1. Fatto salvo quanto stabilito in sede di contrattazione collettiva, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza:
a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;
b) è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione nella azienda o unità produttiva;
c) è consultato sulla designazione del responsabile e degli addetti al servizio di prevenzione, alla attività di prevenzione incendi, al primo soccorso, alla evacuazione dei luoghi di lavoro e del medico competente;
d) è consultato in merito all'organizzazione della formazione di cui all'articolo 37;
e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente alla valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonché quelle inerenti alle sostanze ed alle miscele pericolose, alle macchine, agli impianti, alla organizzazione e agli ambienti di lavoro, agli infortuni ed alle malattie professionali;164
f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;
g) riceve una formazione adeguata e, comunque, non inferiore a quella prevista dall'articolo 37;
h) promuove l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l'integrità fisica dei lavoratori;
i) formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorità competenti, dalle quali è, di norma, sentito;
l) partecipa alla riunione periodica di cui all'articolo 35;
m) fa proposte in merito alla attività di prevenzione;
n) avverte il responsabile della azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività;
o) può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro o dai dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.
2. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza deve disporre del tempo necessario allo svolgimento dell'incarico senza perdita di retribuzione, nonché dei mezzi e degli spazi necessari per l'esercizio delle funzioni e delle facoltà riconosciutegli, anche tramite l'accesso ai dati, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera r), contenuti in applicazioni informatiche. Non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività e nei suoi confronti si applicano le stesse tutele previste dalla legge per le rappresentanze sindacali.
3. Le modalità per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sono stabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale.
4. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su sua richiesta e per l'espletamento della sua funzione, riceve copia del documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a).
5. I rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza dei lavoratori rispettivamente del datore di lavoro committente e delle imprese appaltatrici, su loro richiesta e per l'espletamento della loro funzione, ricevono copia del documento di valutazione dei rischi di cui all'articolo 26, comma 3.
6. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è tenuto al rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e del segreto industriale relativamente alle informazioni contenute nel documento di valutazione dei rischi e nel documento di valutazione dei rischi di cui all'articolo 26, comma 3, nonché al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell'esercizio delle funzioni.
7. L'esercizio delle funzioni di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è incompatibile con la nomina di responsabile o addetto al servizio di prevenzione e protezione.
GIURISPRUDENZA COMMENTATA
Sommario: Premessa: RLS condannato per infortunio sul lavoro - 1. Segnalazioni del RLS trascurate dal datore di lavoro o dal dirigente - 2. Accesso abusivo - 3. Le attribuzioni del RSL .
Contrariamente a quanto si usa pensare, proprio in considerazione delle attribuzioni previste dall'art. 50 D.Lgs. n. 81/2008 il RLS è stato ultimamente chiamato a rispondere di un infortunio sul lavoro (v. Guariniello, Il dramma del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, in Dir.prat.lav. 2023, 41, 2430):
Durante le operazioni di stoccaggio, un dipendente, dopo avere trasportato, a mezzo di un carrello elevatore, un carico di tubolari di acciaio, sceso dal carrello elevatore ed arrampicatosi su uno scaffale per meglio posizionare il carico, viene schiacciato sotto il peso dei tubolari che gli rovinavano addosso. Condannato il datore di lavoro per avere omesso di valutare il reale rischio di caduta dall'alto delle merci stoccate sugli scaffali e di elaborare le procedure aziendali in merito alle operazioni di stoccaggio dei pacchi di tubolari sullo scaffale sul quale si verificò il sinistro, consentendo quindi che il lavoratore infortunato, assunto con mansioni e qualifica di impiegato tecnico, svolgesse di fatto anche le funzioni di magazziniere, senza averne ricevuto la corrispondente formazione, comprensiva dell'addestramento all'utilizzo del carrello elevatore. Ma condannato anche il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Per cooperazione colposa nel delitto di omicidio colposo: egli, infatti, non ha in alcun modo ottemperato ai compiti che gli erano stati attribuiti per legge, consentendo che il lavoratore fosse adibito a mansioni diverse rispetto a quelle contrattuali senza aver ricevuto alcuna adeguata formazione, e non sollecitando in alcun modo l'adozione da parte del datore di lavoro di modelli organizzativi in grado di preservare la sicurezza dei lavoratori, nonostante le sollecitazioni in tal senso formulate dal RSPP.
Per un incendio di vaste proporzioni divampato durante le operazioni di travaso di preparati pericolosi e altamente infiammabili effettuate nel reparto laccatura di uno stabilimento, un lavoratore muore e tre restano feriti a causa delle ustioni. La Sez. IV conferma la condanna anche del direttore di stabilimento: ``egli era pienamente consapevole dei pericoli insiti nelle lavorazioni, per essere stato preavvertito dai rappresentanti sindacali dei lavoratori che sovente si verificavano incidenti fonte di pericolo per gli operai, in particolare precedenti incendi, tanto che era stato più volte sollecitato a prestare attenzione alle tematiche della sicurezza sul lavoro''.
Il presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato di una s.r.l. appalta a una cooperativa la movimentazione delle merci in un impianto industriale «non rispondente alle disposizioni legislative vigenti in materia di sicurezza, atteso che la pavimentazione del capannone presentava affossamenti che ostacolavano il transito dei mezzi di trasporto manuali»; e viene condannato per il delitto di lesione personale colposa in danno di un socio-dipendente della cooperativa infortunatosi. A carico dell'imputato si sottolinea, in particolare, che «la precarietà delle condizioni del pavimento era stata più volte segnalata alla società committente da parte del RLS della cooperativa».
Una notazione conforme in Cass. 16 ottobre 2020, n. 28726.
Il caso concerne un funzionario di polizia dichiarato colpevole dei reati di cui agli artt. 323 e 615 c.p.: «benché privo della qualità di rappresentante per la sicurezza dei lavoratori, in violazione degli artt. 18, 19 e 30, D.Lgs. n. 626/1994, aveva abusivamente eseguito un'ispezione all'interno dei locali destinati a privata dimora di un dirigente, cagionando intenzionalmente a costui un danno, integrato dalla violazione della privacy; e abusando delle proprie funzioni, si era introdotto nella privata dimora in uso al dirigente». Ad avviso dei magistrati di merito, «la condotta dell`imputato integrava gli estremi dei reati addebitatigli in quanto, contrariamente a quanto dallo stesso sostenuto, non era stata espressione del potere di controllo della sicurezza sul luogo di lavoro, ma era stata ispirata dalla sola esigenza di constatare la presunta utilizzazione abusiva dei locali da parte del dirigente, nei cui confronti l'imputato aveva instaurato una controversia sindacale, proprio in conseguenza della mutata destinazione di alcuni locali della `zona benessere' in abitazione del dirigente».
Un datore di lavoro è dichiarato colpevole del reato di lesione personale colposa per due distinti infortuni: ``in entrambe le occasioni, era accaduto che - mentre il lavoratore sollevava un manufatto metallico con l'ausilio di un paranco, collegato con catene ad una gru a bandiera - il paranco si era improvvisamente staccato dal gancio facente parte del sistema di sollevamento, investendo l'infortunato agli arti inferiori''. Tre gli addebiti di colpa mossi al datore di lavoro: ``aveva messo a disposizione dei lavoratori un'attrezzatura di lavoro inidonea in relazione alla sicurezza, atteso che gli uncini dei paranchi su cui agganciare le catene della gru a bandiera risultavano privi di elementi di chiusura dell'imbocco, ed erano pertanto inidonei ad assicurare la permanenza della catena sul gancio nel corso delle operazioni di sollevamento e movimentazione dei carichi pesanti; non aveva messo in atto le misure tecniche ed organizzative adeguate per ridurre al minimo il rischio di investimento ad opera del carico durante la movimentazione e per impedire l'errato e pericoloso utilizzo dei dispositivi di presa, risultati non appropriati e sicuri in riferimento alla natura e alla forma dei carichi movimentati; non si era assicurato che il personale addetto alle operazioni di movimentazione mediante paranco di manufatti, risultasse dotato delle informazioni, della formazione e dell'addestramento specifico necessari per operare in sicurezza, pur trattandosi di operazioni che richiedevano conoscenze e responsabilità particolari in relazione ai rischi specifici e rilevanti ad esse connessi''. In sua difesa, l'imputato deduce, in particolare, che uno degli infortunati, ``operaio esperto e rappresentante dei lavori per la sicurezza, era stato delegato ad addestrate l'altro infortunato''. E aggiunge che ``l'R.L.S., dopo l'infortunio verificatosi ai danni dell'altro dipendente, avrebbe dovuto informarlo delle modalità con le quali lo stesso si era verificato e della non adeguatezza in termini di sicurezza delle procedure che si stavano utilizzando in azienda per sollevare i carichi, cosa che invece non era avvenuta''. Di rimando, la Sez. IV, in accordo con il tribunale, non si lascia convincere dall'``argomento difensivo secondo il quale l'infortunato, che era rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, mai aveva avvisato il datore di lavoro dell'inidoneità dei mezzi di sollevamenti utilizzati per le operazioni di movimentazione dei lavorati'', e ciò perché ``l'imputato doveva pur sempre considerarsi investito della posizione primaria di garanzia e a lui direttamente faceva carico, ai sensi dell'art. 2087 c.c. e della normativa infortunistica, l'obbligo di mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature idonee a garantire la loro sicurezza''. In linea poi con la corte d'appello, la Sez. IV prende atto dell'``assunto difensivo, secondo il quale la vittima del secondo infortunio era rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e tale circostanza avrebbe investito il predetto di precisi obblighi in tema di formazione e informazione dei colleghi circa le corrette e sicure procedure di lavorazione (con la conseguenza, dedotta dalla difesa, che l'imputato avrebbe assolto agli obblighi previsti dall'art. 37 D.Lgs.n. 81/2008 semplicemente affidando - con una `delega impropria' - a quegli l'istruzione degli operai)''. E prende, altresì, atto che, a dire dell'imputato, ``proprio la posizione rivestita dal secondo infortunato, operaio esperto e per di più rappresentante per la sicurezza, renderebbe evidente l'assenza di responsabilità del datore di lavoro per l'infortunio a quegli accaduto perché, veniva sottointeso, nessun obbligo di formazione poteva esserci nei confronti di chi doveva reputarsi già particolarmente formato'', e che ``al lavoratore avrebbe dovuto essere imputato di essere venuto meno all'obbligo di informare l'imprenditore, dopo il verificarsi del primo sinistro, del fatto che i sistemi di sollevamento utilizzati dai lavoratori nell'azienda erano inappropriati''. In proposito, la Sez. IV condivide l'ampia analisi svolta dalla corte d'appello: ``La corte d'appello ha disatteso la prima parte di detto assunto, in quanto muoveva da una non corretta comprensione delle funzioni e delle attribuzioni proprie del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Queste ultime sono analiticamente indicate nell'art. 50, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2008 e rendevano assolutamente chiaro come quel lavoratore sia chiamato a svolgere, essenzialmente, una funzione di consultazione e di controllo circa le iniziative assunte dall'azienda nel settore della sicurezza; non gli competono certamente quella di valutazione dei rischi e di adozione delle opportune misure per prevenirli e neppure quella di formazione dei lavoratori, funzioni che restano entrambe appannaggio esclusivo del datore di lavoro. Non a caso, con riguardo al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza la fonte normativa parla di `attribuzioni' mentre, in relazione alle condotte del datore di lavoro, si parla di `obblighi'. In particolare, per quanto riguarda gli `obblighi' di informazione, formazione e addestramento (artt. 36 e 37), essi fanno senz'altro capo al datore di lavoro e ai dirigenti come espressamente dispone l'art. 18, lett. I, D.Lgs. n. 81/2008. Né questi precisi obblighi potrebbero essere, neppure in astratto, oggetto di delega al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza perché, altrimenti, si verificherebbe una commistione di funzioni tra di loro inconciliabili (essendo alla figura prevista dall'art. 50 affidate funzioni di controllo sull'adempimento degli obblighi datoriali) che negherebbe il sistema stesso delineato nella vigente normativa antinfortunistica (tanto che lo stesso art. 50, comma 7, prevede che l'esercizio delle funzioni di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è incompatibile con la nomina di responsabile o addetto al servizio di prevenzione e protezione). L'art. 50, nel prevedere i requisiti formativi che devono contraddistinguere il rappresentante del lavoratori per la sicurezza, ai commi 10 ed 11, dispone che lo stesso `ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza concernente i rischi specifici esistenti negli ambiti in cui esercita la propria rappresentanza, tale da assicurargli adeguate competenze sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi' (comma 10) e tale formazione deve avere i seguenti `contenuti minimi: a) principi giuridici comunitari e nazionali; b) legislazione generale e speciale in materia di salute e sicurezza sul lavoro; c) principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi; d) definizione e individuazione dei fattori di rischio; e) valutazione dei rischi; f) individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione; g) aspetti normativi dell'attività di rappresentanza dei lavoratori; h) nozioni di tecnica della comunicazione' (comma 11). Orbene, era di solare evidenza che l'R.L.S. era del tutto sprovvisto di particolare tale formazione che non poteva essere certamente supplita dalla mera anzianità sul lavoro e da una non meglio testata esperienza nelle diverse attività lavorative che si svolgevano in azienda. Infatti, egli, richiesto dal difensore dell'imputato se avesse fatti `i corsi di rappresentanza dei lavoratori', aveva così risposto: `Si, ho fatto circa dei corsi, tipo due o tre corsi, ma cioè nessuno dei quali riguarda veramente il lavoro, sono corsi generali, tipo un corso di italiano e poi un altro, che hanno partecipato tutti, che insegnano anche alle persone che fanno le pulizie`. Vi era invero in atti un `attestato di formazione' relativo alla partecipazione dell'operaio a un corso per rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Tuttavia era significativo che la così attestata frequenza era ben anteriore a quella del corso di italiano per stranieri cui lo stesso operaio ebbe infatti a partecipare solo nel 2010, così autorizzandosi più di un dubbio circa l'effettiva preparazione conseguita dall'R.L.S. nello specifico settore antinfortunistico. Le dichiarazioni del lavoratore, quindi, erano certamente significative nel dimostrare che allo stesso non era stata sicuramente impartita una formazione specifica che lo rendesse in grado di esercitare le attribuzioni che a lui competevano ai sensi di legge. Anche per questo, quindi, il costante riferimento da parte della difesa dell'imputato alle capacità professionali e alle conoscenze tecniche del lavoratore, poi infortunatosi, appariva `pretestuoso e comunque non conferente'''. Anche in merito alla seconda parte dell'assunto difensivo (secondo il quale all'R.L.S. avrebbe dovuto esser imputata l'omessa informazione al datore di lavoro delle modalità con le quali si era verificato il precedente infortunio e della non adeguatezza in termini di sicurezza delle procedure che si stavano utilizzando in azienda per sollevare i carichi), la Sez. IV fa propri i rilievi della corte d'appello: ``L'R.L.S. non aveva egli stesso - perché mai gli erano state insegnate - le specifiche competenze tecniche per valutare se quelle procedure, che lui stesso peraltro seguiva, fossero o meno congrue e sicure; gli obblighi di vigilanza sui comportamenti dei dipendenti e di precisa presa di coscienza degli eventuali effetti che tali condotte possono avere sull'incolumità fisica degli operai incombono in prima persona sull'imprenditore e, quindi, nel caso di specie facevano capo proprio all'imputato. D'altronde, anche il primo infortunato aveva escluso che gli fossero state impartite precise informazioni tecniche su come eseguire gli spostamenti dei carichi salvo precisare di avere ricevuto istruzioni pratiche, quando aveva iniziato a lavorare, dal collega più anziano, l'R.L.S. In sintesi la formazione pratica del lavoratore, nell'azienda dell'imputato, era stata affidata a un soggetto che a sua volta non era stato adeguatamente formato''.
La Sez. IV esamina un'ipotesi di infortunio mortale addebitato - oltre che al rappresentante legale dell'impresa edile datrice di lavoro - a soggetto ritenuto titolare di posizione di garanzia in quanto ``rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e capo cantiere''.
Condannato per l'infortunio occorso a un dipendente precipitato al suolo per la rottura di una tettoia in eternit, un datore di lavoro lamenta, in particolare, che il dipendente era «esperto in prevenzione degli infortuni nella sua qualità di rappresentante della sicurezza dei lavoratori» e «avrebbe dovuto rifiutare il lavoro e pretendere le opere provvisionali ritenute necessarie». Nel respingere la doglianza dell'imputato, la Sez. IV nega che possa essere «invocata la responsabilità del dipendente in fase di predisposizione dei sistemi di sicurezza, per la sua supposta qualifica di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza», anche perché l'infortunato era stato nominato rappresentante dei laboratori per la sicurezza per un periodo di tre anni, per cui all'epoca dell'infortunio egli sicuramente non lo era più».
(Sulla delega all'RLS v. sub art. 16, paragrafo 18, Cass. n. 10864 del 12 marzo 2019).