1. A livello territoriale sono costituiti gli organismi paritetici di cui all'articolo 2, comma 1, lettera ee).
1-bis. Il Ministero del lavoro istituisce il repertorio degli organismi paritetici, previa definizione dei criteri identificativi sentite le associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale per il settore di appartenenza, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.165
2. Fatto salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva, gli organismi di cui al comma 1 sono prima istanza di riferimento in merito a controversie sorte sull'applicazione dei diritti di rappresentanza, informazione e formazione, previsti dalle norme vigenti.
3. Gli organismi paritetici possono supportare le imprese nell'individuazione di soluzioni tecniche e organizzative dirette a garantire e migliorare la tutela della salute e sicurezza sul lavoro;
3-bis. Gli organismi paritetici svolgono o promuovono attività di formazione, anche attraverso l'impiego dei fondi interprofessionali di cui all'articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, e dei fondi di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, nonché, su richiesta delle imprese, rilasciano una attestazione dello svolgimento delle attività e dei servizi di supporto al sistema delle imprese, tra cui l'asseverazione della adozione e della efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione della sicurezza di cui all'articolo 30, della quale gli organi di vigilanza possono tener conto ai fini della programmazione delle proprie attività;166
3-ter. Ai fini di cui al comma 3-bis, gli organismi paritetici istituiscono specifiche commissioni paritetiche, tecnicamente competenti.167
4. Sono fatti salvi, ai fini del comma 1, gli organismi bilaterali o partecipativi previsti da accordi interconfederali, di categoria, nazionali, territoriali o aziendali.
5. Agli effetti dell'articolo 9 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, gli organismi di cui al comma 1 sono parificati ai soggetti titolari degli istituti della partecipazione di cui al medesimo articolo.
6. Gli organismi paritetici di cui al comma 1, purché dispongano di personale con specifiche competenze tecniche in materia di salute e sicurezza sul lavoro, possono effettuare, nei luoghi di lavoro rientranti nei territori e nei comparti produttivi di competenza, sopralluoghi per le finalità di cui al comma 3.
7. Gli organismi di cui al presente articolo trasmettono al Comitato di cui all'articolo 7 una relazione annuale sull'attività svolta.
8. Gli organismi paritetici comunicano alle aziende di cui all'articolo 48, comma 2, i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriale. Analoga comunicazione effettuano nei riguardi degli organi di vigilanza territorialmente competenti.
8-bis. Gli organismi paritetici comunicano annualmente all'Ispettorato nazionale del lavoro e all'INAIL i dati relativi:
a) alle imprese che hanno aderito al sistema degli organismi paritetici e a quelle che hanno svolto l'attività di formazione organizzata dagli stessi organismi;
b) ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriali;
c) al rilascio delle asseverazioni di cui al comma 3-bis. 168
8-ter. I dati di cui al comma 8-bis sono utilizzati ai fini della individuazione di criteri di priorità nella programmazione della vigilanza e di criteri di premialità nell'ambito della determinazione degli oneri assicurativi da parte dell'INAIL.169
GIURISPRUDENZA COMMENTATA
Sommario: 1. Certificazione di qualità e omissione di misure di sicurezza - 2. Falso in certificazione .
«La allegazione di una conseguita certificazione di qualità non basta ad eliminare le specifiche omissioni pur accertate».
Un'utile analisi - in un momento storico in cui sotto più versi si fonda la sicurezza sulla certificazione - è quella sviluppata da:
L'architetto direttore dei lavori di costruzione di un fabbricato, quale esercente di servizio di pubblica necessità in ragione della sua qualità professionale, e il proprietario di tale fabbricato, a titolo di concorso dell'estraneo nel reato proprio, furono dichiarati colpevoli del reato di cui all'art. 481 c.p., «perché, al fine del rilascio dell'abitabilità dei locali, falsamente attestavano nel certificato di regolare esecuzione il rispetto delle norme antincendio, antisismiche ed in genere di sicurezza delle costruzioni, mentre non era stata realizzata la scala in cemento armato di collegamento tra l'ufficio del piano terra e lo scantinato, e, a cagione di tale mancanza, un condomino precipitò nel locale sottostante, da un'altezza di circa tre metri, procurandosi lesioni personali». Nel confermare la condanna, la Sez. V osserva: «La prima quaestio iuris riguarda il significato da riconnettere al termine sicurezza di cui all'art. 25 della legge n. 380/2001. Il concetto di sicurezza deve essere inteso nella più ampia accezione di presenza nel fabbricato di caratteristiche edificatorie conformi alle previsioni progettuali ed alle prescrizioni normative, funzionali alla sicurezza del fabbricato, sia con riguardo alla sua stabilità strutturale che all'esigenze di prevenzione di danni a persone o cose. D'altro canto, il certificato di regolare esecuzione era prodromico e funzionale al conseguimento di altro certificato, quello di abitabilità, che, per antonomasia, è l'attestazione formale che il fabbricato è abitabile, ossia destinato alla sua naturale destinazione, in condizioni di piena sicurezza per gli occupanti, con riguardo vuoi all'incolumità personale che alla loro salute. La mancanza di una scala in cemento armato e, al suo posto, il vuoto spaziale sono dati fattuali in palese dissonanza con elementari canoni di sicurezza e la riprova immediata di un elemento di giudizio di cosi intuitiva evidenza è offerta, nel caso di specie, proprio dall'infortunio occorso ad uno dei condomini. Non solo, ma nella fattispecie in esame il certificato attestava anche il rispetto delle previsioni dell'elaborato progettuale, in ordine al quale l'attestazione del direttore dei lavori aveva carattere pregnante proprio alla stregua della diretta sorveglianza della regolare esecuzione dei lavori durante il loro svolgimento, alla quale egli era giuridicamente tenuto proprio in ragione del suo incarico professionale. Per quanto concerne, poi, la nozione penalistica di certificato, l'attestato di regolare esecuzione delle opere, proveniente da soggetto professionalmente abilitato e sottoscritto anche dal proprietario, aveva certamente contenuto certificativo, siccome destinato a fornire all'Amministrazione una corretta informazione su circostanze di fatto, con asseverazione di veridicità dei fatti dichiarati, ossia la piena conformità del manufatto alle prescrizioni normative e progettuali, nella stessa logica dell'autocertificazione, prevista dalla normativa sulla semplificazione amministrativa, e dell'istituzionalizzato coinvolgimento del privato nell'azione amministrativa e nel processo di formazione della volontà della p.a., che postulano correttezza e verità nell'informazione».