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Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza - Formulario commentato

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    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

    Informazioni sul volume

    Autore:

    Massimo Fabiani, Giovanni Battista Nardecchia

    Editore:

    Wolters Kluwer

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    Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza - Formulario commentato

    255. Azioni di responsabilità

    Mostra tutte le note

    [1] Il curatore, autorizzato ai sensi dell’articolo 128, comma 2, può promuovere o proseguire: (2)

    a) l’azione sociale di responsabilità;

    b) l’azione dei creditori sociali prevista dall’articolo 2394 e dall’articolo 2476, sesto comma, del codice civile;

    c) l’azione prevista dall’articolo 2476, ottavo comma, del codice civile; (1)

    d) l’azione prevista dall’articolo 2497, quarto comma, del codice civile;

    e) tutte le altre azioni di responsabilità che gli sono attribuite da singole disposizioni di legge.

    (1) Lettera così modificata dall’art. 28, comma 1, D.Lgs. 26 ottobre 2020, n. 147, a decorrere dal 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 42, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 147/2020.

    (2) Alinea così modificato dall’art. 32, comma 1, D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, a decorrere dal 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 51, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 83/2022.

    A) Inquadramento funzionale:

    A)Inquadramento funzionale:

    I. Le azioni di responsabilità. Natura giuridica - II. (Segue) A) la natura giudica della azione di responsabilità dei creditori sociali - III. (Segue) B) le azioni di responsabilità previste in specifiche disposizioni di legge - IV. Le azioni di responsabilità nelle s.p.a. - V. Le azioni di responsabilità nelle s.r.l. - VI. Le azioni di responsabilità dei gruppi - VII. La prescrizione - VIII. La quantificazione del danno - IX. (Segue) A) il criterio dei “netti patrimoniali” - X. (Segue) B) il criterio della differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura - XI. Le regole processuali.

    I. Le azioni di responsabilità nella s.p.a. Natura giuridica

    I.Le azioni di responsabilità nella s.p.a. Natura giuridica

    1 Dalla lettura dell’art. 255 CCII si ricava che il curatore esercita le azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori, degli organi di controllo, dei liquidatori, dei direttori generali e anche dei soci (con riguardo alla società a responsabilità limitata a norma dell’art. 2476 c.c.).

    2 Sebbene sembri che l’art. 255 CCII nulla aggiunga a quanto disposto negli artt. 142 e 143 CCII, la norma contiene, oggi, una più ampia casistica: “Il curatore, autorizzato ai sensi dell’articolo 128, comma 2, può promuovere o proseguire: a) l’azione sociale di responsabilità; b) l’azione dei creditori sociali prevista dall’articolo 2394 e dall’articolo 2476, sesto comma, del codice civile; c) l’azione prevista dall’articolo 2476, settimo comma, del codice civile; d) l’azione prevista dall’articolo 2497, quarto comma, del codice civile; e) tutte le altre azioni di responsabilità che gli sono attribuite da singole disposizioni di legge”. Resta, dunque, esclusa l’azione individuale del socio e del singolo creditore disciplinata nell’art. 2395 c.c.

    II. (Segue) A) la natura giudica della azione di responsabilità dei creditori sociali

    II.(Segue) A) la natura giudica della azione di responsabilità dei creditori sociali

    1 Si dibatte sul fatto se tale azione sia autonoma o surrogatoria e se si tratti di azione contrattuale o extracontrattuale. A favore dell’una o dell’altra tesi sono stati addotti numerosi argomenti, alcuni dei quali specularmente invocati. Si fa, però, decisamente preferire la tesi della natura autonoma dell’azione: (i) sia perché già l’art. 2900 c.c. dovrebbe consentire ai creditori di essere legittimati ad agire in via surrogatoria; (ii) sia perché la rinuncia all’azione da parte della società non vanifica l’azione dei creditori sociali, senza che sia necessario impugnare l’atto abdicativo.

    2 Se a tali notazioni aggiungiamo che l’azione dei creditori si fonda (a) sulla violazione di un dovere specifico, quello della conservazione dell’integrità del patrimonio sociale e (b) su un presupposto autonomo connotato dall’insufficienza del patrimonio a garantire il diritto dei creditori, la tesi della natura autonoma dell’azione dei creditori esce ulteriormente rafforzata.

    3 La norma di cui all’art. 2394 c.c. stabilisce che la responsabilità verso i creditori sociali sussiste per effetto della «inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale». Se si raffronta tale disposizione con quella di cui al precedente art. 2392 c.c., si può notare che la responsabilità verso i creditori sociali ha uno spettro più ristretto in quanto non sorge responsabilità se vengono violati obblighi degli amministratori diversi da quelli connessi alla conservazione del patrimonio sociale.

    4 Ed infine, sempre a conforto di questa tesi, osserviamo che il risultato utile dell’azione dei creditori - esercitata in sede extraconcorsuale - va a beneficio di coloro che hanno agito e non già a beneficio della società incrementandone il patrimonio Lo spettro del danno risarcibile è dunque diverso, assai più ampio nell’azione della società e ben più limitato nell’azione dei creditori sociali, i quali non possono lucrare dall’azione più di quanto necessario a ricostituire la garanzia patrimoniale generica risultante dalla sommatoria del patrimonio sociale e di quello degli amministratori nei limiti delle passività sociali.

    5 Quanto alla natura della responsabilità, osserviamo che gli amministratori non assumono nei confronti dei creditori un impegno specifico contrattuale alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale, ma questo dovere di protezione è assunto per legge direttamente nei confronti dei creditori. Poiché la norma di cui all’art. 2394 c.c. contiene l’indicazione di un preciso obbligo la cui violazione fa scattare ex lege la responsabilità, è sufficiente ricordare come la violazione dell’obbligazione nascente dalla legge sia fonte diretta di responsabilità contrattuale.

    6 Vi sono poi solidi argomenti testuali che vanno verso la tesi della natura autonoma della responsabilità degli amministratori nei confronti dei creditori sociali: l’art. 2949 c.c., nel comma 1, stabilisce la regola generale per la quale tutti i diritti che derivano da rapporti sociali si prescrivono nel termine di cinque anni; nel comma 2, peraltro, si precisa che lo stesso termine vale anche per l’azione di responsabilità che spetta ai creditori sociali. D’altra parte anche il fatto che il legislatore abbia evocato la nozione di «conservazione del patrimonio» sostiene il dubbio che gli amministratori, oltre ai doveri che derivano dall’incarico ricoperto per il quale rispondono secondo i principi generali del mandato, siano destinatari di un ulteriore obbligo costituito dal fatto che il loro operato non può comunque pregiudicare l’aspettativa dei creditori sociali a vedere soddisfatte le loro ragioni sul patrimonio della società, patrimonio che va inteso come complesso dei beni e dei diritti a mezzo dei quali il debitore risponde ai sensi dell’art. 2740 c.c. Ed ancora, meritano di essere valorizzate le disposizioni di cui agli artt. 4 e 21 CCII nella parte in cui stabiliscono i criteri di gestione imprenditoriale in caso di insolvenza ponendo l’interesse dei creditori come prioritario punto di riferimento.

    7 L’azione di responsabilità esercitata dal curatore non è una azione che deriva dalla liquidazione giudiziale (art. 32 CCII), in quanto tanto la società che i creditori sociali possono attivarla fuori dalla liquidazione giudiziale. L’azione dei creditori sociali, al pari di quanto accade per la revocatoria ordinaria radicata dal curatore (art. 165 CCII), viene trasferita al curatore secondo un processo di trasformazione concorsualizzante (posto che il risultato utile dell’azione va a beneficio di tutti i creditori sociali), tale da giustificare che l’azione promossa dal curatore sia da considerare una azione di massa.

    8 Per ciò che pertiene alle fonti di responsabilità, di particolare rilievo appaiono le prescrizioni contenute negli artt. 2484, 2485 e 2486 c.c. a proposito dello scioglimento della società e prosecuzione dell’attività d’impresa. L’assetto del codice civile è diretto a dare certezza ai rapporti fra società e amministratori e fra società e terzi; assetto che ruota sul principio dell’efficacia costitutiva dell’accertamento della causa di scioglimento visto il tenore dell’art. 2384 c.c. laddove si dice «gli effetti dello scioglimento si determinano … alla data dell’iscrizione presso il registro delle imprese della dichiarazione con cui gli amministratori ne accertano la causa …». Al cospetto di un evento che può assumere uno dei connotati di cui all’art. 2448 c.c. gli amministratori debbono reagire senza indugio; la reazione compete o all’amministratore unico o, in caso di pluralità di amministratori, al consiglio di amministrazione.

    9 Per paralizzare possibili effetti negativi derivanti dall’inerzia degli amministratori nel far constare la causa di scioglimento, il legislatore ha imposto uno specifico dovere di buona amministrazione prescrivendo che l’evento dissolutivo sia accertato senza ritardo e che sia poi divulgato. La violazione di tale dovere è fonte di responsabilità per i danni subiti dai soggetti interessati e che compongono una griglia assortita, visto che l’eventuale diritto al risarcimento dei danni spetta alla società, ai soci, ai creditori sociali e ai terzi.

    10 La violazione di questi obblighi di condotta genera la responsabilità per danni nei confronti oltre che dei terzi, della società, dei soci e dei creditori sociali; infatti, gli artt. 2485 e 2486 c.c., quanto meno per le società per azioni, non istituiscono ulteriori azioni di responsabilità ma nuovi titoli di responsabilità; pertanto, nonostante il mancato richiamo nell’art. 255, deve ritenersi riconosciuta la legittimazione del curatore anche per le azioni di cui all’art. 2486 c.c. (fra l’altro quelle più sperimentate nella pratica) e ciò perché se ne parla a proposito del criterio di determinazione del danno, là dove si fa esplicito riferimento alle procedure concorsuali.

    III. (Segue) B) le azioni di responsabilità previste in specifiche disposizioni di legge

    III.(Segue) B) le azioni di responsabilità previste in specifiche disposizioni di legge

    1 La clausola di chiusura secondo la quale al curatore sono attribuite le azioni di responsabilità previste in base a specifiche disposizioni di legge assume un particolare rilievo in quanto conferma che il sistema non riconosce al curatore un generalizzato potere di rappresentanza dei creditori del debitore, e le disposizioni che espressamente attribuiscono a tale organo il diritto di agire in luogo di tali creditori devono quindi considerarsi quali norme eccezionali, al di fuori delle quali la legittimazione della curatela quale organo rappresentativo della massa dei creditori deve essere esclusa.

    IV. Le azioni di responsabilità nelle s.p.a.

    IV.Le azioni di responsabilità nelle s.p.a.

    1 Nella società per azioni la legittimazione attribuita al curatore si estende, per effetto di una lunga sequenza di norme di rinvio, alla responsabilità dell’organo amministrativo nel sistema dualistico (art. 2409-decies c.c.) e in quello monistico (art. 2409-noviesdecies c.c.). L’investitura formale è condizione più che sufficiente per l’esercizio dell’azione di responsabilità; diversamente, ci si chiede se analoghe iniziative possano essere promosse nei confronti di coloro che di fatto hanno gestito la società pur in assenza di qualsiasi investitura. Dopo molte incertezze si è giunti a riconoscere che anche l’amministratore di fatto può essere attinto dalle azioni di responsabilità, ma questo passaggio che pure si giustifica con esigenze di protezione dei creditori, va valutato con molta prudenza, attraverso una prova rigorosa del rapporto di amministrazione.

    2 La responsabilità non riguarda solo coloro che assumono a vario titolo la gestione dell’impresa (amministratori, liquidatori e direttori generali), bensì anche i soggetti che per legge o per scelta statutaria sovraintendono ai controlli; parliamo del collegio sindacale (art. 2407 c.c.), del consiglio di sorveglianza e dei soggetti cui è affidata la revisione contabile, anche se in questo caso l’azione che spetta al curatore è, solo, quella sociale di matrice contrattuale. In tale cornice, il fatto che nel corpo dell’art. 255 sia svanito il riferimento ai destinatari delle azioni giudiziarie intentate dal curatore non pare davvero rilevante; infatti, l’individuazione dei soggetti potrà avvenire, abbastanza semplicemente, con il rinvio alle singole disposizioni: tanto quelle espressamente menzionate nell’art. 255, quanto quelle sparse qua e là nella legge, nonché quelle che alle prime (o alle seconde) fanno rinvio.

    3 Nel caso delle società per azioni il curatore esercita l’azione sociale e quella dei creditori sociali, sì che si assiste al (possibile) cumulo delle azioni. È consueto leggere che il curatore esercita inscindibilmente le due azioni; si tratta, peraltro, di una asserzione che merita di essere precisata. Il curatore può decidere di esercitare nel medesimo processo ambedue le azioni, ma non può “fonderle”. Infatti, il curatore può farle confluire in un’unica iniziativa processuale, ma una volta incardinato il processo, se si accerta che non si è determinata l’insufficienza del patrimonio sociale e che pur tuttavia sono stati compiuti da parte degli amministratori atti contrari ai loro doveri che hanno cagionato un danno alla società, la responsabilità nei confronti della società permane e in relazione a questa i termini di prescrizione devono allora coincidere con quelli della cessazione della carica e non con quelli più favorevoli correlati alla azione di cui all’art. 2394 c.c.

    4 Il curatore riceve una duplice legittimazione ma ciò non comporta affatto che l’azione del curatore sia diversa da quella di cui sono titolari, separatamente, la società e i creditori sociali. Non vi è dubbio che se il curatore, come gli è possibile, esercita nel medesimo processo le due azioni, l’infondatezza dell’una non travolge l’altra; così pure, l’allegazione dei fatti che pertengono a ciascuna azione è il fondamento della legittimazione duale del curatore. Parimenti, non si può escludere che il curatore promuova l’una e l’altra in processi distinti (ma con l’avvertenza che, poi, si potranno porre i problemi in tema di continenza, di connessione e di cumulo oggettivo e soggettivo), fermo restando che il risarcimento non potrà essere duplicato.

    5 Le due azioni vanno quindi promosse o in via principale e subordinata, ovvero in via alternativa, ma in ogni caso per ciascuna di esse deve venire dedotto il petitum e la causa petendi che, come abbiamo, visto possono divergere. Il fenomeno va trattato secondo il classico schema del concorso di azioni.

    V. Le azioni di responsabilità nelle s.r.l.

    V.Le azioni di responsabilità nelle s.r.l.

    1 L’art. 255 CCII contempla l’azione di responsabilità nei confronti dei soci (che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi, e dunque in concorso con gli amministratori) a norma dell’art. 2476 c.c. e dunque anche questa azione, in caso, di liquidazione giudiziale, è esercitata dal curatore. Parimenti, al curatore sono attribuite, l’azione della società e quella dei creditori sociali in perfetta armonia, ora, con la disciplina delle società per azioni.

    VI. Le azioni di responsabilità nei gruppi

    VI.Le azioni di responsabilità nei gruppi

    1 Il codice della crisi ha finalmente preso in considerazione il fenomeno del gruppo di società e in tale ambito ha attribuito al curatoresia il curatore della procedura unitaria (v., infra), sia i curatori delle procedure autonome collegate - le azioni di responsabilità di cui all’art. 2497 c.c., disposizione che ha per oggetto la responsabilità della società (o ente) che esercita attività di direzione e coordinamento.

    2 In caso di liquidazione giudiziale, l’azione che spetta ai creditori sociali della società eterodiretta è trasferita al curatore il quale può chiedere alla società che esercita la direzione - e a coloro che (anche persone fisiche) hanno partecipato al fatto lesivo o da questo abbiano tratto beneficio - il risarcimento del danno. Il diritto al risarcimento resta escluso quando si dimostra che la società etero-diretta non ha subito un danno visto nella complessità dell’attività di direzione e coordinamento (c.d. teoria dei vantaggi compensativi), e sempre che la società soggetta alla direzione non abbia procurato la soddisfazione del creditore.

    3 L’azione di responsabilità esercitata dal curatore in vece dei creditori sociali va considerata di natura non contrattuale ma ex lege, pur quando l’art. 2497 c.c. trovi applicazione nel caso del c.d. contratto di dominazione (art. 2497-septies c.c.), perché il contratto ha effetti fra le parti ma non rispetto ai terzi, quali sono i creditori, con riferimento alla violazione dei criteri di corretta gestione e non all’inadempimento derivante dal contratto di dominazione.

    4 Al curatore è, poi, attribuita la legittimazione a presentare la denuncia di cui all’art. 2409 c.c. nei confronti dell’organo amministrativo e di controllo in relazione alle società del gruppo che non sono attinte dalla procedura di liquidazione giudiziale, ovviamente nei limiti in cui per il tipo societario corrispondente, il procedimento per la denuncia delle gravi irregolarità sia ammesso (art. 291 CCII).

    VII. La prescrizione

    VII.La prescrizione

    1 La durata del termine di prescrizione è di cinque anni, sia per l’azione sociale che per l’azione dei creditori sociali (cfr. l’art. 2949 c.c.) e decorre nel caso di azione sociale dal momento in cui il soggetto responsabile cessa dalla carica (art. 2941 c.c. che non pare, però, applicarsi agli organi di controllo), mentre nel caso dell’azione dei creditori il termine decorre da quando è nota l’insufficienza patrimoniale; la notorietà può derivare dalla liquidazione giudiziale, ma può anche manifestarsi sia in un momento antecedente che successivo. È onere dell’amministratore convenuto eccepire il fatto estintivo e dunque dimostrare che i creditori erano a conoscenza della situazione deficitaria della società. Diverso è il dies a quo per l’azione nei confronti dei revisori, perché coincide con la data della relazione (art. 15, d.lgs. n. 39/2010).

    2 Il quadro normativo va completato con l’art. 2393 c.c. ove si prevede che «l’azione può essere esercitata entro cinque anni dalla cessazione dell’amministratore dalla carica»; tale espressione potrebbe essere intesa come indicativa di un termine di decadenza; tuttavia, a livello sistematico e di coerenza con tutte le altre ipotesi di responsabilità, anche l’azione sociale nei confronti degli amministratori è sottoposta ad un termine di prescrizione.

    VIII. La quantificazione del danno

    VIII.La quantificazione del danno

    1 Il curatore che agisce in giudizio ha l’onere di offrire la prova della esistenza di un danno (alla società o ai creditori sociali) per poi fornire al giudice gli elementi idonei a consentire la liquidazione del danno lamentato.

    2 La misura del danno va determinata con riferimento alle singole condotte ed eventi lesivi quando si tratta di responsabilità da atti. Quando la responsabilità che si imputa agli amministratori è quella di avere proseguito nell’attività d’impresa pur in presenza di una causa di scioglimento e cioè una responsabilità da attività, la misura del danno deve essere determinata in modo diverso.

    IX. (Segue) A) il criterio dei “netti patrimoniali”

    IX.(Segue) A) il criterio dei “netti patrimoniali”

    1 Il danno che subisce la società per fatti di mala gestio può essere computato partendo dalle prescrizioni generali del codice civile. Così, se l’art. 2394 c.c. fissa come parametro indicativo del danno, l’insufficienza patrimoniale della società, per i creditori il danno non coincide con il danno alla società perché delle condotte di mala gestio i creditori non possono dolersi se, comunque, il patrimonio sociale è sufficiente per assicurare il loro pagamento.

    2 Benché collocata all’esterno del codice della crisi, l’attuale comma 3 dell’art. 2486 c.c. regola un criterio legale di quantificazione del danno; un criterio, tuttavia, flessibile sia perché (i) è fatta salva la prova di un diverso ammontare, sia perché (ii) se mancano le scritture contabili o sono irregolari, interviene un altro criterio che è quello della differenza fra attivo e passivo della procedura liquidatoria. “Quando è accertata la responsabilità degli amministratori a norma del presente articolo, e salva la prova di un diverso ammontare, il danno risarcibile si presume pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data in cui l’amministratore è cessato dalla carica o, in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento di cui all’articolo 2484, detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione”.

    3 Il criterio di quantificazione è utilizzabile, esclusivamente, per tutte le azioni di responsabilità che assumono come condotta illecita la violazione della prescrizione (richiamata anche per la responsabilità dei liquidatori ex art. 2489 c.c.) di conservare l’integrità e il valore del patrimonio sociale.

    4 Quando si vuole censurare un atto dell’amministratore o del liquidatore idoneo a ledere l’integrità o il valore del patrimonio della società, non è affatto necessario invocare il criterio dei “netti patrimoniali rettificati”, perché il danno può essere commisurato direttamente alla perdita di valore del patrimonio. In tal senso, per i cc.dd. atti commissivi, è ragionevole che si debbano applicare, a seconda dell’azione proposta gli artt. 1223 ss. c.c. o l’art. 2056 c.c.

    5 Il danno che la norma mira a determinare è il danno da indebita prosecuzione di attività e più precisamente un danno che non corrisponde alla formale violazione dell’aver proseguito l’attività posto che la prosecuzione in chiave conservativa non è condotta, di per sé, dissipativa. Il codice civile sanziona, infatti, la condotta inerte degli amministratori, o, peggio, quella volta al compimento di atti della gestione caratteristica in violazione del dovere di gestire l’impresa in modo conservativo.

    6 Nel caso in cui l’azione di responsabilità sia promossa nel contesto di una procedura concorsuale, il dies ad quem delle diverse procedure concorsuali deve identificarsi in un provvedimento dell’autorità giudiziaria o dell’autorità amministrativa. Benché la norma richiami la responsabilità degli amministratori, chi agisce in giudizio può dimostrare che quel danno differenziale sui netti patrimoniali sia stato provocato, anche, dalla condotta dei sindaci, così restando applicabile la misura del danno fissata nell’art. 2486 c.c.

    7 Il curatore deve fornire la prova relativa al patrimonio netto al momento di apertura della liquidazione giudiziale, ovvero al momento di apertura del concordato preventivo (se precedente). Il tenore della norma, poi, sembrerebbe non lasciare spazio ad una formazione del dato numerico fondata sui risultati della procedura concorsuale, anche perché tali risultati potrebbero consolidarsi ad anni di distanza dall’avvio della lite sulla responsabilità.

    8 Ai fini della quantificazione del dato finale resta irrilevante stabilire se i creditori hanno, o no, presentato le domande di ammissione al passivo; così pure, non si deve guardare all’eventuale utile risultato delle azioni di inefficacia (artt. 163 ss. CCII); al contrario, si rivela necessario procedere ad una riclassificazione dei risultati dell’ultimo bilancio in modo da renderli omogenei con quelli precedenti; di poi, effettuate le eventuali necessarie rettifiche, occorrerà individuare i costi che comunque si sarebbero verificati anche in uno scenario liquidatorio virtuoso, ovvero i costi fissi non sopprimibili, ove ciò sia direttamente funzionale alla salvaguardia di un valore.

    X. (Segue) B) il criterio della differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura

    X.(Segue) B) il criterio della differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura

    1 Il legislatore ha ritenuto di comporre anche un criterio suppletivo (si guarda “alla differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura”) per la quantificazione del danno con riguardo a tutte quelle situazioni in cui la selezione dei “netti patrimoniali” non sia possibile o non lo sia con adeguata attendibilità: in questo caso si mettono a confronto due variabili aritmetiche: il passivo corrisponde al totale dei debiti concorsuali, quindi al netto dei debiti prededucibili, come risultano accertati nello stato passivo reso esecutivo dal giudice delegato e fatto da uno stato passivo che si forma sulle domande tempestive e sulle successive domande tardive; l’attivo è composto dalle attività che appartenevano all’impresa e dai risultati delle azioni revocatorie e di inefficacia che soltanto il curatore può attivare.

    2 Il rinvio al criterio sussidiario si giustifica (i) nel caso di omessa tenuta delle scritture contabili, (ii) nel caso di tenuta irregolare tale da rendere impossibile o gravemente difficoltosa la ricostruzione e (iii) per altre ragioni. Da ciò si può ben dire che alle condotte anti-doverose in materia di scritture contabili corrisponde un maggiore rigore nella determinazione del danno, e ciò sul presupposto che i vizi in tema di scritture siano stati (presuntivamente) lo strumento per portare la società al dissesto o per mascherarne le cause, non senza trascurare che l’inaffidabile tenuta delle scritture contabili potrebbe essere la spia di assetti organizzativi e contabili inadeguati e come tali censurabili.

    XI. Le regole processuali

    XI.Le regole processuali

    1 La competenza spetta al “tribunale delle imprese” (cioè il “tribunale distrettuale”) e la cognizione della causa è rimessa al collegio. Dalla lettura della norma dell’art. 3, c. 2, l. n. 168/2003, si ricava che tutte le azioni di responsabilità vanno attribuite alla competenza del tribunale delle imprese, ma poi questa impressione viene revocata in dubbio volta che le azioni dei creditori sociali che sono devolute alla competenza del tribunale delle imprese sono solo quelle di gruppo e cioè quelle disegnate nell’art. 2497 c.c. Cfr. [F771] [F772] [F773] [F774] [F775] [F776] [F777].

    2 All’azione dei creditori sociali, in quanto terzi rispetto al contratto di società, non può reputarsi opponibile l’eventuale presenza di una clausola compromissoria che riguardi l’inclusione dell’azione di responsabilità fra le liti per le quali è previsto il ricorso all’arbitrato. Al contrario, una volta che l’azione è trasferita al curatore, nulla esclude che sia lo stesso organo della procedura, d’intesa con i potenziali convenuti, a stipulare un compromesso (da autorizzare nelle forme di cui all’art. 132 CCII) per devolvere in arbitrato la lite.

    B) Frmule

    B)Frmule
    F771
    ISTANZA PER AUTORIZZAZIONE AD ESPERIRE AZIONE DI RESPONSABILITÀ EX ART. 255 CCII NEI CONFRONTI DELL’AMMINISTRATORE UNICO (1)

    TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………

    Sezione ………

    ***

    LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE ………

    G.D.: dr……….

    Curatore: ………

    Sent. n.: ………

    ***

    ISTANZA PER AUTORIZZAZIONE A PROMUOVERE AZIONE DI RESPONSABILITÀ

    ***

    Ill.mo Signor Giudice Delegato,

    il sottoscritto ………, curatore della liquidazione giudiziale in epigrafe,

    ESPONE

    quanto segue.

    - la società debitrice ……… operava nel settore commerciale di ………;

    - in data ……… la stessa stipulava un contratto di ………

    - dall’esame della documentazione contabile ed amministrativa agli atti, il ricorrente ha riscontrato l’esistenza di due contratti ……… stipulati lo stesso giorno.

    - dai riscontri della documentazione è risultato che ………;

    - appare quindi verosimile che da parte dell’amministratore vi siano stati indebiti prelievi per la complessiva somma di euro ……… con pari danno della società debitrice;

    - dalle indagini patrimoniali e da informazioni assunte dal curatore, è emerso che il l’Amministratore unico della debitrice è proprietario dei seguenti beni: ………

    ………

    ………

    - l’esperimento di tale azione di responsabilità non è stato contemplato nel programma di liquidazione approvato ex art. 213 CCII

    Tutto ciò premesso ed esposto, il sottoscritto curatore

    FA ISTANZA

    perché la S.V. voglia autorizzare il curatore a promuovere azione di responsabilità ai sensi dell’art. 255, c. 2, CCII nei confronti di:

    ………

    codice fiscale ………

    nato a ……… il ………,

    ivi residente in via ………

    quale Amministratore unico della società debitrice;

    Con osservanza

    Luogo, data ………

    Il Curatore ………

    F772
    ISTANZA PER AUTORIZZAZIONE AD ESPERIRE AZIONE DI RESPONSABILITÀ EX ART. 255 CCII NEI CONFRONTI DELL’AMMINISTRATORE UNICO (2)

    TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………

    Sezione ………

    ***

    LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE ………

    G.D.: dr……….

    Curatore: ………

    Sent. n.: ………

    ***

    ISTANZA PER AUTORIZZAZIONE A PROMUOVERE AZIONE DI RESPONSABILITÀ

    ***

    Ill.mo Signor Giudice Delegato,

    il sottoscritto ………, curatore della liquidazione giudiziale in epigrafe,

    ESPONE

    quanto segue.

    - la liquidazione giudiziale della società ……… è stata dichiarata con sentenza del ………;

    - l’attività della società debitrice consisteva nella gestione di ………;

    - l’azienda occupava n………. dipendenti;

    - il passivo accertato, in sede di verifica dei crediti, ammonta a complessivi euro ………;

    - l’attivo realizzato, pari a euro ………, consente una previsione di riparto per i soli creditori privilegiati in misura percentuale;

    - dalla documentazione agli atti, dai riscontri contabili effettuati e dalle informazioni assunte è emerso che il capitale sociale di euro ……… alla data del ………, diversamente da quanto risulta dal bilancio depositato, era stato completamente eroso; infatti, riclassificando le principali voci di bilancio emerge che: ………

    - ciò nondimeno l’amministratore ha proseguito l’attività generando cospicue perdite che hanno recato pregiudizio alla società e ai creditori sociali

    ………

    ………

    - dopo tale epoca l’amministratore ha continuato - omettendo di accertare il verificarsi della causa di scioglimento della società - l’attività di impresa che si è concretizzata nel compimento di atti di gestione che - posti in essere in dispregio dei doveri imposti dalla legge o dallo statuto - hanno arrecato, col nesso di causalità rilevante ex art. 1223 c.c., un pregiudizio al patrimonio sociale, quantificabile in euro ……… ai sensi dell’art. 2486, c. 2, c.c. In particolare tali atti consistono ………

    - dalle indagini patrimoniali e da informazioni assunte dal curatore, è emerso che l’Amministratore unico della debitrice è proprietario dei seguenti beni: ………

    ………

    ………

    ………

    - l’esperimento di tale azione di responsabilità non è stato contemplato nel programma di liquidazione approvato ex art. 213 CCII

    Tutto ciò premesso ed esposto, il sottoscritto curatore

    FA ISTANZA

    perché la S.V. voglia

    autorizzare il curatore a promuovere azione di responsabilità ai sensi dell’art. 255 CCII nei confronti di:

    ……… [nome]

    ……… [cognome]

    codice fiscale ………

    nato a ……… il ………

    ivi residente in Via ………

    quale Amministratore unico della società debitrice;

    Con osservanza

    Luogo, data ………

    Il Curatore ………

    F773
    ISTANZA PER AUTORIZZAZIONE AD ESPERIRE AZIONE DI RESPONSABILITÀ EX ART. 255 CCII NEI CONFRONTI DELL’AMMINISTRATORE UNICO NONCHÉ LIQUIDATORE E NEI CONFRONTI DELL’AMMINISTRATORE DI FATTO

    TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………

    Sezione ………

    ***

    LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE ………

    G.D.: dr……….

    Curatore: ………

    Sent. n.: ………

    ***

    ISTANZA PER AUTORIZZAZIONE A PROMUOVERE AZIONE DI RESPONSABILITÀ

    ***

    Ill.mo Signor Giudice Delegato,

    il sottoscritto ………, curatore della liquidazione giudiziale in epigrafe,

    ESPONE

    quanto segue.

    - la liquidazione giudiziale è stata dichiarata con sentenza del ………;

    - dall’esame della contabilità della società sono emersi fatti per i quali è ravvisabile la mala gestio imputabile ai sigg……….

    quale Amministratore unico dal ……… al ……… e Liquidatore dal ……… alla data della sentenza dichiarativa di liquidazione giudiziale della ………, nonché socio al 50%

    e

    ……… quale Presidente del C.d.A. dal ……… al ………, procuratore dal ……… al ……… ed Amministratore di fatto della società, nonché socio al 50%,

    ***

    Quanto al comportamento di ………, nell’ambito della conduzione della società, il sottoscritto, dall’esame della documentazione agli atti, ha rilevato quanto segue.

    All’interno della società essi hanno ricoperto le seguenti cariche:

    periodo dal ……… (costituzione) al ………

    - ………: Presidente del C.d.A. con poteri di ordinaria e straordinaria gestione,

    - ………: Consigliere con poteri di ordinaria gestione.

    periodo dal ……… al ………

    - ………: Amministratore unico con poteri di ordinaria e straordinaria gestione,

    - ………: nessuna carica all’interno della società e nessun potere di firma.

    periodo dal ……… al ……… (messa in liquidazione)

    - ………: Amministratore unico con poteri di ordinaria gestione.

    Per gli atti di straordinaria amministrazione era necessaria la firma congiunta di ………

    - ………: poteva compiere atti di straordinaria gestione con firma congiunta di A, in virtù di procura speciale notarile.

    periodo dal ……… al ……… (sentenza di liquidazione giudiziale)

    - ………: Liquidatore.

    ***

    FATTI DI RESPONSABILITÀ A CARICO DI ………

    ………

    ………

    ………

    ………

    ***

    FATTI DI RESPONSABILITÀ A CARICO DI ………

    ………

    ………

    ………

    ………

    In data ………, ……… conferiva a ……… una procura speciale con poteri equiparabili a quelli dello stesso Amministratore (all. n……….).

    Di particolare rilievo il periodo in cui ……… non ricopriva alcuna carica ed era privo di poteri di firma, cioè dal ……… al ……… ma, nonostante ciò:

    - riceveva, direttamente a casa propria, gli estratti del c/c della società n………. acceso presso la Banca ………, con la seguente intestazione “……… s.r.l. - presso sig………. - Via ……… - ………” (all. n……….),

    - sottoscriveva n………. due contratti di ……… riguardanti beni della società (all. n……….),

    - sottoscriveva n………. atti transattivi con altrettanti fornitori della società (all. n……….).

    Gli elementi di cui sopra, a prescindere dalla regolarità delle operazioni compiute, dimostrano comunque che ……… continuava a svolgere un’attività gestionale come Amministratore di fatto della società.

    ……… è sempre stato a conoscenza di tutti i fatti sociali e delle gravi situazioni economiche in cui versava la società: garantiva personalmente (unitamente ad ………) l’apertura di credito concessa dalla Banca ……… alla debitrice, sin dalla costituzione; approvava, quale socio, tutte le delibere relative all’assunzione di affidamenti bancari e le acquisizioni degli immobili sociali; infine interveniva, rivestendo la carica di Presidente delle riunioni, in tutte le assemblee che approvavano i vari bilanci d’esercizio.

    ***

    FATTI DI RESPONSABILITÀ A CARICO DI ……… e ………

    Sia ……… che ………, quali soci, hanno sempre approvato tutti i bilanci di una società che, peraltro, era da considerarsi, agli effetti di legge, ormai di fatto sciolta sin dalla data di approvazione del 1° bilancio, avendo la perdita di esercizio assorbito l’intero capitale sociale.

    ………

    ………

    ………

    ………

    ***

    SITUAZIONE ECONOMICA DEL DISSESTO

    Il passivo accertato in sede di verifica crediti è il seguente:

    - privilegiato ipotecario: euro ……… =

    - privilegiato: euro ……… =

    - chirografario: euro ……… =

    Totale passivo ammesso: euro ……… =

    In ordine all’attivo si precisa quanto segue:

    - attivo realizzato: euro ……… =

    - attivo da realizzare euro: ……… =

    Totale attivo euro: ……… =

    ***

    SULLA CONVENIENZA ECONOMICA DELL’AZIONE

    Beni intestati ad ………

    Dall’esame delle visure ipotecarie disposte dal sottoscritto presso le Conservatorie di ……… e di ……… (luogo di nascita e di residenza) è risultato che ……… è nullatenente. Mentre dalle informazioni assunte presso terzi è stato possibile accertare che lo stesso è proprietario di ……… del valore di euro ………=

    Beni intestati ad ………

    Le medesime visure ipotecarie, richieste in capo a ………, hanno invece dato esito positivo. Lo stesso è risultato infatti proprietario di ………, di cui ……… in comproprietà al ………% con ………, di cui ……… liberi da gravami) siti in ……… (all. n……….).

    Da ulteriori accertamenti eseguiti, lo stesso è risultato infine titolare di quote delle seguenti società:

    - quota di euro ………= della Srl ………, con sede in ……… Via ……… (all. n……….),

    - quota di euro ………= della Srl ………, con sede in ……… Via ……… (all. n……….),

    ………

    ………

    ………

    ………

    Tutto ciò premesso ed esposto, il sottoscritto curatore

    FA ISTANZA

    perché la S.V. voglia

    autorizzare il curatore a promuovere azione di responsabilità ai sensi dell’art. 255 CCII e a far precedere tale iniziativa dalla richiesta di adozione di misure cautelari ai sensi degli artt. 669-bis e 671 c.p.c. nei confronti di:

    ……… [nome]

    ……… [cognome]

    codice fiscale ……… nato a ……… il ………

    ivi residente in Via ………

    quale Amministratore e Liquidatore della società debitrice;

    ……… [nome]

    ……… [cognome]

    codice fiscale ………

    nato a ……… il ………

    ivi residente in Via ………

    quale Amministratore di fatto della società debitrice.

    Con osservanza

    Luogo, data ………

    Il Curatore ………

    F774
    DECRETO DEL G.D. DI AUTORIZZAZIONE A PROMUOVERE AZIONE DI RESPONSABILITÀ

    TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………

    Sezione ………

    ***

    LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE ………

    ***

    IL GIUDICE DELEGATO

    Vista l’istanza con la quale il curatore chiede sia promossa l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei sindaci della società debitrice;

    visto il parere favorevole espresso dal comitato dei creditori;

    letto l’art. 255 CCII

    AUTORIZZA

    il curatore a promuovere azione di responsabilità ex art. 255 CCII nei confronti di ………

    ………

    ………

    Autorizza, altresì, il curatore a richiedere nei confronti dei predetti soggetti l’adozione di misure cautelari ………

    ………

    Luogo, data ………

    Il Giudice delegato ………

    F775
    ISTANZA DEL CURATORE PER AUTORIZZAZIONE A NON PROMUOVERE AZIONE DI RESPONSABILITÀ

    TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………

    Sezione ………

    ***

    LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE ………

    G.D.: dr……….

    Curatore: ………

    Sent. n.: ………

    ***

    ISTANZA PER AUTORIZZAZIONE A NON PROMUOVERE AZIONE DI RESPONSABILITÀ

    ***

    Al Comitato dei creditori,

    il sottoscritto ………, curatore della liquidazione giudiziale in epigrafe,

    ESPONE

    quanto segue.

    - dall’esame della contabilità della società, come già anticipato nella relazione ex art. 130 CCII, nonché dalle ulteriori indagini svolte dal sottoscritto, risulta che i ……… Sigg………. rispettivamente amministratore [amministratori, sindaco/sindaci, direttore generale/direttori generali, liquidatore/liquidatori] della società debitrice non ha [hanno] ottemperato ai doveri inerenti alla carica rivestita, né, ha [hanno] osservato gli obblighi relativi alla conservazione del patrimonio sociale;

    - pur tuttavia, anche se appare astrattamente promuovibile l’azione disciplinata dall’art. 255 CCII, non sembra opportuno e conveniente il concreto esperimento da parte della procedura di tale azione dal momento che gli organi della società, sulla base di una sommaria indagine svolta, risultano privi di cespiti patrimoniali concretamente aggredibili.

    Di tale situazione il curatore ha già reso edotto il Giudice delegato con nota informativa del ………

    Tutto ciò premesso ed esposto, il sottoscritto curatore

    FA ISTANZA

    perché le SS.VV. vogliano autorizzare il curatore a non promuovere l’azione di responsabilità ex art. 255 CCII nei confronti di

    ………

    ………

    ………

    Con osservanza

    Luogo, data ………

    Il Curatore ………

    F776
    ISTANZA PER AUTORIZZAZIONE AD ESPERIRE AZIONE DI RESPONSABILITÀ EX ART. 255 CCII NEI CONFRONTI DELL’AMMINiSTRATORE UNICO DI S.R.L. E DEI SOCI

    TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………

    Sezione ………

    ***

    LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE ………

    G.D.: dr……….

    Curatore: ………

    Sent. n.: ………

    ***

    ISTANZA PER AUTORIZZAZIONE A PROMUOVERE AZIONE DI RESPONSABILITÀ

    ***

    Ill.mo Signor Giudice Delegato,

    il sottoscritto ………, curatore della liquidazione giudiziale in epigrafe,

    PREMESSO CHE

    - l’esame della documentazione sociale - confortato dalle risultanze delle scritture contabili della società - ha svelato il compimento di una serie di operazioni rivelatesi dannose per il patrimonio sociale; ed invero, da tali operazioni si sono generati - col nesso di causalità rilevante ex art. 1223 c.c. - danni quantificabili in euro ………

    - tali operazioni, già ad una valutazione ex ante, sono state compiute in dispregio ai più elementari principi di prudenza e di diligenza, visto che la loro realizzazione avrebbe imposto un esborso finanziario complessivo incompatibile con la situazione economico-finanziaria della società;

    - l’esecuzione di ciascuna di tali operazioni è stata autorizzata con delibera dell’assemblea sociale, approvata col voto unanime dei soci rappresentanti l’intero capitale sociale,

    - ricorrono i presupposti per dar vita all’azione di responsabilità prevista dall’art. 2476 c.c., in guisa che del risarcimento dei danni patiti dal patrimonio sociale, in esito all’esecuzione di tali operazioni illecite, siano chiamati a rispondere - con vincolo

    di solidarietà - tutti i soci della società debitrice in uno con l’amministratore che ha posto materialmente in essere gli atti illeciti.

    Tutto ciò premesso, il curatore

    FA ISTANZA

    perché la S.V., sentito il parere del Comitato dei Creditori, voglia autorizzare il curatore a promuovere azione di responsabilità ai sensi dell’art. 255, lett. a) e c), CCII nei confronti di:

    1) ……… [nome]

    ……… [cognome]

    codice fiscale ………

    nato a ……… il ………

    ivi residente in Via ………

    quale Amministratore unico della società debitrice;

    2) ……… [nome]

    ……… [cognome]

    codice fiscale ………

    nato a ……… il ………

    ivi residente in Via ………

    quale socio della società debitrice;

    Con osservanza

    Luogo, data ………

    Il Curatore ………

    F777
    ATTO DI CITAZIONE AZIONE DI RESPONSABILITà

    TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………

    Sezione specializzata in materia di impresa

    ATTO DI CITAZIONE

    Per la Liquidazione giudiziale ……… (C.F……….), con sede in ………in persona del curatore……… rappresentato e difeso da……… in virtù di separata procura alle liti autografata in originale e successivamente riprodotta per scansione con firma digitale (All……….) per la notificazione a mezzo PEC e in originale in calce al presente atto per la notificazione a mezzo Uff. Giud., debitamente autorizzato a stare in giudizio come da decreto del Giudice delegato del ……… (All. 2) e con domicilio eletto presso il suo studio in ………

    L’avv………. dichiara di voler ricevere le notificazioni e/o le comunicazioni ai sensi dell’art. 136 c.p.c. all’indirizzo di posta elettronica certificata: ………

    - Attore -

    CONTRO

    ………

    ………

    ………

    ………

    - Convenuti -

    SOMMARIO

    A. Premessa

    B. La società, i soci, gli organi sociali e l’andamento societario

    B.1. La costituzione e la composizione della compagine sociale di ………

    B.2. La composizione dell’organo di gestione e di controllo di ………

    B.3. L’attività d’impresa e l’andamento della Società

    C. La perdita del capitale sociale e le operazioni dannose

    C.1. L’illegittima contabilizzazione della riserva derivante da una supposta (ma inesistente) rinuncia di ………

    C.1.I. (segue) l’illegittimità in punto an

    C.1.II. (segue) l’illegittimità in punto quantum

    C.2. La “ripatrimonializzazione” del ………

    C.2.I. L’operazione straordinaria ………

    C.2.II. Il ripianamento perdite e la ricostituzione del capitale sociale di ………

    C.2.III. L’operazione di conferimento d’azienda ………

    C.2.IV. La vendita intercompany ………

    D. I bilanci rettificati

    F. Le ulteriori operazioni dannose

    G. Le responsabilità

    G.1. La responsabilità degli amministratori

    G.1.I. La c.d. governance ………

    G.1.II. Gli amministratori senza deleghe nel periodo della governance ………

    G.1.III. La responsabilità dei soggetti che hanno rivestito la carica di amministratori dal ………

    G.2. La responsabilità del revisore dei conti ………

    G.3. La responsabilità ex art. 2497 c.c. del Socio ……… ai sensi dell’art. 2497, c. 2, c.c……….

    G.4. Responsabilità dell’amministratore di fatto e/o holder di fatto ………

    H. L’azione esercitata e la quantificazione del danno

    Sintesi dei danni

    Conclusioni

    ***

    G. Le responsabilità

    Non occorrerebbe aggiungere altro rispetto alla narrazione dei fatti e alla rappresentazione dei dati di cui supra, per argomentare la responsabilità di tutti i soggetti che - in via ufficiale od ufficiosa - sono stati coinvolti nella vita di ………

    La società ha sempre versato in uno stato di carenza di liquidità, alla quale gli amministratori hanno ovviato mediante artifici contabili e operazioni straordinarie che hanno avuto il solo effetto di “gonfiare” artatamente i numeri in contabilità (ignorando, peraltro, le molteplici segnalazioni del Sindaco Unico: v. relazioni ai bilanci ………, dove si metteva in dubbio la continuità della società e la tenuta dei piani imbastiti dagli amministratori, che non illustravano le modalità con le quali reperire le risorse finanziarie necessarie).

    Ciò vuol dire che il dissesto di ………è conseguenza immediata e diretta delle condotte, commissive ed omissive, dei vari organi sociali che, agendo in violazione dei doveri e degli obblighi inerenti alle rispettive cariche, non hanno impedito (e, anzi, hanno aggravato) il danno, patito dalla società e dai creditori sociali, proseguendo imperterriti l’attività imprenditoriale di ………

    Tale danno, infatti, avrebbe potuto essere evitato, o comunque ridotto, laddove gli amministratori, i soci e il revisore, avessero diligentemente adempiuto ai propri doveri e adottato le linee di condotta esigibili dalle rispettive cariche ed incarichi.

    Poiché, da una parte, gli amministratori e gli organi di controllo avrebbero dovuto accertare la sussistenza di una causa di scioglimento (ex art. 2484, n. 4, c.c.), cionondimeno l’attività sociale è proseguita e certamente non in chiave conservativa.

    Di seguito verranno tratteggiate, nello specifico, le singole responsabilità imputabili a:

    (i) Gli Amministratori ………

    (ii) Il Socio unico ………

    (iii) Il revisore contabile ………

    (iv) L’amministratore di fatto ………

    ***

    G.1. La responsabilità degli amministratori

    Se c’è un dato oggettivo è che tutti gli amministratori hanno sistematicamente violato i doveri inerenti alla carica, ciò che ha consentito il trascinamento oltremisura dell’attività sociale e un progressivo depauperamento patrimoniale della società.

    Prima di scendere nel merito delle singole violazioni commesse dall’organo di gestione, in via di premessa è opportuno inquadrare i doveri dell’organo gestorio, soprattutto nella fase patologica della vita dell’impresa.

    In generale, l’art. 2476, c. 1, c.c. prevede che “gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza dei doveri ad

    essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società”, responsabilità che si configura, parimenti, nei confronti dei creditori sociali.

    Tra gli obblighi che rilevano in questa sede, si ricordano, tra gli altri: (i) il dovere di agire in modo informato (art. 2381 c.c.); (ii) l’obbligo di redigere il bilancio in modo veritiero e corretto (art. 2423 c.c.) e di tenere regolarmente la contabilità sociale; (iii) l’obbligo di approntare l’attività a principi di corretta amministrazione (art. 2403 c.c.); (iv) l’obbligo di accertare senza indugio una causa di scioglimento della società (art. 2485 c.c.) e, in tal caso, di gestire la società per soli fini conservativi (art. 2486 c.c.).

    Su un piano generale, gli amministratori di ……… non hanno dato vita ad assetti amministrativi, organizzativi e contabili adeguati alla natura dell’attività svolta e alle dimensioni dell’impresa (artt. 2381-2086 c.c.) anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale (art. 2086, c. 2, c.c.) - dovere codificato, expressis verbis, con la novella del d.lgs. n. 14/2019, che ha inserito nel corpo dell’art. 2086 c.c., un comma 2, ai sensi del quale “L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsore ti dall’ordinamento”. Tale obbligo, tuttavia, non costituisce un qualcosa di nuovo nel panorama dei doveri degli amministratori, essendo comunque riconducibile al disposto dell’art. 2381 c.c., sui poteri degli amministratori delegati e senza deleghe, e al generale dovere di agire informati e, ancora, al dovere di monitorare costantemente la sussistenza della continuità aziendale (c.d. “going concern”), come previsore to dall’art. 2423-bis, c. 1, n. 1, c.c. in forza del quale le voci di bilancio devono essere valutate secondo prudenza e nella prospettiva della continuità aziendale - e non hanno adempiuto al dovere di gestire la società con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze.

    Costituisce un dovere per gli amministratori quello di tenere costantemente monitorata la sussistenza della continuità aziendale (art. 2423-bis, c. 1, n. 1, c.c.) e, parimenti, di rilevare tempestivamente la sussistenza di una causa di scioglimento (art. 2486 c.c.).

    Verificatasi una situazione di perdita di continuità aziendale, gli amministratori devono attivarsi “senza indugio” (art. 2485 c.c.) e decidere se attuare una soluzione di risanamento o se porre la società in liquidazione, con poteri di gestione rimodulati “ai soli fini fella conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale” (art. 2485 c.c.).

    Nel caso di ………, i numeri mostrano come fosse venuta meno ogni ragionevole prospettiva di continuità aziendale e che il business industriale non poteva reggere, dunque, la scelta di proseguire l’attività era priva di ragionevolezza.

    Di tale circostanza gli amministratori erano avveduti sin dal ………; dunque, gli stessi hanno agito nella piena consapevolezza della prosecuzione di una attività sociale pur in regime di scioglimento della società e, in ogni caso, non hanno adottato condotte idonee a reagire alla situazione di crisi e alla formazione di un patrimonio netto negativo.

    Se è vero che in caso di crisi di impresa non vi sono condotte obbligate, se non nei limiti previsti dalla legge (e v. artt. 2446 e 2447 c.c. su capitale sociale), gli amministratori devono comunque reagire affidandosi allo strumento che, a fronte della situazione in cui versa la società, risulti il più adeguato a salvaguardare gli interessi (preminenti in caso di crisi della società) dei creditori e ciò in ossequio al dovere di agire in modo informato, di agire secondo diligenza e di adottare adeguati assetti.

    Nel caso di ……… gli amministratori, consapevoli della crisi della società dal ………, vi hanno fatto fronte, decidendo, nell’ordine, di:

    (i) Registrare in contabilità una riserva derivante da una rinuncia inesistente;

    (ii) Sopperire alla carenza di mezzi propri, non già attraverso iniezioni di liquidità, bensì mediante omesso versamento di tasse e tributi (v. la nota integrativa al bilancio del ………), per un importo (insinuato al passivo di ………) superiore a ………;

    (iii) Imbastire riorganizzazioni aziendali e operazioni societarie straordinarie ………

    Ma gli amministratori di Debole hanno violato anche altri doveri.

    In particolare, il loro operato è censurabile anche sotto il punto di vista della violazione del dovere di tenere regolarmente la contabilità sociale che deve rispecchiare correttamente i fatti di gestione anche dal punto di ………e di redigere “in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio” (art. 2423 c.c.).

    Si osservi che la condotta che si risolve in una irregolare tenuta delle scritture contabili non si palesa come mera condotta formalmente illegittima, ma come vera e propria condotta causativa del danno quando tale condotta è funzionalizzata a mascherare i “fondamentali” del bilancio.

    Infine, gli amministratori hanno violato le norme in materia di tutela dell’integrità del capitale e del patrimonio sociale, non accertando tempestivamente (ed anzi occultando) la sussistenza di una causa di scioglimento (ex art. 2484, n. 4, c.c.) contrariamente al disposto dell’art. 2485 c.c. e di gestire la società secondo criteri di conservazione del valore e del patrimonio della società una volta che questo, essendo divenuto insufficiente a soddisfare i creditori (v., art. 2394 c.c.), non ha più la funzione di assicurare la gestione ordinaria della società, ma il ben diverso fine di tutelare le ragioni dei creditori.

    Difatti, mentre in caso di difficoltà, ma non di insufficienza patrimoniale, il controllo della società resta pienamente in capo all’organo gestorio, quando le risorse sono state bruciate, i soggetti da proteggere non sono più i soci, ma i creditori.

    Si è detto che la società, perlomeno dal ……… ha operato in una situazione di totale perdita del capitale sociale, ma gli amministratori che avrebbero dovuto agire in conformità all’art. 2485, c. 1, c.c., hanno fatto ricorso ad artifici contabili, onde mascherare la ricorrenza di una causa di scioglimento, rendendosi così responsabili, ai sensi dell’art. 2484, c. 2, c.c. (ai sensi del quale “Essi, in caso di ritardo od omissione, sono personalmente e solidalmente responsabili per i danni subiti dalla società, dai soci, dai creditori sociali e dai terzi”).

    Così facendo hanno, inoltre, contravvenuto al disposto dell’art. 2486, c. 1, c.c., che impone agli amministratori una gestione conservativa, in caso di accertamento di una causa di scioglimento.

    Infine, ma non meno importante, gli amministratori hanno violato il dovere di collaborare lealmente con gli altri organi sociali onde consentire agli stessi di poter espletare correttamente il proprio potere di controllo: obbligo che, laddove violato, può comportare responsabilità anche a livello penale (v. art. 2625 c.c., laddove tale condotta sia stata adottata mediante occultamento di documenti o altri raggiri).

    ………

    G.1.II. Gli amministratori senza deleghe nel periodo della governance ………

    Vanno coinvolti nella presente azione anche gli amministratori senza deleghe in carica dal ……… sino al ………, Sig.ri ………

    ………

    Per inquadrare meglio la responsabilità dei Sig.ri ………, occorre fare una breve digressione, per quanto concerne, in particolare, i doveri degli amministratori senza deleghe.

    Ai sensi dell’art. 2381 c.c., il c.d.a. “determina il contenuto, i limiti e le eventuali modalità di esercizio della delega” e “può sempre impartire direttive agli organi delegati e avocare a sé operazioni rientranti nella delega”; inoltre, “sulla base delle informazioni ricevute valuta l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società; quando elaborati, esamina i piani strategici, industriali e finanziari della società; valuta, sulla base della relazione degli organi delegati, il generale andamento della gestione”. In generale, “gli amministratori sono tenuti ad agire in modo informato; ciascun amministratore può chiedere agli organi delegati che in consiglio siano fornite informazioni relative alla gestione della società” (art. 2381, c. 6).

    Ebbene, a fronte di quanto esposto, è agevole intuire che i Sig.ri ……… non hanno agito conformemente agli obblighi di condotta di cui all’art. 2381 c.c.

    Ciò è tanto più grave se si considera che gli amministratori, oltre ad operare secondo la diligenza richiesta dall’incarico, devono operare altresì secondo la diligenza esigibile in virtù delle loro competenze ex art. 2392 c.c.

    G.2. La responsabilità del revisore dei conti ………

    La Curatela censura, altresì, la condotta del revisore dei conti, ……… incaricato della revisione dei conti della società a far data dal ……… che dovrà rispondere dei danni cagionati alla società, in concorso con gli amministratori, ai sensi dell’art. 15, d.lgs. n. 39/2010, ciò per non aver svolto un sindacato sulla corretta utilizzazione dei principi contabili, sulla sussistenza della continuità aziendale e sulla corretta rilevazione a bilancio dei fatti di gestione.

    Ai sensi dell’art. 14, d.lgs. n. 39/2010, il revisore dei conti ha il compito di (a) esprimere con apposita relazione un giudizio sul bilancio di esercizio e (b) verificare regolare tenuta della contabilità sociale e la corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili (comma 1).

    La relazione sul bilancio, a sua volta, deve comprendere: (a) un paragrafo introduttivo che identifica i conti annuali sottoposti a revisione e le regole di redazione applicate dalla società; (b) la descrizione della portata della revisione svolta con indicazione dei principi di revisione osservati; (c) un giudizio sul bilancio che indichi “chiaramente se questo è conforme alle norme che ne disciplinano la redazione e se rappresenta in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria e il risultato economico dell’esercizio”; (d) eventuale richiami di informativa sottoposti ai destinatari del bilancio e (e) un giudizio sulla coerenza della relazione sulla gestione con il bilancio.

    Per lo svolgimento di tale attività i revisori hanno diritto di ottenere dagli amministratori documenti e notizie utili e possono procedere ad accertamenti, controlli ed esame di atti e documentazione (comma 6).

    Ai sensi dell’art. 15 “I revisori legali e le società di revisione legale rispondono in solido tra loro e con gli amministratori nei confronti della società che ha conferito l’incarico di revisione legale, dei suoi soci e dei terzi per i danni derivanti dall’inadempimento ai loro doveri. Nei rapporti interni tra i debitori solidali, essi sono responsabili nei limiti del contributo effettivo al danno cagionato”.

    La responsabilità del revisore ore delineata dall’art. 15 ha natura contrattuale rispetto alla società (poiché deve prestare la propria opera con diligenza professionale ex artt. 1176 e 2407 c.c.) e natura extracontrattuale nei confronti dei creditori sociali.

    Per quanto la legge stabilisca che la responsabilità del revisore va calibrata in ragione del contributo causale effettivo, ciò vale nei rapporti interni e non rispetto alla società (o ai terzi). Tuttavia, il regime di solidarietà rispetto alla responsabilità degli amministratori impone che si proceda ad una analisi del rapporto di causalità fra condotta ed evento rispetto alla pretesa risarcitoria, non potendo essere la responsabilità del revisore la proiezione della responsabilità degli amministratori.

    Quanto alla condotta, ascrivibile al Dott……….

    G.3. La responsabilità ex art. 2497 c.c. del Socio ……… e degli amministratori della controllante ………

    che, in particolare, ha:

    • imposto condizioni di ……… non congrue alla controllata (con ciò drenando risorse come illustrato ………)

    • addossato a ………gli esorbitanti costi………

    • sistematicamente approvato i falsi bilanci con cui gli amministratori di ……… mascheravano la situazione di insufficienza patrimoniale della società ricorrendo ad artifici contabili, con ciò garantendo la (illegittima) prosecuzione dell’attività sociale;

    • fatto sì che la controllata ………

    Tali fatti mostrano come l’azione del socio unico sia stata orientata al perseguimento del proprio interesse e non ispirata a principi di corretta gestione societaria.

    ………

    G.4. Responsabilità dell’amministratore di fatto e/o holder di fatto Sig……….

    L’amministratore di fatto è quel soggetto che, pur non essendo inserito organicamente nella società né avendo incarichi/investiture sia pure irregolari od implicite all’interno della gestione di essa, si ingerisce costantemente e sistematicamente nella gestione sociale, influenzando e condizionando le scelte operative; motivo per cui, in quanto titolare, nello svolgimento della sua gestione, dei medesimi poteri degli amministratori di diritto, è assoggettato ai medesimi obblighi e doveri previstiti dalla legge per gli amministratori “di diritto”.

    ……… Considerati i legami con tali soggetti, i quali hanno detenuto la maggioranza assoluta del capitale sociale di Debole (e, prima, della sua controllante), ben può affermarsi la responsabilità di ……… quale holder persona fisica di fatto, responsabile, quindi, ai sensi dell’art. 2497, c. 1, c.c., o, in ogni caso ai sensi del comma 2, là dove la responsabilità è affermata anche in capo a “chi abbia comunque preso parte al fatto lesivo”.

    ***

    H. L’azione esercitata e la quantificazione del danno

    La Curatela con la presente azione intende far valere ai sensi dell’art. 255 CCII con riferimento agli amministratori di ……… (effettivi e di fatto), la responsabilità nei confronti della società e dei creditori sociali (artt. 2393, 2394 e 2476 c.c.), nell’ambito delle rispettive tutele che competono all’ente e ai suoi creditori, con riferimento al revisore, Dott………. la responsabilità ai sensi dell’art. 15, d.lgs. n. 39/2010, parimenti nei confronti della società e dei creditori sociali e dei soggetti che, nella loro qualità di amministratori di ……… nonché di soci (sia a livello personale, sia mediante società a loro direttamente riconducibili) e/o in ogni caso soggetti che hanno preso parte ai fatti lesivi traendone un vantaggio (art. 2497, c. 1 e 2, c.c.), sono parimenti responsabili nei confronti della società e dei creditori sociali. Tutti quanti, nelle rispettive cariche/incarichi/mansioni/ruoli effettivi o di fatto ai sensi delle richiamate norme, devono ritenersi responsabili nei confronti della società e dei creditori sociali per i danni arrecati in ragione dell’illegittima prosecuzione dell’attività sociale, nonostante il verificarsi di una causa di scioglimento, nonché per i danni derivanti dal compimento di singole operazioni dannose.

    Di seguito si indicano i soggetti nei cui confronti l’azione viene promossa e la misura della responsabilità, fermo restando, il vincolo di solidarietà ai sensi dell’art. 2055 c.c.

    (i) Il danno da illegittima prosecuzione dell’attività sociale

    Il Curatore ritiene di procedere con una quantificazione del danno applicando il criterio del differenziale fra netti patrimoniali, di cui all’art. 2486, c. 3, c.c. (ai sensi del quale: “Quando è accertata la responsabilità degli amministratori a norma del presente articolo, e salva la prova di un diverso ammontare, il danno risarcibile si presume pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data in cui l’amministratore è cessato dalla carica o, in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento di cui all’articolo 2484, detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione. Se è stata aperta una procedura concorsuale e mancano le scritture contabili o se a causa dell’irregolarità delle stesse o per altre ragioni i netti patrimoniali non possono essere determinati, il danno è liquidato in misura pari alla differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura”), con l’addizione delle responsabilità per singoli atti.

    Procedendo a tale quantificazione del danno, i dati di riferimento che debbono essere presi in considerazione sono quale dies ad quem “la data in cui si è verificata una causa di scioglimento” e, nel caso di ………, la data a partire dalla quale la società si assume aver perso il capitale, tenuto conto del momento in cui la causa di scioglimento era conosciuta o conoscibile dagli amministratori usando l’ordinaria diligenza.

    ………

    Il secondo termine di confronto è quello del patrimonio netto della società al momento dell’apertura della procedura concorsuale.

    ……… è stata sottoposta a liquidazione giudiziale ………

    Come sopra illustrato, la differenza tra i netti patrimoniali al ……… sino al ………, ammonta a ………

    I bilanci di ……… sono stati redatti in prospettiva di continuità: espungendo dai netti patrimoniali di periodo come quantificati supra, quelle voci che si giustificano esclusivamente nella prospettiva della continuità d’impresa (poiché non suscettibili di autonomo realizzo) la differenza tra i netti patrimoniali si assesterebbe su un valore negativo per ………

    Da tale importo andranno detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione.

    ………

    Ai fini della determinazione dei costi “sostenuti e da sostenere” secondo un criterio di normalità, la stima di essi non potrà prescindere dalle seguenti considerazioni:

    (i) ………

    (ii) ……… è stata gestita in regime di esercizio provvisorio ex art. 211 CCII e in tale periodo sono maturati costi per circa ………

    i costi stimati di liquidazione, a fronte di tali imprescindibili considerazioni e secondo un criterio di normalità, potrebbero ammontare ……… per un anno.

    Il danno, poi, dovrà essere ripartito come segue:

    A fronte della quantificazione di cui supra il danno da illegittima prosecuzione dell’attività d’impresa nonostante il verificarsi di una causa di scioglimento (ossia il

    danno ex art. 2486 c.c.), che i convenuti hanno cagionato alla società e ai creditori sociali - per i titoli, le responsabilità e i periodi meglio esposti in narrativa - ammonta

    a ……… determinato con un criterio di favore per i convenuti e senza che questo significhi rinuncia della Curatela a far valere le pretese correlate a maggiori danni.

    ***

    Ciò premesso, la Liquidazione giudiziale……… come sopra rappresentata e difesa,

    CITA

    ………

    a comparire avanti al Tribunale di Bilbao, sezione specializzata in materia di impresa, ai sensi dell’art. 168-bis c.p.c., all’udienza del

    ………

    ad ore di rito, con l’invito a costituirsi nella presente causa, nelle forme e con le modalità di cui all’art. 166 c.p.c., almeno settanta giorni prima dell’udienza fissata e con l’avvertimento che la costituzione oltre il suddetto termine comporterà il verificarsi delle decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale e che la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza per l’ammissione al patrocinio a pese dello Stato, ed a comparire all’udienza indicata (o a quella diversa eventualmente fissata) e che in difetto di costituzione si procederà in sua declaranda contumacia, per ivi sentire accogliere le seguenti

    CONCLUSIONI

    Voglia il Tribunale di ………:

    accertare e dichiarare la responsabilità di tutti convenuti, in solido tra loro per le condotte commissive ed omissive descritte in narrativa, per le ragioni, i titoli e i rispettivi periodi di competenza come esposti in narrativa, ………ai sensi degli artt. 2392, 2393, 2394, 2476, 2485 e 2486 c.c., nella loro qualità di amministratori di ………, nonché ai sensi dell’art. 2497, c. 1 e 2, c.c., nella loro qualità di amministratori di ……… e in ogni caso soggetti direttamente e indirettamente ricollegabili alla compagine sociale di ………, in qualità di amministratore di fatto ai sensi degli artt. 2392, 2393, 2394, 2476, 2485 e 2486 e holder e/o soggetto che ha concorso al fatto dannoso ex art. 2497 co. 1 e 2. c.c., ……… ai sensi degli artt. 2392, 2393, 2394, 2476, 2485 e 2486 c.c., del Sig………. ai sensi degli artt. 1218, 2043 c.c. e 15, d.lgs. n. 39/2010 e determinare il danno in euro ………

    condannare, gli stessi in via tra loro solidale, al risarcimento in favore della Liquidazione giudiziale ………dei danni per la prosecuzione dell’attività sociale e per gli altri fatti lesivi del patrimonio di ……… in ragione delle diverse permanenze nelle rispettive cariche e nella coincidenza temporale rispetto agli altri convenuti, secondo il prospetto seguito riportato:

    Salve le diversi maggiori e minori somme che risultassero, anche in via equitativa, in corso di causa, oltre agli interessi legali sulla somma via via rivalutata;

    Con vittoria di spese e compensi, come per legge

    In via istruttoria:

    La Curatela si riserva l’articolazione di mezzi di prova costituendi e la produzione di ulteriori documenti, anche in relazione al principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c., in occasione delle memorie di cui all’art. 171-bis c.p.c. e si riserva altresì di ridurre la domanda in caso di dimostrata incapienza dei patrimoni dei convenuti.

    ***

    Si producono i seguenti:

    Si dichiara che la presente causa è di valore superiore a ……… e che il C.U. è pari ad ……… x 2 considerata la materia societaria.

    Luogo/data ………

    Firma ………

    C) Giurisprudenza:

    C)Giurisprudenza:

    I. La permanenza in carica degli organi sociali e le azioni di responsabilità nelle s.p.a. - II. L’azione di responsabilità nelle s.r.l. - III. Il regime normativo delle azioni di responsabilità - IV. (Segue) A) il danno risarcibile ed il regime probatorio.

    I. La permanenza in carica degli organi sociali e le azioni di responsabilità nelle s.p.a.

    I.La permanenza in carica degli organi sociali e le azioni di responsabilità nelle s.p.a.

    1 La dichiarazione di fallimento, pur determinando (prima della riforma di diritto societario) lo scioglimento della società, a differenza delle altre cause di scioglimento di cui all’art. 2448, c. 1, c.c., non comporta il venir meno dell’organizzazione sociale né la cessazione del rapporto che lega la società agli amministratori, i quali conservano i poteri funzionali alle necessità della procedura concorsuale [C. I 1.3.2022, n. 6771, GD 2022] e all’esigenza di assicurare alla società fallita la possibilità di tutelare i propri interessi nei confronti degli organi fallimentari; conseguentemente - poiché nell’attività d’impresa, che implica di per sé atti di disposizione, ai fini della delimitazione dei poteri dell’amministratore, deve aversi riguardo alla nozione di atti pertinenti alla gestione normale dell’impresa esercitata - l’amministratore della società fallita può impugnare con ricorso per cassazione, senza che sia a tal fine necessaria una delibera assembleare di autorizzazione, i provvedimenti resi dal tribunale fallimentare in sede di reclamo avverso i decreti del giudice delegato che dispongono la vendita di beni fallimentari [C. I 7.5.1999, n. 4584, Fall 2000, 724]. L’amministratore di società di capitali è legittimato iure proprio a proporre opposizione alla dichiarazione di fallimento della società, considerata l’ampia formula dell’art. 18 l. fall., che estende la legittimazione a qualunque interessato, essendo l’opposizione volta a rimuovere gli effetti riflessi, individuabili nelle responsabilità penale e civile, che possono derivare a suo danno dal fallimento [C. I 13.3.2019, n. 7190, GCM 2019; C. I 14.5.2018, n. 11706; C. s.u. 16.2.2006, n. 3368, Fall 2006, 845]; correlativamente, in considerazione della intrinseca natura giurisdizionale del procedimento prefallimentare egli è legittimato, nella pendenza del procedimento stesso, anche a proporre regolamento di giurisdizione, per eliminare ogni dubbio sulla questione di giurisdizione [C. s.u. 16.2.2006, n. 3368, Fall 2006, 845; C. I 23.6.1988, n. 4278, GC 1998, I, 2219]. Per le società cancellate dal registro delle imprese la legittimazione a rappresentare la società nel procedimento per la dichiarazione di fallimento promosso dopo la cancellazione spetta all’ultimo liquidatore sociale [C. I 13.9.2013, n. 21026; C. I 26.7.2013, n. 18136].

    2 Nell’ipotesi di fallimento di una società di capitali, le azioni di responsabilità esperibili nei confronti degli amministratori ex artt. 2393 e 2394 c.c. confluiscono nell’unica azione (di cui diviene titolare il curatore) prevista dall’art. 146 l. fall., azione che, cumulando i presupposti e gli scopi di entrambe, risulta finalizzata al risultato di acquisire all’attivo fallimentare tutto quanto sottratto per fatti imputabili agli amministratori, con conseguente irrilevanza dell’eventuale conformità dell’operato di questi ultimi alla volontà dei soci, che risulta del tutto inopponibile al curatore il quale, esercitando un’azione in favore della massa concorsuale, svolge un’attività diversa da quella che avrebbe potuto svolgere la società [C. I 6.12.2000, n. 15487, S 2001, 591; C. App. Salerno 3.7.2017, n. 660, DeJure]. I creditori sociali perdono, per effetto della dichiarazione di fallimento della società di capitali debitrice, la legittimazione - spettante in via esclusiva al curatore durante il corso della procedura concorsuale - ad esercitare l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori della società, ai sensi dell’art. 2394 c.c., e la riacquistano a seguito della chiusura del fallimento [T. Firenze 13.3.2017, n. 818, DeJure]; tuttavia essi sono soggetti agli effetti della prescrizione maturata medio tempore, atteso che la perdita della legittimazione attiva non è causa di sospensione della prescrizione [C. I 2.7.2007, n. 14961, Fall 2008, 98]. Nel sistema delineato dalla legge fallimentare, la legittimazione del curatore ad agire in rappresentanza dei creditori è limitata alle azioni c.d. di massa, finalizzate, cioè, alla ricostituzione del patrimonio del debitore nella sua funzione di garanzia generica ed aventi carattere indistinto quanto ai possibili beneficiari del loro esito positivo [T. Bologna 13.7.2017, n. 1508 DeJure 2017]. Il Commissario giudiziale non è legittimato a proporre, nei confronti del finanziatore responsabile, l’azione da illecito aquiliano per il risarcimento dei danni causati ai creditori dall’abusiva concessione di credito diretta a mantenere artificiosamente in vita una impresa decotta, suscitando così nel mercato la falsa impressione che si tratti di impresa economicamente valida, perché nel sistema delle legge fallimentare la legittimazione del curatore e/o del commissario giudiziale ad agire in rappresentanza dei creditori è limitata alle azioni di massa, finalizzate cioè alla ricostituzione del patrimonio del debitore al cui novero non appartiene l’azione risarcitoria in questione che, analogamente a quella prevista dall’art. 2395 c.c., costituisce strumento di reintegrazione del singolo creditore, giacché, per un verso, il danno derivante dalla attività di sovvenzione abusiva deve essere valutato caso per caso nella sua esistenza ed entità (essendo ipotizzabile che creditori aventi il diritto di partecipare al riparto non abbiano ricevuto pregiudizio dalla continuazione della impresa), e, per altro verso, la posizione dei singoli creditori, quanto ai presupposti per la configurabilità del pregiudizio, è diversa a seconda che siano antecedenti o successivi alla attività medesima. Resta quindi fermo che il Curatore non è titolare di un potere di rappresentanza dei creditori, ma può al più agire con le azioni c.d. di massa, dirette ad ottenere nell’interesse del ceto creditorio in quanto tale, la ricostruzione del patrimonio del debitore. Non esercita perciò una azione dei creditori sostituendosi a loro, ma semplicemente, amministrando il patrimonio assoggettato all’esecuzione concorsuale, tende a ricostruirlo nella funzione di garanzia che gli è propria, secondo l’archetipo dell’azione revocatoria [C. III 12.5.2017, n. 11798, RDottComm 2017, 590]. Il curatore fallimentare è legittimato ad agire, ai sensi dell’art. 146 l. fall. in correlazione con l’art. 2393 c.c., nei confronti della banca, quale terzo responsabile solidale del danno cagionato alla società fallita per effetto dell’abusivo ricorso al credito da parte dell’amministratore della predetta società, senza che possa assumere rilievo il mancato esercizio dell’azione contro l’amministratore infedele, in quanto, ai sensi dell’art. 2055 c.c., se un unico evento dannoso è imputabile a più persone, sotto il profilo dell’efficienza causale delle singole condotte, sorge a carico delle stesse un’obbligazione solidale, il cui adempimento può essere richiesto, per l’intero, anche ad un solo responsabile [C. III 12.5.2017, n. 11798; C. I 1.6.2010, n. 13413, GI 2011, 109]. La responsabilità della banca, in caso di abusiva concessione del credito all’impresa in stato di difficoltà economico-finanziaria, può sussistere in concorso con quella degli organi sociali di cui all’art. 146 l. fall., in via di solidarietà passiva ai sensi dell’art. 2055 c.c., quali fattori causativi del medesimo danno, senza che, per altro, sia necessario l’esercizio congiunto delle azioni verso gli organi sociali e verso il finanziatore, trattandosi di litisconsorzio facoltativo [C. I 14.9.2021, n. 24725, FI 2021, 3897; C. I 30.6.2021, n. 18610, GComm 2022]. L’erogazione del credito che sia qualificabile come abusiva, in quanto effettuata, con dolo o colpa, ad impresa che si palesi in una situazione di difficoltà economica-finanziaria ed in mancanza di concrete prospettive di superamento della crisi, integra un illecito del soggetto finanziatore, per essere venuto meno ai suoi doveri primari di una prudente gestione, che obbliga il medesimo al risarcimento del danno, ove ne discenda l’aggravamento del dissesto favorito dalla continuazione dell’attività d’impresa. Tuttavia, non integra abusiva concessione di credito la condotta della banca che, pur al di fuori di una formale procedura di risoluzione della crisi d’impresa, abbia assunto un rischio non irragionevole, operando nell’intento del risanamento aziendale ed erogando credito ad un’impresa suscettibile, secondo una valutazione ex ante, di superamento della crisi o almeno di proficua permanenza sul mercato, sulla base di documenti, dati e notizie acquisite, da cui sia stata in buona fede desunta la volontà e la possibilità del soggetto finanziato di utilizzare il credito ai detti scopi [C. I 14.9.2021, n. 24725, FI 2021, 3897]. Nel caso in cui, nella pendenza del giudizio di responsabilità degli amministratori di s.r.l. intentato dai soci e dalla società ex art. 2476, c. 3, c.c., venga dichiarato il fallimento di quest’ultima, la legittimazione attiva alla prosecuzione dell’azione spetta in via esclusiva al curatore fallimentare. Laddove egli non intenda proseguire il giudizio, il giudice ne deve dichiarare l’improcedibilità della domanda [C. I 31.5.2016, n. 11264, Ilfallimentarista.it 2016]. Il curatore fallimentare è legittimato a esercitare l’azione di responsabilità contro gli amministratori della società fallita anche per i pagamenti preferenziali di crediti eseguiti in violazione del pari concorso dei creditori [C. s.u. 23.1.2017, n. 1641, Ilfallimentarista.it 2017]. L’inadempimento contrattuale di una società non può, di per sé, implicare responsabilità risarcitoria degli amministratori nei confronti dell’altro contraente, secondo la previsione dell’art. 2395 c.c., atteso che tale responsabilità, di natura extracontrattuale, postula fatti illeciti direttamente imputabili a comportamento colposo o doloso degli amministratori medesimi [C. VI 12.6.2019, n. 15822; C. I 28.2.1998, n. 2251, GI 1998, 1639]. La totale mancanza di contabilità sociale (o la sua tenuta in modo sommario e non intelligibile) è, di per sé, giustificativa della condanna dell’amministratore al risarcimento del danno, in sede di azione di responsabilità promossa dalla società a norma dell’art. 2392 c.c., vertendosi in tema di violazione da parte dell’amministratore medesimo di specifici obblighi di legge, idonea a tradursi in un pregiudizio per il patrimonio sociale; al di fuori di tale ipotesi, che giustifica l’inversione dell’onere della prova, resta a carico del curatore l’onere di provare il rapporto di causalità tra la condotta illecita degli amministratori e il pregiudizio per il patrimonio sociale [C. III 29.10.2019, n. 27610; C. I 11.3.2011, n. 5876; in senso parzialmente diverso C. I 11.7.2013, n. 17198, secondo la quale la differenza fra attivo e passivo può vale come criterio equitativo].

    3 Nel regime anteriore al 2003, l’azione ex art. 2449, c. 1, c.c., spettante al terzo creditore per il compimento da parte degli amministratori di nuove operazioni dopo la verificazione di un fatto che determina lo scioglimento della società, non si trasferisce al curatore fallimentare, in caso di fallimento della società e di esercizio da parte del curatore delle azioni previste dagli artt. 2393 e 2394 c.c., atteso che la suddetta azione di responsabilità del terzo si distingue, per la diversità della causa petendi e del petitum, sia dall’azione sociale di responsabilità (art. 2394 c.c.) sia dall’azione dei creditori sociali prevista dall’art. 2394 c.c. La violazione del divieto di compiere nuove operazioni, peraltro, oltre a dar luogo a responsabilità diretta degli amministratori verso il terzo, può integrare il presupposto tanto dell’azione sociale di responsabilità (per violazione dei doveri imposti dalla legge) quanto dell’azione di responsabilità dei creditori sociali (per inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale) [C. I 20.6.2000, n. 8368, Fall 2001, 745; C. 14.5.1981, n. 3176]. L’azione individualmente concessa dall’art. 2395 c.c. ai soci per il risarcimento dei danni loro cagionati dagli atti dolosi o colposi degli amministratori, di natura perciò extracontrattuale, presuppone che i danni suddetti non siano solo il riflesso di quelli arrecati eventualmente al patrimonio sociale, ma siano direttamente cagionati al socio, come conseguenza immediata del comportamento degli amministratori e dei sindaci che tale comportamento abbiano reso possibile violando i loro doveri di controllo [C. I 25.7.2007, n. 16416; C. I 7.9.1993, n. 9385, GI 1994, I, 868; C. I 19.9.1995, n. 9887, ivi 1996, I, 1996; C. App. Catania I 3.5.2022, n. 868, DeJure]. In tema di azione di responsabilità nei confronti degli organi sociali, quando il fondamentale addebito loro imputabile si individua nel dovere di intraprendere nuove operazioni, in caso di fallimento della società, il danno, in linea di principio, non può automaticamente identificarsi nella differenza tra attivo e passivo nel fallimento, dovendo applicarsi le regole sul nesso di causalità materiale. Tuttavia, il danno può essere identificato nella differenza tra attivo e passivo, in mancanza di prova di maggior pregiudizio, se per fatto imputabile agli organi sociali si sia venuto a verificare il dissesto economico della società e il conseguente assoggettamento a fallimento [C. I 17.9.1997, n. 9252, S 1998, 1025; T. Ancona 6.5.2021, n. 604, DeJure]. Al fine di valutare il preciso ammontare dei danni occorsi alla società, il criterio che individua il danno nella differenza tra attivo e passivo è in astratto inadeguato ma può in concreto essere apprezzato, con una valutazione in fatto demandata esclusivamente al giudice di merito e della quale dovrà essere data logica motivazione, come parametro di riferimento per la liquidazione del risarcimento qualora vi sia l’impossibilità di ricostruire i dati contabili e di individuare sulla loro scorta le conseguenze dannose riconducibili agli amministratori [C. I 8.7.2009, n. 16050, S 2010, 407]. Gli amministratori non sono responsabili delle perdite maturate dall’impresa se non si provi che il deficit patrimoniale sia stato conseguenza delle loro cattive condotte gestorie e possono essere chiamati a rispondere solo dell’aggravamento del dissesto cagionato dalle ulteriori perdite che siano derivate dalla loro condotta illegittima, in quanto commessa al di fuori dei poteri di conservazione del patrimonio sociale. Dunque il curatore fallimentare che intenda far valere la responsabilità dell’ex amministratore ex art. 146 l. fall. deve provare che, successivamente alla perdita del capitale, siano state intraprese iniziative imprenditoriali connotate dall’assunzione di nuovo rischio economico-commerciale e compiute al di fuori di una logica meramente conservativa, individuare tali iniziative ed indicare quali conseguenze negative, sul piano del depauperamento del patrimonio sociale, ne siano derivate, al netto dei ricavi [T. Bologna 12.7.2021, n. 1662, DeJure 2021].

    4 Il controllo del collegio sindacale di una società per azioni non è circoscritto all’operato degli amministratori, ma si estende a tutta l’attività sociale (come è lecito desumere dal disposto di cui agli artt. 2403, 2405, 2377, c. 2, c.c.), con funzione di tutela non solo dell’interesse dei soci, ma anche di quello, concorrente, dei creditori sociali [C. II 3.11.2021, n. 31239; C. I 29.12.2017, n. 31204]. Il diverso rilievo causale di quanti (sindaci ed amministratori) abbiano concorso alla causazione del danno, inteso come insufficienza patrimoniale della società, assume, poi, rilievo nei soli rapporti interni tra coobbligati (ai fini dell’eventuale esercizio dell’azione di regresso), e non anche nei rapporti esterni che legano gli autori dell’illecito al danneggiato (società, creditori sociali, singoli soci e terzi), giusto il principio generale di solidarietà tra coobbligati di cui all’art. 2055, c. 1, c.c. (sancito espressamente in materia di responsabilità extracontrattuale, ma applicabile, altresì, in tema di responsabilità contrattuale, quand’anche il danno derivi dall’inadempimento di contratti diversi, quand’anche la responsabilità abbia, per alcuni dei danneggianti, natura contrattuale, e, per altri, natura extracontrattuale), ribadito, con specifico riguardo ai sindaci della società, dall’art. 2407, c. 2, c.c., che esclude la legittimità di una commisurazione percentuale della responsabilità dei sindaci all’entità del loro concorso nella causazione dell’evento dannoso [C. I 28.5.1998, n. 5287, FI 2000, I, 242].

    5 In tema di responsabilità degli amministratori di società per azioni ex art. 2392 c.c., l’eventuale esistenza di una denunciata violazione di legge (nella specie, consistente nell’avere presentato all’assemblea una relazione non rispondente alla situazione patrimoniale della società, così evitando l’adozione dei provvedimenti richiesti dagli artt. 2446 e 2447 c.c. in caso di più gravi perdite di capitale) non è di per sé sola sufficiente a determinare una responsabilità risarcitoria a carico degli amministratori nei confronti delle società, ove non si dimostri che, a causa di quella violazione, la società medesima ha subito un danno [C. I 28.4.1997, n. 3652, GC 1997, I, 2780]. Nell’ambito dell’azione di responsabilità esercitata dal curatore fallimentare nei riguardi degli amministratori della società dichiarata fallita, va esaminato con particolare attenzione il profilo della negligenza nell’operato degli amministratori, che non può in alcun modo essere confusa con la discrezionalità delle scelte imprenditoriali e tanto meno può essere giustificata da quelle che in epoca precedente al dichiarazione di fallimento, potevano, eventualmente, apparire come possibili prospettive di guadagno derivanti dal progetto imprenditoriale perseguito, atteso che l’esistenza di possibili prospettive positive in relazione alla realizzazione del progetto certo non autorizzano, ad esempio, a dissipare il capitale della società nell’acquisto di quote sociali prive di valore effettivo nell’auspicio che, in futuro, possano acquisire un qualche valore, e tanto meno consentono di prosciugare i conti della società utilizzando i finanziamenti ottenuti in non comprensibili e decifrabili operazioni intragruppo che nulla di rilevante hanno in relazione al raggiungimento dell’oggetto sociale [T. Torino 16.12.2020, n. 4607, GD 2021]. In tema di esercizio dell’azione di responsabilità ex art. 146 l. fall. da parte del curatore, per fatti di mala gestio compiuti dall’amministratore, la natura contrattuale della responsabilità nei confronti della società poi fallita richiede l’accertamento dell’accettazione da parte dell’amministratore dell’atto di nomina; tale accettazione non richiede specifiche formalità, potendo risultare anche in modo tacito, dal compimento di atti positivi incompatibili con la volontà di rifiutare l’incarico ed il relativo accertamento costituisce una questione di fatto, non censurabile in sede di legittimità, se non nei ristretti limiti di cui all’ art. 360 c.p.c. [C. I 9.5.2022, n. 14592, GCM 2022]. Sussiste la responsabilità degli amministratori di una società fallita per grave inadempimento, consistente nell’aver omesso il pagamento di tasse e contributi previdenziali ed assistenziali: tale inadempienza si configura come scelta gestoria, in quanto reiterata negli anni, e non può quindi essere giustificata da una situazione ed eccezionale situazione di illiquidità. Sono parimenti responsabili, in concorso omissivo con gli amministratori, i componenti del collegio sindacale, in forza del mancato rispetto dei doveri di controllo [T. Milano 8.10.2020, n. 6005, Ilsocietario.it 2021]. L’obbligo di vigilanza di cui all’art. 2392, c. 2, c.c., testo previgente, e l’obbligo di controllo di cui all’art. 2403 c.c., testo previgente, impongono agli amministratori deleganti e ai sindaci di ricercare adeguate informazioni, non potendosi ritenere esonerati da responsabilità verso i creditori sociali gli amministratori e i sindaci che abbiano accolto passivamente il deficit informativo [C. I 29.12.2017, n. 31204, FI 2018, 1292]. In caso di trasferimento del pacchetto azionario, la legittimazione ad esercitare l’azione sociale di responsabilità nei confronti degli ex amministratori spetta ai nuovi soci, posto che il danno riguarda il patrimonio sociale rimasto depauperato per la mala gestio risalente ad epoca anteriore al trasferimento [C. I 8.5.1991, n. 5123, FI 1992, I, 817].

    II. L’azione di responsabilità nelle s.r.l.

    II.L’azione di responsabilità nelle s.r.l.

    1 In tema di responsabilità degli amministratori di società a responsabilità limitata, la riforma societaria di cui al d.lgs. n. 6/2003, che pur non prevede più il richiamo, negli artt. 2476 e 2487 c.c., agli artt. 2392, 2393 e 2394 c.c., e cioè alle norme in materia di società per azioni, non spiega alcuna rilevanza abrogativa sulla legittimazione del curatore della società a responsabilità limitata che sia fallita, all’esercizio della predetta azione ai sensi dell’art. 146 l. fall., in quanto per tale disposizione, riformulata dall’art. 130, d.lgs. n. 5/2006, tale organo è abilitato all’esercizio di qualsiasi azione di responsabilità contro amministratori, organi di controllo, direttori generali e liquidatori di società, così confermandosi l’interpretazione per cui, anche nel testo originario, si riconosceva la legittimazione del curatore all’esercizio delle azioni comunque esercitabili dai soci o dai creditori nei confronti degli amministratori, indipendentemente dallo specifico riferimento agli artt. 2393 e 2394 c.c. Sicché, anche se si ritenesse che i creditori di s.r.l. non abbiano più l’azione ex art. 2393 c.c. nei confronti degli amministratori, rimarrebbe comunque esercitabile dal curatore fallimentare l’azione di responsabilità ex art. 2043 c.c. [C. s.t. 5.4.2022, n. 10898; C. I 20.9.2019, n. 23452; C. I 26.8.2016, n. 17359, Ilfallimentarista.it 2016; C. I 21.7.2010, n. 17121, S 2011, 701]. L’art. 2476, c. 3 c.c. attribuisce al socio della società a responsabilità limitata la legittimazione a proporre azione di responsabilità contro amministratori o liquidatori, indipendentemente dalla quota di capitale posseduta. Tuttavia, una volta sopravvenuto il fallimento della società, la legittimazione dell’azione di responsabilità spetta in esclusiva al curatore - ai sensi dell’art. 146, c. 2, l. fall. - venendo in essa assorbita quella, straordinaria, già di spettanza dei soci. Deriva da quanto precede, pertanto, che qualora il curatore non intenda proseguire l’azione la causa deve essere dichiarata improcedibile per sopravvenuto difetto di legittimazione attiva dei soci [C. I 22.6.2022, n. 20180, GD 2022]. I responsabili delle violazioni delle norme poste a presidio della corretta gestione della società per azioni non vanno individuati sulla base della loro qualificazione formale ma per il contenuto delle funzioni da essi concretamente esercitate, anche in assenza di una investitura da parte della società [C. I 1.3.2016, n. 4045; C. I 14.9.1999, n. 9795, GComm 2000, II, 168; C. I 6.3.1999, n. 1925, CG 1999, 1396]. La responsabilità di cui all’art. 2392 c.c., postulando l’esistenza di un rapporto organico d’amministrazione con la società, in forza del quale colui che opera come amministratore è inserito nell’organizzazione sociale in modo che la sua attività sia direttamente riferibile alla persona giuridica, importa che l’inserimento può aversi solo mediante un atto esplicito od implicito di preposizione da parte del competente organo societario, che tenga luogo della formale delibera di nomina, come nei casi di nomina irregolare od implicita [C. I 3.7.1998, n. 6519, GC 1999, I, 151; C. I 15.5.1991, n. 5445, Fall 1991, 1141].

    2 Deve ritenersi «manifestamente inesistente» la clausola compromissoria inserita nello statuto sociale di una s.r.l., con conseguente rigetto del ricorso per la nomina dell’arbitro proposto ai sensi dell’art. 810 c.p.c. rispetto ad un’azione di responsabilità proposta contro gli amministratori ex art. 146 l. fall. dal curatore fallimentare [T. Roma 9.12.2019, n. 1290, GComm 2020, 1451]. La clausola compromissoria contenuta nello statuto di un consorzio dichiarato fallito è applicabile ai giudizi iniziati dal curatore per far valere diritti preesistenti alla procedura concorsuale, a differenza di quanto accade per l’azione di responsabilità proposta dallo stesso curatore verso gli amministratori del consorzio, trattandosi di azione volta alla reintegrazione del patrimonio sociale nell’interesse dei soci e dei creditori per i quali la clausola non può operare trattandosi di soggetti terzi rispetto alla società. (Nella specie la S.C. ha confermato la decisione del tribunale che aveva declinato la propria competenza in favore dell’arbitro in quanto il curatore aveva fatto valere, nei confronti di alcuni enti consorziati, il diritto al pagamento di una somma di denaro preesistente alla data della dichiarazione di fallimento) [C. VI 8.11.2018, n. 28533, GCM 2018].

    III. Il regime normativo delle azioni di responsabilità

    III.Il regime normativo delle azioni di responsabilità

    1 In materia di fallimento, l’azione di responsabilità, esercitata dal curatore ai sensi dell’art. 146 l. fall., cumula in sé le diverse azioni previste dagli artt. 2393 e 2394 c.c., a favore, rispettivamente, della società e dei creditori sociali, onde il curatore può formulare istanze risarcitorie tanto con riferimento ai presupposti della loro responsabilità contrattuale verso la società, quanto a quelli della responsabilità extracontrattuale nei confronti dei creditori; ma, una volta effettuata la scelta nell’ambito di ogni singola questione, egli soggiace anche agli aspetti eventualmente sfavorevoli dell’azione individuata, riguardando le divergenze non solo la decorrenza del termine di prescrizione, ma anche l’onere della prova e l’ammontare dei danni risarcibili [T. Napoli 7.3.2022, n. 2267, DeJure 2022; T. Napoli 25.5.2020, n. 3621, Ilsocietario.it 2020; C. I 20.9.2012, n. 15955, S 2012, 1241; C. I 21.6.2012, n. 10378, Fall 2013, 497]. Il curatore del fallimento, quando agisce ai fini della reintegrazione del patrimonio del fallito, esercita un’azione di massa e svolge un’attività distinta ed autonoma rispetto a quella che avrebbe potuto svolgere il fallito stesso, ponendosi perciò necessariamente nella posizione di terzo; allorché egli eserciti l’azione di responsabilità contro gli amministratori della società fallita, secondo le norme degli artt. 2392 e 2393 c.c., il contenuto delle azioni contemplate dai detti articoli diventa inscindibile, onde è irrilevante la questione relativa all’asserita conformità dell’operato (anche se illegittimo) dell’amministratore della società fallita alla volontà espressa dai soci del tempo, non essendo tale volontà opponibile al curatore [C. I 23.6.2008, n. 17033, Fall 2009, 565; C. I 29.10.2008, n. 25977]. L’azione di responsabilità esercitata dal curatore ex art. 146 l. fall. cumula in sé le diverse azioni previste dagli artt. 2393 e 2394 c.c. a favore, rispettivamente, della società e dei creditori sociali, in relazione alle quali assume contenuto inscindibile e connotazione autonoma - quale strumento di reintegrazione del patrimonio sociale unitariamente considerato a garanzia sia degli stessi soci che dei creditori sociali -, implicando una modifica della legittimazione attiva, ma non della natura giuridica e dei presupposti delle due azioni, che rimangono diversi ed indipendenti. Ne discende che la mancata specificazione del titolo nella domanda giudiziale, lungi dal determinare la sua nullità per indeterminatezza, fa presumere, in assenza di un contenuto anche implicitamente diretto a far valere una sola delle azioni, che il curatore abbia inteso esercitare congiuntamente entrambe le azioni [C. I 20.9.2019, n. 23452, GCM 2019]. Il curatore fallimentare ha legittimazione attiva unitaria, in sede penale come in sede civile, all’esercizio di qualsiasi azione di responsabilità sia ammessa contro gli amministratori di qualsiasi società, anche per i fatti di bancarotta preferenziale commessi mediante pagamenti eseguiti in violazione del pari concorso dei creditori [C. III 8.2.2021, n. 2906, GD 2021; C. I 12.10.2018, n. 25610, GCM 2018]. In tema di azione di responsabilità ex artt. 2393 e 2394 c.c. promossa dal curatore fallimentare, la cessazione dalla carica dell’amministratore, che abbia ritualmente presentato le proprie dimissioni, è opponibile al fallimento, anche se non è iscritta nel registro delle imprese, poiché non può operarsi un’estensione della responsabilità - che è, comunque, per fatto proprio (anche se di natura omissiva) - a comportamenti messi in atto da terzi in epoca successiva alle dimissioni, solo perché il collegio sindacale ha omesso di adempiere agli obblighi di pubblicità, alla cui inerzia l’amministratore dimissionario non può supplire, essendo ormai estraneo all’organizzazione societaria [C. I 17.5.2021, n. 13221, GCM 2021]. In tema di azione di responsabilità contro gli amministratori, promossa dal curatore fallimentare ex art. 146 l. fall., nel testo ratione temporis vigente, la conoscibilità esteriore dell’incapienza patrimoniale, da cui dipende la decorrenza del termine di prescrizione dell’azione, va accertata, al di fuori dell’ipotesi in cui sia stata vanamente esercitata l’azione esecutiva, alla stregua di fatti sintomatici di assoluta evidenza, come la chiusura della sede, bilanci fortemente passivi, l’assenza di cespiti suscettibili di espropriazione forzata, mentre non assume rilievo l’eventuale impossibilità del conseguimento dell’oggetto sociale, ancorché monotematico, la quale può presuntivamente ritenersi causa di scioglimento della società, ex art. 2448, c. 1, n. 2, c.c., ma non costituisce anche causa automatica di insolvenza o d’insufficienza della garanzia patrimoniale [C. I 8.4.2009, n. 8516, GComm 2011, II, 471]. In tema di decorrenza del termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione di responsabilità verso amministratori e sindaci ai sensi dell’art. 2394 c.c., l’azione di responsabilità relativa può essere proposta dai creditori sociali dal momento in cui l’insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti risulti da qualsiasi fatto che possa essere conosciuto anche senza verifica diretta della contabilità della società, non richiedendosi a tal fine che essa risulti da un bilancio approvato dall’assemblea dei soci. Se la citata insufficienza patrimoniale può anche essere anteriore alla data di apertura della procedura concorsuale, l’onere di provare che essa si è manifestata ed è divenuta conoscibile prima della dichiarazione di fallimento grava sull’amministratore o sul sindaco che eccepisca la prescrizione. [C. I 14.12.2015, n. 25178, D&G 2015; C. I 19.9.2011, n. 19051, S 2012, 137; C. I 22.10.2004, n. 20637, S 2005, 1122]. L’azione di responsabilità dei creditori sociali nei confronti degli amministratori di società è soggetta a prescrizione quinquennale anche quando è promossa dal curatore fallimentare, e decorre dal momento dell’oggettiva percepibilità, da parte dei creditori, dell’insufficienza dell’attivo a soddisfare i debiti e non anche dall’effettiva conoscenza di tale situazione [C. I 8.8.2022, n. 24429, DeJure 2022; C. I 3.3.2021, n. 5795]. Il termine quinquennale di prescrizione dell’azione di responsabilità esperibile nei confronti degli amministratori e sindaci da parte dei creditori sociali (o del curatore in caso di fallimento) decorre da quando si è manifestata l’insufficienza del patrimonio sociale a soddisfare i crediti, quindi anche da una data anteriore alla dichiarazione di fallimento, se sia fornita la prova di fatti specifici da cui dedurre la preesistente manifestazione di detta insufficienza [C. I 28.5.1998, n. 5287; C. I 7.11.1997, n. 10937, Fall 1998, 697; C. 15.5.1991, n. 5445, ivi 1991, 1141; T. Catania 20.6.2022, n. 2848, DeJure]. La prescrizione decorre cioè dal momento in cui l’insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti risulti da qualsiasi fatto che possa essere conosciuto (nel caso di specie la Cassazione ha ritenuto che la pubblicazione di un bilancio di esercizio che segnali una situazione patrimoniale negativa è fatto idoneo a rendere manifesto lo stato di incapienza della società) [C. I 4.9.2019, n. 22077, D&G 2019]. Il dies a quo per la decorrenza del termine di prescrizione per l’esercizio della azione di responsabilità degli amministratori da parte del curatore comincia a decorrere di momento in cui l’insufficienza del patrimonio a soddisfare i crediti sociali divenga oggettivamente conoscibile ai terzi. Peraltro, in ragione della onerosità della prova gravante sul curatore, sussiste una presunzione iuris tantum di coincidenza tra il dies a quo di decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di fallimento, spettando pertanto all’amministratore - colui che eccepisce la prescrizione - la prova contraria della diversa data anteriore di insorgenza dello stato di incapienza patrimoniale [C. I 19.6.2019, n. 16505, GD 2019]. In via di presunzione semplice, la prescrizione dell’azione di cui all’art. 2394 c.c. decorre dalla dichiarazione di fallimento; l’onere della prova che l’insufficienza patrimoniale si è manifestata in un momento anteriore, grava sull’interessato e la prova non è necessariamente integrata dal deposito di bilancio che registri l’azzeramento del capitale sociale [C. I 29.12.2017, n. 31204, FI 2018, 1292]. In tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno, la disposizione dell’art. 2947, c. 3, c.c. presuppone che sussista in concreto totale identità e concomitanza tra gli elementi (oggettivo e soggettivo) dell’illecito civile e di quello penale. Pertanto, nell’ipotesi di azione di responsabilità promossa dal curatore nei confronti degli amministratori di una società fallita, i quali siano stati altresì sottoposti a procedimento penale per il reato di bancarotta, non può applicarsi la disciplina della prescrizione di cui all’art. 2947, c. 3, c.c., qualora risulti - in base ad un apprezzamento adeguatamente e congruamente motivato dal giudice del merito - che non sussiste una perfetta identità tra i fatti esaminati in sede penale e quelli oggetto del giudizio civile [C. I 13.4.1994, n. 3430; C. App. Ancona 5.4.2013, n. 218, DeJure]. Ma il termine di prescrizione non è sospeso rispetto all’azione nei confronti dei sindaci [C. I 19.9.2011, n. 19051].

    2 Dalla disciplina stabilita dal nuovo codice di procedura penale si ricava che la sospensione del processo civile può essere disposta in limitate ipotesi e, nel caso in cui il danneggiato si sia costituito p.c. nel processo penale, soltanto qualora sussista identità della materia oggetto dei giudizi civile e penale; pertanto, difettano i presupposti per la sospensione del giudizio civile avente ad oggetto l’azione di responsabilità proposta dal curatore fallimentare nei confronti dell’amministratore di una società di capitali sottoposta a fallimento, ai sensi dell’art. 146 l. fall. e degli artt. 2392, 2393 e 2394 c.c., qualora il curatore fallimentare si sia costituito p.c. nel giudizio penale a carico di detto amministratore per falso in bilancio, in quanto l’azione promossa in sede civile è fondata su fatti diversi da quelli oggetto del processo penale, essendo diretta a far valere la responsabilità contrattuale e quella extracontrattuale dell’amministratore, rispettivamente, derivante dagli inadempimenti dei doveri nei confronti della società e dall’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale [C. I 28.1.2005, n. 1812; T. Monza 13.12.2016, n. 3227, DeJure]. L’art. 295 c.p.c., nel prevedere la sospensione necessaria del giudizio civile quando la decisione “dipenda” dalla definizione di altra causa, allude ad un vincolo di stretta ed effettiva conseguenzialità fra due emanande statuizioni e quindi, coerentemente con l’obiettivo di evitare un conflitto di giudicati, non ad un mero collegamento fra diverse statuizioni per l’esistenza di una coincidenza o analogia di riscontri fattuali o di quesiti di diritto da risolvere per la loro adozione ma ad un collegamento per cui l’altro giudizio (civile, penale o amministrativo), oltre ad investire una questione di carattere pregiudiziale, cioè un indispensabile antecedente logico-giuridico, la soluzione del quale pregiudichi in tutto o in parte l’esito della causa da sospendere, dev’essere pendente in concreto e coinvolgere le stesse parti. Ne consegue che non può essere sospeso, in difetto del vincolo di pregiudizialità, il giudizio promosso dal curatore a norma dell’art. 146 l. fall. nei confronti di amministratori e sindaci della società fallita per la vendita sottocosto di un immobile sociale in conseguenza della pendenza, tra parti diverse, di azione per la revoca dell’atto di vendita [C. VI 29.7.2014, n. 17235, GCM 2014].

    3 La contemporanea pendenza di un’azione di responsabilità, instaurata dal curatore fallimentare nei confronti di un amministratore o di un sindaco della società fallita, e di una opposizione allo stato passivo, instaurata dal medesimo amministratore o sindaco per il riconoscimento del compenso per l’attività svolta, non giustifica né l’ammissione del credito con riserva, che è consentita solo nei casi tassativamente indicati nell’art. 96, c. 2, l. fall., né la sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c. del giudizio di opposizione al passivo, in quanto in sede di verifica del passivo il curatore può eccepire i fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto fatto valere dal creditore [C. VI 7.2.2022, n. 3804, GCM 2022].

    4 La sopravvenuta chiusura del fallimento non determina l’improseguibilità delle azioni esercitate dal curatore che, come quelle di responsabilità spettanti alla società ed ai creditori sociali, sussistono anche al di fuori della procedura e non la presuppongono [C. I 14.3.2014, n. 6029, GCM 2014].

    5 L’espressione, da parte del comitato dei creditori, del parere richiesto dall’art. 146 l. fall. soltanto in sede di autorizzazione al curatore a resistere all’appello proposto dagli amministratori e sindaci rimasti soccombenti in primo grado, elimina il difetto di legittimazione dipendente dalla mancata audizione originaria dell’organo consuntivo, anche se medio tempore si sia maturato il termine prescrizionale previsto per l’azione di responsabilità, in quanto la retroattività della sanatoria ex art. 182 c.p.c. è esclusa solo per la decadenza e non per la prescrizione [C. 30.7.1980, n. 4891, FI 1981, I, 440]. Ai fini dell’osservanza dell’obbligo previsto dall’art. 146 l. fall. di sentire il comitato dei creditori per promuovere l’azione di responsabilità contro gli amministratori della società fallita, non è necessario che il parere di tale organo venga espresso con il metodo collegiale, potendo esso risultare anche da separate dichiarazioni dei singoli componenti ed eventualmente manifestarsi anche col silenzio, nel caso in cui la richiesta di parere sia stata formulata a ciascun componente del comitato con l’avvertenza che la mancata manifestazione del parere entro un termine stabilito sarà considerata come parere favorevole [C. I 3.1.1998, n. 16, Fall 1998; T. Sciacca 6.4.2017, n. 157, DeJure].

    6 È inammissibile il ricorso per cassazione proposto ex art. 111 Cost. contro il decreto del tribunale fallimentare, emesso in sede di reclamo ex art. 26 l. fall., confermativo del diniego di autorizzazione al curatore a promuovere l’azione civile di responsabilità nei confronti dei cessati amministratori e sindaci della società fallita. Il provvedimento impugnato ha, infatti, natura ordinatoria, esaurisce i suoi effetti all’interno del procedimento fallimentare, quale condizione per il successivo agire in contenzioso del curatore e risente della natura del provvedimento del giudice delegato che, a sua volta, si configura come espressione di quei poteri amministrativi (di direzione e sorveglianza del procedimento, e concessione di autorizzazioni al curatore) che la norma dell’art. 25, n. 6, l. fall. per l’autorizzazione a promuovere giudizi, attribuisce al suddetto giudice [C. I 15.3.2019, n. 7502; C. 13.12.2012, n. 22959; C. I 26.6.2000, n. 8666].

    IV. (Segue) A) il danno risarcibile ed il regime probatorio

    IV.(Segue) A) il danno risarcibile ed il regime probatorio

    1 Nell’azione proposta dal curatore per la responsabilità degli amministratori nel fallimento, è corretto quantificare i danni in base alla dispersione dell’attivo e alla colpevole protrazione dell’attività produttiva che genera maggiori debiti. La legittimità di tale criterio non è smentita dal fatto che l’importo oggetto di liquidazione, in tal modo quantificato, sia poi ridotto, fissandolo nella differenza tra il passivo e l’attivo fallimentare, in virtù del limite della pretesa fatta valere [C. I 8.10.2020, n. 21730, GD 2020]. Nell’ambito di un’azione esercitata dal curatore di una s.r.l. fallita, quando l’inadempimento addebitato agli amministratori si riferisca alla violazione di doveri specifici, la quantificazione del danno deve essere rapportata alle specifiche condotte censurate, non potendo essere utilizzato il criterio del deficit patrimoniale [T. Venezia 15.2.2017, n. 362, Ilfallimentarista.it 2017]. Il debito contratto per obiettivi fortemente voluti dalla società poi fallita, che non abbia infine sortito il successo sperato, non è riconducibile all’operato dell’amministratore e, dunque, alla sua responsabilità [T. Bologna 17.9.2020, n. 1272, DeJure 2020].

    2 In tema di azione di responsabilità nei confronti degli organi sociali, quando il fondamentale addebito loro imputabile si individua nel dovere di intraprendere nuove operazioni, in caso di fallimento della società, il danno, in linea di principio, non può automaticamente identificarsi nella differenza tra attivo e passivo nel fallimento, dovendo applicarsi le regole sul nesso di causalità materiale. Tuttavia, il danno può essere identificato nella differenza tra attivo e passivo, in mancanza di prova di maggior pregiudizio, se per fatto imputabile agli organi sociali si sia venuto a verificare il dissesto economico della società e il conseguente assoggettamento a fallimento [C. I 17.9.1997, n. 9252]. L’azione di responsabilità esercitata dal curatore del fallimento ai sensi dell’art. 146 l. fall., ha natura contrattuale e carattere unitario ed inscindibile, risultando frutto della confluenza in un unico rimedio delle due diverse azioni di cui agli artt. 2393 e 2394 c.c.; ne consegue che, mentre su chi la promuove grava esclusivamente l’onere di dimostrare la sussistenza delle violazioni ed il nesso di causalità tra queste ed il danno verificatosi, incombe, per converso, su amministratori e sindaci l’onere di dimostrare la non imputabilità a sé del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi loro imposti; pertanto, l’onere della prova della novità delle operazioni intraprese dall’amministratore successivamente al verificarsi dello scioglimento della società per perdita del capitale sociale, compete all’attore e non all’amministratore convenuto [C. I 9.1.2013, n. 319; C. I 29.10.2008, n. 25977, Fall 2009, 619; T. Milano 1.6.2020, n. 3090, DeJure 2020]. L’azione sociale esercitata dal curatore fallimentare ai sensi dell’art. 146 l. fall. ha natura contrattuale, in quanto trova la sua fonte nell’inadempimento dei doveri incombenti sugli amministratori sociali. Dalla qualificazione in termini di responsabilità contrattuale dell’azione consegue che sull’attore (società o curatore fallimentare) grava l’onere di dedurre le violazioni agli obblighi gravanti sugli amministratori e dimostrare il nesso di causalità tra queste ed il danno subito dalla compagine sociale, mentre incombe sugli amministratori l’onere di dimostrare la non imputabilità a sé del danno, dimostrando di aver osservato i doveri e adempiuto gli obblighi loro imposti. In sostanza, l’inadempimento si presumerà sempre colposo, con la conseguenza che il curatore non dovrà provare la colpa degli amministratori, mentre spetterà all’amministratore dimostrare di avere adempiuto i propri compiti con diligenza, ovvero che l’inadempimento sia dipeso da causa a lui non imputabile, o che il danno è dipeso dal caso fortuito o dal fatto di un terzo [T. Cassino 27.5.2021, n. 787, DeJure 2021]. In tema di azione di responsabilità promossa dal curatore fallimentare contro gli ex amministratori e sindaci della società fallita, compete a chi agisce dare la prova dell’esistenza del danno, del suo ammontare e del fatto che esso sia stato causato dal comportamento illecito di un determinato soggetto, potendosi configurare un’inversione dell’onere della prova solo quando l’assoluta mancanza ovvero l’irregolare tenuta delle scritture contabili rendano impossibile al curatore fornire la prova del predetto nesso di causalità; in questo caso, infatti, la citata condotta, integrando la violazione di specifici obblighi di legge in capo agli amministratori, è di per sé idonea a tradursi in un pregiudizio per il patrimonio [C. I 7.2.2020 n. 2975; C. I 3.1.2017, n. 38; C. I 4.4.2011, n. 7606, DR 2012, 48]. Sussiste il nesso di causalità tra la condotta omissiva dei sindaci ed il danno, quando essi non abbiano formulato rilievi critici su poste di bilancio palesemente ingiustificate e non abbiano esercitato poteri sostitutivi, che secondo l’“id quod plerumque accidit” avrebbero condotto ad una più sollecita dichiarazione di fallimento, ed il danno, consistente nell’aggravamento del dissesto, determinato dal ritardo con cui il fallimento è stato dichiarato [C. I 5.9.2018, n. 21662; C. I 14.10.2013, 23233]. Nell’azione di responsabilità promossa dal curatore a norma dell’art. 146, c. 2, l. fall., ove la mancanza o l’irregolare tenuta delle scritture contabili renda difficile per la curatela una quantificazione ed una prova precisa del danno che sia riconducibile ad un ben determinato inadempimento imputabile all’amministratore della società fallita, non trova applicazione il principio dell’inversione dell’onere della prova, ma il curatore può invocare a proprio vantaggio la disposizione dell’art. 1226 c.c. e perciò chiedere al giudice di provvedere alla liquidazione del danno in via equitativa [C. I 5.1.2022, n. 198, GCM 2022]. Nel giudizio di merito instaurato dal curatore fallimentare con azione di responsabilità ex art. 146 l. fall., qualora l’amministratore convenuto rimanga contumace, questi deve essere ritenuto responsabile per gli inadempimenti ai doveri gestori addebitatigli dall’attore, non avendo assolto all’onere probatorio, e di conseguenza va condannato al risarcimento del relativo danno, come quantificato in corso di causa (nella specie il Tribunale, accogliendo la domanda della curatela, ha ritenuto l’amministratore contumace responsabile per prelievi di cassa ingiustificati e per bonifici in proprio favore, anch’essi privi di giustificazione) [T. Milano 20.10.2016, Ilsocietario.it 2017]. In caso di ritardata dichiarazione d’insolvenza, dipendente dalla presentazione di una domanda di concordato preventivo in luogo di un’istanza di fallimento in proprio, il curatore ha l’onere di dimostrare che la procedura concorsuale minore sia impercorribile secondo un giudizio di prognosi ex ante e che la sua attivazione abbia determinato un aggravio della perdita, con conseguente imputabilità oggettiva e soggettiva della maggiore erosione patrimoniale quale conseguenza immediata e diretta della ritardata pronuncia della sentenza dichiarativa di fallimento [T. Milano 23.9.2015, n. 10652, Ilsocietario.it 2016].

    3 Sebbene l’identificazione automatica del danno imputabile alla illegittima, condotta di amministratori e sindaci con la differenza tra attività e passività accertate in sede concorsuale non è un criterio idoneo di per sé ad identificare in modo soddisfacente il danno risarcibile, lo stesso può tuttavia soccorrere come parametro cui ancorare la liquidazione equitativa, una volta accertata l’impossibilità di ricostruire i dati in modo così analitico da individuare le conseguenze dannose dei singoli atti illegittimi. Il giudice del merito, qualora sussistano i requisiti per la liquidazione in via di equità, se vuole riferirsi ad un simile criterio, lo potrà fare solo se fornirà in proposito una puntuale motivazione sia in ordine all’impossibilità effettiva di divenire ad una costruzione completa degli specifici effetti pregiudizievoli procurati al patrimonio sociale dall’illegittimo comportamento degli organi della società, sia in ordine alla possibilità logica dell’imputazione causale a detto comportamento dell’intero sbilancio patrimoniale, quale accertato a distanza di tempo in sede concorsuale [C. I 8.2.2005, n. 2538, I 2005, 1217; C. I 22.10.1998, n. 10488, Fall 1999, 557]. In tema di azione di responsabilità per mala gestio ex art. 146, c. 2, l. fall., il danno risarcibile può essere determinato e liquidato nella misura corrispondente alla differenza tra il passivo accertato e l’attivo liquidato in sede fallimentare. Tale criterio, però, può essere utilizzato solo quale parametro per una liquidazione equitativa del danno, cui può farsi ricorso quando l’attore abbia allegato un inadempimento dell’amministratore almeno astrattamente idoneo a porsi come causa del danno lamentato ed abbia indicato le ragioni che gli hanno impedito l’accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell’amministratore medesimo [C. 9.4.2021, n. 9458, D&G 2021]. Nel caso in cui l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori di una società trovi fondamento nella violazione del divieto di intraprendere nuove operazioni, a seguito dello scioglimento della società derivante dalla riduzione del capitale sociale al di sotto dei limiti previsti dall’art. 2447 c.c., non è giustificata la liquidazione del danno in misura pari alla differenza tra l’attivo ed il passivo accertati in sede fallimentare, non essendo configurabile l’intero passivo come frutto delle nuove operazioni intraprese dagli amministratori, ma dovendosi ascrivere lo stesso, almeno in parte, alle perdite pregresse che avevano logorato il capitale [C. I 30.1.2019, n. 2659; C. I 23.7.2007, n. 16211, S 2008, 1364]. In tema di procedure concorsuali, qualora il curatore promuova un’azione di responsabilità ex art. 146, c. 2, l. fall., la mancata o irregolare tenuta delle scritture contabili, anche se addebitabile all’amministratore convenuto, non fa sì che il danno risarcibile sia automaticamente determinato e liquidato nella misura corrispondente alla differenza tra il passivo accertato e l’attivo liquidato in sede fallimentare. Tale criterio infatti può essere utilizzato solo quale parametro per una liquidazione equitativa ove ne sussistano le condizioni [C. App. Genova 23.6.2022, n. 743, DeJure 2022]. La mancanza di scritture contabili, ovvero la sommarietà di redazione di esse o la loro inintelligibilità, non è in sé sufficiente a giustificare la condanna dell’amministratore in conseguenza dell’impedimento frapposto alla prova occorrente ai fini del nesso rispetto ai fatti causativi del dissesto. Essa presuppone, invece, per essere valorizzata in chiave risarcitoria nel contesto di una liquidazione equitativa, che sia comunque previamente assolto l’onere della prova circa la l’esistenza di condotte per lo meno astrattamente causative di un danno patrimoniale; sicché il criterio del deficit fallimentare resta sì applicabile, ma soltanto come criterio equitativo, per l’ipotesi di impossibilità di quantificare esattamente il danno in conseguenza dell’affermazione di esistenza della prova - almeno presuntiva - di condotte di tal genere [C. I 12.5.2022, n. 15245, RDottComm 2022, 426]. Nell’azione di responsabilità promossa dal curatore di fallimento ai sensi dell’art. 146, c. 2, l. fall. contro l’ex amministratore di una società, poi fallita, che abbia violato il divieto di compiere nuove operazioni sociali dopo l’avvenuta riduzione, per perdite, del capitale sociale al disotto del minimo legale, il giudice, ove, nella quantificazione del danno risarcibile, si avvalga, ricorrendone le condizioni, del criterio equitativo della differenza tra il passivo accertato e l’attivo liquidato in sede fallimentare, temperato dalla espunzione da tale differenza del passivo formatosi successivamente al verificarsi dello scioglimento della società, deve indicare le ragioni per le quali, da un lato, l’insolvenza sarebbe stata conseguenza delle condotte gestionali dell’amministratore e, dall’altro, l’accertamento del nesso di causalità materiale tra queste ultime e il danno allegato sarebbe stato precluso dall’insufficienza delle scritture contabili sociali; e ciò sempre che il ricorso a tale criterio equitativo sia, in ragione delle circostanze del caso concreto, logicamente plausibile e, comunque, l’attore abbia allegato un inadempimento dell’amministratore almeno astrattamente idoneo a porsi come causa del danno lamentato, indicando le ragioni che gli hanno impedito l’accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell’amministratore medesimo [C. I 10.2.2022, n. 4347, D&G 2022]. Per liquidare il danno derivante da una gestione della società condotta in spregio dell’obbligo di cui all’ art. 2449 c.c. (vecchio testo), ovvero dell’attuale art. 2486 c.c., il giudice può ricorrere in via equitativa, nel caso di impossibilità di una ricostruzione analitica dovuta all’incompletezza dei dati contabili ovvero alla notevole anteriorità della perdita del capitale sociale rispetto alla dichiarazione di fallimento, al criterio presuntivo della differenza dei netti patrimoniali. La condizione è che tale ricorso sia congruente con le circostanze del caso concreto, e che quindi sia stato dall’attore allegato un inadempimento dell’amministratore almeno astrattamente idoneo a porsi come causa del danno lamentato e siano state specificate le ragioni impeditive di un rigoroso distinto accertamento degli effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta [C. I 20.4.2017, n. 9983, BBTC 2018, 162]. In sede di esercizio cautelare di un’azione di responsabilità ai sensi dell’art. 146 l. fall., il danno può determinarsi mediante ricorso al criterio equitativo in misura corrispondente ai debiti che sono stati assunti dalla società e che non sarebbero stati contratti nell’ipotesi in cui il fallimento fosse stato dichiarato tempestivamente, dunque e quanto meno, in misura pari agli interessi che sono maturati sui debiti pregressi e che, con la dichiarazione di fallimento, non sarebbero potuti maturare [T. Venezia 19.5.2015, Ilsocietario.it 2016].

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