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Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza - Formulario commentato

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    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

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    Autore:

    Massimo Fabiani, Giovanni Battista Nardecchia

    Editore:

    Wolters Kluwer

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    Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza - Formulario commentato

    322. Bancarotta fraudolenta

    Mostra tutte le note

    [1] È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato in liquidazione giudiziale, l’imprenditore che:

    a) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

    b) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

    [2] La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato in liquidazione giudiziale, che, durante la procedura, commette alcuno dei fatti preveduti dalla lettera a) del comma 1, ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

    [3] È punito con la reclusione da uno a cinque anni l’imprenditore in liquidazione giudiziale che, prima o durante la procedura, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.

    [4] Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a dieci anni.

    A) Inquadramento funzionale:

    A)Inquadramento funzionale:

    I. La sentenza di liquidazione giudiziale nella struttura del reato - II. Il soggetto attivo ed il concorso di persone - III. La bancarotta fraudolenta patrimoniale - IV. Bancarotta fraudolenta documentale - V. Bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale postconcorsuale - VI. Bancarotta fraudolenta preferenziale - VII. La pena accessoria.

    I. La sentenza di liquidazione giudiziale nella struttura del reato

    I.La sentenza di liquidazione giudiziale nella struttura del reato

    1 Al cospetto di una ampia, pur se non integrale, riforma della CCII, è rimasto formalmente inalterato l’intero impianto dei reati fallimentari, posto che il legislatore delegato era sfornito della delega per intervenire sugli artt. 322 ss. CCII; solo in tempi più recenti le addizioni contenute negli artt. 217-bis e 236-bis hanno consentito un inizio di armonizzazione del diritto penale concorsuale col diritto della regolazione concordata della crisi. L’interprete deve, quindi, procedere ad un costante adattamento del tessuto normativo della legge del 1942 per armonizzarlo con i nuovi istituti previsti con la riforma. Il CCII chiama a rispondere del reato di bancarotta, nelle sue diverse modalità di estrinsecazione previste dagli artt. 322-323, l’imprenditore commerciale «se è sottoposto a liquidazione giudiziale», condizione questa che rende punibili a titolo di bancarotta anche condotte che, diversamente, risulterebbero del tutto irrilevanti sul piano del diritto penale, quali ad esempio la distruzione di beni propri o l’eccesso nelle spese personali. Escluso che oggetto della sanzione penale possa in alcun modo essere il liquidazione giudiziale in sé considerato, secondo l’opinione maggioritaria si attribuisce alla sentenza dichiarativa della liquidazione giudiziale la natura di elemento costitutivo del reato anche se, soprattutto a seguito dei mutati rapporti tra giurisdizione civile e penale (cfr. sul punto il commento sub art. 346), parrebbe maggiormente adeguato l’indirizzo che, ravvisando nella dichiarazione di liquidazione giudiziale una condizione obiettiva di punibilità del reato, consente di evitare che un elemento costitutivo della fattispecie possa sorgere dopo la commissione del fatto e per effetto di dirette valutazioni del giudice penale. Allo stato si deve comunque registrare il dissenso sul punto tra dottrina e giurisprudenza, quest’ultima da tempo consolidata nel senso di ravvisare nella dichiarazione dello stato di insolvenza un presupposto costitutivo del reato e ciò con ogni conseguente riflesso quanto all’individuazione del momento consumativo del reato stesso e del giudice penale territorialmente competente a decidere.

    2 Se si attribuisce, infatti, alla dichiarazione di liquidazione giudiziale natura di elemento della fattispecie, la consumazione del reato di bancarotta si perfezionerà nel momento della dichiarazione stessa radicando la competenza per territorio del giudice di quel medesimo luogo, con la sola eccezione dei fatti post-fallimentari che, in quanto per definizione successivi all’accertamento dell’insolvenza, si consumeranno invece nel momento e nel luogo della loro commissione.

    3 La sentenza dichiarativa di liquidazione giudiziale, pur se irrevocabile, non ha efficacia di giudicato nel processo penale, in virtù della disciplina delle questioni pregiudiziali dettata dagli artt. 2 e 3 c.p.p.; essa si offre alla diversa valutazione del giudice penale al pari di ogni altro elemento probatorio ed in siffatti limiti può essere utilizzata per l’accertamento della verità sostanziale. Per tale ragione si è immaginato che qualora dopo la condanna con sentenza irrevocabile, intervenga la revoca della liquidazione giudiziale, il rimedio esperibile potrebbe essere quello della revisione. Del tutto ininfluente sulle fattispecie penali è, invece, la chiusura della liquidazione giudiziale.

    II. Il soggetto attivo ed il concorso di persone

    II.Il soggetto attivo ed il concorso di persone

    1 La bancarotta costituisce reato proprio dell’imprenditore commerciale dichiarato fallito, rendendosi comunque possibile - secondo le comuni regole del concorso di persone nel reato (artt. 110 ss. c.p.) - il concorso nel reato stesso dell’extraneus che non riveste tale qualifica.

    2 Risponderà penalmente pertanto, in concorso con l’imprenditore in liquidazione giudiziale, chiunque contribuisca alla realizzazione del fatto criminoso attraverso un proprio attivo contributo materiale alla condotta o di sostegno morale all’autore.

    III. La bancarotta fraudolenta patrimoniale

    III.La bancarotta fraudolenta patrimoniale

    1 La lett. a) dell’art. 322 disciplina il delitto di bancarotta fraudolenta c.d. patrimoniale così tradizionalmente definito in quanto caratterizzato da condotte che determinano la diminuzione della consistenza del patrimonio dell’imprenditore, sia attraverso una materiale attività di sottrazione totale o parziale di beni, sia attraverso l’esposizione di passività fittizie. Nella prima modalità di estrinsecazione della condotta rientrano le diverse ipotesi prese in considerazione dal legislatore, con ampie distinzioni terminologiche, nella prima parte della lett. a) dell’art. 322 e che sostanzialmente consentono di assegnare rilievo penale a qualsiasi condotta del fallito che impedisca l’acquisizione alla massa dei beni oggetto della condotta stessa:

    - distrazione: si configura come tale qualsiasi attività, anche giuridica come ad esempio la stipulazione di contratti di locazione a favore di terzi in previsione della liquidazione giudiziale, mediante la quale l’imprenditore operi un distacco di beni dal patrimonio rendendoli indisponibili per i creditori o imprima ai beni stessi una destinazione diversa da quella propria all’interno dell’impresa. L’assoluta varietà di attività distrattive individuate nella prassi consente di qualificare come fatti di distrazione tutte le ipotesi che, per esclusione, non rientrino nelle altre possibili condotte considerate dalla norma. Costituisce bancarotta per distrazione il fatto di prestare garanzie fideiussorie a favore di una terza società senza alcun corrispettivo e senza alcuna ragione perché ciò espone la società garante al rischio, in caso di inadempimento della società garantita, di essere escussa sui propri beni con conseguente diminuzione della garanzia patrimoniale dei creditori; costituisce bancarotta per distrazione la destinazione di risorse, senza adeguata contropartita, a vantaggio di una società e a danno di un’altra, ancorché appartenenti allo stesso gruppo; infatti il reato sussiste anche nel caso di imprese collegate fra loro, qualora gli atti di disposizione patrimoniale, privi di seria contropartita, siano eseguiti a favore di una società del medesimo gruppo, poiché il collegamento societario ha natura meramente economica e non scalfisce il principio di autonomia della singola persona giuridica. La sottrazione dei beni si perfeziona nel momento del loro distacco dal patrimonio della società con la conseguenza che il pagamento integrale dei crediti ammessi al passivo costituisce un posterius che non riveste alcuna incidenza sulla fattispecie giuridica in questione ormai perfetta.

    - occultamento: consiste nell’opera di materiale nascondimento che impedisca l’acquisizione di beni alla massa e si differenzia per tale aspetto commissivo dalla semplice omessa indicazione di beni sanzionata dall’art. 332 CCII;

    - dissimulazione: è realizzata con attività o negozi giuridici che facciano figurare una apparente non pertinenza del bene al patrimonio dell’imprenditore;

    - distruzione: implica naturalisticamente l’azzeramento o la diminuzione del valore del bene attraverso la sua materiale soppressione o deterioramento;

    - dissipazione: si realizza con lo sperpero o la consumazione dissennata di beni anche per fini estranei all’impresa. L’ipotesi di bancarotta fraudolenta per dissipazione si differenzia dalla fattispecie della consumazione di una notevole parte del patrimonio dell’imprenditore per effetto di operazioni manifestamente imprudenti, punita a titolo di bancarotta semplice, sia sul piano soggettivo, in quanto esige la coscienza e la volontà dell’agente di diminuire detto patrimonio per scopi del tutto estranei all’impresa, sia sul piano oggettivo, in quanto l’operazione fraudolenta è priva del pur minimo profilo di coerenza con le esigenze dell’impresa stessa.

    2 Quanto all’oggetto materiale delle descritte condotte, tra i beni della cui sottrazione può trattarsi, rientra qualsiasi elemento del patrimonio del fallito che l’art. 2740 c.c. assegna a garanzia dei creditori, ivi compresi pertanto non solo i beni materiali suscettibili di diretta utilizzazione, ma anche i diritti di credito, i beni acquistati con patto di riservato dominio, o in leasing stante la facoltà del curatore di acquisirli alla massa subentrando nel contratto, nonché i beni costituiti in fondo patrimoniale e gli stessi beni di provenienza illecita o delittuosa comunque entrati a far parte del patrimonio del fallito in virtù di una considerazione della consistenza effettiva del patrimonio a prescindere dalle modalità della sua formazione.

    3 Poiché il reato si perfeziona, come si è visto, con la dichiarazione di liquidazione giudiziale, risultano del tutto ininfluenti al fine di escludere o attenuare la responsabilità penale del fallito le azioni giudiziarie che il curatore abbia vittoriosamente esperito recuperando alla massa attiva il bene o l’utilità oggetto della condotta dell’imprenditore.

    4 La prova della commissione di fatti di diminuzione del patrimonio da parte dell’imprenditore può essere indiziariamente raggiunta sia attraverso la constatazione di un consistente divario tra attivo e passivo che non trovi giustificazione nelle necessità e dimensioni economiche dell’impresa ed anche dalla mancata prova da parte del fallito di aver destinato a fini di impresa i beni che egli risulta aver avuto a disposizione.

    5 L’altra ipotesi di bancarotta fraudolenta patrimoniale prevista dall’ultima parte della lett. a) dell’art. 322 consiste nell’esposizione o riconoscimento di passività inesistenti che il fallito potrà realizzare conferendo rilevanza concorsuale a crediti o diritti di terzi del tutto inesistenti; risulta perciò del tutto equivalente ai fini penali il fatto che l’inesistente passività venga dal fallito soltanto indicata ovvero giuridicamente riconosciuta, eventualmente in concorso con il creditore. Il diverso rilievo dell’elemento psicologico dell’autore e dell’eventuale intervento del creditore nella condotta, differenzia questa fattispecie di bancarotta da quelle, rispettivamente, di denunzia di creditori inesistenti (cfr. il commento all’art. 332 CCII) e di domanda di ammissione di crediti simulati (cfr. il commento all’art. 338 CCII).

    6 L’elemento psicologico della bancarotta fraudolenta patrimoniale è caratterizzato dal dolo generico, consistente nella consapevole volontarietà del fatto, per le ipotesi di cui alla prima parte del n. 1, mentre la necessità di un dolo specifico diretto ad impedire il soddisfacimento dei creditori è presupposta per le condotte di esposizione o riconoscimento di passività inesistenti dall’inciso «allo scopo di recare pregiudizio ai creditori» contenuto nella seconda parte del medesimo n. 1.

    IV. Bancarotta fraudolenta documentale

    IV.Bancarotta fraudolenta documentale

    1 La fattispecie di bancarotta fraudolenta c.d. documentale è prevista dal n. 2 dell’art. 322 che punisce le condotte positive di frode contabile realizzate dal fallito attraverso la sottrazione, la distruzione materiale, la falsificazione materiale o ideologica di tutta o di parte della documentazione contabile ovvero la sua incompleta tenuta tale da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari. Rientrano nelle modalità di estrinsecazione della condotta tutte le azioni del fallito dirette a privare gli organi di procedura della disponibilità delle scritture, a sopprimerne la materialità ovvero a falsificarne le evidenze sia quanto al loro aspetto materiale, sia quanto al loro contenuto, nonché ad impedire, attraverso la irregolare, incompleta od omessa tenuta della contabilità le attività di ricostruzione del patrimonio e delle vicende dell’impresa. Il generico riferimento della norma ai «libri» ed alle «altre scritture contabili» implica che oggetto dell’attività fraudolenta possano essere tanto i documenti obbligatori elencati nell’art. 2214 c.c. quanto le scritture meramente facoltative ed ogni altra che abbia comunque riferimento alla contabilità e possa giovare alla ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.

    2 L’imprenditore non va esente da responsabilità per il fatto che la contabilità sia stata affidata ad un soggetto fornito di specifiche cognizioni tecniche posto che la qualifica rivestita non esime dall’obbligo di vigilare e controllare l’attività svolta dal delegato. Risponde del reato di bancarotta fraudolenta quale extraneus in concorso con gli amministratori della società fallita, il commercialista che abbia omesso la verifica della corrispondenza alla documentazione dei dati comunicati dagli amministratori, ai fini delle necessarie annotazioni nelle scritture contabili e della successiva redazione del bilancio concorsuale.

    3 La punibilità delle condotte di sottrazione, distruzione o falsificazione richiede la sussistenza in capo al fallito del dolo specifico di arrecare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, così come prevede l’inciso di cui alla prima parte della lett. b) dell’art. 322.

    4 Il semplice dolo generico, consistente nella consapevolezza di impedire la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, è invece richiesto per la punibilità delle condotte di omessa, incompleta o irregolare tenuta della contabilità previste dall’ultima parte della lett. b) .

    V. Bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale postconcorsuale

    V.Bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale postconcorsuale

    1 L’applicabilità della pena prevista dal comma 1, art. 322 per le ipotesi di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale è estesa dal comma 2 della norma all’imprenditore che, successivamente alla dichiarazione della sua liquidazione giudiziale, commetta alcuno dei fatti previsti dal lett. a) ovvero sottragga, distrugga o falsifichi la documentazione contabile, così limitando la norma la più ampia previsione di cui al n. 2 per l’evidente impossibilità materiale di una irregolare tenuta della contabilità da parte dell’imprenditore che per effetto della liquidazione giudiziale perde ex lege la disponibilità e l’amministrazione dei beni. Si individuano così, esclusivamente in funzione del loro momento consumativo, posteriore alla liquidazione giudiziale, i fatti di bancarotta c.d. postconcorsuale che non costituiscono pertanto ipotesi di reato distinte da quelle previste dal comma 1 dell’art. 322. La differenza tra l’ipotesi di bancarotta post-concorsuale disciplinata e quella di ricorso abusivo al credito, sta nel fatto che con il primo reato vengono sanzionati i comportamenti distrattivi propri della bancarotta patrimoniale compiuti dall’imprenditore dopo la dichiarazione di liquidazione giudiziale; con il secondo, è punito il ricorso al credito da parte dell’imprenditore non ancora fallito che, a tal fine, dissimuli lo stato di dissesto; il reato di ricorso abusivo al credito richiede che il soggetto al quale esso viene addebitato sia, successivamente, dichiarato fallito.

    VI. Bancarotta fraudolenta preferenziale

    VI.Bancarotta fraudolenta preferenziale

    1 Il comma 3 dell’art. 322 sanziona la condotta dell’imprenditore commerciale che, indifferentemente prima o dopo la dichiarazione della sua liquidazione giudiziale, esegua pagamenti o simuli titoli di prelazione a favore di taluno dei suoi creditori. Realizza l’ipotesi di bancarotta c.d. preferenziale, pre o post concorsuale, l’esecuzione di pagamenti intesa non nel solo stretto senso di dazione di denaro, ma nella più ampia accezione di qualsiasi atto solutorio che comporti estinzione anche parziale dell’obbligazione originaria. L’aver effettuato un pagamento e l’aver simulato un titolo di prelazione «revocabile», nel senso che per i tempi in cui l’azione viene posta in essere può essere esercitata l’azione revocatoria concorsuale, non è rilevante al fine di escludere la sussistenza del reato di bancarotta preferenziale. Rientra pertanto nella fattispecie di reato la costituzione di un nuovo rapporto con effetti novativi sul precedente, escluso peraltro il rilascio di cambiali che costituisce non un pagamento ma una promessa di pagamento.

    2 Risponde a titolo di concorso del reato di bancarotta preferenziale il funzionario di banca che, dopo la concessione di un mutuo non coperto da garanzie ad imprenditore successivamente divenuto insolvente, determini la trasformazione del credito già chirografario in credito privilegiato mediante concessione di mutuo fondiario, assistito da garanzia ipotecaria, destinato a ripianare l’esposizione debitoria del conto corrente non assistito da garanzie, venendosi in tal modo ad alterare la par condicio creditorum. Ulteriore modalità di estrinsecazione della condotta è costituita dalla simulazione di titoli di prelazione che presuppone la predisposizione di strumenti giuridici idonei a far apparire fittiziamente un inesistente titolo di prelazione a favore del creditore, ad esempio attraverso la simulata concessione di pegno o attraverso l’attribuzione al credito di una causa di prelazione diversa da quella effettiva.

    3 L’elemento soggettivo è caratterizzato dal dolo specifico diretto di arrecare un vantaggio al creditore preferito e dal dolo specifico anche eventuale di arrecare un danno agli altri.

    4 Di particolare impatto sulla fattispecie è la riforma della revocatoria concorsuale nella parte in cui sono state innestate diverse nuove forme di esenzione. Segnatamente il dubbio è stato avanzato soprattutto con riguardo agli atti compiuti in esecuzione di un concordato, di un accordo di ristrutturazione e di un piano di risanamento; in tali situazioni si è evidenziato che il disvalore penale sarebbe stato escluso dalla scelta di rendere quegli atti insensibili all’eventuale successivo liquidazione giudiziale sul piano oggettivo, non senza palesare come anche dal punto di vista soggettivo (dolo), il reato dovrebbe essere escluso. Altrove si è, invece, precisato che revocabilità e preferenzialità dolosa sono tutele che si pongono su piani diversi, quanto meno con riguardo all’ambito oggettivo della fattispecie reato. Sul punto è poi intervenuto l’art. 323-bis che costituisce una esimente e al cui commento si rinvia.

    VII. La pena accessoria

    VII.La pena accessoria

    1 La condanna penale per uno dei fatti di bancarotta previsti dall’art. 322 comporta l’applicazione della pena accessoria speciale della inabilitazione all’esercizio di impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa. La durata della sanzione è determinata nel solo massimo edittale sicché, in applicazione dell’art. 37 c.p., la misura da applicarsi nel caso concreto dovrà essere uguale a quella della pena principale inflitta. Si rinvia all’art. 340 CCII ed al relativo commento per ciò che concerne le conseguenze dell’inosservanza del divieto da parte del condannato e le correlazioni della pena accessoria speciale con quelle comuni.

    B) Giurisprudenza:

    B)Giurisprudenza:

    I. La sentenza di liquidazione giudiziale nella struttura del reato - II. Il soggetto attivo ed il concorso di persone - III. La bancarotta fraudolenta patrimoniale - IV. Bancarotta fraudolenta documentale - V. Bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale postconcorsuale - VI. Bancarotta fraudolenta preferenziale - VII. La pena accessoria.

    I. La sentenza di liquidazione giudiziale nella struttura del reato

    I.La sentenza di liquidazione giudiziale nella struttura del reato

    1 La sentenza dichiarativa di liquidazione giudiziale è un elemento costitutivo del reato di bancarotta fraudolenta, con la conseguenza che fatti altrimenti irrilevanti sul piano penale o, comunque, integranti altri reati possono essere considerati lesivi degli interessi dei creditori ed incidenti negativamente sul regolare svolgimento dell’attività imprenditoriale, tanto da essere specificamente perseguiti penalmente. Ne deriva che la prescrizione decorre dal momento della consumazione del reato e, quindi, nella specie, dalla sentenza dichiarativa di fallimento [C. pen. V 24.8.2012, n. 47502, S 2013, 335; C. pen. V 24.3.2010, n. 16579, Fall 2011, 118; C. pen. V 13.1.2009, n. 9299, Fall 2009, 1479; C. pen. V 12.10.2004, n. 46182, RP 2006, 594; C. pen. 24.10.1988, ivi 1989, 684; C. pen. V 23.8.1993, n. 7912, CP 1994, 2543]. Il termine di prescrizione del reato di bancarotta preconcorsuale decorre dal momento in cui interviene la sentenza dichiarativa di fallimento e non dal momento di consumazione delle singole condotte distrattive precedenti a tale declaratoria. (In motivazione, si è precisato che tale principio è valido sia nel caso in cui la sentenza di fallimento venga qualificata elemento costitutivo improprio della fattispecie penale, come la Corte ha affermato incidentalmente, sia qualora la si ritenga condizione obiettiva di punibilità) [C. pen. V 11.5.2017, n. 45288, CED Cass. pen. 2017; C. pen. V 9.12.2014, n. 17084; C. pen. V 14.10.2014, n. 48739, CED Cass. pen. 2015].

    2 Il tempo di commissione dei reati di cui agli artt. 322, 323, 223 e 224 CCII è quello che decorre dalla pronuncia della sentenza dichiarativa di fallimento, e questo è il tempo che va rapportato al termine di efficacia dell’amnistia o dell’indulto, se non altrimenti specificato dalla legge di previsione [C. pen. V 3.2.2011, n. 8402, Fall 2012, 127; C. pen. V 21.9.2007, n. 39043, DFSC 2008, II, 205; C. pen. V 22.3.1999, n. 7814, CP 2001, 279]. La sentenza dichiarativa di fallimento costituisce non una semplice condizione di punibilità dei reati di bancarotta, sia semplice che fraudolenta, bensì un elemento costitutivo di essi, indispensabile per la integrazione della fattispecie normativa prevista per ognuno di detti reati, il cui momento consumativo, allorché la condotta si esaurisca prima della dichiarazione di fallimento, si perfeziona all’atto e nel luogo della pronunzia della sentenza dichiarativa e non in quello, eventualmente diverso, in cui è stata realizzata la condotta vietata dal precetto penale [C. pen. I 25.7.1991, Bianchi]. Il delitto di bancarotta fraudolenta è il reato concorsuale tipico, dato che per reati concorsuali in genere deve intendersi la categoria degli illeciti penali compiuti dal fallito o da altre persone nel periodo antecedente o durante la procedura concorsuale. Tali reati sono accumunati dal fatto che per essi l’esistenza di una procedura concorsuale costituisce o presupposto o condizione obiettiva di procedibilità. I reati di bancarotta sono plurioffensivi, dato che, oltre al regolare svolgimento della pubblica economia, sono posti a tutela di altri particolari interessi. La sentenza dichiarativa del fallimento è elemento costitutivo del reato di bancarotta fraudolenta, cosicché il reato si perfeziona all’atto della pronuncia della predetta sentenza, sebbene la condotta omissiva o commissiva si sia esaurita anteriormente [T. Taranto 28.1.2020, n. 2677, DeJure 2020]. In tema di bancarotta, la dichiarazione di fallimento è un elemento costitutivo del reato e non una condizione oggettiva di punibilità; pertanto, il reato si perfeziona in tutti i suoi elementi costitutivi solo nel caso in cui il soggetto, che abbia commesso anche in precedenza attività di sottrazione dei beni aziendali, sia dichiarato fallito. Con riferimento all’applicazione dell’indulto, peraltro, la suddetta qualificazione è irrilevante, atteso che, operando l’indulto come causa estintiva della pena, la dichiarazione di fallimento assume rilevanza nella sua natura di provvedimento giurisdizionale - natura che non muta, sia che la si qualifichi elemento costitutivo del reato di bancarotta preconcorsuale, sia che la si qualifichi condizione obiettiva di punibilità - e, come tale, costituisce il riferimento cronologico necessario al fine di valutare l’applicazione o meno dell’indulto [C. pen. V 18.5.2018, n. 40477, D&G 2018; in senso contrario, C. pen. V 12.10.2017, n. 53184, CP 2018, 2135; C. pen. V 8.2.2017, n. 13910, FI 2017; C. pen. V 7.5.2014, n. 32031, D&G 2014]. Il fatto di bancarotta, che è reato di pericolo, è configurabile anche per atti dispositivi che oggettivamente siano pregiudizievoli per il patrimonio aziendale in qualunque tempo commessi, anche in epoca non prossima al fallimento e a prescindere da collegamenti eziologici e psicologici con il fallimento [C. App. L’Aquila 24.11.2017, n. 2366, RDottComm 2018, 573]. Deve essere esclusa l’integrazione del reato di bancarotta fraudolenta nel caso in cui la somma sottratta dalle casse sociali sia riversata integralmente prima della dichiarazione del fallimento; infatti, nonostante il delitto di bancarotta sia qualificabile come reato di pericolo, per determinare il relativo momento consumativo occorre fare riferimento non già al comportamento antidoveroso, ma alla dichiarazione giudiziale di fallimento [C. pen. II 23.4.2015, n. 23052, D&G 2015].

    3 La sentenza dichiarativa di fallimento, pur se irrevocabile, non ha efficacia di giudicato nel processo penale [C. pen. V 22.10.2002, n. 38230, RP 2003, 792] .

    II. Il soggetto attivo ed il concorso di persone

    II.Il soggetto attivo ed il concorso di persone

    1 In materia di reati fallimentari, nell’ipotesi di bancarotta fraudolenta per distrazione, e con riferimento alla partecipazione dell’extraneus in reato proprio dell’amministratore di società, deve ritenersi che il soggetto esterno alla società può concorrere nel reato proprio, mediante condotta agevolativa di quella dell’intraneus, nella consapevolezza della funzione di supporto alla distrazione, intesa quest’ultima come sottrazione dal patrimonio sociale e suo depauperamento ai danni della classe creditoria, in caso di fallimento. Nel caso in cui la distrazione venga realizzata mediante l’azione combinata di più soggetti, la consapevolezza del partecipe extraneus deve abbracciare le varie condotte ed i reciproci loro nessi protesi al raggiungimento dell’evento conclusivo [C. pen. V 30.6.2011, n. 30412, Fall 2012, 740; C. pen. V 26.4.2011, n. 27367, ibidem, 474; C. pen. V 23.3.2011, n. 16388, ibidem, 355; C. pen. V 24.3.2010, n. 16579, ivi 2011, 118; C. pen. V 13.1.2009, n. 9299, cit., 1479; C. pen. 19.3.1999, n. 6470, CP 2001, 1334]. Risponde del reato di bancarotta fraudolenta colui che, pur non rivestendo la qualifica di imprenditore commerciale (ovvero di amministratore, direttore generale, sindaco o liquidatore di società fallita) apporti un concreto contributo materiale o morale alla produzione dell’evento, sempre che l’attività di cooperazione col fallito sia stata efficiente per la produzione dell’evento, occorrendo, in punto di elemento soggettivo del reato, la volontarietà della condotta dell’extraneus di apporto a quella dell’intraneus, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società, la quale può rilevare sul piano probatorio, quale indice significativo della rappresentazione della pericolosità della condotta per gli interessi dei creditori [C. pen. V 19.3.2019, n. 15796, D&G 2019; C. pen. V 27.2.1992, n. 5158]. In tema di concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, il dolo del concorrente extraneus nel reato proprio dell’amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell’intraneus, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori [C. pen. V 17.5.2017, n. 38731, CED Cass. pen. 2017; C. pen. V 26.1.2016, n. 12414, CED Cass. pen. 2016]. In tema di concorso in bancarotta preferenziale, il dolo dell’extraneus nel reato proprio dell’amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di sostegno a quella dell’intraneus, con la consapevolezza che essa determina la preferenza nel soddisfacimento di uno dei creditori rispetto agli altri, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società [C. I 3.11.2021, n. 31513, GD 2022; C. pen. V 14.10.2019, n.4710, CED Cass. pen. 2020; C. pen. V 5.3.2014, n. 16983, CED Cass. pen. 2015]. In tema di concorso nel reato di bancarotta fraudolenta, il dolo dell’extraneus nel reato proprio dell’imprenditore richiede la consapevolezza della qualifica del soggetto intraneus, ma non la rappresentazione della sussistenza dei requisiti soggettivi di fallibilità, quali la tipologia e le dimensioni dell’impresa [C. pen. V 11.7.2019, n. 37194, CED Cass. pen. 2020]. Non può ritenersi responsabile per il reato di bancarotta fraudolenta l’imputato per il quale non sia emersa prova della consapevolezza dei soggetti, in qualità di concorrenti estranei del reato proprio di bancarotta fraudolenta, di contribuire con il loro operato ad arrecare pregiudizio ai creditori sociali [C. App. Lecce 23.7.2021, n. 745, DeJure 2022]. Un comportamento postumo del terzo extraneus non è idoneo a configurare il concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale commesso dall’intraneus, dovendo la condotta del terzo essere anteriore o comunque concomitante a quella distrattiva dell’imprenditore fallito (o dell’amministratore della società fallita). (Fattispecie in cui il professionista aveva realizzato manovre volte alla cessione di quote e alla trasformazione della società fallita nell’ottica di allontanare il fallimento e garantire l’impunità dell’amministratore, in epoca successiva al compimento degli atti distrattivi, questi ultimi realizzati senza un previo concerto o suggerimento del terzo extraneus) [C. pen. V 5.7.2018, n. 49499, RDottComm 2018].

    2 È configurabile il concorso tra il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e quello di bancarotta fraudolenta per distrazione [C. pen. III 20.11.2015, n. 3539, Ilpenalista.it 2016; C. pen. V 10.11.2011, n. 1843, DG 18.1.2012]. Risponde del reato di bancarotta fraudolenta il collaboratore dell’imprenditore che appresti un conto corrente per raccogliervi proventi della vendita dei prodotti dell’azienda destinati ad una gestione privata extracontabile dell’imprenditore indipendentemente dalla conoscenza della effettiva destinazione delle somme. È infatti sufficiente che il collaboratore sia consapevole che le somme vengono sottratte alle ragioni dei creditori, tra i quali vi è sicuramente il fisco [C. pen. V 23.10.1996, n. 10941, CP 1999, 650]. Non è configurabile il reato di riciclaggio del denaro provento di bancarotta fraudolenta per distrazione, bensì quello di concorso dell’extraneus nel reato di cui all’art. 322 CCII, nella condotta del soggetto che riceve somme di denaro provenienti dalla società poi fallita, con la consapevolezza dello stato di dissesto finanziario della stessa ed in mancanza di titolo giustificativo [C. pen. V 21.11.2017, n. 2298, CP 2019]. Concorre in qualità di extraneus nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, il legale o il consulente contabile che, consapevole dei propositi distrattivi dell’imprenditore o dell’amministratore di una società in dissesto, fornisca a questi consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori o li assista nella conclusione dei relativi negozi, ovvero svolga un’attività diretta a garantire l’impunità o a rafforzare, con il proprio ausilio e con le proprie preventive assicurazioni, l’altrui progetto delittuoso [C. pen. V 8.2.2021, n. 18677, CP 2021; C. pen. III 20.10.2020, n. 6164, D&G 2021; C. pen. V 6.11.2015, n. 8276, CP 2017]. In tema di concorso dell’extraneus nel delitto di bancarotta fraudolenta impropria per operazioni dolose, il parere reso dal legale della società in seguito fallita costituisce contributo causalmente rilevante rispetto alla condotta tipica di bancarotta solo nel caso in cui sia risultato decisivo per l’assunzione della condotta da parte dell’intraneus. (Fattispecie in cui è stata esclusa la responsabilità del legale per avere lo stesso reso consigli di incerta valenza causale in merito ad un’operazione - di fatto aggravante il dissesto della società - di aumento fittizio del capitale sociale e di emissione di un prestito obbligazionario convertibile in azioni) [C. pen. V 15.6.2022, n. 37101, CED Cass. pen. 2022].

    3 L’amministratore di fatto di una società risponde del reato di bancarotta documentale per la semplice omissione dei doveri discendenti da tale ruolo, non essendo invece necessaria la prova di un suo contributo effettivo alla consumazione dell’illecito penale, richiesta solamente per affermare la responsabilità di un concorrente extraneus. A tal fine, amministratore di fatto è colui che esercitata un’apprezzabile attività gestoria, svolta in modo non occasionale [C. pen. V 4.5.2016, n. 39681, Ilfallimentarista.it 2016].

    4 Il custode dei beni fallimentari non può concorrere nel reato di bancarotta se non rientra tra i soggetti qualificati del reato e non ha concordato condotte con esponenti aziendali. Non è poi certamente imputabile se l’amministratore è stato assolto. Possono però essere mosse nei suoi confronti altre accuse, come ad esempio quella di peculato, in quanto pubblico ufficiale. (Nella fattispecie la Cassazione ha annullato la sentenza di condanna inflitta a un custode di uno stock di beni mobili appartenenti a una s.r.l. dichiarata fallita. Nel reato di bancarotta fraudolenta possono concorrere anche soggetti non qualificati, quando però si configura l’attività tipica del reato di almeno una persona che possiede le qualità previste dalla Legge concorsuale. Per sanzionare il soggetto extraneus, come nel caso del custode, che non ricopriva incarichi nella governance societaria, occorre che fatti di bancarotta possano essere ascritti a uno dei soggetti tipici previsti dalla norma incriminatrice. Nel caso di specie, tale contestazione non è possibile in radice perché a impedirla c’è l’assoluzione dell’amministratore unico della società per non avere commesso il fatto.) [C. pen. V 16.9.2020, n. 29705, GD 2020].

    III. La bancarotta fraudolenta patrimoniale

    III.La bancarotta fraudolenta patrimoniale

    1 In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, anche l’esercizio di facoltà legittime che determini la stabile fuoriuscita di un bene dal patrimonio del fallito, impedendone l’apprensione da parte degli organi del fallimento, può costituire strumento di frode in danno dei creditori, ove siano rinvenibili indici di fraudolenza della distrazione. (Nella fattispecie, tali indici sono stati rinvenuti nel fatto che l’imputato aveva ceduto in comodato gratuito, a prescindere da qualsiasi causa riconducibile all’oggetto sociale, un’autovettura della società a un terzo estraneo, che l’aveva successivamente ceduta ad altri) [C. pen. V 23.6.2022, n. 37109, CED Cass. pen. 2022]. In tema di bancarotta fraudolenta, per distrazione, nel senso voluto dal legislatore all’art. 322, n. 1, CCII, deve intendersi qualunque fatto diverso dall’occultamento, dissimulazione, distruzione, dissipazione di beni e dalla fraudolenta esposizione di passività inesistenti, mediante il quale l’imprenditore faccia coscientemente uscire dal proprio patrimonio più beni al fine di impedirne l’apprensione da parte degli organi di fallimento [C. pen. 8.8.1988, Fabbri, RP 1989, 634]. Anche gli atti a titolo oneroso possono assumere valenza distrattiva se compiuti con finalità diverse rispetto a quelle compatibili con l’oggetto sociale e vi è un’accettazione preventiva, esplicita o implicita, del risultato negativo di una determinata operazione nei confronti della massa dei creditori [C. pen. V 21.6.2021, n. 38891, DeJure 2022]. Il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione è reato di pericolo e non è dunque necessario, per la sua sussistenza, la prova che la condotta abbia causato un effettivo pregiudizio ai creditori, il quale rileva esclusivamente ai fini della eventuale configurabilità dell’aggravante prevista dall’art. 219 CCII [C. pen. V 8.2.2012, n. 11633; C. pen. V 26.9.2011, n. 44933, CP 2012, 4205; C. pen. V 14.1.2010, n. 11899, Fall 2010, 995]. Il delitto di bancarotta distrattiva fraudolenta preconcorsuale è reato di pericolo, e, pertanto, ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento. Peraltro, trattandosi di reato di pericolo concreto, l’atto di depauperamento, incidendo negativamente sulla consistenza del patrimonio sociale, deve risultare idoneo a esporre a pericolo l’entità del patrimonio della società in relazione alla massa dei creditori, che deve permanere fino al tempo che precede l’apertura della procedura concorsuale, che infatti è anche il momento consumativo della fattispecie [C. pen. V 20.5.2022, n. 29850, GD 2022; C. pen. V 23.6.2017, n. 38396]. Il delitto di bancarotta fraudolenta è configurato anche in assenza di un nesso causale tra i fatti distrattivi e il successivo fallimento giacché la nozione di distrazione non è declinata teologicamente [C. pen. V 10.9.2020, n. 34979, DeJure 2021]. In tema di bancarotta fraudolenta, la sottrazione dei beni si perfeziona nel momento del loro distacco dal patrimonio della società con la conseguenza che il pagamento integrale dei crediti ammessi al passivo costituisce un posterius che non riveste alcuna incidenza sulla fattispecie giuridica in questione ormai perfetta [C. pen. V 16.3.2005, n. 17384, RP 2006, 876]. Ai fini dell’integrazione del reato di bancarotta fraudolenta distrattiva il distacco del bene dal patrimonio dell’imprenditore poi fallito - in cui si concreta l’elemento oggettivo del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale - può realizzarsi in qualsiasi forma e con qualsiasi modalità, non avendo incidenza la natura dell’atto negoziale con cui il distacco si compie. [C. pen. V 24.5.2022, n. 37062, D&G 2022; C. pen. V 14.3.2016, n. 29219, Ilfallimentarista.it 2016]. Il reato di cui all’art. 322, c. 1, n. 1, CCII, riguarda l’occultamento o la distrazione del bene. In tal senso va dunque ribadito che è esclusa la configurabilità di una distrazione in difetto di un effettivo distacco del bene dal patrimonio del fallito. Distacco che non necessariamente deve concretizzarsi in atti formali o risolversi nella giuridica estromissione del bene dal patrimonio, essendo sufficiente la sua destinazione ad uno scopo diverso da quello doveroso, ma che deve comunque risultare effettivo [C. pen. V 12.5.2021, n. 32312, D&G 2021]. Gli atti distrattivi possono rilevare ai fini della configurabilità della bancarotta fraudolenta patrimoniale pur se risalenti nel tempo, allorquando, pur cronologicamente lontana dalla sentenza dichiarativa di fallimento, la sottrazione di ricchezza abbia avuto ripercussioni nel tempo direttamente sull’impoverimento dell’asse patrimoniale, con diretto danno per la massa dei creditori [C. pen. I 20.4.2022, n. 19887, GD 2022]. Il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale ha natura di reato a condotta eventualmente plurima, che può essere realizzato con uno o più atti, senza che la loro ripetizione, nell’ambito dello stesso fallimento, dia luogo ad una pluralità di reati in continuazione, non venendo meno il carattere unitario del reato quando le condotte previste dall’art. 322 CCII siano tra loro omogenee, perché lesive del medesimo bene giuridico, e temporalmente contigue [C. pen. V 3.11.2020, n. 13382, CP 2021]. È configurabile il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione nella condotta di assunzione, in una situazione di grave e non fronteggiabile sofferenza debitoria, di ulteriori obbligazioni prive di apprezzabile collegamento con l’attività imprenditoriale [C. pen. V 3.11.2020, n. 141, CP 2021]. Anche un contratto di locazione può integrare gli estremi della bancarotta per distrazione ove sia stipulato in previsione del fallimento ed allo scopo di trasferire la disponibilità di tutti o dei principali beni aziendali ad altro soggetto giuridico [C. pen. V 3.11.2011, n. 9427; C. pen. V 2.10.2009, n. 49642, Fall 2010, 996; C. pen. V 27.11.2008, n. 46508, ivi 2009, 1352; C. pen. V 6.11.2006, n. 312; C. pen. V 16.3.1998, n. 3302, CP 1999, 2353]. Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione il fallito che utilizzi fondi dell’impresa, artificiosamente fatti figurare in contabilità come utili in realtà inesistenti, al fine di onorare debiti personali [C. pen. V 6.10.2011, n. 48520]. Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione il deposito di denaro su un conto corrente del quale una terza persona, estranea all’impresa poi fallita, abbia la concorrente disponibilità [C. pen. V 19.11.2010, n. 11800]. Integra il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e non quello di bancarotta preferenziale, la condotta dell’amministratore di una società che proceda al rimborso di finanziamenti da lui erogati in qualità di socio in violazione della regola della postergazione di cui all’art. 2467 c.c. [C. pen. V 30.4.2021, n. 24588, GD 2021]. In tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, ricorrono gli “indici di fraudolenza”, rilevanti per l’accertamento dell’elemento oggettivo della concreta pericolosità del fatto distrattivo e del dolo generico, nella condotta di partecipazione ad un sistema di emissione di fatture per operazioni inesistenti e di ricezione di assegni in assenza di prestazione, solo apparentemente pattuita, realizzato in prossimità del fallimento quando lo stato di dissesto sia già conclamato [C. pen. V 19.1.2021, n. 12052, CP 2021]. In tema di reati fallimentari, integra distrazione rilevante quale ipotesi di bancarotta fraudolenta il finanziamento erogato in favore di una società dello stesso gruppo che presenti una situazione economica tale da non potere corrispondere gli interessi, pur pattuiti, o garantire la conservazione della garanzia del credito e, dunque, in assenza di qualsiasi vantaggio compensativo per la società finanziatrice [C. pen. V 30.1.2019, n. 10633, CP 2020; C. pen. V 24.10.2016, n. 8008, Ilsocietario.it 2017; C. pen. V 7.6.2011, n. 37370, CP 2012, 4, 1846; C. pen. V 10.2.2010, n. 21251, Fall 2011, 681; C. pen. V 16.4.2009, n. 36595; C. pen. V 4.12.2007, n. 4410, GComm 2008, II, 764; C. pen. V 22.2.2007, n. 11019]. In materia di bancarotta patrimoniale, la mera circostanza della collocazione della società fallita all’interno di un gruppo non esclude la penale rilevanza del fatto, essendo necessaria a tale fine la sussistenza di uno specifico vantaggio, anche indiretto, che si dimostri idoneo a compensare gli effetti immediatamente negativi della operazione per la stessa società, trasferendo su quest’ultima il risultato positivo riferibile al gruppo [C. pen. V 27.9.2012, n. 44963; C. pen. V 6.10.2011, n. 48518; C. pen. V 17.12.2008, n. 1137, Fall 2009, 1353; C. pen. V 25.9.2008, n. 41293, ivi, 2009, 740]. In tema di bancarotta tra società infragruppo, i pagamenti in favore della controllante non integrano il reato di bancarotta per distrazione e possono essere ricondotti all’operatività del contratto a causa mista c.d. di cash pooling nel solo caso in cui ricorra la formalizzazione di tale negozio di conto corrente intersocietario, con puntuale regolamentazione dei rapporti giuridici ed economici interni al gruppo, posto che l’intera operazione di cash pooling può ritenersi inoffensiva in ragione dell’esistenza di compensazioni comunque realizzate per effetto della partecipazione della singola società apparentemente depredata al raggruppamento, secondo la logica dei vantaggi compensativi, essendovi evidenti benefici derivanti dal far parte di un gruppo di imprese legate da un rapporto di natura sinallagmatica [C. pen. V 24.5.2022, n. 37062, CED Cass. pen. 2022]. Integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la condotta dell’amministratore di una società esercente attività di broker assicurativo consistita nella cessione di contratti assicurativi in cambio del riconoscimento di rilevanti provvigioni personali, essendo tali rapporti contrattuali portatori di profitto per l’intermediario che favorisce la loro stipula, pur privo di potere dispositivo, secondo le regole del relativo mercato [C. pen. V 30.5.2012, n. 26996; C. pen. V 10.1.2012, n. 10778; C. pen. V 3.11.2011, n. 9427; C. II 17.11.2010, n. 42099; C. pen. V 6.11.2006, n. 3612, Fall 2007, 840]. Sussiste il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione qualora nell’erogazione di un finanziamento bancario ad una società venga interposta altra società poi dichiarata fallita, atteso che in tal caso lo schema utilizzato non è quello del negozio simulato, bensì quello del negozio indiretto che comporta l’effettivo, seppur temporaneo, transito nel patrimonio della fallita della somma oggetto del finanziamento [C. pen. V 16.11.2015, n. 11905, CED Cass. pen. 2016; C. pen. V 29.9.2011, n. 1323, GI 2012, 2123; C. pen. V 10.2.2010, n. 21251, Fall 2011, 246]. Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la scissione di una società, successivamente dichiarata fallita, attuata mediante conferimento delle attività produttive economicamente più rilevanti, qualora tale operazione, in sé astrattamente lecita, alla luce della effettiva situazione debitoria della società scissa, rechi consapevole danno al patrimonio aziendale ed alla capacità di soddisfare le ragioni del ceto creditorio nella prospettiva della procedura concorsuale [C. pen. V 27.5.2021, n. 29187, CED Cass. pen. 2021; C. pen. V 1.7.2020, n. 27930, CED Cass. pen. 2020; C. pen. V 13.11.2018, n. 1984, Ilfallimentarista.it 2019]. Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la concessione di una garanzia fideiussoria, senza corrispettivo e per una finalità estranea all’oggetto sociale, che determina di per sé ed automaticamente un pregiudizio economico per la società fallita [C. pen. V 3.2.2021, n. 9316, CP 2021]. Costituisce bancarotta per distrazione il fatto di prestare garanzie fideiussorie a favore di una terza società senza alcun corrispettivo e senza alcuna ragione perché ciò espone la società garante del rischio, in caso di inadempimento della società garantita, di essere escussa sui propri beni con conseguente diminuzione della garanzia patrimoniale dei creditori [C. pen. V 19.2.2004, n. 12564, GI 2005, 133]. Il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione sussiste anche nel caso di imprese collegate tra loro, qualora gli atti di disposizione patrimoniale, privi di seria contropartita, siano eseguiti a favore di una società del medesimo gruppo, poiché il collegamento societario ha natura meramente economica e non scalfisce il principio di autonomia della singola persona giuridica [C. pen. V 1.7.2002, n. 19896, RP 2003, 363]. In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, l’attività distrattiva dell’imprenditore bancario non deve essere valutata secondo regole sue proprie, connesse alla complessità dell’attività creditizia, ma, al pari di ogni altra attività d’impresa, sotto il profilo dell’elemento materiale e soggettivo della fattispecie di reato di cui all’art. 322 l. fall. (in applicazione del principio, si è ritenuta sussistente la responsabilità per il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale degli amministratori di un istituto di credito che avevano disposto, nel proprio interesse e di terzi, la concessione di affidamenti o finanziamenti senza le necessarie garanzie, in contrasto con le finalità del corretto esercizio dell’attività creditizia) [C. pen. V 3.11.2020, n. 13382, CP 2021]. Commette il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione il mandatario, con o senza rappresentanza, che abbia acquisito la disponibilità di beni o somme di denaro in nome e per conto o nell’interesse del mandante, confondendoli con il suo patrimonio od omettendo di provvedere a riversarli, quando, intervenuto il fallimento dello stesso mandatario, tali beni illecitamente ritenuti non siano rinvenuti, senza valida giustificazione, nel suo patrimonio [C. pen. V 19.10.2020, n. 37525, CED Cass. pen. 2021]. In tema di bancarotta fraudolenta distrattiva, si ha pluralità di reati laddove le singole condotte, riconducibili alle azioni tipiche previste dalle singole fattispecie incriminatrici, siano distinte sul piano ontologico, psicologico e funzionale e abbiano a oggetto beni specifici differenti. (In motivazione, la Corte ha evidenziato che, diversamente, non si ha pluralità di reati nel caso in cui le condotte previste dall’art. 322 CCII, realizzate con più atti, siano tra loro omogenee, perché lesive del medesimo bene giuridico e temporalmente contigue) [C. pen. V 1.4.2022, n. 17799, CP 2022, 4089]. La bancarotta riparata si configura, determinando l’insussistenza dell’elemento materiale del reato, quando la sottrazione dei beni venga annullata da un’attività di segno contrario, che reintegri il patrimonio dell’impresa prima della soglia cronologica costituita dalla dichiarazione di fallimento, così annullando il pregiudizio per i creditori o anche solo la potenzialità di un danno. Ai fini della configurabilità della bancarotta riparata è onere dell’amministratore che si è reso responsabile di atti di distrazione e sul quale grava una posizione di garanzia rispetto al patrimonio sociale, provare l’esatta corrispondenza tra i versamenti compiuti con finalità reintegratoria e gli atti distrattivi commessi [C. pen. I 20.4.2022, n. 19887, GD 2022]. In tema di bancarotta fraudolenta per occultamento, il verbo occultare, adoperato dall’art. 322 CCII, secondo il suo preciso significato filologico, definisce sia il comportamento del fallito che nasconde materialmente i suoi beni in modo che il curatore non possa apprenderli, sia il comportamento del fallito che, mediante atti o contratti simulati, faccia apparire come non più suoi beni che continuano ad appartenergli, in modo da celare una situazione giuridica che consentirebbe di assoggettare detti beni all’azione esecutiva concorsuale [C. pen. V 15.11.2007, n. 46921, Fall 2008, 466]. L’ipotesi criminosa dell’omessa dichiarazione di beni, prevista dall’art. 220 CCII, si differenzia da quella di bancarotta fraudolenta per occultamento, contemplata dall’art. 322, perché nel primo caso è sufficiente che il fallito non faccia menzione della esistenza di un bene del suo patrimonio, mentre nel secondo caso è necessario che svolga un ulteriore attività, diretta a celare l’esistenza del bene, nascondendolo materialmente oppure facendolo apparire, con atti simulati, di proprietà altrui [C. pen. 10.5.1983, Calzolari, RP 1984]. Integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale la distrazione o l’occultamento di diritti derivanti da un rapporto contrattuale, rientrando tali diritti nel patrimonio dell’imprenditore fallito. (Fattispecie relativa all’occultamento alla curatela di un contratto preliminare stipulato da una ditta di costruzioni, poi fallita, relativo all’acquisto di alcuni immobili facenti parte di un complesso in costruzione risolutivamente condizionato alla conclusione dei lavori entro un certo termine) [C. pen. V 25.2.2020, n. 12946, CP 2020]. Ai fini della sussistenza della dissimulazione nella bancarotta fraudolenta non è necessario che sia realmente conseguito il risultato al quale tende l’attività diretta a diminuire fittiziamente il patrimonio del fallito, bastando semplicemente la condotta volta alla dissimulazione [C. pen. 6.6.1988, Ferlicca, Gpen 1989, II, 397]. Il reato di bancarotta fraudolenta per dissipazione si differenzia da quello di bancarotta semplice di cui all’art. 323, n. 2, CCII, perché mentre nel primo caso si richiede un cosciente e volontario atto di dispersione del patrimonio, nel secondo è sufficiente una iniziativa imprudente ed avventata [C. pen. V 19.10.2011, n. 47040, Fall 2012, 1003; C. pen. 23.11.1981, Alecce, ivi 1982, 1181; C. pen. V 23.13.2002, n. 38835, RP 2004, 470]. Il delitto di bancarotta fraudolenta per dissipazione si distingue da quello di bancarotta semplice per consumazione del patrimonio in operazioni aleatorie o imprudenti sotto il profilo oggettivo, per l’inconciliabilità con lo scopo sociale e l’incoerenza con il soddisfacimento delle esigenze dell’impresa delle operazioni poste in essere, e soggettivo, per la consapevolezza, da parte dell’autore della condotta, di diminuire il patrimonio societario per scopi del tutto estranei all’oggetto sociale [C. pen. V 10.9.2020, n. 34979, CP 2021, 1660]. La fattispecie di bancarotta fraudolenta per dissipazione si distingue da quella di bancarotta per distrazione perché richiede, sotto il profilo oggettivo, l’incoerenza assoluta, nella prospettiva delle esigenze dell’impresa, delle operazioni poste in essere e, sotto il profilo soggettivo, la consapevolezza dell’autore della condotta di diminuire il patrimonio della stessa per scopi del tutto estranei alla medesima [C. pen. V 17.9.2014, n. 5317, GD 2015]. In tema di reato di bancarotta fraudolenta, costituiscono condotte di dissipazione o distrazione del patrimonio societario le erogazioni a favore dei dipendenti effettuate con denaro o altri beni della società poi dichiarata fallita che non avvengano in cambio di adeguata contropartita o che non siano assistite da valide garanzie e tali, comunque, da non corrispondere ad un interesse economico della società medesima [C. pen. V 11.1.2013, n. 20829]. In tema di reati fallimentari, ai fini della configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta per dissipazione, non può trovare applicazione la regola del cd. “business judgement rule” - criterio di valutazione della responsabilità civile degli amministratori della società nei confronti dell’ente. [C. pen. V 15.10.2020, n. 7437, CP 2021, 1976].

    2 In tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, la locuzione legislativa si riferisce a tutti gli elementi del patrimonio dell’imprenditore, consistenti in beni materiali, suscettibili di utilizzazione o trasformazione immediata, in diritti di credito, in beni strumentali ed in beni futuri, che non si riducano a mere aspettative, purché essi valgano ad integrare quel complesso di rapporti giuridici, valutabili economicamente, di cui è titolare l’imprenditore medesimo, con la correlativa possibilità che sui medesimi incida l’illecita manomissione ai danni dei creditori, a favore dei quali l’art. 2740 c.c. attribuisce un diritto di garanzia sul patrimonio del debitore [C. pen. 24.9.1984, Pompeo, RP 1985, 492]. In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, possono formare oggetto di distrazione, oltre ai beni propri della società fallita, anche quelli che rientrino nella sua autonoma disponibilità e che costituiscano il patrimonio dei rapporti attivi facenti capo all’azienda, sicché il delitto è configurabile a carico dell’amministratore di una società fiduciaria che abbia distratto le somme a questa affidate dai singoli clienti [C. pen. V 25.5.2022, n. 27410, CED Cass. pen. 2022]. Ai fini della configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta è necessario che la distrazione sia riferita a rapporti giuridicamente ed economicamente valutabili riferibili alla società fallita, con la conseguenza che non possono costituire oggetto di distrazione le quote sociali appartenenti ai singoli soci, a prescindere dalla fittizietà o meno della loro cessione [C. pen. V 5.3.2020, n. 12949, CP 2020, 4684]. Integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale di cui all’art. 322, c. 1, CCII, la mancata riscossione di un credito, poiché oggetto delle condotte di depauperamento è il patrimonio in senso lato, comprensivo non solo dei beni materiali ma anche di entità immateriali, fra cui rientrano le ragioni di credito che concorrono alla formazione dell’attivo patrimoniale [C. pen. V 4.11.2019, n. 49438, CP 2020, 2089; C. pen. V 15.11.2018, n. 57153, CED Cass. pen. 2019]. Integra il reato di bancarotta fraudolenta la risoluzione, nell’imminenza della dichiarazione di fallimento, di un contratto di compravendita con patto di riservato dominio, cui segua la consegna al venditore dei beni acquistati, rientrando anch’essi nel complesso dei rapporti giuridici economicamente valutabili facenti capo all’imprenditore. (Fattispecie relativa alla risoluzione del contratto di vendita in esecuzione di un accordo transattivo conseguente all’inadempimento, in cui la Corte ha precisato che, in caso di fallimento dell’acquirente con patto di riservato dominio, ai sensi dell’art. 73 CCII, solo qualora il curatore ritenga di non subentrare nel contratto, acquisendo i beni al fallimento, il venditore può sciogliersi dal contratto, ottenendo la restituzione della cosa, corrispondendo al fallimento le rate riscosse ed insinuandosi al passivo per il credito determinato dall’utilizzo del bene) [C. pen. s.u. 28.2.2019, n. 28910, CED Cass. pen. 2019; C. pen. 22.11.1988, Sestili, GI 1989, 2, 283]. Integra il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale la sottrazione o dissipazione di un bene pervenuto alla società fallita a seguito di contratto di leasing, anche se i canoni di locazione sono stati solo parzialmente corrisposti dalla fallita prima della dichiarazione di fallimento, in quanto la perdita del valore del bene, suscettibile di riscatto, e l’onere economico derivante dall’inadempimento dell’obbligo di restituzione verso il concedente determina un pregiudizio per la massa concorsuale, a prescindere dalla sorte del debito derivante dalla mancata corresponsione dei canoni [C. pen. V 23.3.2022, n. 18444, D&G 2022; C. pen. V 5.10.2021, n. 2653, GD 2022; C. pen. V 13.2.2020, n. 15403, CED Cass. pen. 2020]. In tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, premesso che, in linea di principio, la distrazione può sussistere anche quando abbia ad oggetto beni di cui l’imprenditore fallito disponeva in forza di un contratto di locazione finanziaria, deve tuttavia ritenersi che la mera esistenza di un tale contratto ha un rilievo di per sé neutro, dovendosi poi in concreto verificare, ai fini della configurabilità di un effettivo danno alla massa dei creditori, se la locazione finanziaria in atto avesse un valore positivo, in quanto con il pagamento di poche, residue rate del prezzo pattuito il curatore avrebbe potuto acquisire vantaggiosamente la titolarità del bene, ovvero avesse un valore negativo, in quanto il pagamento delle rate residue avrebbe rappresentato soltanto un onere a carico del fallimento [C. pen. V 21.5.2010, n. 29757, Fall 2011, 631; C. pen. V 23.4.2003, n. 30492, RP 2005, 246; C. pen. V 17.1.1997, n. 2038]. Integra il reato di bancarotta fraudolenta impropria patrimoniale la cessione di un ramo d’azienda “a prezzo vile” e senza accollo dei debiti da parte della cessionaria, anche se partecipata quasi per l’intero dalla cedente, in quanto l’operazione non realizza un automatico incremento del valore della partecipazione societaria in termini corrispondenti a quello del complesso aziendale ceduto, trattandosi di “asset” eterogenei, il cui valore dipende dalla situazione debitoria e dall’andamento della società partecipata [C. pen. V 19.10.2021, n. 42218, CP 2022]. Integra il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione la condotta di cessione, con contratto di sale and lease back, di un immobile mediante imputazione di parte del prezzo ai canoni dovuti all’acquirente da una società terza concessionaria, riconducibile alla medesima titolarità dell’alienante, con compensazione del credito di questa, privo di titolo giustificativo, nei confronti della cedente, poi fallita, in quanto operazione avente valenza distrattiva o dissipativa del patrimonio, per la sostanziale rinuncia a parte del corrispettivo della cessione con effetto di liberalità in favore della società ad essa collegata [C. pen. V 3.3.2020, n. 12748, CED Cass. pen. 2020]. Costituisce condotta idonea ad integrare un fatto distrattivo riconducibile all’area d’operatività dell’art. 322, c. 1, n. 1, CCII, l’affitto dei beni aziendali per un canone incongruo e mai riscosso che comporti la sostanziale privazione, per la società fallita, dei suoi beni strumentali [C. pen. V 28.11.2019, n. 12456, CP 2021]. Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la dismissione di beni strumentali obsoleti distaccati dal patrimonio sociale in assenza di utile o corrispettivo, trattandosi di beni la cui consistenza economica, sebbene minima, esigua o ridottissima, è idonea comunque a costituire garanzia per i creditori [C. pen. V 3.6.2021, n. 31680, CP 2022]. Non è configurabile l’ipotesi di bancarotta “riparata” nel caso in cui il socio e amministratore che abbia posto in essere condotte distrattive, ceda prima del fallimento le proprie quote, ottenendo dall’acquirente manleva per i debiti pregressi nei confronti della società, compresi quelli derivanti dalle sottrazioni illecite [C. pen. 23.4.2013, n. 28514]. Non configura la bancarotta cosiddetta “riparata” la restituzione dell’importo ricevuto o sottratto mediante mere operazioni contabili (c.d. “giri” di denaro) tra società del medesimo gruppo, senza nuovi apporti finanziari esterni, trattandosi di un “adempimento apparente”, inidoneo a reintegrare, nella sua effettività ed integralità, il patrimonio dell’impresa prima della dichiarazione dello stato di insolvenza e ad annullare il pregiudizio per i creditori [C. pen. V 3.11.2020, n. 13382, CP 2021]. Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione l’acquisto da parte dell’amministratore, con denaro della società amministrata, di titoli azionari a lui nominativamente intestati e, quindi, mai entrati nella disponibilità giuridica e di fatto della società stessa, pur essendo stati iscritti nelle scritture contabili sociali [C. pen. s.u. 15.7.2010, n. 36551, Fall 2011, 495]. In tema di fallimento di una società di persone, la condotta del socio che recede che, nell’esercizio del diritto a vedersi liquidata la sua quota, prelevi dalle casse sociali somme asseritamente corrispondenti al credito vantato nei confronti della società senza alcuna indicazione di elementi oggettivi che consentano un’adeguata valutazione delle modalità di determinazione della congruità della somma, costituisce atto di disposizione patrimoniale intrinsecamente arbitrario che, in quanto idoneo a esporre a pericolo le ragioni dei creditori, integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione [C. pen. V 22.2.2022, n. 17092, CED Cass. pen. 2022]. L’amministratore che si ripaghi di un proprio credito verso la società risponde del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e non di bancarotta preferenziale, non potendo scindersi la sua qualità di creditore da quella di amministratore, come tale vincolato alla società dall’obbligo di fedeltà e da quello della tutela degli interessi sociali nei confronti dei terzi [C. pen. V 14.6.2018, n. 50495, CED Cass. pen. 2019; C. pen. V 30.5.2012, n. 25292; C. VI 27.3.2008, n. 17616, GI 2009, 436; C. pen. V 22.6.2007, n. 27343; C. pen. V 13.4.2007, n. 19557, Fall 2007, 1372]. Il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale (o indicati con analoga dizione), integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della società; al contrario il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie di bancarotta preferenziale [C. pen. V 20.11.2020, n. 852, D&G 202]. Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la condotta dell’amministratore che prelevi dalle casse sociali somme a lui spettanti come compensi per la carica ricoperta, qualora tali compensi, solo genericamente indicati nello statuto e non giustificati da dati ed elementi di confronto che ne consentano una oggettiva valutazione, siano stati determinati nel loro ammontare con una delibera dell’assemblea dei soci adottata “pro forma”, al solo fine di giustificare l’indebito prelievo [C. pen. V 16.11.2020, n. 3191, CP 2021, 1780; C. pen. V 5.6.2018, n. 30105, CED Cass. pen. 2018; C. pen. V 19.7.2017, n. 49509; C. pen. V 12.6.2014, n. 11405, D&G 2015]. Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la rottamazione di giacenze di magazzino, anche se correttamente giustificata dal punto di vista materiale, effettuata in assenza di elementi contabili individuanti un valore dei beni pari a zero in base alla normativa fiscale, operando la “rottamazione contabile” e quella “materiale” su piani non necessariamente coincidenti [C. pen. V 11.1.2022, n. 8921, CP 2022]. I frutti che l’imprenditore si procura attraverso attività criminosa entrano a far parte del patrimonio del fallito e diventano cespiti sui quali i creditori possono pretendere di soddisfare le loro ragioni, con la conseguenza che le eventuali sottrazioni operate su di essi configurano, in caso di dichiarazione di fallimento dell’imprenditore, il reato di bancarotta per distrazione [C. pen. III 3.4.1992, Duval; C. pen. 19.2.1990, Giacuzzi].

    3 In tema di prova del delitto di bancarotta fraudolenta, il mancato rinvenimento, all’atto della dichiarazione di fallimento, di beni o utilità nella disponibilità della società fallita costituisce circostanza idonea a fondare la ragionevole presunzione della loro distrazione, in mancanza di giustificazione, da parte dell’imputato, in ordine alla loro destinazione al soddisfacimento di esigenze della società o al perseguimento dei relativi fini, senza che ciò possa implicare indebita inversione dell’onere probatorio, per cui la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, ad opera dell’amministratore, della destinazione dei beni suddetti. [C. pen. V 23.11.2015, n. 6199, RDottComm 2016, 458; C. pen. V 10.6.1998, n. 2876, CP 2000, 3449]. In tema di prova della bancarotta per distrazione ben può operare il meccanismo della presunzione dalla dolosa distrazione, rilevante, ai sensi dell’art. 192 c.p.p., al fine di affermare la responsabilità dell’imputato, nel caso di un ingiustificato mancato rinvenimento, all’atto della dichiarazione di fallimento, di beni e valori societari, a condizione che sia accertata la previa disponibilità, da parte dell’imputato, di detti beni o attività nella loro esatta dimensione e al di fuori di qualsivoglia presunzione [C. pen. V 20.5.2022, n. 29850, GD 2022; C. pen. V 17.6.2010, n. 35882; C. pen. V 9.10.2008, n. 44891, Fall 2009, 1001; C. pen. V 15.2.2008, n. 10742, ivi 2008, 1223]. In tema di bancarotta fraudolenta, la prova della distrazione può essere desunta dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della destinazione al soddisfacimento delle esigenze della società dei beni risultanti dagli ultimi documenti attendibili, anche risalenti nel tempo (nella specie, anteriori di tre anni rispetto alla dichiarazione di fallimento), redatti prima di interrompere l’esatto adempimento degli obblighi di tenuta dei libri contabili [C. pen. V 10.12.2018, n. 6548, CED Cass. pen. 2019; C. App. Ancona 26.4.2022, n. 117, DeJure 2022]. In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla condotta dell’amministratore che ometta di indicare al curatore l’esistenza, destinazione ed ubicazione di beni aziendali (nella specie rinvenuti dal curatore solo a seguito di ricerche e verifiche documentali), trattandosi di una condotta post-concorsuale intrinsecamente e concretamente pericolosa e non già di una iniziativa assunta nel corso della gestione sociale di cui si debba sindacare “ex post” la pericolosità [C. pen. V 4.10.2021, n. 669, CP 2022, 2733]. La prova della distrazione o dell’occultamento può essere desunta dalla mancata dimostrazione, ad opera dell’amministratore, della destinazione dei beni che soltanto egli, quale responsabile oltre che artefice della gestione, può rendere [C. pen. V 20.9.2021, n. 4226, DeJure 2022]. La cessione delle quote societarie al prezzo nominale e, come risultante dalla stipulazione, pagate in contanti e pertanto non tracciabili, lascia presumere la falsità dell’operazione unitamente all’assenza delle scritture contabili relative alle annualità poco precedenti al fallimento lasciando presumere una condotta volutamente nell’ombra allo scopo di frodare i creditori e trarre vantaggio delle quote attive, mediante distrazione [C. App. Napoli 19.4.2022, n. 4510, DeJure 2022]. La responsabilità dell’amministratore della società per il reato di bancarotta fraudolenta distrattiva non può essere desunta dalle sole movimentazioni ed annotazioni di cassa della contabilità evidenziata dal curatore in assenza e in caso di inattendibilità delle scritture contabili e fiscali [T. Pescara 7.4.2022, n. 566, DeJure 2022]. Quando sia provato che l’imprenditore ha avuto a disposizione determinati beni, ove non abbia saputo rendere conto del loro mancato reperimento o non abbia saputo giustificarne la destinazione per le effettive necessità dell’impresa, si deve dedurre che li ha dolosamente distratti, posto che il fallito ha l’obbligo giuridico di fornire la dimostrazione della destinazione data ai beni acquisiti al suo patrimonio, con la conseguenza che dalla mancata dimostrazione può essere legittimamente desunta la prova della distrazione o dell’occultamento. Ne consegue che deve ritenersi accertata la bancarotta allorché vi sia consistente divario tra la massa attiva e quella parte della massa passiva, che non trova adeguata giustificazione nelle necessità economiche dell’impresa, o non ne trova alcuna [C. pen. V 17.4.2013, n. 22894; C. pen. V 17.5.1993, n. 7726, RP 1994, 639; C. pen. V 11.6.1999, n. 7569, GP 2000, II, 316; T. Napoli 28.1.2022, n. 407, GD 2022]. Ai fini dell’accertamento della distrazione o sottrazione di beni sociali occorre, in primis, fornire prova della loro effettiva previa esistenza e consistenza, prova che pur potendo riposare sulle risultanze degli ultimi documenti attendibili non dà luogo ad alcun automatismo, non può fondarsi sulla presunzione di attendibilità dei libri e delle scritture contabili dell’impresa né può avere a riferimento i dati contenuti nel bilancio [C. pen. V 15.9.2021, n. 39507, DeJure 2022]. In tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, per escludere la natura distrattiva di un’operazione tra società appartenenti a un gruppo, non è sufficiente allegare tale natura intrinseca, dovendo invece l’interessato fornire l’ulteriore dimostrazione del vantaggio compensativo ritratto dalla società che subisce il depauperamento in favore degli interessi complessivi del gruppo societario cui essa appartiene [C. pen. V 17.2.2022, n. 12198, GD 2022]. In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per escludere la natura distrattiva di un’operazione infragruppo invocando il maturarsi di vantaggi compensativi, si richiede che l’interessato dimostri il saldo finale positivo delle operazioni compiute nella logica e nell’interesse del gruppo, ovvero la concreta e fondata prevedibilità di vantaggi compensativi, ex art. 2634 c.c., per la società apparentemente danneggiata, elemento indispensabile per considerare lecita l’operazione temporaneamente svantaggiosa per la società depauperata [C. pen. V 2.3.2021, n. 25264, CP 2022, 3140]. Integra il reato di bancarotta fraudolenta documentale (art. 322, c. 1, n. 2, CCII) il mancato rinvenimento dei “partitari”, in quanto, ai fini della configurabilità del reato in questione, assumono rilevanza le condotte fraudolente che abbiano ad oggetto scritture contabili anche diverse da quelle la cui tenuta è obbligatoria ai sensi dell’art. 2214 c.c., alle quali fa esclusivo riferimento l’art. 323, c. 2, ma non anche l’art. 322, c. 1, n. 2, CCII [C. pen. V 20.4.2012, n. 22593].

    4 Non sussiste il reato di esposizione o riconoscimento di passività inesistenti, previsto dall’art. 322, n. 1, CCII, allorché l’esposizione o il riconoscimento vengano effettuati esclusivamente verso il soggetto attivo dell’obbligazione simulata [C. pen. 2.3.1990, Marazzini]. In tema di bancarotta l’attività volta a ledere la garanzia dei creditori con la simulazione della presenza di crediti inesistenti ed esposizioni di passività in bilancio inesistenti deve essere provata. (Nel caso di specie si trattava di una scrittura privata di riconoscimento di debito redatta dieci anni prima del fallimento con una dichiarazione di conformità del notaio e pertanto la scrittura privata di riconoscimento di debito non è apparsa simulata) [T. Pescara 21.2.2018, n. 269, DeJure 2018].

    5 In tema di bancarotta per distrazione, per verificare la sussistenza del dolo appare sufficiente accertare che l’atto dispositivo che ha comportato diminuzione patrimoniale sia privo di sinallagma rispondente al fine istituzionale dell’impresa e, poiché per la realizzazione del reato è richiesto il dolo generico (ravvisabile, a volte, in re ipsa), la divergenza obiettiva dell’atto di disposizione da tale fine (che è l’unico cui devono ispirarsi gli atti di gestione), dà sufficientemente conto della direzione del volere dell’agente, essendo del tutto irrilevanti i motivi che hanno determinato il comportamento del soggetto [C. pen. V 14.12.2012, n. 3229, S 2013, 606; C. pen. V 26.9.2011, n. 44933, CP 2012, 4, 4205; C. pen. V 24.3.2010, n. 16579, Fall 2011, 118; C. pen. V 14.1.2010, n. 11899, ivi 2010, 995; C. pen. 2.10.2009, n. 49635, ibidem, 995; C. pen. V 13.1.2009, n. 9299, cit., 1479; C. pen. V 21.9.2007, n. 39043, DFSC 2008, II, 205; C. pen. V 19.2.2004, n. 29241, GD 2004, 87; C. pen. I 27.2.1997, n. 4472, CP 1998, 1487]. Ai fini della configurabilità della bancarotta per distrazione è richiesto il dolo generico, che consiste nella coscienza e volontà di mettere a rischio le garanzie patrimoniali poste a tutela dei creditori della società con le operazioni compiute [C. pen. V 5.6.2003, n. 36629, RP 2004, 1243]. Il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione è reato a dolo generico, per la cui sussistenza non è necessaria non solo la volontà di cagionare il fallimento, ma neanche la consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa, né lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, essendo sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte, con la rappresentazione della pericolosità della condotta distrattiva, da intendersi come probabilità dell’effetto depressivo sulla garanzia patrimoniale che la stessa è in grado di determinare e, dunque, la rappresentazione del rischio di lesione degli interessi creditori tutelati dalla norma incriminatrice [C. pen. V 17.2.2022, n. 12198, GD 2022; C. pen. V 28.2.2017, n. 14846, Ilsocietario.it 2017, C. pen. V 13.5.2014, n. 37505]. Per la sussistenza del delitto di bancarotta fraudolenta mediante esposizione o riconoscimento di passività insussistenti, di cui all’art. 322, c. 1, n. 1, CCII è richiesta la presenza del dolo specifico, rappresentato dallo scopo di recare pregiudizio ai creditori [C. pen. V 26.10.2004, n. 45431, RP 2006, 135].

    IV. Bancarotta fraudolenta documentale

    IV.Bancarotta fraudolenta documentale

    1 L’oggetto del reato di bancarotta fraudolenta documentale può essere rappresentato da qualsiasi documento contabile relativo alla vita dell’impresa, dal quale sia possibile conoscere i tratti della sua gestione, diversamente da quanto previsto per l’ipotesi di bancarotta semplice documentale, in relazione alla quale l’oggetto del reato è individuato nelle sole scritture obbligatorie [C. pen. V 22.9.2021, n. 37459, CED Cass. pen. 2021; C. pen. V 23.9.2015, n. 44886, GD 2016, 2209]. Sussiste il reato di bancarotta fraudolenta documentale anche quando la documentazione possa essere ricostruita aliunde, poiché la necessità di acquisire i dati documentali presso terzi costituisce riprova che la tenuta dei libri e delle altre scritture contabili era tale da rendere, se non impossibile, quantomeno molto difficoltosa la ricostruzione del patrimonio o del movimento di affari [C. pen. V 21.2.2020, n. 21028, CED Cass. pen. 2020; C. pen. V 12.11.2014, n. 2809, CED Cass. pen. 2015; in senso contrario, C. pen. V 2.12.2010, n. 4550; C. pen. V 16.4.2009, n. 36595, S 2010, 886; C. pen. V 4.7.1991, Minuto]. Il reato di bancarotta fraudolenta documentale non può avere ad oggetto il bilancio, non rientrando quest’ultimo nella nozione di libri e scritture contabili prevista dalla norma di cui all’art. 322, c. 1, n. 2, CCII Tale ragionamento può essere esteso alla bancarotta documentale semplice, dal momento che la norma punitiva utilizza le stesse nozioni cui è ancorata l’interpretazione citata [C. pen. V 4.7.2019, n. 37878, D&G 2019; C. pen. V 19.06.2018, n. 42568, CED Cass. pen. 2018; C. pen. V 4.10.2016, n. 47683, CED Cass. pen. 2017]. In caso di annotazioni mendaci contenute nel bilancio non si può parlare di bancarotta fraudolenta documentale, trattandosi di condotta che rientra nell’alveo delle false comunicazioni sociali [C. pen. V 5.10.2016, n. 46958, Ilsocietario.it 2016]. La falsificazione dei libri sociali risulta esterna alla sfera punitiva degli artt. 322, c. 1, n. 2 e 323, c. 2, CCII, a condizione che l’alterazione del vero (o la sottrazione, distruzione) non incida direttamente ed immediatamente sulla rappresentazione contabile dei fatti di gestione [C. pen. V 27.5.2019, n. 34146, Ilfallimentarista.it 2019]. In tema di bancarotta documentale, la condotta di falsificazione delle scritture contabili prevista dalla prima parte dell’art. 322, c. 1, n. 2, CCII può avere natura tanto materiale che ideologica, consistendo comunque nella manipolazione di una realtà contabile già definitivamente formata; diversamente, la bancarotta documentale generica prevista dalla seconda parte della norma si realizza sempre con una falsità ideologica contestuale alla tenuta della contabilità, e cioè mediante l’annotazione originaria di dati oggettivamente falsi o l’omessa annotazione di dati veri, realizzata con le ulteriori connotazioni modali descritte dalla norma incriminatrice. (In applicazione del principio, la Corte ha qualificato come bancarotta documentale generica una condotta consistita nell’annotazione in contabilità di importi inferiori rispetto a quelli fatturati ed incassati, con conseguente occultamento dell’effettivo volume di affari) [C. pen. V 13.1.2020, n. 5081, CED Cass. pen. 2020; C. pen. V 17.12.2010, n. 3115; C. pen. V 19.4.2010, n. 21588, Fall 2011, 375]. Ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta fraudolenta documentale sono considerate condotte equivalenti la distruzione, l’occultamento o la mancata consegna al curatore della documentazione, così come l’omessa, irregolare o incompleta tenuta delle scritture contabili [C. pen. I 14.11.2014, n. 9958, D&G 2015]. Integra il reato di bancarotta documentale fraudolenta, e non di quello di bancarotta semplice, l’omessa tenuta della contabilità interna quando lo scopo dell’omissione è quello di recare pregiudizio ai creditori, impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali [C. pen. V 7.11.2019, n. 18320, CED Cass. pen. 2020; C. pen. V 22.1.2015, n. 11115, CED Cass. pen. 2015: C. pen. V 11.4.2012, n. 25432; C. pen. V 16.2.2010, n. 11279, Fall 2010, 995; C. pen. V 11.6.2009, n. 33233, ibidem, 495]. Il delitto di bancarotta fraudolenta documentale è configurabile anche quando le violazioni o le irregolarità contabili sono state commesse per occultare altri fatti costituenti reato, non potendosi invocare al riguardo l’effetto scriminante del diritto di difesa [C. pen. V 7.3.2012, n. 18962; C. pen. V 17.12.2010, n. 3114]. Nel reato di bancarotta fraudolenta documentale l’interesse tutelato non è circoscritto ad una mera informazione sulle vicende patrimoniali e contabili della impresa, ma concerne una loro conoscenza documentata e giuridicamente utile, sicché il reato sussiste, non solo quando la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari del fallito si renda impossibile per il modo in cui le scritture contabili sono state tenute, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficoltà superabili solo con particolare diligenza [C. pen. V 15.2.2021, n. 8960, GD 2022; C. pen. V 1.3.2019, n. 34111, GD 2019; C. pen. V 26.9.2018, n. 1925, CED Cass. pen. 2019; C. pen. V 22.5.2015, n. 45174, CED Cass. pen. 2016]. È configurabile il delitto di bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 322, c. 1, n. 2, parte I, l. fall., nella mancata consegna del libro dei verbali del collegio sindacale allorché tale libro sociale incida sulla ricostruzione del patrimonio e degli affari nella prospettiva di tutela degli interessi della procedura, che è volta a garantire gli interessi dei creditori, coerentemente con il dolo specifico richiesto dalla specifica ipotesi del fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori [C. pen. V 22.9.2016, n. 4134, CED Cass. pen. 2017]. Il reato previsto dagli artt. 16, c. 1, n. 3, e 220 CCII, relativo all’inosservanza dell’obbligo di deposito delle scritture contabili, nonché quello di bancarotta documentale semplice, devono ritenersi assorbiti dalla fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale per omessa tenuta delle scritture contabili, qualora i fatti addebitati abbiano ad oggetto le medesime scritture contabili, in quanto, a fronte dell’omogeneità della struttura e dell’interesse sotteso alle predette figure di reato, prevale la fattispecie più grave, connotata dall’elemento specializzante del dolo specifico [C. pen. V 26.10.2021, n. 118, GD 2022; C. pen. V 16.11.2020, n. 3190, CED Cass. pen. 2021; C. pen. V 12.11.2014, n. 2809, CED Cass. pen. 2015]. In tema di reati fallimentari, il regime tributario di contabilità semplificata, previsto per le cosiddette imprese minori, non comporta l’esonero dall’obbligo di tenuta dei libri e delle scritture contabili previsto dall’art. 2214 c.c., con la conseguenza che il suo inadempimento può integrare - ove preordinato a rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio dell’imprenditore - la fattispecie incriminatrice del reato di bancarotta fraudolenta documentale [C. pen. V 30.10.2014, n. 52219, CED Cass. pen. 2015].

    2 In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’imprenditore non è esente da responsabilità per il fatto che la contabilità sia stata affidata a soggetti forniti di specifiche cognizioni tecniche, in quanto, non essendo egli esonerato dall’obbligo di vigilare e controllare le attività svolte dai delegati, sussiste una presunzione semplice, superabile solo con una rigorosa prova contraria, che i dati siano stati trascritti secondo le indicazioni fornite dal titolare dell’impresa [C. pen. V 30.11.2020, n. 36870, CP 2021]. Risponde del reato di bancarotta fraudolenta quale extraneus in concorso con gli amministratori della società fallita, il commercialista che abbia omesso la verifica della corrispondenza alla documentazione dei dati comunicati dagli amministratori, ai fini delle necessarie annotazioni nelle scritture contabili e della successiva redazione del bilancio concorsuale [C. pen. V 18.12.2000, n. 13115, Fall 2001, 1121]. Concorre in qualità di “extraneus” nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale il consulente contabile che, consapevole dei propositi distrattivi dell’imprenditore o dell’amministratore di una società in dissesto, fornisca a questi consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori o li assista nella conclusione dei relativi negozi, ovvero svolga un’attività diretta a garantire l’impunità o a rafforzare, con il proprio ausilio e con le proprie preventive assicurazioni, l’altrui progetto delittuoso [C. pen. V 8.2.2021, n. 18677, CP 2021; C. pen. III 20.10.2020, n. 6164, D&G 2021; C. pen. V 27.6.2012, n. 39387; C. pen. V 15.2.2008, n. 10742, Fall 2008, 12243]. Concorre in qualità di extraneus nel reato di bancarotta fraudolenta documentale il tecnico informatico che, consapevole dei propositi illeciti dell’amministratore di una società in dissesto, lo aiuti a eliminare dalle banche dati file contenenti documentazione contabile, così da impedire la ricostruzione della situazione economica, patrimoniale e degli affari della fallita, nella consapevolezza di cagionare - con tale condotta - pregiudizio ai creditori sociali [C. pen. V 29.3.2022, n. 21475, CP 2022, 3620].

    3 In tema di reati fallimentari, l’art. 322, c. 1, n. 2, CCII configura due diverse, alternative ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale. La prima consiste nella sottrazione o distruzione (cui è parificata l’omessa tenuta) dei libri e delle altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori. La seconda è quella di tenuta della contabilità in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, che, diversamente dalla prima ipotesi, presuppone un accertamento condotto sui libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dagli organi fallimentari e richiede il dolo generico. Trattandosi di ipotesi alternative, qualora venga contestata la fisica sottrazione delle scritture contabili alla disponibilità degli organi fallimentari (anche eventualmente nella forma della loro omessa tenuta), non può essere addebitata all’agente anche la fraudolenta tenuta delle medesime, giacché tale ultima ipotesi presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dagli stessi organi fallimentari [C. pen. V 5.2.2021, n. 11420, GD 2021; C. pen. V 30.10.2019, n. 77, GD 2020]. L’elemento psicologico del reato di bancarotta documentale post-concorsuale (art. 322, c. 2, parte II, CCII) si identifica nel dolo specifico di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori mediante sottrazione, distruzione o falsificazione di libri e scritture [C. pen. V 17.11.2005, n. 44293; C. pen. V 13.1.1994, n. 4038, RP 1995, 476; in senso contrario C. pen. V 6.10.2011, n. 48523; C. pen. V 25.3.2010, n. 21872, Fall 2011, 246; C. pen. V 17.12.2008, n. 1137, ivi 2009, 1353; C. pen. V 28.10.2005, n. 6769, ivi 2007, 335]. In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa - in seno all’art. 322, c. 1, lett. b), CCII - rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi [C. pen. V 8.10.2020, n. 33114, CP 2021; C. pen. V 5.3.2019, n. 26379, CP 2020, 1266; C. pen. V 1.2.2017, n. 18634, CED Cass. pen. 2017]. Il reato di bancarotta fraudolenta documentale per l’omessa tenuta delle scritture contabili è a dolo generico ma se il reato è finalizzato ad un ingiusto profitto per taluno è a dolo specifico [T. La Spezia 13.5.2014, n. 531, DeJure 2014]. Al fine di pervenire all’affermazione della penale responsabilità dell’amministratore formale di una società per il reato bancarotta fraudolenta documentale, sub specie di occultamento o sottrazione delle scritture contabili in frode ai creditori, è necessaria la dimostrazione della sussistenza del dolo specifico in capo allo stesso, non essendo sufficiente valorizzare unicamente il suo ruolo di prestanome “professionale” [C. pen. V 16.10.2019, n. 12455, Ilpenalista.it 2020].

    4 In genere, per aversi bancarotta fraudolenta documentale non può mai intendersi sufficiente la mera colpa; per le ipotesi di tenuta delle scritture con modalità tali da non permettere la ricostruzione del movimento degli affari dell’impresa può essere sufficiente il dolo generico, non anche per i casi di sottrazione o distruzione (come pure di falsificazione) [C. pen. V 11.10.2018, n. 18912, D&G 2019]. In materia di bancarotta fraudolenta documentale non è necessario il dolo specifico di danno per i creditori, essendo prevista un’ipotesi alternativa che richiede esclusivamente il dolo generico (e cioè la consapevolezza di non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, ovvero di renderla particolarmente difficoltosa) [C. pen. V 16.10.2014, n. 50976, D&G 2014; C. pen. V 17.12.2008, n. 1137, Fall 2009, 1353; C. pen. V 18.2.1992, De Simone]. In tema di bancarotta fraudolenta documentale c.d. generica, per la sussistenza del dolo dell’amministratore solo formale non occorre che questi si sia rappresentato ed abbia voluto gli specifici interventi da altri realizzati nella contabilità volti ad impedire o a rendere più difficoltosa la ricostruzione degli affari della fallita, ma è sufficiente che l’abdicazione agli obblighi da cui è gravato sia accompagnata dalla rappresentazione della significativa possibilità dell’alterazione fraudolenta della contabilità e dal mancato esercizio dei poteri-doveri di vigilanza e controllo che gli competono [C. pen. V 4.11.2021, n. 44666, CED Cass. pen. 2022]. In tema di bancarotta fraudolenta documentale di cui alla seconda ipotesi dell’art. 322, c. 1, n. 2, CCII, il dolo, generico, può essere desunto, con metodo logico-presuntivo, dall’accertata responsabilità dell’imputato per fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale, in quanto la condotta di irregolare tenuta dei libri o delle altre scritture contabili, che rappresenta l’evento fenomenico dal cui verificarsi dipende l’integrazione dell’elemento oggettivo del reato, è di regola funzionale all’occultamento o alla dissimulazione di atti depauperativi del patrimonio sociale [C. pen. V 8.4.2022, n. 33575, CED Cass. pen. 2022].

    5 In tema di bancarotta fraudolenta documentale, è onere dell’amministratore cessato, nei confronti del quale sia provata la condotta di omessa tenuta delle scritture contabili relative al periodo in cui rivestiva l’incarico, dimostrare l’avvenuta consegna delle scritture contabili al nuovo amministratore subentrante [C. pen. V 25.9.2017, n. 55740, CED Cass. pen. 2018]. Non viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza, ex art. 521 c.p.p., la condanna per bancarotta documentale semplice dell’imputato di bancarotta documentale fraudolenta, non sussistendo tra il fatto originariamente contestato e quello ritenuto in sentenza un rapporto di radicale eterogeneità o incompatibilità né un vulnus al diritto di difesa, trattandosi di reato di minore gravità [C. pen. V 3.5.2017, n. 33878, CED Cass. pen. 2018]. La chiusura del fallimento per sopravvenuta mancanza del passivo non esclude la legittimità e l’efficacia della sentenza dichiarativa di fallimento e non fa venir meno, sul piano oggettivo, il reato di bancarotta fraudolenta documentale [C. pen. V 5.10.2016, n. 52622, CED Cass. pen. 2017].

    V. Bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale postconcorsuale

    V.Bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale postconcorsuale

    1 La differenza tra l’ipotesi di bancarotta post-concorsuale disciplinata dall’art. 322, c. 2, CCII e quella di ricorso abusivo al credito prevista dall’art. 218 della stessa CCII sta nel fatto che con il primo reato vengono sanzionati i comportamenti distrattivi propri della bancarotta patrimoniale compiuti dall’imprenditore dopo la dichiarazione di fallimento; con il secondo è punito il ricorso al credito da parte dell’imprenditore non ancora fallito che, a tal fine, dissimuli lo stato di dissesto. Il reato di ricorso abusivo al credito richiede che il soggetto al quale esso viene addebitato sia, successivamente, dichiarato fallito [C. pen. V 4.5.2004, n. 23796, DPS 2005, 81]. Il momento consumativo del delitto di bancarotta fraudolenta postconcorsuale non è segnato dalla declaratoria del fallimento ma coincide con quello in cui vengono poste in essere le condotte integranti il fatto tipico, dalla cui consumazione iniziano dunque a decorrere i termini di prescrizione del reato [C. pen. V 21.1.2011, n. 18565, Fall 2012, 355; C. pen. V 25.3.2010, n. 20736, ivi 2011, 245; C. pen. V 19.5.2009, n. 37428, ivi 2010, 495; C. pen. V 18.9.2007, n. 39307, ivi 2008, 466; C. I 6.11.2006, n. 1825, RP 2007, 1070]. Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, ma è sufficiente l’aver causato il depauperamento dell’impresa destinandone le risorse a scopi estranei [C. pen. V 12.1.2016, n. 14023, Ilfallimentarista.it 2016; C. pen. V 12.2.2013, n. 27993; C. pen. V 25.10.2012, n. 7545; C. pen. V 9.10.2012, n. 232; C. pen. 13.8.2012, n. 32779, GI 2013, 944; C. pen. V 14.1.2010, n. 11899, Fall 2010, 995]. Ai fini della configurabilità dei reati di bancarotta post concorsuale, quali previsti dall’art. 322, c. 2, CCII, non è richiesta, sotto il profilo soggettivo, la prova che l’agente abbia avuto conoscenza dell’intervenuta dichiarazione di fallimento, atteso che la struttura di detti reati non è diversa da quelle dei reati di bancarotta preconcorsuale previsti dal comma 1 del medesimo art. 322, per i quali la dichiarazione di fallimento opera per il solo fatto del suo sopravvenire a condotte che altrimenti sarebbero lecite o potrebbero dar luogo ad altre e diverse figure di reato [C. pen. V 18.10.2007, n. 44884, Fall 2008, 466]. In tema di bancarotta post-concorsuale, l’elemento soggettivo del reato può anche prescindere dalla dimostrazione dell’avvenuto deposito della sentenza dichiarativa di fallimento, laddove sia comunque ravvisabile il dolo generico della bancarotta ordinaria [C. pen. V 24.2.2016, n. 16128, Ilfallimentarista.it 2016]. In tema di concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale post-concorsuale, il dolo del concorrente extraneus nel reato proprio dell’amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell’intraneus, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza dell’intervenuta dichiarazione di fallimento [C. pen. V 31.3.2021, n. 26501, CP 2022]. Integra il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale postconcorsuale la condotta di colui che dopo essere stato dichiarato fallito intraprenda una nuova attività dalla quale tragga ricavi consistenti e, comunque, eccedenti i redditi necessari per il mantenimento proprio e della propria famiglia, omettendo di conferirli a favore della procedura concorsuale in corso in violazione dell’art. 46 CCII [C. pen. V 9.3.2010, n. 16606, Fall 2011, 118]. Il trattenimento da parte del fallito dei proventi della attività lavorativa esercitata successivamente alla dichiarazione di fallimento integra il delitto di bancarotta post-concorsuale solo per la parte di guadagno effettivo - calcolato detraendo i costi sostenuti dai ricavi conseguiti nella gestione della nuova attività - che ecceda i redditi necessari per il mantenimento suo e della propria famiglia di cui all’art. 46, c. 1, n. 2, CCII, nei limiti determinati dal giudice delegato o, in mancanza, accertati incidentalmente dal giudice penale [C. pen. V 24.1.2020, n. 15650, CED Cass. pen. 2020]. La distrazione di somme da una società ammessa al concordato preventivo configura un’ipotesi di bancarotta fraudolenta post-concorsuale in relazione alla quale la restituzione della somma distratta non realizza una forma di cosiddetta bancarotta riparata, poiché, per determinare l’insussistenza della materialità del reato, l’attività di segno contrario che annulla la sottrazione deve reintegrare il patrimonio dell’impresa prima della dichiarazione di fallimento o del decreto che ammette il concordato preventivo, evitando che il pericolo per la garanzia dei creditori acuisca effettiva concretezza [C. pen. V 7.7.2015, n. 50289, CED Cass. pen. 2016]. In tema di bancarotta fraudolenta documentale post-concorsuale per falsificazione, oggetto della falsificazione può essere sia il documento da annotare nella scrittura contabile dell’impresa sia l’atto formato posteriormente e finalizzato a giustificare una falsa annotazione già compiuta ed a rafforzarne la portata illecita, quale ostacolo alla ricostruzione del patrimonio. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva ricondotto al reato in esame la formazione di un contratto ideologicamente falso di vendita finalizzato a supportare una falsa fattura già precedentemente annotata in contabilità e relativa alla vendita di quello stesso bene) [C. pen. V 9.12.2014, n. 17084, CED Cass. pen. 2015]. In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale post-concorsuale impropria, la condotta distrattiva, non potendo essere compiuta interamente dall’amministratore, ad eccezione dei casi in cui la disponibilità dei beni dell’impresa fallita è conservata dallo stesso, si manifesta, di regola, nella forma del concorso di persone nel reato, poiché è necessario il contributo dei soggetti che, in quanto titolari di funzioni nella procedura concorsuale, sono in grado di adottare gli atti dispositivi dei beni del fallimento o di consentire il compimento della azioni distruttive [C. pen. V 16.1.2015, n. 15951, CED Cass. pen. 2015].

    VI. Bancarotta fraudolenta preferenziale

    VI.Bancarotta fraudolenta preferenziale

    1 Realizza l’ipotesi di bancarotta c.d. preferenziale, pre o post concorsuale, l’esecuzione di pagamenti intesa non nel solo stretto senso di dazione di denaro, ma nella più ampia accezione di qualsiasi atto solutorio che comporti estinzione anche parziale dell’obbligazione originaria [C. pen. 19.5.1986, Giuffrida]. La bancarotta pre-concorsuale si consuma nel momento e nel luogo in cui interviene la sentenza di fallimento, mentre la consumazione di quella post-concorsuale si attua nel tempo e nel luogo in cui vengono posti in essere i fatti tipici [C. pen. V 19.3.2014, n. 26548; C. s.u. 27.1.2011, n. 21039]. Ai fini della configurabilità del reato di bancarotta preferenziale è necessaria la violazione della par condicio creditorum che consiste nell’alterazione dell’ordine, stabilito dalla legge, di soddisfazione dei creditori, sicché deve essere provata l’esistenza di altri crediti insoddisfatti per effetto del pagamento eseguito al creditore in via preferenziale, ma tale prova non può essere desunta sulla base del principio civilistico di non contestazione [C. pen. V 15.1.2018, n. 3797, CP 2018]. L’aver effettuato un pagamento e l’aver simulato un titolo di prelazione revocabile, nel senso che per i tempi in cui l’azione viene posta in essere può essere esercitata l’azione revocatoria concorsuale, non è rilevante al fine di escludere la sussistenza del reato di bancarotta preferenziale [C. pen. 1.12.1999, Garofalo, GI 2002, 1259]. Ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta preferenziale è necessario che il pagamento estingua un debito effettivo, della cui esistenza l’imprenditore è onerato di fornire la prova, in difetto della quale ricorre un’ipotesi di distrazione dei beni e non di diseguale trattamento dei creditori [C. pen. V 16.4.2018, n. 32637, CED Cass. pen. 2018]. Rientra nella fattispecie di reato di bancarotta preferenziale la costituzione di un nuovo rapporto con effetti novativi sul precedente, escluso peraltro il rilascio di cambiali che costituisce non un pagamento ma una promessa di pagamento [C. pen. 28.2.1983, Casa]. Integra il reato di bancarotta preferenziale la restituzione ai soci, effettuata in periodo di insolvenza, dei finanziamenti concessi dai medesimi alla società a titolo di mutuo [C. pen. V 14.2.2013, n. 13318; C. pen. V 10.11.2011, n. 1793; C. pen. V 7.3.2008, n. 14908, Fall 2008, 1224]. In tema di bancarotta preferenziale, la compensazione volontaria, pur consentita dagli artt. 1252 c.c. e 56 CCII, può integrare il delitto di cui all’art. 322, c. 3, CCII nei casi in cui l’accordo sia raggiunto durante la fase di insolvenza e sia finalizzato a favorire alcuni creditori con danno per gli altri [C. pen. V 26.4.2022, n. 26412, CED Cass. pen. 2022; C. pen. V 5.3.2014, n. 16983, CED Cass. pen. 2015]. Integra il reato di bancarotta preferenziale la cessione di crediti, “pro solvendo”, “pro soluto” o a scopo di garanzia, essendo irrilevante che il credito venga effettivamente riscosso, in quanto l’effetto traslativo si determina all’atto dell’accordo tra cedente e cessionario con conseguente depauperamento del patrimonio della società fallita e sottrazione del credito alla garanzia dei creditori [C. pen. V 28.11.2019, n. 12456, CP 2020; C. pen. V 5.3.2014, n. 16983, CED Cass. pen. 2015]. Integra il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e non quello di bancarotta preferenziale, la condotta dell’amministratore di una società che proceda al rimborso di finanziamenti da lui erogati in qualità di socio in violazione della regola della postergazione di cui all’art. 2467 c.c. [C. pen. V 30.4.2021, n. 24588, GD 2021; C. pen. V 20.2.2019, n. 25773, CED Cass. pen. 2020; C. pen. V 6.6.2014, n. 34505, CED Cass. pen. 2015; C. pen. V 3.7.2012, n. 42710; C. pen. V 10.11.2011, n. 1793, cit.; C. pen. V 7.3.2008, n. 14908]. I finanziamenti erogati dal socio a favore della società configurano un capitale di credito e non di rischio, in virtù del quale il socio si riserva il diritto alla restituzione anche durante la vita della società. Di conseguenza, poiché il diritto di credito del socio finanziatore sorge all’atto dell’erogazione del finanziamento ed è, quindi, sin da quel momento liquido e esigibile, il suo rimborso, effettuato in periodo di insolvenza della società e in danno degli altri creditori sociali, non ha valenza distrattiva: esso, invece, risolvendosi nel pagamento a favore di un creditore a danno degli altri, configura la diversa fattispecie della bancarotta preferenziale [T. Vicenza 12.3.2021, n. 68, DeJure 2021]. Integra il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e non quello di bancarotta preferenziale, la condotta dell’amministratore di una società che si appropri di somme della società a titolo di pagamento per le prestazioni lavorative svolte in favore di quest’ultima, non essendo scindibile la sua qualità di creditore da quella di amministratore. (Fattispecie in cui l’amministratore aveva prelevato somme ingenti e sproporzionate rispetto allo stato patrimoniale della società, pur avendo piena consapevolezza dello stato di dissesto della società) [C. pen. 13.8.2020, n. 27132, CED Cass. pen. 2020]. Risponde di bancarotta preferenziale e non di bancarotta fraudolenta per distrazione l’amministratore che, senza autorizzazione degli organi sociali, si ripaghi dei suoi crediti verso la società in dissesto relativi a compensi per il lavoro prestato, prelevando dalla cassa sociale una somma congrua rispetto a tale lavoro [C. pen. V 23.2.2017, n. 16111, GD 2017; C. pen. V 16.4.2010, n. 21570, Fis 2010, 4147; C. pen. V 17.10.2007, n. 46301, Fall 2008, 465; C. pen. V 5.10.2007, n. 43869, ibidem, 466; C. pen. V 13.4.2007, n. 19557; in senso contrario C. pen. V 27.3.2008, n. 17616, GI 2009, 436; C. pen. V 22.6.2007, n. 27343; C. pen. V 13.4.2007, n. 19557]. Non sussiste il reato di bancarotta preferenziale qualora il fallito paghi il canone di locazione dell’abitazione familiare, essendo necessario, ai fini della violazione della par condicio dei creditori, che questi ultimi concorrano nella ripartizione dell’attivo, mentre il rapporto di locazione avente ad oggetto un immobile destinato esclusivamente ad abitazione del fallito e della sua famiglia è preordinato al soddisfacimento di un’esigenza primaria di vita, ai sensi dell’art. 46, n. 1, CCII ed ha, pertanto, natura strettamente personale, restando estraneo al fallimento [C. pen. V 8.10.2018, n. 54512, CED Cass. pen. 2019]. Non sussiste la scriminante dello stato di necessità in relazione al reato di bancarotta preferenziale nel caso in cui i soci amministratori effettuino pagamenti nei confronti di taluni creditori, che sappiano essere membri di una organizzazione criminale di stampo ‘ndranghetistico e da cui temano ritorsioni violente per il mancato soddisfacimento delle loro pretese, qualora essi abbiano volontariamente e consapevolmente creato una situazione di pericolo per l’impresa, rivolgendosi agli stessi [C. pen. s.u. 28.2.2019, n. 28910, CED Cass. pen. 2019].

    2 In tema di bancarotta preferenziale, la locuzione simulazione di cui all’art. 322, c. 3, parte II, CCII non va intesa in senso civilistico, poiché la ratio della previsione è quella di sanzionare sia le condotte che realizzino la costituzione fittizia di un titolo preferenziale sia quelle che trasformino un credito chirografario in credito privilegiato con la costituzione effettiva di una garanzia in presenza dello stato di insolvenza, posto che entrambe conducono al medesimo risultato di alterazione della par condicio creditorum [C. pen. V 20.5.2009, n. 31168, Fall 2010, 495; C. pen. V 2.3.2004, n. 16688, ivi 2005, 781]. In tema di bancarotta preferenziale, integra gli estremi della simulazione di prelazione di cui all’art. 322, c. 3, parte II, CCII, la condotta di un’impresa che, prima o durante la procedura concorsuale, consegua da una banca creditrice mutui fondiari garantiti da ipoteca immobiliare utilizzati per il ripianamento di propri preesistenti debiti verso la stessa banca, così trasformandosi i crediti vantati da quest’ultima verso l’impresa da chirografari in privilegiati e, quindi, costituendosi un titolo di prelazione in danno di ogni altro creditore [C. I 3.11.2021, n. 31513, D&G 2021; C. pen. I 18.5.2018, n. 51861, CED Cass. pen. 2019]. Concorre nel reato di bancarotta preferenziale il creditore consapevole dello stato di dissesto del debitore fallendo, il quale fornisca un contributo determinante dal punto di vista causale alla violazione della par condicio [C. pen. V 20.5.2014, n. 40998, CP 2015, 2856; C. pen. V 24.9.2008, n. 39417, Fall 2009, 740]. La bancarotta preferenziale, o favoreggiamento dei creditori, non è un reato a concorso necessario ed in ogni caso esso consente il concorso eventuale nel reato [C. 5 13.2.1969, n. 252]. In tema di bancarotta preferenziale, qualora il fallito provveda al pagamento di crediti privilegiati, ai fini della configurabilità del reato, è necessario il concorso di altri crediti con privilegio di grado prevalente o eguale rimasti insoddisfatti per effetto del pagamento e non già di qualsiasi altro credito [C. pen. V 3.10.2018, n. 54502, CED Cass. pen. 2019].

    3 Ai fini del dolo specifico nel delitto di bancarotta preferenziale, mentre occorre che il vantaggio sia voluto direttamente, per quanto riguarda il danno dei creditori è sufficiente che ne sia accettata l’eventualità [C. pen. V 26.6.2009, n. 31894, Fall 2010, 495; C. pen. V 20.5.2009, n. 31168, cit.; C. pen. 6.6.1988, Ferlicca, Gpen 1989, II, 397]. In tema di bancarotta preferenziale, l’elemento soggettivo del reato è costituito dal dolo specifico, consistente nella volontà di recare un vantaggio al creditore soddisfatto, con l’accettazione della eventualità di un danno per gli altri secondo lo schema del dolo eventuale; ne consegue che tale finalità non è ravvisabile allorché il pagamento sia volto, in via esclusiva o prevalente, alla salvaguardia della attività sociale o imprenditoriale ed il risultato di evitare il fallimento possa ritenersi più che ragionevolmente perseguibile. (Fattispecie relativa ad erogazioni di denaro effettuate in favore di una società a cui erano stati affidati lavori edili in subappalto, in modo da ottenere dalla committente il pagamento dei lavori in corso d’opera e garantire così la sopravvivenza finanziaria della società amministrata dall’imputato) [C. pen. V 5.6.2018, n. 54465, CED Cass. pen. 2019; C. pen. V 5.3.2014, n. 16983, CED Cass. pen. 2015]. In tema di concorso in bancarotta preferenziale, il dolo dell’extraneus nel reato proprio dell’amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di sostegno a quella dell’intraneus, con la consapevolezza che essa determina la preferenza nel soddisfacimento di uno dei creditori rispetto agli altri, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società [C. I 3.11.2021, n. 31513, GD 2022; C. pen. V 27.3.2018, n. 27141 CED Cass. pen. 2018; C. pen. V 5.3.2014, n. 16983, CED Cass. pen. 2015].

    VII. La pena accessoria

    VII.La pena accessoria

    1 È costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 27, c. 1 e 3, Cost., l’art. 322, u.c., r.d. 16.3.1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo e della liquidazione coatta amministrativa), nella parte in cui dispone: «la condanna per uno dei fatti previsti dal presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa», anziché: «la condanna per uno dei fatti previsti dal presente articolo importa l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a dieci anni» [C. Cost. 5.12.2018, n. 222, GD 2019]. In tema di reati fallimentari, con riferimento alla fattispecie criminosa di cui all’art. 322, r.d. 16.3.1942, n. 267, è necessario che anche la pena accessoria possa essere oggetto della commisurazione del giudice nel caso concreto, con la conseguenza che le pene accessorie previste da detta disposizione possono avere una durata fino a dieci anni e devono essere determinate in concreto dal giudice in base ai criteri di cui all’art. 133 c.p. [C. App. Cagliari 11.2.2020, n. 143, DeJure 2020]. La Corte di cassazione deve rilevare di ufficio l’illegalità della pena accessoria, di cui all’ultimo comma dell’art. 322 CCII, irrogata nella misura fissa di dieci anni prima della declaratoria di incostituzionalità della medesima norma da parte della C. Cost. con la sentenza 5.12.2018, n. 222, trattandosi di una pena determinata in base ad un criterio non più conforme, in tutto o in parte, ai parametri legali [C. pen. V 4.4.2019, n. 36133, CED Cass. pen. 2020]. In tema di reati fallimentari, la commisurazione delle pene accessorie previste dall’art. 322, u.c., r.d. 16.3.1942, n. 267, operata dal giudice del merito ai sensi dell’art. 37 c.p., anziché ai sensi dell’art. 133 c.p., come ritenuto da s.u. n. 28910 del 28.2.2019, non dà luogo ad una pena illegale, trattandosi di pena comunque ricompresa nei limiti edittali risultanti dalla sentenza C. Cost. n. 222/2018; ne consegue che, in assenza di specifico motivo di ricorso, il vizio non può essere rilevato d’ufficio dalla Corte di Cassazione (Fattispecie nella quale il giudice del merito, pronunciandosi prima dell’intervento della Corte costituzionale, aveva determinato la durata delle pene accessorie in anni cinque di reclusione, corrispondenti alla misura della pena principale) [C. pen. V 11.7.2019, n. 37201, CP 2020, 2934]. In tema di ricorso per cassazione, in seguito alla declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 322, u.c., CCII, pronunziata dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 222 del 5.12.2018, la sentenza di patteggiamento impugnata per l’illegalità sopravvenuta della pena accessoria deve essere annullata senza rinvio, al fine di ricondurre le parti nella situazione anteriore alla scelta del rito. (In motivazione, la Corte ha chiarito che, nel caso di conferma della volontà di definire il procedimento ai sensi dell’art. 444 c.p.p., le parti potranno decidere di comprendere nell’accordo anche la misura della pena accessoria, con funzione di orientamento della discrezionalità commisurativa conferita al giudice dagli artt. 132 e 133 c.p.) [C. pen. V 8.10.2019, n. 50201, CP 2020].

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