[1] È punito con la reclusione da uno a cinque anni l’imprenditore, che, al solo scopo di ottenere l’apertura della procedura di concordato preventivo o di ottenere l’omologazione di un accordo di ristrutturazione o il consenso alla sottoscrizione della convenzione di moratoria, si sia attribuito attività inesistenti, ovvero, per influire sulla formazione delle maggioranze, abbia simulato crediti in tutto o in parte inesistenti.
[2] Nel caso di concordato preventivo si applicano:
a) le disposizioni degli articoli 329 e 330 agli amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di società;
b) la disposizione dell’articolo 333 agli institori dell’imprenditore;
c) le disposizioni degli articoli 334 e 335 al commissario del concordato preventivo;
d) le disposizioni degli articoli 338 e 339 ai creditori.
[3] Nel caso di accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa o di convenzione di moratoria, nonché nel caso di omologa di accordi di ristrutturazione ai sensi dell’articolo 63, comma 2-bis, si applicano le disposizioni previste al comma 2, lettere a), b) e d). (1)
(1) Comma così modificato dall’art. 39, comma 1, D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, a decorrere dal 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 51, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 83/2022.
A) Inquadramento funzionale:
A)Inquadramento funzionale:I. Attribuzione di attività inesistenti e simulazione di crediti - II. Le disposizioni di rinvio.
I. Attribuzione di attività inesistenti e simulazione di crediti
I.Attribuzione di attività inesistenti e simulazione di crediti1 Nel contesto delle norme di mero rinvio contenute dal capo III, il comma 1 della disposizione in esame istituisce un’autonoma fattispecie di reato specificatamente destinata a sanzionare l’imprenditore commerciale che, al fine di ottenere l’ammissione a procedure concorsuali minori, abbia evidenziato attività inesistenti ovvero, per influire sulla formazione delle maggioranze, abbia simulato crediti anche in parte inesistenti. Soggetto attivo della condotta può essere il solo imprenditore commerciale, restando esclusi dalla sanzione penale, per evidente lacuna della norma, coloro che esercitano funzioni negli organi o alle dipendenze di società di capitali (amministratori, direttori generali, sindaci), la cui indicazione sarebbe stata indispensabile ove il legislatore avesse voluto loro estendere - come per altri reati concorsuali - la punibilità.
2 Il fatto di attribuzione di attività inesistenti, in quanto finalizzato all’ammissione alla procedura, può essere commesso nelle fasi prodromiche alla pronuncia del decreto di cui agli artt. 47 ss. CCII, mediante inclusione della inesistente posta attiva nello stato analitico ed estimativo delle attività previsto dagli artt. 39 e 87 CCII. Mentre la lettera della norma ed i divieti di interpretazione estensiva o analogica in malam partem lascerebbero ritenere escluse dalla fattispecie le ipotesi di sopravvalutazione di poste effettivamente esistenti o di occultamento di passività, si è rilevato invece come l’art. 341 miri a prevenire comunque la simulazione o la dissimulazione anche parziale dell’attivo, rendendo perciò sanzionabili anche quelle condotte che - come la sopravvalutazione di beni o l’omissione di passività - comportino comunque una falsa rappresentazione dell’attivo. La simulazione di crediti inesistenti, in quanto finalizzata all’alterazione delle maggioranze, si riferisce evidentemente ai soli crediti di terzi verso l’imprenditore e può essere realizzata anche attraverso la sola mendace indicazione di creditore inesistente nell’elenco nominativo di cui al ricordato art. 39. Il dolo richiesto, per entrambe le condotte, è quello specifico finalizzato nel primo caso all’ammissione alla procedura, nel secondo all’alterazione delle maggioranze.
II. Le disposizioni di rinvio
II.Le disposizioni di rinvio1 Il comma 2 dell’art. 241 si pone quale norma di rinvio per l’individuazione delle singole disposizioni penali e del codice della crisi che il legislatore ha inteso rendere applicabili alle procedure di concordato preventivo, equiparando alla dichiarazione di liquidazione giudiziale i decreti di apertura delle procedure minori. In verità il mutato contesto del presupposto oggettivo di apertura del concordato preventivo che può essere anche lo stato di crisi, deve indurre a rivalutare i profili penalistici correlati all’art. 341, laddove alla nozione di dissesto non si può sovrapporre quella di stato di crisi. Se a proposito del comma 1 dell’art. 341 si è già rilevata la lacuna consistente nella considerazione del solo imprenditore quale soggetto attivo delle frodi ivi sanzionate, per ciò che concerne il comma 2 si rileva invece come lo stesso imprenditore individuale risulti del tutto escluso dai rinvii di cui alle lett. da a) a d) della disposizione in esame; non si è peraltro ritenuto che tale lacuna dia luogo a disparità di trattamento rilevante sotto il profilo della illegittimità costituzionale. Dalla norma, secondo alcuni, si possono trarre elementi per ritenere che il reato sussista anche in relazione al mendacio nelle dichiarazioni e attestazioni che l’imprenditore rilascia allo scopo di essere ammesso alla procedura. Non tutte le informazioni sono però ascrivibili alla fattispecie, e in particolare si dubita che le false informazioni possano essere ricondotte ai reati di falso societario. Per ciò che attiene al professionista che redige la relazione che accompagna il ricorso per l’ammissione al concordato, la mancanza di una designazione “pubblica” rende non agevole la configurazione di una responsabilità penale come “falso del pubblico ufficiale”. Si è però sostenuto che potrebbe esservi una ipotesi di reato in concorso fra il professionista e l’imprenditore ai sensi dell’art. 341 (ma v., art. 342 CCII). In virtù dei rinvii operati dalla norma, può tracciarsi il seguente quadro della disciplina penale del concordato preventivo:
- ex lett. a), amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di società saranno punibili per le condotte previste dagli artt. 329 e 330 per la bancarotta impropria fraudolenta e semplice;
- ex lett. b) gli institori saranno punibili - oltre che per le condotte di bancarotta impropria di cui sopra - anche per le ipotesi di ricorso abusivo al credito e denunzie di crediti inesistenti ed altre inosservanze rispettivamente previste dagli artt. 325 e 326 richiamati dall’art. 333 cui la norma in commento fa rinvio (anche qui risulta incomprensibile la ratio del più ampio rilievo penale attribuito alle condotte dell’institore o, reciprocamente, del più ridotto riservato a quelle di amministratori, direttori, sindaci e liquidatori dal precedente n. 1);
- ex lett. c), il commissario giudiziale sarà punibile per le condotte di interesse privato (art. 334) e di accettazione di retribuzione non dovuta (art. 335), con evidente quanto incongrua esclusione delle condotte omissive imputabili invece ex art. 336 al curatore ed ex art. 337 ai coadiutori;
- ex lett. d) i soli creditori risponderanno dei fatti di simulazione di credito di cui all’art. 238 (che peraltro non costituisce, come la norma qui in esame sembra presumere, reato esclusivo del creditore, bensì reato perpetrabile da «chiunque») e di mercato di voto di cui all’art. 239, risultando peraltro del tutto omessa dalla lett. d) in questione ogni previsione di punibilità della condotta del «terzo» pur sanzionata dall’art. 239.
Le sanzioni si applicano anche agli accordi di ristrutturazione e alla convenzione di moratoria ma non al piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione e al concordato semplificato, salvo che questo non venga inteso come mera variante del concordato preventivo.
B) Giurisprudenza:
B)Giurisprudenza:I. Attribuzione di attività inesistenti e simulazione di crediti - II. Le disposizioni di rinvio.
I. Attribuzione di attività inesistenti e simulazione di crediti
I.Attribuzione di attività inesistenti e simulazione di crediti1 Soggetto attivo dalle condotte criminose indicate nel primo comma dell’art. 236 l. fall. è solo l’imprenditore individuale e non anche i titolari di funzioni organiche nelle imprese sociali, quali amministratori e soci illimitatamente irresponsabili di una società in nome collettivo (In motivazione la Corte ha precisato che l’ampliamento in via interpretativa dell’ambito applicativo della norma a soggetti non indicati dalla stessa configurerebbe violazione del divieto di analogia in malam partem) [C. pen. V 10.7.2018, n. 42591, CED Cass. pen. 2019; C. pen. 2.6.1989, Danesi, RP 1990, 792]. Il liquidatore nominato nel concordato preventivo con cessione dei beni non è soggetto attivo dei reati di bancarotta fraudolenta o semplice richiamati nell’art. 236, c. 2, n. 1, l. fall., in quanto non si identifica con alcuno dei soggetti espressamente indicati nella suddetta disposizione ed in particolar modo, tra questi, con i “liquidatori di società” [C. s.u. 30.9.2010, n. 43428, S 2011, 327; in senso contrario C. pen. V 11.4.2003, n. 22956, RP 2003, 997]. L’elenco dei soggetti attivi dei delitti di bancarotta fraudolenta di cui all’art. 236 l. fall. è tassativo: non è punibile il liquidatore giudiziale nominato nel concordato preventivo con cessione di beni per non essere espressamente menzionato dalla norma, ma resta la previsione di responsabilità per gli altri soggetti elencati non solo per i fatti antecedenti all’ammissione al concordato, ma anche per quelli successivi [C. pen. V 19.10.2016, n. 51277, Ilfallimentarista.it 2017].
2 La sopravvalutazione dei beni esistenti nel patrimonio dell’imprenditore non integra la condotta punita dall’art. 236 l. fall., consistente nell’attribuzione di attività inesistenti, effettuata al solo scopo di essere ammesso alla procedura di concordato preventivo. L’equiparazione della sopravvalutazione di attività esistenti all’esposizione di attività inesistenti non può avvenire sul piano dell’interpretazione estensiva, ma solo su quello dell’analogia che, tuttavia, operando in tal caso in malam partem, non è consentita, ostandovi il principio di legalità della pena [C. pen. V 10.7.2018, n. 42591, CED Cass. pen. 2019; C. pen. 3.7.1991, D’Amico, CP 1992, 166]. Il reato previsto dall’art. 236 l. fall. punisce, con la dizione attribuzione di attività inesistenti e simulazione di crediti in tutto o in parte inesistenti, anche l’omessa indicazione di debiti e la sopravvalutazione di immobili, e, dunque, la simulazione o la dissimulazione, anche parziali, dell’attivo o del passivo [C. pen. V 23.3.2000, n. 3736, RP 2000, 894]. L’attribuzione di attività inesistenti è condizione integrata anche quando la sopravalutazione delle poste attive sia tale da far apparire come esistente un bene intrinsecamente diverso da quello realmente presente nel patrimonio dell’imprenditore. Soggetto attivo del reato di cui all’art. 236, c. 1, l. fall. è esclusivamente l’imprenditore individuale [C. pen. V 10.7.2018, n. 42591, RDottComm 2019]. Non viola il divieto di estensione analogica in malam partem la configurabilità del reato di cui all’art. 236 l. fall. anche nell’ipotesi di concordato preventivo con continuità aziendale, previsto dall’art. 186-bis l. fall. (introdotto dal d.l. 22.6.2012, n. 83, conv. in l. 7.8.2012, n. 134), poiché tale ultima disposizione normativa non ha disciplinato una nuova figura di concordato ma si è limitata a tipizzare una procedura già concretamente esistente nella prassi [C. pen. V 15.6.2018, n. 39517, CP 2019, 3326].
II. Le disposizioni di rinvio
II.Le disposizioni di rinvio1 L’art. 236, c. 2, n. 1, l. fall., stabilendo che nel caso di amministrazione controllata - ora abrogata - (o di concordato preventivo) si applicano le disposizioni degli artt. 223 e 224 stessa legge (cioè, le norme sulla bancarotta - fraudolenta e semplice - “impropria”) agli amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di società, parifica, quanto agli effetti penali, il decreto di ammissione alla procedura di amministrazione controllata alla sentenza dichiarativa di fallimento, anche nel caso in cui la procedura di amministrazione controllata non sia seguita da fallimento e per i fatti verificatisi prima del decreto di ammissione alla stessa [C. pen. V 6.10.1999, n. 12987, DPS 2000, 77; in senso contrario C. pen. 7.7.1993, Po]. In tema di reati fallimentari, le condotte di bancarotta poste in essere prima dell’ammissione al concordato preventivo, anche nel caso in cui la società non sia poi dichiarata fallita, rientrano nell’ambito previsionale dell’art. 236, c. 2, n. 1, l. fall., che, in virtù dell’espresso richiamo del precedente art. 223 l. fall., punisce i fatti di bancarotta fraudolenta impropria commessi da amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di società fallite [C. pen. V 8.6.2022, n. 26435, CED Cass. pen. 2022; C. pen. V 28.5.2014, n. 26444; C. pen. V 12.1.2010, n. 16504]. In tema di bancarotta fraudolenta, nel caso in cui alla ammissione alla procedura di concordato preventivo segua la dichiarazione di fallimento, il concorso di norme tra l’art. 236, c. 2, n. 1, l. fall. e l’art. 223 l. fall. va risolto utilizzando il principio di specialità, con l’applicazione della fattispecie di bancarotta fallimentare. Ne consegue che la prescrizione decorre dalla sentenza dichiarativa di fallimento [C. pen. V 18.9.2007, n. 39307, Fall 2008, 466]. L’abrogazione dell’istituto dell’amministrazione controllata e la soppressione di ogni riferimento ad esso contenuto nella legge fallimentare (art. 147, d.lgs. n. 5/2006) hanno determinato l’abolizione del reato di bancarotta societaria connessa alla suddetta procedura concorsuale (art. 236, c. 2, l. fall.). Conseguentemente, qualora sia intervenuta condanna definitiva per tale reato, il giudice dell’esecuzione è tenuto a revocare la relativa sentenza [C. s.u. 26.2.2009, n. 24468, CP 2009, 2, 4113].
2 A differenza dell’art. 233 l. fall., l’art. 236, c. 2, n. 4, l. fall. individua una fattispecie di reato proprio che può essere commessa esclusivamente dal creditore e non dal fallito [C. App. Trento 29.6.2018, n. 216, DeJure 2018]. Nell’ambito delle procedure concorsuali diverse dal fallimento, l’imprenditore ammesso al concordato non è punibile in quanto l’art. 236 l. fall., nell’estendere le disposizioni penali applicabili al concordato preventivo, al comma 2, n. 4, stabilisce che le disposizioni degli artt. 232 e 233 sono applicabili ai soli creditori [T. Trento 9.6.2017, n. 249, CP 2018].