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Il T.U. Sicurezza sul lavoro commentato con la giurisprudenza

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    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

    Informazioni sul volume

    Autore:

    Raffaele Guariniello

    Editore:

    Wolters Kluwer

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    Il T.U. Sicurezza sul lavoro commentato con la giurisprudenza

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    Mostra tutte le note

    1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di cui all'articolo precedente, idonee ai fini della salute e sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi che devono essere utilizzate conformemente alle disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie.

    2. All'atto della scelta delle attrezzature di lavoro, il datore di lavoro prende in considerazione:

    a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere;

    b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;

    c) i rischi derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse

    d) i rischi derivanti da interferenze con le altre attrezzature già in uso.

    3. Il datore di lavoro, al fine di ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte, adotta adeguate misure tecniche ed organizzative, tra le quali quelle dell'Allegato VI.

    4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché:

    a) le attrezzature di lavoro siano:

    1. installate ed utilizzate in conformità alle istruzioni d'uso;

    2. oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza di cui all'articolo 70 e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d'uso e libretto di manutenzione;

    3. assoggettate alle misure di aggiornamento dei requisiti minimi di sicurezza stabilite con specifico provvedimento regolamentare adottato in relazione alle prescrizioni di cui all'articolo 18, comma 1, lettera z);

    b) siano curati la tenuta e l'aggiornamento del registro di controllo delle attrezzature di lavoro per cui lo stesso è previsto.

    5. Le modifiche apportate alle macchine quali definite all'articolo 1, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 459, per migliorarne le condizioni di sicurezza in rapporto alle previsioni del comma 1, ovvero del comma 4, lettera a), numero 3 non configurano immissione sul mercato ai sensi dell'articolo 1, comma 3, secondo periodo, sempre che non comportino modifiche delle modalità di utilizzo e delle prestazioni previste dal costruttore.4

    6. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché il posto di lavoro e la posizione dei lavoratori durante l'uso delle attrezzature presentino requisiti di sicurezza e rispondano ai principi dell'ergonomia.

    7. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici, il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché:

    a) l'uso dell'attrezzatura di lavoro sia riservato ai lavoratori allo scopo incaricati che abbiano ricevuto una informazione, formazione ed addestramento adeguati;5

    b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, i lavoratori interessati siano qualificati in maniera specifica per svolgere detti compiti.

    8. Fermo restando quanto disposto al comma 4, il datore di lavoro, secondo le indicazioni fornite dai fabbricanti ovvero, in assenza di queste, dalle pertinenti norme tecniche o dalle buone prassi o da linee guida, provvede affinché:

    a) le attrezzature di lavoro la cui sicurezza dipende dalle condizioni di installazione siano sottoposte a un controllo iniziale (dopo l'installazione e prima della messa in esercizio) e ad un controllo dopo ogni montaggio in un nuovo cantiere o in una nuova località di impianto, al fine di assicurarne l'installazione corretta e il buon funzionamento;

    b) le attrezzature soggette a influssi che possono provocare deterioramenti suscettibili di dare origine a situazioni pericolose siano sottoposte:

    1. ad interventi di controllo periodici, secondo frequenze stabilite in base alle indicazioni fornite dai fabbricanti, ovvero dalle norme di buona tecnica, o in assenza di queste ultime, desumibili dai codici di buona prassi;

    2. ad interventi di controllo straordinari al fine di garantire il mantenimento di buone condizioni di sicurezza, ogni volta che intervengano eventi eccezionali che possano avere conseguenze pregiudizievoli per la sicurezza delle attrezzature di lavoro, quali riparazioni trasformazioni, incidenti, fenomeni naturali o periodi prolungati di inattività;

    c) gli interventi di controllo di cui alle lettere a) e b) sono volti ad assicurare il buono stato di conservazione e l'efficienza a fini di sicurezza delle attrezzature di lavoro e devono essere effettuati da persona competente.6

    9. I risultati dei controlli di cui al comma 8 devono essere riportati per iscritto e, almeno quelli relativi agli ultimi tre anni, devono essere conservati e tenuti a disposizione degli organi di vigilanza.

    10. Qualora le attrezzature di lavoro di cui al comma 8 siano usate al di fuori della sede dell'unità produttiva devono essere accompagnate da un documento attestante l'esecuzione dell'ultimo controllo con esito positivo.

    11. Oltre a quanto previsto dal comma 8, il datore di lavoro sottopone le attrezzature di lavoro riportate nell'allegato VII a verifiche periodiche volte a valutarne l'effettivo stato di conservazione e di efficienza ai fini di sicurezza, con la frequenza indicata nel medesimo allegato. Per la prima verifica il datore di lavoro si avvale dell'INAIL, che vi provvede nel termine di quarantacinque giorni dalla richiesta. Una volta decorso inutilmente il termine di quarantacinque giorni sopra indicato, il datore di lavoro può avvalersi, a propria scelta, di altri soggetti pubblici o privati abilitati secondo le modalità di cui al comma 13. Le successive verifiche sono effettuate su libera scelta del datore di lavoro dalle ASL o, ove ciò sia previsto con legge regionale, dall'ARPA, o da soggetti pubblici o privati abilitati che vi provvedono secondo le modalità di cui al comma 13. Per l'effettuazione delle verifiche l'INAIL può avvalersi del supporto di soggetti pubblici o privati abilitati. I verbali redatti all'esito delle verifiche di cui al presente comma devono essere conservati e tenuti a disposizione dell'organo di vigilanza. Le verifiche di cui al presente comma sono effettuate a titolo oneroso e le spese per la loro effettuazione sono poste a carico del datore di lavoro.7

    12. I soggetti privati abilitati acquistano la qualifica di incaricati di pubblico servizio e rispondono direttamente alla struttura pubblica titolare della funzione di vigilanza nei luoghi di lavoro territorialmente competente.8

    13. Le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'allegato VII, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti pubblici o privati di cui al comma precedente sono stabiliti con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottarsi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.9

    13-bis. Al fine di garantire la continuità e l'efficienza dei servizi di soccorso pubblico e di prevenzione ed estinzione degli incendi, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco può effettuare direttamente le verifiche periodiche di cui al comma 11, relativamente alle attrezzature riportate nell'allegato VII di cui dispone a titolo di proprietà o comodato d'uso. Il Corpo nazionale dei vigili del fuoco provvede a tali adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.10

    14. Con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e province autonome di Trento e di Bolzano e sentita la Commissione consultiva di cui all'articolo 6, vengono apportate le modifiche all'Allegato VII relativamente all'elenco delle attrezzature di lavoro da sottoporre alle verifiche di cui al comma 11.11

    GIURISPRUDENZA COMMENTATA

    Sommario: Premessa: la riduzione al minimo dei rischi - 1. Obbligo di verificare la sicurezza delle macchine e d'impedire l'uso di macchine insicure - 2. Uso di particolari attrezzature e formazione degli incaricati - 3. Attrezzature nuove - 4. Conformità alle istruzioni d'uso - 5. Attrezzature non appartenenti al datore di lavoro o fuori uso o in manutenzione - 6. Trattori agricoli - 7. La posizione di garanzia dei certificatori - 8. Verifiche delle attrezzature di lavoro: Allegato VII - 9. Vaglio positivo degli organi competenti - 10. Sicurezza dei materiali - 11. Obblighi del datore di lavoro durante la costruzione della macchina - 12. Affidamento della manutenzione ad apposita ditta - 13. Locazione di macchinari e capannoni - 14. Potatura in quota .

    Animato, pur se largamente sotterraneo, è il dibattito sollevato dall'obbligo previsto nell'art. 71, comma 3, D.Lgs. n. 81/2008, di adottare ``adeguate misure tecniche ed organizzative, tra le quali quelle dell'Allegato VI'', ``al fine di ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte''. Basti pensare che si è calato a sorpresa il ritorno a una sentenza della Corte Costituzionale che nel 1996 aveva sollevato discussioni a non finire, la n. 312 e che - forse con eccessivo ottimismo - credevamo ormai caduta nell'oblio. In gioco, allora, era l'obbligo delle misure tecniche, procedurali, organizzative, previsto nell'art. 41, comma 1, D.Lgs. 15 agosto 1991 n. 277 (poi abrogato dall'art. 304, comma 1, lettera a, D.Lgs. n. 81/2008): l'obbligo, cioè, di ridurre «al minimo, in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, i rischi derivanti dall'esposizione al rumore mediante misure tecniche, organizzative e procedurali, concretamente attuabili''. Oggi, invece:

    Infortunio mortale occorso a lavoratore investito da ``un'autobetoniera priva di specchi grandangolari frontali di categoria VI di cui alla direttiva comunitaria 2007/38/CE, successiva alla costruzione ed alla omologazione del mezzo e recepita dal D.M. 11 gennaio 2008, specchi atti a migliorare la visibilità della zona anteriore del veicolo da parte del conducente seduto al posto di guida''. La Sez. IV rileva che ``l'impiego di un determinato tipo di specchi c.d. guarda avanti non era prescritto al momento dell'immatricolazione del veicolo'', e che ``peraltro, negli anni successivi il veicolo è stato oggetto di regolare manutenzione e revisione''. Osserva che ``non è emersa la omissione di cautela da parte dell'imputata in `applicazioni tecnologiche generalmente praticate e in accorgimenti organizzativi e procedurali altrettanto generalmente acquisiti', né si è accertato se i sistemi aggiuntivi in effetti già adottati prima del fatto (gli specchi grandangolari e di accostamento) fossero comunque idonei a garantire un livello elevato di sicurezza''. Esclude nel caso di specie ``la comprovata deviazione dei comportamenti dell'imprenditore dagli standard di sicurezza propri in concreto dell'attività svolta, come puntualizzato nella richiamata sentenza della Consulta'', e, pertanto, annulla la condanna perché il fatto non sussiste.

    Dove, dunque - malgrado il tenore delle norme dettate dal D.Lgs. n. 81/2008, e, si badi, comunque sulla scorta di una sentenza della Corte Costituzionale relativa a una disposizione ormai abrogata attinente alle misure antirumore ``concretamente attuabili'' (non assimilabili alle misure prescritte dall'art. 15, comma 1, lettera c, D.Lgs. n. 81/2008 sulla falsariga delle ``conoscenze acquisite in base al progresso tecnico'') - si circoscrive l'obbligo alle ``applicazioni tecnologiche generalmente praticate e ad accorgimenti organizzativi e procedurali altrettanto generalmente acquisiti''. Non meno sorprende la contemporanea:

    Conferma la condanna del ``datore di lavoro delegato'' dell'unità produttiva di una s.p.a. per l'infortunio occorso a un dipendente su ``macchinari che presentano il rischio da contatto meccanico, in quanto privi di sistemi protettivi, in difformità del punto 6.1. dell'allegato V del D.Lgs. n. 81/2008, richiamato dall'art. 71''. Rileva che ``la colpa dell'imputato è stata individuata nella violazione dell'art. 71, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008, ai sensi del quale il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi alle specifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto, idonee ai fini della salute e sicurezza ed adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi, che devono essere utilizzate conformemente alle disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie'', e che ``il contenuto dell'obbligo in esame va individuato alla luce dell'intero articolo e, quindi, anche del successivo comma 3, ai sensi del quale, al fine di ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzare per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte, il datore di lavoro adotta adeguate misure tecniche ed organizzative''. Spiega che siffatto precetto legislativo ``mira a prevenire un uso non sicuro (come quello avvenuto nel caso di specie, consistente nell'accensione della macchina durante la fase di allestimento), sicché non va riferito alle corrette modalità di uso della macchina, ma alla macchina in sé''. Aggiunge che ``dalla complessiva disciplina si evince che, laddove il pericolo possa essere neutralizzato, alla luce delle conoscenze tecnico-scientifiche e senza costi esorbitanti ed incompatibili con l'attività imprenditoriale, con una misura tecnica e, quindi, con l'inserimento di un dispositivo di sicurezza, tale opzione deve essere posta in essere, risultando residuali le misure organizzative, che lasciano, comunque, permanere un margine di rischio e che non consentono di raggiungere l'obiettivo imposto dal legislatore al datore di lavoro di ridurre al minimo i rischi connessi all'uso di macchine che presentano, per la loro conformazione, dei pericoli''.

    Dove, dunque, si attribuisce rilievo a un fattore - i ``costi esorbitanti ed incompatibili con l'attività imprenditoriale'' - tutt'altro che agevolmente riconducibile a statuizioni quale l'art. 15, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008. In sintonia con il dato normativo, per contro, appare.

    ``Inconferente è l'affermazione, pure contenuta nel ricorso, per cui la scala, che secondo il tecnico Spresal, avrebbe dovuto essere adottata non era di norma utilizzata nei lavori di giardinaggio (ma solo nei cimiteri): a prescindere dalla assoluta genericità di tale assunto, quel che rileva è che il datore di lavoro, al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei dipendenti, è tenuto ad adottare tutte le cautele che la tecnica mette a disposizione, sicché le considerazioni relative alla antieconomicità del mezzo che avrebbe dovuto essere usato non hanno alcun rilievo''. (In proposito v. anche, del medesimo Estensore, Cass. 12 luglio 2023 n. 30174, sub paragrafo 15).

    E di notevole interesse è l'analisi svolta da:

    Condanna del datore di lavoro di un'impresa operante nel campo della fusione dell'alluminio in conchiglia e finitura dei pezzi ottenuti, per l'infortunio occorso a un dipendente addetto a una macchina conchigliatrice sprovvista di segregazione degli organi in movimento, con conseguente rischio di contatto con parti del corpo degli operatori. Si accertava che il rimedio previsto dall'impresa non fosse stato ancora compiutamente approntato, e che, durante il tempo necessario all'adeguamento delle macchine, il datore di lavoro aveva ritenuto sufficiente un'opera di sensibilizzazione dei preposti e delle intere maestranze volta a sollecitare la loro massima attenzione durante l'utilizzo degli impianti, anche con disposizioni scritte dopo un primo infortunio ad altro operatore. E un profilo di colpa fu rinvenuto dai magistrati di merito anche nel non aver adottato procedure di tutela dei lavoratori diverse dal mero monito, individuate pure nella previsione di un fermo delle macchine fino alla loro completa messa in sicurezza. Anche perché, ad avviso della Corte d'Appello, la circostanza che il fermo preventivo dei macchinari fosse operazione antieconomica, che avrebbe comportato la sospensione dell'intera attività produttiva, non escludeva il profilo di colpa individuato, a fronte della prevalente importanza della sicurezza del luogo di lavoro rispetto al profitto di impresa. La Sez. IV premette, tuttavia, che occorre depurare il giudizio dall'obbligo di fermare l'impianto, in quanto estraneo ``all'imputazione formulata che, come correttamente evidenziato nel ricorso dalla difesa, dava per scontato che occorresse tempo per la messa a norma dell'impianto''. Rileva che ``il profilo di colpa posto a fondamento del giudizio di condanna in primo grado ha riguardato la carenza di misure organizzative e prescrittive in quella che è stata definita come `fase transitoria', nelle more di adeguamento degli impianti alla normativa antinfortunistica'', ``a nulla rilevando che gli ispettori avessero concesso un termine ampio alla società per adeguare gli impianti e a nulla rilevando che l'installazione dei sistemi protettivi automatici fosse tecnicamente complessa''. Considera ``dirimente focalizzare il giudizio di legittimità della pronuncia impugnata sul nucleo essenziale dell'accusa, concernente il comportamento che il datore di lavoro, specificamente reso edotto dell'esistenza di un rischio da prevenire mediante adeguamento dell'impianto, avrebbe dovuto tenere nel tempo intercorrente tra la presa di coscienza dell'esistenza del rischio e il momento in cui l'attività di adeguamento si sarebbe potuta compiere''. Reputa ``consono al profilo di colpa sul quale l'imputato è stato messo in condizione di difendersi'' ``l'addebito di non aver adottato, nelle more dell'adeguamento dell'impianto, procedure dl tutela dei lavoratori diverse dal mero monito di prestare attenzione agli organi in movimento delle macchine conchigliatrici'', ``procedure individuate nell'attuazione di regolamentazioni e prassi più cogenti per i lavoratori e nell'aumento della sorveglianza sugli stessi''. Perché ``altro è dimostrare l'impossibilità di disporre il fermo delle macchine fino alla loro completa messa in sicurezza o la complessità dell'attività di adeguamento dell'impianto, altro è dimostrare di aver adottato nelle more dell'adeguamento dei macchinari ogni misura volta a ridurre o eliminare il rischio segnalato''. (In passato, Cass. pen. 27 settembre 2010 n. 34789 insegnò che, ``qualora l'installazione di schermi di protezione e l'uso di indumenti da lavoro ignifughi si fossero rivelati non sufficienti, si sarebbe dovuto pensare ad altri sistemi di protezione più idonei, sospendendo nel frattempo la produzione per non esporre ai rischi i dipendenti'').

    ``Il datore di lavoro dovuto valutare il rischio in questione, in maniera tale da eliminarlo o, quantomeno, ridurlo: ad esempio, facendo girare i rulli del macchinario in un solo senso di marcia, cautela che avrebbe evitato una fuoriuscita anomala del metallo. In ogni caso, l'imputato, come poi ha fatto (ma solo dopo l'incidente), avrebbe dovuto interdire l'utilizzo del macchinario in disamina per altri scopi, vista l'assenza di particolari dispositivi di protezione e arresto automatico''.

    Ampia è la giurisprudenza sull'obbligo del datore di lavoro di verificare la sicurezza delle macchine messe a disposizione dei lavoratori (obbligo a maggior ragione sussistente nel quadro della vigilanza spettante al datore di lavoro su fabbricanti e venditori a norma dell'art. 18, comma 3-bis D.Lgs. n. 81/2008):

    ``L'idoneità alla prevenzione degli infortuni di un macchinario non può essere valutata facendo esclusivo riferimento alle indicazioni del costruttore, essendo precipuo compito del datore di verificare tale idoneità in rapporto all'ambiente nel quale il macchinario deve essere utilizzato e alle mansioni concretamente svolte dal lavoratore ad esso adibito. Se, dunque, il macchinario fosse conforme alle norme tecniche di sicurezza, il datore di lavoro avrebbe dovuto prevedere gli ulteriori rischi come evidenziati''.

    Condanna del datore di lavoro di una s.r.l. incaricata da una s.p.a. del ripristino di una strada provinciale per infortunio occorso a lavoratore a una macchina perforatrice. Addebito: violazione dell'art. 71, comma 7, lettera b), D.Lgs. n. 81/2008 per ``non avere fatto eseguire le opere di manutenzione straordinaria della macchina da personale qualificato, in possesso della qualifica necessaria per svolgere compiti di riparazione di attrezzature di lavoro''.

    Condanna del datore di lavoro per avere, per colpa consistita in violazione dell'art. 71, comma 4, D.Lgs. n. 81/2008, omettendo di predisporre misure necessarie a garantire la sicurezza delle attrezzature di lavoro, ed in particolare di dotare un trapano a colonna di sistemi di trattenuta del pezzo in lavorazione, cagionato a un dipendente lesioni personali gravi: ``L'evento lesivo si era verificato per non essere stata collocata la punta del trapano su una parte di legno non forata, così determinando lo scivolamento laterale del pezzo di legno e il conseguente contatto della mano sinistra del lavoratore con la punta del trapano in movimento. Ciò era avvenuto in palese violazione di quanto previsto dal manuale di istruzioni del trapano, per cui il pezzo in lavorazione doveva essere tassativamente bloccato con dei morsetti durante la foratura, e giammai essere tenuto con le mani. Né è di rilievo la circostanza per cui il trapano non era dotato di un dispositivo di protezione per la foratura di pezzi di legno di piccole dimensioni, trattandosi di aspetto cui avrebbe dovuto ovviare direttamente il datore di lavoro - come peraltro effettuato dopo la verificazione del sinistro, realizzando, una sorta di piccola protezione apposta al macchinario''.

    Datore di lavoro e R.S.P.P. vengono condannati per l'infortunio accaduto in un'acciaieria committente al dipendente di una s.r.l. appaltatrice del lavoro di registrazione e tamponamento delle porte di chiusura dei forni fino a sette metri di altezza rispetto alla passerella dell'impianto con impiego di piattaforme di lavoro elevabili: ``Improvvisamente, le catene che consentono lo spostamento verticale della piattaforma si spezzarono determinandone il brusco abbassamento. Poiché faceva uso delle cinture di sicurezza, il lavoratore non fu sbalzato fuori, ma, a causa del contraccolpo dovuto alla caduta della piattaforma, riportò la frattura di entrambe le gambe''. Colpa addebitata in primo grado agli imputati: ``aver omesso di disporre le visite trimestrali di controllo su funi e catene e non aver tenuto conto di tale specifico obbligo di legge, previsto dall'art. 71, comma 3, D.Lgs. n. 81/2008, anche ai fini della predisposizione del piano di lavoro e di sicurezza''. Per contro, la corte di appello esclude che ``nel caso di specie potesse trovare applicazione l'art. 71, comma 3, D.Lgs. n. 81/2008 con riferimento alla mancata colposa adozione delle cautele imposte dall'Allegato VI, n. 3.1.2., perché questa norma ha ad oggetto le attrezzature da lavoro deputate al sollevamento dei carichi'', e tuttavia ritiene che ``il richiamo all'art. 71, comma 3, D.Lgs. n. 81/2008 abbia valenza più generale'', poiché, ``in ragione di quanto previsto dall'Allegato VI, punto 1, questa norma impone comunque l'adozione di tutte le cautele necessarie a eliminare o almeno a ridurre i rischi connessi alle attrezzature da lavoro''. Con la conseguenza che gli imputati dovevano essere ritenuti responsabili del reato loro ascritto ``per aver consentito l'impiego della piattaforma ancorché la stessa non fosse stata adeguatamente monitorata''. Nel condividere l'argomentazione esposta dalla corte d'appello, la Sez. IV respinge la tesi difensiva secondo la quale ``l'affermazione della penale responsabilità degli imputati sarebbe avvenuta ritenendo una colpa generica ed escludendo i profili di colpa specifica''. Prende atto che ``le catene della piattaforma furono controllate in officina un considerevole numero di mesi prima del fatto'', e che ``il continuativo e stabile impiego di quella piattaforma e le condizioni di lavoro connotate dalla abbondante presenza di polvere, esponevano gli ingranaggi a maggior attrito in mancanza di reiterata oliatura, e quindi a un rischio di rottura superiore''. Afferma che, ``ai sensi dell'art. 71, comma 4, lettera b), D.Lgs. n. 81/2008, le attrezzature da lavoro devono essere `oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza di cui all'articolo 70''', e che ``l'obbligo di `ridurre al minimo' il rischio di infortuni sul lavoro (art. 71 D.Lgs. n. 81/2008) impone al datore di lavoro di verificare e garantire la persistenza nel tempo dei requisiti di sicurezza delle attrezzature di lavoro messe a disposizione dei propri dipendenti, non essendo sufficiente, per ritenere adempiuto l'obbligo di legge, il rilascio, da parte di un organismo certificatore munito di autorizzazione ministeriale, della certificazione di rispondenza ai requisiti essenziali di sicurezza''. In questa ottica, non condivide l'argomento esposto dagli imputati ``secondo il quale la piattaforma era stata verificata dall'Inail'': e ciò perché ``tale verifica era avvenuta quando erano passati meno di due mesi dall'ultimo controllo in officina di catene e pulegge, ma trascorsero più di dieci mesi tra questa verifica e l'infortunio'', e perché ``meno di due anni prima, si era verificato un incidente identico, determinato dalla rottura delle catene di una piattaforma''.

    ``Il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza dell'ambiente di lavoro, è tenuto ad accertare la corrispondenza ai requisiti di legge dei macchinari utilizzati, e risponde dell'infortunio occorso ad un dipendente a causa della mancanza di tali requisiti, senza che la presenza sul macchinario della marchiatura di conformità `CE' o l'affidamento riposto nella notorietà e nella competenza tecnica del costruttore valgano ad esonerarlo dalla sua responsabilità. A questa regola può farsi eccezione nella sola ipotesi in cui l'accertamento di un elemento di pericolo sia reso impossibile perché le speciali caratteristiche della macchina non consentivano di apprezzarne la pericolosità con l'ordinaria diligenza, ma tale situazione non ricorre nel caso di specie atteso che la protezione non ricopriva per tutta la sua estensione la zona di imbocco della macchina litografica (di cui l'infortunato stava pulendo i rulli in movimento), sicché il pericolo era evidentemente riconoscibile. L'imputato osserva che la macchina era stata utilizzata per oltre vent'anni senza che nessuno si facesse male, ma questo dato non consente di ritenere che il difetto di protezione fosse occulto e non accertabile con l'ordinaria diligenza''.

    ``L'obbligo di eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori dipendenti che debbano utilizzare un determinato impianto grava sul datore di lavoro e a questa regola può farsi eccezione nella sola ipotesi in cui l'accertamento di un elemento di pericolo o di un vizio di progettazione o costruzione di una macchina o di un impianto, sia reso impossibile per le speciali caratteristiche del vizio, della macchina o dell'impianto''.

    ``Ai sensi dell'art. 71, comma 3, D.Lgs. n. 81/2008, si devono prendere misure organizzative atte e evitare che lavoratori a piedi si trovino nella zona di attività di attrezzature di lavoro semoventi e, qualora la presenza di lavoratori a piedi sia necessaria per la buona esecuzione dei lavori, si devono prendere misure appropriate per evitare che essi siano feriti dalle attrezzature. La mancata dettagliata descrizione delle misure appropriate al fine di evitare che i lavoratori, necessariamente coinvolti nelle operazioni, restino feriti, non ne esclude l'esistenza, atteso che l'impossibilità di svolgere l'operazione in sicurezza avrebbe dovuto escludere l'espletamento stesso della manovra''.

    Il presidente del consiglio di amministrazione di una s.p.a. viene condannato per l'infortunio subito da un dipendente ``intento ad estrarre una pedana mobile dalla banchina dell'officina, nella fase di sollevamento della stessa'', e ``colpito al volto da una forca del carrello elevatore manovrato dall'infortunato''. Tra gli addebiti di colpa anche la violazione dell'art. 71, commi 2 e 3, D.Lgs. n. 81/2008. Insegna la Sez. IV: ``Non è sufficiente, per ritenere adempiuto l'obbligo di legge, il rilascio, da parte di un organismo certificatore munito di autorizzazione ministeriale, della certificazione di rispondenza ai requisiti essenziali di sicurezza. Acclarata la necessità della previsione dei rischi esistenti in relazione all'attività di manutenzione delle pedane e la doverosità dell'adozione di una procedura idonea a scongiurare tali rischi, nel caso di interventi che richiedevano lo spostamento delle pedane presso l'officina, sarebbe stato preciso obbligo del datore di lavoro mettere a disposizione dei dipendenti attrezzature adeguate in relazione ai rischi derivanti dal loro impiego, non essendo sufficiente, per ritenere adempiuto l'obbligo di legge, il rilascio, da parte di un organismo certificatore munito di autorizzazione ministeriale, della certificazione di rispondenza ai requisiti essenziali di sicurezza''.

    La legale rappresentante e l'amministratore delegato di una s.r.l. vengono condannati per l'infortunio subito dal figlio dipendente, ``per aver messo a sua disposizione un carrello su ruote a spinta non adeguato ed inidoneo ai fini delle operazioni di sicurezza da svolgere'' in violazione dell'art. 71, D.Lgs. n. 81/2008: ``il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza dell'ambiente di lavoro, è tenuto ad accertare la corrispondenza ai requisiti di legge dei macchinari utilizzati, e risponde dell'infortunio occorso ad un dipendente a causa della mancanza di tali requisiti, senza che la presenza sul macchinario della marchiatura di conformità `CE' o l'affidamento riposto nella notorietà e nella competenza tecnica del costruttore valgano ad esonerarlo dalla sua responsabilità''. (Conforme, ad es., Cass. 20 febbraio 2020, n. 6566).

    ``La responsabilità del costruttore, nel caso in cui l'evento dannoso sia provocato dall'inosservanza delle cautele infortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina, non esclude la responsabilità del datore di lavoro, sul quale grava l'obbligo di eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori dipendenti che debbano utilizzare tale macchina e di adottare nell'impresa tutti i più moderni strumenti che la tecnologia offre per garantire la sicurezza dei lavoratori; a detta regola può farsi eccezione nella sola ipotesi in cui l'accertamento di un elemento di pericolo sia reso impossibile per le speciali caratteristiche della macchina o del vizio di progettazione, che non consentano di apprezzarne la sussistenza con l'ordinaria diligenza. La responsabilità del costruttore, nell'ipotesi in cui l'evento dannoso sia stato provocato dall'inosservanza delle cautele antinfortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina, in altri termini, non vale ad escludere la responsabilità del datore di lavoro utilizzatore della macchina, giacché questi è obbligato ad eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori dipendenti chiamati ad avvalersi della macchina. A tale regola, fondante la concorrente responsabilità del datore di lavoro, si fa eccezione nella sola ipotesi in cui l'accertamento di un elemento di pericolo nella macchina o di un vizio di progettazione o di costruzione di questa sia reso impossibile per le speciali caratteristiche della macchina o del vizio, impeditive di apprezzarne la sussistenza con l'ordinaria diligenza, per esempio, allorquando il vizio riguardi una parte non visibile e non raggiungibile della macchina''. (Per un caso di responsabilità del vertice aziendale v. Cass. 23 gennaio 2019, n. 3213).

    ``La responsabilità del costruttore, nel caso in cui l'evento dannoso sia provocato dall'inosservanza delle cautele infortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina, non esclude la responsabilità del datore di lavoro, sul quale grava l'obbligo di eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori dipendenti che debbano utilizzare la predetta macchina e di adottare nell'impresa tutti i più moderni strumenti che la tecnologia offre per garantire la sicurezza dei lavoratori; a detta regola può farsi eccezione nella sola ipotesi in cui l'accertamento di un elemento di pericolo nella macchina o di un vizio di progettazione o di costruzione di questa sia reso impossibile per le speciali caratteristiche della macchina o del vizio, impeditive di apprezzarne la sussistenza con l'ordinaria diligenza. Ciò in quanto il datore di lavoro è responsabile delle lesioni occorse all'operaio in conseguenza dell'uso del macchinario, il quale, pur non presentando alcun difetto di costruzione o di montaggio, per come in concreto utilizzato ha comunque esposto i lavoratori a rischi del tipo di quello in concreto realizzatosi. Il datore di lavoro è tenuto ad accertare la compatibilità dei dispositivi di sicurezza adottati, i quali, pur se sofisticati, potrebbero rilevarsi insufficienti in ragione delle modalità con cui la macchina è in concreto utilizzata''.

    Oltre a Cass. 11 luglio 2019, n. 30488 (riportata più avanti, al paragrafo 6):

    Condanna di un datore di lavoro per l'infortunio occorso a un operaio intento ad eseguire ``interventi di adattamento e montaggio di una coppia di cerchi con gomme usurate a un trattore agricolo mediante una saldatrice generante calore e scintille, generando per conduzione un surriscaldamento del cerchione, della camera d'aria aderente allo stesso e dello pneumatico, surriscaldamento che, a sua volta, aveva determinato un aumento di pressione e lo scoppio della camera d'aria, con eiezione violenta del cerchione che finiva per investirlo, determinando la precipitazione del corpo contro il trattore e il suo immediato decesso per politrauma''. Colpa: ``non aver provveduto a formare e addestrare il lavoratore all'utilizzo di una saldatrice elettrica, anche in relazione al tipo di intervento effettuato dalla vittima'': ``la vittima era un operaio agricolo che poteva al più occuparsi di piccoli interventi di manutenzione, ma certamente non della lavorazione durante la quale aveva perso la vita. Inoltre, anche laddove gli interventi di manutenzione avessero richiesto l'impiego di una saldatrice, ciò non avrebbe esentato comunque il datore di lavoro dal fornirgli la necessaria formazione in ordine al corretto utilizzo della saldatrice''.

    La Sez. IV annulla con rinvio la condanna del legale rappresentante dell'impresa fornitrice di una gru per infortunio ricondotto a violazione dell'art. 71, comma 7, D.Lgs. n. 81/2008, in quanto l'art. 71, comma 7, D.Lgs. n. 81/2008 riserva la posizione di garanzia al datore di lavoro.

    (In argomento v. anche Cass. 30 aprile 2020, n. 13481; Cass. 9 marzo 2017, n. 11441; Cass. 23 ottobre 2014, n. 44106, P.M. e P.C. in c. Beghi, sub art. 73, paragrafo 2; Cass. 23 gennaio 2014 n. 3145).

    ``È ben vero che il macchinario era recentissimo e sofisticato. Tuttavia, il soggetto che consente l'utilizzazione di un apparato e che è garante della sicurezza non può non porsi il problema della compatibilità delle procedure di protezione con le modalità con cui l'apparato stesso è utilizzato. Nella fattispecie, la macchina era affidata a due persone che vi operavano congiuntamente. Essa era sicura in caso di operatore unico poiché questi, portatosi nella zona con parti in movimento non era in grado di raggiungere ed azionare i pulsanti che movimentano gli apparati. Non lo era, invece, nel caso di attività congiunta; come eloquentemente documentato dall'accadimento verificatosi''.

    ``La circostanza che si trattasse di attrezzature nuove, comprate da poco, non esonerava l'imputato (direttore tecnico di cantiere) dal valutarne le condizioni e il corretto funzionamento''.

    ``L'art. 71, comma 3, D.Lgs. n. 81/2008 definisce il generale obbligo del datore di lavoro di `ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro' e di `impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte', adottando tutte le misure tecniche ed organizzative idonee a scongiurare i rischi derivanti dalle lavorazioni. Siffatto generale obbligo di `ridurre al minimo' il rischio di infortuni impone al datore di lavoro non solo di dotarsi degli specifici presidi previsti dalle disposizioni (fra cui quelle dell'Allegato VI), ma di tutti i dispositivi di sicurezza delle attrezzature, secondo quanto stabilito dal medesimo art. 71 al comma 4, lettera a), n. 1), assicurando, inoltre, che `il posto di lavoro e la posizione dei lavoratori durante l'uso delle attrezzature presentino requisiti di sicurezza e rispondano ai principi dell'ergonomia, come prescritto dal comma 6 della norma. Quanto previsto dall'art. 2 del D.Lgs. n. 359/1999, con cui si modificava l'art. 35 del D.Lgs. n. 626/1994, è stato trasfuso, a seguito dell'abrogazione di siffatto ultimo provvedimento legislativo ai sensi dell'art. 304, comma 1 lettera a) del D.Lgs. n. 81/2008, nelle disposizioni contenute nel punto 3 e sue articolazioni dell'Allegato VI, del T.U.S.L. Ivi, fra le `disposizioni concernenti l'uso delle attrezzature di lavoro che servono a sollevare e movimentare carichi' si prevede al punto 3.2.4. che `i lavori devono essere organizzati in modo tale che, quando un lavoratore aggancia o sgancia manualmente un carico, tali operazioni possano svolgersi con la massima sicurezza e, in particolare, che il lavoratore ne conservi il controllo diretto o indiretto'. Dunque, sebbene non vi sia un divieto di intervenire manualmente sui carichi, è comunque previsto che le manovre debbano garantire la salvaguardia del lavoratore, in modo tale da non consentire la perdita -da parte di chi opera- del pieno governo del carico. Siffatta garanzia può essere assicurata con modalità diverse a mezzo di procedure o di strumenti, non essendo stabilita una cautela predeterminata, e tuttavia, laddove vi siano istruzioni sull'uso di un macchinario contenute nel suo manuale di utilizzo, le medesime non possono essere tout court ignorate dal datore di lavoro, né la loro applicazione può essere semplicemente rimessa alla valutazione del lavoratore che provvede alla manovra. Pur potendo (e talora dovendo) la sicurezza di un macchinario o di una procedura di utilizzo, come descritta nelle informazioni del costruttore-venditore, essere potenziata con ulteriori sistemi, dispositivi o procedimenti compatibili con la corretta funzionalità dell'apparecchiatura, che garantiscano un incremento delle cautele, il datore di lavoro, nondimeno, non può certo trascurare le prescrizioni del manuale di funzionamento, su cui deve informare i lavoratori che operano sul macchinario, istruendoli sulle modalità del suo utilizzo. A questo proposito la sentenza di prima cura chiarisce che il libretto di istruzioni della gru, con la quale si provvedeva alla movimentazione dei pancali, alla lett. J) prevede che il carico sollevato debba essere guidato a distanza tramite funi, evitando di farlo oscillare, mentre la corte territoriale ricorda che pochi mesi prima dell'infortunio il datore di lavoro era stato reso edotto della necessità di provvedere alla `guida a distanza' dei carichi in movimento, essendo stato destinatario di prescrizioni INAIL, nel gennaio 2012, informazioni non portate a conoscenza della persona offesa, destinataria unicamente di formazione in ordine ai rischi di caduta dall'alto. Ciò significa che non solo è identificabile la condotta doverosa relativamente alle operazioni di carico e scarico con la gru mobile utilizzata, ma l'evento poteva essere preveduto ed evitato dal datore di lavoro, peraltro specificamente informato del pericolo, rispetto al quale, tuttavia, non ha predisposto alcuna misura, neppure provvedendo a informare e formare i lavoratori operanti su quanto prescritto dall'INAIL''.

    ``Il proprietario del macchinario utilizzato ha l'obbligo di accertarsi che quest'ultimo sia sicuro e idoneo all'uso, rispondendo, in caso di omessa verifica, dei danni subiti dai lavoratori in conseguenza dei difetti dell'apparecchiatura, a prescindere dall'eventuale configurabilità di autonome, concorrenti responsabilità nei confronti del fabbricante o del fornitore. Qualora dunque venga posta a disposizione del lavoratore una macchina che, per vizi di costruzione, possa costituire fonte di danno alle persone, senza avere specificamente accertato che il costruttore abbia sottoposto l'apparecchiatura a tutti i controlli rilevanti per verificarne la resistenza e l'idoneità all'uso, non vale ad escludere la responsabilità del proprietario l'affidamento sull'osservanza, da parte del costruttore, delle regole della migliore tecnica. Dunque la responsabilità di chi ha costruito, installato, venduto o ceduto i macchinari concorre con quella dell'imprenditore che li ha messi in funzione. Né la responsabilità viene meno qualora le autorità competenti al controllo abbiano ritenuto un macchinario, cui sono addetti lavoratori, conforme alla legge, in quanto il proprietario è autonomamente destinatario delle norme antinfortunistiche poste a tutela della sicurezza dei lavoratori e ha l'obbligo di osservarle indipendentemente dalle prescrizioni delle autorità di vigilanza. Non può sostenersi che l'inosservanza dell'art. 71, comma 4, n. 1, D.Lgs. n. 81/2008 non abbia determinato la concretizzazione del rischio che la predetta norma mirava a prevenire. Tale disposizione pone infatti a carico del garante l'obbligo di adottare le misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro siano installate e utilizzate in conformità alle istruzioni d'uso''. (Sull'art. 71, comma 4, D.Lgs. n. 81/2008 v. pure Cass. 23 gennaio 2015 n. 3264; Cass. 13 gennaio 2015 n. 1284).

    ``L'appartenenza del macchinario a soggetto diverso dalla società datrice di lavoro era irrilevante, sussistendo l'obbligo del datore di lavoro di porre a disposizione dei lavoratori strumenti in regola con le norme antinfortunistiche''.

    Il datore di lavoro e il preposto di fatto ``erano entrambi a conoscenza del momentaneo malfunzionamento della macchina in quanto in manutenzione (tanto che nei giorni antecedenti all'infortunio era stato apposto un cartello ben visibile ai dipendenti) ma, ciò nonostante, avevano continuato a farla funzionare per non fermare la produzione''.

    ``La scala in ferro - le cui difformità dalle prescrizioni dettate dalla normativa antinfortunistica erano risultate incontestabili - fu trovata dall'operaio infortunatosi appoggiata su di uno scaffale, pur non facendo parte della dotazione originaria dell'azienda. Molto verosimilmente l'attrezzo di lavoro fu lasciato nel magazzino - ove la società si era di recente trasferita - dal precedente locatario. Era fuor di dubbio che la scala dovesse ritenersi nella disponibilità dei dipendenti della società di cui l'imputata era legale rappresentante, pur potendo essi servirsi anche di scale a libro e di scalei, conformi alle prescrizioni di sicurezza, attesa la mancanza di espresso divieto di servirsene rivolto all'infortunato o di cartelli, sulla stessa apposti, che ne inibissero l'uso. La responsabilità colposa dell'imputata discendeva quindi dal fatto di non aver preventivamente controllato le obiettive condizioni della scala e di averne consentito l'impiego nell'azienda benché non a norma anziché eliminarla, non apparendo circostanza assolutamente imprevedibile che i dipendenti ne potessero occasionalmente far uso. Né era possibile escludersi il nesso di causalità tra le omissioni ascritte all'imputata e l'evento. Il fatto che l'operaio infortunatosi, pur risalendo al medesimo una condotta imprudente ed avventata (che comunque il datore di lavoro è tenuto a scongiurare in ottemperanza alle norme di prevenzione antinfortunistica), avesse usato la prima scala esistente a portata di mano senza averne cercata un'altra più sicura per assolvere alle proprie mansioni, non integrava un comportamento anomalo od imprevedibile od ontologicamente avulso dalle incombenze allo stesso demandate nell'azienda''.

    Per un’ipotesi di utilizzo da parte dell’infortunato di un trapano fuori servizio Cass. 26 marzo 2019, n. 13131.

    ``Che il trattore agricolo sia un mezzo che, per le sue peculiari caratteristiche e per l'uso cui è destinato, comporta che siano necessarie le particolari misure di sicurezza atte a proteggere la incolumità del lavoratore che ne fa uso, è riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità fin da epoca risalente. In tal senso le peculiarità del mezzo in esame si inserivano certamente sia nel generale obbligo di formazione dei dipendenti che grava sul datore di lavoro ai sensi degli artt. 18 e 37 D.Lgs. 81/2008, sia nel più specifico obbligo formativo riguardante l'uso di attrezzature che richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici, di cui all'art. 71, comma 7, dello stesso D.Lgs. n. 81/2008. Tanto più che le manovre di arresto e di frenata, di stazionamento del veicolo comportavano all'evidenza rischi aggiuntivi, ivi compreso quello; nella specie concretizzatosi in relazione alla acclarata condizione di vetustà del mezzo. non sottoposto a corretta manutenzione privo di funzionale sincronizzazione dei meccanismi del cambio e dotato di freno di stazionamento usurato e quindi inidoneo allo scopo''.

    L'amministratore unico di una s.r.l. fu imputato dell'infortunio a un lavoratore caduto a terra da un trattore ribaltatosi. con l'addebito di ``non avere dotato il trattore dell'idoneo sistema di ritenzione per il conducente, previsto anche dalla circolare del Ministero del Lavoro n. 11 del 2005'' e di ``non avere impedito la guida dei trattori all'infortunato che non aveva ricevuto alcuna formazione al riguardo''. La Sez. IV osserva: ``L'addebito mosso a carico dell'imputato si incentra nell'omesso adeguamento dei trattori acquistati in epoca risalenti e pur conformi alla normativa vigente alla data di immatricolazione, alle successive disposizioni previste dal D.Lgs. n. 626/1994 che imponeva l'apposizione di un adeguato sistema di ritenuta del conducente, recepite nel sopravvenuto D.Lgs. n. 81/2008. Incombe sul datore di lavoro l'obbligo di adottare le misure protettive stabilite dalla normativa vigente, non essendo consentito che vengano usate misure diverse da quelle stabilite specie quando esse non offrono garanzia. In tal senso risulta irrilevante la circostanza che il trattore fosse dotato di una roll-bar antiribaltamento nonché di un telaio metallico con funzioni di sostegno della tettoria che proteggeva l'abitacolo. Ed ancora, incombe sul datore di lavoro l'obbligo di verificare e garantire la persistenza nel tempo dei requisiti di sicurezza delle attrezzature di lavoro messe a disposizione dei propri dipendenti, ovvero di individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda, avuto riguardo alla casistica concretamente verificabile in relazione alla singola lavorazione o all'ambiente di lavoro. Ciò comporta il dovere di sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 del D.Lgs. n. 81/2008''.

    ``Un imprenditore agricolo e, quindi, datore di lavoro, aveva contribuito nel cagionare l'incidente sul lavoro (occorso in un fondo coltivato ad ulivo), in quanto aveva messo a disposizione del l'infortunato per l'espletamento del lavoro, una trattrice agricola corredata da rimorchio basculante, inadeguata alle difficilissime condizioni dell'ambiente di lavoro, munita di ruote gommate con pneumatici anteriori (delle ruote direttrici) fortemente consumate e tali da non garantire l'aderenza al terreno, dotate di cambio non sincronizzato con riduttore del rapporto di trasmissione azionabile solo a veicolo fermo, con dispositivo di sterzata compromesso in maniera tale da determinare la rotazione a vuoto del manubrio di circa un terzo di giro. D'altra parte, l'ambiente di lavoro consisteva in un versante collinare ad assai ripida pendenza (in alcuni tratti del 65% ed oltre), segnato da gradoni (terrazzamenti a quote diverse con salti anche superiori a due metri e dislivelli quasi verticali) e percorso da un tratturo a fondo non compatto. L'infortunato, trovandosi alla guida della descritta trattrice agricola, nell'impegnare il tratturo in discesa per raggiungere a valle la sede stradale, all'altezza del più alto dei terrazzamenti, non era riuscito ad operare la manovra di inserimento della marcia idonea per la discesa; aveva, anzi, acquistato velocità per il movimento con il cambio in folle; aveva perso il controllo del veicolo; era fuoriuscito dal percorso tracciato ed era quindi precipitato per i terrazzamenti sul fianco della collina, per un'altezza di circa mt. 16, fino ad arrestarsi su un gradone sottostante, venendo sbalzato all'esterno (il posto di guida non era equipaggiato di cintura di sicurezza) e riportando in tal modo le gravi lesioni sopra indicate''.

    (V. anche Cass. 19 giugno 2019, n. 27219; Cass. 20 febbraio 2019, n. 7663; e, sub art. 1, paragrafo 1, Cass. 26 marzo 2019, n. 13136).

    Per l'infortunio dovuto alla precipitazione da altezza di circa 15 metri di una piattaforma mobile montata su un braccio telescopico di macchina elevatrice, furono imputati, in particolare, i responsabili della società che aveva proceduto alla certificazione della macchina operatrice. La Sez. IV ne conferma l'assoluzione: ``In assenza di profili di responsabilità in capo al costruttore e al noleggiatore, ed esclusa l'esigibilità di ulteriori misure di sicurezza che inibissero l'uso del braccio meccanico in assenza del perno, tenuto altresì conto dell'esito della verifica operata da specifica articolazione del Ministero dello Sviluppo Economico che aveva certificato la conformità della macchina alle norme di sicurezza, proprio in relazione al sistema di sospensione dell'attrezzatura alla zattera, nessun addebito di responsabilità era attribuibile in capo ai responsabili dell'istituto certificatore della conformità alla normativa CEE della macchina in questione''.

    ``Risulta che non vi sia alcuna traccia di verifiche periodiche dei ganci ad opera di una ditta esterna, e ciò, sicuramente, rappresenta un profilo omissivo della condotta imputabile al datore di lavoro, costituendo un rischio strutturale che incombeva al datore di lavoro governare quale garante della sicurezza e della salute dei suoi dipendenti''.

    Il presidente di una s.p.a. - condannato, per omicidio colposo ai danni di un dipendente, in quanto metteva a disposizione del lavoratore attrezzature inidonee ai fini di sicurezza (autogru con gancio di sollevamento della linguetta non funzionante e non sottoposta alla prescritta verifica annuale) - deduce, ``sulla scorta dell'oggetto sociale della (trasporti e consegna merci) e della data dì fabbricazione del mezzo (per sei mesi rientrante nel limite dei dieci anni), che il macchinario dovesse essere sottoposto solo a verifica biennale''. La Sez. IV replica: ``La corte d'appello ha ritenuto integrata l'omessa revisione annuale del macchinario (All. VII del D.Lgs. n. 81/2008), trattandosi di apparecchi di sollevamento materiali con portata superiore a 200 kg non azionati a mano, di tipo mobile o trasferibile, con modalità di utilizzo riscontrabili in settori di impiego, quali costruzioni, siderurgico, portuale, estrattivo. La corte d'appello, sulla scorta di un apprezzamento di merito, ancorato alle risultanze accertate dai consulenti e dagli ispettori del lavoro, ha confermato la sussistenza della violazione dell'allegato VII del D.Lgs. n. 81/2008, relativo alle verifiche delle attrezzature di lavoro, ritenendo doverosa, nel caso di specie, tenuto conto della tipologia del trasporto, dell'ambiente lavorativo (un cantiere edile), della portata del carico e della tipologia del macchinario, la verifica annuale di funzionamento. Trattasi, a ben vedere, di una lettura degli elementi fattuali, data dalla corte d'appello sulla scorta di precise indicazioni, del tutto coerenti con una delle ipotesi cui l'allegato VII riconnette la necessità di una verifica più ravvicinata''.

    ``La conformità dell'impianto alle previsioni di settore è evocata dalia difesa attraverso il richiamo a disposizioni che non impongono l'adozione di cautele supplementari rispetto a quelle già presenti sull'apparecchiatura in esame. Tale circostanza, tuttavia, non può essere addotta come ragione di esonero di responsabilità, avendo questa Corte più volte sostenuto, con riferimento a molteplici casi, il principio che il rispetto delle cautele previste ex lege non esaurisce tutti gli obblighi di colui che riveste la qualifica datoriale e dei soggetti che ricoprano una posizione di garanzia nella gestione del rischio. Il principio è stato affermato proprio con riferimento all'impiego di macchinari che avevano superato positivamente il vaglio di controllo degli organi competenti e che si erano rivelati poi pericolosi. Pertanto, ii fatto che l'apparecchiatura fosse dotata del certificato di conformità o che tale tipo di apparecchiatura sia adoperata anche dall'Ispels, non è dirimente ai fini detta esclusione delta responsabilità''.

    ``Un dipendente con un cavo elettrico in mano veniva investito, a causa della rottura della guaina di protezione del cavo, da una scarica elettrica, che determinava la sua caduta dalla benna di un escavatore. Era stato il foro presente sul cavo a cagionare le lesioni patite dal soggetto passivo e a determinare la successiva caduta. Profili, questi ultimi, strettamente correlabili alla responsabilità del datore di lavoro, che, unitamente a chi li ha costruiti, installati, venduti o forniti, ha l'obbligo di mettere a disposizione dei lavoratori materiali pienamente idonei sotto il profilo della sicurezza''.

    ``La tutela della sicurezza dei lavoratori, gravante sul datore di lavoro, si estende anche alla fase della costruzione della macchina che verrà immessa nel ciclo produttivo, trovando la sua ragione d'essere, non soltanto nei rischi inerenti la sua utilizzazione ma anche nei pericoli insiti nella stessa fase di costruzione''.

    ``La circostanza di avere dato incarico ad apposita ditta per la manutenzione dei macchinari non esime il datore di lavoro dal concomitante obbligo di verificare che ciò avvenga. L'affidamento della manutenzione ad apposita ditta non esonera il datore di lavoro dall'obbligo di monitorare l'adempimento di tale incarico, incarico evidentemente non svolto o svolto in maniera inadeguata, atteso l'accertato malfunzionamento anche di altri muletti. Il datore, pertanto, non ha controllato che la ditta alla quale aveva appaltato la manutenzione dei mezzi vi procedesse con regolarità''.

    Condannato per le contravvenzioni di cui agli artt. 70, comma 2, e 64, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008), il proprietario di un capannone ceduto in locazione lamenta che ``ambedue le fattispecie in esame disegnano una figura di reato proprio, ascrivibile unicamente al datore di lavoro, essendo quest'ultimo a doversi curare di non mettere a disposizione dei suoi addetti dei macchinari obsoleti e di destinare all'attività lavorativa dei luoghi di lavoro conformi alla disciplina normativa'', e che, quindi, ``pur volendo ammettere che i macchinari fossero stati forniti, unitamente al fabbricato'', ``sarebbe stato onere del datore di lavoro farne verificare l'idoneità all'uso e la conformità a legge, e parimenti analogo controllo avrebbe dovuto effettuare il medesimo datore di lavoro prima di avviare l'attività di pulitura metalli con impianti di aspirazione non idonei''. Deduce ancora che ``la sanzione applicabile avrebbe dovuto essere quella di cui all'art. 72 D.Lgs. n. 81/2008, non quella prevista per il datore di lavoro''. Anzitutto, nel far richiamo all'art. 64, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008, la Sez. III afferma che ``il soggetto tenuto a provvedere affinché i luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di buono stato di conservazione ed efficienza è il datore di lavoro''. Rileva come ``la circostanza che il locale - luogo di lavoro non conforme a tali requisiti - sia di proprietà di terzi, non esclude la responsabilità del proprietario-locatore a condizione che il medesimo rivesta anche la qualifica di datore di lavoro''. Spiega che ``al datore di lavoro incombono gli obblighi indicati nell'art. 64, tra cui quello di garantire la conformità ai requisiti di cui al punto 2.2. dell'All. IV al TUSL''. Quanto poi alle attrezzature di lavoro, la Sez. III, in base agli artt. 70, commi 1 e 2, e 71, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008, afferma che ``grava sul datore di lavoro l'obbligo di mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di cui all'articolo precedente, idonee ai fini della salute e sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi che devono essere utilizzate conformemente alle disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie''. Aggiunge che ``la figura del `concedente in uso' è contemplata, quanto alle attrezzature di lavoro, dall'art. 72 TUSL'', ma che, in caso d'inosservanza dell'art. 72, il D.Lgs. n. 81/2008, all'art. 87, comma 7, contempla una sanzione pecuniaria amministrativa. Con la conseguenza che, ``quand'anche fosse certa la prova della locazione delle attrezzature da parte dell'imputato, la relativa violazione avrebbe al più comportato nei confronti del medesimo l'irrogazione di una sanzione amministrativa''.

    (Circa il nolo a caldo o a freddo v. i precedenti riportati sub art. 26, paragrafo 19).

    Infortunio a un dipendente di s.a.s. intento ad effettuare operazioni di potatura in quota e caduto da una scala portatile doppia telescopica in alluminio. Addebito di colpa al datore di lavoro: violazione degli artt. 70, comma 1, e 71, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008, per non aver messo a disposizione del lavoratore attrezzature idonee ai fini della sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere, in particolare, nel caso di specie in ragione del rischio caduta dall'alto, quali una scala a palchetto. Nel confermare la condanna, la Sez. IV rileva che l'infortunato ``aveva spiegato che la cesoia di cui disponeva serviva solo per tagliare i rametti più piccoli, mentre per svolgere il lavoro in quota affidatogli era dovuto salire su una scala'': Spiega che la scala ``utilizzata, ovvero una scala telescopica in alluminio, era inidonea sotto il profilo della sicurezza'', e che ``tale circostanza era confermata dallo stesso D.V.R. redatto dal datore di lavoro che ne vietava l'uso per i lavori in quota come quello in oggetto''. (V. anche Cass. pen. 13 giugno 2023 n. 25327).

    Note a piè di pagina
    4
    Comma così modificato dall'art. 44, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    Comma così modificato dall'art. 44, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    5
    Lettera così modificata dall'art. 44, comma 1, lett. b) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    Lettera così modificata dall'art. 44, comma 1, lett. b) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    6
    Comma così modificato dall'art. 44, comma 1, lett. c) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    Comma così modificato dall'art. 44, comma 1, lett. c) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    7
    Comma modificato dall'art. 44, comma 1, lett. d), D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106 e sostituito dall'art. 32, comma 1, lett. f), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98. Successivamente, il presente comma è stato così modificato dall'art. 7, comma 9-quinquies, D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 ottobre 2013, n. 125.
    Comma modificato dall'art. 44, comma 1, lett. d), D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106 e sostituito dall'art. 32, comma 1, lett. f), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agost...Testo troncato, continua a leggere nel testo
    8
    Comma così sostituito dall’art. 14, comma 1, lett. e), D.L. 4 maggio 2023, n. 48, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 luglio 2023, n. 85. Precedentemente, il presente comma era stato sostituito dall’art. 32, comma 1, lett. f), D.L. 21 giugno 2013, n. 69; tale modifica non è stata confermata dalla legge di conversione (L. 9 agosto 2013, n. 98).
    Comma così sostituito dall’art. 14, comma 1, lett. e), D.L. 4 maggio 2023, n. 48, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 luglio 2023, n. 85. Precedentemente, il presente comma era stato sostituito ...Testo troncato, continua a leggere nel testo
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    Comma così modificato dall'art. 44, comma 1, lett. e) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106. In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 11 aprile 2011.
    Comma così modificato dall'art. 44, comma 1, lett. e) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106. In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 11 aprile 2011.
    10
    Comma inserito dall'art. 11, comma 5, lett. b), D.L. 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 ottobre 2013, n. 119.
    Comma inserito dall'art. 11, comma 5, lett. b), D.L. 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 ottobre 2013, n. 119.
    11
    Comma così modificato dall'art. 44, comma 1, lett. f) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    Comma così modificato dall'art. 44, comma 1, lett. f) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    Fine capitolo