[1] Nei casi previsti dall’articolo 256, il tribunale nomina, sia per la liquidazione giudiziale della società, sia per quella nei confronti dei soci, un solo giudice delegato e un solo curatore, pur rimanendo distinte le diverse procedure. Possono essere nominati più comitati dei creditori. Il curatore ha diritto ad un solo compenso.
[2] Il patrimonio della società e quello dei singoli soci sono tenuti distinti.
[3] Il credito dichiarato dai creditori sociali nella liquidazione giudiziale della società si intende dichiarato per l’intero e con il medesimo eventuale privilegio generale anche nella liquidazione giudiziale aperta nei confronti dei singoli soci. Il creditore sociale ha diritto di partecipare a tutte le ripartizioni fino all’integrale pagamento, salvo il regresso fra le procedure di liquidazione nei confronti dei soci per la parte pagata in più della quota rispettiva.
[4] I creditori particolari partecipano soltanto alla liquidazione giudiziale nei confronti dei soci loro debitori.
[5] Ciascun creditore può contestare i crediti dei creditori con i quali si trova in concorso.
[6] Il curatore della liquidazione giudiziale della società può esercitare l’azione sociale di responsabilità nei confronti del socio amministratore anche se nei suoi confronti non è stata aperta la procedura di liquidazione giudiziale.
A) Inquadramento funzionale:
A)Inquadramento funzionale:I. La disciplina del concorso nei fallimenti dei soci e rispetto alla liquidazione giudiziale della società - II. Le regole di coordinamento tra le due masse .
I. La disciplina del concorso nei fallimenti dei soci e rispetto alla liquidazione giudiziale della società
I.La disciplina del concorso nei fallimenti dei soci e rispetto alla liquidazione giudiziale della società1 La liquidazione giudiziale dei soci illimitatamente responsabili è una liquidazione giudiziale sempre dipendente da quello della società; il rapporto che si instaura fra le più procedure è di necessario coordinamento, fermo restando che la liquidazione giudiziale del socio ha una sua autonomia, emblematicamente rappresentata dal fatto che sono riconoscibili una massa attiva ed una massa passiva del singolo socio, sì che il patrimonio della società va tenuto distinto dal patrimonio del socio.
2 Tali masse presentano una fondamentale differenza: infatti, mentre la massa passiva del socio non si comunica alla massa passiva sociale, la massa attiva del socio è destinata alla soddisfazione concorrente dei creditori della società e dei creditori particolari del socio. Sulla massa attiva del socio i creditori della società concorrono con i creditori sociali nel rispetto delle cause di prelazione.
3 La permanenza della regola del beneficium excussionis, secondo la quale i creditori sociali non possano soddisfarsi sui beni del socio prima di essersi soddisfatti sulla massa attiva della società sembra ricavabile dall’art. 257 CCII nella parte in cui si prevede che il creditore sociale ha diritto di partecipare a tutte le ripartizioni fino all’integrale pagamento, salvo il regresso fra le procedure.
4 Può capitare che per effetto di questo meccanismo il creditore si soddisfi su beni che appartengono al socio che in forza di una minore partecipazione societaria dovrebbe rispondere in misura inferiore; in tal caso la liquidazione giudiziale del socio può agire in regresso nei confronti dell’altra liquidazione giudiziale ma soltanto dopo che il creditore è stato soddisfatto per intero.
II. Le regole di coordinamento tra le due masse
II.Le regole di coordinamento tra le due masse1 Per semplificare gli adempimenti cui sono tenuti i creditori, la domanda di ammissione al passivo nella liquidazione giudiziale sociale si intende proposta anche nella liquidazione giudiziale del socio e con il medesimo (eventuale) grado di prelazione. L’estensione automatica della domanda di ammissione al passivo è dovuta al fatto che i soci illimitatamente responsabili cui è estesa la liquidazione giudiziale contestualmente alla società si ritiene rispondano di tutte le obbligazioni che fanno carico all’ente; pertanto, il credito verso la società si comunica naturalmente ai soci.
2 In ogni caso quando la liquidazione giudiziale viene estesa ai soci dopo la liquidazione giudiziale della società, è assai più congruo ritenere che i creditori sociali già ammessi debbano presentare una nuova domanda di ammissione al passivo nella liquidazione giudiziale del socio in quanto nei casi di cessazione del rapporto sociale la responsabilità è limitata alle obbligazioni preesistenti al venir meno del vincolo. Il giudice delegato deve verificare che il credito vantato nei confronti della società è anteriore al momento del recesso (o morte o esclusione; o trasformazione, fusione o scissione), perché la responsabilità del socio è illimitata rispetto al suo patrimonio, non rispetto alle obbligazioni di cui deve rispondere.
3 I creditori della società sono legittimati a contestare i crediti dei creditori particolari perché con questi concorrono [sui beni dei soci] e quindi hanno interesse ad escluderli dai riparti. I creditori particolari, specularmente, hanno interesse a contestare i creditori della società. Non c’è invece interesse fra i creditori particolari di un socio e i creditori di altro socio perché fra di loro non c’è concorrenza, essendo diverse le masse attive sulle quali soddisfarsi.
4 Come alla dichiarazione di liquidazione giudiziale della società fa seguito automaticamente la liquidazione giudiziale del socio illimitatamente responsabile, così pure si dovrebbero automaticamente produrre gli effetti della cessazione della procedura sociale. Come la liquidazione giudiziale del socio non provoca la liquidazione giudiziale della società, la revoca della liquidazione giudiziale del socio non comporta la revoca della liquidazione giudiziale sociale.
5 La chiusura della liquidazione giudiziale della società determina la chiusura della liquidazione giudiziale del socio salvo che questi sia stato assoggettato alla liquidazione giudiziale come imprenditore individuale (cioè il caso della società occulta).
6 Una vera e propria scissione fra le sorti della liquidazione giudiziale della società e quelle della liquidazione giudiziale del socio la incontriamo quando il socio illimitatamente responsabile decide di proporre da solo un concordato concorsuale ai creditori sociali e a quelli particolari (v. art. 267 CCII). Infatti, il socio che voglia conseguire il beneficio dell’esdebitazione e che non trovi collaborazione negli altri soci nella predisposizione di una domanda di concordato concorsuale, può presentare autonomamente la proposta che se approvata dai creditori e omologata dal tribunale produce l’effetto della cessazione della liquidazione giudiziale e la sua liberazione dai debiti, fermo restando che prosegue la procedura nei confronti della società e di altri eventuali soci.
B) Giurisprudenza:
B)Giurisprudenza:I. Il necessario coordinamento fra le più procedure
I.Il necessario coordinamento fra le più procedure1 Per i fallimenti plurimi, tra loro connessi, della società e dei soci a responsabilità illimitata, l’unicità del curatore è prevista dalla legge, in maniera tassativa e non si può escludere la necessità della nomina di un curatore speciale, in sede contenziosa [C. I 15.4.1980, n. 2446; C. I 16.3.1972, n. 783]. In caso di fallimento della società, l’avviso di rettifica delle dichiarazioni dei redditi di società di persone deve essere notificato alla sola curatela atteso che in tale evenienza l’integrità del contraddittorio è garantita dall’unicità del curatore poiché la rappresentanza processuale di quest’ultimo si estende a tutte le controversie relative ai rapporti compresi nel fallimento [C. s.t. 24.6.2021, n. 18245, GCM 2021].
2 I fallimenti della società e dei soci illimitatamente responsabili, nonostante l’unicità della sentenza dichiarativa e degli organi delle procedure, costituiscono centri diversi di imputazione giuridica degli effetti di tale sentenza, in quanto gli artt. 147 e 148 l. fall., stabiliscono una distinzione tra i patrimoni della società e dei soci, tra gli stati passivi e le masse riferibili alla prima e ai secondi; pertanto, il curatore è legittimato a stare in giudizio quale organo del fallimento sociale o di ciascuno dei soci, a seconda della riferibilità della controversia all’uno o agli altri e, qualora proponga azione revocatoria fallimentare avente ad oggetto un atto compiuto da un socio, in proprio, egli deve agire in qualità di organo del fallimento del socio, dunque con esplicito riferimento al fallimento di quest’ultimo [C. I 1.3.2005, n. 4284, DPS 2005, 91]. I fallimenti della società e dei soci illimitatamente responsabili, nonostante l’unicità della sentenza dichiarativa e degli organi della curatela e del giudice delegato, costituiscono procedure autonome, poiché si riferiscono a centri diversi di imputazione giuridica degli effetti di tale sentenza, stabilendo gli artt. 147 e 148 l. fall., la distinzione tra i patrimoni della società e dei soci, nonché delle situazioni attive e passive riferibili alla prima ed ai secondi; pertanto, il curatore è legittimato a stare in giudizio quale organo del fallimento sociale o di ciascuno dei soci, a seconda della riferibilità della controversia all’uno o agli altri e, qualora subentri in un’azione revocatoria avente ad oggetto un atto compiuto dalla società ed agisca in qualità di organo del fallimento sociale ma altresì dei soci, deve attuare, ove processualmente tenuto, il contraddittorio con esplicito riferimento al fallimento di entrambi [C. I 13.10.2007, n. 26177, Fall 2008, 465].
3 In caso di fallimento della società di persone e del suo socio illimitatamente responsabile, il creditore può soddisfare la propria pretesa sui patrimoni dell’una e dell’altro (se entrambi capienti), ma non può realizzarla due volte sul medesimo patrimonio, neanche quando il socio abbia prestato fidejussione per il credito verso la società, sia perché la responsabilità illimitata per i debiti sociali assorbe ogni altro titolo di responsabilità del socio, sia perché - risultato incapiente il patrimonio sociale e scioltasi, con il fallimento, la società - la fidejussione si estingue per il venir meno della sua causa tipica (consistente nella garanzia di un patrimonio ulteriore rispetto a quello del debitore), salvo che il creditore non provi un proprio diverso interesse al mantenimento in vita della garanzia [C. I 27.3.1993, n. 3730, Fall 1993, 1027; C. s.u. 24.8.1989, n. 3749, Fall 1990, 108]. In ipotesi di fallimento di una società di persone e dei soci illimitatamente responsabili, il curatore del fallimento sociale non ha legittimazione processuale nelle controversie coinvolgenti la massa attiva personale del fallimento del socio che abbia ad oggetto diritti che già spettavano al fallito [C. II 16.10.2020, n. 22566, GD 2021].
4 Il curatore del fallimento della società di persone è legittimato ad esperire l’azione revocatoria contro gli atti di disposizione del socio illimitatamente responsabile fallito, atteso che, nonostante la massa del fallimento della società sia distinta da quella del socio, l’accrescimento del patrimonio di quest’ultimo in conseguenza dell’accoglimento dell’azione produce risultati positivi anche a favore dei creditori della società, il cui credito si intende dichiarato per intero nel fallimento del socio ed è, pertanto, indifferente che il curatore promuova l’azione spendendo il nome del solo fallimento sociale o, viceversa, del solo fallimento del socio, posto che, in un caso o nell’altro, il passaggio in giudicato della sentenza emessa nel relativo giudizio fa stato nei confronti dei creditori di entrambe le masse [C. VI 21.10.2021, n. 29284, GCM 2021; C. I 25.9.2017, n. 22279, GCM 2017]. In ipotesi di fallimento di una società di persone e dei soci illimitatamente responsabili (ai sensi dell’art. 147 l. fall.), il curatore del fallimento sociale è legittimato ad agire in revocatoria contro gli atti disposizione compiuti dal socio poiché l’accrescimento del patrimonio di quest’ultimo, in conseguenza dell’accoglimento dell’azione, produce risultati positivi ai fini del soddisfacimento non solo dei suoi creditori particolari ma anche dei creditori della società, il cui credito si intende dichiarato per intero anche nel fallimento del primo. La sentenza che definisce il relativo giudizio fa stato, quindi, nei confronti dei creditori di entrambe le masse, così precludendo al curatore del fallimento personale del socio di riproporre la medesima azione già introdotta quale curatore del fallimento sociale [C. VI 21.1.2016, n. 1103, GCM 2016].
5 Il credito assistito da privilegio generale e vantato nei confronti di una società di persone conserva la prelazione anche qualora venga fatto valere nel fallimento in proprio del socio illimitatamente responsabile, non sussistendo diversità di causa tra le pretese azionabili nei confronti della società debitrice e dei soci della stessa illimitatamente responsabili, né sul piano oggettivo - trattandosi del medesimo credito -, né su quello soggettivo, in quanto l’obbligazione della società di persone rappresenta anche l’obbligazione diretta del socio della stessa illimitatamente e personalmente responsabile [C. I 30.7.2004, n. 14646, S 2004, 1363; C. I 11.8.1995, n. 8817, Fall 1996, 227]. Affinché un credito verso la società possa considerarsi ammesso in via privilegiata nello stato passivo del fallimento di un socio illimitatamente responsabile, occorre che il riconoscimento del privilegio sia avvenuto in sede di formazione di detto stato passivo, atteso che il decreto di esecutività dello stato passivo emesso dal giudice delegato ai sensi dell’art. 97 l. fall., e divenuto definitivo, svolge effetti preclusivi nell’ambito della procedura fallimentare anche in relazione all’esistenza di cause di prelazione [C. I 21.1.1996, n. 5776, Fall 1997, 463]. L’intervenuta ammissione al passivo del fallimento di una società di persone, in via chirografaria, di un credito rende inammissibile la successiva domanda di insinuazione dello stesso credito, in via privilegiata, al passivo del fallimento del socio illimitatamente responsabile, atteso che il credito insinuato in chirografo al passivo sociale ha già prodotto i suoi effetti, ex art. 148, c. 3, l. fall., anche in relazione alla massa imputabile al singolo socio [C. I 27.11.2019, n. 31053, GCM 2020; C. I 1.10.2015, n. 19646, GCM 2016].
6 In tema di fallimento in estensione, il principio cosiddetto di automaticità dettato dall’art. 148, c. 3, l. fall., comporta, in linea generale, che la domanda di ammissione al passivo di una società di persone estenda ipso facto i suoi effetti anche allo stato passivo del socio, tale estensione comprendendo, per l’effetto, anche l’eventuale privilegio generale che assista il credito, in considerazione della causa di questo e dell’unicità del rapporto da cui sorge. Detto principio non può, per converso, operare, attesi i limiti intrinseci, né quando la prelazione non scaturisca dal medesimo rapporto, ma da un rapporto accessorio - come nel caso di pegni e/o ipoteche costituiti dalla società o dal socio -, né quando essa non riguardi genericamente i beni del debitore (sia esso la società o il socio), ma afferisca, invece, a specifici beni della società, individuati dalla legge, ovvero a specifici beni, della società o del socio, individuati con il rapporto accessorio costitutivo della garanzia reale, poiché, in tali casi, la prelazione stessa grava, in definitiva, su beni appartenenti al patrimonio soltanto di uno dei soggetti obbligati e non può, in mancanza di collegamento tra prelazione stessa e patrimonio, intendersi dichiarata anche nel fallimento di un soggetto diverso, dovendo essa, per converso, esser fatta valere nel solo stato passivo del fallimento del titolare del bene gravato [C. I 25.1.2013, n. 1778; C. I 30.8.2007, n. 18312, Fall 2008, 549; C. I 25.3.2003, n. 4363, Fall 2004, 166]. L’ambito soggettivo dell’esdebitazione, per quanto circoscritto dall’ art. 142 l. fall., al fallito persona fisica, deve essere riferito anche al socio illimitatamente responsabile di una società, fallito in estensione. Ne consegue che, al fine di valutare il presupposto di cui al comma 2, ossia l’avvenuto soddisfacimento almeno in parte dei creditori concorsuali, occorre considerare che tali sono, per il socio fallito in estensione, anche e necessariamente quelli della società, in quanto, pur rimanendo distinte le diverse procedure, il credito dichiarato dai creditori sociali nel fallimento della società si intende dichiarato per intero anche nel fallimento dei singoli soci [C. VI 30.7.2020, n. 16263, GCM 2020]. A seguito delle modifiche alla legge fallimentare introdotte con il d.lgs. n. 169/2007, i creditori che hanno proposto il ricorso di fallimento nei confronti di una società di persone o di un imprenditore apparentemente individuale non sono litisconsorti necessari nel procedimento di fallimento in estensione previsto dagli artt. 15 e 147 l. fall. promosso ad istanza del curatore, neppure ai fini della condanna alle spese processuali, che il presunto socio potrebbe reclamare nei confronti dello stesso curatore. I predetti creditori sono, invece, litisconsorti necessari nel giudizio di reclamo alla sentenza dichiarativa di fallimento proposto dal socio illimitatamente responsabile, cui il fallimento sia stato successivamente esteso, in ragione dei pregiudizi che la revoca del fallimento potrebbe arrecare alle loro pretese, che, a norma dell’art. 148 l. fall., si intendono dichiarate anche nel fallimento dei singoli soci [C. VI 24.10.2016, n. 21430, GCM 2017]. Nel procedimento di reclamo alla sentenza che ha esteso il fallimento al socio accomandante, litisconsorti necessari sono soltanto il curatore ed i creditori istanti e non anche il socio accomandatario, già dichiarato fallito, il quale può far valere unicamente la sua eventuale estraneità alla compagine sociale, ferma restando, peraltro, la facoltà dello stesso di spiegare intervento volontario, a norma dell’art. 105 c.p.c., nel giudizio concernente la dichiarazione di fallimento per estensione all’altro socio [C. VI 25.11.2015, n. 24112, GCM 2015].