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Rischio atmosfere esplosive ATEX

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    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

    Rischio atmosfere esplosive ATEX

    Capitolo 11

    Il rischio incendio e il rischio d’esplosione

    Informazioni sul volume

    Autore:

    Marigo Marzio

    Editore:

    Wolters Kluwer

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    Sommario: 11.1 Il Codice di Prevenzione Incendi e la sua applicabilità – 11.2 La valutazione del rischio d’incendio ed esplosione nel Codice – 11.3 Scopo e campo di applicazione della RTV.2 – 11.4 La valutazione del rischio di esplosione nella RTV.2 – 11.5 Misure per la riduzione del rischio di esplosione – 11.6 Prodotti ed impianti – 11.7 Opere da costruzione progettate per resistere alle esplosioni – 11.8 Esempi applicativi ed approfondimenti

    Abstract: In questo Capitolo si descrive l’applicazione del Capitolo V.2 del nuovo Testo Unico di Prevenzione Incendi relativo alle aree a rischio per atmosfere esplosive.

    «Non sto suggerendo che le Norme non siano necessarie; ovviamente lo sono. Le leggiamo quando se ne presenta la necessità. Ma solo la storia ci convincerà della necessità di dar loro lettura.»

    Trevor Kletz1

    Il rischio d’esplosione si può considerare un sottoinsieme importante dell’ampio capitolo legato alle problematiche di prevenzione incendi. A volte un incendio può evolvere in esplosione e, con modalità simmetriche, è possibile che da un’esplosione si generi un incendio. Come è bene chiaro fin dal Capitolo 3, gli scenari incidentali d’incendio ed esplosione sono tra loro quindi intrinsecamente connessi sia nei prodromi, sia negli effetti, e bene ha fatto il D.M. 3 agosto 20152 a tenerne conto con il Capitolo V.23. Quella che segue sarà una disanima, commentata, delle principali caratteristiche del Testo coordinato dell’Allegato I del D.M. 3 agosto 2015 e s.m.i. relativamente al rischio allo specifico rischio di esplosione.

    11.1 Il Codice di Prevenzione Incendi e la sua applicabilità

    Il Codice di Prevenzione Incendi rappresenta una netta evoluzione nel modo di valutare il rischio connesso ad incendi ed esplosioni. Trova applicazione, con declinazione differenti, nella progettazione, realizzazione ed esercizio sia delle attività soggette a prevenzione incendi di cui all’Allegato I, D.P.R. n. 151/2011, sia per le attività “sottosoglia” come per quelle non soggette. Uno schema riassuntivo è riportato nella Tabella seguente.

    Tabella 11.1 – Schema riepilogativo delle modalità applicative del D.M. 3/8/2015 come modificato dal D.M. 12/4/2019

    Tipologia di attività Progettazione di nuova attività Progettazione di modifiche/ampliamentii di attività esistenti
    Attività soggette Senza RTV Solo Codice
    • Codice

    • Se il Codice non è compatibile con l’esistente, allora regole tradizionali oppure applicazione del Codice all’intera attività

    Con RTV Si può scegliere tra:
    • Codice

    • Regole tradizionali

    Attività non soggette Il Codice può essere applicato come riferimento con esonero dall’applicazione delle regole tradizionali

    Nella parte “Orizzontale” del Codice di Prevenzione Incendi (RTO) sono presenti Capitoli particolarmente interessanti tra i quali vogliamo approfondire:

    • G.1.4, Normazione volontaria;

    • G.1.6, Soggetti;

    • G.1.18, Atmosfere esplosive.

    11.1.1 G.1.4, Normazione volontaria

    • Norma (o Norma tecnica): specifica tecnica adottata da un organismo di normazione riconosciuto, per applicazione ripetuta o continua, alla quale non è obbligatorio conformarsi, e che appartenga a una delle seguenti categorie:
      • Norma internazionale: norma adottata da un organismo di normazione internazionale;

      • Norma europea: norma adottata da un’organizzazione europea di normazione;

      • Norma armonizzata: norma europea adottata sulla base di una richiesta della Commissione ai fini dell’applicazione della legislazione dell’Unione sull’armonizzazione;

      • Norma nazionale: norma adottata da un organismo di normazione nazionale.

    • Prodotto della normazione europea: qualsiasi altra specifica tecnica, diversa dalle Norme europee, adottata da un’organizzazione europea di normazione per applicazione ripetuta o continua, alla quale non è obbligatorio conformarsi. Si riportano i seguenti esempi di prodotti della normazione europea4:
      • Technical Specification (TS): documento tecnico di carattere normativo il cui sviluppo può essere previsto quando varie alternative, non sufficienti a raggiungere un accordo o una Norma europea o per la necessità di differenti specifiche sperimentali o a causa dell’evoluzione tecnologica, devono necessariamente coesistere in vista di una futura armonizzazione;

      • Technical Report (TR): documento tecnico di carattere informativo che fornisce informazioni sul contenuto tecnico del lavoro di normazione in atto. Generalmente viene predisposto quando si ritiene urgente o necessario fornire agli enti nazionali di normazione informazioni tecniche di dettaglio.

    • Progetto di norma: documento contenente il testo delle specifiche tecniche relative a una determinata materia, predisposto ai fini dell’adozione secondo la procedura di normazione pertinente, quale risulta dai lavori preparatori e qual è distribuito ai fini di inchiesta pubblica o commento.

    • Specifica tecnica armonizzata: norme armonizzate e documenti per la valutazione europea (EAD).

    • Norma riconosciuta a livello internazionale: norma adottata da un organismo riconosciuto a livello internazionale5.

    11.1.2 G.1.6, Soggetti

    • Responsabile dell’attività: soggetto tenuto agli obblighi di prevenzione incendi per l’attività.

    • Progettista: tecnico abilitato o professionista antincendio, incaricato dal responsabile dell’attività della progettazione, ai fini antincendio, dell’attività stessa o di specifici ambiti di essa, nel rispetto delle competenze attribuite dalle disposizioni regolamentari.

    • Tecnico abilitato: professionista iscritto in albo professionale, che opera nell’ambito delle proprie competenze.

    • Professionista antincendio: tecnico abilitato iscritto negli appositi elenchi del Ministero dell’interno di cui all’articolo 16 del D.Lgs. 8 marzo 2006, n. 139.

    • Occupante: persona presente a qualsiasi titolo all’interno dell’attività, considerata anche alla luce della sua modalità di interazione con l’ambiente in condizioni di disabilità fisiche, mentali o sensoriali.

    • Soccorritore: componente di squadra di lotta all’incendio, opportunamente protetto ed addestrato a tale fine.

    11.1.3 G.1.18, Atmosfere esplosive

    • Esplosione: reazione rapida di ossidazione o di decomposizione che produce un aumento della temperatura, della pressione o di entrambe simultaneamente.

    • Atmosfera esplosiva: una miscela con l’aria, a condizioni atmosferiche, di sostanze infiammabili allo stato di gas, vapori, nebbie o di polveri in cui, dopo l’accensione, la combustione si propaga nell’insieme della miscela incombusta.

    • Limite di concentrazione di ossigeno (LOC), anche denominato come Minima Concentrazione di Ossigeno (MOC, Minimum Oxygen Concentration): rappresenta la concentrazione limite di ossigeno in una atmosfera esplosiva al di sotto della quale non ha luogo la combustione, indipendentemente dalla concentrazione della sostanza combustibile.

    • Vent: porzione non strutturale dell’opera da costruzione o sistema costruttivo con la funzione di limitare la sovrappressione limitando il danneggiamento strutturale.

    • Venting: strategia di riduzione del danno da esplosione mediante adozione di vent.

    • Funzionamento normale: stato in cui si trovano apparecchi, sistemi di protezione e componenti che svolgono la loro funzione prevista all’interno dei rispettivi parametri di progettazione6.

    • Disfunzione: stato in cui apparecchi, sistemi di protezione o componenti non svolgono la funzione prevista7.

    • Disfunzione prevista: disfunzione (es. disturbi o guasti) di apparecchi, sistemi di protezione o componenti, che si verificano normalmente.

    • Disfunzione rara: tipo di disfunzione che si sa che può accadere, ma solo in rari casi8.

    11.2 La valutazione del rischio d’incendio ed esplosione nel Codice

    Il Codice di prevenzione incendi prevede una metodologia specifica ed articolata per la valutazione del rischio di incendio ed esplosione. Si riportano qui i soli aspetti a nostro parere particolarmente significativi di tale metodica, leggendoli attraverso la filigrana del Titolo XI, D.Lgs. n. 81/20089:

    • G.2.6.1, Valutazione del rischio d’incendio per l’attività;

    • G.2.6.2, Attribuzione dei profili di rischio;

    • G.3.2, Profilo di rischio Rvita.

    11.2.1 G.2.6.1, Valutazione del rischio d’incendio per l’attività

    • Il progettista impiega uno dei metodi di regola dell’arte per la valutazione del rischio d’incendio, in relazione alla complessità dell’attività trattata10.

    • In ogni caso la valutazione del rischio d’incendio deve ricomprendere almeno i seguenti argomenti:
      • individuazione dei pericoli d’incendio11;

      • descrizione del contesto e dell’ambiente nei quali i pericoli sono inseriti12;

      • determinazione di quantità e tipologia degli occupanti esposti al rischio d’incendio;

      • individuazione dei beni esposti al rischio d’incendio;

      • valutazione qualitativa o quantitativa delle conseguenze dell’incendio su occupanti, beni ed ambiente;

      • individuazione delle misure preventive che possano rimuovere o ridurre i pericoli che determinano rischi significativi.

    • Qualora siano disponibili pertinenti regole tecniche verticali, la valutazione del rischio d’incendio da parte del progettista è limitata agli aspetti peculiari della specifica attività trattata.

    • Negli ambiti delle attività in cui sono presenti sostanze infiammabili allo stato di gas, vapori, nebbie o polveri combustibili, la valutazione del rischio d’incendio deve includere anche la valutazione del rischio per atmosfere esplosive (Capitolo V.2).

    11.2.2 G.2.6.2, Attribuzione dei profili di rischio in presenza di esplosioni

    Dopo aver valutato il rischio d’incendio per l’attività il progettista profila il rischio adottando i seguenti criteri:

    • Rvita , profilo di rischio relativo alla salvaguardia della vita umana;

    • Rbeni , profilo di rischio relativo alla salvaguardia dei beni economici;

    • Rambiente , profilo di rischio relativo alla tutela dell’ambiente dagli effetti dell’incendio.

    I profili sono indicatori speditivi e sintetici della tipologia di rischio presente negli ambiti dell’attività e non sono sostitutivi di un’approfondita valutazione del rischio d’incendio condotta (dal progettista) in conformità alle indicazioni del §G.2.6.1.

    A seguito dell’attribuzione dei profili di rischio il progettista dovrà:

    • Individuare la strategia antincendio per la mitigazione del rischio (G.2.6.3);

    • Attribuire i livelli di prestazione alle misure antincendio (G.2.6.4);

    • Individuare le soluzioni progettuali (G.2.6.5).

    “Si noti che i parametri Rvita, Rbeni e Rambiente sono indicatori semplificati per la valutazione del rischio incendio. Attraverso la loro determinazione il progettista è guidato all’attribuzione dei livelli di prestazione ovvero all’individuazione delle misure antincendio. La valutazione del rischio (probabilità di accadimento e danno potenziale) è funzione della misura assegnata a Rvita, Rbeni e Rambiente ed agli altri indicatori di pericolosità (geometria complessa, affollamento, lavorazioni pericolose, ecc.) emersi dalla valutazione del rischio incendio. In generale, il rischio ambientale si considera non significativo se sono rispettate le misure antincendio connesse ai profili di rischio Rvita e Rbeni” (INAIL, 2018).

    L’ambito di validità degli indicatori semplificati è la seguente:

    • Rvita, per compartimento;

    • Rbeni, per intera attività;

    • Rambiente, per intera attività.

    Poiché il rischio di esplosione connesso allo svolgimento di processi industriali prevede che:

    • I lavoratori siano in stato di veglia ed abbiano familiarità con l’edificio;

    • La velocità caratteristica prevalente di crescita dell’incendio [δα], riferita al tempo tα in secondi impiegato dalla potenza termica per raggiungere il valore di 1000 kW è di tipo 4 (in generale l’energia interna associata ad una data massa di gas, vapori, polveri combustibili viene convertita in calore in tempi dell’ordine dei secondi. Le potenze in gioco, in presenza di zona estese, risultano nella grande parte dei casi superiori ad 1 MW termico13).

    Si conclude che il Rvita dovuto ad esplosioni che si originino nel luogo di lavoro è di tipo A4 (cfr. Tabella G.3-3, Codice di Prevenzione Incendi). Attenzione tuttavia: non è sufficiente la presenza di un rischio di esplosione di campo vicino per profilare un intero compartimento a Rvita = A4. È necessario che tale caratteristica si estenda ad una parte prevalente del medesimo. Ad un estremo, pertanto, si possono avere compartimenti con una singola ricarica di carrelli elevatori o con una parete aspirante dedicata alla verniciatura, magari saltuaria. All’altro estremo dello spettro si può constatare la presenza di controlli di esplodibilità con copertura totale nel compartimento oppure con sorgenti di emissione diffuse (magari di primo grado o continue) legate, per esempio, alla presenza di reattori o miscelatori di prodotti infiammabili. Peraltro l’assenza di classificazione ATEX di campo lontano non giustica, necessariamente, la mancata assegnazione di un Rvita = A4. Per converso è certamente Rvita = A4 un compartimento che possieda classificazione estesa all’intero reparto, soprattutto se questa evidenzia aggravi di rischio (es. zone di tipo 1).

    11.2.3 Altri Paragrafi del Codice di Prevenzione Incendi ricollegabili alla RTV.2

    Esistono molti altri Paragrafi delle RTO connessi alla Regola Tecnica Verticale n. 2. Si citano i seguenti (senza pretesa di esaustività):

    • S.2.9, Procedura per il calcolo del carico di incendio specifico di progetto.

    • S.10.1.1.d, Ai fini della sicurezza antincendio devono essere considerati almeno i seguenti impianti tecnologici e di servizio: (…) deposito, trasporto, distribuzione e utilizzazione di solidi, liquidi e gas combustibili, infiammabili e comburenti.

    • S.10.5.1.a, Gli impianti tecnologici e di servizio di cui al §S.10.1 devono rispettare i seguenti obiettivi di sicurezza antincendio: (…) limitare la probabilità di costituire causa di incendio o di esplosione.

    • S.10.6.6.1, Le condutture principali dei gas combustibili a valle dei punti di consegna quando raggiungono un’opera da costruzione (es. edificio civile, fabbricato industriale, …), devono essere installate a vista ed all’esterno dell’opera da costruzione servita.

    • S.10.6.6.3, È consentita l’installazione delle condutture all’interno delle opere da costruzione, a condizione che sia effettuata la valutazione del rischio di atmosfere esplosive (Capitolo V.2).

    • S.10.6.7.1, Devono essere adottate misure al fine di evitare la dispersione del combustibile, ad esempio: a. bacino di contenimento impermeabile, protetto dagli agenti atmosferici, di volume pari alla capacità complessiva dei serbatoi di combustibili liquidi; b. dispositivi di intercettazione delle linee con comando in posizione accessibile, protetta e segnalata; c. dispositivi di arresto delle pompe di alimentazione; d. dispositivi di rivelazione ed allarme; e. protezione contro gli urti accidentali da parte di veicoli o altri elementi; f. protezione dei serbatoi e delle linee contro la corrosione; g. predisposizione di aree dedicate, attacchi idonei per il carico e scarico in sicurezza dei serbatoi; h. dispositivi automatici per impedire il sovra-riempimento dei serbatoi i.procedure ordinarie e d’emergenza.

    • S.10.6.7.3, Il tubo di sfiato dei vapori da serbatoi sia adeguatamente dimensionato, sfociante ad almeno 2,5 m dal piano di calpestio e posto ad idonea distanza da altre attività.

    • V.1.1.2.a, Le aree a rischio specifico possono essere fissate dalle regole tecniche verticali applicabili all’attività. Sono inoltre individuate dal progettista sulla base della valutazione del rischio d’incendio e dei seguenti criteri: (…) aree in cui si detengono o trattano sostanze o miscele pericolose, materiali combustibili, in quantità significative.

    • V.1.1.2.c, Le aree a rischio specifico possono essere fissate dalle regole tecniche verticali applicabili all’attività. Sono inoltre individuate dal progettista sulla base della valutazione del rischio d’incendio e dei seguenti criteri: (…) aree in cui vi è presenza di impianti o loro componenti rilevanti ai fini della sicurezza antincendio di cui al Capitolo S.10.

    11.3 Scopo e campo di applicazione della RTV.2

    L’RTV.2 discute e dettaglia i criteri di valutazione e riduzione del rischio di esplosione nelle attività soggette in cui sono presenti sostanze infiammabili allo stato di gas, vapori, nebbie o polveri in deposito, in ciclo di lavorazione o di trasformazione, in sistemi di trasporto, manipolazione o movimentazione.

    Il responsabile dell’attività ha l’obbligo di valutare il rischio di formazione di ATEX, individuando le misure tecniche necessarie al conseguimento dei seguenti obiettivi, in ordine di priorità decrescente:

    • prevenire la formazione di atmosfere esplosive;

    • evitare l’accensione di atmosfere esplosive;

    • attenuare i danni di un’esplosione in modo da garantire la salute e la sicurezza degli occupanti.

    Pur se poste in capo a soggetti “relativamente” differenti14, le precedenti disposizioni ricalcano in modo fedele quanto già specificato nell’ambito del Titolo XI, D.Lgs. n. 81/2008 (cfr. art. 289). In generale esiste un’ottima sovrapponibilità tra l’RTV.2 e il Titolo XI, D.Lgs. n. 81/2008 come appare evidente dalla tabella di seguito riportata.

    Tabella 11.2 – Tabella di raffronto tra RTV.2 e Titolo XI, D.Lgs. n. 81/2008

    RTV.2, D.M. 18/10/2019 Titolo XI, D.Lgs. n. 81/2008
    V.2.1 (Scopo e campo di applicazione) Art. 289 (Prevenzione e protezione contro le esplosioni)
    V.2.2 (Valutazione del rischio di esplosione) Art. 290 (Valutazione dei rischi di esplosione)
    V.2.2.1 (Individuazione delle condizioni generali di pericolo di esplosione)
    V.2.2.2 (Identificazione delle caratteristichedelle sostanze infiammabili o polveri combustibili)
    V.2.2.3 (Classificazione delle zone con pericolo di esplosione)
    V.2.2.4 (Identificazione dei potenziali pericoli di innesco)
    Allegato XLIX (Ripartizione delle aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive)
    Art. 290
    Art. 293, comma 1 (Aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive)
    V.2.2.5 (Valutazione dell’entità degli effetti prevedibili di un’esplosione) Art. 290, comma 1, lett. d)
    Art. 290, comma 3
    V.2.2.6 (Quantificazione del livello di protezione) Allegato L.A, Art. 2.4 (Prescrizioni minime per il miglioramento della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere esposti al rischio di atmosfere esplosive)
    Allegato L.B (Criteri per la scelta degli apparecchi e dei sistemi di protezione)
    V.2.3 (Misure di prevenzione, protezione e gestionali) Art. 291 (Obblighi generali)
    Art. 292 (Coordinamento)
    Art. 293, commi 2, 3
    Art. 294-bis (Informazione e formazione dei lavoratori)
    Allegato L.A
    Allegato L.B

    Ove non fosse possibile prevenire la formazione di ATEX o eliminare le sorgenti d’accensione, dovrebbe essere ridotta la probabilità di contemporanea presenza di atmosfere esplosive e sorgenti di accensione per quanto ragionevolmente praticabile od ottenibile, secondo gli approcci ALARP (as low as reasonably practicable) o ALARA (as low as reasonably achievable)15.

    Gli obiettivi della sicurezza integrata contro le esplosioni ora espressi si conseguono attraverso:

    • la valutazione del rischio di esplosione di cui al §V.2.2.

    • l’adozione delle misure di prevenzione, protezione e gestionali di cui al §V.2.3.

    11.4 La valutazione del rischio di esplosione nella RTV.2

    La valutazione del rischio di esplosione, da svilupparsi secondo i criteri dell’RTV.2, deve essere effettuata attraverso le seguenti fasi:

    • Individuazione delle condizioni generali di pericolo di esplosione16.

    • Identificazione delle caratteristiche delle sostanze infiammabili o polveri combustibili che possono dar luogo ad atmosfere esplosive.

    • Classificazione delle zone con pericolo di esplosione, tramite stima della probabilità di presenza, della durata e dell’estensione delle atmosfere esplosive.

    • Identificazione dei potenziali pericoli di innesco e stima della probabilità che le sorgenti di accensione individuate possano diventare efficaci.

    • Valutazione dell’entità degli effetti prevedibili di un’esplosione.

    • Quantificazione del livello di protezione

    Anche in questo, così come nel caso dei criteri generali riepilogati nel paragrafo precedente, esiste una evidente e specifica sovrapponibilità tra gli obblighi previsti dall’RTV.2 e quelli indicati dal Titolo XI, D.Lgs. n. 81/2008 che specifica, all’art. 290: “(…) il DDL valuta i rischi specifici derivanti da ATEX, tenendo conto almeno dei seguenti elementi:

    • probabilità e durata della presenza di ATEX;

    • probabilità che le fonti di accensione, comprese le scariche elettrostatiche, siano presenti e divengano attive ed efficaci;

    • caratteristiche dell’impianto, sostanze utilizzate, processi e loro possibili interazioni;

    • entità degli effetti prevedibili.

    I rischi di esplosione sono valutati complessivamente.

    Nella valutazione dei rischi di esplosione vanno presi in considerazione i luoghi che sono o possono essere in collegamento, tramite aperture, con quelli in cui possono formarsi ATEX”.

    11.4.1 Individuazione delle condizioni generali di pericolo di esplosione

    L’individuazione delle condizioni generali di pericolo di esplosione, secondo l’RTV.2, presuppone lo studio delle sezioni o dei reparti pericolosi, delle apparecchiature e degli impianti di processo e tecnologici presenti, considerando anche l’organizzazione del lavoro e delle attività svolte negli ambiti oggetto di valutazione.

    Il processo produttivo deve essere peraltro caratterizzato in tutte le fasi di attività o fermata previste (es. normale funzionamento, avvio, fermata ordinaria, fermata differita, fermata di emergenza, manutenzione, guasto) con particolare attenzione alle fasi transitorie (le analisi incidentali, cfr. Capitolo 1, indicano tali transitori come i maggiormente pericolosi ai sensi ATEX).

    L’RTV.2 specifica che l’analisi da condurre sulle apparecchiature e sugli impianti di processo e tecnologici debba essere mirata all’individuazione:

    • Delle potenziali sorgenti di emissione;

    • Delle potenziali sorgenti di accensione presenti;

    • Delle caratteristiche costruttive, di installazione, d’uso e di manutenzione verificando la conformità: i) alle eventuali specifiche disposizioni legislative o specifiche tecniche armonizzate di prodotto, ii) alle norme applicabili, iii) alle istruzioni dei fabbricanti.

    Come già abbiamo introdotto nel Capitolo 4, le sorgenti di emissione potenziali saranno da ricondurre a quelle da noi definite “sorgenti residue” i punti di emissione, cioè, che permangono dopo aver escluso “l’escludibile” riepilogato nei seguenti riferimenti:

    • Art. 1, CEI EN IEC 60079-10-1:2021;

    • Art. 1, CEI EN 60079-10-2:2016;

    • Art. 287, comma 3, D.Lgs. n. 81/2008;

    • Art. 5.7.1.2, CEI 31-35:2012 (Guida abrogata. Articolo comunque non in contrasto con la II e III edizione della Norma);

    • Art. 5.7.5, CEI 31-36:2012 (Guida abrogata. Articolo comunque non in contrasto con la II edizione della Norma);

    • Annex B, EN 1127-1:2019.

    L’aspetto manutentivo, anche in questo caso come nell’ambito della normativa di classificazione delle zone a rischio di esplosione, appare di rilevanza straordinaria essendo un argine all’aggravio di rischio in termini di classificazione delle zone e in termini di presenza di sorgenti di accensione non previste in sede di progetto. Rimane valido quanto già specificato nel Capitolo 9 in tema di manutenzione non routinaria.

    11.4.2 Identificazione delle caratteristiche delle sostanze infiammabili o polveri combustibili che possono dar luogo ad atmosfere esplosive

    Per le sostanze infiammabili e le polveri combustibili devono essere individuate le caratteristiche chimico-fisiche pertinenti all’esplosione in tutte le condizioni ambientali significative e le caratteristiche dei sistemi di deposito o stoccaggio previsti, secondo le Norme tecniche applicabili (cfr. Capitolo 2). I riferimenti in termini di parametri di esplodibilità sono i seguenti (elenco non esaustivo):

    • EN ISO IEC 80079-20-1:2019;

    • IFA GESTIS Substance Database;

    • IFA GESTIS Dust Ex;

    • ECHA Database.

    11.4.3 Classificazione delle zone con pericolo di esplosione, tramite stima della probabilità di presenza, della durata e dell’estensione delle atmosfere esplosive

    Le attività, dove vengono lavorate o depositate sostanze infiammabili o polveri combustibili, devono essere progettate, realizzate, esercite e manutenute in modo da ridurre al minimo le emissioni di sostanze infiammabili e le conseguenti estensioni delle aree interessate dal rilascio, con riferimento a frequenza o probabilità di accadimento, durata e quantità delle emissioni. Gli ambiti a rischio di esplosione devono essere ripartiti in zone in base alla probabilità di presenza dell’atmosfera esplosiva così come specifica la nella Tabella V.2-1 del Codice (cfr. Tabella 11.1). L’individuazione delle zone pericolose e della relativa probabilità di accadimento deve essere condotta secondo le Norme applicabili. La suddivisione in zone dei luoghi con pericolo di esplosione può essere effettuata anche attraverso l’utilizzo di codici di calcolo riconosciuti che consentano una classificazione secondo la Tabella V.2-1.

    Tabella 11.3 – Classificazione delle zone con presenza di ATEX

    Zona per la presenza di gas, vapori e nebbie Zona per la presenza di polveri Classificazione delle aree a rischio di esplosione P [1]17 D [2]
    0 20 Luogo in cui un’atmosfera esplosiva è presente in permanenza o per lunghi periodi o frequentemente (il pericolo è presente sempre o frequentemente). P > 10-1 D > 103
    1 21 Luogo in cui è probabile che un’atmosfera esplosiva si presenti occasionalmente durante il funzionamento normale (il pericolo è presente talvolta). 10-3 < P ≤ 10-1 10 < D ≤ 103
    2 22 Luogo in cui è improbabile che un’atmosfera esplosiva si presenti durante il normale funzionamento, ma che, se si presenta, persiste solo per un breve periodo (il pericolo è presente raramente o quasi mai). 10-5 < P ≤ 10-3 10-1 < D ≤ 10
    NP - Luogo in cui è trascurabile la probabilità di presenza dell’atmosfera esplosiva (negligible presence). Le zone NP sono considerate non pericolose18. P < 10-5 -
    NE - Luogo in cui il volume dell’atmosfera esplosiva è di estensione trascurabile (negligible extent). Generalmente le zone NE sono considerate non pericolose. - -

    [1] Probabilità P di presenza su base annua [eventi/anno]

    [2] Durata D di presenza ATEX su base annua [ore/anno]

    Riepilogando quanto già visto nel Capitolo 4, la classificazione delle zone a rischio di esplosione dovrà quindi essere condotta sulla base delle metodologie specificate nelle seguenti Norme tecniche:

    • Gas e vapori infiammabili: CEI EN 60079-10-1:201619 (in vigore, senza Guida, dall’ottobre del 2018);

    • Gas e vapori infiammabili: CEI EN IEC 60079-10-1:202120. Fino al 22/01/2024 la seconda e la terza edizione della Norma “vivranno” contemporaneamente. Successivamente a tale data dovranno essere ritirate tutte le norme in conflitto con la CEI EN IEC 60079-10-1:2021;

    • Polveri combustibili: CEI EN 60079-10-2:2016 (in vigore, senza Guida, dall’ottobre del 2018).

    A supporto delle Norme EN citate vennero sviluppati dal CEI svariati documenti tra cui si citano le ex Guide CEI 31-35 e CEI 31-56, abrogate il 14 ottobre 2018 con la seguente indicazione presente nel sommario: “Il Sotto Comitato CEI SC 31J (…) ritiene che i contenuti tecnici (delle Guide CEI), abrogate, rappresentino un utile riferimento, per le metodologie scientifiche in esse contenute, relativamente alle parti non in contrasto con (le nuove edizioni delle Norme CEI EN 60079-10-1:2016 e CEI EN 60079-10-2:2016), nell’ambito delle scelte affidate al valutatore/classificatore”. Si rileva che alla data di redazione del presente volume le Guide CEI 31-35:2012 e CEI 31-35/A:2012 non sono più citate nell’Allegato K, EN IEC 60079-10-1:2021 (Regolamenti industriali e Norme nazionali) ma solo in bibliografia. Nei fatti, comunque, le Guide abrogate delle Norme CEI EN abrogate possono costituire comunque un utile riferimento tecnico-scientifico cui far riferimento (ove non sussistano condizioni di contrasto o dubbia interpretazione).

    Si noti che il §V.6.5 della RTV.6 (Autorimesse) si riporta quanto segue: “Le eventuali perdite non prevedibili di combustibile da veicoli parcati in un’autorimessa possono comportare la formazione di zone in cui si ritiene trascurabile che un’atmosfera esplosiva si presenti (zone NP). Le zone NP, in accordo al Capitolo V.2, sono considerate non pericolose”.

    11.4.4 Identificazione dei potenziali pericoli di innesco

    Nell’ipotesi in cui non sia realizzabile una adeguata prevenzione della formazione dell’ATEX, si dovrà evitare la formazione di sorgenti di innesco (elettriche e non elettriche) aventi energie sufficienti ad innescare l’atmosfera esplosiva (cfr. EN 1127-1, IEC 60079-X-Y). Particolare attenzione dovrà essere posta alla prevenzione dell’innesco elettrostatico il quale, non essendo «sorgente di innesco propria» ai sensi della Direttiva 2014/34/UE, richiede una valutazione di dettaglio da parte del “responsabile dell’attività”. Maggiori dettagli sono rinvenibili nel Capitolo 6 del presente manuale.

    I pericoli di innesco sono strettamente legati alla presenza di sorgenti di accensione ed alle proprietà di accensione delle miscele potenzialmente esplosive.

    Un elenco di possibili sorgenti di accensione da ricercare nelle apparecchiature, negli impianti di processo e negli impianti tecnologici e di servizio è elencato di seguito:

    • superfici calde;

    • fiamme, gas, particelle calde;

    • scintille di origine meccanica;

    • materiale ed impianti elettrici;

    • correnti vaganti, protezione catodica;

    • elettricità statica;

    • fulmini;

    • radio frequenza da 104 Hz a 3·1011 Hz;

    • onde elettromagnetiche da 3·1011 Hz a 3·1015 Hz;

    • radiazioni ionizzanti;

    • ultrasuoni;

    • compressione adiabatica ed onde d’urto;

    • reazioni esotermiche.

    L’accensione di un’ATEX è strettamente dipendente dalla possibilità con cui le sorgenti di accensione si manifestano e diventano efficaci, a contatto con la miscela esplosiva. A tale fine, le sorgenti di accensione (così come gli apparecchi, i sistemi di protezione e i componenti utilizzati) possono essere così classificate:

    sorgenti di accensione che possono manifestarsi continuamente o frequentemente, in genere presenti durante le normali operazioni (normale funzionamento);

    sorgenti di accensione che possono manifestarsi in circostanze rare, in genere a seguito di malfunzionamenti prevedibili (disfunzione previste);

    sorgenti di accensione che possono manifestarsi in circostanze molto rare, in genere a seguito di malfunzionamenti estremamente rari (disfunzioni rare).

    Poiché è necessario assicurare un livello di sicurezza equivalente adeguato, in nessuna delle zone della Tabella 11.1 sono consentite attrezzature che presentino inneschi frequenti o continui. A titolo esemplificativo si riporta, nella Tabella seguente, la probabilità di innesco di tipiche sorgenti di accensione così come elencate in EI 15:2015.

    Tabella 11.4 – Sorgenti di accensione e probabilità di innesco connessa

    Sorgente di accensione Descrizione Probabilità di accensione
    Controllata Il controllo delle sorgenti di accensione si estende oltre la Zona 2 (ad esempio in impianti offshore dove le sorgenti di accensione sono collegate a sistemi di rilevamento Fire & Gas) 0,003
    Debole Tipica sorgente di accensione all’interno di una zona 2 0,01
    Media Accensione dovuta al traffico stradale, sottostazioni elettriche, edifici, apparecchiature elettriche non Ex, motori, superfici calde (ecc.) 0,1
    Forte Forti fonti di accensione continue come riscaldatori a fiamma diretta, torce (fiaccole), ecc. 1

    11.4.5 Valutazione dell’entità degli effetti prevedibili di un’esplosione

    Ai fini della valutazione degli effetti prevedibili di un’esplosione l’RTVA indica la necessità di tener conto delle conseguenze sulle eventuali persone esposte, sulle strutture e sugli impianti dei seguenti effetti fisici di un’esplosione:

    • fiamme e gas caldi;

    • irraggiamento termico;

    • onde di pressione;

    • proiezione di frammenti o oggetti;

    • rilasci di sostanze pericolose.

    La verifica dell’obiettivo di salvaguardia degli occupanti deve considerare almeno i seguenti effetti:

    • danneggiamento degli elementi di compartimentazione non resistenti all’esplosione secondo NTC21 ed in generale agli impatti meccanici;

    • fuori servizio degli impianti di protezione attiva interni al locale di origine dell’esplosione;

    • effetto domino (es. danneggiamento di altri sistemi di contenimento, impianti o apparecchiature con rilascio di sostanze pericolose, ecc.);

    • danneggiamento delle misure di protezione adottate sulle sorgenti di accensione con conseguente innesco delle atmosfere esplosive prodotte dalle sostanze rilasciate22.

    Nei casi in cui l’esplosione potrebbe essere seguita da un incendio, si deve valutare quest’ultimo scenario tenendo conto dell’indisponibilità di quanto danneggiato dall’esplosione viceversa, nei casi in cui a seguito di un incendio potrebbe verificarsi un’esplosione, si deve valutare quest’ultimo scenario tenendo conto dell’indisponibilità di quanto danneggiato dall’incendio.

    Per la determinazione delle sovrappressioni che si sviluppano nelle esplosioni si può ricorrere a formulazioni semplificate presenti in normativa o a espressioni empiriche che collegano fra loro le grandezze più significative di una esplosione. I modelli empirici semplificati di calcolo maggiormente utilizzati sono il TNT equivalente, il TNO Multienergy ed il CCPS QRA illustrati nel dettaglio nel Capitolo 8 del presente manuale. Oltre ai metodi empirici ed ai modelli semplificati, per la stima delle sovrappressioni che si sviluppano a seguito di esplosioni, si può ricorrere a codici di calcolo riconosciuti (es. Gexcon-Effects, DNV-Phast).

    11.4.6 Quantificazione del livello di protezione

    In generale, il livello di protezione contro le esplosioni è considerabile adeguato quando è necessario il guasto di tre mezzi di protezione indipendenti affinché un’ATEX possa essere innescata da una sorgente di accensione efficace23.

    Un’approndita descrizione del concetto di “mezzo di protezione” è presente nell’Art. 1.3.5 dell’ex Guida CEI 31-35:2012 (Grado di sicurezza equivalente) al quale si rimanda. Tale concettualizzazione appare molto simile a quella già introdotta dalla metodologia LOPA (la cui descrizione tuttavia esula dallo scopo del presente lavoro). La relazione tra tipo di zona e mezzi di protezione è di seguito riepilogata:

    • Una Zona 0/20 possiede n. 0 mezzi di protezione indipendenti. Impianti e prodotti correlati alla zona e contenenti cause di accensione dovranno quindi essere dotati di n. 3 mezzi di protezione indipendenti (apprestamenti di difesa o barriere di sicurezza).

    • Una Zona 1/21 possiede n. 1 mezzo di protezione indipendente. Impianti e prodotti correlati alla zona e contenenti cause di accensione dovranno quindi essere dotati di n. 2 mezzi di protezione indipendenti (apprestamenti di difesa o barriere di sicurezza).

    • Una Zona 2/22 possiede n. 2 mezzi di protezione indipendenti. Impianti e prodotti correlati alla zona e contenenti cause di accensione dovranno quindi essere dotati di n. 1 mezzo di protezione indipendente (apprestamenti di difesa o barriere di sicurezza).

    11.5 Misure per la riduzione del rischio di esplosione

    Sia l’RTV.2 sia il Titolo XI, D.Lgs. n. 81/2008 indicano le seguenti strategie volte ad assicurare la riduzione del rischio di esplosione:

    • misure di prevenzione, relative alla riduzione della probabilità di formazione ed innesco di una miscela esplosiva;

    • misure di protezione, che si traducono nella mitigazione degli effetti di un’esplosione entro limiti accettabili;

    • misure gestionali, che prevedono la riduzione del rischio di esplosione mediante adozione di procedure di corretta organizzazione del lavoro e dei processi produttivi.

    Le misure di prevenzione e gestionali sono sempre da preferire alle misure di protezione; si ricorre a quest’ultime solo quando non è possibile ricondurre il livello di rischio ad un livello accettabile con la sola applicazione di misure di prevenzione e gestionali. Il Codice suddivide le misure di riduzione del rischio in tre categorie specifiche:

    • Prevenzione

    • Protezione

    • Gestionali

    11.5.1 Le misure di prevenzione contro il rischio di esplosione

    Le misure di prevenzione contro il rischio di esplosione indicate nella Tabella V.2-3 della RTV.2 del Codice sono le seguenti [tra parentesi quadre si indicano gli specifici Capitoli del manuale nel quale tali misure trovano soluzione]:

    • Riduzione del numero di sorgenti di emissione presenti sui sistemi di contenimento, della probabilità di rilascio in ambiente o della durata del rilascio di sostanze infiammabili [cfr. Capitoli nn. 4, 5].

    • Realizzazione di sistemi di dispersione, diluizione o bonifica dei rilasci di sostanze infiammabili in ambiente in modo da conseguire uno dei seguenti obiettivi:
      • mantenere la concentrazione delle miscele potenzialmente esplosive al di fuori dei limiti di esplosività [cfr. Capitoli nn. 4, 5]. Tale strategia può realizzarsi, per esempio, inertizzando oppure adottando la saturazione dei vapori all’interno di serbatoi non atmosferici (ove questo sia possibile).

      • ridurre l’estensione dell’atmosfera pericolosa a volumi trascurabili, secondo le norme applicabili, ai fini delle conseguenze in caso di accensione [cfr. Capitolo n. 4]. La riduzione a volumi trascurabili dell’ATEX si può ottenere spostandosi a sinistra in alto nel diagramma logaritmico C.1, EN IEC 60079-10-1:2021. Per esempio adottando velocità dell’aria locali che portino il grado di diluzione a livelli ALTI (es. adozione di VAL) oppure minimizzando l’ampiezza dei fori di guasto grazie a rigidi monitoraggi preventivi (tecniche RAMS).

      • confinare l’atmosfera pericolosa in aree dove non sono presenti sorgenti di accensione efficaci [cfr. Capitolo n. 4]. Attenzione: a volte le sorgenti di accensione sono proprie di liquidi infiammabili ad alta resistività. Discutiamo, in particolare, delle frazioni petrolifere che si possono caricare elettrostaticamente semplicemente durante il trasferimento in condotte (anche messe a terra). Altresì la pressurizzazione positiva dei compartimenti consente di mantenere all’esterno dei medesimi eventuali zone classificate confinanti.

    • Installazione di impianti di rivelazione sostanze infiammabili per:
      • attivazione delle misure di messa in sicurezza delle sorgenti di emissione e delle sorgenti d’accensione [cfr. Capitolo n. 4]. I controlli di esplodibilità non consentono la declassificazione delle zone a rischio di esplosione ma permettono:
        • allarmi precoci finalizzati all’intervento delle squadre di emergenza oppure

        • possono essere l’elemento di Input di funzioni SIF associate a SIS conformi a EN 61511-1/3:2017.

      • evacuazione delle persone preventivamente all’accensione dell’atmosfera esplosiva [cfr. Capitoli nn. 4, 7, 9]. Non solo l’evacuazione, tuttavia, ma anche l’intervento delle squadre di emergenza per la bonifica (pozza, rilascio di gas). In ogni caso la necessità di un piano di emergenza integrato incendio/esplosione deriva (anche) da questa specifica disposizione.

    • Installazione all’interno delle zone con pericolo di esplosione di impianti, attrezzature e relativi sistemi di connessione non in grado di provocarne l’accensione [cfr. Capitolo n. 6]. Si faccia riferimento diretto alla Norma EN 1127-1:2019.

    • Installazione di impianti di rivelazione delle sorgenti d’accensione, es. scintille, superfici calde, … [cfr. Capitolo n. 6]. Tali sistemi vanno direttamente a controllare le sorgenti di accensione meccanica (es. controllo vibrazioni, sensori di temperatura su cuscinetti, ecc.). Il controllo delle sorgenti di accensione può peraltro essere implementato proceduralmente con il controllo periodico degli apparecchi (termografia, controllo della firma vibrazionale, analisi chimica degli oli lubrificanti, ecc). A monte deve essere necessariamente previsto un piano di manuntenzione preventiva di tipo RAMS/RCM.

    • Installazione di sistemi di inertizzazione delle apparecchiature in modo da ridurre la concentrazione di ossigeno al di sotto della concentrazione limite, LOC [cfr. Capitolo n. 5]. Le tecniche di flussaggio, purgaggio a pressione, in depressione, miste sono state illustrate approfondimentamente nel presente manuale. È sempre opportuno mantenere margini di sicurezza sul LOC di laboratorio o di letteratura.

    • Installazione di prodotti conformi alla legislazione comunitaria sui luoghi con pericolo di esplosione [cfr. Capitoli nn. 6, 7]. Il riferimento qui è certamente alla Direttiva 2014/34/UE (Direttiva ATEX prodotto), 1999/92/CE (Direttiva ATEX sociale, recepita nel Titolo XI, D.Lgs. n. 81/2008) ma anche, nel caso degli assiemi complessi, alla Direttiva 2006/42/CE (Direttiva macchine) e 2009/104/CE (Recepita nel Titolo III, Capo I, D.Lgs. n. 81/2008).

    11.5.2 Le misure di protezione contro il rischio di esplosione

    Le misure di protezione contro il rischio di esplosione indicate nella Tabella V.2-4 della RTV.2 del Codice sono le seguenti [tra parentesi quadre si indicano gli specifici Capitoli del manuale nel quale tali misure trovano soluzione]:

    • Installazione di sistemi di mitigazione degli effetti di un’esplosione per ridurre al minimo i rischi rappresentati per gli occupanti dalle conseguenze fisiche di un’esplosione, scelti tra i seguenti:
      • sistemi di protezione mediante sfogo dell’esplosione di gas [cfr. Capitolo n. 7]. Nel caso dei gas il “gold standard” è la prevenzione dell’ATEX. Gli sfoghi di esplosioni di miscele infiammabili in forma di gas e vapori presenti all’interno di impianti di processo ATEX sono relativamente poco frequenti in ambito industriale. Un esempio: estrattori di olio di sansa con esano a media temperatura. Molto più frequente è la necessità di sfogo dovuta ad esplosioni interne ad edifici [il riferimento, in questo caso, è al §V.2.3.3 (Opere da costruzione progettate per resistere alle esplosioni].

      • sistemi di protezione mediante sfogo dell’esplosione di polveri [cfr. Capitolo n. 7]. Diffusissimi poiché il trasporto delle polveri, tranne pochi e selezionati casi, ha luogo con aria come fluido di trasferimento. All’interno quindi di filtri, silos, elevatori a tazze, coclee, ecc. vi è quasi sempre presente una potenziale ATEX la quale, opportunamente innescata, può esplodere da “dentro” l’impianto verso “l’esterno”.

      • sistemi di isolamento dell’esplosione [cfr. Capitolo n. 7]. I sistemi di isolamento dell’esplosione costituiscono la prima barriera nella protezione contro le esplosioni degli impianti. Prima isolare, poi proteggere. Mai il contrario.

      • sistemi di soppressione dell’esplosione [cfr. Capitolo n. 7]. Sono sistemi di protezione che possiedono maggior sofisticazione impiantistica rispetto al venting. È sempre opportuno accoppiarli a sistemi di isolamento anch’essi a scarica chimica. Di norma non sono adottati in impianti la cui contaminazione può comportare ricadure sul prodotto (alimentare, farmaceutico). A volte si preferiscono sistemi SRD (in luogo degli HRD) che evidenziano dinamiche di azione meno spinte ma possono utilizzare fluidi non contaminanti.

      • apparecchi resistenti alle esplosioni[cfr. Capitolo n. 7]. Sulla distinzione tra EPR ed EPSR ci siamo molto dilungati nel Capitolo citato al quale si rimanda.

    • Adozione di un layout dell’opera da costruzione e degli impianti con l’obiettivo di ridurre il numero di occupanti esposti agli effetti di un’esplosione (es. sovrappressione, calore, proiezione di frammenti, ecc.), installando le lavorazioni pericolose:
      • all’esterno dei fabbricati occupati dalle persone, opportunamente schermate o distanziate [cfr. Capitoli nn. 7, 8]. In genereale questa strategia viene posta in essere nelle aree/zone di comando (es. sala controllo di forni EAF in acciaieria).

      • all’interno di fabbricati dove è prevista solo la presenza occasionale e di breve durata di occupanti [cfr. Capitoli nn. 7, 8].

      • in locali dotati di misure (es. impianto di rivelazione di sostanze infiammabili, ecc.) tali da consentire agli occupanti di raggiungere un luogo sicuro ai fini dell’esplosione prima dell’accensione [cfr. Capitoli nn. 4, 5, 7, 8]. Si veda, a questo proposito, quando illustrato nel paragrafo precedente in relazione ai controlli di esplodibilità.

      • all’interno di opere da costruzione resistenti alle esplosioni, in posizione opportunamente schermata rispetto alle postazioni fisse di lavoro [cfr. Capitoli nn. 7, 8]. Tale pratica, in genere, è adottata in presenza di luoghi a rischio di esplosione soggetti a TULPS (fuochi d’artificio, polveriere, ecc) esclusi dal campo applicativo delle direttive ATEX.

    11.5.3 Le misure gestionali contro il rischio di esplosione

    Le misure gestionali contro il rischio di esplosione indicate nella Tabella V.2-5 della RTV.2 del Codice sono le seguenti [tra parentesi quadre si indicano gli specifici Capitoli del manuale nel quale tali misure trovano soluzione]:

    • Formazione professionale dei lavoratori addetti ai luoghi dove possono formarsi atmosfere esplosive in materia di protezione contro le esplosioni [cfr. Capitoli nn. 4, 6, 7, 9]. Si faccia riferimento all’art. 294-bis e all’Allegato L.A, D.Lgs. n. 81/2008.

    • Predisposizione di permessi di lavoro per le attività pericolose e per le attività che possono diventare pericolose quando interferiscono con altre operazioni di lavoro [cfr. Capitoli nn. 4, 6, 7, 9]. Anche in questo caso il riferimento è all’Allegato L.A, D.Lgs. n. 81/2008. Si veda, a tal proposito, l’esempio applicativo presentato al Capitolo 9 del presente manuale.

    • Assegnazione ai lavoratori addetti di attrezzature portatili e di indumenti di lavoro non in grado di innescare un’atmosfera esplosiva [cfr. Capitoli nn. 4, 6, 7, 9].

    • Assegnazione ai lavoratori addetti di attrezzature portatili per la rivelazione di atmosfere esplosive [cfr. Capitoli nn. 4, 6, 7, 9]. Relativamente all’utilizzo di esplosimetri, si veda l’esempio applicativo di cui al Capitolo 9 del presente manuale.

    • Predisposizione di specifiche procedure di lavoro e di comportamento per i lavoratori addetti [cfr. Capitoli nn. 4, 6, 7, 9]. Il riferimento è all’Allegato L.A, D.Lgs. n. 81/2008.

    • Segnalazione dei pericoli di formazione di atmosfere esplosive [cfr. Capitoli nn. 4, 6, 7, 9]. Si consulti l’Allegato LI, D.Lgs. n. 81/2008.

    • Adozione di procedure specifiche in caso di emergenza per la messa in sicurezza delle sorgenti di emissione e delle sorgenti di accensione [cfr. Capitoli nn. 4, 6, 7, 9]. Attenzione: tale pratica deve essere posta in essere sia nell’ordinario funzionamento, sia nel corso della manutenzione routinaria sia, infine, in occasione della manutenzione non routinaria.

    • Attuazione di verifiche di sicurezza (verifica iniziale, controllo periodico e manutenzione) degli impianti e delle attrezzature installate nei luoghi di lavoro con aree in cui possano formarsi atmosfere esplosive, nel rispetto delle norme applicabili [cfr. Capitoli nn. 4, 6, 7, 9]. Il riferimento qui, oltre all’Allegato L è anche al Titolo III, Capo I, D.Lgs. n. 81/2008 (attrezzature di lavoro).

    11.6 Prodotti ed impianti

    Nel caso in cui sia possibile la formazione di ATEX e non si possano rimuovere le sorgenti di innesco dalle zone, si devono utilizzare prodotti (es. apparecchiature, sistemi di protezione, componenti, ecc.) opportunamente progettati.

    I prodotti possono essere utilizzati o essere messi in servizio in un’atmosfera esplosiva solamente dopo aver verificato la compatibilità della zona nella quale sono chiamati a svolgere la propria funzione. Tali prodotti devono essere rispondenti alla Direttiva ATEX di prodotto, che prevede differenti categorie in relazione all’impiego in ciascuna zona classificata.

    Per gli apparecchi, componenti e sistemi di protezione impiegabili in industrie ed attività di superficie (II Gruppo della Direttiva di prodotto ATEX), vengono definite le seguenti categorie:

    • categoria 1 – livello di protezione molto elevato: i prodotti non devono essere causa di innesco anche in caso di guasto eccezionale. I mezzi di protezione sono tali che in caso di guasto di uno dei mezzi di protezione, almeno un secondo mezzo indipendente assicura il livello di sicurezza richiesto, oppure qualora si manifestino due guasti indipendenti uno dall’altro, è garantito il livello di protezione richiesto;

    • categoria 2 – livello di protezione elevato: i mezzi di protezione garantiscono il livello di protezione richiesto anche in presenza di anomalie ricorrenti o difetti di funzionamento degli apparecchi di cui occorre abitualmente tener conto;

    • categoria 3 – livello di protezione normale: i mezzi di protezione garantiscono il livello di protezione richiesto a funzionamento normale.

    Gli impianti, le attrezzature, i sistemi di protezione e tutti i loro dispositivi di collegamento possono essere utilizzati o essere messi in servizio in un’ATEX solamente dopo aver verificato la compatibilità della zona nella quale sono chiamati a svolgere la propria funzione.

    Tali indicazioni devono essere attuate anche per tutte le attrezzature, impianti, sistemi e i relativi dispositivi di collegamento che non sono apparecchi o sistemi di protezione ai sensi della Direttiva ATEX di prodotto, qualora rappresentino un pericolo di accensione per il fatto di essere incorporati in un impianto.

    Per impianti si intendono le attrezzature, i sistemi e i relativi dispositivi di collegamento che non sono prodotti ai sensi della Direttiva ATEX, qualora rappresentino un pericolo di accensione o di emissione di sostanze infiammabili.

    Gli impianti e tutti i loro dispositivi di collegamento possono essere utilizzati o essere messi in servizio in un’atmosfera esplosiva solamente dopo aver verificato la compatibilità della zona nella quale sono chiamati a svolgere la propria funzione.

    Il livello di sicurezza degli impianti deve essere conforme alle indicazioni contenute nelle norme scelte per la progettazione e realizzazione. Per impianti privi di norme con tale finalità possono essere utilizzate tecniche di analisi di affidabilità quali Failure Mode and Effect Analysis (FMEA, EN 60812), Fault tree analysis (FTA, EN 61025), Markov (EN 61165) o mediante applicazione della progettazione basata sulla sicurezza funzionale (IEC 61511 “Functional safety – Safety instrumented systems for the process industry sector”).

    11.7 Opere da costruzione progettate per resistere alle esplosioni

    In generale, come previsto dal §V.2.3.3 della RTV.2, le opere da costruzione possono24 essere progettate in modo tale da limitare gli effetti di esplosioni all’interno delle stesse o nei confronti di costruzioni limitrofe.

    Le strategie di progettazione strutturale dipendono dagli obiettivi di sicurezza prefissati:

    • salvaguardia della vita degli occupanti all’interno della costruzione;

    • salvaguardia della vita degli occupanti di costruzioni limitrofe;

    • tutela di beni contenuti nelle costruzioni;

    • limitazione di danni alla costruzione in cui si origina l’esplosione;

    • limitazione di danni a costruzioni limitrofe;

    • limitazione di effetti domino.

    Le fasi della progettazione di strutture resistenti alle esplosioni, al fine di salvaguardare la vita degli occupanti e limitare il danneggiamento strutturale, sono:

    • modellazione degli effetti dell’esplosione, quantificazione delle azioni;

    • analisi strutturale;

    • progettazione costruttiva e verifica.

    La modellazione degli effetti dell’esplosione è condotta con riferimento agli effetti provocati ed alle relative conseguenze così come indicato nella Tabella V.2-7 del Codice (riportata di seguito), tratta dalle NTC e dal NAD della Norma UNI EN 1991-1-7.

    Ai fini della quantificazione delle azioni agenti sulle strutture in caso di esplosione, deve essere impiegata la combinazione di carico per azioni eccezionali di cui alle NTC tenendo presente che:

    • per le opere da costruzione con rischio di esplosione con effetti di categoria 1 (ricadenti quindi nella classe di conseguenza CC1), non vanno considerate le azioni derivanti da esplosione;

    • per le opere da costruzione con rischio di esplosione con effetti di categoria 2 (ricadenti quindi nelle classi di conseguenza CC2), la quantificazione delle azioni si effettua con riferimento a:
      • NTC, per la sovrappressione di progetto da impiegare per le verifiche in caso di esplosioni confinate di gas, vapori o nebbie;

      • UNI EN 1991-1-7 integrata dal rispettivo NAD, per la sovrappressione di progetto per esplosioni di polveri;

    • per le opere da costruzione con rischio di esplosione con effetti di categoria 3 (ricadenti quindi nella classe di conseguenza CC3) devono essere effettuate analisi mediante metodi avanzati che tengano conto:
      • degli effetti del venting e della geometria degli ambienti nel calcolo della sovrappressione;

      • del comportamento dinamico non lineare delle strutture;

      • di analisi del rischio effettuate con metodi probabilistici;

      • di aspetti economici per l’ottimizzazione delle soluzioni.

    L’analisi strutturale può essere condotta con modelli semplificati di tipo statico equivalenti nel caso di opere da costruzione in classe CC2 o con analisi dinamiche non lineari per opere da costruzione in classe CC3.

    La progettazione costruttiva di opere da costruzione caratterizzate dal rischio di esplosione prevede, in genere, l’adozione di misure di riduzione del danno da esplosione.

    Ai fini delle verifiche, per le opere da costruzione ricadenti nella categoria di azione 1 non sono richieste verifiche strutturali. Per le opere da costruzione ricadenti in categoria 2 o 3 è richiesta la verifica degli elementi strutturali per la combinazione delle azioni eccezionali, che dimostri, oltre ai requisiti di robustezza, che la capacità portante dell’intera struttura sia garantita per un tempo sufficiente affinché siano attuate le previste misure di emergenza (es. evacuazione e soccorso degli occupanti, ecc.).

    Tabella 11.5 – Classificazione delle azioni dovute alle esplosioni (NTC) e delle relative classi di conseguenze

    Categoria delle azioni dovute alle esplosioni (NTC) Classi di conseguenza (NAD EN 1991-1-7)
    1 Effetti trascurabili sulle strutture CC1
    • Opere da costruzione con presenza solo occasionale di occupanti, edifici agricoli.

    2 Effetti localizzati su parte delle strutture CC2 rischio inferiore
    • Opere da costruzione il cui uso preveda normali affollamenti, senza contenuti pericolosi per l’ambiente e senza funzioni pubbliche e sociali essenziali.

    • Industrie con attività non pericolose per l’ambiente.

    • Ponti, opere infrastrutturali, reti viarie non ricadenti nelle classi di conseguenza superiori.

    CC2 rischio superiore
    • Opere da costruzione il cui uso preveda affollamenti significativi.

    • Industrie con attività pericolose per l’ambiente.

    • Reti viarie extraurbane non ricadenti in classe di conseguenza 3.

    • Ponti e reti ferroviarie la cui interruzione provochi situazioni di emergenza.

    3 Effetti gene-ralizzati sulle strutture CC3
    • Opere da costruzione con funzioni pubbliche o strategiche impostanti, anche con riferimento alla gestione della protezione civile in caso di calamità.

    • Industrie con attività particolarmente pericolose per l’ambiente.

    • Ponti e reti ferroviarie di importanza critica per il contesto.

    • Mantenimento delle vie di comunicazione.

    Fonte: NAD EN 1991-1-7

    Il dimensionamento delle strutture ad esplosione interna passa necessariamente dalla determinazione della sovrapressione che andrebbe ad agire sulle membrature strutturali. Tali strutture resistenti devono essere calcolate tenendo conto delle reazioni trasmesse alle membrature strutturali dalle membrature non strutturali.

    Per le opere di costruzione classificate come CC1 non dovrebbe essere necessaria alcuna considerazione specifica sugli effetti di un’esplosione, a parte il rispetto delle regole per i collegamenti e l’interazione tra i componenti previste dalle Norme EN 1992 a EN 1999. Per le opere di costruzione classificate come CC2 o CC3, invece, gli elementi chiave della struttura dovrebbero essere progettati per resistere alle azioni utilizzando un’analisi basata su modelli di carico statico equivalente, o applicando norme prescrittive di progettazione/dettaglio. Inoltre, per le strutture classificate come CC3 dovrebbe essere utilizzata un’analisi dinamica (si vedano a questo proposito le considerazioni sul fattore dinamico di carico, DLF, correlato alla periodo naturale della struttura analizzata e discusso nel Capitolo 7 del presente manuale). I riferimenti di calcolo delle strutture ad esplosione interna, conformi alle previsioni del §V.2.3.3, RTV.2, sono i seguenti:

    • Allegato D.1, EN 1991-1-7:2014 (Esplosioni di polveri in locali, serbatoi e bunker);

    • Allegato D.2, EN 1991-1-7:2014 (Esplosioni di gas naturale);

    • Allegato D.3, EN 1991-1-7:2014 (Esplosioni in gallerie stradali e ferroviarie);

    • Allegato D.4, EN 1991-1-7:2014 (Esplosioni di polvere, gas e vapori/aria in condotti energetici25);

    • Allegato D, EN 14491:2012 (Protezione degli edifici);

    • EN 14994:2007 (Sistemi di protezione mediante sfogo dell’esplosione di gas);

    • Capitolo 7, NFPA 68:2018 (Venting Deflagrations of Gas Mixtures and Mists).

    11.8 Esempi applicativi ed approfondimenti

    11.8.1 Classificazione delle zone di tipo quantitativo26

    L’RTV.2, per questo caso specifico, è richiamata dall’applicazione del §S.10.1.1.d: “Ai fini della sicurezza antincendio devono essere considerati almeno i seguenti impianti tecnologici e di servizio: (…) deposito, trasporto, distribuzione e utilizzazione di solidi, liquidi e gas combustibili, infiammabili e comburenti”. Poiché “gli impianti e tutti i loro dispositivi di collegamento possono essere utilizzati o essere messi in servizio in un’atmosfera esplosiva solamente dopo aver verificato la compatibilità della zona nella quale sono chiamati a svolgere la propria funzione” (cfr. §V.2.3.2.2) si procede ad una valutazione di tipo quantitativo secondo la metodologia prevista al §V.2.3.2.3: “(…) possono essere utilizzate tecniche di analisi di affidabilità quali (…) Fault tree analysis (FTA, EN 61025) (…)” avendo come riferimento i parametri di Frequenza e Durata dell’atmosfera esplosiva specificati nel §V.2.2.3.3 del Codice di prevenzione incendi. L’impianto oggetto di analisi è il piping di trasporto presente in un impianto di stoccaggio fisso di LNG. La tubazione analizzata è destinata al trasporto del gas liquefatto alla zona di evaporazione per la trasformazione del liquido in gas. Tale tratto di tubazione è vulnerabile ai seguenti due scenari d’incidente:

    • Rilascio a getto;

    • Jetfire.

    L’obiettivo è confrontare l’affidabilità della soluzione costruttiva originale, ante 1990, con quella dell’adeguamento realizzato nel 2003 in relazione alla classificazione delle zone a rischio di esplosione approcciata con metodo quantitativo la cui sintesi è riepilogata nella Tabella V.2-1 del Codice di Prevenzione Incendi.

    Figura 11.1 – P&ID della tubazione posta al servizio della zona di evaporazione di un serbatoio di LNG (prima degli interventi di adeguamento)

    Lo schema di albero di guasto27 della tubazione di prima installazione, ante 1990, sono quelli riportati nelle figure seguenti. In essi i Top Event indagati sono il “rilascio di LNG” e il “Jetfire”. Il rilascio di LNG, nel caso si manifestasse, è credibile possa evidenziare una durata media inferiore ad un turno lavorativo (D < 8 h) prima dell’intercettazione manuale delle valvole a monte del misuratore di flusso. Si assume l’MTTF pertanto incluso nella durata “D”. Il tempo medio di ripristino (Mean Down Time) è dunque il seguente:

    MDT = 8 h

    Figura 11.2 – FTA del tratto di una tubazione posta al servizio della zona di evaporazione di un serbatoio di LNG (prima degli interventi di adeguamento). Top Event: LNG RELEASE

    L’elenco dei cut sets minimi dell’FTA rappresentato, fino all’ordine 4, è il seguente:

    Tabella 11.6 – Calcolo dei cut sets minimi, rilascio LNG (dopo degli interventi di adeguamento)

    Set Eventi base Frequenza di guasto [eventi/anno]
    1 B1 B4 7,28E-06
    2 B2 B4 1,18E-02
    3 B3 B4 1,25E-02
    4 B4 B6 1,62E-02
    5 B1 B5 1,15E-06
    6 B2 B5 1,87E-03

    Set Eventi base Frequenza di guasto [eventi/anno]
    7 B3 B5 1,98E-03
    8 B5 B6 2,56E-03
    9 B4 B7 1,44E-01
    10 B5 B7 2,28E-02
    11 B4 B8 8,95E-03
    12 B5 B8 1,42E-03

    Figura 11.3 – FTA del tratto di una tubazione posta al servizio della zona di evaporazione di un serbatoio di LNG (prima degli interventi di adeguamento). Top Event: JETFIRE

    Tabella 11.7 – Calcolo dei cut sets minimi, Jetfire (prima degli interventi di adeguamento)

    Set Eventi base Frequenza di guasto [eventi/anno]
    1 B1 B4 U1 1,99E-07
    2 B2 B4 U1 3,22E-04
    3 B3 B4 U1 3,42E-04
    4 B4 U1 B6 4,42E-04
    5 B1 B5 U1 3,15E-08
    6 B1 B4 U2 1,90E-07
    7 B2 B5 U1 5,10E-05
    8 B2 B4 U2 3,08E-04
    9 B3 B5 U1 5,41E-05
    10 B3 B4 U2 3,27E-04
    11 B5 U1 B6 6,99E-05
    12 B4 U2 B6 4,23E-04
    13 B4 U1 B7 3,93E-03
    14 B1 B5 U2 3,01E-08
    15 B2 B5 U2 4,88E-05
    16 B3 B5 U2 5,18E-05
    17 B5 U2 B6 6,69E-05
    18 B5 U1 B7 6,22E-04
    19 B4 U2 B7 3,76E-03
    20 B4 U1 B8 2,45E-04
    21 B5 U2 B7 5,95E-04
    22 B5 U1 B8 3,87E-05
    23 B4 U2 B8 2,34E-04
    24 B5 U2 B8 3,70E-05

    I dati dei tassi di guasto dei singoli componenti indagati portano alle seguenti frequenze di guasto su base annuale.

    Tabella 11.8 – Frequenze calcolate degli eventi su base annua (prima degli interventi di adeguamento)

    Simbolo Evento Frequenza di guasto [eventi/anno]
    Top Event Jet Fire 9,62E-03
    Top Event LNG Release 1,81E-01
    B1 Pipe Leak 3,06E-05
    B2 Flange leak (36incX12inch) 4,96E-02
    B3 Hydrocarbon Gas Detector Fail 5,26E-02
    B4 Pressure Transmitter 1301 Fail 2,38E-01
    B5 Pressure Indicator 1301 Fail 3,76E-02
    B6 Flow Element 1301 Fail 6,80E-02
    B7 Flow Transmitter 1301 Fail 6,05E-01
    B8 Flow Indicator 1301 Fail 3,76E-02
    E1 Gas Release From Pipe 12inch-LNG-01-1312-A22K-C 6,81E-01
    E2 Overpressure Inner Pipe 2,66E-01
    E3 Ignition Source 5,28E-02
    E4 Gas Release From Flow Indicator System 6,45E-01
    E5 Flow Decrease Indication Fail 6,20E-01
    U1 Static Electricity Spark 2,73E-02
    U2 Rotating Equipment 2,62E-02

    Il Jetfire evidenzia una frequenza pari a circa un evento ogni cento anni mentre il rilascio di LNG è stimabile con probabilità annua molto superiore derivando, esso, dal prodotto tra E1 ed E2 (porta logica AND). Il Top Event “LNG Release” è quindi associato alla seguente frequenza:

    F ≌ 0,2 eventi/anno > 0,1 eventi/anno

    La condizione di durata “D” è quindi compatibile con la zona 2 mentre il parametro di frequenza “F” conduce ad una zona 0. Stante la definizione di zona 0 (ATEX presente in “permanenza o per lunghi periodi o frequentemente”, logica OR) è sufficiente che uno solo dei due parametri sia compatibile con la zona 0 per derivarne le caratteristiche. Si valuta, quindi, la zona di rilascio LNG di tipo 0 IIAT1.

    Antecedentemente all’anno 2003 sono state realizzate azioni di bonifica tecnica finalizzate ad aumentare l’affidabilità del sistema rispetto al rilascio. Gli interventi sono consistiti nell’installazione dei seguenti componenti:

    • Allarme di pressione Alto-Alto installato a monte del misuratore di flusso

    • Shut off pneumatico della valvola a farfalla comandato da un controllore di pressione

    • Monitoraggio della pressione differenziale a monte/valle del misuratore di flusso

    Il tutto è rappresentato sinteticamente nel P&ID seguente.

    Figura 11.4 – P&ID della tubazione posta al servizio della zona di evaporazione di un serbatoio di LNG (dopo gli interventi di adeguamento)

    Si procede ora alla stesura dell’albero di guasto relativo.

    Figura 11.5 – FTA del tratto di una tubazione posta al servizio della zona di evaporazione di un serbatoio di LNG (dopo degli interventi di adeguamento). Top Event: LNG RELEASE

    L’elenco dei cut sets minimi dell’FTA rappresentato, fino all’ordine 4, è il seguente:

    Tabella 11.9 – Calcolo dei cut sets minimi, rilascio LNG (dopo degli interventi di adeguamento)

    Set Eventi base Frequenza di guasto [eventi/anno]
    1 B1 B4 B6 2,47E-09
    2 B2 B4 B6 4,01E-06
    3 B3 B4 B6 4,25E-06
    4 B4 B6 B8 7,24E-06
    5 B1 B4 B7 3,91E-10
    6 B2 B4 B7 6,35E-07
    7 B3 B4 B7 6,73E-07
    8 B4 B5 B6 5,50E-06
    9 B4 B6 B11 4,89E-05
    10 B4 B6 B13 2,96E-05
    11 B4 B7 B8 1,15E-06
    12 B4 B6 B9 1,92E-05
    13 B4 B6 B10 1,06E-05
    14 B4 B5 B7 8,70E-07
    15 B4 B7 B11 7,74E-06
    16 B4 B6 B12 3,04E-06
    17 B4 B7 B13 4,68E-06
    18 B4 B6 B14 3,04E-06
    19 B4 B7 B9 3,04E-06
    20 B4 B7 B10 1,67E-06
    21 B4 B7 B12 4,81E-07
    22 B4 B7 B14 4,81E-07

    I cut sets necessari ad attivare il Top Event, rispetto alla situazione ante 1990 priva di interventi di adeguamento, sono almeno tre. È aumentata, cioè, anche qualitativamente l’affidabilità del sistema. Procediamo ora al calcolo analitico di tale scenario.

    Tabella 11.10 – Frequenze calcolate degli eventi su base annua (dopo interventi di adeguamento)

    Simbolo Evento Frequenza di guasto [eventi/anno]
    Top Event Jet Fire 4,22E-06
    Top Event LNG Release 7,99E-05
    B1 Pipe Leak 3,06E-05
    B2 Flange leak (36inchX12inch) 4,96E-02
    B3 Hydrocarbon Gas Detector Fail 5,26E-02
    B4 Pressure Alarm High High Fail 3,40E-04
    B5 Flow Element 1301 Fail 6,80E-02
    B6 Pressure Transmitter 1301 Fail 2,38E-01

    Simbolo Evento Frequenza di guasto [eventi/anno]
    B7 Pressure Indicator 1301 Fail 3,76E-02
    B8 Butterfly Valve 1305 Fail 8,96E-02
    B9 Pressure Transmitter Fail 2,38E-01
    B10 Pressure Indicator Controller Fail 1,31E-01
    B11 Flow Transmitter 1301 Fail 6,05E-01
    B12 Flow Indicator 1301 Fail 3,76E-02
    B13 Pressure Differential Transmitter Fail 3,66E-01
    B14 Pressure Differential Indicator Fail 3,76E-02
    E1 Gas Release from Pipe 12inch-LNG-01-1312-A22K-C 8,82E-01
    E2 Overpressure Inner Pipe 9,06E-05
    E3 Ignition Source 5,28E-02
    E4 Gas Release From Flow Indicator System 8,69E-01
    E5 Pressure Measurement Fail 2,66E-01
    E6 Shut Off Valve Fail to Close 3,97E-01
    E7 Flow Decrease Indication Fail 6,20E-01
    E8 Pressure Decrease Indication Fail 3,89E-01
    U1 Static Electricity Spark 2,73E-02
    U2 Rotating Equipment 2,62E-02

    Il Jetfire (di cui si lascia per esercizio la costruzione dell’FTA) evidenzia una frequenza trascurabile mentre il rilascio di LNG è stimabile con la seguente probabilità annua:

    F ≌ 7,99E-05 eventi/anno

    Si ha, cioè:

    10-5 eventi/anno < F ≤ 10-3 eventi/anno

    La frequenza di rilascio è quindi compatibile con la definizione di zona 2. Poiché i descrittori di frequenza e durata rientrano entrambi nella definizione di zona 2 (legame logico AND tra “F” e “D”), si conclude che la zona classificata originata dal rilascio di LNG è di tipo 2 IIAT1.

    11.8.2 Mezzi di protezione indipendenti, esempi applicativi

    Nel seguito si propongono alcuni esempi applicativi inerenti il §V.2.2.6, RTV.2. Tali esemplificazioni necessitano, ovviamente, di adeguata contestualizzazione tecnica ed organizzativa a partire dall’RTO.

    • Apparecchi meccanici ed elettrici marcati CE-ATEX. La marcatura CE-ATEX soddisfa alla radice i requisiti dettati dalla Norma (ove possiedano categoria conforme alla zona classificata). Il concetto di modo di protezione è infatti perfettamente sovrapponibile a quello di mezzo di protezione indipendente.

    • Reattore contenente liquidi infiammabili dotato di mixer meccanico interno. La zona interna del reattore risulta tipicamente di tipo 0. Non considereremo per semplicità l’esterno. In assenza di sistemi di prevenzione dell’ATEX tutti i mezzi di protezione indipendenti devono essere forniti dall’apparecchio meccanico con sorgente di accensione propria, quindi una marcatura CE-ATEX di tipo II 1 G (n. 3 mezzi di protezione indipendenti). La presenza di flussaggio o purgaggio inertizzante con controllo inferenziale secondo CEN TR 15281:2006 consente una declassificazione a zona di tipo 1. La presenza di flussaggio o purgaggio inertizzante con controllo diretto asservito a SIS conforme a IEC 61511 permette di raggiungere, in alcuni casi, una zona interna di tipo 2. Con il controllo inferenziale sarà quindi sufficiente un apparecchio meccanico marcato CE-ATEX di tipo II 2 G (n. 2 mezzi di protezione indipendenti che si addizionano alla barriera data dal flussaggio per un totale di tre mezzi), mentre con controllo diretto la categoria II 3 G può essere sufficiente. In quest’ultimo caso si assume il sistema strumentato di sicurezza capace di fornire n. 2 mezzi indipendenti al quale si aggiunge il modo di protezione dato dall’apparecchio II 3 G per un totale, anche in questo caso, di tre mezzi di protezione indipendenti. Riepilogando, quindi:

    Caso a)

    • Zona 0 [n. 0 mezzi di protezione indipendente]

    • Apparecchi meccanici interni in categoria II 1 D, Direttiva 2014/34/UE [n. 3 mezzi di protezione indipendente]

    Totale dei mezzi di protezione indipendenti: n. 3

    Caso b)

    • Zona 0 [n. 0 mezzi di protezione indipendente]

    • Flussaggio e/o purgaggio con azoto, metodo di controllo inferenziale, art. 4.3, EN IEC 60079-10-1:2021, CEN TR 15281:2006 [n. 1 mezzi di protezione indipendente]

    • Apparecchi meccanici interni in categoria II 2 D, Direttiva 2014/34/UE [n. 2 mezzi di protezione indipendente]

    Totale dei mezzi di protezione indipendenti: n. 3

    Caso c)

    • Zona 0 [n. 0 mezzi di protezione indipendente]

    • Flussaggio e/o purgaggio con azoto, metodo di controllo diretto con SIS avente SIL conforme, art. 4.3, EN IEC 60079-10-1:2021, CEN TR 15281:2006, EN 61511-1/3:2017 [n. 2 mezzi di protezione indipendente]

    • Apparecchi meccanici interni in categoria II 3 G, Direttiva 2014/34/UE [n. 1 mezzi di protezione indipendente]

    Totale dei mezzi di protezione indipendenti: n. 3

    • Filtro dotato di zona 20 interna e nel quale è installata una coclea per il trasporto della polvere raccolta. Si fa riferimento all’interpretazione ufficiale fornita dalle ATEX Guidelines (III ed., May 2020, p. 211). L’interpretazione data è la seguente: “Se all’interno del filtro è presente continuamente, per lunghi periodi o frequentemente un’atmosfera esplosiva causata da miscele di aria e polvere, secondo l’Allegato I, Direttiva 2014/34/UE per l’apparecchiatura all’interno si dovrebbe raggiungere la conformità alla categoria 1. Ma questo non sarà sempre possibile per quanto riguarda lo stato dell’arte28. In questi casi i riferimenti sono i seguenti:
      • Allegato II.A, Direttiva 2014/34/UE: “le conoscenze tecnologiche devono essere prese in considerazione”;

      • Allegato II.1.0.1, Direttiva 2014/34/UE: “si devono applicare i principi della sicurezza integrata delle esplosioni”.

    Ciò significa che quando non è possibile prevenire sufficientemente la sorgente di accensione (conformemente allo “stato dell’arte”) raggiungendo la categoria 1, la categoria 2 può essere sufficiente se il produttore prende misure supplementari (cfr. Allegato II.1.0.1, terzo punto, Direttiva 2014/34/UE: “(…) qualora, malgrado tutto, si produca un’esplosione che può mettere in pericolo persone e, eventualmente, animali domestici o beni con un effetto diretto o indiretto, (…) il fabbricante prende le misure necessarie per (…) soffocarla immediatamente e/o circoscrivere la zona colpita dalle fiamme e dalla pressione derivante dall’esplosione, secondo un livello di sicurezza sufficiente”.

    Lo sfiato dell’esplosione può essere visto come un esempio di sicurezza integrata dell’esplosione come descritto nell’Allegato II 1.0.1, Direttiva 2014/34/UE.

    In questo caso, e se l’apparecchio completo (filtro con membrane di sfogo o porte antiscoppio) è prodotto e integrato dallo stesso fabbricante, non solo la parte meccanica ma tutte le apparecchiature presenti rientrano nel campo di applicazione della Direttiva 2014/34/UE. Di conseguenza il fabbricante può adottare le le seguenti misure:

    • Prevenire sufficientemente la fonte di accensione all’interno (secondo lo “stato dell’arte”);

    • Selezionare un sistema di protezione appropriato per limitare gli effetti dell’esplosione;

    • Progettare il filtro in modo tale che possa sopportare un’esplosione interna senza rottura (progettazione per la pressione di esplosione ridotta in combinazione con lo scarico della pressione di esplosione o la soppressione dell’esplosione)”

    La lettura della seguente interpretazione delle linee guida appare coerente con il metodo mezzi di protezione indipendenti:

    • Zona 20 [n. 0 mezzi di protezione indipendente];

    • Apparecchi meccanici interni in categoria II 2 D, Direttiva 2014/34/UE [n. 2 mezzi di protezione indipendente];

    • Sistema di protezione e isolamento contro le esplosioni (venting o soppressione HRD) e contenimento EPR-Pred,max o EPSR-Pred,max, EN 14491, EN 14460 [n. 1 mezzo di protezione indipendente].

    Totale dei mezzi di protezione indipendenti: n. 3

    • Accesso di un operatore in una zona classificata di tipo 1. Il rischio di innesco in questo caso, al netto di eventuali operazioni che si svolgano in area classificata, è dato dal potenziale elettrostatico dell’operatore certamente in grado di innescare qualsiasi tipo di infiammabile di gruppo IIA, IIB e IIC (cfr. Capitolo 6 del presente volume). Il computo delle barriere necessarie all’accesso in zona 1 da parte di un’operatore sarà quindi il seguente:

    • Zona 1 [n. 1 mezzo di protezione indipendente]

    • Adozione di DPI dissipativi conformi alla CLC TR 60079-32-1:2018 [n. 1 mezzo di protezione indipendente]

    • Formazione e procedure in luoghi a rischio di esplosione secondo art. 294-bis,

    Allegato L.A, D.Lgs. n. 81/2008 [n. 1 mezzo di protezione indipendente] Totale dei mezzi di protezione indipendenti: n. 3

    Note a piè di pagina
    11
    Kletz T. (2001), Learning from accidents, GPP Ed., UK.
    Kletz T. (2001), Learning from accidents, GPP Ed., UK.
    22
    D.M. 3 agosto 2015 e s.m.i.. Approvazione di Norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del D.Lgs. 8 marzo 2006, n. 139
    D.M. 3 agosto 2015 e s.m.i.. Approvazione di Norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del D.Lgs. 8 marzo 2006, n. 139
    33
    Capitolo V.2, D.M. 3 agosto 2015 e s.m.i.. Aree a rischio per atmosfere esplosive.
    Capitolo V.2, D.M. 3 agosto 2015 e s.m.i.. Aree a rischio per atmosfere esplosive.
    44
    Le TS devono essere adottate dagli organismi nazionali di normazione, mentre le TR possono non essere adottate a livello nazionale.
    Le TS devono essere adottate dagli organismi nazionali di normazione, mentre le TR possono non essere adottate a livello nazionale.
    55
    Sono organismi riconosciuti a livello internazionale tutti gli organismi di normazione extra europei citati nel presente documento e quelli comunque tradizionalmente riconosciuti nel settore antincendio. Ad esempio: NFPA, ANSI/UL, ASTM, API, FM Global, FPA, NIST, SFPE, TNO, VDS, Energy Institute, IGEM, VTT, BRANZ, ecc.
    Sono organismi riconosciuti a livello internazionale tutti gli organismi di normazione extra europei citati nel presente documento e quelli comunque tradizionalmente riconosciuti nel settore antincend...Testo troncato, continua a leggere nel testo
    66
    Emissioni minime di materiale infiammabile possono far parte del funzionamento normale. Si considerano emissioni minime, per esempio, il rilascio di sostanze da organi di tenuta basati sull’azione umettante del fluido pompato. Guasti che richiedono la riparazione o l’arresto (es. la rottura dei giunti di una pompa, delle guarnizioni a flangia o perdite di sostanze causate da incidenti) non sono considerati parte del funzionamento normale.
    Emissioni minime di materiale infiammabile possono far parte del funzionamento normale. Si considerano emissioni minime, per esempio, il rilascio di sostanze da organi di tenuta basati sull’azione ume...Testo troncato, continua a leggere nel testo
    77
    Una disfunzione può accadere per diverse ragioni, tra cui: la variazione di una caratteristica o di una dimensione del materiale o del pezzo lavorato, il guasto di uno o più elementi costitutivi di apparecchi, sistemi di protezione e componenti, per effetto di disturbi di origine esterna (es. urti, vibrazioni, campi elettromagnetici), per un errore o un’imperfezione nella progettazione (es. errori nel software), per effetto di un disturbo dell’alimentazione di energia o di altri servizi; per la perdita di controllo da parte dell’operatore (specialmente per le macchine a funzionamento manuale).
    Una disfunzione può accadere per diverse ragioni, tra cui: la variazione di una caratteristica o di una dimensione del materiale o del pezzo lavorato, il guasto di uno o più elementi costitutivi di ap...Testo troncato, continua a leggere nel testo
    88
    Ad esempio, due disfunzioni previste indipendenti che separatamente non creerebbero il pericolo di accensione, ma che in combinazione creano il pericolo di accensione, sono considerate una singola disfunzione rara.
    Ad esempio, due disfunzioni previste indipendenti che separatamente non creerebbero il pericolo di accensione, ma che in combinazione creano il pericolo di accensione, sono considerate una singola dis...Testo troncato, continua a leggere nel testo
    99
    “(…) tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere esposti al rischio di atmosfere esplosive (…)”
    “(…) tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere esposti al rischio di atmosfere esplosive (…)”
    1010
    La valutazione del rischio d’incendio rappresenta un’analisi della specifica attività, finalizzata all’individuazione delle più severe ma credibili ipotesi d’incendio e delle corrispondenti conseguenze per gli occupanti, i beni e l’ambiente. Tale analisi consente al progettista di implementare e, se necessario, integrare le soluzioni progettuali previste nel presente documento.
    La valutazione del rischio d’incendio rappresenta un’analisi della specifica attività, finalizzata all’individuazione delle più severe ma credibili ipotesi d’incendio e delle corrispondenti conseguenz...Testo troncato, continua a leggere nel testo
    1111
    Ad esempio, si valutano: sorgenti d’innesco, materiali combustibili o infiammabili, carico incendio, interazione inneschi-combustibili, eventuali quantitativi rilevanti di miscele o sostanze pericolose, lavorazioni pericolose ai fini dell’incendio o dell’esplosione, possibile formazione di atmosfere esplosive, ecc.
    Ad esempio, si valutano: sorgenti d’innesco, materiali combustibili o infiammabili, carico incendio, interazione inneschi-combustibili, eventuali quantitativi rilevanti di miscele o sostanze pericolos...Testo troncato, continua a leggere nel testo
    1212
    Si indicano ad esempio: condizioni di accessibilità e viabilità, layout aziendale, distanziamenti, separazioni, isolamento, caratteristiche degli edifici, tipologia edilizia, complessità geometrica, volumetria, superfici, altezza, piani interrati, articolazione plano-volumetrica, compartimentazione, aerazione, ventilazione e superfici utili allo smaltimento di fumi e di calore, ecc.
    Si indicano ad esempio: condizioni di accessibilità e viabilità, layout aziendale, distanziamenti, separazioni, isolamento, caratteristiche degli edifici, tipologia edilizia, complessità geometrica, v...Testo troncato, continua a leggere nel testo
    1313
    Facendo riferimento alla Tabella 2.18 del testo si nota, per esempio, che il metano possiede un’entalpia specifica, calcolata in condizioni stechiometriche, non inferiore a 3,2 MJ/m3. In altri termini, quindi, se assumiamo, in vantaggio di sicurezza, che la durata di combustione di un flashfire originatosi da 1 m3 di metano possieda un tα < 1 s questo si tradurrà in una potenza termica generata non inferiore a 3,2 MWt, perfettamente compatibile con la definizione di δα = 4.
    Facendo riferimento alla Tabella 2.18 del testo si nota, per esempio, che il metano possiede un’entalpia specifica, calcolata in condizioni stechiometriche, non inferiore a 3,2 MJ/m3. In altri termini...Testo troncato, continua a leggere nel testo
    1414
    È presente un notevole insieme intersezione tra le definizioni di “Responsabile dell’attività” e “Datore di Lavoro”. Responsabile dell’attività (D.M. 3/8/2015): soggetto tenuto agli obblighi di prevenzione incendi per l’attività. Datore di lavoro (D.Lgs. n. 81/2008): soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa.
    È presente un notevole insieme intersezione tra le definizioni di “Responsabile dell’attività” e “Datore di Lavoro”. Responsabile dell’attività (D.M. 3/8/2015): soggetto tenuto agli obblighi di preven...Testo troncato, continua a leggere nel testo
    1515
    Nota a margine: l’introduzione di concetti quali l’ALARP e l’ALARA rendono, a parere dello scrivente, l’RTV.2 straordinariamente innovativa nell’ambito normativo italiano anche grazie all’allineamento del Codice con la Norma di classificazione EN IEC 60079-10-1:2021.
    Nota a margine: l’introduzione di concetti quali l’ALARP e l’ALARA rendono, a parere dello scrivente, l’RTV.2 straordinariamente innovativa nell’ambito normativo italiano anche grazie all’allineamento...Testo troncato, continua a leggere nel testo
    1616
    In questa fase devono essere individuati gli ambiti dell’attività con presenza di sostanze infiammabili o polveri combustibili. Ad esempio: sistemi di contenimento dai quali è possibile il rilascio di sostanze infiammabili o polveri combustibili, sia nel funzionamento normale o in caso di disfunzioni; condizioni ambientali per la miscelazione delle sostanze rilasciate e la formazione di atmosfere esplosive; installazioni con presenza di sorgenti di accensione efficaci nel funzionamento normale o in caso di disfunzioni; ecc.
    In questa fase devono essere individuati gli ambiti dell’attività con presenza di sostanze infiammabili o polveri combustibili. Ad esempio: sistemi di contenimento dai quali è possibile il rilascio di...Testo troncato, continua a leggere nel testo
    1717
    Per maggior chiarezza sui rapporti tra frequenza e probabilità si faccia riferimento al Capitolo 4.
    Per maggior chiarezza sui rapporti tra frequenza e probabilità si faccia riferimento al Capitolo 4.
    1818
    Le zone NP più che “non pericolose” sono definibili “a basso rischio”. Valutazioni di effetto domino e rischi NaTech condotte sia in stabilimenti a rischio convenzionale che a RIR conducono generalmente ad accadimenti di rilascio con frequenza inferiore a 10-6 eventi/anno. E certamente tali scenari non possono essere definiti “non pericolosi”. In questi ambiti è difficile peraltro distinguere un rilascio di magnitudo ATEX da un incidente catastrofico anche assumendo il limite di estensione delle zone con concentrazione superiore all’LFL di 30 m (cfr. EI 15:2015 e nomogramma presente in Allegato D, EN IEC 60079-10-1:2021). Nassim Nicholas Taleb Docet.
    Le zone NP più che “non pericolose” sono definibili “a basso rischio”. Valutazioni di effetto domino e rischi NaTech condotte sia in stabilimenti a rischio convenzionale che a RIR conducono generalmen...Testo troncato, continua a leggere nel testo
    1919
    Seconda Edizione.
    Seconda Edizione.
    2020
    Terza edizione.
    Terza edizione.
    2121
    Norme Tecniche per le Costruzioni. Decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti del 14 gennaio 2008 e successive modificazioni, integrazioni, chiarimenti e sostituzioni.
    Norme Tecniche per le Costruzioni. Decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti del 14 gennaio 2008 e successive modificazioni, integrazioni, chiarimenti e sostituzioni.
    2222
    Particolare attenzione deve essere posta alla eventuale presenza di occupanti all’interno degli effetti previsti dall’esplosione con specifico riferimento alle lavorazioni che avvengano in adiacenza alle zone ATEX (es. operazioni di caricamento o svuotamento di liquidi infiammabili o polveri combustibili, ecc.).
    Particolare attenzione deve essere posta alla eventuale presenza di occupanti all’interno degli effetti previsti dall’esplosione con specifico riferimento alle lavorazioni che avvengano in adiacenza a...Testo troncato, continua a leggere nel testo
    2323
    Per il concetto di mezzo di protezione si richiamano le disposizioni in materia di apparecchi e sistemi di protezione destinati ad essere utilizzati in atmosfera esplosiva nonché le disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
    Per il concetto di mezzo di protezione si richiamano le disposizioni in materia di apparecchi e sistemi di protezione destinati ad essere utilizzati in atmosfera esplosiva nonché le disposizioni in ma...Testo troncato, continua a leggere nel testo
    2424
    Attenzione. Cfr. Art. G.1.25.4: “Con il verbo “potere” (es. “può essere installato”) si suggeriscono opportune valutazioni o modalità tecniche aggiuntive che si considerano efficaci nel contesto esaminato, anche ai fini della valutazione della sicurezza equivalente”. Tale verbo è molto differente da quello specificato al punto 2 del medesimo articolo: “Con il verbo “dovere” al modo indicativo (es. “deve”, “devono”, …), il congiuntivo esortativo (es. “sia installato…”) e l’indicativo presente degli altri verbi (es. “l’altezza è…”) si descrivono le prescrizioni cogenti da applicare nel contesto esaminato.
    Attenzione. Cfr. Art. G.1.25.4: “Con il verbo “potere” (es. “può essere installato”) si suggeriscono opportune valutazioni o modalità tecniche aggiuntive che si considerano efficaci nel contesto esami...Testo troncato, continua a leggere nel testo
    2525
    Condutture, comprese condotte, cavi, ecc. per il trasporto e la distribuzione di gas, acqua, aria compressa o elettricità per l’approvvigionamento dell’industria, del traffico e/o della popolazione che sono normalmente accessibili per la manutenzione e devono normalmente essere progettati per resistere alla sovrapressione prevista di un’eventuale esplosione.
    Condutture, comprese condotte, cavi, ecc. per il trasporto e la distribuzione di gas, acqua, aria compressa o elettricità per l’approvvigionamento dell’industria, del traffico e/o della popolazione ch...Testo troncato, continua a leggere nel testo
    2626
    Estratto ed adattato da Cukup et al., 2017. La valutazione di seguito presentata assume che i parametri di confronto presenti nella V.2-1 siano una “frequenza”, espressa in eventi/anno, e “durata” di ATEX, espressa in ore/anno. Su tali aspetti specifici (frequenza vs. probabilità) è tuttavia necessario un approfondimento che sarà opportuno sia svolto nelle sedi istituzionali opportune e che esula dal presente lavoro.
    Estratto ed adattato da Cukup et al., 2017. La valutazione di seguito presentata assume che i parametri di confronto presenti nella V.2-1 siano una “frequenza”, espressa in eventi/anno, e “durata” di ...Testo troncato, continua a leggere nel testo
    2727
    La trattazione approfondita della pratica applicativa della metodologia di valutazione ad albero di guasto esula dagli scopi della presente trattazione. Si rimanda, per approfondimenti, al seguente manuale: Marigo M. (2011). La manutenzione di macchine e impianti: sicurezza ed affidabilità, EPC, Roma.
    La trattazione approfondita della pratica applicativa della metodologia di valutazione ad albero di guasto esula dagli scopi della presente trattazione. Si rimanda, per approfondimenti, al seguente ma...Testo troncato, continua a leggere nel testo
    2828
    Non sempre i costruttori di apparecchi meccanici raggiungono la categoria 1.
    Non sempre i costruttori di apparecchi meccanici raggiungono la categoria 1.
    Fine capitolo
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