[1] Salvo che al fatto non siano applicabili gli articoli 315, 317, 318, 319, 321, 322 e 323 del codice penale, il curatore che prende interesse privato in qualsiasi atto della liquidazione giudiziale direttamente o per interposta persona o con atti simulati è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa non inferiore a euro 206.
[2] La condanna importa l’interdizione dai pubblici uffici.
A) Inquadramento funzionale:
A)Inquadramento funzionale:I. I reati del curatore
I.I reati del curatore1 La fattispecie penale che sanziona l’interesse privato del curatore sopravvive all’abrogazione della corrispondente norma generale di cui all’art. 324 c.p., espunta dall’ordinamento dall’art. 20, l. n. 86/1990, per ciò che riguarda invece il reato comune di interesse privato in atti d’ufficio, i cui contenuti venivano poi in parte trasfusi dal legislatore nella nuova configurazione dell’abuso di ufficio quale delineata dall’art. 323 c.p., novellato della stessa l. n. 86/1990. Senza addentrarsi nelle motivazioni di politica legislativa e giuridica che inducevano il legislatore ad una riformulazione dell’abuso d’ufficio (l. n. 234/1997) limitandone ulteriormente gli ambiti di rilevanza penale, va qui segnalato come i dubbi di legittimità costituzionale del reato di cui all’art. 334, in relazione alla possibile indeterminatezza di questa fattispecie penale ed ai profili di disparità di trattamento rispetto alle previsioni di cui all’art. 323 c.p., sono stati anche di recente risolti a favore della legittimità della norma, facendo leva sia sulla sua originaria configurazione quale norma speciale rispetto alla norma generale penale, sia su principi interpretativi che limitano la sanzione penale ex art. 334 ai soli casi in cui l’interesse privato preso dal curatore risulti in oggettivo contrasto con le finalità proprie della procedura concorsuale.
2 Così interpretata, la norma permane a tutela del regolare sviluppo della procedura concorsuale, sanzionando le concrete attività poste in essere dal curatore per realizzare un proprio personale tornaconto confliggente con le funzioni esercitate, restando perciò del tutto irrilevante che l’atto attraverso il quale si realizza l’ingerenza profittatrice sia o meno legittimo, che dall’atto stesso sia o meno derivato un danno patrimoniale per la procedura o, correlativamente, un vantaggio patrimoniale per il curatore stesso. Le modalità di estrinsecazione della condotta si manifestano in attività proprie dell’ufficio di curatore, anche con l’ausilio di interposta persona ed attraverso atti simulati. Un’eventuale revoca della dichiarazione di liquidazione giudiziale, in accoglimento del reclamo, non comporta la retroattività della cessazione della qualifica di pubblico ufficiale attribuita al curatore dell’art. 127 CCII permanendo pertanto la punibilità dei reati che in tale qualità il curatore abbia commesso. È responsabile del reato di cui all’art. 334 il curatore che, in contrasto con l’interesse tutelato dalla legge, consistente nel recupero della massa attiva nella maggior misura possibile, conceda ad un terzo l’uso gratuito di un bene della liquidazione giudiziale, rinunciando alla sua redditività.
B) Giurisprudenza:
B)Giurisprudenza:I. I reati del curatore
I.I reati del curatore1 È manifestamente infondata, in riferimento all’art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli art. 228 l. fall e 1, d.l. 30.1.1979, n. 26 (Provvedimenti urgenti per l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi), conv., con modificazioni, nella l. 3.4.1979, n. 95, nella parte in cui sarebbero fonte di una ingiustificata disparità di trattamento tra il curatore fallimentare ed i soggetti ad esso equiparati e tutti gli altri pubblici ufficiali, in quanto solamente i primi continuerebbero a rispondere di qualsivoglia presa di interesse in un atto del loro ufficio, mentre i secondi risponderebbero di abuso, ai sensi dell’art. 323 c.p., come modificato dall’art. 1, l. 16.7.1997, n. 234, solo in caso di violazione di legge o di regolamento, ovvero nell’inosservanza di un obbligo di astensione e sempre che ne sia derivato un ingiusto vantaggio patrimoniale per sé o per altri ovvero danno altrui [C. Cost. 3.5.2000, n. 129, RP 2000, 665; C. Cost. 18.3.1999, n. 69, Fall 1999, 1295; C. Cost. 7.12.1994, n. 414]. Il reato di interesse privato del curatore negli atti del fallimento concorre con quello di corruzione propria, non sussistendo alcun rapporto di specialità tra l’art. 228 l. fall. e l’art. 319 c.p. [C. VI 24.6.2010, n. 38986].
2 La eventuale revoca della dichiarazione di fallimento non determina il venir meno, ex tunc, della qualità di pubblico ufficiale attribuita dall’art. 30 l. fall. al curatore del fallimento, e non incide, pertanto, sulla configurabilità dei reati che in detta qualità siano stati commessi [C. pen. V 30.6.1993, n. 8282, CP 1994, 2542]. La fattispecie prevista dall’art. 228 l. fall., risponde all’esigenza di prevenire e punire il comportamento del curatore fallimentare che, nello svolgimento del suo complesso compito fiduciario, ponga in essere atti che privilegino interessi privati propri o di terzi, in contrasto con le finalità della procedura concorsuale. In particolare, viola la norma indicata il curatore che, in contrasto con l’interesse tutelato dalla legge consistente nel recupero della massa attiva nella maggior misura possibile, concede ad un terzo l’uso gratuito di parte dei beni del fallimento, rinunciando alla loro redditività [C. pen. V 12.10.2004, n. 46802, GI 2005, 1699]. Il delitto di interesse privato del curatore in atti del fallimento, previsto dall’art. 228 l. fall., può essere integrato anche da un comportamento acquiescente ad iniziative illecite di terzi, o dalla volontaria abdicazione all’esercizio delle prerogative funzionali, in favore di soggetti che versino in una situazione di conflitto di interessi rispetto alle finalità della procedura e non richiede che si verifichino effetti in concreto pregiudizievoli per i creditori. (Fattispecie nella quale il curatore aveva prestato supina acquiescenza ad una proposta di concordato redatta nell’esclusivo interesse del fallito, consentendo altresì che il patrocinatore di quest’ultimo predisponesse materialmente alcuni atti procedurali di competenza della curatela) [C. pen. V 12.3.2019, n. 28032, CED Cass. pen. 2019].