[1] La chiusura della procedura di liquidazione giudiziale è dichiarata con decreto motivato del tribunale su istanza del curatore o del debitore ovvero di ufficio, pubblicato nelle forme prescritte dall’articolo 45. Unitamente all’istanza di cui al primo periodo il curatore deposita un rapporto riepilogativo finale redatto in conformità a quanto previsto dall’articolo 130, comma 9. (1)
[2] Quando la chiusura della procedura è dichiarata ai sensi dell’articolo 233, comma 1, lettera d), prima dell’approvazione del programma di liquidazione, il tribunale decide sentiti il curatore, il comitato dei creditori e il debitore.
[3] Contro il decreto che dichiara la chiusura o ne respinge la richiesta è ammesso reclamo a norma dell’articolo 124. Contro il decreto della corte di appello, il ricorso per cassazione è proposto nel termine perentorio di trenta giorni, decorrente dalla notificazione o comunicazione del provvedimento per il curatore, per il debitore, per il comitato dei creditori e per chi ha proposto il reclamo o è intervenuto nel procedimento; dal compimento della pubblicità di cui all’articolo 45 per ogni altro interessato.
[4] Il decreto di chiusura acquista efficacia quando è decorso il termine per il reclamo, senza che questo sia stato proposto, ovvero quando il reclamo è definitivamente rigettato.
[5] Con i decreti emessi ai sensi dei commi 1 e 3, sono impartite le disposizioni esecutive volte ad attuare gli effetti della decisione. Allo stesso modo si provvede a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di revoca della procedura di liquidazione giudiziale o della definitività del decreto di omologazione del concordato proposto nel corso della procedura stessa.
(1) Comma così modificato dall’art. 31, comma 1, D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, a decorrere dal 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 51, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 83/2022.
A) Inquadramento funzionale:
A)Inquadramento funzionale:I. Il procedimento e il decreto di chiusura - II. Le impugnazioni del decreto .
I. Il procedimento e il decreto di chiusura
I.Il procedimento e il decreto di chiusura1 L’organo della procedura competente a pronunciare il decreto di chiusura o di rigetto dell’istanza di chiusura è il tribunale in composizione collegiale. Nell’ipotesi di chiusura ex art. 233, lett. d), CCII - laddove la stessa avvenga prima dell’approvazione del programma di liquidazione - il tribunale decide sentito il comitato dei creditori e il debitore. Si tratta di una cautela volta ad evitare il rischio che il curatore voglia sollecitare la chiusura per non redigere il programma di liquidazione; in ogni caso a presidio dei diritti dei creditori sul controllo di gestione del curatore è apprestato il procedimento di rendiconto che non può mai essere omesso. Cfr. [F704] [F705] [F706] [F707].
2 Il decreto di chiusura è pubblicato con le stesse modalità previste per la sentenza dichiarativa di liquidazione giudiziale ex art. 45 CCII. Il tribunale nel decreto deve specificare la fattispecie per la quale avviene la chiusura, posto che tale circostanza rileva sia ai fini della esdebitazione, sia ai fini della riapertura. Cfr. [F708].
3 Qualora il tribunale sia stato sollecitato a provvedere alla chiusura, ma reputi che non sussista alcuna delle ipotesi di cui all’art. 233 CCII, deve rigettare l’istanza: il rigetto dell’istanza comporta come effetto solo quello della prosecuzione della procedura, non impendendo una successiva riproposizione della richiesta. Cfr. [F709].
II. Le impugnazioni del decreto
II.Le impugnazioni del decreto1 Il decreto, qualunque sia il contenuto, è soggetto al reclamo disciplinato nell’art. 124 CCII e dunque nel termine perentorio di dieci giorni cfr. [F710]; la disciplina del procedimento è quella dell’art. 124 CCII. Legittimati al reclamo sono il debitore, il comitato dei creditori, i creditori che hanno proposto domanda di ammissione al passivo e i creditori della massa. In ipotesi di chiusura ai sensi dell’art. 233 lett. a) legittimati a presentare reclamo sono i creditori che hanno presentato domanda di ammissione al passivo nel termine stabilito. Nell’ipotesi in cui la liquidazione giudiziale si sia chiuso con pagamento integrale dei creditori (art. 233 lett. b) CCII), la legittimazione è pure di coloro che sono stati esclusi o ammessi con riserva ed hanno presentato opposizione.
2 I creditori devono provare il pregiudizio loro recato per effetto della chiusura e, se la stessa avviene per ripartizione integrale o insussistenza dell’attivo, possono rilevare l’insussistenza dei requisiti per la chiusura.
3 La legittimazione al reclamo non compete, invece, al creditore tardivo. In particolare è privo di legittimazione chi comunque non potrebbe beneficiare di un eventuale ulteriore riparto, mentre d’altro canto il rimedio ai sensi dell’art. 235 CCII è esperibile soltanto per contestare la sussistenza, in concreto, di una delle ipotesi previste dall’art. 233 CCII, in presenza delle quali, invece, gli organi della procedura non hanno nessun potere discrezionale di protrarre la procedura e quindi differirne la chiusura, a cui non osta pertanto né l’opposizione allo stato passivo, né la dichiarazione tardiva di credito.
4 Il reclamo è previsto anche nel caso in cui il tribunale neghi la chiusura. Tanto il decreto con il quale la corte d’appello rigetta il reclamo e conferma la chiusura della liquidazione giudiziale così come il decreto che dichiara la chiusura in accoglimento del reclamo, sono impugnabili con ricorso straordinario per cassazione nel termine di trenta giorni.
5 Il decreto di chiusura produce effetto solo quando è scaduto il termine per interporre reclamo, ovvero quando è divenuta definitiva la decisione sul reclamo.
B) Frmule
B)FrmuleTRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………
Sezione ………
riunito in camera di consiglio nelle persone dei Sigg.ri
dott………. Presidente
dott………. Giudice
dott………. Giudice
Vista l’istanza presentata dal curatore della liquidazione giudiziale ………,
dichiarato con sentenza in data ………;
sentito il Giudice Delegato;
ritenuto che sussistono i presupposti richiesti dall’art. 233, lett. a), CCII
DICHIARA
la chiusura della liquidazione giudiziale sopra indicata per mancanza di passivo; autorizza l’estinzione del conto corrente [del deposito bancario] intestato alla procedura;
MANDA
alla cancelleria per l’espletamento delle formalità di cui all’art. 45 CCII
Luogo, data ………
Il Presidente ………
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………
Sezione ………
riunito in camera di consiglio nelle persone dei Sigg.ri
dott………. Presidente
dott………. Giudice
dott………. Giudice
Vista l’istanza presentata dal curatore della liquidazione giudiziale ………
………, dichiarato con sentenza in data ………;
sentito il Giudice Delegato;
rilevato che i creditori di massa e i creditori ammessi al passivo sono stati interamente soddisfatti prima del riparto finale
ritenuto che sussistono i presupposti richiesti dall’art. 233, lett. b), CCII
DICHIARA
la chiusura della liquidazione giudiziale sopra indicata per pagamento integrale dei crediti; autorizza l’estinzione del conto corrente [del deposito bancario] intestato alla procedura; dispone che il curatore provveda alla riconsegna al debitore dei beni acquisiti alla massa attiva e non ancora liquidati.
MANDA
alla cancelleria per l’espletamento delle formalità di cui all’art. 45 CCII
Luogo, data ………
Il Presidente ………
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………
Sezione ………
riunito in camera di consiglio nelle persone dei Sigg.ri
dott………. Presidente
dott………. Giudice
dott………. Giudice
Vista l’istanza presentata dal curatore della liquidazione giudiziale ………
………, dichiarato con sentenza in data ………;
sentito il Giudice Delegato;
visto il piano di riparto finale reso esecutivo dal G.D. con decreto del ………, avverso il quale non sono state proposte impugnazioni;
ritenuto che sussistono i presupposti richiesti dall’art. 233, lett. c), CCII
DICHIARA
la chiusura della liquidazione giudiziale sopra indicata per ripartizione finale dell’attivo; autorizza l’estinzione del conto corrente [del deposito bancario] intestato alla procedura;
MANDA
alla cancelleria per l’espletamento delle formalità di cui all’art. 45 CCII
Luogo, data ………
Il Presidente ………
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………
Sezione ………
riunito in camera di consiglio nelle persone dei Sigg.ri
dott………. Presidente
dott………. Giudice
dott………. Giudice
Vista l’istanza presentata dal curatore della liquidazione giudiziale ………, dichiarato con sentenza in data ………;
sentito il Giudice Delegato;
ritenuto che sussistono i presupposti richiesti dall’art. 233, lett. d), CCII;
[eventuale: che essendo il presente decreto emesso prima dell’approvazione del programma di liquidazione, è stato sentito il comitato dei creditori ed il debitore].
DICHIARA
la chiusura della liquidazione giudiziale sopra indicata per insufficienza di attivo; autorizza l’estinzione del conto corrente [del deposito bancario] intestato alla procedura;
MANDA
alla cancelleria per l’espletamento delle formalità di cui all’art. 45 CCII
Luogo, data ………
Il Presidente ………
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………
Sezione ………
riunito in camera di consiglio nelle persone dei Sigg. ri
dott………. Presidente
dott………. Giudice
dott………. Giudice
Vista l’istanza presentata dal ………in relazione alla liquidazione giudiziale ………, dichiarato con sentenza in data ………;
sentito il Giudice Delegato;
ritenuto che non sussistono i presupposti richiesti dall’art. 233, lett. d), CCII, in quanto esistono ancora beni che giustificano la prosecuzione dell’attività di liquidazione
RIGETTA
L’istanza di chiusura della liquidazione giudiziale e dispone che il curatore proceda al completamento dell’attività di liquidazione dell’attivo.
Luogo, data ………
Il Presidente ………
Ecc.Ma CORTE D’APPELLO DI ………
***
LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE ………
Dichiarata in data ……… dal Tribunale di ………
RECLAMO CONTRO IL DECRETO DI CHIUSURA DELLA LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE
Il Sig………. [La Società ………] rappresentato e difeso dall’Avv………. presso il cui studio in ……… Via ……… ha eletto domicilio come da delega in calce al [a margine del] presente atto [ovvero: in forza di procura speciale per atto di Notaio ……… n. ……… Rep. in data ……… qui allegata in copia conforme],
PREMESSO
- che il Tribunale di ……… con decreto in data ……… ha dichiarato la chiusura della liquidazione giudiziale suindicato, su istanza del Curatore [del debitore - d’ufficio], a norma dell’art. 233, lett………., CCII;
- che tale provvedimento è ingiusto nei confronti del reclamante, nella sua qualità di creditore della procedura, per le seguenti ragioni di fatto e di diritto ………
………
………
- che a sostegno di quanto precede si intendono produrre le seguenti prove ed la specifica documentazione secondo la quale ………
………
………
CHIEDE
che codesta Ecc.ma Corte, previa fissazione dell’udienza ex art. 124 CCII, in riforma del provvedimento impugnato, revochi il decreto di chiusura pronunciato dal Tribunale di ……… ed ordini la prosecuzione della procedura fallimentare.
Con osservanza
Luogo, data ………
Firma ………
IL GIUDICE DELEGATO
Vista l’istanza con la quale il curatore della liquidazione giudiziale ………
……… segnala che è passata in giudicato la pronuncia di revoca della sentenza dichiarativa della liquidazione giudiziale;
rilevato che il rendiconto del curatore è stato approvato;
considerato che nessuna altra attività deve essere compiuta;
DISPONE
l’archiviazione del fascicolo della procedura fallimentare n……….;
[ordina
al Sig. Conservatore dei RR.II. di ……… di procedere alla cancellazione della formalità iscritta in data ……… ai nn………. r.gen. e ……… r.part.].
Luogo, data ………
Il Giudice delegato ………
C) Giurisprudenza:
C)Giurisprudenza:I. Il decreto di chiusura
I.Il decreto di chiusura1 Non è censurabile e non è pertanto fonte di responsabilità il comportamento del curatore il quale, in pendenza di dichiarazione tardiva di credito, dia corso alla liquidazione finale dell’attivo e proceda alla chiusura del fallimento senza attendere la decisione sul credito né operare accantonamenti a favore del creditore tardivamente insinuato [C. I 28.8.1998, n. 8575, FI 1999, I, 929]. In tema di chiusura del fallimento, l’inapplicabilità, con riferimento al termine per la proposizione del reclamo avverso il corrispondente decreto, della disciplina dettata dall’art. 327, c. 2, c.p.c. deriva dalla peculiarità del procedimento fallimentare, nella specie giustificabile con la natura di procedimento incidentale da riconoscersi al reclamo endofallimentare, sicché la “conoscenza del processo” di cui alla citata norma va riferita alla conoscenza del procedimento fallimentare, conseguendone, pertanto, che quella disposizione potrebbe fondatamente essere invocata solo dal creditore che non abbia ricevuto l’avviso di cui all’art. 92 l. fall. [C. I 28.3.2022, n. 9850; C. I 17.4.2013, n. 9321]. In tema di impugnazione del decreto di chiusura del fallimento di cui all’art. 119 l. fall., nel testo precedente le modifiche apportate dal d.lgs. n. 5/2006, quale risultante all’esito della sentenza della Co. Cost. n. 279/2010, ai fini della individuazione del termine lungo, di sei mesi o di un anno, deve aversi riguardo alla formulazione dell’art. 327 c.p.c. vigente alla data della sentenza di apertura del fallimento [C. II 16.5.2022, n. 15547, GCM 2022]. In materia fallimentare, qualora il provvedimento del giudice delegato avente natura decisoria non sia stato comunicato, non opera il termine di cui all’art. 26 l. fall., bensì quello di cui all’art. 327 c.p.c., costituendo tale disposizione espressione di un principio generale diretto a garantire sul piano processuale, certezza e stabilità ai rapporti giuridici. Tale principio, a seguito della pronuncia di incostituzionalità dell’art. 119 l. fall. (sentenza n. 279/2010) è stato esteso anche al reclamo dinanti alla Corte di appello avverso il decreto del tribunale che dispone la chiusura del fallimento [C. II 6.5.2022, n. 14414, GD 2022]. La cognizione rimessa al giudice in sede di reclamo avverso il decreto di chiusura del fallimento, ai sensi dell’art. 119, c. 2, l. fall., è limitata alla verifica della sussistenza di uno dei casi di chiusura di cui ai nn. da 1) a 4) dell’art. 118 l. fall., potendo il fallito o chiunque altro ne abbia interesse far valere nelle sedi proprie, esterne alla procedura, tutte le doglianze riferite alla conduzione del fallimento da parte dei suoi organi. (Nella specie, la S.C. ha cassato il decreto della Corte d’Appello che aveva revocato la chiusura del fallimento per avvenuta ripartizione dell’attivo in ragione della pendenza di un giudizio di opposizione avverso il decreto di trasferimento di un immobile appreso alla massa) [C. I 20.4.2022, n. 12666, GCM 2022; C. I 12.3.2018, n. 5892, GCM 2918]. Il rimedio della revoca del decreto di chiusura e cioè dato al fine di porre in discussione la ricorrenza, in concreto, dello specifico caso, rispetto al quale si deve, altresì, valutare la legittimazione e l’interesse alla speciale impugnazione; ne deriva che è inammissibile il reclamo, qualora il reclamante non abbia dedotto l’insussistenza di una delle ipotesi di chiusura del fallimento [C. I 20.4.2022, n. 12666; C. I 13.1.2010, n. 395]. In presenza di una delle ipotesi previste dall’art. 118 l. fall., nessuna facoltà discrezionale è data agli organi fallimentari di protrarre la procedura, sicché quest’ultima, ricorrendo uno dei casi di cui al citato art. 118 l. fall., deve essere dichiarata nonostante la pendenza di giudizi di opposizione allo stato passivo o di dichiarazione tardiva di credito [C. I 27.11.2019, n. 31050]; la cognizione della corte d’appello in sede di reclamo, perciò, è limitata alla verifica della sussistenza di una delle predette ipotesi [C. I 13.7.2017, n. 17337; C. I 22.10.2007, n. 22105].
2 Il creditore del fallito, non ammesso al passivo, non è legittimato a reclamare avverso il decreto di chiusura della procedura nella prospettiva dell’esito favorevole di causa dal medesimo promossa perché comunque non potrebbe beneficiare di un eventuale ulteriore riparto, mentre d’altro canto il rimedio ai sensi dell’art. 119, c. 2, l. fall. è esperibile soltanto per contestare la sussistenza, in concreto, di una delle ipotesi previste dall’art. 118 l. fall., in presenza delle quali, invece, gli organi fallimentari non hanno nessun potere discrezionale di protrarre la procedura e quindi differirne la chiusura, a cui non osta pertanto né l’opposizione allo stato passivo, né la dichiarazione tardiva di credito [C. I 15.5.2013, n. 11701; C. I 16.3.2001, n. 3819, Fall 2002, 53]. Ai fini della legittimazione a proporre reclamo avverso il decreto di chiusura del fallimento da parte del creditore del fallito, la posizione di coloro che hanno proposto insinuazione tardiva oppure opposizione allo stato passivo e i cui relativi giudizi siano pendenti al momento dell’emanazione del decreto di chiusura non comporta l’assunzione della qualità di concorrenti nella procedura e, quindi, non determina di per sé una loro legittimazione al reclamo sulla base di tale posizione qualificata. I soggetti in questione, tuttavia, non possono considerarsi del tutto estranei alla procedura, proprio perché ne fanno comunque parte attraverso i subprocedimenti in corso ancorché la loro posizione di creditori della massa non sia stata ancora accertata e ciò comporta che, ai fini della loro legittimazione all’impugnazione del provvedimento di chiusura, occorre accertare l’interesse in concreto che essi hanno a contrastare tale provvedimento e, quindi, a soddisfare il proprio credito attraverso l’esecuzione concorsuale anziché a mezzo dell’azione individuale, che tali soggetti possono esperire nei confronti del fallito tornato in bonis e, dunque, dopo la chiusura del fallimento [C. I 16.8.2011, n. 17308, Fall 2012, 737].
3 È stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 119 l. fall., in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui esclude dalla reclamabilità dinanzi alla corte d’appello il decreto di rigetto dell’istanza di chiusura del fallimento [C. Cost. 28.11.2002, n. 493, Fall 2003, 247]. Il provvedimento pronunciato dalla corte di appello ai sensi dell’art. 119, c. 2, l. fall., a seguito di reclamo avverso il provvedimento di chiusura del fallimento disposto dal tribunale, se confermativo della chiusura dichiarata in primo grado, assume natura decisoria e definitiva ed è, pertanto, impugnabile con il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost. [C. I 25.6.1999, n. 6580, Fall 2000, 752]. Il decreto con cui la corte di appello confermi, in sede di reclamo, il rigetto dell’istanza di chiusura del fallimento, non è impugnabile con il ricorso straordinario per cassazione, atteso che, limitandosi a non definire la procedura concorsuale, è privo di decisorietà e definitività [C. I 29.9.2015, n. 19318, GCM 2015]. Il ricorso per cassazione avverso il decreto di rigetto del reclamo proposto nei confronti del decreto di chiusura del fallimento deve essere notificato al curatore fallimentare, essendo lo stesso legittimato nonostante la chiusura del fallimento, in quanto si controverte proprio del suo corretto comportamento [C. I 6.3.2009, n. 5562, Fall 2009, 1351]. La chiusura del fallimento diventa definitiva solo con l’esaurimento dei mezzi di impugnazione proponibili avverso il corrispondente decreto e, dunque, qualora contro quest’ultimo sia stato proposto il reclamo, con lo spirare del termine di impugnazione del provvedimento che lo abbia deciso ovvero con il rigetto dell’eventuale ricorso per cassazione [C. I 9.10.2015, n. 20292, GCM 2015].