[1] È punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 51 a euro 516 chiunque, fuori dei casi di concorso in bancarotta, anche per interposta persona presenta domanda di ammissione al passivo della liquidazione giudiziale per un credito fraudolentemente simulato.
[2] Se la domanda è ritirata prima della verificazione dello stato passivo, la pena è ridotta alla metà.
[3] È punito con la reclusione da uno a cinque anni chiunque:
a) dopo l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale, fuori dei casi di concorso in bancarotta o di favoreggiamento, sottrae, distrae, ricetta ovvero in pubbliche o private dichiarazioni dissimula beni del debitore assoggettato a liquidazione giudiziale;
b) essendo consapevole dello stato di dissesto dell’imprenditore distrae o ricetta merci o altri beni dello stesso o li acquista a prezzo notevolmente inferiore al valore corrente, se la apertura della liquidazione giudiziale si verifica.
[4] La pena, nei casi previsti dalle lettere a) e b) del comma 3, è aumentata se l’acquirente è un imprenditore che esercita un’attività commerciale.
A) Inquadramento funzionale:
A)Inquadramento funzionale:I. Domanda di ammissione per credito simulato - II. Ricettazione pre e post-concorsuale.
I. Domanda di ammissione per credito simulato
I.Domanda di ammissione per credito simulato1 La norma prefigura sostanzialmente un’ipotesi di truffa in danno della massa concorsuale perpetrata da chi richieda l’ammissione al passivo corredando la propria domanda con prove caratterizzate da falsificazioni, artifici e raggiri tali da poter indurre gli organi di procedura a ritenere sussistente la fittizia ragione di credito dedotta. Trattandosi di reato di mera condotta consistente nella sola presentazione della domanda fraudolenta, il ravvedimento del postulante comporta una semplice riduzione di pena (comma 2) purché la rinunzia alla domanda intervenga prima della conclusione dell’udienza di verifica dello stato passivo. La mancanza di un ravvedimento operoso nel termine fissato dall’art. 338, c. 2, cui sia conseguita l’indebita ammissione al passivo, potrà dar luogo, sul piano civilistico, al procedimento per revocazione di credito ex art. 206 CCII, ferma restando comunque la punibilità del fatto di reato ai sensi della norma in commento. La condotta criminosa è propria di soggetto estraneo alla procedura concorsuale e - come recita la rubrica dell’art. 338 - non deve essere stata concertata con il debitore, realizzandosi invece in tale ipotesi la più grave fattispecie di bancarotta fraudolenta di cui all’art. 322, lett. a) e/o comma 3, espressamente contemplata nella clausola di riserva di cui alla norma in commento. La simulazione di crediti rientrerà pertanto nello schema dell’art. 338 ove perpetrata dal solo extraneus alla procedura, mentre si realizzerà la diversa fattispecie di denunzia di creditori inesistenti (art. 327) ove la simulazione provenga, senza intento di pregiudizio ai creditori, dal debitore; ricorrendo tale ultimo intento, la simulazione stessa sarà invece punibile a titolo di bancarotta semplice (art. 217, lett. a) eventualmente in concorso tra il debitore ed il richiedente l’ammissione al passivo .
II. Ricettazione pre e post-concorsuale
II.Ricettazione pre e post-concorsuale1 Il comma 2 dell’art. 338 disciplina le ipotesi della c.d. ricettazione concorsuale a proposito della quale va precisato che il termine «ricetta» utilizzato dal legislatore è da intendersi nel suo significato lessicale di «dare ricetto, acquisire», risultando perciò del tutto irrilevante, ai fini della sussistenza del reato, il fatto che i beni oggetto del reato stesso siano pervenuti al debitore lecitamente o meno, diversamente dalla fattispecie penale comune di «ricettazione» che, ai sensi dell’art. 648 c.p., presuppone invece la provenienza delittuosa dei beni ricettati. La condotta di distrazione deve comunque colpire, ai fini di una sua rilevanza penale, beni entrati (o suscettibili di entrare) a far parte del patrimonio concorsuale sicché ne risulti impedita l’acquisizione da parte degli organi della procedura, restando peraltro escluse quelle condotte che abbiano ad oggetto beni estranei alla liquidazione giudiziale. La differenza tra le ipotesi di ricettazione pre e post-concorsuale risiede, oltre che nel mero dato temporale di commissione rispetto alla sentenza di liquidazione giudiziale, nel fatto che, mentre la prima presuppone la consapevolezza dell’accipiens circa lo stato di dissesto dell’imprenditore, la seconda presuppone la sola conoscenza della intervenuta dichiarazione della liquidazione giudiziale. In entrambi i casi l’eventuale concorso del debitore nelle condotte di sottrazione, distrazione, ricettazione, dissimulazione o acquisto a prezzo vile ricondurrà i fatti nell’ambito della bancarotta fraudolenta patrimoniale pre o post-concorsuale di cui all’art. 322 CCII.
B) Giurisprudenza:
B)Giurisprudenza:I. Domanda di ammissione per credito simulato - II. Ricettazione pre e post-fallimentare.
I. Domanda di ammissione per credito simulato
I.Domanda di ammissione per credito simulato1 Ai fini della consumazione del delitto di cui all’art. 232, c. 1, l. fall., è necessaria la presentazione di una domanda di ammissione al passivo fallimentare che abbia i requisiti di ammissibilità previsti dall’art. 93 l. fall. e che sia altresì corredata dalla documentazione giustificativa del credito vantato, idonea a perfezionare l’inganno, mentre rimane penalmente irrilevante la mera presentazione di una domanda di insinuazione contenente una semplice dichiarazione, sprovvista di qualsivoglia documentazione del credito preteso [C. pen. V 27.3.2018, n. 27165, CED Cass. pen. 2018]. Ai fini della configurabilità del delitto di cui all’art. 232, c. 1, l. fall., il credito del quale si chiede l’ammissione al passivo fallimentare deve essere non solo simulato ma anche fraudolento e cioè integrare un diritto di credito non corrispondente alla realtà giuridica da esso formalmente rappresentata e, pertanto, idoneo ad incidere negativamente sul regolare soddisfacimento delle ragioni creditorie. (In motivazione, la Corte ha precisato che la simulazione rilevante può essere sia quella assoluta che quella relativa e che il carattere fraudolento può essere desunto dalla produzione di documentazione relativa al diritto di credito che sia idonea a perfezionare l’inganno) [C. pen. V 24.10.2016, n. 7620, CED Cass. pen. 2017]. Sussiste concorso apparente di norme tra il reato di presentazione di una domanda di ammissione al passivo di un credito fraudolentemente simulato (art. 232, c. 1, l. fall.) e quello di truffa di cui all’art. 640 c.p. (Fattispecie in cui la simulazione del credito ammesso al passivo, liquidato dagli organi dell’amministrazione straordinaria, era stata realizzata mediante una serie di fittizie cessioni originate da un avente causa irreperibile o deceduto) [C. pen. V 22.7.2020, n. 25836, CED Cass. pen. 2020] .
II. Ricettazione pre e post-fallimentare
II.Ricettazione pre e post-fallimentare1 In tema di distrazione senza concorso col fallito (art. 232 l. fall.), la condotta consiste essenzialmente nello stornare beni dal patrimonio tutelato, impedendone l’apprensione da parte degli organi fallimentari e presuppone, quindi, che i beni siano già entrati in tale patrimonio, mentre la riscossione di somma in virtù di un mandato irrevocabile in rem propriam dà luogo a un credito del fallimento e a un correlativo debito del mandatario, sicché l’eventuale inadempimento di questi dovuto a contestazioni sull’esistenza dell’obbligazione va contrastato con i rimedi civili e non può costituire il reato suddetto [C. pen. V 26.6.1995, n. 7891, Gpen 1996, II, 315]. Nell’oggetto materiale del reato di ricettazione prefallimentare rientra anche il denaro dell’imprenditore in dissesto [C. pen. V 16.1.2013, n. 8383]. Il delitto di ricettazione prefallimentare, previsto dall’art. 232, c. 3, n. 2, l. fall., si configura solo in mancanza di un accordo con l’imprenditore dichiarato fallito. Pertanto, il fatto del terzo non fallito che distragga beni prima del fallimento, d’accordo con l’imprenditore, è punibile a titolo di concorso in bancarotta fraudolenta, e non a norma del predetto art. 232 l. fall. [C. pen. V 22.2.2012, n. 16062; C. pen. V 15.12.1993, CP 1995, 1637]. La circostanza aggravante di cui all’art. 232, c. 4, l. fall., relativa alla c.d. ricettazione prefallimentare, è applicabile anche all’imprenditore che eserciti un’attività commerciale in forma collettiva o societaria e, ai fini della sua integrazione, rileva non ciascuna singola condotta naturalistica di ricezione delle merci o dei beni dell’imprenditore in dissesto, bensì il disegno complessivo entro cui tali condotte si inseriscono, in funzione di un collegamento ideativo-esecutivo finalizzato a realizzare un’unitaria operazione distrattiva [C. pen. V 18.7.2017, n. 43101, CED Cass. pen. 2017]. Deve ritenersi commesso, almeno in parte, in Italia, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 6, c. 2, c.p., il reato di ricettazione prefallimentare, previsto dall’art. 232, c. 3, n. 2, l. fall., che abbia avuto ad oggetto la cessione, avvenuta all’estero ma deliberata in Italia, di partecipazioni societarie dell’impresa fallita [C. pen. V 18.7.2017, n. 43101, RP 2017, 980].