1. Gli installatori e montatori di impianti, attrezzature di lavoro o altri mezzi tecnici, per la parte di loro competenza, devono attenersi alle norme di salute e sicurezza sul lavoro, nonché alle istruzioni fornite dai rispettivi fabbricanti.
GIURISPRUDENZA COMMENTATA
Sommario: 1. Gli obblighi dell'installatore .
Confermata la condanna del titolare di un'impresa appaltatrice dei servizi di manutenzione e conduzione dell'impianto di trattamento delle acque della piscina di un centro benessere gestito da unas.r.l. per i reati di cui agli artt. 449 e 590 c.p., per aver cagionato, in cooperazione colposa con l'amministratore della s.r.l., con pericolo per la pubblica incolumità, un disastro consistito nell'esplosione generata dalla reazione chimica del reattivo clorante contenuto nel serbatoio in materiale plastico di 500 litri di capienza, e nella saturazione del locali (frequentati da una molteplicità di persone) da vapori di tricloruro di azoto e per aver cagionato lesioni gravi a una dipendente della s.r.l., investita dalla porta di ingresso del locale, scardinata da tale esplosione, con colpa generica consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia (sostituendo nel corso del medesimo pomeriggio l'ipoclorito con il dicloroisocianurato, senza prima effettuare un accurato lavaggio e così rimuovere ogni traccia dell'ipoclorito incompatibile con la nuova sostanza, per cui la reazione dei due elementi generava tricloruro di azoto, intrinsecamente instabile da cui originava il decorso esplosivo), e con colpa specifica consistita nella violazione dell'art. 24 D.Lgs. n. 81/2008, allegato IV, punti 2.1.7. e 2.1.8.1., nonché allegati XXIV e XXV, ``vendo installato un deposito di sostanze chimiche, con pericolo di esplosione, in un locale non isolato e non adeguatamente difeso contro la propagazione, sprovvisto di ventilazione e cartellonistica)''.
``La posizione di garanzia dell'installatore di un impianto di qualsiasi genere non è limitata al mero accertamento della sua funzionalità, ma si estende ad una verifica complessiva della struttura in cui l'impianto è inserito con obbligo di controllo sia del funzionamento del medesimo sia dell'assenza di situazioni di pericolo ricollegabili comunque al suo funzionamento''.
``A seguito dell'installazione di una caldaia all'interno di un'abitazione affidata alla ditta dell'imputato, il quale ne dava incarico ai dipendenti, e che non veniva eseguita correttamente, in quanto l'ugello della caldaia erogava una quantità di gas eccessiva in rapporto all'aria prevista dalla taratura della caldaia stessa, il tubo di scarico impiegato risultava di diametro e lunghezza non adeguati e non corrispondenti alle norme UNI 7129, ed inoltre i fumi di scarico, a causa della parziale ostruzione della sommità della condotta (riferibile alla presenza di un pannello metallico) non defluivano e rientravano all'interno dell'abitazione; in conseguenza di ciò, una volta messa in funzione, la caldaia sprigionava all'interno dei locali abitati dai coniugi elevate quantità di monossido di carbonio, che le vittime inalavano, intossicandosi e decedendo nel giro di poche ore''. L'addebito mosso all'imputato fu ``di non avere svolto i necessari controlli sull'installazione e i necessari collaudi prima di mettere l'impianto in grado di funzionare, ovvero di non aver fornito ai sunnominati dipendenti una adeguata formazione per l'installazione, la messa in sicurezza e il collaudo prima della consegna della caldaia''. La Sez. IV conferma la condanna: ``Nelle condizioni d'installazione dell'impianto (ancora incomplete, ma pur sempre con collegamento della caldaia alla rete elettrica e ai tubi del gas), l'imputato era sicuramente responsabile dell'eventuale messa in funzione della caldaia prima che l'installazione venisse completata e verificata e che venisse eseguito il collaudo, anche perché lo stesso imputato, pur a conoscenza dell'esecuzione solo provvisoria e incompleta dei lavori, pacificamente e colpevolmente omise di verificare l'esecuzione dei lavori stessi pur dopo aver rassicurato i suoi dipendenti circa il fatto che si sarebbe recato nel pomeriggio per effettuare detta verifica''.
Una bambina di otto anni ``aveva spinto con la mano destra il portone d'ingresso di un immobile condominiale, appoggiandola ad uno dei vetri mediani che ne costituivano la struttura, nell'atto in cui il battente stava tornando nella posizione di chiusura, ed aveva causato l'immediata rottura del vetro, i cui frammenti le avevano provocato una lesione''. Fu coimputato l'appaltatore dei lavori di manutenzione commissionati dal condominio, perché ``aveva provveduto ad installare presso l'immobile condominiale un portone d'ingresso a due ante con un vetro dello spessore di millimetri quattro, e così aveva realizzato un'opera non a regola d'arte e in modo difforme da quanto prescrivevano generiche regole di prudenza e di perizia'', ``avendo ``il vetro caratteristiche tali da non renderlo sicuro in caso di rottura e non protetto da eventuali urti''. La Sez. IV osserva: ``Anche ammettendo che la minore fosse inciampata e avesse urtato contro il vetro, un vetro a norma (spessorato o comunque retinato, atto ad evitare la caduta degli spezzoni di vetro) avrebbe evitato la pericolosa frantumazione che ha cagionato l'evento. Né può correttamente evocarsi al il caso fortuito o la forza maggiore. Il caso fortuito consiste in quell'avvenimento imprevisto e imprevedibile che si inserisce d'improvviso nell'azione del soggetto e non può in alcun modo, nemmeno a titolo di colpa, farsi risalire all'attività psichica dell'agente. Come è stato precisato in altra occasione, il caso fortuito si verifica quando sussiste il nesso di causalità materiale tra la condotta e l'evento, ma fa difetto la colpa, in quanto l'agente non ha causato l'evento per sua negligenza o imprudenza; questo, quindi, non è, in alcun modo, riconducibile all'attività psichica del soggetto. Ne consegue che, qualora una pur minima colpa possa essere attribuita all'agente, in relazione all'evento dannoso realizzatosi, automaticamente viene meno l'applicabilità della disposizione di cui all'art. 45 c.p. La natura colposa della condotta dell'imputato è quindi correttamente stata ritenuta incompatibile con una applicazione alla fattispecie dell'istituto del caso fortuito. La forza maggiore, dal canto suo, si concreta in un evento derivante dalla natura o dall'uomo che, pur se preveduto, non può essere impedito, trattandosi di vis maior cui resisti non potest. È di tutta evidenza che nella vicenda in esame non vi è stata alcuna esplicazione di una vis maior''. ``Il portone era stato progettato da altro soggetto, costituito da un vetro fornito da altri, ed era conforme a quanto previsto nel capitolato d'appalto. Ciò significa interrogarsi in merito alla esistenza di un obbligo dell'installatore di porre in opera solo manufatti che non presentino riconoscibili pericoli per la incolumità altrui. Orbene, la risposta al quesito non può che trarsi dal principio secondo il quale ognuno è gravato dall'obbligo di non recare con la propria opera pregiudizio ad altri (art. 2043 c.c., sulla cui valenza anche quale fondamento di responsabilità penale si veda, ex multis, Sez. IV, n. 11361 del 31 marzo 2006, Bonifazi). Principio in forza del quale non assume alcun rilievo, ai fini dell'esclusione di responsabilità, che altri abbiano concorso al risultato finale, gravando su ciascuno il dovere di non cagionare danni all'altrui persona. Pertanto sull'imputato incombeva l'obbligo giuridico `di rifiutare la fornitura di un manufatto che presentava, palesemente, caratteristiche strutturali e costruttive evidentemente inidonee a garantire la sicurezza e la incolumità dei terzi utilizzatori'. Peraltro, l'obbligo contrattuale di eseguire l'incarico ad opera d'arte imponeva di concorrere a fornire un portone che non presentasse insidie per gli utilizzatori. La questione, pertanto, si risolve nella riconoscibilità dei fattori che rendevano il portone insicuro rispetto ad eventi non connessi all'uso tipico ma derivanti da un utilizzo non anormale (che tale debba dirsi la spinta mentre si richiude o l'appoggio in caduta è fuor di dubbio). Se la particolare fragilità del vetro poteva essere ignota e senza che ciò fosse rimproverabile all'imputato, proprio perché egli non fu il fornitore del vetro, non altrettanto può dirsi per la mancanza di reticolato interno e/o di barre di protezione. Si tratta di requisiti la cui presenza o assenza e funzionalità è di immediata percepibilità, per i quali non è necessaria alcuna esperienza o competenza professionale''.
Un lavoratore cade dal soppalco di un magazzino, in quanto il parapetto scorrevole installato erroneamente si era sfilato dal binario sottostante. Oltre al datore di lavoro e al venditore-progettista del manufatto, viene condannato l'installatore: «La posizione di garanzia dell'installatore di un impianto di qualsiasi genere non è limitata al mero accertamento della sua funzionalità ma si estende ad una verifica complessiva della struttura in cui l'impianto è inserito con obbligo di controllo sia del funzionamento del medesimo sia dell'assenza di situazioni di pericolo ricollegabili comunque al suo funzionamento, a meno che questa verifica complessiva del sistema non sia stata affidata a terzi. Nel caso di specie, l'installatore aveva proceduto al montaggio dell'opera senza valutare i rischi connessi proprio alle concrete modalità con le quali il cancello era stato installato, e lo stesso imputato aveva affermato di non aver delegato nessun altro, per il controllo della sicurezza del manufatto».
Un lavoratore addetto a un impianto di ampie dimensioni subisce un infortunio mortale. Viene condannato per omicidio colposo il legale rappresentante della impresa costruttrice, venditrice ed installatrice dell'impianto. L'addebito mossogli è triplice: «avere installato un impianto parzialmente privo delle previste barriere antinfortunistiche lungo tutto il perimetro della macchina; avere dotato detto impianto di un manuale d'uso e manutenzione carente nei suoi contenuti, che non consentiva un utilizzo in condizioni di sicurezza; avere progettato un impianto che presentava un elevato livello di inefficienza funzionale, tale da determinare la necessità di frequenti interventi correttivi per la risoluzione di anomalie, interventi in cui il personale era costretto ad avvicinarsi ad organi in movimento».
Nel confermare la condanna, la Sez. IV premette che «l'impianto era stato realizzato in conformità alla normativa vigente in materia di sicurezza dei macchinari, oltre che dotato del certificato di conformità CE, ed era stato venduto completo di recinzione antinfortunistica», che «l'impresa costruttrice aveva assunto contrattualmente l'obbligo di provvedere all'installazione dell'impianto», che «nell'espletamento di tale attività aveva l'obbligo di attenersi alle norme di sicurezza vigenti, ossia doveva provvedere anche alla installazione delle barriere di protezione lungo tutto il perimetro della macchina, che costituivano il principale sistema di prevenzione di cui l'impianto era dotato e per il quale era stato previsto nel sistema elettrico l'automatismo di blocco immediato nel caso di apertura da parte di un addetto», e che «invece l'installazione delle reti di protezione non era mai avvenuta sull'intero perimetro della macchina, ma soltanto su alcune parti di essa e, oltretutto, in maniera scorretta, perché le stesse non erano state infisse al suolo, ma soltanto appoggiate per terra, e quindi facilmente asportabili da parte di chiunque». Osserva che l'imputato «aveva l'obbligo contrattuale di provvedere all'installazione dell'intero impianto, ivi comprese le barriere di protezione, dal momento che rivestiva una posizione di garanzia derivante dal disposto degli artt. 6, D.Lgs. n. 626/1994 (oggi art. 24 del T.U. in materia di sicurezza) e 2, D.P.R. n. 459/1996, posizione dalla quale conseguiva la sua piena responsabilità in relazione alla corretta esecuzione dell'installazione». Ne ricava che l'imputato «avrebbe dovuto completare l'installazione delle barriere prima di mettere in funzione l'impianto, mentre invece non si era opposto, pur essendone ben a conoscenza, dal momento che aveva compiuto attività di assistenza e messa a punto dell'impianto per diversi mesi, dopo avere terminato la sua installazione, a che il predetto fosse dotato, per ovviare ai frequenti inconvenienti di funzionalità che rallentavano il ciclo produttivo, di un pulsante di `stand-by' che consentiva al lavoratore di sospendere provvisoriamente la lavorazione presso la stazione interessata senza bloccare l'intero impianto, con conseguente risparmio dei tempi di arresto del ciclo produttivo». Aggiunge che «l'infortunio non era in alcun modo ricollegabile a modifiche strutturali dell'impianto volute dall'acquirente, bensì alla mancata installazione delle barriere che, se presenti, avrebbero arrestato la macchina nel momento in cui il lavoratore accedeva nel suo interno per risolvere un problema ricollegato alla sua attività lavorativa», e che «sussisteva il nesso causale tra l'infortunio e l'omessa iniziale predisposizione dei doverosi presidi di sicurezza da parte dell'imputato, non rilevando la circostanza che l'infortunio si era verificato circa sei anni dopo la consegna dell'impianto, dal momento che la impresa dell'imputato aveva continuato a svolgere per anni attività di assistenza e manutenzione sullo stesso».
Con riguardo a un'ipotesi d'infortunio addebitato a installatori di un gruppo elettrogeno Cass. 2 marzo 2017, n. 10268 e a un venditore-installatore Cass. 13 dicembre 2011, n. 46024, Feregotto e altri. Per un caso di installazione di caldaia Cass. 24 marzo 2015, n. 12266. Un'ipotesi di responsabilità dell'amministratore di un'impresa per inadeguata installazione di un pensile metallico all'interno della cucina di una comunità con conseguente infortunio a una cuoca in Cass. 2 dicembre 2015, n. 47751. V. anche Cass. 2 marzo 2017, n. 10268, che considera un incendio con ustioni a un dipendente addebitato a installatori di gruppo elettrogeno in un'osteria per violazione dell'art. 24 D.Lgs. n. 81/2008; Cass. 30 gennaio 2017 n. 4201; e Cass. 5 maggio 2017, n. 21879, che conferma la condanna dell'installatore di impianti di trasporto del gas per un'esplosione in una pizzeria con lesioni in danno di una dipendente del locale consistite in un grave stato di stress.