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Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza - Formulario commentato

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    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

    Informazioni sul volume

    Autore:

    Massimo Fabiani, Giovanni Battista Nardecchia

    Editore:

    Wolters Kluwer

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    Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza - Formulario commentato

    304. Effetti della liquidazione per i creditori e sui rapporti giuridici preesistenti

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    [1] Dalla data del provvedimento che ordina la liquidazione si applicano le disposizioni del titolo V, capo I, sezioni III e V e le disposizioni dell’articolo 165.

    [2] Si intendono sostituiti nei poteri del tribunale e del giudice delegato l’autorità amministrativa che vigila sulla liquidazione, nei poteri del curatore il commissario liquidatore e, in quelli del comitato dei creditori, il comitato di sorveglianza.

    A) Inquadramento funzionale:

    A)Inquadramento funzionale:

    I. Gli effetti nei confronti dei creditori - II. Gli effetti sui rapporti giuridici preesistenti.

    I. Gli effetti nei confronti dei creditori

    I.Gli effetti nei confronti dei creditori

    1 La l.c.a. è una procedura concorsuale e come tale ad essa è funzionale l’importazione delle disposizioni che disciplinano gli effetti della liquidazione giudiziale sui creditori, ovverosia le norme di cui agli artt. 150-162 CCII. Questi effetti si producono a decorrere dalla data del provvedimento di apertura della liquidazione.

    2 Trova dunque applicazione il principio del concorso formale sancito dall’art. 151 CCII, per effetto del quale la liquidazione apre il concorso di tutti i creditori concorsuali sul patrimonio dell’imprenditore, i quali devono seguire la procedura speciale per l’accertamento delle loro pretese (anche se creditori muniti di privilegio o se trattati in prededuzione), secondo le disposizioni di cui agli artt. 308-310 CCII.

    3 Peraltro, mentre nella liquidazione giudiziale l’azione che il creditore svolge al di fuori del concorso va dichiarata inammissibile o improcedibile attesa la necessaria concentrazione delle pretese nel procedimento di formazione dello stato passivo, poiché l’accertamento dei crediti nella l.c.a. avviene esclusivamente ad opera del commissario liquidatore, nell’ambito di un sub-procedimento di natura amministrativa, l’eventuale domanda di accertamento del credito proposta dal creditore avanti al giudice ordinario, va considerata improponibile, seppur limitatamente alla durata della procedura amministrativa di accertamento. Questa causa di improponibilità della domanda è rilevabile d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio.

    4 Il temporaneo diniego di accesso alla giurisdizione si applica solo alle azioni espressamente indicate all’art. 306 CCII, e cioè alle domande di riconoscimento di crediti, nonché di rivendicazione, restituzione e separazione di cose mobili possedute dall’impresa, in quanto rilevanti ai fini della formazione dello stato passivo. Il procedimento amministrativo di verifica del passivo deve essere seguito anche per i crediti prededucibili sorti nel corso della liquidazione, qualora vi sia contestazione in ordine all’an e/o al quantum secondo i principi stabiliti negli artt. 151 e 221 CCII.

    II. Gli effetti sui rapporti giuridici preesistenti

    II.Gli effetti sui rapporti giuridici preesistenti

    1 Il regime dei rapporti giuridici preesistenti ed ancora pendenti nella liquidazione giudiziale (v. artt. 172 ss. CCII) si applica alla liquidazione coatta. Il legislatore ha disciplinato anche il trattamento dell’azione revocatoria ordinaria e ciò in quanto questa azione spetta ai creditori e non presuppone l’accertamento dello stato d’insolvenza, decisivo, invece, per l’applicazione del regime della revocatoria concorsuale. La titolarità dell’azione revocatoria ordinaria (art. 165 CCII) viene affidata al commissario liquidatore e sottratta ai creditori, trovando così conferma quel principio che sta alla base della concezione della revocatoria ordinaria concorsuale, un modello di azione che si colloca a metà fra l’actio pauliana pura e la revocatoria concorsuale.

    B) Giurisprudenza:

    B)Giurisprudenza:

    I. Il divieto di azioni esecutive e cautelari - II. Il concorso formale - III. (Segue) A) la compensazione - IV. Il regime dei rapporti pendenti.

    I. Il divieto di azioni esecutive e cautelari

    I.Il divieto di azioni esecutive e cautelari

    1 L’art. 51 l. fall., trova integrale applicazione nella procedura di liquidazione coatta amministrativa, anche nella parte in cui deroga al divieto di azioni individuali in forza di leggi speciali; ben può promuoversi e proseguirsi l’espropriazione individuale iniziata dagli istituti di credito fondiario, in base ad ipoteca iscritta a garanzia di mutuo [C. I 7.6.1988, n. 3847, GI 1989, I, 1, 277]. Con riguardo ai debiti contratti dai commissari durante l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi (l. 3.4.1979, n. 95), i corrispondenti crediti di massa, benché prededucibili, restano sottoposti alla regola della procedura esecutiva concorsuale, con la conseguenza che resta precluso al creditore l’esercizio di azioni esecutive individuali sul patrimonio dell’impresa [C. I 13.8.2015, n. 16844; C. I 9.1.2013, n. 339; C. I 11.10.2012, n. 17327, Fall 2013, 899; C. I 29.3.1996, n. 2912, GI 1997, I, 786].

    2 La trascrizione della domanda giudiziale di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre proposta dal promissario compratore vale a prenotare a suo favore e nei confronti dei creditori del promettente venditore frattanto fallito, se eseguita anteriormente alla pronunzia di fallimento, la efficacia costitutiva della futura sentenza di accoglimento la quale, pertanto, se passata in giudicato prima della dichiarazione di fallimento, è a questo opponibile ancorché trascritta dopo [C. 3.1.1975, n. 1, FI 1975, I, 304]. Nei confronti del curatore non può pronunziarsi condanna all’esecuzione in forma specifica di una promessa di vendica conclusa dal fallito, anche se il giudizio sia stato promosso in data anteriore alla dichiarazione di fallimento [C. 23.10.1974, n. 3051]. Il credito sorto antecedentemente al fallimento e azionato in via di surroga dal fideiussore, che ha pagato, ha natura concorsuale, in quanto essendo già insinuato al passivo per opera del creditore principale, continua ad essere insinuato per iniziativa del fideiussore surrogatosi, anche quando questi non abbia provveduto in precedenza all’insinuazione del credito in via condizionale, a nulla rilevando la successione di diverso soggetto nella sua titolarità [C. I 11.9.2007, n. 19097, Fall 2008, 539].

    3 In caso di ordine di pagamento diretto al terzo debitore, intimato per credito tributario dall’esattore, ai sensi dell’art. 72-bis, d.P.R. 29.9.1973, n. 602, e successive modifiche, il debitore in liquidazione coatta amministrativa può far valere, con il rimedio dell’opposizione all’esecuzione, il divieto di azioni esecutive individuali in pendenza della procedura concorsuale [C. III 4.10.2011, n. 20294, Fis 2001, 6394; T. Asti 4.11.2016, DeJure]. Sugli immobili acquisiti alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, deve ritenersi consentito agli istituti di credito fondiario di promuovere e proseguire l’espropriazione individuale per effetto del richiamo all’intero testo dell’art. 51 l. fall. da parte della norma di cui all’art. 201 della medesima legge [C. I 7.6.1988, n. 3847]. Nella procedura di liquidazione coatta amministrativa tutti i diritti di credito, compresi quelli prededucibili, sono tutelabili in via dichiarativa esclusivamente nelle forme di cui agli artt. 201, 207 e 209 l. fall., atteso che la previsione di un’unica sede concorsuale comporta la necessaria concentrazione presso un solo organo (appartenente al complesso della P.A.) delle domande di accertamento del passivo e, perciò, anche di quelle di coloro che accampino un titolo di credito prededucibile, senza che tale quadro possa ritenersi mutato alla luce della nuova previsione dell’art. 111-bis l. fall. (introdotto dal d.lgs. n. 5/2006 e successivamente modificato dal d.lgs. n. 169/2007), la cui previsione - di carattere eccezionale e non automaticamente applicabile alla liquidazione coatta amministrativa - consente l’esclusione dall’accertamento del passivo delle posizioni di credito prededucibile non contestate, ma il cui pagamento deve essere autorizzato (ai sensi dell’art. 111-bis, c. 4, l. fall.), e di quelle sorte a titolo di compenso a favore degli incaricati della procedura, che ricevono suggello con un provvedimento del giudice delegato ex art. 25 l. fall. [C. I 13.8.2015, n. 16844, GCM 2015; T. Pisa 16.7.2019, n. 713, DeJure 2019; T. Roma 1.6.2017, n. 11108, DeJure 2017]. La liquidazione coatta amministrativa è una procedura concorsuale che determina, al pari del fallimento, la liquidazione dei beni dell’ente ed il riparto del ricavato tra i creditori nel rispetto del principio della par condicio, sicché un creditore, per poter partecipare al concorso, deve sottoporre il suo credito a verifica attraverso l’ammissione al passivo, la quale consente anche il contraddittorio - almeno potenziale - degli altri creditori concorrenti sulla pretesa azionata. Ne consegue che la domanda che sia anche solo indirettamente volta a far valere un credito nei confronti dell’ente sottoposto a liquidazione coatta amministrativa - e quindi soggetta al rito dell’accertamento del passivo - è inammissibile e/o improcedibile se proposta nelle forme della cognizione ordinaria [T. Vicenza 3.3.2020, n. 472, DeJure 2020]. Nella liquidazione coatta amministrativa, in forza del richiamo che l’art. 201, c. 1, r.d. n. 267/1942 opera all’art. 52 dello stesso provvedimento, il creditore concorsuale, per diventare concorrente, deve sottoporre la propria pretesa al vaglio commissariale, nell’apposito procedimento di formazione del passivo (disciplinata dall’art. 209 con rinvio anche agli artt. 98 ss. l. fall.), che riveste carattere di esclusività, sì da impedire la costituzione di un titolo, per la partecipazione al concorso, nella sede ordinaria e fuori del procedimento stesso [C. I 19.2.2015, n. 3338, D&G 2015].

    4 L’assoggettamento di una società alla procedura di liquidazione coatta amministrativa comporta la temporanea improponibilità delle domande individuali da parte dei creditori [C. I 2.3.2004, n. 4209, Fall 2005, 433; C. III 8.3.2003, n. 3520, DPS 2003, 89; C. III 17.12.1999, n. 14231, Fall 2000, 1383; T. Genova 28.3.2017, n. 850, DeJure; T. Napoli 15.4.2015, n. 5550, DeJure]. Nelle procedure concorsuali opera il principio secondo il quale tutti i crediti vantati nei confronti dell’imprenditore insolvente devono essere accertati secondo le norme che ne disciplinano il concorso, sicché la domanda formulata da chi si afferma creditore in sede di cognizione ordinaria, se proposta prima dell’inizio della liquidazione coatta amministrativa, diviene improcedibile e tale improcedibilità sussiste anche se la procedura concorsuale sia stata aperta, dopo una pronuncia di condanna nei confronti dell’impresa insolvente, nel corso del giudizio in Cassazione. (Nella specie la S.C. ha dichiarato improcedibile la domanda di risarcimento del danno proposta dal cliente di un istituto di credito sottoposto a liquidazione coatta amministrativa soltanto nel corso del giudizio di legittimità, dopo che la banca ancora in bonis era rimasta soccombente all’esito di un giudizio di condanna in appello) [C. I 22.5.2020, n. 9461, GCM 2020]. A seguito della sottoposizione a liquidazione coatta amministrativa di una società si determina, per un verso, la perdita della capacità (anche) processuale degli organi societari e, per altro verso, la temporanea improcedibilità - fino alla conclusione della fase amministrativa di accertamento dello stato passivo davanti agli organi della procedura ai sensi degli artt. 201 ss. l. fall. - della domanda azionata in sede di cognizione ordinaria, rilevabile anche d’ufficio e pure nella fase di cassazione, in difetto di una norma analoga all’art. 25, l. n. 990/1969. Deriva da quanto precede, pertanto, che qualsiasi credito nei confronti di un’impresa posta in liquidazione coatta amministrativa deve essere fatto valere in sede concorsuale, nell’ambito del procedimento di verifica affidato al commissario liquidatore, mentre il giudice può conoscerne in sede ordinaria solo in un momento successivo sulle opposizioni o impugnazioni dello stato passivo formato in detta sede, così determinandosi una situazione di improponibilità o, se proposta, d’improseguibilità della domanda, che concerne sia le domande di condanna che quelle di mero accertamento del credito, sicché la domanda formulata in sede di cognizione ordinaria diventa improcedibile in virtù di norme inderogabilmente poste a tutela del principio della “par condicio creditorum” [C. III 20.3.2017, n. 7037, GD 2017; T. Torino 1.10.2021, n. 4441, DeJure 2021; T. Castrovillari 5.8.2021, n. 850; T. Rieti 26.9.2018, n. 452, DeJure 2018].

    5 Con riguardo a pretesa creditoria nei confronti di un’impresa sottoposta a liquidazione coatta amministrativa si verifica una situazione di improponibilità o, se proposta, d’improseguibilità della domanda, fino a quando il credito stesso non sia fatto valere nella fase amministrativa di verificazione dello stato passivo davanti ai competenti organi della procedura [C. s.u. 3.10.1996, n. 8635, Fall 1997, 288; C. I 9.3.1996, n. 1893, DF 1996, II, 665; T. Trieste 19.4.2019, n. 238, DeJure]. Qualora il lavoratore subordinato impugni il licenziamento intimatogli dal commissario liquidatore di un’impresa messa in liquidazione coatta amministrativa, per ottenere il pagamento di mensilità retributive, a titolo di risarcimento del danno, e la reintegrazione nel posto di lavoro, la giurisdizione del giudice ordinario deve essere temporaneamente negata sulla prima domanda, atteso che tutte le pretese creditorie, ivi incluse quelle derivanti da obbligazioni contratte dagli organi della liquidazione, vanno fatte valere nella procedura amministrativa di formazione del passivo davanti al predetto commissario, mentre deve essere affermata con riguardo alla seconda domanda, che esula dall’ambito di detta procedura amministrativa, indipendentemente dal titolo del licenziamento ed a prescindere da ogni questione di merito sulla possibilità di ottenere dalla liquidazione il ripristino del rapporto di lavoro [C. s.l. 27.2.2008, n. 5113, Fall 2008, 697; C. I 23.12.2010, n. 26041; C. s.l. 27.8.2007, RCDL 2007, 1289]. Il divieto per il giudice ordinario di pronunciarsi sulle domande di accertamento dei crediti nei confronti di un imprenditore in liquidazione coatta amministrativa, sino a quando non si sia esaurita la fase amministrativa di verifica del passivo della procedura, non si traduce in un difetto temporaneo di giurisdizione del giudice ordinario, ma in una temporanea improponibilità della domanda, onde è inammissibile il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione [C. s.u. 16.1.1991, n. 380, Fall 1991, 684; C. 18.3.1988, n. 2484, DF 1988, II, 608]. Con riguardo a pretesa creditoria nei confronti di un’impresa sottoposta a liquidazione coatta amministrativa si verifica una situazione di improponibilità o, se proposta, d’improseguibilità della domanda, fino a quando il credito stesso non sia fatto valere nella fase amministrativa di verificazione dello stato passivo davanti ai competenti organi della procedura. Ne deriva che, qualora il giudice investito di tale pretesa dichiari, per l’indicato motivo, l’inammissibilità della domanda, la relativa pronuncia attiene al merito - e non alla competenza - e non è enunciativa di un difetto temporaneo di giurisdizione - trattandosi di semplice differimento dell’esercizio del potere giurisdizionale - con la conseguenza che, avverso la stessa, sono inammissibili sia il regolamento di competenza, sia quello preventivo di giurisdizione [C. s.u. 3.10.1996, n. 8635].

    6 Le questioni concernenti l’autorità giudiziaria dinanzi alla quale va introdotta una pretesa creditoria nei confronti di un debitore assoggettato a fallimento o a liquidazione coatta amministrativa, anche se impropriamente formulate in termini di competenza, sono, in realtà (e prima ancora), questioni attinenti al rito. Pertanto, proposta una domanda volta a far valere, nelle forme ordinarie, una pretesa creditoria soggetta, invece, al regime del concorso, il giudice (erroneamente) adito è tenuto a dichiarare (non la propria incompetenza ma) l’inammissibilità, l’improcedibilità o l’improponibilità della domanda, siccome proposta secondo un rito diverso da quello previsto come necessario dalla legge, trovandosi in presenza di una vicenda litis ingressus impediens, concettualmente distinta da un’eccezione d’incompetenza, con la conseguenza che la relativa questione, non soggiacendo alla preclusione prevista dall’art. 38, c. 1, c.p.c., può essere dedotta o rilevata d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio [C. 26.2.2008, n. 5063; C. I 13.6.2000, n. 8018; C. I 13.4.1994, n. 3432, Fall 1994, 1049; T. Salerno 6.11.2019, n. 2415]. La sentenza che dichiari improcedibile la domanda perché la stessa - in ragione della sottoposizione del debitore a liquidazione coatta amministrativa - deve essere proposta in sede concorsuale, non costituisce decisione sulla competenza, ma sul rito che la parte deve seguire, fermo restando che, trattandosi di pronuncia che definisce il giudizio, su di essa si forma un giudicato di tipo formale, il quale preclude soltanto la riproposizione della stessa domanda davanti al medesimo giudice, mentre il giudicato in senso sostanziale si forma soltanto sulle pronunce a contenuto decisorio di merito, che statuiscono in ordine all’esistenza o meno delle posizioni giuridiche soggettive dedotte in lite [C. II 4.7.2014, n. 15383, GCM 2014]. La procedura di liquidazione coatta dell’impresa ha natura non giudiziaria, ma amministrativa ed in essa debbono essere fatte valere tutte le pretese dei creditori dell’impresa, salvo il successivo intervento del giudice ordinario sulle relative opposizioni ed impugnazioni. Ne deriva che il giudice ordinario adito in pendenza di detta procedura deve dare atto dell’improponibilità della domanda e non può sospendere il processo a norma dell’art. 295 c.p.c., presupponendo detta norma la pendenza di due procedimenti giurisdizionali, quello pregiudiziale e quello pregiudicato [C. s.l. 12.7.1999, n. 7377, Fall 2000, 842]. In tema di procedura concorsuale relativa ad un istituto bancario, a norma dell’art. 95, c. 3, l. fall. - applicabile anche alla liquidazione coatta amministrativa ai sensi dell’art. 201 della medesima legge, nonché alla speciale procedura concorsuale stabilita per gli istituti bancari in forza del rinvio operato dall’art. 83, d.lgs. 1.9.1993, n. 385 - nel caso di domanda inerente a credito vantato nei confronti di ente sottoposto a liquidazione coatta amministrativa, ove prima dell’instaurarsi della procedura sia stata pronunciata sentenza non definitiva dalla quale risulti l’esistenza del credito vantato, non si determina l’improcedibilità dell’azione, mentre, ove la sentenza abbia negato in radice l’esistenza del credito, non è applicabile il citato art. 95 l. fall., bensì l’art. 83, d.lgs. n. 385/1993, onde l’impugnazione proposta avverso la suddetta sentenza deve essere dichiarata improcedibile [C. s.l. 10.12.2002, n. 17557, Fall 2003, 1274; C. I 29.4.1999, n. 4317, ivi 2000, 613].

    7 Dal fatto che la procedura per l’accertamento passivo, in correlazione alla struttura ed alle finalità della liquidazione coatta amministrativa, si svolga a cura di un commissario liquidatore, designato e soggetto al controllo della Pubblica Amministrazione, senza l’immediato intervento dell’autorità giudiziaria (diversamente da quanto previsto per l’ordinaria procedura fallimentare), e che, in pendenza di tale procedura, sia precluso ai creditori l’esercizio di azioni individuali di cognizione, non deriva violazione della garanzia di tutela giurisdizionale. Si tratta infatti di liquidazione attinente all’obbligatorio espletamento di un preventivo procedimento amministrativo volto a tutelare la par condicio creditorum unitamente all’interesse pubblico; le quali si risolvono nella improponibilità soltanto temporanea delle domande giudiziali [C. Cost. 17.4.1969, n. 87]. Mentre è consentito chiamare in causa l’impresa venditrice, sottoposta a liquidazione coatta amministrativa, da parte del terzo, compratore evitto ai fini di accertare i presupposti della domanda attrice, non si può contro la predetta impresa proporre un’azione di garanzia, che, avendo il fine di dedurre in lite il negozio di vendita e chiederne la risoluzione con i provvedimenti conseguenti va ammessa soltanto nella procedura di liquidazione amministrativa [C. 21.10.1981, n. 5511, DF 1982, II, 52].

    8 La regola della improcedibilità temporanea delle azioni giudiziarie intraprese nei confronti della impresa poi sottoposta a liquidazione coatta amministrativa - per differimento dell’esercizio del potere giudiziale sino alla conclusione della fase amministrativa di accertamento dello stato passivo innanzi ai competenti organi della procedura concorsuale di cui si tratta - non si applica a tutte le azioni proposte nei confronti della impresa in bonis, ma solo a quelle espressamente indicate dall’art. 207 l. fall., e cioè alle domande di riconoscimento di crediti, nonché di rivendicazione, restituzione e separazione di cose mobili possedute dall’impresa, in quanto rilevanti ai fini della formazione dello stato passivo [C. s.l. 16.7.2002, n. 10304; T. Palermo 29.9.2016, n. 4722, DeJure]. Restano, invece, escluse dalla vis attractiva della liquidazione coatta amministrativa le azioni di nullità dei contratti stipulati dall’imprenditore in bonis, e ciò sia in quanto esse non sono ricomprese nell’elenco di cui al predetto art. 207 l. fall., e sia in quanto la domanda di declaratoria di nullità del contratto, e di conseguente restituzione delle cose in base allo stesso consegnate ed apparentemente acquisite all’impresa, in realtà non ha nessuna incidenza sulla formazione dello stato passivo, avuto riguardo al carattere retroattivo della declaratoria medesima, in virtù della quale i beni in questione vengono considerati come mai entrati effettivamente a far parte del patrimonio dell’impresa sottoposta a liquidazione [C. I 7.3.2000, n. 2541, Fall 2001, 35]. La temporanea improseguibilità della domanda giudiziale di condanna per effetto della sottoposizione a liquidazione coatta amministrativa della società debitrice viene meno se nel corso del processo sopraggiunge la chiusura della procedura concorsuale [C. I 23.11.2001, n. 14856].

    II. Il concorso formale

    II.Il concorso formale

    1 Sussiste la competenza del giudice del lavoro, nell’ipotesi di domanda giudiziale di accertamento del diritto al superiore inquadramento, in relazione alle mansioni lavorative, proposta dal dipendente di un’impresa assicurativa assoggettata a procedura di liquidazione coatta amministrativa, trattandosi di domanda la quale, pur se finalizzata anche - e non soltanto - alla successiva azione volta ad ottenere le correlate differenze retributive, e dunque creditorie, esula dai presupposti circa la ripartizione della competenza fra giudice del lavoro e organi della procedura concorsuale, mentre la soluzione di improseguibilità sospensiva (fino all’accertamento degli organi della l.c.a. preposti alla verifica dello stato passivo) si imporrà, eventualmente, soltanto qualora venga formulata ulteriore domanda per ottenere le suddette competenze creditorie differenziali [C. s.l. 23.6.2000, n. 8588; C. s.l. 27.7.1999, n. 8136, Fall 2000, 309; C. s.l. 20.7.1995, n. 7907, ivi 1996, 334; T. Foggia 15.6.2018, n. 3905, DeJure].

    2 Nella procedura della liquidazione coatta amministrativa, in virtù degli artt. 55 e 201 l. fall. e dell’art. 83, c. 2, d.lgs. n. 385/1993, il corso di interessi e di rivalutazione monetaria sui crediti non assistiti da privilegio deve arrestarsi alla data del provvedimento che disponendo la liquidazione apre il concorso fra i creditori [C. s.u. 9.6.2021, n. 16084, GComm 2022]. La rivalutazione dei crediti di lavoro non opera dopo l’apertura della liquidazione coatta amministrativa [C. 15.12.1983, n. 7396, DF 1984, II, 19; C. 19.3.1982, n. 1786, GComm 1982, II, 723]. Ai sensi dell’art. 429, c. 3, c.p.c. (nel testo fissato dall’art. 1, l. 11.8.1973, n. 533), e degli artt. 54 e 55 l. fall., applicabili tanto al fallimento quanto alla liquidazione coatta amministrativa, i crediti pecuniari del lavoratore, assistiti da privilegio generale, producono interessi legali dal giorno della maturazione del relativo diritto e pure dopo instaurarsi di dette procedure concorsuali a carico del datore di lavoro, anche se, per il periodo successivo a tale momento, il credito per interessi non è garantito dal privilegio che tutela il credito per capitale. Detti interessi decorrono fino al giorno della liquidazione dei beni gravati dal privilegio generale, ovvero, in caso di liquidazione non in unico contesto, ma per fasi successive, cessano gradualmente e proporzionalmente [C. I 25.10.1978, n. 4838]. Quando venga posta in liquidazione coatta amministrativa una cooperativa agricola che abbia beneficiato di un mutuo agevolato con accollo da parte dello Stato del pagamento di una quota degli interessi, ai sensi dell’art. 6, l. 4.6.1984, n. 194, la sospensione del corso degli interessi legali prevista dall’art. 55 l. fall. si applica non solo alla quota di interessi dovuta alla banca mutuante dalla cooperativa mutuataria, ma anche a quella dovuta dallo Stato [C. III 22.4.2013, n. 9736; C. I 31.10.2008, n. 26308, GC 2009, I, 613]. In tema di credito agrario il beneficiario del concorso pubblico nel pagamento degli interessi - previsto dall’art. 6, l. n. 194/1984 - va identificato nella cooperativa o nel consorzio di cooperative agricole mutuanti e non nell’istituto di credito mutuante. Deriva da quanto precede, pertanto, che ove sia intervenuta una procedura concorsuale di insolvenza a carico della impresa beneficiaria, essendo il corso degli interessi sospeso dalla data del provvedimento giudiziale di ammissione alla liquidazione ex art. 55 l. fall., richiamato dall’art. 201 l. fall. per la liquidazione coatta amministrativa, nessun titolo ha l’istituto di credito per chiederne l’erogazione nei confronti dell’amministrazione dello Stato. La sottoposizione della cooperativa o del consorzio di cooperative agricole beneficiari di credito agevolato a liquidazione coatta amministrativa comporta, invero, che il debito dei menzionati enti, avendo a oggetto la restituzione del capitale ricevuto in prestito, deve considerarsi scaduto alla data della messa in liquidazione coatta amministrativa e che, sempre da tale data, cessa il regime convenzionale degli interessi, sostituito da quello fallimentare. In siffatta evenienza, quindi, viene meno sia l’obbligo di pagamento degli interessi in loro favore da parte dello Stato, sia la garanzia fideiussoria del fondo interbancario in favore della banca mutuante [C. I 9.5.2016, n. 9338, GD 2016; C. I 11.4.2016, n. 7072, GD 2016: C. I 11.2.2016, n. 2756, GCM 2016].

    3 La dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 59 l. fall., nella parte in cui non prevede la rivalutazione dei crediti di lavoro con riguardo al periodo successivo alla dichiarazione di fallimento e fino al momento in cui lo stato passivo divenga definitivo [C. Cost. n. 204/1989] trova applicazione non soltanto in caso di fallimento, ma anche di liquidazione coatta amministrativa di compagnia di assicurazione, giusta disposto dell’art. 201 della citata l. fall., che espressamente sancisce l’applicabilità, alla procedura di l.c.a., di tutte le disposizioni contenute nel titolo II, capo III, sezione II, della detta legge [C. s.l. 31.8.2010, n. 18894, Fall 2011, 494; C. I 25.10.2002, n. 15058, I 2003, 134; C. I 19.5.2000, n. 6529, GC 2001, I, 465; in senso contrario C. 15.12.1983, n. 7396; C. 17.4.1982, n. 2335, DF 1982, II, 990; C. App. Palermo 13.1.2016, n. 18, DeJure 2016].

    III. (Segue) A) la compensazione

    III.(Segue) A) la compensazione

    1 È inesistente la costituzione del pegno non risultante da una scrittura di data certa, quando il credito sia superiore a lire cinquemila; in tal caso, il debito di restituzione della somma derivante dalla inopponibilità della prelazione pignoratizia sorge dopo la dichiarazione di fallimento e non è compensabile col credito verso il fallito, poiché il principio della compensabilità dei crediti opposti opera quando il credito verso il fallito non sia scaduto prima del fallimento, ma non quando si tratti di debito verso il fallito [C. 25.10.1992, n. 12537, Fall 1993, 372].

    2 Qualora nel giudizio proposto dal curatore per il recupero di un credito del fallito, il convenuto proponga una domanda riconvenzionale, diretta all’accertamento autonomo di un contrapposto credito nei confronti del fallimento e non semplicemente a paralizzare, mediante eccezioni di compensazione, il diritto fatto valere dalla controparte, la predetta domanda rimane improcedibile nella sede ordinaria, anche se il giudizio sia pendente davanti allo stesso tribunale fallimentare, dovendo inderogabilmente essere proposta e trattata nelle forme e secondo il procedimento concorsuale di accertamento e di verificazione dello stato passivo [C. 21.5.1984, n. 3113, Fall 1984, 1204]. Nel giudizio proposto dagli organi della liquidazione coatta amministrativa per ottenere la condanna al pagamento di un debito di un terzo nei confronti della debitrice sottoposta alla procedura concorsuale, l’eccepibilità in compensazione di un credito dello stesso terzo verso la debitrice non è condizionata alla preventiva verificazione di tale credito, purché sia stata fatta valere come eccezione riconvenzionale; con quest’ultima, infatti, sono introdotte richieste che, restando nell’ambito della difesa, ampliano il tema della controversia, ma al solo fine di conseguire la reiezione della domanda, dato che al diritto fatto valere dall’attore viene opposto un diritto idoneo a paralizzarlo, mentre con la vera e propria domanda riconvenzionale il convenuto, traendo occasione da quella avanzata nei suoi confronti, chiede un provvedimento giudiziale a sé favorevole, che gli attribuisca beni determinati in contrapposizione a quelli richiesti con la domanda principale. Ne consegue che solamente con riferimento all’eventuale eccedenza del credito del terzo verso il debitore non può essere pronunciata sentenza di condanna nei confronti della procedura, dovendo per essa essere proposta un’autonoma istanza di insinuazione al passivo [T. Lamezia Terme 27.1.2022, n. 59, DeJure 2022]. Nell’ordinario processo di cognizione la proposizione da parte del convenuto contro il curatore attore di una eccezione di compensazione non determina la competenza del giudice fallimentare per l’intero giudizio né per l’accertamento del credito verso il fallito opposto in compensazione [C. 17.2.1982, n. 998, DF 1982, II, 599].

    IV. Il regime dei rapporti pendenti

    IV.Il regime dei rapporti pendenti

    1 Con riguardo al contratto preliminare di compravendita, in caso di fallimento del promittente venditore, la scelta tra l’esecuzione o lo scioglimento del contratto integra un potere discrezionale del curatore, che è esercitabile senza specifica autorizzazione del giudice delegato ed è manifestabile anche per facta concludentia; in forza del combinato disposto degli artt. 72 e 201 l. fall., tale principio è applicabile anche nella liquidazione coatta amministrativa, con la conseguenza che, in detta procedura il commissario liquidatore, qualora eserciti l’indicato potere, non necessita di autorizzazione dell’autorità di vigilanza [C. I 17.12.1993, n. 12521; C. I 26.1.1995, n. 955, Fall 1995, 844].

    2 In ipotesi di liquidazione coatta amministrativa di cooperativa edilizia, al commissario liquidatore deve essere riconosciuta, in applicazione degli artt. 72 e 201 l. fall., la facoltà di optare per la risoluzione dei rapporti inerenti alla assegnazione di alloggi in favore dei singoli soci, ove non sia ancora avvenuto l’acquisto della proprietà dell’alloggio in capo all’assegnatario [C. I 2.6.1999, n. 5346, Fall 2000, 496; C. App. Reggio Calabria 24.3.2022, n. 220].

    3 Al pari del fallimento, la liquidazione coatta amministrativa, pur non integrando una giusta causa di risoluzione del rapporto di lavoro (art. 2119 c.c.), può tuttavia costituire giustificato motivo di recesso ai sensi dell’art. 3, l. 15.7.1966, n. 604, in relazione alla situazione d’inattività in cui viene a cadere l’azienda [C. 9.11.1982, n. 5913, Fall 1983, 597]. L’art. 6, d.l. n. 576/1978, conv. nella l. n. 738/1978 - che dispone che i rapporti di agenzia costituiti con l’impresa di assicurazione posta in liquidazione coatta amministrativa sono risoluti di diritto alla data di pubblicazione del decreto con cui è promossa la procedura concorsuale e che l’indennità di fine rapporto è posta a carico della liquidazione - va interpretata nel senso che detta indennità è unicamente quella collegata con la risoluzione ipso iure del rapporto, conseguente alla procedura concorsuale, e non può comprendere quelle che la disciplina collettiva (nell’ipotesi artt. 26 e 27 accordo nazionale imprese-agenti di assicurazione del 1975) ricollega alle ipotesi di scioglimento del rapporto della volontà delle parti, quale il recesso ad opera di una di esse[C. I 9.4.1994, n. 3348, Fall 1994, 1136]. L’assoggettamento dell’impresa assicuratrice a liquidazione coatta amministrativa, determinando la risoluzione di diritto del rapporto di agenzia e la sua ricostituzione con l’impresa cessionaria del portafoglio, ai sensi dell’art. 6, d.l. 26.9.1978, n. 576, conv. con modif. dalla l. 24.11.1978, n. 738 (applicabile nella specie ratione temporis), esclude il diritto dell’agente all’indennità di cui all’art. 12, c. 4, dell’accordo nazionale agenti del 1981, prevalendo la disciplina speciale dettata dall’art. 6 cit. su quella di cui agli artt. 2118 e 2119 c.c., con conseguente esclusione della possibilità per l’agente di insinuazione al passivo fallimentare del relativo credito [C. VI 18.12.2012, n. 23386; C. App. Roma 21.1.2013, n. 374, DeJure 2013].

    4 Anche nella ipotesi di liquidazione coatta amministrativa di una società di mutua assicurazione, al commissario liquidatore, come al curatore nella procedura fallimentare, spetta la legittimazione attiva all’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria riconosciuta, in generale, “al creditore” dall’art. 2901 c.c. [C. I 13.3.1995, n. 2898, Fall 1995, 1121].

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