culpa in eligendo e di ingerenza nell'esecuzione deriva, non dalla delega formale ricevuta dal proprietario, ma proprio dalla sua veste di soggetto che affida il lavoro. Ora, la corte territoriale, muovendosi sulle linee di quest'asse interpretativo, individua nell'imputato la figura del committente delle opere, nonostante l'assenza del conferimento formale di una delega o di un mandato a contrarre per conto delle proprietarie, sulla base delle dichiarazioni testimoniali raccolte, dalle quali ricava che l'imputato non solo si occupava di fatto della gestione dell'immobile di proprietà della moglie e della sua famiglia, in relazione alle opere di manutenzione necessarie, ma che incaricò personalmente un pensionato di svolgere i lavori sul tetto''.
La Sez. IV osserva che ``il committente, anche nel caso di subappalto, è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l'infortunio, sia per la scelta dell'impresa sia in caso di omesso controllo dell'adozione, da parte dell'appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, specie nel caso in cui la mancata adozione o l'inadeguatezza delle misure precauzionali sia immediatamente percepibile senza particolari indagini''. (Peccato che, nel caso di specie, di un infortunio occorso a socio lavoratore di una cooperativa a r.l. subappaltatrice vengano ritenuti colpevoli i responsabili sia dell'impresa appaltatrice di lavori di costruzione di una stazione elettrica di conversione, sia della cooperativa subappaltatrice delle opere di fondazione ed elevazione delle strutture in cemento armato, ma non della s.p.a. committente).
Più convincenti:
Nell'isola d'Ischia, crolla ``un cornicione realizzato lungo il perimetro di un fabbricato, del peso di circa 40 tonnellate, che, staccandosi dalla cima del fabbricato, rovina sul ponteggio su cui stavano lavorando tre operai, cagionando il decesso di due e lesioni gravissime al terzo''. Causa: ``inadeguato ancoraggio, a causa della insufficiente lunghezza delle barre in ferro di fissaggio, che, penetrando sui solo cordolo preesistente, non raggiungevano la struttura muraria in modo da assicurarne la stabilità''. Per i delitti di cui agli artt. 449 e 589 c.p., la Sez. IV conferma la condanna del datore di lavoro e del direttore dei lavori, ma annulla con rinvio quella del committente: ``La giurisprudenza di legittimità ha configurato la responsabilità del committente in relazione alla violazione di taluni obblighi specifici, quali l'informazione sui rischi dell'ambiente di lavoro e la cooperazione nell'apprestamento delle misure di protezione e prevenzione, ritenendo che resti ferma la responsabilità dell'appaltatore per l'inosservanza degli obblighi prevenzionali su di lui gravanti. Nel delineare il dovere di sicurezza facente capo al committente, ha anche precisato che non possa tuttavia esigersi dal committente un controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori. La responsabilità del committente viene in rilievo nel caso di ingerenza nella esecuzione dei lavori, di culpa in eligendo, di mancata nomina del coordinatore della progettazione e nel caso in cui le manchevolezze presenti nel cantiere in tema di sicurezza siano evidenti e non richiedano per la loro individuazione specifiche competenze tecniche. In relazione al caso in esame, con riferimento alla culpa in eligendo, viene in rilievo il possesso, in capo all'impresa esecutrice, dei requisiti d'idoneità tecnico professionale e la regolarità della sua posizione contributiva, attestata dalla presenza in atti del DURC. In relazione all'ulteriore addebito in base al quale graverebbe sul committente l'onere di provvedere alla progettazione esecutiva, così come alla direzione dei lavori, approfondendo il livello della progettazione architettonica sommaria anche sotto il profilo strutturale ed impiantistico, non è chiaro come tale profilo si coniughi con l'avvenuta nomina di diverse figure professionali deputate a svolgere incarichi di progettazione, esecuzione e verifica della conforrnità di dette opere. Invero, risulta che l'imputato abbia provveduto alia nomina di un progettista, di un direttore dei lavori e di un coordinatore delta sicurezza nella fase di progettazione ed esecuzione''.
La Sez. IV osserva: ``Certamente, la s.r.l. affidataria è committente rispetto alle ditte subappaltatrici con cui ha instaurato autonomi rapporti contrattuali'', ma ``ciò non basta per far cessare il rapporto tra la s.r.l. committente e la s.r.l. affidataria, inquadrabile nell'ambito del contratto di appalto, in cui la veste di committente è assunta (e conservata) dall'amministratore della prima s.r.l.'', in linea ``con la nozione di committente normativamente delineata e più volte chiarita dalla giurisprudenza di legittimità e con l'espressa previsione legislativa in ordine alla presenza di più imprese in cantiere quale presupposto dal quale è fatto sorgere per il committente l'obbligo di nomina del coordinatore per l'esecuzione dei lavori''. Ne desume che, ``nel caso in cui la presenza di più imprese sia determinata da più contratti di subappalto, l'impresa appaltante non perde la qualifica di committente né si sottrae all'obbligo di. designazione del coordinatore per l'esecuzione dei lavori''. Aggiunge che ``il committente, quale titolare di una specifica posizione di garanzia, risponde dell'infortunio subito dai lavoratori per non aver nominato il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, che è tenuto a verificare l'idoneità del piano operativo di sicurezza, a vigilare sul rispetto delle misure precauzionali ivi indicate e a sospendere le attività in caso di grave ed imminente pericolo'', e che ``il committente, anche nel caso di subappalto, è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l'infortunio, sia per la scelta dell'impresa sia in caso di omesso controllo dell'adozione, da parte dell'appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, specie nel caso in cui la mancata adozione o l'inadeguatezza delle misure precauzionali sia immediatamente percepibile senza particolari indagini''. Ricorda, altresì, che ``il committente, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un'unica ditta appaltatrice (c.d. cantiere `sotto-soglia'), è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l'infortunio, sia per la scelta dell'impresa, sia in caso di omesso controllo dell'adozione, da parte dell'appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro''.
Del reato di lesioni colpose gravi in danno di un lavoratore autonomo, artigiano operante nel settore della controsoffittatura, fu chiamato a rispondere - al pari del titolare dell'impresa appaltatrice e del coordinatore per l'esecuzione dei lavori responsabile dei lavori e direttore dei lavori - il proprietario committente di lavori di ristrutturazione, intervenuto direttamente ed ingeritosi nella gestione del cantiere.
(Cfr. pure Cass. n. 55180 del 29 dicembre 2016; Cass. n. 48956 dell'11 dicembre 2015; Cass. n. 35336 del 24 agosto 2015; Cass. n. 31304 del 22 luglio 2013; Cass. n. 36869 del 22 settembre 2009; Cass. n. 36581 del 21 settembre 2009; Cass. n. 47370 del 19 dicembre 2008; Cass. n. 23090 del 10 giugno 2008. Per un caso di appalto chiavi in mano v. Cass. n. 42003 del 15 novembre 2011).
``Il committente, anche nel caso di subappalto, è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l'infortunio, sia per la scelta dell'impresa sia in caso di omesso controllo dell'adozione, da parte dell'appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, specie nel caso in cui la mancata adozione o l'inadeguatezza delle misure precauzionali sia immediatamente percepibile senza particolari indagini. Sull'attribuibilità della posizione di garanzia non solo in seguito a investitura formale, ma anche in seguito all'esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante, va poi ricordato che essa deve essere individuata accertando in concreto la effettiva titolarità del potere-dovere di gestione della fonte di pericolo, alla luce delle specifiche circostanze in cui si è verificato il sinistro. Dunque, la posizione di committente ancorché `di fatto' costituisce, sul piano astratto, posizione di garanzia con riferimento ai luoghi di lavoro ove si svolgono le prestazioni oggetto di appalto, specie laddove la mancata adozione o l'inadeguatezza delle misure precauzionali sia immediatamente percepibile senza particolari indagini. È certamente tale il caso in cui lavori in quota vengano eseguiti da lavoratori delle imprese appaltatrici senza i necessari strumenti e dispositivi di protezione; ed è esattamente quanto avvenuto nella specie, trattandosi pacificamente di caduta dall'alto di un lavoratore sprovvisto di tali strumenti e dispositivi (cinture di sicurezza o altri aventi analoga funzione) sebbene fosse impegnato su un balcone privo di parapetto, oltretutto in orario serale e senza luce naturale. Nel caso di che trattasi, se è vero che l'amministratrice della società appaltante era formalmente la moglie dell'imputato, nella sostanza costui si poneva nei rapporti con gli altri soggetti interessati (ditte appaltatrici, acquirenti degli immobili ecc.) come se fosse il dominus della committenza: aveva commissionato i lavori, era quasi sempre presente in cantiere, aveva affidato gli incarichi alle ditte appaltatrici con i cui rappresentanti discuteva di prezzi e pagamenti, verificava l'andamento dei lavori''.
Infortunio mortale durante i lavori di manutenzione commissionati dalla s.p.a. proprietaria di un albergo a un dipendente della s.r.l. appaltatrice e precipitato nel vuoto dal tetto dell'albergo. Venne condannato per omicidio colposo il legale rappresentante della s.r.l., mentre il direttore dell'albergo fu condannato in primo grado, ma assolto in appello per non aver commesso il fatto. La Sez. IV conferma l'assoluzione del direttore di albergo: ``Il direttore d'albergo non ha assunto la posizione di garanzia del committente, non avendo stipulato il contratto di appalto, avente ad oggetto l'esecuzione dei lavori di manutenzione dell'edificio in esame. Secondo il giudice di primo grado l'imputato era stato nominato responsabile della sicurezza dell'albergo e delegato al coordinamento dell'attività di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori durante il lavoro. La posizione di garanzia del datore di lavoro o del suo delegato ex art. 16 D.Lgs. n. 81/2008 non va confusa con quella del committente, trattandosi di due distinte posizioni di garanzia, da cui discendono obblighi diversi, nei confronti di soggetti diversi, sicché l'assunzione della prima non comporta automaticamente l'assunzione della seconda. L'asserito controllo dei lavori, da parte dell'imputato, per conto della proprietaria committente, non implica l'assunzione di una formale posizione di garanzia, che il committente può, invece, trasferire, ai sensi degli artt. 89, comma 1, lett. c) e 90 D.Lgs. n. 81/2008, ad un responsabile dei lavori, incaricandolo specificamente della progettazione o del controllo dell'esecuzione dell'opera. Nella prospettazione del P.M. e delle parti civili ricorrenti, l'imputato non ha avuto il ruolo del responsabile dei lavori oggetto di appalto, ma ha avuto piuttosto quello di delegato alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro ed avrebbe, poi, assunto il ruolo `sostanziale' di committente, in quanto longa manus, presente nel luogo di esecuzione dei lavori, della s.p.a. committente, tenuto conto della complessità organizzativa di quest'ultima. La possibilità di individuare un committente sostanziale - che si aggiunga o, addirittura, si sostituisca a quello formale, che, nel caso di specie, si identifica nella s.p.a. in persona del suo legale rappresentante, la quale, in considerazione della sua complessità organizzativa, avrebbe potuto nominare un responsabile dei lavori, dovrebbe, tuttavia, essere fondata sull'esercizio di fatto di tutte le funzioni tipiche della figura del garante committente e, quindi, anche sull'affidamento dell'incarico e sul pagamento del corrispettivo (o, più, in generale di tutte le funzioni che il P.M. ricorrente riconduce al piano `della gestione amministrativa/economica' del contratto) e non solo sullo svolgimento di mansioni ausiliarie che ben si conciliano con il ruolo dell'imputato, quale soggetto che lavorava per la s.p.a. all'interno della struttura alberghiera, oggetto degli interventi di manutenzione (ovvero sui soli segmenti del controllo assolutamente informale e atecnico dei lavori). Il tetto dell'edificio non costituisse un luogo di lavoro per i lavoratori dell'albergo: indetto luogo non si svolge alcuna attività propria dell'hotel, non essendo un tetto praticabile, ma vi sono alloggiati gli impianti termici e di condizionamento, e le prove non hanno dimostrato che il controllo e la manutenzione di detti impianti vengano svolti dal personale dell'albergo''.
(Per un'ipotesi d'infortunio mortale addebitato a due fratelli considerati ``committenti di fatto'' Cass. 12 giugno 2018, n. 26855).
Un operaio intento a lavori di edificazione di una cappella funeraria per conto di due anziane signore precipitò al suolo da una impalcatura e subì lesioni mortali. Fu condannato per omicidio colposo il nipote delle signore, «quale responsabile del cantiere nonché promotore dell'attività edilizia finalizzata alla costruzione di due cappelle cimiteriali», per colpa consistita nel non aver provveduto «ad adottare su tutti i lati della costruzione adeguate impalcature o ponteggi atti ad eliminare i pericoli di caduta di persone e/o cose». Nel confermare la condanna, la Sez. IV prende atto che «l'imputato assolveva alle mansioni di direttore dei lavori 'di fatto'; portatore di un interesse legato alla richiesta delle anziane zie, dopo essersi interessato per il reperimento della manodopera, andava in concreto a controllare lo stato di avanzamento delle opere; provvedeva al pagamento degli operai talvolta addirittura con propri assegni; veniva considerato dagli stessi operai il direttore dei lavori; ha in concreto diretto i lavori, si è reso promotore della realizzazione dell'opera, ha contattato gli operai, ha provveduto al loro pagamento, e ha ammesso di essersi recato sul cantiere per controllare i lavori». Reputa «del tutto irrilevante che non fosse il formale direttore dei lavori, se solo si consideri che la responsabilità per l'omessa adozione delle cautele antinfortunistiche incombe su chi dirige in concreto i lavori, indipendentemente da ogni posizione o qualifica formale», e perciò «egli era tenuto a vigilare sul rispetto delle norme antinfortunistiche, che sono state però del tutto violate». Aggiunge che, «quand'anche si volesse ritenere che l'imputato abbia agito solo quale longa manus delle committenti anziane zie, su di lui, quale committente di fatto, pure incombevano gli obblighi di cui al combinato disposto degli artt. 6, 4, primo comma, e 5, comma 1, lett. a), D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494 [v. ora artt. 93, 91, 92, D.Lgs. n. 81/2008]».
A proposito del responsabile dei lavori, si sono susseguiti dal 1996 ad oggi continui colpi di scena. Utile è porre a confronto le diverse definizioni date nel tempo:
- «soggetto incaricato dal committente per la progettazione o per l'esecuzione o per il controllo dell'esecuzione dell'opera» (art. 2, comma 1, lettera c, D.Lgs. n. 494/1996 originario)
- «soggetto che può essere incaricato dal committente ai fini della progettazione o della esecuzione o del controllo della esecuzione dell'opera, e, in caso di appalto di opera pubblica,» il «responsabile unico del procedimento» (art. 2, comma 1, lettera c, D.Lgs. n. 494/1996, così come modificato dal D.Lgs. n. 528/1999)
- «soggetto incaricato, dal committente, della progettazione o del controllo dell'esecuzione dell'opera; tale soggetto coincide con il progettista per la fase di progettazione dell'opera e con il direttore dei lavori per la fase di esecuzione dell'opera»; «nel campo di applicazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modifiche, il responsabile dei lavori è il responsabile unico del procedimento» (art. 89, comma 1, lettera c, D.Lgs. n. 81/2008 originario)
- «soggetto che può essere incaricato dal committente per svolgere i compiti ad esso attribuiti dal presente decreto; nel campo di applicazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, il responsabile dei lavori è il responsabile del procedimento» (art. 89, comma 1, lettera c, D.Lgs. n. 81/2008, così come modificato dal D.Lgs. n. 106/2009).
Da leggere, oltre ai precedenti richiamati sub art. 93:
``Per ciò che attiene alla sicurezza, il committente (o il responsabile dei lavori, ove nominato in sua vece) si trova in un ruolo critico-dialettico nei confronti del datore di lavoro dell'impresa esecutrice che, naturalmente, è a sua volta portatore di plurimi obblighi in tema di sicurezza. Ciò giustifica il tenore dell'art. 2, lett. f), D.Lgs. n. 494/1996 [ripreso dall'art. 89, comma 1, lett. f), D.Lgs. n. 81/2008] che, nel definire la figura del coordinatore per l'esecuzione dei lavori, dispone che si tratti di soggetto diverso dal datore di lavoro dell'impresa esecutrice. È infatti naturale che venga esclusa la possibilità che soggetto controllante e soggetto controllato si identifichino. A maggior ragione, però, è da escludere che il sovraordinato ruolo di responsabile dei lavori (cui può essere assegnato dal committente un ineludibile ruolo di alta vigilanza sulla sicurezza del cantiere), possa essere attribuito al datore di lavoro dell'impresa esecutrice. Con maggiore precisione, è da escludere che la delega in tema di sicurezza possa essere attribuita dal committente ad un responsabile dei lavori individuato nel datore di lavoro dell'impresa esecutrice. Una tale eventualità, infatti, riprodurrebbe ad un più alto livello di responsabilità, l'inconcepibile identificazione tra controllore e soggetto controllato per ciò che riguarda la sicurezza del cantiere. La conclusione qui enunciata discende, come si vede, in modo obbligato sia dalla logica dell'intreccio degli enunciati testuali; sia dalla conformazione del sistema di protezione che esclude la sovrapposizione, in capo allo stesso soggetto, dei ruoli di controllore e di controllato''. (Conforme già Cass. 14 gennaio 2010, n. 1490).
``Sul responsabile dei lavori incombe l'obbligo della verifica delle condizioni di sicurezza del lavoro in attuazione dei relativi piani. Ai sensi del Regolamento di attuazione della legge quadro dei lavori pubblici, il responsabile del procedimento provvede a creare le condizioni affinché il processo realizzativo dell'intervento risulti condotto nei tempi e costi preventivati e nel rispetto della sicurezza e della salute dei lavoratori, in conformità a qualsiasi altra disposizione di legge in materia. Inoltre egli deve coordinare le attività necessarie alla redazione del progetto definitivo ed esecutivo, verificando che siano rispettate le indicazioni contenute nel documento preliminare alla progettazione e nel progetto preliminare, nonché alla redazione del piano di sicurezza e di coordinamento e del piano generale di sicurezza. Inoltre, egli vigila sull'attività, valuta il piano di sicurezza e di coordinamento e l'eventuale piano generale di sicurezza e il fascicolo predisposti dal coordinatore per la progettazione. In sostanza a carico del RUP (responsabile unico del procedimento) grava una posizione di garanzia connessa ai compiti di sicurezza, non solo nella fase genetica dei lavori, laddove vengono redatti i piani di sicurezza, ma anche durante il loro svolgimento, fase nella quale vige l'obbligo di sorvegliarne la corretta attuazione, controllando anche l'adeguatezza e la specificità dei piani di sicurezza rispetto alla loro finalità, preordinata alla incolumità dei lavoratori. Orbene, nel caso di specie, l'imputato è venuto meno all'adempimento degli oneri gravanti a suo carico. A tal proposito, i compiti dell'imputato (avente anche la veste di coordinatore per la progettazione e per l'esecuzione dei lavori) non potevano esaurirsi nella mera redazione del PSC, dovendo egli anche svolgere l'indispensabile opera di coordinatore che prevedeva innanzitutto il controllo che il sub-appaltatore avesse a sua volta predisposto il POS e lo avesse a sua volta portato a conoscenza dei lavoratori interessati. Egli inoltre avrebbe dovuto accertarsi che in cantiere sussistesse una buona coordinazione tra appaltatore, sub-appaltatore e ditta incaricata del solo getto del calcestruzzo''.
«Il responsabile dei lavori è tenuto a verificare la redazione del piano operativo di sicurezza e la compatibilità del medesimo con il piano di sicurezza e coordinamento. Quindi non si tratta di una responsabilità sussidiaria rispetto a quella di altri soggetti, sussistendo a suo carico l'obbligo di verificare l'applicazione da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e coordinamento, nonché di verifica della corretta applicazione delle procedure di lavoro».
«I committenti avevano trasferito all'imputato tutti gli obblighi e gli oneri che ad essi, in detta qualità, competevano con riguardo ai lavori in corso di esecuzione. In tale posizione, l'imputato aveva assunto la qualità di responsabile dei lavori, come, peraltro, lui stesso si era qualificato; qualità in ragione della quale ad esso era stata legittimamente attribuita una precisa posizione di garanzia, non avendo egli provveduto alla nomina del coordinatore per la sicurezza; ovvero, avendolo individuato in persona che, oltre ad esser priva delle competenze richieste, non era stata neanche avvertita di tale nomina. Quindi, l'imputato, in ragione della posizione di garanzia correttamente riconosciutagli, aveva violato gli obblighi che da essa derivavano, non avendo egli svolto i compiti di vigilanza e di controllo sulla piena osservanza, nell'esecuzione dei lavori, delle misure di prevenzione e sicurezza previste nel relativo PSC. Piano, peraltro, da lui stesso redatto, che pur aveva evidenziato il rischio di caduta di materiali dall'alto nell'uso di autogru e che prevedeva precise modalità di imbracatura di tali materiali e di esecuzione delle operazioni di sollevamento e di trasporto dello stesso in maniera da evitare il passaggio dei carichi sospesi sui lavoratori. La posizione di garanzia che a lui stesso derivava dalla qualifica ricoperta nell'ambito dei lavori in esecuzione, gli imponeva di esercitare i doveri di vigilanza e di controllo attribuitigli dalla legge e che riguardavano, tra l'altro, anche la verifica del pieno rispetto, da parte di tutti gli addetti, specie da parte di un imprenditore improvvisato e di un giovane operaio appena assunto ed assegnato a rischiose mansioni, del piano di sicurezza».
«Il responsabile dei lavori è figura individuata dall'art. 89, comma 1, lettera c), D.Lgs. n. 81/2008 come soggetto che può essere incaricato dal committente per svolgere i compiti ad esso attribuiti dal presente decreto (definizione, oggi, più ampia e generica rispetto a quella contemplata dall'abrogato D.Lgs. n. 494/1996, che invece lo indicava come il `soggetto che può essere incaricato dal committente ai fini della progettazione o della esecuzione o del controllo dell'esecuzione dell'opera'). Al fine di rimarcare la differenza esistente tra le due figure soggettive (del responsabile dei lavori e del coordinatore), anche in termini di differenti posizioni di garanzia, è poi necessario rammentare che la legge (art. 90, comma 3, D.Lgs. n. 81/2008) non solo prevede che `nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese esecutrici, anche non contemporanea, il committente, anche nei casi di coincidenza con l'impresa esecutrice, o il responsabile dei lavori, contestualmente all'affidamento dell'incarico di progettazione, designa il coordinatore per la progettazione', ma anche che, solo se il committente o il responsabile dei lavori è in possesso dei requisiti professionali richiesti dall'art. 98 ha facoltà di svolgere le funzioni sia di coordinatore per la progettazione sia di coordinatore per l'esecuzione dei lavori; diversamente, le due figure devono restare separate e, quindi, per quanto qui di interesse, il responsabile dei lavori deve procedere alla designazione nomina del coordinatore per la progettazione». Nulla autorizza l'estensione analogica della fattispecie astratta e di quella sanzionatoria, atteso che si tratta di previsione attinente ad un soggetto dotato di qualifica ben determinata, ossia il coordinatore per la progettazione; diversamente, trattandosi di reato proprio, si violerebbe il divieto di analogia in materia penale (peraltro, in malam partem), salvi i casi di concorso dell'extraneus».
«In base ai principi di diritto ripetutamente affermati dalla Suprema Corte, in materia di sicurezza sul lavoro, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori è titolare di un'autonoma posizione di garanzia che si affianca a quelle degli altri soggetti destinatari delle norme antinfortunistiche. Invero, il responsabile dei lavori edili è titolare di una posizione di garanzia nei confronti dei lavoratori e a nulla rileva la compresenza di un coordinatore della sicurezza in fase di progettazione e di un coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione, i quali, a loro volta, sono titolari di autonome e concorrenti posizioni di garanzia».
«L'imputato ha firmato il progetto in qualità di progettista e direttore dei lavori incaricato dal committente e, come titolare della s.r.I., appaltatrice dei lavori, secondo quanto disposto dall'art. 2, comma 1, lettera c), D.Lgs. n. 494/1996 [e ora dall'art. 89, comma 1, lettera c, D.Lgs. n. 81/2008], assumeva a tutti gli effetti la qualifica di responsabile dei lavori, anche se non formalmente delegato dal committente, e dava disposizioni in merito ai lavori, nonché provvedeva all'ordine di acquisto dei materiali quali le armature metalliche scaricate al momento dell'infortunio, il cui documento di trasporto era intestato proprio alla predetta ditta».
(Per un cenno al coordinatore di fatto Cass. n. 19036 del 20 aprile 2017).
``Il titolare di un'impresa individuale concessionaria dello sfruttamento di un'area boschiva e priva di dipendenti si avvaleva per il taglio della legna della forza lavoro - ivi compreso l'infortunato - messagli a disposizione da altra persona. Pur essendovi formalmente un contratto di appalto d'opera tra i due imputati, in realtà essi organizzavano congiuntamente il lavoro e ne dividevano i guadagni, sì da poter essere considerati come un'unica impresa''. La Sez. IV considera responsabili entrambi: ``A fronte della conclusione fra le due imprese di un contratto d'appalto d'opera (in cui una ditta figurava come appaltante e l'altra come appaltatrice dei lavori di taglio boschivo), i due imputati agivano sostanzialmente in un quadro di unicità gestionale, di tal che il `committente' assumeva la posizione di garanzia di datore di lavoro `di fatto' dell'infortunato. La sostanziale sovrapponibilità delle due posizioni, in relazione (anche) all'organizzazione dell'attività d'impresa, fa emergere che il contratto d'appalto intercorso tra i due imputati aveva quale scopo quello di sottrarre il `committente' alle responsabilità connesse alla sua posizione di datore di lavoro di fatto''.
«Il committente dei lavori, che aveva anche curato, mediante l'omonima impresa individuale edile di cui egli stesso era titolare, la realizzazione degli edifici residenziali in costruzione, aveva da ultimo solo appaltato le opere di rifinitura, intonaco, carpenteria ed assistenza delle opere murarie. Appalto che, tuttavia, non aveva indotto il committente a modificare i propri atteggiamenti rispetto alle opere appaltate, nel senso che egli aveva continuato ad operare attivamente nel cantiere, ad intervenire costantemente nella esecuzione dei lavori e nell'organizzazione degli stessi, a dare disposizioni e direttive, attraverso l'appaltatore, agli operai, nella lingua dei quali quest'ultimo provvedeva a tradurle. Di fatto, quindi, chi gestiva il cantiere era il committente, le cui disposizioni l'appaltatore provvedeva a trasmettere agli operai, suoi connazionali, solo formalmente suoi dipendenti. L'inconsistenza imprenditoriale dell'appaltatore, peraltro, è stata legittimamente dedotta dal fatto che tutte le attrezzature e le macchine di cantiere (compresa la gru che lo stesso committente provvedeva a manovrare) erano di proprietà del committente, che pure non aveva propri dipendenti, essendo tutti i lavoratori impiegati alle formali dipendenze del predetto appaltatore; ed ancora, che era il committente ad acquistare direttamente il materiale impiegato nei lavori. Dunque, al presunto appaltatore, che non aveva assunto su di sé alcun rischio d'impresa, che era privo delle attrezzature necessarie per l'esecuzione dei lavori appaltati e dei mezzi finanziari occorrenti per la realizzazione delle relative opere, non poteva attribuirsi la qualifica di `imprenditore'. In realtà, l'appaltatore era solo il fornitore, peraltro abusivo, della manodopera utilizzata dal committente, giustamente ritenuto responsabile dell'infortunio del quale un lavoratore è rimasto vittima, non solo in quanto committente dei lavori, ma anche quale diretto datore di lavoro dell'operaio infortunato».
Non è facile orizzontarsi in ordine agli obblighi e alle responsabilità del direttore dei lavori (in merito Guariniello, Direttore dei lavori: obblighi e responsabilità, in Dir.prat.lav., Inserto, 2023, 28, III s.). Basti riflettere che rimane tuttora discusso se nel quadro del D.Lgs. n. 81/2008 il direttore dei lavori sia annoverabile tra i garanti della sicurezza sul lavoro, e, nell'affermativa, quali siano i suoi obblighi specifici e se tali obblighi risultino sanzionati. Certo, nella nomenclatura del D.Lgs. n. 81/2008, il direttore dei lavori non si profila come un soggetto dotato di obblighi e responsabilità in materia di sicurezza sul lavoro. Peraltro, in molteplici occasioni la Cassazione ha affermato la responsabilità penale del direttore dei lavori per reati quali l'omicidio colposo o la lesione personale colposa commessi con violazione delle norme antinfortunistiche:
L'addetto al portierato subisce lo schiacciamento dell'apparato cranico-toracico e degli arti inferiori a seguito della caduta dell'anta di un cancello ad azionamento manuale con ante scorrevoli contrapposte installato presso un polo fieristico gestito da una s.p.a. su locazione dell'Ente proprietario. Condannato anche il direttore lavori di realizzazione opere civili fuori impianto del complesso fieristico che a sua discolpa sostiene che ``l'affidamento di incarico della direzione dei lavori non comprendeva le norme sulla sicurezza del lavoro non essendovi una specifica delega ai sensi dell'art. 16 D.Lgs. n. 81/2008''. La Sez. IV ribatte: ``Tale figura professionale è responsabile a titolo di colpa del crollo di costruzioni anche nell'ipotesi di sua assenza dal cantiere, dovendo egli esercitare un'oculata attività di vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere edilizie ed in caso di necessità adottare le necessarie precauzioni d'ordine tecnico, ovvero scindere immediatamente la propria posizione di garanzia da quella dell'assuntore dei lavori, rinunciando anche all'incarico ricevuto. Si è affermata la configurabilità della penale responsabilità a titolo di cooperazione colposa del direttore dei lavori e del direttore tecnico di cantiere (sia pure in tema di crollo colposo conseguente ad evento sismico) i quali abbiano omesso di verificare (il primo) la conformità agli elaborati progettuali e (il secondo) la fedele esecuzione del progetto e la conformità alle condizioni contrattuali dell'impiego dei materiali previsti, qualora tali condotte siano state una concausa del crollo, unitamente all'evento sismico. La figura del direttore dei lavori, nominato dal committente, che pure svolge normalmente un'attività limitata alla sorveglianza tecnica attinente all'esecuzione del progetto nell'interesse di questi, non è estranea alla tematica degli infortuni sul lavoro, poiché il progetto esitato e la sua conformità ai lavori eseguiti devono tener conto della esistenza di specificità proprie del contesto in cui i lavori devono essere eseguiti. Egli è responsabile dell'infortunio sul lavoro quando gli era stato affidato il compito dall'appaltatore di sovrintendere all'esecuzione dei lavori, con la possibilità di impartire ordini alle maestranze sia per convenzione, cioè per una particolare clausola introdotta nel contratto di appalto, sia quando per fatti concludenti risulti che egli si sia in concreto ingerito nell'organizzazione del lavoro. Nel caso all'esame, plurimi elementi fattuali sono stati richiamati dai giudici del merito a conferma del coinvolgimento dell'imputato nell'organizzazione del lavoro tanto che presentò una serie di non conformità rilevate sulle opere tra cui non evidenziò, invece, proprio quella del cancello: la sua condotta s'inserisce pertanto a pieno titolo nella serie causale esitata nell'evento infortunio sul lavoro in quanto siglò la dichiarazione di conformità urbanistica delle opere e attestò contrariamente al vero la ultimazione a regola d'arte del cancello''.
Infortunio mortale verificatosi nel corso dei lavori di rifacimento della rete fognaria e di costruzione del depuratore comunale affidati da un Comune a una società consortile di cui era dipendente la vittima, travolta dallo smottamento della parete di uno scavo priva di paratie laterali pur previste nel POS. La Sez. IV conferma, in particolare, la responsabilità ritenuta dai giudici di merito, sia pure solo a fini civili, stante la intervenuta prescrizione del reato, di un funzionario comunale nella qualità di direttore dei lavori. Premette che, tra i debitori di sicurezza contemplati nel Titolo IV Capo I del D.Lgs. n. 81/2008, ``non è ricompreso il direttore dei lavori, che, sempre obbligatorio negli appalti pubblici e per le opere strutturali negli appalti privati, svolge compiti di supervisione tecnica, controllando, nell'interesse del committente la corretta esecuzione dei lavori da parte della impresa esecutrice'', e che al direttore dei lavori ``è stato contestato il reato di omicidio colposo a titolo di colpa generica e non già a titolo di colpa specifica in ragione della violazione della normativa prevenzione infortuni sul lavoro''. Prende atto che ``è stata attribuita rilevanza causale rispetto all'infortunio alla non corretta procedura di rimozione dell'asfalto che aveva reso il terreno soggetto a smottamento ed alla mancata predisposizione delle paratie nello scavo investito dalla frana'', che ``emerge il riconoscimento in capo al direttore dei lavori di una posizione di garanzia, quale garante del controllo della fonte di pericolo rappresentata dallo scavo'', e che ``il direttore dei lavori, con riferimento specifico alle opere che venivano in rilievo nel momento in cui l'infortunio si era verificato, aveva un potere in senso lato di verifica, rispetto al quale le visite in cantiere effettuate insieme al coordinatore per l'esecuzione dei lavori erano strumentali, conseguentemente un obbligo di controllo, contrattualmente assunto, della fonte di pericolo rappresentata dallo scavo''. Ammette che ``l'obbligo di attuare modalità di realizzazione dello scavo conformi alle regole della tecnica e l'obbligo di armare gli scavi sussistevano in capo al titolare della ditta esecutrice, datore di lavoro del soggetto deceduto'', ma aggiunge che ``ciò nondimeno in capo al direttore dei lavori permaneva, comunque, a fronte della constatazione di situazioni di pericolo, un potere di sollecitare interventi volti ad impedire la realizzazione dell'evento''.
``Deve riconoscersi all'imputato la qualifica di direttore dei lavori alla stregua di quanto attestato nel piano operativo di sicurezza e nel coevo piano di sicurezza e coordinamento, nonché delle plurime deposizioni testimoniali, convergenti nel descriverlo come colui che si era di fatto occupato della complessiva direzione dei lavori da realizzarsi, dei quali aveva peraltro ordinato la sospensione a seguito del sequestro dell'area, e che aveva altresì redatto e sottoscritto gli stati di avanzamento. Per effetto della qualifica assunta, incombeva su di lui una posizione di garanzia da cui era derivata la responsabilità penale per l'incidente sul lavoro in concreto verificatosi''.
Il direttore dei lavori ``è responsabile a titolo di colpa del crollo di costruzioni anche nell'ipotesi di sua assenza dal cantiere, dovendo esercitare un'oculata attività di vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere edilizie e, in caso di necessità, adottare le dovute precauzioni d'ordine tecnico, ovvero scindere immediatamente la propria posizione di garanzia da quella dell'assuntore dei lavori, rinunciando all'incarico ricevuto. Il che è stato accertato non è avvenuto nel caso di specie, avendo, per colpa, omesso di sorvegliare, come era suo preciso dovere, sulla buona e corretta esecuzione dei lavori previsti in progetto e di quelli funzionalmente ad essi connessi, eseguiti dall'impresa di costruzione''.
La Sez. IV non esclude che il direttore dei lavori risponda «degli infortuni occorsi alle maestranze nel corso dell'esecuzione dell'opera, su cui egli esercita la sorveglianza tecnica, rivolta alla sua buona riuscita». A una condizione, però: che «il direttore dei lavori o per contratto o di fatto si ingerisca nell'organizzazione del cantiere, assumendo una funzione propria di altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica». Precisa che, «al di là della specifica pattuizione, è, dunque, solo l'intromissione non prevista in competenze riservate ad una specifica figura di garanzia che comporta la diretta assunzione di responsabilità del direttore dei lavori, altrimenti non coinvolto nella salvaguardia della salute dei lavoratori». Una regola, questa, che vale per chiunque si inserisca indebitamente nell'organizzazione altrui, posto che allorquando ci si sostituisce ad altri non si può che assumerne la relativa responsabilità. Aggiunge che «la sua presenza in cantiere dipende dalla necessità di sorvegliare l'andamento dell'opera e può essere sporadica od assidua, a seconda della complessità dei lavori da svolgere, anche variando nel corso dell'esecuzione, in relazione alle specifiche occorrenze, senza che l'eventuale continuità del suo intervento possa, di per sé, essere considerato indice di ingerenza». Spiega che «una diversa e più ampia estensione dei compiti del direttore dei lavori, comprensiva anche degli obblighi di prevenzione degli infortuni, deve essere rigorosamente provata, attraverso l'individuazione di comportamenti che possano testimoniare in modo inequivoco l'ingerenza nell'organizzazione del cantiere o l'esercizio di funzioni competenti alla posizione di garanzia di uno dei destinatarii delle norme prevenzionali». (V. anche Cass. pen. 22 luglio 2019 n. 32474; Cass. pen. 7 giugno 2018 n. 25816; Cass. pen. 21 settembre 2017 n. 43462; nonché Cass. pen. 11 marzo 2021 n. 9745, ove si evoca la responsabilità del direttore dei lavori ``a titolo di cooperazione colposa (art. 113 c.p.) con il datore di lavoro'').
``È configurabile la responsabilità del progettista-direttore dei lavori in quanto sussiste a carico del medesimo un onere di vigilanza sulla corretta esecuzione dei lavori, collegato al dovere di contestazione delle irregolarità riscontrate; l'attività del direttore dei lavori si concreta nell'alta sorveglianza delle opere, che, pur non richiedendo la presenza continua e giornaliera sul cantiere né il compimento di operazioni di natura elementare, comporta comunque il controllo della realizzazione dell'opera nelle sue varie fasi e pertanto l'obbligo del professionista di verificare, attraverso periodiche visite e contatti diretti con gli organi tecnici dell'impresa, da attuarsi in relazione a ciascuna di tali fasi, se sono state osservate le regole dell'arte e la corrispondenza dei materiali impiegati''.
Meraviglia, pertanto, che non si sia avvertita l'esigenza di far leva su quell'art. 299 D.Lgs. n. 81/2008 che ha codificato il ``principio di diritto per il quale l'individuazione dei destinatari degli obblighi posti dalle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro deve fondarsi non già sulla qualifica rivestita, bensì sulle funzioni in concreto esercitate, che prevalgono, quindi, rispetto alla carica attribuita al soggetto, ossia alla sua funzione formale» (Cass. pen. 7 luglio 2021 n. 25764). In argomento v. l'inserto Guariniello, Direttore dei lavori: obblighi e responsabilità, in Dir.prat.lav., 2023, 28).
Da sottolineare è che comunque la responsabilità del direttore dei lavori non vale di per sé ad escludere la responsabilità del datore di lavoro:
Condannato per la morte di un artigiano nello scavo di un cantiere, un datore di lavoro a propria discolpa deduce il ruolo e la condotta del progettista e direttore dei lavori presente in cantiere lo stesso giorno dell'infortunio e separatamente giudicato responsabile di omicidio colposo (v. Cass. 22 luglio 2022 n. 29022). Controbatte la Sez. IV: ``Il direttore dei lavori è stato condannato per aver omesso di vigilare sulla corretta esecuzione delle opere e di disporre, proprio nell'inerzia del datore di lavoro, il blocco dei lavori o, quantomeno, la sospensione della loro prosecuzione nell'interesse della sicurezza dei lavoratori. Circa il profilo inerente alle concorrenti posizioni di altri garanti (in termini di gestori del rischio) rispetto allo specifico rischio considerato, ciascun garante risulta per intero destinatario dell'obbligo di impedire l'evento, fino a che non si esaurisca il rapporto che ha legittimato la costituzione della singola posizione di garanzia. Allorquando l'evento sia determinato dalla sommatoria delle condotte omissive ascrivibili a diversi garanti intervenuti in tempi diversi, è configurabile il nesso causale tra l'evento e ciascuna delle riscontrate omissioni, essendo ognuna di esse essenziale alla sua produzione. La causalità additiva o cumulativa costituisce difatti applicazione della teoria condizionalistica di cui all'art. 41 c.p., giacché, essendo ciascuna omissione essenziale alla produzione dell'evento, l'eliminazione mentale di ciascuna di esse fa venir meno l'esito letale, tenuto conto dell'insufficienza di ognuna delle altre omissioni a determinarlo. Tali principi si pongono in linea di continuità con l'orientamento già consolidato nella giurisprudenza di legittimità per cui se più sono i titolari della posizione di garanzia ovvero dell'obbligo di impedire l'evento, ciascuno è per intero destinatario dell'obbligo di tutela impostogli dalla legge e, in particolare, ciascuno per andare esente da responsabilità non può invocare neppure l'esaurimento del rapporto obbligatorio, fonte dell'obbligo di garanzia e l'eventuale subingresso in tale obbligo di terzi, ove il perdurare della situazione giuridica si riconduca alla condotta colpevole dei primi. È infine il caso di evidenziare l'inconferenza, nella specie, del principio per cui, in tema di successione di posizioni di garanzia, quando l'obbligo di impedire l'evento connesso ad una situazione di pericolo grava su più persone obbligate ad intervenire in tempi diversi, l'accertamento del nesso causale rispetto all'evento verificatosi deve essere compiuto con riguardo alla condotta e al ruolo di ciascun titolare della posizione di garanzia, stabilendo cosa sarebbe accaduto nel caso in cui la condotta dovuta da ciascuno dei garanti fosse stata tenuta, anche verificando se la situazione di pericolo non si fosse modificata per effetto del tempo trascorso o di un comportamento dei successivi garanti. Nella fattispecie, comunque non caratterizzata da successione di posizioni di garanzia ma di coesistenza di quella del datore di lavoro e del direttore dei lavori, che ha omesso di intervenire nel disporre la messa in sicurezza dei lavori o la loro sospensione proprio nonostante l'inerzia del primo nella gestione del rischio a lui spettante, non vi è stata alcuna modifica della situazione di pericolo per effetto del tempo o di un comportamento dell'altro garante (il direttore dei lavori) tale da rendere eccentrico il rischio. La mancata armatura dello scavo, quale specifica competenza del datore di lavoro, integra peraltro un difetto strutturale del cantiere con la conseguenza che la posizione di garanzia assunta dal direttore dei lavori non esonera il datore di lavoro dalla gestione del relativo rischio''.
Una posizione peculiare è quella considerata da:
In seguito allo scoperchiamento del tetto di una scuola elementare in presenza degli alunni durante la costruzione del refettorio fu condannato per disastro colposo, in particolare, il direttore generale dei lavori, firmatario di tutti i progetti e di tutte le relazioni, nonché direttore dei lavori in relazione alla parte architettonica. Nel caso, ``il direttore dei lavori rappresentante di un'associazione temporanea di imprese e professionisti gestisce un'area di rischio che, con specifico riguardo al profilo organizzativo-gestionale, sicuramente inerisce all'alta vigilanza, non essendo esigibile da tale figura professionale l'adempimento di un obbligo di continua e costante vigilanza sull'attività esecutiva dell'opera demandata a ciascuna impresa o al singolo professionista componenti l'associazione''.
L'addetto al portierato subisce lo schiacciamento dell'apparato cranico-toracico e degli arti inferiori a seguito della caduta dell'anta di un cancello ad azionamento manuale con ante scorrevoli contrapposte installato presso un polo fieristico gestito da una s.p.a. su locazione dell'Ente proprietario. Condannato anche il collaudatore. ``La normativa che attiene al collaudo statico delle strutture riguarda non solo la perfetta realizzazione a regola d'arte del manufatto ma anche il rispetto delle norme antinfortunistiche e di sicurezza del cancello anche quale luogo e attrezzatura di lavoro nel rispetto dei requisiti essenziali di sicurezza del cancello imposta dalla direttiva prodotti da costruzione 89/106/CEE. Conseguentemente è manifestamente infondato il motivo di ricorso che mira genericamente ad ottenere la esclusione dell'aggravante di cui alla violazione delta normative infortunistica la cui sussistenza incide sui termini di prescrizione''.
``Il direttore tecnico di cantiere rappresenta una figura sovraordinata, nella specie investita da uno specifico atto prepositurale da parte dell'appaltatore. Tale soggetto è incaricato dell'organizzazione, della gestione e detta conduzione del cantiere; inoltre il direttore di cantiere coordina e segue l'esecuzione delle prestazioni in contratto e sovrintende all'adattamento, all'applicazione e all'osservanza dei piani di sicurezza. Anche la giurisprudenza di legittimità inquadra il direttore tecnico di cantiere, ai fini della tutela delle norme in materia tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, nel modello legale del dirigente, come definito dal D.Lgs. n. 81/2008, facendo così assumere al soggetto che riveste tale ruolo una posizione di garanzia nei riguardi dei lavoratori operanti in cantiere''.
``Il piano di sicurezza e coordinamento poneva specifiche prescrizioni con riferimento al rischio specifico esistente nel cantiere situato in una via di transito continuo di pedoni e che quindi imponeva cautele per la sicurezza non solo dei lavoratori ma soprattutto dei pedoni. L'imputato rivestiva la qualifica di direttore tecnico del cantiere ed era dunque titolare di una autonoma posizione di garanzia in considerazione del suo ruolo dirigenziale e ciò nonostante non ha posto in essere nessuna delle condotte doverose di attuazione delle misure di prevenzione e protezione da adottare la tutela dei lavoratori e dei terzi che entravano in contatto con il cantiere; pur consapevole dello stato del cantiere e della mancata osservanza del PSC, in quanto era stato fornito dall'ufficio tecnico del comune, quale strumento di segnalazione solo il nastro adesivo, non ha segnalato la necessaria sospensione dei lavori fino alla realizzazione del condizioni di sicurezza. La sentenza impugnata pone in luce, da un lato, che l'evento fu determinato dalla mancata vigilanza e dal mancato rispetto proprio delle prescrizioni di sicurezza previste dal PSC per evitare il rischio caduta da parte degli abitanti che, necessariamente, anche in ore notturne dovevano uscire dalle abitazioni e transitare nella strada in corso di ripavimentazione poiché anche il marciapiedi era in lavorazione; e dall'altro che I'imputato aveva il compito istituzionale di vigilare sulla sicurezza del cantiere. Da tale valutazione la pronunzia desume l'esistenza, con evidenza, sia della colpa che del nesso causale''. (V., altresì, sul direttore tecnico di cantiere, Cass. 19 febbraio 2021, n. 6488).
Cedimento della paratia di contenimento del fronte di scavo di una via che franava unitamente alla superiore sede stradale. Per disastro colposo, vengono imputati il geologo incaricato delle indagini e dell'assistenza geologica al cantiere, nonché coordinatore tecnico-economico dell'operazione immobiliare di realizzazione di parcheggio multipiano, e il progettista strutturale direttore dei lavori strutturali. La Sez. IV annulla con rinvio la condanna. A proposito del geologo osserva: ``ll D.P.R. n. 328/2001 (Modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti per l'ammissione all'esame di Stato e delle relative prove per l'esercizio di talune professioni, nonché disciplina dei relativi ordinamenti), regolante anche la professione del geologo (artt. 40 e ss.) non attribuisce alla figura professionale del geologo alcun compito in materia di direzione o sorveglianza dei lavori di cantiere. Da ciò si dedurrebbe che non spettava all'imputato il compito istituzionale di imporre o suggerire interventi per contrastare il dissesto dell'area''.
``Nell'imputazione recata dal decreto di citazione a giudizio l'imputato viene indicato come `capo cantiere'; nel corso del giudizio anche come `assistente di cantiere'. Trattandosi in entrambi i casi di qualifiche estranee al catalogo dei debitori di sicurezza definito dal D.Lgs. n. 81/2008, per cogliere la portata della contestazione occorre guardare a ciò che viene contenutisticamente rimproverato all'imputato. L'organizzazione dell'impresa, in specie quella che opera nei cantieri temporanei e mobili, ha prodotto una nomenclatura non coincidente con quella del D.Lgs. n. 81/2008; ma è a questa che occorre fare riferimento e ciò importa che le varie qualifiche (direttore dei lavori, direttore di cantiere, assistente di cantiere, capo cantiere, per citare le più diffuse) devono essere considerate nella loro sostanza e quindi tradotte nelle posizioni prevenzionistiche. Pertanto, che l'imputato avesse la qualifica di assistente di cantiere nulla dice in merito alla posizione in concreto assunta in rapporto alla disciplina prevenzionistica''.
Crollo del locale officina avvenuto nel corso dei lavori di realizzazione di un solaio carrabile sopraelevato, crollo che determinava il decesso di un lavoratore ed il ferimento di altri lavoratori. Furono condannati, in particolare, per omicidio e crollo colposi il coordinatore per l'esecuzione dei lavori e il direttore dei lavori, nonché per omicidio colposo il rappresentante legale della s.p.a. committente, con l'addebito di ``non aver evitato la presenza di lavoratori al di sotto del solaio in costruzione''. Quanto al direttore dei lavori, la Sez. IV nota: ``Egli, a fronte delle perplessità che erano state segnalate sulla situazione statica dell'edificio, non aveva colposamente vigilato sulla regolare esecuzione delle opere e, anzi, aveva intrapreso la direzione dei lavori benché il progetto non fosse corredato dalle modalità esecutive di dettaglio. Le omissioni o le carenze del documento di valutazione dei rischi adottato dal datore di lavoro non esonerano da responsabilità per le lesioni occorse ai lavoratori, gli ulteriori garanti della sicurezza sul lavoro, atteso che la constatazione dell'esistenza di un rischio impone loro, nell'ambito delle rispettive competenze, di adottare le misure appropriate per rimuoverlo''. (Per la condanna di un direttore dei lavori in ipotesi di crollo colposo di un muro di sostegno in un edificio residenziale Cass. 1° febbraio 2019, n. 5022).
``In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tra i destinatari degli obblighi vi è certamente anche il direttore tecnico, figura inquadrabile nel modello legale del dirigente, soggetto, cioè, preposto alla direzione tecnico-amministrativa dell'azienda con responsabilità diretta dell'andamento del servizio, cui spetta, in definitiva, di predisporre tutte le misure di sicurezza fornite dal capo dell'impresa e stabilite dalle norme, di controllare le modalità del processo di lavorazione, vigilare, per quanto è possibile, sulla regolarità antinfortunistica delle lavorazioni''.
``Il progettista dei luoghi di lavoro è destinatario degli obblighi in materia antinfortunistica, e, dunque, nel compiere le scelte progettuali, deve tenere conto dei principi generali di prevenzione della sicurezza e della salute dei lavoratori''. ``Sebbene il direttore dei lavori nominato dal committente svolga normalmente un'attività limitata alla sorveglianza tecnica attinente all'esecuzione del progetto nell'interesse di questi, egli risponde dell'infortunio subito dal lavoratore solo se sia accertata una sua ingerenza nell'organizzazione del cantiere''.
Presso un istituto scolastico, un minore muore, in quanto ``colpito alla testa dai blocchi di muratura caduti in seguito al crollo di un muro in via di costruzione che delimitava il piazzale esterno dell'istituto da un'area nella quale era alloggiata la caldaia''. Per omicidio colposo vengono condannati il progettista e il direttore dei lavori, per aver prestato ``la rispettiva opera in violazione di quanto prescritto dalle norme tecniche in materia di coefficiente di stabilità del muro, violazione che ne aveva determinato il ribaltamento''. La Sez. IV conferma la condanna: ``Il muro non presentava i requisiti di sicurezza al ribaltamento previsti dal D.M. 11 marzo 1998 e dal D.M. 16 gennaio 1996 perché semplicemente appoggiato alla parete della scuola, con mera interposizione di malta di allettamento, piuttosto che essere ammorsato alla stessa, e privo di presidi di rinforzo idonei ad incrementare la resistenza al ribaltamento e raggiungere un valore adeguato - presidi come irrigidimenti interni o del contorno -, e gli atti vandalici non costituivano fattore di interruzione del nesso causale. Infatti, in considerazione del fatto che il muro sarebbe stato edificato come pertinenza di un edificio scolastico, sarebbe stato ragionevole prevedere sia in fase di progettazione che di realizzazione del muro, dei supporti idonei a garantire la stabilità e la resistenza del manufatto a prevedibili azioni vandaliche commesse dai minori frequentati l'area. Inoltre, l'uso di leve metalliche, adombrato dal perito, non era supportato da adeguati elementi; in ogni caso avrebbe dovuto essere previsto''.
``L'imputato, nella veste di direttore di cantiere, doveva seguire costantemente i lavori, attuare le previsioni del P.S.C. predisposto dalla committenza ed illustrane i contenuti al preposto ed ai lavoratori. La qualifica `direttore di cantiere', indicata nel POS, è assimilabile a quella di direttore tecnico di cantiere, entrambe, però, non riconducibili alla figura di direttore dei lavori. Quest'ultimo in tema di prevenzione degli infortuni, è nominato dal committente e svolge normalmente una attività limitata alla sorveglianza tecnica attinente all'esecuzione del progetto nell'interesse di questi, il ruolo di direttore di cantiere e/o di direttore tecnico implica, invece, la titolarità di una autonoma posizione di garanzia in considerazione del suo ruolo dirigenziale. Il direttore tecnico di cantiere è una figura apicale descritta dal cosiddetto Codice degli appalti di cui al D.Lgs. n. 163/2006: è incaricato dell'organizzazione, della gestione e della conduzione del cantiere, inoltre mantiene i rapporti con la Direzione dei lavori, coordina e segue l'esecuzione delle prestazioni in contratto e sovrintende all'adattamento, all'applicazione ed all'osservanza dei piani di sicurezza; il Codice degli appalti prevede esplicitamente che 'il Direttore tecnico di cantiere è responsabile del rispetto del piano di sicurezza da parte di tutte le imprese impegnate nell'esecuzione dei lavori', evidenziando un ruolo di fondamentale importanza per la garanzia della corretta applicazione delle misure di sicurezza nei cantieri. Questa Corte inquadra il Direttore tecnico di cantiere, ai fini dell'applicazione delle norme in materia di tutela della salute e sulla sicurezza sul lavoro, nel modello legale del dirigente, come definito dal D.Lgs. n. 81/2008 (Allegato XV, punto 3.2.1, comma a), facendo così assumere al soggetto che riveste tale ruolo una posizione di garanzia nei riguardi dei lavoratori operanti in cantiere.
In un cantiere edile, un operaio intento ad eseguire lavori di sistemazione della copertura sul tetto di un capannone scivola e precipita al suolo da un'altezza di circa sette metri, perdendo la vita. Viene condannato anche il direttore tecnico e capocantiere per conto dell'impresa che aveva affidato i lavori al datore di lavoro dell'infortunato. La Sez. IV annulla con rinvio la condanna dell'imputato: ``La trama delle posizioni di garanzia costituite dal legislatore all'interno di un cantiere edile nel quale insistano, ciascuna svolgendo parte dei lavori, più imprese o lavoratori autonomi è particolarmente serrata: committente e responsabile dei lavori; coordinatori per la progettazione e per l'esecuzione, la nuova figura dell'incaricato del datore di lavoro committente, nonché la più risalente schiera di debitori di sicurezza: datore di lavoro, dirigente, preposto, lavoratore autonomo e così seguitando. Tanto impegna ad una precisa definizione delle rispettive posizioni, in modo da evitare indebite responsabilità penali per fatto altrui. Nel caso che occupa, l'imputato era direttore tecnico e capocantiere. Così indicate le qualifiche dell'imputato, risulta ancora indistinta l'effettiva collocazione spettante al medesimo nella costellazione dei soggetti debitori di sicurezza verso i lavoratori impegnati nel cantiere di cui trattasi. È noto, infatti, che la legislazione penale, in specie prevenzionistica, al fine di identificare ad esempio il datore di lavoro, il dirigente ed il preposto prende in considerazione i compiti effettivamente assunti o che si sarebbero dovuti svolgere. Sotto tale profilo è evidente che, ordinariamente, il direttore tecnico può risultare in concreto un dirigente, mentre il capocantiere può essere di norma assimilato al preposto, secondo le definizioni che di tali figure si traggono oggi dall'art. 2, D.Lgs. n. 81/2008. Di certo, il direttore tecnico/capocantiere non è perciò solo titolare degli obblighi che la legge pone in capo al coordinatore per la progettazione e del coordinatore per l'esecuzione, ove nominati. Ma più in generale deve osservarsi come il riconoscimento di responsabilità in materia di prevenzione di infortuni sul lavoro presuppone la prova sicura dell'attribuzione delle funzioni o dell'ingerenza nell'organizzazione del cantiere. La qualifica di direttore tecnico può comportare anche solo compiti di sorveglianza tecnica attinente alla esecuzione del progetto. Tale prova è tanto più necessaria ove si affermi, come fatto nel caso che occupa dal giudice di primo grado, che l'imputato non esercitò un efficiente controllo sostanziale, e non meramente formale, non avendo prescritto all'infortunato di utilizzare la fune di sicurezza in dotazione, pur essendosi accorto che egli l'aveva dismessa, e comunque di non aver adottato le misure necessarie ad imporre al lavoratore l'uso obbligatorio dei DPI; o, come la corte d'appello, che egli non impose lo spostamento della piattaforma mobile, quale misura di sicurezza collettiva. Né può definirsi ingerenza la sollecitazione al rispetto della normativa prevenzionistica; l'ingerenza che vale ad individuare una posizione di garanzia è evidentemente quella che segnala l'assunzione di poteri decisionali, ai quali sempre si associano le connesse responsabilità. In conclusione, la sentenza impugnata, come già quella di primo grado, non manifesta quale accertamento sia stato operato in merito alla effettiva posizione di garanzia assunta dall'imputato nel contesto dei lavori di cui trattasi, al di là delle qualifiche formali; ed erra nell'evocare la sollecitazione all'uso dei DPI come fonte di una colpa per assunzione, non essendo tale comportamento di per sé solo sufficiente ad integra quell'ingerenza che la giurisprudenza di legittimità riconosce poter essere fonte d obblighi prevenzionistici''.
Per l'infortunio occorso a due dipendenti di una s.r.l. appaltatrice di lavori per il rifacimento della copertura e del refrattario nello stabilimento di una s.p.a. committente e precipitati da oltre nove metri, la Sez. IV conferma la condanna dell'R.S.P.P. della s.r.l. in cooperazione colposa con altri soggetti: ``L'imputato, nella sua qualità di RSPP, sottoscrisse un piano di sicurezza non rispettoso dei contenuti minimi previsti dall'art. 96, comma 1, lett. g), D.Lgs. n. 81/2008 e, in ogni caso, carente e generico, privo di indicazioni in ordine alla procedura da seguire per la realizzazione del piano di calpestio. Inoltre, la segnaletica utilizzata nel cantiere era inadeguata, perché non consentiva la percezione dei rischi reali cui si andava incontro accedendo al cantiere; i lavoratori non erano stati resi edotti della estrema pericolosità di quel piano e del concreto rischio di precipitazione. Nella sostanza, la responsabilità dell'imputato è stata affermata sulla base di una inadeguata valutazione dei rischi ed in considerazione della omessa individuazione delle misure per la sicurezza dello specifico ambiente di lavoro, con particolare riguardo a quella parte del cantiere in cui si è verificato l'infortunio, rivelatasi oltremodo pericolosa. Sull'imputato incombeva il dovere di informare il datore di lavoro del rischio esistente e di interagire con lo stesso per l'ideazione e costruzione di una struttura idonea (da verificare e collaudare prima del suo utilizzo), e per la predisposizione di un'adeguata segnaletica di sicurezza, che consentisse agli operatori di percepire i rischi reali cui si andava incontro accedendo al cantiere''.
Per l'infortunio accaduto in un cantiere, furono dichiarati colpevoli il datore di lavoro titolare dell'impresa esecutrice dei lavori e il direttore dei lavori e responsabile del servizio di protezione e prevenzione. Con riguardo al secondo, a Sez. IV sottolinea ``la sua alta funzione di vigilanza, constatando come nella specie egli non avesse adempiuto a tale funzione, con particolare riferimento alla installazione del parapetto per scongiurare cadute dall'alto''. E ancora: ``Egli si recava tutte le mattine in cantiere, a dimostrazione del grado di ingerenza del medesimo nelle operazioni di cantiere. Peraltro, la circostanza che non avesse l'obbligo di essere presente tutti i giorni in cantiere non lo esonerava da responsabilità, giacché la mancata vigilanza del predetto doveva essersi protratta per un lungo periodo, considerato il tempo non breve richiesto per l'installazione del tavolame, seppure inadeguato, sulle aperture nel vuoto''.
In forza dell'art. 89, comma 1, lettera f), D.Lgs. n. 81/2008, per coordinatore per l'esecuzione dei lavori s'intende il ``soggetto incaricato, dal committente o dal responsabile dei lavori, dell'esecuzione dei compiti di cui all'articolo 92, che non può essere il datore di lavoro delle imprese affidatarie ed esecutrici o un suo dipendente o il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) da lui designato'': ``incompatibilità'', queste, che ``non operano in caso di coincidenza fra committente e impresa esecutrice''. Si occupa per la prima volta di siffatte incompatibilità:
Un coordinatore per l'esecuzione dei lavori è condannato per omicidio colposo in danno di un pedone ``estraneo alle attività lavorative in corso di svolgimento da parte di un consorzio di imprese entrato all'interno di un'area di cantiere e travolto da un mezzo pesante in movimento che, procedendo a retromarcia, lo abbatteva al suolo''. A sua discolpa, l'imputato deduce che ``la nomina a coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione dei lavori era del tutto illegittima'', in quanto egli ``era un dipendente della ditta, che svolgeva le sue mansioni in condizioni di completa subordinazione lavorativa ed anche psicologica dal padre, datore di lavoro'', né ``sarebbe stato accertato se l'imputato, privo dell'autonomia gestionale e indipendenza tipici dello svolgimento di questa funzione, abbia mai avuto la possibilità di svolgere il ruolo di coordinatore in fase di esecuzione, al di là della formale sottoscrizione del POS''. Ne desume che ``l'illegittimità delta nomina a coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione, riscontrata dagli organi ispettivi nel corso delle indagini, corrisponde alla non idoneità funzionale del soggetto'', e che ``la qualifica, radicalmente inefficace, doveva essere considerata inesistente e, in quanto tale, non coincidente sull'attribuzione della posizione di garanzia dalla quale i giudici hanno fatto discendere la responsabilità penale dell'imputato''. La Sez. IV non è d'accordo. Prende atto che ``l'aspetto sul quale si appuntano le critiche difensive riguarda essenzialmente la qualifica rivestita dall'imputato che era stato nominato coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione''. Osserva che ``il coordinatore per l'esecuzione dei lavori è naturalmente titolare di una posizione di garanzia che si affianca a quella degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica, in quanto gli spettano compiti di `alta vigilanza'''. Considera ``pacifica l'assunzione della carica di coordinatore della sicurezza per l'esecuzione dei lavori in capo all'imputato''. Afferma che ``gli obblighi connessi all'assunzione di tale qualifica, consistenti nell'attività di vigilanza, non possono ritenersi caducati per il sol fatto che egli era dipendente della società, figlio del datore di lavoro''. Spiega che ``la violazione dei requisiti normativamente richiesti dall'art. 89, comma 1, lett. f), D.Lgs. n. 81/2008 per l'assunzione della qualifica non determina esclusione della posizione di garanzia allorquando sia stato formalmente acquisito tale incarico'', e che ``la sanzione della inefficacia della nomina dedotta non è prevista nella normativa di riferimento''. Conclude che l'imputato ``aveva un preciso obbligo di vigilanza che doveva essere esercitato sull'area di cantiere in cui erano in corso di svolgimento le attività lavorative, verificando l'osservanza delle prescrizioni del piano di sicurezza che aveva egli stesso firmato per quel cantiere''.
(Circa la responsabilità del committente in caso di nomina come coordinatore per l'esecuzione dei lavori di ``persona priva dei prescritti requisiti'' v. Cass. 16 gennaio 2009, sub art. 98, paragrafo 1).
``Nell'ipotesi di conferimento di appalto `domestico', non può, in generale, ritenersi che il committente non professionale sia tenuto a conoscere le singole disposizioni tecniche previste dalla normativa prevenzionale per evitare il verificarsi di infortuni, ché altrimenti ne deriverebbe una paralisi dei lavori di manutenzione domestica, posto che ciò implicherebbe una formazione del cittadino comune non prevista dall'ordinamento, che la pretende nei confronti del datore di lavoro e dei soggetti dal medesimo designati o comunque di soggetti professionalmente deputati ad assicurare la sicurezza delle lavorazioni. Ciò che la legge pone a carico del committente privato per lavori di tipo domestico, al contrario, è l'obbligo di `scegliere' adeguatamente l'impresa, quest'onere consistendo nel verificare che la medesima sia regolarmente iscritta alla C.C.I.A., dimostri di essere dotata del documento di valutazione dei rischi e di non essere destinataria di provvedimenti di sospensione od interdittivi, ai sensi dell'art. 14 D.Lgs. n. 81/2008. Allorquando l'azienda sia scelta secondo siffatti criteri, di natura oggettiva, non può ritenersi la mala electio da parte del committente non professionale, ciò esonerandolo da ulteriori controlli ed ingerenze nei lavori, che potrebbero anche condurlo ad assumere una responsabilità per ingerenza. Se, tuttavia, la scelta dell'impresa non avviene con questi criteri il committente assume su di sé gli oneri del garante della sicurezza, posto che l'assenza del conferimento dell'incarico per lo svolgimento delle opere ad un soggetto `adeguato' non può riversarsi sulla sicurezza dei lavoratori addetti a quelle opere, i quali debbono comunque essere garantiti. Dunque, la mala electio dell'impresa esecutrice si trasforma, in sostanza, nell'ingerenza nei lavori, posto che può determinarne io svolgimento in condizioni di `insicurezza', con la conseguenza dell'assunzione diretta della posizione di garanzia da parte del committente''.
Su una strada provinciale, il conducente di un motocarro urta contro un cumulo di materiale sabbioso privo di segnalazione acquistato dal proprietario di un'abitazione committente di lavori ivi in corso e collocato davanti al cancello dell'abitazione da un operaio della società fornitrice su ordine dell'esecutore materiale di tali lavori. Mentre l'operaio della società fornitrice patteggia, la Sez. IV conferma la condanna dell'esecutore dei lavori e l'assoluzione per non aver commesso il fatto del proprietario. E a questo secondo riguardo osserva: ``In materia di responsabilità colposa, il committente di lavori dati in appalto deve adeguare la sua condotta ad una fondamentale regola di diligenza e prudenza, consistente nello scegliere l'appaltatore e più in genere il soggetto al quale affida l'incarico, accertando che la persona, alla quale si rivolge, sia non soltanto munita dei titoli di idoneità prescritti dalla legge, ma anche della capacità tecnica e professionale, proporzionata al tipo astratto di attività commissionata ed alle concrete modalità di espletamento della stessa, oltre che non ingerirsi nell'esecuzione dei lavori. Sebbene, nell'ipotesi di conferimento di appalto da parte committente non professionale, l'appaltante non sia effettivamente tenuto a conoscere le singole disposizioni tecniche previste dalla normativa prevenzionale per evitare il verificarsi di infortuni, posto che ciò implicherebbe una formazione del cittadino comune non prevista dall'ordinamento, che la pretende nei confronti del datore di lavoro e dei soggetti dal medesimo designati o comunque di soggetti professionalmente deputati ad assicurare la sicurezza delle lavorazioni, non può dirsi che su di lui non gravi alcun obbligo. La legge, infatti, pone a carico del committente privato innanzitutto l'obbligo di scegliere adeguatamente l'impresa, quest'onere consistendo nel verificare che la medesima sia regolarmente iscritta alla C.C.I.A., dimostri di essere dotata del documento di valutazione dei rischi e che non sia destinataria di provvedimenti di sospensione od interdittivi, ai sensi dell'art. 14 D.Lgs. n. 81/2008: allorquando l'azienda sia scelta secondo siffatti criteri, di natura oggettiva, non può ritenersi la mala electio da parte del committente non professionale, ciò esonerandolo da ulteriori controlli ed ingerenze nei lavori, che potrebbero condurlo ad assumere una responsabilità per ingerenza. Se, tuttavia, la scelta dell'impresa non avviene con questi criteri, il committente assume su di sé gli oneri del garante della sicurezza, posto che l'assenza del conferimento dell'incarico per lo svolgimento delle opere ad un soggetto adeguato non può riversarsi sulla sicurezza dei lavoratori addetti a quelle opere, i quali debbono comunque essere garantiti. Dunque, la mala electio dell'esecutore si trasforma, in sostanza, nell'ingerenza nei lavori, posto che può determinarne lo svolgimento in condizioni di `insicurezza'. Con la conseguenza dell'assunzione diretta della posizione di garanzia da parte del committente. Ciò posto sui principi giurisprudenziali operanti in materia, effettivamente può sussistere una responsabilità del committente per culpa in eligendo o per culpa in vigilando in caso di impresa designata `in economia' priva delle caratteristiche di professionalità necessarie. Gli aspetti della scarsa affidabilità dell'impresa e dell'impresa designata `in economia', tuttavia, non sono mai stati esaminati né tantomeno acclarati nelle sentenze di merito. Non emergono neanche ulteriori profili di responsabilità, in quanto, nella sentenza di secondo grado, si è evidenziato che il proprietario non si era mai ingerito nell'esecuzione dei lavori, non aveva impartito direttive ed era estraneo all'ordinativo del materiale, comprato con bolla di accompagnamento a nome dell'esecutore dei lavori. È risultato che l'operaio dell'impresa fornitrice aveva portato il materiale nella zona del villino e lo aveva scaricato nella via pubblica e che il proprietario non poteva sospettare che il pietrisco non sarebbe stato introdotto all'interno dell'appartamento''.
Più violazioni antinfortunistiche vengono rilevate in un'area di cantiere in cui erano in corso lavori consistenti nella realizzazione di strutture di fondazione del solaio, nel calpestio del piano terra, nell'allestimento delle carpenterie metalliche e di altre opere murarie. La proprietaria dell'area aveva richiesto il rilascio del permesso di costruire, non concesso alla data dell'accertamento, ciò a riprova del suo interesse alla realizzazione delle opere nel cantiere connotato dalle violazioni riscontrate. Il marito della proprietaria dichiara di essersi sempre occupato in prima persona dei lavori abusivi. E tuttavia ciò è avvenuto in assenza di una formale delega di funzioni da parte della proprietaria. La Sez. IV osserva che eventuali profili di concorrente responsabilità del marito connessi al ruolo in concreto assunto non valgono a escludere fa colpevolezza della proprietaria, sulla quale ricadevano specifici doveri di controllo ricollegabili alla sua veste di committente delle opere, definito dall'art. 89, lett. b), D.Lgs. n. 81/2008 come ``il soggetto per conto del quale l'intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione''. Ne desume che, ``pur a fronte dell'ingerenza sostanziale del marito nella gestione dei lavori, in capo alla proprietaria residuava comunque la qualità di committente delle opere'', poiché ``committente è il soggetto che ha interesse alla realizzazione dell'opera, o perché è colui che stipula il contratto, o perché è colui che si avvantaggia della sua realizzazione, o vi è tenuto giuridicamente, oppure perché è stato delegato ad occuparsene''.
I proprietari di un'abitazione e del pertinente giardino sono accusati di aver commissionato un lavoro di potatura in quota ad un pensionato assunto `in nero', non dotato di adeguata esperienza tecnica e di idonee attrezzature (casco protettivo, piattaforma o altri presidi antinfortunistici), svolgente in modo autonomo l'attività di giardinaggio. A causa dell'utilizzo di un'attrezzatura da lavoro inadeguata, per tagliare un grosso ramo di un albero di robinia alto circa dieci metri, il pensionato sale su una scala prestatagli da un conoscente, legando con una corda il ramo da recidere e consegnando l'altra estremità all'imputata e al conoscente, dicendo loro di non tirarla finché non fosse ridisceso dalla scala. Tagliato il ramo, il pensionato era sceso dalla scala, nel mentre gli altri due avevano tirato la fune, causando la caduta del ramo che colpiva la vittima. La Sez. IV annulla agli effetti civili l'assoluzione degli imputati con rinvio al giudice civile. Osserva che gli imputati erano titolari di una specifica posizione di garanzia, ``in quanto committenti del lavoro di potatura dell'albero posto nella loro proprietà, in ragione di quanto previsto dall'art. 89 D.Lgs. n. 81/2008, per il quale è committente il soggetto per conto del quale l'intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione''. E ne desume che ``l'indicata qualifica può fondare un giudizio di responsabilità colposa per un eventuale infortunio derivante dalla scelta dei lavoratori, prevedendosi un vero e proprio obbligo in capo al proprietario committente di verificare l'idoneità tecnico-professionale dei lavoratori autonomi prescelti, in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati''.
Il proprietario di un capannone per uso artigianale concesso in locazione a una s.r.l. affida a un lavoratore autonomo la riparazione della copertura metallica. Il lavoratore autonomo, issatosi sul tetto non calpestabile, sfonda una lastra in vetroresina, precipitando da un'altezza di circa 4,50 metri. Condanna del committente per omicidio colposo, commesso in violazione degli artt. 2087 c.c.; 90, comma 9, lett. a), 26, comma 3-ter e 148 D.Lgs. n. 81/2008, per aver omesso di verificare l'idoneità tecnico-professionale del lavoratore autonomo, di redigere il documento di valutazione dei rischi, di predisporre idonee misure di protezione individuali atte a garantirne l'incolumità. A sua discolpa, l'imputato afferma che ``dalla normativa specifica in tema di locazione si evince la sussistenza di un obbligo di custodia a carico del conduttore, il quale risponde dei danni che la cosa locata abbia cagionato a terzi'', e che ``la posizione di garanzia doveva essere individuata in capo al conduttore in base agli artt. 1575 e 1580 c.c.''. Aggiunge che, ``quale locatore del bene, ha rispettato tutti gli obblighi previsti dalle disposizioni codicistiche (ha consegnato l'immobile esente da vizi, ha assicurato il pacifico godimento del bene ecc.), e che ``non può pertanto essergli addebitata alcuna responsabilità per un fatto che si poneva al di fuori della propria sfera di controllo'', in quanto ``con la consegna materiale del bene si delinea in capo al conduttore un preciso dovere di sicurezza''. La Sez. IV non condivide queste argomentazioni. Afferma che ``il committente risponde dell'infortunio occorso al lavoratore autonomo ove sia dimostrato che egli abbia omesso di verificare la sua idoneità tecnico-professionale in relazione ai lavori da compiersi, specie in relazione a situazioni di oggettiva pericolosità, immediatamente percepibile, come nel caso in esame''. Precisa che ``i richiami contenuti nel ricorso alla violazione delle disposizioni del codice civile sono eccentrici e inidonei a consentire una diversa interpretazione della vicenda''. Spiega che ``in questo caso non si pone un problema di responsabilità del conduttore per danni cagionati a terzi dal bene preso in locazione'', bensì un problema di ``responsabilità del committente dei lavori''. Rileva che ``la concorrente responsabilità di altri eventuali titolari di posizioni di garanzia in relazione all'infortunio occorso al lavoratore non incide sulla responsabilità del committente, che permane in ogni caso''.
Il titolare di un'impresa individuale edile quale datore di lavoro e separatamente la proprietaria di una villa quale committente vengono imputati di omicidio colposo in danno di un operaio al nero regolarizzato il giorno dopo l'infortunio e caduto dal terrazzo al secondo piano della villa durante l'esecuzione di lavori di ripavimentazione.
Un falegname incaricato dai proprietari di una residenza estiva di procedere in loro assenza alla sistemazione di incannucciate di un patio cade mortalmente da una scala fornitagli o autorizzata dai proprietari. Nell'annullare la loro assoluzione, la Sez. III osserva: ``Anche al committente, ogni qualvolta questi abbia anche solamente consentito che le opere avessero inizio pur in presenza di situazioni di fatto che potessero essere fonte di pericolo, in conseguenza della posizione di garanzia rivestita per effetto della prestazione lavorativa commissionata, anche nel caso in cui egli non sia un committente professionale ed i lavori abbiano una portata meramente `domestica' e gravando su costui anche il rischio di infortuni connessi alla particolare conformazione dell'ambiente in cui deve essere fornita la prestazione lavorativa''.
Il committente dei lavori di ristrutturazione di un immobile è accusato di lesioni personali colpose in danno di dipendente di una ditta individuale caduto nel vuoto da un balconcino. La Sez. IV annulla agli effetti civili con rinvio al giudice civile la sentenza della Corte d'Appello di proscioglimento per prescrizione del reato. Osserva che ``il committente privato non professionale che affidi in appalto lavori di manutenzione domestica, pur non essendo tenuto a conoscere, alla pari di quello professionale, le singole disposizioni tecniche previste dalla normativa prevenzionale, ha comunque l'onere di scegliere adeguatamente l'impresa, verificando che essa sia regolarmente iscritta alla C.C.I.A., che sia dotata del documento di valutazione dei rischi e che non sia destinataria di provvedimenti di sospensione o interdittivi ai sensi dell'art. 14 D.Lgs. n. 81/2008, altrimenti assumendo su di sé tutti gli obblighi in materia di sicurezza''. E rimprovera ai magistrati di appello di non aver esaminato questo aspetto della condotta colposa. (Sul punto v. anche Cass. 15 settembre 2022 n. 33972, sub art. 90, paragrafo 7).
Incaricato della pulizia dei tendoni della pompeiana antivento dell'abitazione della committente, un prestatore d'opera cade dalla veranda. La Sez. IV conferma la condanna della committente: ``In ipotesi di lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione d'opera, il committente, anche quando non si ingerisce nella loro esecuzione, rimane comunque obbligato a verificare l'idoneità tecnico professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione ai lavori affidati, poiché l'obbligo di verifica non può risolversi nel solo controllo dell'appaltatore nel registro delle imprese, che attiene ad un adempimento di carattere amministrativo. Il riconoscimento di una condotta imprudente del lavoratore, per non avere adottato un sistema di lavorazione più sicuro, quale lo smontaggio delle tende in plastica all'interno del terrazzo, in nessun modo si coniuga e interferisce con il titolo di colpa riconosciuto in capo al committente, in ragione di un difetto di verifica della capacità tecnica professionale del prestatore d'opera, che attiene ad un momento antecedente alla esecuzione della prestazione, preliminare rispetto all'esecuzione dell'incarico e che si articola nel mancato accertamento di una adeguata capacità organizzativa del prestatore e di una dotazione di strumenti di lavorazione e di protezione idonei ad assicurare lo svolgimento in sicurezza della prestazione. Il prestatore era stato reso affidatario delle opere in assenza di segnalazione dei rischi connessi all'attività che il prestatore era chiamato a svolgere, né i committenti avevano provveduto ad eliminare i pericoli né avevano preteso o verificato che il prestatore si dotasse di opportuni presidi di sicurezza o di strumenti idonei per operare. L'art. 26 D.Lgs. n. 81/2008, ritenuto applicabile anche all'affidamento di lavori in economia a prestatori d'opera, non prevede soltanto che il committente debba controllare la capacità tecnico organizzativa della ditta esecutrice delle opere, ma deve altresì fornire agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività''. (Dove, dunque, si applica l'art. 26 D.Lgs. n. 81/2008 nei confronti di soggetto che nell'ambito della propria abitazione non riveste la qualità di datore di lavoro).
La proprietaria di un terreno affida a una ditta di costruzioni la realizzazione di un immobile. Un dipendente della ditta scivola in una buca. Per omicidio colposo, oltre al datore di lavoro dell'infortunato, viene condannata la committente. La Sez. IV conferma la condanna: ``L'imputata, in quanto committente, aveva l'obbligo di nominare il coordinatore per la progettazione e l'esecuzione dei lavori; non lo ha nominato; è da ritenersi responsabile, poiché, se lo avesse nominato, il coordinatore per la progettazione e l'esecuzione dei lavori avrebbe fatto il proprio dovere e quindi ragionevolmente il cantiere sarebbe stato allestito in modo diverso, rispettoso delle misure di prevenzione degli infortuni sul lavoro, e si sarebbe potuto evitare l'infortunio mortale''.
``Ben argomentato ma soltanto suggestivo è il richiamo da parte dell'imputata alla disciplina civilistica del contratto di vendita di cosa futura anziché di appalto, la netta distinzione tra i quali è stata a più riprese puntualizzata dalla giurisprudenza civile di legittimità nei seguenti termini: `ai fini della differenziazione tra vendita ed appalto, quando alla prestazione di fare, caratterizzante l'appalto, si affianchi quella di dare, tipica della vendita, deve aversi riguardo alla prevalenza o meno del lavoro sulla materia, con riguardo alla volontà dei contraenti oltre che al senso oggettivo del negozio, al fine di accertare se la somministrazione della materia sia un semplice mezzo per la produzione dell'opera ed il lavoro lo scopo del contratto (appalto), oppure se il lavoro sia il mezzo per la trasformazione della materia ed il conseguimento della cosa l'effettiva finalità del contratto (vendita) (Sez. II civ., 12 marzo 2018 n. 5935)'; `si ha contratto di appalto, e non contratto di vendita, quando, secondo la volontà dei contraenti, la prestazione della materia è un semplice mezzo per la produzione dell'opera, il lavoro essendo prevalente rispetto alla materia, sicché è corretta la qualificazione come appalto del contratto avente ad oggetto la costruzione di un capannone di grandi dimensioni (ottomila metri cubi), trattandosi necessariamente di un'opera da realizzare `su misura' rispetto alle specifiche esigenze del committente, con prevalenza, quindi, dell'obbligazione di facere rispetto alla pattuita fornitura di elementi prefabbricati da parte dell'appaltatore' (Sez. III civ., 20 novembre 2012 n. 20301). Qualificante al fine dell'affermazione della penale responsabilità dell'imputata nella vicenda in esame non è già l'antefatto o la qualificazione del contratto originario, ma è invece l'avere l'imputata, prima, richiesto l'autorizzazione alla ripresa del taglio del bosco contestualmente comunicando che avrebbe affidato i lavori a una ditta, e, poi, dopo, ottenuta l'autorizzazione (che peraltro era espressamente subordinata al rispetto della normativa di sicurezza sui luoghi di lavoro di cui al D.Lgs. n. 81/2008 ed all'affidamento dei lavori a ditta specializzata in materia ovvero a persona in possesso dei requisiti previsti dalla normativa di settore), avere affidato il taglio alla ditta, che però era priva dei requisiti, in quanto senza D.U.R.C. e senza iscrizione alla camera di commercio, risultando avere cessato ogni attività. Si tratta di circostanze di fatto che riempiono di contenuto effettivo la posizione di garanzia dell'imputata, la quale, in veste di proprietaria del terreno e del bosco, si sarebbe dovuta astenere dalla scelta di incaricare una ditta che era priva dei requisiti minimi per svolgere la pericolosa attività di disboscamento in questione''.
``Gli obblighi di sicurezza previsti dagli artt. 26 e 90 del D.Lgs. n. 81/2008 gravano esclusivamente sul committente, da intendersi come colui che ha stipulato il contratto d'opera o di appalto, anche se non proprietario del bene che si avvantaggia delle opere affidate, mentre nessuna responsabilità è configurabile a carico del proprietario non committente che non si sia ingerito nell'esecuzione delle opere, pur in assenza di una delega di funzioni''.
Nell'ambito dei lavori di ristrutturazione di un immobile appaltati dal coniuge della proprietaria a un'impresa, un operaio imbianchino presentato al coniuge dall'appaltatore ``si reca nel cantiere per ottenere il pagamento dei lavori di cappottatura realizzati sulla facciata posteriore dell'abitazione, e accortosi della necessità di una piccola rifinitura, sale sul ponteggio in precedenza utilizzato dall'appaltatore, già parzialmente smontato e privo di ancoraggio, ricostruendolo parzialmente ed avvalendosi di una scala in ferro per raggiungere la parete dove effettuare l'intervento'', ma ``mentre opera in questo modo precipita da un'altezza di 6/8 metri, a seguito della caduta del ponteggio''. In primo grado, furono condannati per omicidio colposo sia la proprietaria, sia il coniuge, invece in appello soltanto il coniuge. Nel respingere il ricorso del P.M. e della parte civile, la Sez. IV conferma l'assoluzione della proprietaria. Per cominciare, sottolinea ``la trasformazione della figura del committente nella normativa e nella giurisprudenza da soggetto privo di autonoma responsabilità a soggetto che riveste responsabilità proprie (oggi descritte dall'art. 90 D.Lgs. n. 81/2008)''. Prende atto che la Corte d'Appello ``assolve la proprietaria sulla base dell'inapplicabilità degli obblighi, di cui all'art. 90 D.Lgs. n. 81/2008 al proprietario del bene non committente dell'opera, laddove il P.M., non diversamente dalla parte civile, assume che in assenza di delega del proprietario a terzi da ritenersi in questo caso inesistente, le due figure coincidano''. Rileva che ``l'art. 89 D.Lgs. n. 81/2008 definisce il committente come colui per conto del quale l'opera viene realizzata'', che ``l'espressione `per conto', è equivalente sia a `per incarico di' oppure a `in nome di' oppure ancora `a favore di''', e che ``si tratta, in ogni caso, di un soggetto che ha interesse alla realizzazione dell'opera o perché è il colui che stipula il contratto o perché si avvantaggia della sua realizzazione o vi è tenuto giuridicamente oppure perché è stato delegato ad occuparsene''. Sostiene che ``si tratta di una definizione, che pur prevista dal D.Lgs. n. 81/2008, rivolto a disciplinare la materia della sicurezza sul lavoro, si sovrappone alla generalissima figura civilistica del committente, quale soggetto che commissiona un lavoro, benché la normativa specifica del richiamato testo unico ne delinei i compiti e le responsabilità nell'ambito regolato''. Considera ``possibile che i soggetti non coincidano e che chi stipula il contratto in qualità di committente non sia il proprietario del bene o colui a vantaggio del quale l'opera è realizzata''. Indica a titolo di esempio: ``un soggetto che conduca in locazione un immobile e che per provvedere ad opere di manutenzione ordinaria incarichi un'impresa''; chi a norma dell'art. 2028 c.c. ``intervenga spontaneamente su un bene altrui, in absentia domini a fine di porre rimedio a situazioni in cui è necessario un intervento urgente''; ``l'amministratore di condominio che stipuli un contratto di affidamento in appalto di lavori da eseguirsi nell'interesse del condominio ove la delibera assembleare gli riconosca autonomia di azione e concreti poteri decisionali'' (a quest'ultimo riguardo v. l'ebook Guariniello, Sicurezza nel condominio: profili di responsabilità penale, Wolters Kluwer, Milano, 2018, 24). A questo punto, la Sez. IV precisa che ``la responsabilità del committente è posta in stretto collegamento con l'affidamento dell'opera e la sua posizione di soggetto su cui incombe il governo del rischio deriva proprio dal dovere di sicurezza in relazione all'incidenza che la sua condotta assume sia nell'opzione di individuare un contraente inadeguato, che nell'essersi eventualmente ingerito nell'esecuzione del contratto''. Spiega che, ``se da un lato non può essere richiesto al committente un pressante e continuo controllo sull'opera il cui svolgimento egli ha affidato a terzi, essendogli riservato il potere di risoluzione del contratto in caso di inadempimento, nondimeno, dall'altro, non si può prescindere dall'esigere, da parte sua, la diligenza nella scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera cui affidare i lavori, onere specificamente previsto dall'art. 90, comma 9, D.Lgs. n. 81/2008 e comunque derivante dalla sua scelta contrattuale (la culpa in eligendo del committente è ritenuta fonte di responsabilità civile anche verso i terzi da ultimo)''. Considera la tesi avanzata dal P.M. che ``pretende, al fine di liberare il proprietario dalle responsabilità per i lavori svolti sul bene oggetto del suo dominio, che egli conferisca delega di funzioni al soggetto che assume il compito di scegliere l'appaltatore e stipulare il contratto, con le forme previste dall'art. 16 D.Lgs. n. 81/2008, solo così realizzandosi l'effettivo trasferimento degli obblighi con i relativi poteri e facoltà, da parte del soggetto su cui incombe il governo del rischio''. Replica che ``si tratta di un'impostazione che riflette al di fuori del perimetro del D.Lgs. n. 81/2008 disposizioni che sono riferite espressamente al datore di lavoro, estendendo l'ambito di formalizzazione delle deleghe ad una sfera come quella familiare nella quale ipotizzare la necessità di una delega scritta - ancor di più con quelle caratteristiche - per affidare ad un membro del nucleo l'incombenza di concludere i contratti e tenere i rapporti con le imprese, i professionisti o gli artigiani che vi provvederanno, si pone come un'incrinatura della natura stessa del rapporto, poiché implica un atto del tutto atipico all'interno di un vincolo di natura affettiva e di comunanza di vita''. Aggiunge che, ``al contrario, la responsabilità in capo al committente, nei limiti descritti di culpa in eligendo e di ingerenza nell'esecuzione deriva, non dalla delega formale ricevuta da proprietario, ma proprio dalla sua veste di soggetto che affida il lavoro''. Con riguardo al caso di specie, la Sez. IV pone in risalto ``la totale assenza di ingerenza della proprietaria nell'esecuzione delle opere, essendo pacifico che la medesima non ha concluso contratti né con il prestatore d'opera infortunato, né con l'appaltatore delle opere''. Ed esclude che la proprietaria ``si sia ingerita nell'esecuzione dell'opera sol perché controllava l'effetto estetico dei lavori, trattandosi di un'attività che nulla ha a che fare con verifiche e controlli tecnici''.
A sorpresa, il piano sostitutivo di sicurezza è evocato da:
``Ecco dunque il Piano di Sicurezza e Coordinamento, redatto dal committente o dal responsabile dei lavori; il Piano di Sicurezza Sostitutivo, redatto a cura dell'appaltatore e del concessionario; il Piano Operativo di Sicurezza, redatto da ciascun datore di lavoro delle imprese esecutrici; strumenti che, all'evidenza, non si sostituiscono, ma si integrano, nell'ottica di una messa in sicurezza del cantiere che il legislatore tende a garantire sempre con maggiore rigore''.
Nel paragrafo 18 sub art. 26, abbiamo esaminato il fenomeno dei distacchi nell'ambito degli appalti intraaziendali. Va da sé che, nel caso in cui distacchi un proprio lavoratore presso un cantiere temporaneo o mobile, il datore di lavoro è tenuto ad osservare gli obblighi di prevenzione e protezione previsti dal D.Lgs. n. 81/2008. Salvi restando a carico dei diversi soggetti facenti parte dell'organizzazione committente (committente, responsabile dei lavori, coordinatori) e appaltatrice subappaltante i rispettivi obblighi contemplati nel Titolo IV, Capo I, D.Lgs. n. 81/2008 (v. in merito l'e-book Guariniello, La tutela dei lavoratori distaccati, 2016, Wolters Kluwer, Milano, 14 s.). V. in proposito, oltre a Cass. 19 agosto 2019, n. 36170, sub art. 96, paragrafo 4:
In un cantiere avente per oggetto la realizzazione di un capannone industriale appaltata da una s.p.a. committente, il dipendente di una s.r.l. distaccato presso una s.n.c. appaltatrice di porzioni di opere cade da un'altezza di undici metri. La Sez. IV conferma la condanna dei due soci amministratori della s.n.c. in qualità di distaccatari del lavoratore infortunato, il socio amministratore della s.r.l. distaccante, nonché il responsabile dei lavori e coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione designato dalla s.p.a. committente, e, in particolare, nei confronti del datore di lavoro distaccante, sottolinea ``la ricorrenza delle ipotesi di colpa specifica specificamente contestate con riferimento alla carenza del POS predisposto dalla s.r.l., alla inidoneità ed inadeguatezza delle attrezzature messe a disposizione dei lavoratori e per non avere adottato un sistema idoneo di protezione contro le cadute dall'alto, in sostanza individuando nel distaccante la titolarità di una posizione di garanzia che si affianca a quella di cui risultavano investiti gli amministratori della ditta appaltatrice, in ragione di una asserita corresponsabilità nella esecuzione delle lavorazioni''. Rileva ancora come ``la responsabilità del distaccante si aggiunga a quella dei legali rappresentanti della ditta appaltatrice non già sulla base di una mera interpretazione estensiva dell'accordo di distacco, cartolarmente destinato, in deroga all'art. 3, comma 6, D.Lgs. n. 81/2008 a mantenere in capo al distaccante gli obblighi di controllo, direzione e coordinamento degli operai distaccati'', ed evidenzia ``il carattere sostanziale da cui trae origine la posizione di garanzia del titolare della s.r.l. in ragione del concreto atteggiarsi e svolgersi delle lavorazioni, realizzate da personale della società distaccante in una prospettiva acceleratoria del completamento dell'appalto, sulla base di un piano operativo predisposto dalla stessa ditta distaccante in cui la ditta appaltatrice veniva impropriamente indicata come committente, POS che era stato sottoposto alla verifica e al coordinamento del coordinatore per l'esecuzione dei lavori, e che aveva introdotto rilevanti modifiche operative alla procedure di lavoro in quota, sostituendo le impalcature originariamente previste nel POS della s.r.l. con l'impiego di piattaforme mobili''. Esclude, quindi, che si sia fatta ``derivare la responsabilità del distaccante dal contenuto di un patto privato, in quanto derogatorio della disciplina sulla ripartizione degli obblighi prevenzionistici in ipotesi di distacco, avendo questi utilizzato il riferimento documentale esclusivamente quale elemento di riscontro di un intervento in cantiere della s.r.l. tutt'altro che limitato alla fornitura delle maestranze distaccate, bensì di concreto e partecipe supporto e di fattivo ausilio alle metodiche e ai tempi di lavoro programmati dalla ditta appaltatrice nella esecuzione degli interventi edili, con conseguente corresponsabilità degli amministratori delle due aziende nella predisposizione delle misure prevenzionistiche e nella verifica della concreta adozione delle stesse''.
``La vittima è stata comandata dal proprio datore di lavoro, di andare a trasportare e a smontare una gru su di un terreno, di proprietà dell'impresa committente, il quale aveva assentito per iscritto al deposito della gru, e su incarico riconducibile all'impresa affidataria. L'impresa affidataria intendeva edificare un edificio sul terreno, con pratica amministrativa in fase avanzatissima, terreno sul quale di fatto era una conduttura elettrica di media tensione non protetta e di modeste dimensioni (non già un traliccio, che sarebbe stato estremamente visibile), conduttura costituente serio pericolo per la vita e per l'incolumità (rischio di folgorazione) di chiunque vi si avvicinasse. Proprio urtando tale conduttura un lavoratore -che non risulta essere stato avvisato da nessuno dello specifico pericolo- morì, per folgorazione; nessuno si era preventivamente preoccupato di accertare se vi fosse, o meno, una pericolosa linea elettrica sul terreno in questione; a tutti gli imputati è contestato - ed è stato ritenuto sussistente - oltre ai profili di colpa specifica, anche un profilo di colpa generica; poiché vi era concreto rischio di interferenza, era necessario nominare un coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione'' che, ove fosse stato nominato, avrebbe dovuto, ai sensi degli artt. 90-91 del D.Lgs. n. 81/2008, redigere un piano di sicurezza e di coordinamento, piano che mancò; vi è nesso causale tra le condotte degli imputati e l'evento-morte.
``L'amministratore unico di una s.r.l. ometteva di verificare, prima dell'inizio dei lavori, che i propri dipendenti operassero in condizioni di sicurezza come previsto dallo stesso piano operativo di sicurezza della società, in questo modo cagionando la morte di un dipendente, il quale, nel corso dell'esecuzione dei lavori di posizionamento dei coprigiunti in lamiera sulla copertura del capannone di un opificio, cadeva in un'apertura praticata sul tetto, precipitando da circa 7 metri di altezza''. La Sez. IV conferma la condanna: ``Non sussiste un principio di affidamento, da parte del datore di lavoro, relativamente al corretto operato delle altre imprese, in quanto l'importanza del bene giuridico tutelato impone a ogni datore di lavoro di verificare la sicurezza dei luoghi. Quando in un cantiere di lavoro diverse imprese assumano in appalto l'esecuzione di lavori che per la loro natura impongono l'utilizzazione di ponteggi già in precedenza installati da altra impresa, esiste l'obbligo per gli imprenditori - ed eventualmente per i loro preposti - di verificare che tutti i ponteggi siano completati nel pieno rispetto delle norme, senza che possa riconoscersi - ai fini dell'adempimento di tale obbligo specifico - un qualsiasi affidamento per eventuali assicurazioni avute da terzi - anche se qualificati - circa la regolarità dei ponteggi stessi, essendo l'obbligo di controllo rigorosamente personale del soggetto cui compete la direzione dei lavoratori e non delegabili né a dipendenti né a terzi''.
In forza dell'art. 89, comma 1, lettera h), D.Lgs. n. 81/2008, per ``piano operativo di sicurezza'', s'intende ``il documento che il datore di lavoro dell'impresa esecutrice redige, in riferimento al singolo cantiere interessato, ai sensi dell'articolo 17 comma 1, lettera a), i cui contenuti sono riportati nell'allegato XV''. Stupisce, pertanto:
``ll piano operativo di sicurezza, ovvero il documento che il datore di lavoro dell'impresa esecutrice dei lavori in campo edile redige per ogni singolo cantiere, costituisce uno strumento di prevenzione dei rischi connessi allo svolgimento dell'attività e, pertanto, deve contenere disposizioni specifiche in relazione alle diverse attività che vengono svolte nel luogo di lavoro. Il POS rappresenta, nei cantieri edili, il documento di valutazione del rischio e deve contenere, fra l'altro, come previsto nell'allegato XV D.Lgs. n. 81/2008, l'individuazione delle misure preventive e protettive, integrative rispetto a quelle contenute nel PSC quando previsto, adottate in relazione ai rischi connessi alle lavorazioni. Il contenuto minimo del POS, dunque, deve essere parametrato in relazione alle specificità delle attività oggetto del cantiere, al tipo di attrezzature usate ed alle caratteristiche dell'area in cui il cantiere insiste''.
La Sez. IV conferma la condanna del direttore tecnico del cantiere di una s.p.a. capogruppo di un'Associazione Temporanea di Imprese per l'infortunio occorso al dipendente di un'impresa facente parte dell'ATI e di tre dipendenti di un'impresa subappaltatrice: ``La delega era intervenuta nei confronti si soggetto esperto, che svolgeva nell'azienda capofila la veste di direttore tecnico dei cantiere, già dotato di una delega prepositurale nella quale gli venivano attribuite competenze nella redazione del POS della ditta previa valutazione dei rischi specifici relativi e, rilievo ancora più importante in questa vicenda, di predisporre variazioni del POS da sottoporre al coordinatore della sicurezza in relazione al PSC fornito dal committente e allo stesso veniva attribuito ampio potere di spesa nella individuazione e nella predisposizione delle relative misure di prevenzione e di sicurezza. Non è contestata la violazione di un generico obbligo di vigilare tout-court, ma il mancato adeguamento del POS, e quindi delle norme prevenzionistiche, alle attività di cantiere sopravvenute''.
Disagevole conciliare il ruolo di delegato con l'indelegabilità dell'obbligo del POS ribadita dall'art. 89, comma 1, lettera h), D.Lgs. n. 81/2008 mediante l'esplicito ``riferimento al singolo cantiere interessato, ai sensi dell'articolo 17 comma 1, lettera a)''. Visto che ``ai sensi degli artt. 17 e 28 D.Lgs. n. 81/2008'', si produce la ``nullità della delega conferita per l'adempimento di obblighi non demandabili'', secondo quanto osserva la contemporanea Cass. 7 maggio 2020, n. 13844. Del resto, Cass. 4 febbraio 2020, n. 4626 nota esattamente che ``anche il POS appartiene al più ampio genus della valutazione dei rischi'').
Più volte, la Corte Suprema è chiamata ad occuparsi di lavori subappaltati, purtroppo con esiti non sempre persuasivi. Oltre alla puntuale Cass. 16 maggio 2023 n. 20671 (sub art. 95, paragrafo 1), v.:
Conferma la condanna dell'appaltatore e del subappaltatore per infortunio occorso a dipendente del subappaltatore durante lavori di rimozione di materiale contenente amianto dal tetto di copertura di un capannone e di rifacimento del tetto: nessuna traccia del committente.
Il dipendente di una s.r.l. appaltatrice di opere in un cantiere edile allestito in un condominio subappalta ad altra ditta l'esecuzione di lavori specialistici di taglio di un solaio in latero-cemento con apposito macchinario. Un dipendente della s.r.l. appaltatrice cade da un solaio. La Sez. IV conferma la condanna penale dell'appaltatore: ``il PSC ed il POS predisposti dalla s.r.l. erano generici e lacunosi''. (Dove stupiscono l'assenza dei committenti, e l'attribuzione del PSC all'appaltatore, in altro punto della sentenza qualificato come committente).
``È correttamente inquadrato come datore di lavoro, titolare di una posizione di garanzia, il soggetto che, pur avendo formalmente appaltato a terzi le opere che hanno dato origine all'infortunio, sia intervenuto costantemente nella loro esecuzione, acquistando i materiali e le attrezzature, curando l'organizzazione del lavoro e impartendo istruzioni e direttive. Inoltre, il subappaltante è esonerato dagli obblighi di protezione solo nel caso in cui i lavori subappaltati rivestano una completa autonomia, sicché non possa verificarsi alcuna sua ingerenza rispetto ai compiti del subappaltatore''.
``L'imprenditore che si avvalga di maestranze in regime di subappalto ovvero di lavoratori anche autonomi che provveda ad inserire nell'organizzazione aziendale, si identifica - in assenza di specifiche deleghe al titolare della ditta operante in subappalto - nel soggetto responsabile della sicurezza del cantiere''.
``Gli obblighi di osservanza delle norme antinfortunistiche, con specifico riferimento all'esecuzione di lavori in subappalto all'interno di un unico cantiere predisposto dall'appaltatore, gravano su tutti coloro che esercitano i lavori e, quindi, anche sul subappaltatore interessato all'esecuzione di un'opera parziale e specialistica, che è tenuto ad adottare misure di prevenzione e protezione contro tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa, pur nel caso in cui questi siano dovuti a interferenze con l'attività di altre imprese e l'organizzazione del luogo di lavoro resti comunque sottoposta ai poteri direttivi generali dell'appaltatore o del committente''.
``Con specifico riferimento all'esecuzione di lavori in subappalto all'interno di un unico cantiere edile predisposto dall'appaltatore, grava su tutti coloro che esercitano i lavori e, quindi, anche sul subappaltatore interessato all'esecuzione di un'opera parziale e specialistica, il quale ha l'onere di riscontrare ed accertare la sicurezza dei luoghi di lavoro, sebbene l'organizzazione del cantiere sia direttamente riconducibile all'appaltatore, che non cessa di essere titolare dei poteri direttivi generali. Ogni datore di lavoro, pur se subappaltatore, ha l'obbligo di osservare le disposizioni sulla sicurezza dei luoghi di lavoro e, quindi, deve adottare idonee misure di prevenzione e protezione contro `tutti' i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa, anche quando questi siano dovuti alle `interferenze' con l'attività di altre imprese, ed anche quando l'organizzazione del luogo di lavoro resta sottoposta ai poteri direttivi dell'appaltatore o del committente. Ogni datore di lavoro, infatti, è tenuto, a norma dell'art. 17 D.Lgs. n. 81/2008, ad effettuare `la valutazione di tutti i rischi', e, a norma dell'art. 28, comma 2, ad apprestare le misure di prevenzione e di protezione che si rendono necessarie in conseguenza della valutazione di tali rischi''.
Durante lavori di restauro e di risanamento conservativo della copertura di una chiesa subappaltati da una s.r.l. a una ditta edile, un dipendente di tale ditta entra in contatto con un cavo elettrico aereo e decede per insufficienza cardio-respiratoria dovuta ad elettrocuzione. Condanna del titolare della s.r.l. per non aver valutato in quali condizioni di sicurezza lavorassero i lavoratori del subappalto e per non aver rilevato che la ditta subappaltatrice, nel suo POS, aveva omesso di considerare il rischio derivante da possibili contatti elettrici. Invero, ``spettava a lui valutare le condizioni di sicurezza in cui i lavori affidati venivano eseguiti e verificare se fossero applicate le previsioni e le disposizioni del PSC'', e ``non avendolo fatto, la sua omissione era all'origine della catena causale che aveva determinato l'evento''. A sua volta, la datrice di lavoro dell'infortunato ``non aveva provveduto affinché i suoi dipendenti fossero salvaguardati dai rischi di natura elettrica, ad esempio proteggendo i cavi con tubi `corrugati', già usati in precedenza, o prescrivendo di lavorare mantenendo una distanza di sicurezza dai cavi''. Là dove ``avrebbe potuto e dovuto sospendere i lavori in presenza di una linea elettrica in pessime condizioni''. Colpevole anche il preposto della ditta subappaltatrice che, avendo incaricato il lavoratore di portare a termine il lavoro sul tetto, era obbligato a ``segnalare i rischi riscontrati al datore di lavoro, ed essendo anche responsabile del servizio di prevenzione e protezione, aveva un obbligo rafforzato di conoscere e segnalare la necessità di proteggere i cavi''. Nel confermare le condanne, la Sez. IV individua ``l'area di rischio che doveva essere gestita dagli imputati'' nel ``ponteggio che, unitariamente considerato, era indubbiamente collocato in prossimità di linea elettrica con parti attive non protette e a distanza inferiore ai limiti di cui all'allegato XI del D.Lgs. n. 81/2008''. Rileva che ``il titolare della s.r.l. appaltatrice affidataria dei lavori aveva gli obblighi di cui all'art. 97 del D.Lgs. n. 81/2008, che gli imponevano di verificare, tra le altre cose, anche l'applicazione delle disposizioni e delle prescrizioni del Piano di Sicurezza e Coordinamento'', e, inoltre, quale ``datore di lavoro dell'impresa affidataria, avendo subappaltato parte dei lavori, era tenuto a adottare i comportamenti previsti dall'art. 26 D.Lgs. n. 81/2008, che come noto prescrive precisi obblighi di cooperazione all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro, imponendo il coordinamento di interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi interferenziali tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera''. Prende atto che, nel caso di specie, ``il subappalto non era stato totale, visto che la s.r.l. appaltatrice aveva subappaltato solo una parte dei lavori di ristrutturazione del tetto rispetto all'intero piano di esecuzione delle opere di restauro da eseguire, sicché aveva mantenuto una posizione di ingerenza nella esecuzione dei lavori''. Richiama ``le disposizioni di cui agli artt. 83 e 117 D.Lgs. n. 81/2008, che vietano l'esecuzione di lavori non elettrici in vicinanza di linee elettriche, con necessità, in tali casi, di adottare precise precauzioni, quali: la messa fuori tensione della linea e la messa in sicurezza delle parti attive o il posizionamento di ostacoli rigidi idonei ad impedire l'avvicinamento a parti attive''. Aggiunge che pure la datrice di lavoro dell'infortunato e il preposto ``dovevano adottare tutte le misure necessarie (anche ai sensi dell'art. 26 del D.Lgs. n. 81/2008), affinché i lavoratori fossero salvaguardati da tutti i rischi di natura elettrica presenti in cantiere, in qualsiasi modo gli stessi potessero concretizzarsi''. Conclusione: ``gli obblighi di osservanza delle norme antinfortunistiche, con specifico riferimento all'esecuzione di lavori in subappalto all'interno di un unico cantiere edile predisposto dall'appaltatore, grava su tutti coloro che esercitano i lavori e, quindi, anche sul subappaltatore interessato all'esecuzione di un'opera parziale e specialistica, il quale ha l'onere di riscontrare ed accertare la sicurezza dei luoghi di lavoro, sebbene l'organizzazione del cantiere sia direttamente riconducibile all'appaltatore, che non cessa di essere titolare dei poteri direttivi generali''. (Dove non si coglie il distinguo tra le discipline rispettivamente dettate dall'art. 26 e dal Titolo IV, Capo I, D.Lgs. n. 81/2008, e si evoca il PSC anche nella prospettiva dell'art. 26. Inoltre, pur in caso di subappalto, può emergere la responsabilità, oltre che dell'appaltatore e del subappaltatore, anche del committente).
``La accertata ingerenza nella lavorazione data - sia pure del tutto irregolarmente - in subappalto, ingerenza di cui sono stati ritenuti indici rivelatori non stilo la presenza fisica nel cantiere ma l'avere fornito alla ditta subappaltatrice (senza verificare i requisiti di sicurezza) gli strumenti di lavoro, tra cui proprio la scala da cui poi il lavoratore era caduto, è stata valutata dalla Corte d'Appello che, seppure senza richiamarli esplicitamente, ha fatto corretta applicazione dei seguenti condivisibili principi di diritto: `in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il subappaltante è esonerato dagli obblighi di protezione solo nel caso in cui i lavori subappaltati rivestano una completa autonomia, sicché non possa verificarsi alcuna sua ingerenza rispetto ai compiti del subappaltatore; l'appaltatore che procede a subappaltare l'esecuzione delle opere non perde automaticamente la qualifica di datore di lavoro, neppure se il subappalto riguardi formalmente la totalità dei lavori, ma continua ad essere responsabile del rispetto della normativa antinfortunistica, qualora eserciti una continua ingerenza nella prosecuzione dei lavori; è correttamente inquadrato come datore di lavoro, titolare di una posizione di garanzia, il soggetto che, pur avendo formalmente appaltato a terzi le opere che hanno dato origine all'infortunio, sia intervenuto costantemente nella loro esecuzione, acquistando i materiali e le attrezzature, curando l'organizzazione del lavoro e impartendo istruzioni e direttive''.
``In caso di subappalto, il datore di lavoro dell'impresa affidataria deve verificare le condizioni di sicurezza dei lavori affidati, la congruenza dei piani operativi di sicurezza (POS) delle imprese esecutrici rispetto al proprio, nonché l'applicazione delle disposizioni del piano di sicurezza e coordinamento (PSC), con la conseguenza che in mancanza di quest'ultimo, egli deve attivarsi richiedendolo immediatamente al committente oppure rifiutandosi di conferire il subappalto''. ``II subappaltatore è investito degli obblighi propri del datore di lavoro, dovendo provvedere alla valutazione dei rischi, alla redazione del POS, alla formazione e informazione del lavoratore, alla dotazione di attrezzatura idonea''.
``La carenza di autonomia non esime il subappaltatore dal dovere di vigilare affinché le misure di sicurezza necessarie siano rigorosamente adottate nell'ambito dell'attività di cui egli è responsabile. In caso di lavori affidati in appalto la ditta, appaltante o subappaltante, deve fornire le informazioni necessarie sui rischi specifici e sulle misure da essa stessa adottate in relazione all'attività da svolgere; tuttavia, è compito di entrambe le ditte cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione per i rischi inerenti all'esecuzione dell'opera appaltata''.
La Sez. IV osserva che ``il committente, anche nel caso di subappalto, è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l'infortunio, sia per la scelta dell'impresa sia in caso di omesso controllo dell'adozione, da parte dell'appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, specie nel caso in cui la mancata adozione o l'inadeguatezza delle misure precauzionali sia immediatamente percepibile senza particolari indagini''. (Peccato che, nel caso di specie, di un infortunio occorso a socio lavoratore di una cooperativa a r.l. subappaltatrice vengano ritenuti colpevoli i responsabili sia dell'impresa appaltatrice di lavori di costruzione di una stazione elettrica di conversione, sia della cooperativa subappaltatrice delle opere di fondazione ed elevazione delle strutture in cemento armato, ma non della s.p.a. committente).
``Il committente, anche nel caso di subappalto, è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l'infortunio, sia per la scelta dell'impresa sia in caso di omesso controllo dell'adozione, da parte dell'appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, specie nel caso in cui la mancata adozione o l'inadeguatezza delle misure precauzionali sia immediatamente percepibile senza particolari indagini. Sull'attribuibilità della posizione di garanzia non solo in seguito a investitura formale, ma anche in seguito all'esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante, va poi ricordato che essa deve essere individuata accertando in concreto la effettiva titolarità del potere-dovere di gestione della fonte di pericolo, alla luce delle specifiche circostanze in cui si è verificato il sinistro. Dunque, la posizione di committente ancorché `di fatto' costituisce, sul piano astratto, posizione di garanzia con riferimento ai luoghi di lavoro ove si svolgono le prestazioni oggetto di appalto, specie laddove la mancata adozione o l'inadeguatezza delle misure precauzionali sia immediatamente percepibile senza particolari indagini. È certamente tale il caso in cui lavori in quota vengano eseguiti da lavoratori delle imprese appaltatrici senza i necessari strumenti e dispositivi di protezione; ed è esattamente quanto avvenuto nella specie, trattandosi pacificamente di caduta dall'alto di un lavoratore sprovvisto di tali strumenti e dispositivi (cinture di sicurezza o altri aventi analoga funzione) sebbene fosse impegnato su un balcone privo di parapetto, oltretutto in orario serale e senza luce naturale. Nel caso di che trattasi, se è vero che l'amministratrice della società appaltante era formalmente la moglie dell'imputato, nella sostanza costui si poneva nei rapporti con gli altri soggetti interessati (ditte appaltatrici, acquirenti degli immobili ecc.) come se fosse il dominus della committenza: aveva commissionato i lavori, era quasi sempre presente in cantiere, aveva affidato gli incarichi alle ditte appaltatrici con i cui rappresentanti discuteva di prezzi e pagamenti, verificava l'andamento dei lavori''.