[1] Il professionista che nelle relazioni o attestazioni di cui agli articoli 56 comma 4, 57, comma 4, 58 commi 1 e 2, 62, comma 2, lettera d), 87, comma 3, 88, commi 1 e 2, 90, comma 5, 100, commi 1 e 2, espone informazioni false ovvero omette di riferire informazioni rilevanti in ordine alla veridicità dei dati contenuti nel piano o nei documenti ad esso allegati, è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 50.000 a 100.000 euro. (1)
[2] Se il fatto è commesso al fine di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri, la pena è aumentata.
[3] Se dal fatto consegue un danno per i creditori la pena è aumentata fino alla metà.
(1) Comma così modificato dall’art. 39, comma 2, D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, a decorrere dal 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 51, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 83/2022.
A) Inquadramento funzionale:
A)Inquadramento funzionale:I. Il ruolo dell’attestatore - II. La condotta materiale - III. L’interesse protetto.
I. Il ruolo dell’attestatore
I.Il ruolo dell’attestatore1 Nel quadro di un processo di “disintermediazione giudiziaria” degli strumenti di regolazione della crisi, il legislatore ha inteso istituire una nuova figura, quella del professionista attestatore che, pur dovendo vantare requisiti di indipendenza rispetto al debitore e a coloro che partecipano al processo di ristrutturazione piuttosto rigidi, deve sicuramente considerarsi non un ausiliario del giudice posto che la designazione proviene dal debitore. Non è un pubblico ufficiale e neppure un esercente un servizio di pubblica necessità. L’attestatore deve valutare nelle attestazioni generali la fattibilità del piano di concordato, l’attuabilità degli accordi di ristrutturazione e la fattibilità del piano di risanamento, mentre nelle attestazioni speciali deve valutare che la continuità aziendale, la stipulazione di contratti di finanziamento prededucibili e il pagamento di debiti pregressi siano tutte scelte dell’imprenditore volte a far conseguire ai creditori il miglior loro soddisfacimento .
II. La condotta materiale
II.La condotta materiale1 La condotta consiste nella esposizione di informazioni false ovvero nell’omissione di informazioni rilevanti. Si tratta di formule che il legislatore è solito utilizzare per reprimere le falsità ideologiche in atti privati. Nella specie, tuttavia, lascia perplessi la terminologia della qualificazione come “rilevanti” delle informazioni vere di cui è punita l’omissione e la mancata espressa replica di tale connotazione in riferimento alle informazioni false. Infatti, se interpretata letteralmente, la norma incriminatrice finisce per rivelare un’asimmetria tra le condotte prese in considerazione, giacché qualsiasi falsità commissiva, ancorché ad oggetto dati di scarsa rilevanza, rischia di integrare il reato di nuovo conio a fronte della previsione, invece, di una più restrittiva modulazione della tipicità delle falsità omissive. Tale differenza rischia di incentivare soluzioni interpretative volte ad includere il requisito di rilevanza anche alla condotta commissiva. Per attutire complessivamente tale rischio e per sollecitare una interpretazione coerente si potrebbe anche immaginare che la configurabilità del reato presupponga che lo scostamento dalla realtà debba considerarsi “rilevante” quando risulti idoneo a falsare, nel complesso e in maniera significativa, la relazione o l’attestazione. Si tratterebbe cioè di attribuire al requisito di rilevanza delle falsità la funzione di selezionare soltanto quelle condotte in grado di rendere concreto il pericolo di offesa del bene giuridico tutelato. La prima condotta (e cioè quella di “esposizione”) ha natura intrinsecamente commissiva; non può prescindere dunque da un comportamento attivo del soggetto qualificato, che consiste nel riferire informazioni non vere. La seconda condotta (cioè l’omissione) ha, invece, carattere omissivo, nella forma del silenzio e della reticenza. In ordine all’elemento soggettivo del reato ambedue le fattispecie sono dolose e il dolo è quello generico, integrato dalla volontà di porre in essere la condotta commissiva od omissiva nella consapevolezza della falsità dei dati esposti o della rappresentazione della realtà offerta mediante l’amputazione di quelli veri occultati. Per la sussistenza dell’ipotesi aggravata disciplinata dal comma 2 dell’art. 342 il dolo deve trasmodare in quello del fine specifico di profitto.
III. L’interesse protetto
III.L’interesse protetto1 Il bene giuridico protetto è identificabile nella fede pubblica. Il bene giuridico oggetto di tutela sembra dunque identificarsi con l’affidamento di cui devono godere le menzionate relazioni ed attestazioni in relazione al loro contenuto ed in funzione del certo e sollecito svolgimento dei procedimenti di regolazione della crisi. La fede pubblica viene ad essere tutelata anche in via strumentale con la protezione degli interessi patrimoniali del ceto creditorio nella misura in cui si ritenga che tutte le attestazioni sono rivolte direttamente ai creditori.
B) Giurisprudenza:
B)Giurisprudenza:I. Il ruolo dell’attestatore
I.Il ruolo dell’attestatore1 Può essere soggetto alla misura interdittiva del divieto di esercitare la professione di dottore commercialista il professionista indagato per il reato di false attestazioni, ex art. 236-bis l. fall., che, nella relazione ex art. 161, c. 3, l. fall., non indichi elementi idonei ad escludere l’alea di incertezza in merito alla fattibilità del piano, dovuta ad elementi endogeni alla società, se non attraverso formule vaghe consistenti in una mera affermazione della fattibilità del piano, ovvero che ricolleghi il pagamento dei creditori ad una asserita fidejussione bancaria, senza che vi sia la prova dell’esistenza di tale garanzia. Il reato di falso in attestazioni e relazioni, previsto dall’art. 236-bis l. fall. individua l’oggetto giuridico della fattispecie nell’affidamento che deve accompagnare le relazioni e le attestazioni del professionista nell’ambito di una procedura che assegna al Tribunale una mera funzione di controllo di legalità, rimettendo ai creditori la valutazione in merito alla fattibilità e alla convenienza della proposta, nonché la tutela degli interessi patrimoniali dei creditori. Il reato di cui all’art. 236-bis l. fall., ossia falso in attestazioni e relazioni costituisce un reato di pericolo astratto, non contemplando alcuna ipotesi di pregiudizio e la cui fattispecie è integrata dal dolo generico, ossia dalla volontà di riferire ovvero attestare nella consapevolezza della difformità tra il vero e quanto esposto, con riferimento ad aspetti non secondari della relazione medesima [T. Torino 16.7.2014, Ilfallimentarista.it 2014].
2 Commette il reato di cui all’art. 236-bis l. fall. (“Falso in attestazioni e relazioni”) il professionista attestatore che ometta di verificare l’esistenza e l’affidabilità della società offerente una garanzia di rilevante entità sulla quale si fonda la proposta di concordato preventivo e che, ciò nonostante, si esprima in termini di “certezza” sulla fattibilità del piano. (Fattispecie in cui il giudice per le indagini preliminari ha applicato la misura cautelare interdittiva del divieto di esercitare la professione di dottore commercialista) [T. Torino 16.7.2014, CP 2015]. Nel concordato preventivo, il professionista attestatore ha il compito di certificare la veridicità dei dati rappresentati dall’imprenditore e di esprimere una valutazione in ordine alla fattibilità del piano dallo stesso proposto, fornendo dati, informazioni e valutazioni sulla base di riscontri effettuati dall’interno, elementi, questi, che il giudice potrebbe altrimenti acquisire soltanto nominando un consulente tecnico. Il professionista attestatore, pur non essendo un consulente del giudice, deve, pertanto, avere caratteristiche di indipendenza (significativamente rafforzate dalle sanzioni penali di cui all’art. 236-bis l. fall.) e professionalità tali da garantire una corretta attuazione del dettato normativo [C. s.u. 23.1.2013, n. 1521, Fall 2013, 149].
3 Va escluso che il professionista attestatore possa essere considerato un pubblico ufficiale [T. Torino 31.3.2010, Fall 2010, 1439], ma talora si è affermato che sia un incaricato di un servizio di pubblica necessità [T. Rovereto 12.1.2012, Fall 2012, 834].
4 In tema di falsità ideologica compiuta da persona esercente un servizio di pubblica necessità nell’attestazione della veridicità dei dati presentati per l’ammissione al concordato preventivo, la punibilità ai sensi dell’art. 481 c.p. della condotta da questi compiuta in un periodo antecedente all’introduzione dell’art. 236-bis l. fall. non viola il principio di irretroattività della legge penale sfavorevole. In questo senso, l’introduzione della specifica fattispecie incriminatrice in materia fallimentare non implica l’irrilevanza penale della precedente condotta di falso ideologico [C. pen. V 19.2.2018, n. 16759, CP 2019, 798].