1. Ferme restando le attribuzioni previste dagli articoli 20 e 21 del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, al fine di far cessare il pericolo per la salute e la sicurezza dei lavoratori, nonché di contrastare il lavoro irregolare, l’Ispettorato nazionale del lavoro adotta un provvedimento di sospensione, quando riscontra che almeno il 10 per cento dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro risulti occupato, al momento dell’accesso ispettivo, senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro ovvero inquadrato come lavoratori autonomi occasionali in assenza delle condizioni richieste dalla normativa, nonché, a prescindere dal settore di intervento, in caso di gravi violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro di cui all’Allegato I. Con riferimento all’attività dei lavoratori autonomi occasionali, fatte salve le attività autonome occasionali intermediate dalle piattaforme digitali di cui al decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233, al fine di svolgere attività di monitoraggio e di contrastare forme elusive nell’utilizzo di tale tipologia contrattuale, l’avvio dell’attività dei suddetti lavoratori è oggetto di preventiva comunicazione all’Ispettorato territoriale del lavoro competente per territorio, da parte del committente, mediante modalità informatiche. Si applicano le modalità operative di cui all’articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. In caso di violazione degli obblighi di cui al secondo periodo si applica la sanzione amministrativa da euro 500 a euro 2.500 in relazione a ciascun lavoratore autonomo occasionale per cui è stata omessa o ritardata la comunicazione. Non si applica la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124. Il provvedimento di sospensione è adottato in relazione alla parte dell'attività imprenditoriale interessata dalle violazioni o, alternativamente, dell'attività lavorativa prestata dai lavoratori interessati dalle violazioni di cui ai numeri 3 e 6 dell'Allegato I. Unitamente al provvedimento di sospensione l'Ispettorato nazionale del lavoro può imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro.67
2. Per tutto il periodo di sospensione è fatto divieto all'impresa di contrattare con la pubblica amministrazione. A tal fine il provvedimento di sospensione è comunicato all'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, per gli aspetti di rispettiva competenza al fine dell'adozione da parte del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili del provvedimento interdittivo.
3. L'Ispettorato nazionale del lavoro adotta i provvedimenti di cui al comma 1 per il tramite del proprio personale ispettivo nell'immediatezza degli accertamenti nonché, su segnalazione di altre amministrazioni, entro sette giorni dal ricevimento del relativo verbale.
4. I provvedimenti di cui al comma 1, per le ipotesi di lavoro irregolare, non trovano applicazione nel caso in cui il lavoratore risulti l'unico occupato dall'impresa. In ogni caso di sospensione, gli effetti della stessa possono essere fatti decorrere dalle ore dodici del giorno lavorativo successivo ovvero dalla cessazione dell'attività lavorativa in corso che non può essere interrotta, salvo che non si riscontrino situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica incolumità.
5. Ai provvedimenti del presente articolo si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
6. Limitatamente ai provvedimenti adottati in occasione dell'accertamento delle violazioni in materia di prevenzione incendi, provvede il Comando provinciale dei vigili del fuoco territorialmente competente. Ove gli organi di vigilanza o le altre amministrazioni pubbliche rilevino possibili violazioni in materia di prevenzione incendi, ne danno segnalazione al competente Comando provinciale dei vigili del fuoco, il quale procede ai sensi delle disposizioni del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.
7. In materia di prevenzione incendi, in ragione della competenza esclusiva del Corpo nazionale dei vigili del fuoco prevista dall'articolo 46, trovano applicazione le disposizioni di cui agli articoli 16, 19 e 20 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.
8. I poteri di cui al comma 1 spettano anche ai servizi ispettivi delle aziende sanitarie locali nell'ambito di accertamenti in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro.
9. È condizione per la revoca del provvedimento da parte dell'amministrazione che lo ha adottato:
a) la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria anche sotto il profilo degli adempimenti in materia di salute e sicurezza;
b) l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro;
c) la rimozione delle conseguenze pericolose delle violazioni nelle ipotesi di cui all'Allegato I;
d) nelle ipotesi di lavoro irregolare, il pagamento di una somma aggiuntiva pari a 2.500 euro fino a cinque lavoratori irregolari e pari a 5.000 euro qualora siano impiegati più di cinque lavoratori irregolari;
e) nelle ipotesi di cui all'Allegato I, il pagamento di una somma aggiuntiva di importo pari a quanto indicato nello stesso Allegato I con riferimento a ciascuna fattispecie.
10. Le somme aggiuntive di cui alle lettere d) ed e) sono raddoppiate nelle ipotesi in cui, nei cinque anni precedenti alla adozione del provvedimento, la medesima impresa sia stata destinataria di un provvedimento di sospensione.
11. Su istanza di parte, fermo restando il rispetto delle condizioni di cui al comma 9, la revoca è altresì concessa subordinatamente al pagamento del venti per cento della somma aggiuntiva dovuta. L'importo residuo, maggiorato del cinque per cento, è versato entro sei mesi dalla data di presentazione dell'istanza di revoca. In caso di mancato versamento o di versamento parziale dell'importo residuo entro detto termine, il provvedimento di accoglimento dell'istanza di cui al presente comma costituisce titolo esecutivo per l'importo non versato.
12. È comunque fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali, civili e amministrative vigenti.
13. Ferma restando la destinazione della percentuale prevista dall'articolo 14, comma 1, lettera d), del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, l'importo delle somme aggiuntive di cui al comma 9, lettere d) ed e), integra, in funzione dell'amministrazione che ha adottato i provvedimenti di cui al comma 1, il bilancio dell'Ispettorato nazionale del lavoro o l'apposito capitolo regionale ed è utilizzato per finanziare l'attività di prevenzione nei luoghi di lavoro svolta dall'Ispettorato nazionale del lavoro o dai dipartimenti di prevenzione delle AA.SS.LL.
14. Avverso i provvedimenti di cui al comma 1 adottati per l'impiego di lavoratori senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro è ammesso ricorso, entro 30 giorni, all'Ispettorato interregionale del lavoro territorialmente competente, il quale si pronuncia nel termine di 30 giorni dalla notifica del ricorso. Decorso inutilmente tale ultimo termine il ricorso si intende accolto.
15. Il datore di lavoro che non ottempera al provvedimento di sospensione di cui al presente articolo è punito con l'arresto fino a sei mesi nelle ipotesi di sospensione per le violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.500 a 6.400 euro nelle ipotesi di sospensione per lavoro irregolare.
16. L'emissione del decreto di archiviazione per l'estinzione delle contravvenzioni, accertate ai sensi del comma 1, a seguito della conclusione della procedura di prescrizione prevista dagli articoli 20 e 21, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, comporta la decadenza dei provvedimenti di cui al comma 1 fermo restando, ai fini della verifica dell'ottemperanza alla prescrizione, anche il pagamento delle somme aggiuntive di cui al comma 9, lettera d).
GIURISPRUDENZA COMMENTATA
Sommario: 1. Inottemperanza all'ordine di sospensione dell'attività imprenditoriale .
Di particolare interesse sono le pronunce che si occupano di quell’art. 14 D.Lgs. n. 81/2008 che tanto allarma le imprese, ancor più dopo le modifiche apportate dalla L. n. 215/2021 (v. al riguardo l’e-book Guariniello, Nuove norme sulla sicurezza del lavoro - La legge n. 215/2021 commentata, Wolters Kluver, 2022, 44 s.):
Il titolare di un'impresa di ristorazione - condannato per il reato di inottemperanza al provvedimento di sospensione dell'attività - a sua discolpa, deduce che il provvedimento adottato dall'Ispettorato Territoriale del Lavoro ``non è mai stato notificato a mani proprie perché il locale era già chiuso per effetto di altro provvedimento amministrativo'', e che ``l'atto è stato notificato a mezzo posta e per compiuta giacenza, con quanto ne consegue in termini di conoscibilità dell'ordine di cui si contesta la violazione''. La Sez. III non accoglie l'argomentazione difensiva: ``Il provvedimento di sospensione adottato ai sensi dell'art. 14, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008 è limitativo della sfera giuridica del privato ed ha chiara natura sanzionatoria, sicché è immediatamente efficace. Ove si ritenga che abbia natura esecutoria, la sua immediata efficacia prescinde comunque dalla sua comunicazione/notificazione''. ``Trattandosi di contravvenzione, il reato è punibile anche a titolo di colpa, e, pertanto, è addebitabile anche l'ignoranza del provvedimento dovuto ad atteggiamento non incolpevole. L'imprenditore/datore di lavoro a carico del quale vengano accertati fatti che potenzialmente possono dar luogo alla sospensione della sua attività non può addurre l'ignoranza del provvedimento di sospensione dell'attività che sia stato regolarmente indirizzato alla sua residenza e che non abbia ritirato presso l'ufficio postale'', in quanto ``l'essersi sottratto alla conoscenza del provvedimento non esclude certamente la colpa, costituendo esso stesso atteggiamento colposo''.
Da notare che, a proprio supporto, la Sez. III richiama Cass. pen. 16 giugno 2017 n. 30176, relativa a un caso di notifica del verbale di prescrizioni redatto dall'organo di vigilanza ai sensi dell'art. 20 D.Lgs. n. 758/1994. Afferma, infatti, che il principio ivi affermato ``ha valenza generale posto che, in tema di notifica di un atto impositivo ovvero processuale tramite servizio postale, qualora l'atto notificando non venga consegnato al destinatario per rifiuto a riceverlo ovvero per sua temporanea assenza ovvero per assenza o inidoneità di altre persone a riceverlo, la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio può essere data dal notificante in base ad un'interpretazione costituzionalmente orientata (artt. 24 e 111, comma 2, Cost.) dell'art. 8 della L. n. 890/1982 esclusivamente attraverso la produzione in giudizio dell'avviso di ricevimento della raccomandata contenente la comunicazione di avvenuto deposito (cd. C.A.D.), non essendo a tal fine sufficiente la prova dell'avvenuta spedizione della suddetta raccomandata informativa''. (V., invece, con riguardo alla notifica della richiesta di notizie da parte dell'I.N.L. a norma dell'art. 4 L. n. 628/1961, Cass. pen. 12 aprile 2023 n. 15237, sub art. 13, paragrafo 16).
``Era stata accertata la presenza di due lavoratori all'interno della macelleria gestita dall'imputato, che non erano stati precedentemente regolarmente assunti e di conseguenza era stato notificato, in tale medesima occasione, il provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale, efficace a far data dal giorno seguente, salvo che il contravventore non avesse esibito i documenti relativi alla regolarizzazione del rapporto di lavoro. Inoltre il giudice di merito ha ripercorso nel dettaglio l'iter procedimentale successivo all'accertamento della violazione, costituito dall'emanazione della prescrizione obbligatoria ai sensi dell'art. 20 D.Lgs n. 758/1994, senza che il contravventore abbia provveduto alla stessa. Infatti, gli ispettori del lavoro avevano accertato che l'imputato non aveva provveduto alla regolarizzazione e i due dipendenti avevano continuato a prestare attività lavorativa e di conseguenza, veniva prescritto formalmente l'adempimento del dovere di assunzione ed il pagamento della sanzione entro dieci giorni. L'inottemperanza della prescrizione veniva verificata successivamente. Risulta evidente la manifesta infondatezza della doglianza circa la mancata conoscenza in capo all'imputato della disposta sospensione, essendo la data indicata nel capo di imputazione quella dell'accertamento del reato, a seguito della verifica dell'inadempimento delle prescrizioni imposte con il verbale. Quanto alla doglianza in ordine al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p., il tribunale ha motivato in maniera adeguata il rigetto della richiesta, fondando il proprio giudizio sulla durata temporale della violazione accertata, e quindi sulla reiterazione della condotta di inottemperanza''.
L'amministratore di un hotel - condannato per ``non aver ottemperato all'ordine di sospensione dell'attività d'impresa emesso dall'organo di vigilanza a seguito di accertamento di impiego di personale irregolare in misura superiore al 20%'' - deduce che ``con riguardo alla pretesa, irregolare, assunzione che aveva dato origine al provvedimento di sospensione dell'attività, in separato procedimento penale l'imputato era stato assolto perché il fatto non sussiste dal reato di cui all'art. 22, comma 12, D.Lgs. n. 286/1998''. La Sez. III non è d'accordo, Prende atto che, nel caso di specie, ``l'ispettorato del lavoro effettuò un ordinario controllo presso un hotel e sorprese al lavoro, intento a riparare una presa elettrica, un cittadino albanese privo del permesso di soggiorno e non regolarmente assunto dalla società che gestiva l'albergo''. Rileva che, ``essendo stato il lavoratore ritenuto dipendente, poiché la sua irregolare assunzione determinava il superamento del limite del 20% rispetto al numero dei lavoratori regolarmente assunti, a norma dell'art. 14, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008, l'ispettorato adottò il provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale'', e che ``la società amministrata dall'imputato non si avvalse della possibilità - prevista dall'art. 14, comma 9, D.Lgs. n. 81/2008 - di proporre ricorso avverso detto provvedimento, e tuttavia non vi ottemperò''. Ritiene che ``la successiva assoluzione dell'imputato, con la formula perché il fatto non sussiste, dal reato di cui all'art. 22, comma 12, D.Lgs. n. 286/1998 con riguardo all'assunzione del lavoratore straniero, privo di permesso di soggiorno, non esclude la sussistenza del reato di cui all'art. 14 D.Lgs. n. 81/2008, perfezionatosi sin dal momento in cui l'imputato non ha ottemperato al provvedimento di sospensione dell'attività nei suoi confronti adottato''. Spiega che questa fattispecie incriminatrice ``è reato formale che si consuma, con condotta permanente, nel momento e per tutto il tempo in cui l'imprenditore non ottempera al provvedimento impartito dall'autorità di vigilanza''. Ammette che ``il reato di inottemperanza al provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale adottato dall'organo di vigilanza in materia di lavoro, previsto dall'art. 14, comma 10, D.Lgs. n. 81/2008, non sussiste laddove il giudice ravvisi profili di illegittimità formale o sostanziale del provvedimento contestato come violato''. Solo che l'imputato non ha ``denunciato alcun profilo di illegittimità del provvedimento di sospensione adottato dall'organo di vigilanza, peraltro neppure fatto oggetto di ricorso in via amministrativa, limitandosi a valorizzare la circostanza che l'imputato era stato assolto dal reato di cui all'art. 22, comma 12, D.Lgs. n. 286/1998, per non essere stata riconosciuta la sussistenza del rapporto di lavoro irregolare'', e ``il diverso giudizio di merito dato sul punto all'esito del procedimento penale - le cui specifiche ragioni il Collegio ignora, potendo lo stesso essere stato adottato sulla scorta di elementi di prova che non erano stati nell'immediatezza sottoposti all'attenzione dell'organo di vigilanza, né erano da questo conoscibili, ovvero per ragioni processuali tipiche del processo penale (si pensi alla regola di giudizio di cui all'art. 530, comma 2, c.p.p.) - non vale, ovviamente, a dimostrare che il provvedimento di sospensione fosse viziato da illegittimità, né, comunque, l'imputato ha specificamente affrontato questo profilo o ha allegato di averlo sottoposto al giudice di merito senza ottenere dal medesimo risposta''.
La titolare di un centro estetico fu condannata per la violazione dell'art. 14, comma 10, D.Lgs. n. 81/2008, ``perché non ottemperava al provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale adottato dalla direzione territoriale del lavoro per l'accertato impiego di lavoratori irregolari''. A sua discolpa, deduce che ``ella avrebbe cessato l'attività, adempiendo alle rituali comunicazioni e solo successivamente l'avrebbe ripresa, facendo affidamento sulla legittimità del proprio operato, dal momento che il lavoratore asseritamente irregolare non era più presente'', e che ``tale stato di cose avrebbe dovuto portare ad escludere il dolo e finanche la colpa''. La Sez. III replica che il provvedimento di sospensione di cui all'art. 14, D.Lgs. n. 81/2008 ``può essere revocato da parte dell'organo di vigilanza che lo ha adottato a determinate condizioni e può essere impugnato mediante ricorso''. Con riguardo al caso di specie, rileva che l'imputata ``era stata destinataria di un ordine di sospensione al quale, come emerso in occasione di un successivo controllo, non aveva ottemperato, dal momento che l'attività era in corso sotto diverso nome, sebbene riconducibile all'imputata quanto a codice fiscale e partita IVA, risultando identici timbro e scontrino fiscale''. Prende inoltre atto della ``assenza di provvedimenti di revoca e di eventuali ricorsi avverso il provvedimento di sospensione'', e rileva che l'imputata si limita a sostenere ``di aver agito nella convinzione di poter legittimamente riprendere la propria attività''. Conclude che una simile tesi ``non assume rilievo a fronte di una inequivoca disciplina delle modalità di applicazione, impugnazione e revoca della sospensione dell'attività, che l'imputata, in ragione del contesto professionale nel quale era inserita, non poteva ignorare e rispetto alla quale era comunque soggetta ad uno specifico onere di informazione''.