[1] Le domande di ammissione al passivo di un credito o di restituzione o rivendicazione di beni mobili o immobili compresi nella procedura, nonché le domande di partecipazione al riparto delle somme ricavate dalla liquidazione di beni compresi nella procedura ipotecati a garanzia di debiti altrui, si propongono con ricorso da trasmettere a norma del comma 2, almeno trenta giorni prima dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo.
[2] Il ricorso può essere sottoscritto anche personalmente dalla parte ed è formato ai sensi degli articoli 20, comma 1-bis, ovvero 22, comma 3, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni e, nel termine stabilito dal comma 1, è trasmesso all’indirizzo di posta elettronica certificata del curatore indicato nell’avviso di cui all’articolo 200, insieme ai documenti di cui al comma 6. L’originale del titolo di credito allegato al ricorso è depositato presso la cancelleria del tribunale.
[3] Il ricorso contiene:
a) l’indicazione della procedura cui si intende partecipare e le generalità del creditore ed il suo numero di codice fiscale, nonché le coordinate bancarie dell’istante o la dichiarazione di voler essere pagato con modalità, diversa dall’accredito in conto corrente bancario, stabilita dal giudice delegato ai sensi dell’articolo 230, comma 1;
b) la determinazione della somma che si intende insinuare al passivo, ovvero la descrizione del bene di cui si chiede la restituzione o la rivendicazione, ovvero l’ammontare del credito per il quale si intende partecipare al riparto se il debitore nei cui confronti è aperta la liquidazione giudiziale è terzo datore d’ipoteca;
c) la succinta esposizione dei fatti e degli elementi di diritto che costituiscono la ragione della domanda;
d) l’eventuale indicazione di un titolo di prelazione, nonché la descrizione del bene sul quale la prelazione si esercita, se questa ha carattere speciale;
e) l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata, al quale ricevere tutte le comunicazioni relative alla procedura, le cui variazioni è onere comunicare al curatore.
[4] Il ricorso è inammissibile se è omesso o assolutamente incerto uno dei requisiti di cui alle lettere a), b), o c) del comma 3. Se è omesso o assolutamente incerto il requisito di cui alla lettera d), il credito è considerato chirografario.
[5] Se è omessa l’indicazione di cui al comma 3, lettera e), nonché nei casi di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario si applica l’articolo 10, comma 3.
[6] Al ricorso sono allegati i documenti dimostrativi del diritto fatto valere.
[7] Con la domanda di restituzione o rivendicazione, il terzo può chiedere la sospensione della liquidazione dei beni oggetto della domanda.
[8] Il ricorso può essere presentato dal rappresentante comune degli obbligazionisti ai sensi dell’articolo 2418, secondo comma, del codice civile, anche per singoli gruppi di creditori.
[9] Il giudice ad istanza della parte può disporre che il cancelliere prenda copia dei titoli al portatore o all’ordine presentati e li restituisca con l’annotazione dell’avvenuta domanda di ammissione al passivo.
[10] Il procedimento introdotto dalla domanda di cui al comma 1 è soggetto alla sospensione feriale dei termini di cui all’articolo 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742.
A) Inquadramento funzionale:
A)Inquadramento funzionale:I. La domanda
I.La domanda1 La domanda di ammissione al passivo, oltre che dal titolare del credito cfr. [F574], o da chi lo rappresenta, può essere proposta in via surrogatoria, qualora ricorrano i presupposti di cui all’art. 2900 c.c.
2 La forma della domanda è quella del ricorso che può essere presentato personalmente dalla parte senza la necessità di avvalersi di un avvocato: conseguentemente l’opera di rappresentanza e assistenza in questa fase non costituisce titolo per l’insinuazione di compensi e onorari in favore del professionista. Ai sensi del novellato secondo comma dell’art. 201 CCII il ricorso contenente la domanda di ammissione al passivo, unitamente ai documenti, va trasmesso all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato dal curatore nell’avviso di cui all’art. 200 CCII. Trasmissione della domanda in via telematica all’indirizzo di posta certificata comunicato dal curatore che costituisce l’unico mezzo per partecipare al passivo o avanzare domanda di rivendica o restituzione di beni. Ai sensi del comma 3, lett. e) la domanda deve contenere anche “l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata, al quale ricevere tutte le comunicazioni relative alla procedura, le cui variazioni è onere comunicare al curatore”. Onere che deve essere adempiuto da tutti i creditori ad eccezione dei creditori e dei soggetti di cui all’art. 10, c. 2, lett. a) e b) ai quali il domicilio digitale è stato attribuito dagli organi della procedura. Ai sensi del comma 5 dell’art. 201 se è omessa l’indicazione di cui al comma 3, lett. e), nonché nei casi di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario si applica l’art. 10, c. 3. Il richiamato comma 3 responsabilizza i destinatari delle comunicazioni e prevede che, nell’ipotesi di mancata istituzione o comunicazione del domicilio digitale, le comunicazioni ai soggetti per i quali la legge prevede l’obbligo di munirsi di un domicilio digitale sono eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria. Si procede al deposito in cancelleria delle comunicazioni anche nel caso di mancata consegna del messaggio elettronico per cause imputabili al destinatario, e ciò con riferimento sia alle comunicazioni effettuate ai soggetti tenuti a munirsi di domicilio digitale, che a quelle inviate a soggetti cui sia stato assegnato un domicilio digitale dal curatore.
3 Nella formulazione del comma 1 è stata aggiunta una previsione con la quale è data attuazione allo specifico criterio di delega concernente il sistema dell’accertamento del passivo per cui devono essere chiarite le modalità di verifica dei diritti vantati su beni del debitore che sia costituito terzo datore d’ipoteca (art. 7, c. 8, lett. a), l.d. n. 155/2017). A tal fine è previsto l’obbligo (da parte del creditore di soggetto diverso da quello nei cui confronti è aperta la liquidazione giudiziale) della presentazione della domanda di partecipazione al riparto delle somme ricavate dalla liquidazione dei beni compresi nella procedura e ipotecati a garanzia di debiti altrui. È conseguentemente integrato il contenuto del ricorso (comma 3, lett. b) nella parte in cui si impone al soggetto che propone la domanda di partecipazione al riparto di determinare l’ammontare del credito per cui intende partecipare al riparto. Cfr. [F584]. Alla luce del principio di esclusività del procedimento di verifica, sancito all’art. 151 CCII, la proposizione della domanda secondo il rito di cui agli artt. 201 CCII ss. rappresenta un onere per il titolare del diritto di ipoteca, che, in difetto di tale domanda, si vedrà preclusa la possibilità di partecipare al successivo riparto. L’accertamento positivo del credito non comporterà l’ammissione al passivo tra i creditori concorrenti, ma determinerà la misura della partecipazione al riparto delle somme ricavate dalla liquidazione dei beni dati a garanzia di terzi dal debitore assoggettato a liquidazione giudiziale. Con esclusione, quindi, dal diritto a partecipare al concorso per la parte che non trova capienza sul bene gravato da ipoteca. Il riferimento all’ammontare del credito presuppone che si tratti di credito certo liquido ed esigibile, caratteristiche che vanno valutate, naturalmente, con riferimento al debitore, non potendosi applicare al caso di specie la norma di cui all’art. 154, c. 2, CCII. Deve comunque ritenersi ammissibile una domanda “prenotativa” anche nell’ipotesi in cui il debito non sia scaduto perché il debitore sta regolarmente pagando le rate del mutuo. E ciò al fine di evitare che la liquidazione del bene in sede concorsuale determini la perdita della garanzia. In questo caso il beneficiario della garanzia può richiedere un accantonamento della somma ricavata dalla vendita del bene per salvaguardare il diritto a realizzare la garanzia ipotecaria nell’ipotesi di inadempimento del terzo debitore. Accantonamento che sarà disciplinato in sede di riparto finale ai sensi dell’art. 232, c. 2, CCII. Poiché anche in questo caso, ai sensi dell’art. 204, c. 5, CCII il decreto che rende esecutivo lo stato produce effetti soltanto ai fini del concorso, l’eventuale verifica inerente al credito garantito potrà svolgersi senza la necessità di evocare in giudizio il terzo debitore al quale, rimasto estraneo al procedimento di accertamento concorsuale, non sarà opponibile l’accertamento in questione, ove sia esercitata la rivalsa nei suoi confronti (rivalsa espressamente prevista per il terzo datore di ipoteca dall’art. 2871 c.c.). L’unico effetto extraconcorsuale dell’accertamento del diritto di partecipazione al riparto sembra potersi rinvenire nel disposto dell’art. 236, c. 4, CCII, che attribuisce al decreto o la sentenza con il quale il credito è stato ammesso al passivo il valore di prova scritta per gli effetti di cui all’art. 634 c.p.c. ai fini, quindi, dell’emissione di un decreto ingiuntivo.
4 In forza dell’espresso disposto del comma 2 dell’art. 201 CCII anche la documentazione deve essere trasmessa in via telematica in formato digitalizzato, sia che si tratti di documento creato fin dall’origine in formato digitale che di documento originariamente cartaceo, che va digitalizzato mediante scansione. Con l’unica eccezione rappresentata dall’originale del titolo di credito allegato al ricorso che “è depositato presso la cancelleria del tribunale”. Eccezione che si giustifica alla luce della considerazione che il deposito in originale del titolo è necessario per evitare la possibilità di insinuazione da parte di altri creditori in via cambiaria ovvero per assicurare al debitore l’esercizio di eventuali azioni cambiarie di regresso. Ratio evidenziata dalla norma contenuta nel comma 9 dell’art. 201 CCII, in forza del quale “il giudice ad istanza della parte può disporre che il cancelliere prenda copia dei titoli al portatore o all’ordine presentati e li restituisca con l’annotazione dell’avvenuta domanda di ammissione al passivo”.
5 La domanda deve essere trasmessa al curatore entro il termine perentorio di trenta giorni dall’udienza per l’esame dello stato passivo. Il termine perentorio per la presentazione delle domande di insinuazione al passivo è soggetto alla sospensione feriale di cui all’art. 1, l. n. 742/1969, ai sensi del comma 10 dell’art. 201 CCII. Si tratta di un’eccezione al principio generale di cui all’art. 9, c. 1, CCII, giustificata, nella Relazione illustrativa dello schema di decreto legislativo, dal richiamo al principio generale di delega di cui all’art. 2, c. 1, lett. m), l. n. 155/2017 (superamento dei contrasti interpretativi). Rimando che appare incongruo posto che la giurisprudenza di legittimità aveva costantemente ritenuto applicabile la sospensione feriale al procedimento per la formazione dello stato passivo ed alle relative opposizioni. Dovendo il termine per la presentazione delle domande di ammissione essere calcolato a ritroso rispetto all’udienza fissata per l’esame dello stato passivo, la sospensione che esso incontra nel periodo feriale ne comporta la retrocessione di ulteriori 31 giorni.
6 Nella domanda deve essere specificato il titolo dal quale il credito si assume derivare. Ai fini dell’insinuazione al passivo, anche in via privilegiata, è sufficiente che la parte indichi la causa del credito, non essendo prescritta, a pena di decadenza, l’indicazione degli estremi delle norme di legge che fondano il diritto fatto valere, in base al principio iura novit curia. Nel CCII è stata confermata l’eliminazione dell’obbligo per il creditore che voglia far valere un titolo di prelazione di specificare nella domanda, qualora si tratti di credito privilegiato, anche il tipo ed il grado di privilegio, con l’indicazione, quindi, della disposizione di legge che lo riconosce (nella vigenza r.d. 16.3.1942, n. 267 si reputava sufficiente la menzione della natura del privilegio). Questa previsione se da una parte appare in linea con i principi della legge delega, in quanto semplifica la presentazione della domanda ed elimina ogni problematica relativa all’eventuale erronea indicazione del grado della prelazione, dall’altra appare poco funzionale alla scelta di rendere più spedito il procedimento di ripartizione, sede alla quale sarà inevitabilmente rimandata ogni questione e contestazione sulla graduazione del credito; tutto ciò, non senza trascurare che la redazione del progetto di riparto non vede la partecipazione del giudice delegato.
7 La domanda di ammissione al passivo di un credito assistito da ipoteca, pegno o privilegio speciale deve contenere anche l’indicazione dei beni gravati. L’omissione ovvero l’incerta indicazione di tali requisiti determina il mancato riconoscimento della prelazione e l’ammissione del credito in via chirografaria. Cfr. [F575]. L’indicazione del titolo della prelazione e della descrizione del bene sul quale essa si esercita, se questa ha carattere speciale, quale requisito eventuale dell’istanza di ammissione in privilegio, deve essere verificata dal giudice, tenuto conto del principio generale secondo cui l’oggetto della domanda si identifica sulla base delle complessive indicazioni contenute in quest’ultima e dei documenti alla stessa allegati. Ne consegue, ad esempio, che tale requisito è soddisfatto ance qualora il bene oggetto della prelazione ipotecaria sia specificamente descritto nel contratto di mutuo inserito nel fascicolo del procedimento di insinuazione al passivo [C. 13.12.2019, n. 33008].
8 Al creditore che chiede di essere ammesso in rango ipotecario al passivo della liquidazione giudiziale è possibile riconoscere questa collocazione anche se il bene su cui grava la garanzia non faccia attualmente parte dell’attivo della liquidazione. Per tale riguardo occorre, tuttavia che la domanda di insinuazione indichi le oggettive ragioni della potenziale acquisibilità del bene alla procedura e descriva il bene su cui si intende far valere la prelazione. L’effettivo dispiegarsi della prelazione in sede di riparto resterà comunque subordinato al caso di avvenuto recupero del bene al compendio della liquidazione giudiziale [C. 14.7.2020, n. 14960; C. 22.2.2019, n. 5341]. Invero l’eventuale mancanza del bene rileva unicamente nella fase attuativa, come impedimento di fatto all’esercizio della garanzia stessa, sicché la verifica dell’esistenza del bene non è questione da risolvere in fase di accertamento del passivo, ma, attenendo all’ambito dell’accertamento dei limiti di esercitabilità della prelazione, è demandata alla fase del riparto. Identiche considerazioni valgono per i crediti assistiti da pegno.
9 Anche i crediti prededucibili che siano controversi per collocazione o ammontare (con la sola esclusione di quelli che derivano dalla liquidazione di compensi operata dal giudice delegato), debbono essere insinuati al passivo, e la domanda deve contenere l’indicazione delle ragioni della prededuzione e della eventuale prelazione che diviene rilevante, qualora l’attivo della procedura non consenta neppure il pagamento di tutti i debiti prededucibili. Cfr. [F576].
10 Il creditore per ottenere l’ammissione al passivo del proprio credito non può limitarsi a produrre le scritture contabili del debitore, in quanto la norma dell’art. 2709 c.c. si applica al debitore-imprenditore e non al curatore, il quale assume una posizione di terzietà, potendo tali scritture costituire un indizio cui devono accompagnarsi altri elementi di giudizio. In relazione alla domanda di insinuazione degli istituti di credito la prova del credito non possa desumersi dall’estratto conto certificato ex art. 50 t.u.b., che non costituisce di per sé prova del credito vantato dalla banca nei confronti del correntista.
11 Nel giudizio promosso nei confronti del curatore della liquidazione giudiziale la quietanza non ha l’efficacia vincolante della confessione stragiudiziale, ma unicamente il valore di documento probatorio dell’avvenuto pagamento, apprezzabile dal giudice al pari di qualsiasi altra prova desumibile dal processo, atteso che il curatore, pur ponendosi, nell’esercizio del diritto del debitore, nella stessa posizione di quest’ultimo, è una parte processuale diversa dal debitore medesimo [C. 21.7.2017, n. 18161].
12 Nel procedimento di accertamento del passivo la mancanza di data certa nelle scritture prodotte si configura come fatto impeditivo all’accoglimento della domanda del creditore, oggetto di eccezione in senso lato, in quanto tale rilevabile anche di ufficio dal giudice [C. 20.22013, n. 4213]. L’inopponibilità, di cui all’art. 2704 c.c., non riguarda il negozio, ma la data della scrittura e non attiene all’efficacia dell’atto, bensì soltanto alla prova di esso a mezzo della scrittura. La prova del negozio e della sua stipulazione anteriore alla liquidazione giudiziale può essere, quindi, fornita, prescindendo dal documento probatorio, con tutti gli altri mezzi consentiti, anche nei confronti dei terzi e del curatore, salve le limitazioni derivanti dalla natura e dall’oggetto del negozio.
13 In tema di ammissione al passivo di crediti cambiari, anche il portatore di un titolo di credito che eserciti l’azione causale ha l’onere di produrre il titolo in originale e, in mancanza, il credito deve essere ammesso con riserva, essendo la produzione del titolo (si configuri l’onere del deposito come requisito per l’esame del merito della domanda, ovvero quale requisito di proponibilità della domanda stessa) intesa ad evitare la possibilità di insinuazione da parte di altri creditori in via cambiaria, ovvero ad assicurare al debitore l’esercizio di eventuali azioni cambiarie di regresso.
14 L’art. 201 CCII richiede ai fini dell’ammissione al passivo l’allegazione al ricorso dei documenti dimostrativi del diritto del creditore e, a tali fini, non solo il ruolo ma anche l’estratto di ruolo è idoneo a dimostrare l’esistenza del diritto di credito [C. n. 5244/2017], né, esigendo la notifica della cartella di pagamento, si può imporre all’agente della riscossione un onere maggiore, equivalente ad esigere inammissibilmente un titolo esecutivo in allegazione al proprio credito: infatti la Corte ha ritenuto che «per l’ammissione al passivo fallimentare dei crediti insinuati dai concessionari della riscossione dei tributi è sufficiente, ai sensi dell’art. 87, co. 2, d.P.R. n. 602 del 1973, n. 46, la produzione del solo estratto di ruolo, senza che occorra, in difetto di espressa previsione normativa, anche la previa notifica della cartella esattoriale» [C. nn. 12117/2016, 655/2016]; l’indirizzo può dirsi consolidato [C. nn. 16112/2019, 2732/2019, 23576/2017], avendo la Corte da ultimo precisato che «in ragione del processo di informatizzazione dell’amministrazione finanziaria che, comportando la smaterializzazione del ruolo, rende indisponibile un documento cartaceo, imponendone la sostituzione con una stampa dei dati riguardanti la partita da riscuotere … stante il disposto dell’art. 23 del d.lgs. n. 82 del 2005 (modificato dall’art. 16, comma 1, del d.lgs. n. 235 del 2010), gli estratti del ruolo, consistenti in copie operate su supporto analogico di un documento informatico, formate nell’osservanza delle regole tecniche che presiedono alla trasmissione dei dati dall’ente creditore al concessionario, hanno piena efficacia probatoria ove il curatore non contesti la loro conformità all’originale» La semplificazione della procedura di riscossione disposta dal d.l. n. 78/2010, non produce una complicazione di quella concorsuale, ma incide sulla sola esecuzione coattiva individuale. Difatti l’avviso di addebito, similmente al precetto, deve contenere l’intimazione ad adempiere l’obbligo di pagamento degli importi ivi indicati entro un termine, nonché l’indicazione che, in mancanza del pagamento, l’agente della riscossione procederà ad espropriazione forzata, con i poteri, le facoltà e le modalità che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo. Per l’ammissione al passivo fallimentare resta, invece, fermo che il credito può essere documentato dall’agente della riscossione in base a un estratto di ruolo Ai fini dell’ammissibilità della domanda d’insinuazione proposta dall’agente della riscossione e della verifica in sede fallimentare del diritto al concorso del credito tributario o di quello previdenziale, non occorre che l’avviso di accertamento o quello di addebito contemplati dal d.l. n. 78/2010, artt. 29 e 30, conv. con l. n. 122/2010, siano notificati, ma è sufficiente la produzione dell’estratto di ruolo [C. s.u. 11.11.2021, n. 33408].
15 Quanto richiamato opera per tutti i crediti veicolati dall’agente di riscossione, mutando solo, con la contestazione sostanziale, lo sviluppo processuale del relativo accertamento: per C. n. 2732/2019, infatti, l’ammissione allo stato passivo di crediti sia previdenziali che tributari, può essere richiesta dalle società concessionarie per la riscossione, sulla base del semplice estratto del ruolo, senza che occorra, in difetto di espressa norma di legge, la previa notifica della cartella esattoriale, salva la necessità, in caso di contestazioni del curatore, per i crediti tributari, di provvedere all’ammissione con riserva, e per i crediti previdenziali, in quanto assoggettati alla giurisdizione del giudice ordinario, della necessità da parte del concessionario di integrare la prova con altri documenti giustificativi in possesso dell’ente previdenziale. Per quel che concerne i crediti previdenziali l’art. 17, c. 1, d.lgs. n. 46/1999, stabilisce che “si effettua mediante ruolo la riscossione coattiva dell’entrate dello Stato, anche diverse dalle imposte sui redditi, e di quelle degli altri enti pubblici, anche previdenziali, esclusi quelli economici”. L’art. 18 prevede che “salvo quanto disposto dagli articoli seguenti, le disposizioni di cui al capo 2^ del titolo 1^ e al titolo 2^ del D.P.R. 602/1973, come modificate dal presente decreto, si applicano, nel rispetto degli ambiti di competenza, anche interna, dei singoli creditori anche alle entrate riscosse mediante ruolo a norma dell’art. 17 del presente decreto ed alle relative sanzioni ed accessori”. L’art. 31, d.lgs. n. 46/1999, rubricato “limiti all’applicazione delle disposizioni sulle procedure concorsuali”, afferma che “le disposizioni previste dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 88 e art. 90, comma 2, come sostituiti dall’art. 16 del presente decreto, non si applicano se le contestazioni relative alle somme iscritte a ruolo sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario”: conseguentemente è applicabile il d.P.R. n. 602/1973, art. 87, c. 2, in base al quale è possibile richiedere l’ammissione al passivo sulla base del solo ruolo anche per i crediti previdenziali; infatti “il concessionario ha l’onere di notificare la cartella al solo scopo di provocare la scadenza del termine a disposizione del contribuente (e dunque al curatore) per impugnare l’atto davanti al giudice tributario. (…) Ne consegue che, peraltro, la notifica non è necessaria, ad alcun fine, allorché la pretesa creditoria iscritta a ruolo, insinuata al passivo fallimentare, non abbia natura tributaria (ma, ad esempio, previdenziale) e dunque non si ponga l’esigenza di accertare il diritto controverso davanti a un giudice speciale come quello tributario: in tal caso le eventuali contestazioni del curatore possono e debbono essere sollevate davanti allo stesso giudice fallimentare (giudice delegato, in sede di determinazione dello stato passivo, tribunale in sede di opposizione) e da lui risolte” [C. 5.9.2017, n. 20784; C. n. 12117/2016].
16 D’altronde, si è da tempo chiarito, i crediti scaturiscono dall’inadempimento degli obblighi tributari, e, quindi, in dipendenza dell’insorgenza dei relativi presupposti, e non già a seguito degli avvisi di accertamento [C. s.u. n. 4779/1987; C. s.u. n. 9201/1990; n. 13275/2020; n. 28192/2020; n. 8602/2021; C. s.u. nn. 21765/2021 e 21766/2021], né tampoco in base al ruolo, né per effetto della notificazione della cartella di pagamento [C. n. 6846/2021]. Sicché l’ente creditore ben può dimostrare il proprio credito con documenti diversi dal ruolo [C. s.u. n. 4126/2012]. E, anche in relazione ai crediti previdenziali, è costante il principio in base al quale, anche a fronte dell’illegittimità dell’iscrizione a ruolo, va esaminata nel merito la fondatezza della domanda di pagamento dell’istituto previdenziale [tra varie, C. n. 12025/2019].
17 Orientamento granitico della Corte che dovrà probabilmente essere rivisto alla luce della modifica dell’art. 12, d.P.R. n. 602/1973, rubricato “Formazione dei ruoli”, al quale è stato aggiunto un apposito comma, il 4-bis: “L’estratto di ruolo non è impugnabile; il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dalla iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto, per quanto previsto nell’articolo 80, comma 4, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto ministeriale 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all’articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 o, infine, per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione”. Se la notifica della cartella è il primo atto impositivo, solo la notificazione al curatore e al debitore consente la sua impugnazione, non essendo più consentito impugnare il ruolo o l’estratto di ruolo che menzioni l’atto [come statuito da s.u. n. 13831/2022] alla luce dello ius superveniens costituito dall’art. 3-bis, d.l. 21.10.2021, n. 146, convertito in l. 17.12.2021, n. 215 (non impugnabilità dell’estratto di ruolo e limiti all’impugnabilità del ruolo). Le Sezioni Unite, relativamente a detta normativa sopravvenuta, hanno confermato la legittimità della novella normativa (sopra riportata) e l’hanno considerata applicabile ai processi in corso, pure non tributari, statuendo che “In tema di riscossione a mezzo ruolo, l’art. 3-bis del d.l. 21 ottobre 2021, n. 146, inserito in sede di conversione dalla I. 17 dicembre 2021, n. 215, col quale, novellando l’art. 12 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, è stato inserito il comma 4-bis, si applica ai processi pendenti, poiché specifica, concretizzandolo, l’interesse alla tutela immediata a fronte del ruolo e della cartella non notificata o invalidamente notificata; sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale della norma, in riferimento agli artt. 3, 24, 101, 104, 113, 117 Cost., quest’ultimo con riguardo all’art. 6 della CEDU e all’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 della Convenzione” [C. s.u. n. 26283/2022]. Se, allora, il ruolo e l’estratto di ruolo non sono impugnabili dal curatore della liquidazione giudiziale ovvero dal contribuente (in caso di inerzia del curatore), se non a determinate condizioni, l’ammissione al passivo che si fondi solo su detti atti delimita la possibilità dei soggetti indicati di contestare la fondatezza della pretesa [C. 25.10.2022, n. 31560].
18 Sempre in tema di crediti tributari, l’obbligazione di imposta nasce ex lege con l’avveramento del presupposto del tributo e non per effetto dell’eventuale atto amministrativo di accertamento, con la conseguenza che l’intero credito deve considerarsi anteriore alla dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale quando il suo presupposto si sia verificato prima dell’apertura della procedura, ancorché non sia stato in tutto od in parte ancora accertato o iscritto nei ruoli.
19 Ai sensi dell’art. 173, c. 2, CCII in caso di scioglimento del contratto preliminare di vendita immobiliare trascritto ai sensi dell’art. 2645-bis c.c., il promissario acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno, e gode del privilegio di cui all’art. 2775-bis c.c., a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data dell’apertura della liquidazione giudiziale.
II. Le singole cause di prelazione
II.Le singole cause di prelazione1 Il privilegio che assiste i crediti dei lavoratori subordinati per retribuzioni non assiste invece i crediti derivanti da un rapporto di lavoro parasubordinato, non essendo l’art. 2751-bis, n. 1, c.c. suscettibile di interpretazione estensiva. Cfr. [F577]. In tema di accertamento del passivo fallimentare, le copie delle buste paga rilasciate al lavoratore dal datore di lavoro, ove munite, alternativamente, della firma, della sigla o del timbro di quest’ultimo, hanno piena efficacia probatoria del credito insinuato alla stregua del loro contenuto, obbligatorio e penalmente sanzionato, né la sottoscrizione per ricevuta apposta dal lavoratore implica, in modo univoco, l’intervenuto pagamento delle somme indicate nei menzionati prospetti [C. 20.4.2017, n. 10041].
2 L’art. 36, d.l. n. 5/2012 (conv. l. n. 35/2012) ha mutato l’art. 2751-bis, c. 1, n. 5, c.c. conferendo la causa di prelazione al soggetto artigiano così “definito” in base alle leggi vigenti di settore. Cfr. [F578]. La modifica dell’art. 2751-bis c.c. con l’aggiunta dell’inciso “artigiana ai sensi delle disposizioni legislative vigenti” ben può essere letta nel senso di voler semplificare la disciplina dell’ammissione al passivo delle imprese artigiane, ammettendo il privilegio per le imprese che ai sensi della predetta normativa sono state riconosciute artigiane tramite iscrizione nel relativo albo. In sede di verifica del passivo, ai fini del riconoscimento del privilegio, l’iscrizione dell’impresa istante all’albo artigiano non esonera comunque il Tribunale dall’indagine concernente il non superamento dei limiti di cui agli artt. 3 e 4 della legge quadro n. 443/1985. L’art. 2751-bis c.c. impone, infatti, di definire l’impresa artigiana attraverso il positivo riscontro di tutte le condizioni richieste dalle “disposizioni legislative vigenti”.
3 La Suprema Corte ha negato la natura interpretativa della nuova formulazione dell’art. 2751-bis, n. 5, c.c., trattandosi di norma cui non può attribuirsi valore di interpretazione autentica sia per l’assenza di un’espressa previsione al riguardo, sia per l’assenza di presupposti tali da consentire di individuarne la ratio legis nella opportunità di superare irrisolti contrasti giurisprudenziali, con l’espressa adesione ad uno degli orientamenti interpretativi ovvero nella necessità di ristabilire un’interpretazione più aderente all’originaria volontà del legislatore. Escludendosi il valore retroattivo della norma, e, quindi, la sua applicabilità ai crediti sorti precedentemente alla modifica dell’art. 2751 c.c., per essi resta acquisito che il coordinamento tra la disciplina codicistica e quella contenuta nella l. n. 443/1985, deve essere realizzato affermando che i criteri richiesti dall’art. 2083 c.c., ed in genere dal c.c., valgono per la identificazione dell’impresa artigiana nei rapporti interprivati, mentre quelli posti dalla legge speciale sono, invece, necessari per fruire delle provvidenze previste dalla legislazione (regionale) di sostegno, con la conseguenza che l’iscrizione all’albo di un’impresa artigiana, legittimamente effettuata ai sensi della l. n. 443/1985, art. 5, pur avendo natura costitutiva, nei limiti sopra indicati, non spiega di per sé alcuna influenza - neppure quale presunzione iuris tantum della natura artigiana dell’impresa - ai fini dell’applicazione dell’art. 2751-bis, n. 5, c.c. dovendosi, a tal fine, ricavare la relativa nozione dai criteri fissati, in via generale, dall’art. 2083 c.c. Per le fattispecie pregresse, dunque, la nozione di imprenditore artigiano va dedotta dai criteri generali dell’art. 2083 c.c. e per quelle collettive dalla necessità che la maggioranza dei soci svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo e che in esse il lavoro prevalga rispetto agli altri fattori della produzione. Poiché sul creditore che chiede l’ammissione al passivo con collocazione preferenziale, grava l’onere di dimostrare l’esistenza dei presupposti di fatto del privilegio, nel caso di domanda di ammissione al passivo proposta da un’impresa artigiana per il compenso derivante da un contratto di appalto sorto prima della modifica dell’art. 2751 bis c.c., spetta alla creditrice dimostrare che il credito era relativo ad un appalto di servizi e non ad un appalto d’opera. Con riferimento al privilegio che assiste il credito delle cooperative di produzione e lavoro, ad esso va “riconosciuta collocazione privilegiata, ai sensi dell’art. 2751-bis c.c., n. 5, ogniqualvolta esso risulti pertinente ed effettivamente correlato al lavoro dei soci e l’apporto lavorativo di questi ultimi sia prevalente rispetto al lavoro dei dipendenti non soci; ai fini del riconoscimento del privilegio non possono invece venire in considerazione parametri diversi da quelli indicati, fondati su canoni funzionali o dimensionali, né possono essere compiute comparazioni in stridente contrasto con la moderna realtà cooperativa, quali quelle fondate sul rapporto fra lavoro dei soci e capitale investito (cfr. Cass. nn. 2984/97, 4585/01)” [C. 2.11.2016, n. 22147].
4 Sempre con riferimento ai crediti pregressi alla modifica legislativa, i requisiti essenziali per il riconoscimento del privilegio in favore delle cooperative di produzione e lavoro, ai sensi dell’art. 2751-bis, n. 5, c.c., sono, per un verso, correlati all’effettività e «pertinenza» professionale del lavoro dei soci, e, per altro verso, alla prevalenza del lavoro di questi ultimi rispetto a quello dei non soci. Cfr. [F579].
5 Il privilegio che assiste il credito degli agenti per le retribuzioni e per l’indennità di cui all’art. 2751-bis, n. 3, c.c. non assiste anche il credito degli agenti costituiti in forma di società di capitali. Cfr. [F580]. Le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione hanno, quindi, affermato che l’art. 2751-bis, n. 3, c.c., deve essere interpretato, in conformità con l’art. 3 Cost. ed in sintonia con la ratio della stessa disposizione codicistica, nel senso che il privilegio dei crediti ivi previsto non assiste quelli per provvigioni spettanti alla società di capitali che eserciti l’attività di agente [C. s.u. 16.12.2013, n. 27986; C. 27.10.2017, n. 25639]. Nondimeno, è stato affermato che il privilegio è riferibile ai crediti delle società personali che esercitino l’attività propria dell’agente qualora sia accertato, in concreto, che quest’ultima sia svolta direttamente dagli agenti-soci e che il lavoro abbia funzione preminente sul capitale [C. 30.9.2015, n. 19550]. Il privilegio trova poi applicazione solo nei rapporti tra l’agente ed il preponente [C. 6.3.2015, n. 4627 che ha negato il privilegio richiesto dalla cassa di previdenza degli agenti, creditrice in proprio verso la impresa di assicurazione, nella specie messa in liquidazione coatta amministrativa, per i contributi, lasciati in deposito presso la seconda ma dovuti da questa alla prima].
6 L’art. 2751-bis, n. 2, c.c. attribuisce il privilegio, nei limiti degli ultimi due anni di attività, ancorché anteriori al biennio precedente l’apertura della procedura concorsuale al credito di qualunque prestatore d’opera, anche se non intellettuale, per l’attività professionale prestata, con esclusione delle spese incontrate per espletare il mandato. Cfr. [F581]. Il privilegio in esame si estende a tutte le attività riconducibili al tipo contrattuale delineato dall’art. 2222 c.c. e, quindi, anche ai prestatori d’opera di carattere non intellettuale svolta in modo autonomo. Alla luce, quindi, di questo intervento, il riferimento normativo per l’individuazione delle attività protette non è più limitato agli artt. 2229 e 2230 c.c., ma è costituito dall’art. 2222 c.c., che regola il contratto d’opera, che rappresenta una fattispecie residuale di lavoro autonomo in quanto numerose altre fattispecie di lavoro autonomo costituiscono contratti tipici con propria peculiare disciplina (appalto, trasporto, deposito, ecc.); di conseguenza i crediti di chi si è obbligato a compiere un’opera o un servizio, che richieda o non attività intellettuale, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente godono del privilegio di cui all’art. 2751-bis, n. 2, c.c., sempre che il rapporto da cui nasce il credito non sia inquadrabile in altra fattispecie tipica di lavoro autonomo. In sostanza, ai fini dell’attribuzione del privilegio, non è più necessario accertare che l’attività espletata rientra in una prestazione di carattere intellettuale, ma valutare: se questa sia riconducibile ad una forma di lavoro autonomo; se rientri in una figura tipica contrattuale; se sia riconducibile alla persona del prestatore o sia prestata in forma di impresa. L’art. 2751-bis, n. 2, c.c. fa riferimento esclusivo alla retribuzione del professionista [e del prestatore d’opera anche non intellettuale in virtù della pronuncia n. 1/1998 della Corte Costituzionale] individuale laddove una interpretazione estensiva di tale norma, a favore delle società che svolgono attività oggettivamente identiche a quelle delle professioni intellettuali, non può aver luogo in considerazione della confusione, nell’ambito societario, tra la remunerazione del capitale e la retribuzione del lavoro.
7 La figura del professionista imprenditore individuale presenta dei profili di specificità rispetto ai professionisti che operino sotto forma di società. Profili che consentono di superare alcuni degli ostacoli che hanno condotto a negare il privilegio al compenso dovuto al professionista che operi sotto forma di società. E ciò in quanto la ditta individuale non è un soggetto distinto dal suo titolare, ma si identifica con esso, sotto l’aspetto sia sostanziale che processuale, con la conseguenza che anche ove il cliente abbia conferito l’incarico dal quale deriva il credito all’impresa, l’incarico è da considerarsi conferito personalmente al professionista così come l’assenza di una compagine sociale e quindi di una pluralità di soci esclude in radice il rischio di un disallineamento tra quantità e qualità di lavoro svolto e remunerazione del professionista. Lo snodo centrale appare quindi la distinzione tra compenso quale retribuzione di lavoro autonomo o reddito d’impresa. Nel primo caso il credito ha natura privilegiata, in quanto costituisce in via prevalente remunerazione di una prestazione lavorativa, ancorché necessariamente comprensiva delle spese organizzative essenziali al suo autonomo svolgimento, mentre nel secondo ha natura chirografaria, perché ha per oggetto un corrispettivo riferibile al lavoro del professionista solo quale voce del costo complessivo di un’attività che è essenzialmente imprenditoriale. Distinzione di non facile soluzione cui non può darsi una risposta univoca e generalizzata, ma caso per caso, tenendo conto del requisito organizzativo, che costituisce elemento qualificante e imprescindibile per la configurazione dell’impresa commerciale agli effetti civilistici, [cfr. C. n. 13509/2013]. È necessario valutare se l’organizzazione di beni e di persone e l’utilizzo di beni strumentali è tale che l’organizzazione è preminente sul lavoro intellettuale e la professione è al servizio dell’organizzazione che può agire in modo indipendente e fuori dal controllo tecnico del professionista. Con la conseguenza che il privilegio dovrà essere negato tutte le volte in cui l’impiego di intelligenza o del lavoro personale - pur sussistente - costituisca un fattore non prevalente rispetto all’organizzazione imprenditoriale. In astratto, quindi, anche una impresa individuale che svolge attività professionale può usufruire del privilegio di cui all’art. 2751-bis, n. 2, c.c. per le prestazioni effettuate, ma la valutazione va svolta in concreto
8 Nel risolvere le questioni relative al rapporto tra professionista che opera in associazione e cliente il Supremo Collegio adotta come discrimen la genesi del rapporto professionale imputabile, così, al singolo professionista se con esso singolarmente instaurato, all’associazione se instaurato con l’entità collettiva all’interno della quale il professionista è organicamente inserito quale prestatore d’opera [cfr. C. 22.10.2009 n. 22439]. Nel primo caso il credito del professionista ha per oggetto prevalente la remunerazione di una prestazione lavorativa, anche se include le spese organizzative essenziali al suo autonomo svolgimento, nel secondo caso il credito ha per oggetto un corrispettivo, certamente riferibile anche al lavoro del professionista organico, oltre che al capitale, ma solo quale voce del costo complessiva di un’attività essenzialmente imprenditoriale. In definitiva il fatto che il contratto d’opera sia stato stipulato dall’associazione professionale cui il prestatore appartiene ed il fatto che sia questa a presentare la domanda di ammissione allo stato passivo non sono, dunque, di per sé decisivi per escludere la collocazione privilegiata del credito, dovendosi, piuttosto, accertare se ricorra la prova che il credito medesimo costituisce il corrispettivo di un’attività svolta personalmente da uno o più dei professionisti associati, in via esclusiva o prevalente, e sia pertanto richiesto, pur se formalmente dall’associazione, a remunerazione di detta attività [C. 2.11.2017, n. 26067]. La proposizione della domanda di ammissione allo stato passivo da parte dello studio associato pone dunque una mera presunzione di esclusione della personalità del rapporto professionale, che ben può essere superata da prova contraria [C. n. 17207/2013].
9 Per i compensi degli avvocati cfr. [F582], il privilegio di cui si discute decorre non dal momento della dichiarazione di liquidazione giudiziale del debitore, bensì dal momento in cui l’incarico professionale è stato portato a termine o è comunque cessato, allorché il credito dell’onorario è divenuto liquido ed esigibile, e, dato il carattere unitario dell’esecuzione dell’incarico e dei relativi onorari il privilegio copre anche il corrispettivo dell’attività svolta prima del biennio anteriore alla cessazione. In caso di plurimi incarichi il limite temporale degli “ultimi due anni di prestazione” va riferito al complessivo rapporto professionale, restando fuori dal privilegio i corrispettivi degli incarichi conclusi in data anteriore al biennio precedente la cessazione del complessivo rapporto: “in altri termini, “gli ultimi due anni di prestazione” di cui parla la norma in esame sono gli ultimi in cui si è svolto (non già l’unico o ciascuno dei plurimi rapporti corrispondenti ai plurimi incarichi ricevuti, bensì) il complessivo rapporto professionale, sicché restano fuori dalla previsione del privilegio i corrispettivi degli incarichi conclusi in data anteriore al biennio precedente la cessazione del complessivo rapporto [C. 27.7.2017, n. 18685].
10 Con riferimento in particolare al privilegio spettante al professionista avvocato la corte, nella vigenza del regime anteriore alla riforma delle tariffe professionali di cui al d.m. n. 140/2012, ha statuito che il limite temporale stabilito dall’art. 2751-bis, n. 2, c.c. va inteso nel senso che, mentre per gli onorari si tiene conto del momento in cui la prestazione professionale, unitariamente considerata, è stata portata a termine, sebbene alcune attività siano state svolte in epoca anteriore al biennio, purché risultino tra loro collegate, in quanto espressione del medesimo incarico; per i diritti, che maturano con il compimento delle singole prestazioni, la liquidazione va fatta in base alla tariffa vigente a quel momento, poiché per essi deve tenersi conto soltanto di quelle poste in essere nel periodo in questione. Alla luce di tale giurisprudenza, si riteneva che dovesse riconoscersi il richiesto privilegio al credito per onorari per tutte le prestazioni effettuate, nel mentre, per quanto riguarda i diritti, il privilegio assisteva solo i crediti maturati negli ultimi due anni di prestazione. Il d.m. n. 140/2012 ha abolito la distinzione tra diritti ed onorari, entrambi riconducibili alla nozione unitaria dei compensi, con esclusione delle sole spese da rimborsare secondo qualsiasi modalità, compresa quella concordata in modo forfettario. Non sono altresì compresi nei compensi oneri e contributi dovuti a qualsiasi titolo (art. 1, c. 2 del decreto). In relazione e ad integrazione di quanto appena affermato l’atto normativo del 31.10.2012, (nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense), al punto 13 dell’art. 10 prevede che “oltre al compenso per la prestazione professionale all’avvocato è dovuta, sia dal cliente in caso di determinazione contrattuale, sia in sede di liquidazione giudiziale, oltre al rimborso delle spese effettivamente sostenute e di tutti gli oneri e contributi eventualmente anticipati nell’interesse del cliente, una somma per il rimborso delle spese forfettarie la cui misura massima è determinata dal decreto di cui al comma 6, unitamente ai criteri di determinazione e documentazione delle spese vive.”. Compenso omnicomprensivo di ogni attività riferita alla retribuzione spettante all’avvocato per la sua attività professionale, compenso che gode del privilegio di cui all’art. 2751-bis, n. 2, c.c. Il decreto statuisce all’art. 11, punto 2 che il compenso è liquidato per fasi, (fase di studio della controversia, fase introduttiva, fase istruttoria, fase decisoria, fase esecutiva), senza distinguere tra compenso relativo a diritti e quello relativo ad onorari, il che trova piena conferma nel rilievo che, nell’esemplificare le attività svolte in ciascuna fase meritevole di remunerazione, ci si riferisca indistintamente sia ad attività precipuamente intellettuali sia alle materiali ed il tutto ancorato al valore della controversia. Principi che sono stati ribaditi sia dal decreto del Ministero della Giustizia 8.3.2018, n. 37, pubblicato sulla G.U. n. 96 del 26.4.2018 che dal successivo decreto del Ministero della Giustizia 13.8.2022, n. 147, contenente il Regolamento recante modifiche al decreto 10.3.2014, n. 55, concernente la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense, ai sensi dell’art. 13, c. 6, l. 31.12.2012, n. 247, pubblicato sulla G.U. n. 236 dell’8.10.2022. Il d.m. n. 147/2022 prevede alcune rilevanti novità per la difesa e l’assistenza nelle procedure concorsuali con l’introduzione di una apposita tabella (art. 20-bis) per l’assistenza nell’accertamento del passivo fallimentare e nella liquidazione giudiziale, con 4 fasi (fasi di studio controversia, fase introduttiva, fase istruttoria e/o trattazione e fase decisionale). La nuova disciplina parametrica in vigore a decorrere dal 23.10.2022, pur apportando alcune modifiche di rilievo alla disciplina dei parametri forensi non tocca la nozione unitaria dei compensi. Viene quindi escluso che si possa comunque frammentare la prestazione professionale e dunque frammentare i compensi. Il giudice chiamato alla liquidazione del compenso non può segmentare la prestazione nei singoli atti oppure per fasi: l’unitarietà della liquidazione è una logica conseguenza dell’onnicomprensività del “compenso” a sua volta discendente dall’inscindibilità della prestazione professionale. La parcellizzazione dell’attività professionale, articolata in distinte fasi, costituisce solo una regola per la determinazione del compenso che conserva, comunque, il suo carattere unitario al pari della stessa attività. Dal carattere unitario ed inscindibile della prestazione dell’avvocato consegue la mancanza di liquidità e di esigibilità del diritto al compenso, l’impossibilità di determinarlo prima del completo espletamento del mandato professionale o della sua definizione per altre ragioni; in sostanza, poiché la determinazione del compenso non può prescindere da una valutazione globale dell’attività svolta, non è possibile ritenere dovuta la retribuzione del professionista prima del completamento della prestazione, al quale possono essere riconosciuti quindi solo anticipi sulle spese ed acconti sul compenso. E ciò in quanto l’adempimento dell’obbligazione a carico del professionista chiamato a rappresentare e difendere la parte in giudizio si realizza o con il compimento dell’ultimo atto nel processo, con riferimento a ciascun grado di giudizio, oppure con la cessazione dell’incarico. Del resto, a ben vedere, la considerazione del compenso come unitario corrispettivo di una prestazione professionale, valutata complessivamente, è il criterio che è stato seguito dalla Suprema Corte sia per la liquidazione di onorari maturati a conclusione di cause, nelle quali si sono succedute tariffe diverse [la tariffa applicata è stata quella vigente nel momento in cui si è esaurita la prestazione professionale [ex multis C. 3.8.2007, n. 17059], sia nella successione tra il sistema tariffario e quello regolamentare, oggi vigente, [sulla liquidazione dei compensi a seguito dell’abrogazione delle tariffe si veda la Corte di legittimità, a Sezioni Unite, sentenza del 12.10.2012, n. 17406 e la sentenza gemella n. 1705]. Con riferimento ai diversi gradi del giudizio una recente decisione della Corte ha però affermato che “Ai fini del privilegio generale sui beni mobili per i crediti riguardanti le retribuzioni dei professionisti ex art. 2751-bis, numero 2, del codice civile, dovute «per gli ultimi due anni di prestazione», la prestazione giudiziale dell’avvocato espletatasi in più gradi di giudizio deve essere suddivisa in autonomi incarichi corrispondenti ai singoli gradi dello stesso, con la conseguenza che il privilegio spetta esclusivamente per il credito riguardante i compensi relativi alle prestazioni per l’incarico specifico (nella specie, per il grado di appello) conclusosi nell’ultimo biennio del complessivo rapporto professionale [C. 2.3.2022, n. 6884].
11 In forza dell’art. 1, c. 474, l. n. 205/2017 (legge di bilancio) all’art. 2751-bis, n. 2), c.c., dopo le parole: «le retribuzioni dei professionisti» sono inserite le seguenti: «, compresi il contributo integrativo da versare alla rispettiva cassa di previdenza ed assistenza e il credito di rivalsa per l’imposta sul valore aggiunto» A seguito di tale novella il contributo integrativo e l’IVA mutano la loro natura assumendo a tutti gli effetti quella retributiva propria del credito, con conseguente estensione anche a tali accessori del privilegio generale ex art. 2751-bis, n. 2), c.c. La novità legislativa pone delle interessanti problematiche in sede fallimentare, con riferimento alle domande già esaminate, ai decreti di esecutività dello stato passivo resi esecutivi con l’ammissione al chirografo del contributo integrativo e dell’IVA. La giurisprudenza in passato, ha riconosciuto che i privilegi introdotti nel codice civile dagli artt. 15, c. 1, l. n. 426/1975; art. 1, c. 1, l. n. 44/1994; art. 66, c. 5, l. n. 153/1969 “possono essere esercitati, pure dopo l’approvazione dello stato passivo e fino a quando il riparto non sia divenuto definitivo, anche con le forme dell’insinuazione tardiva prevista dall’art. 101 l.fall.” fino al momento in cui diventa definitivo il piano di riparto [C. n. 235/1980; n. 79/1980]. Interpretazione, che ha trovato conferma anche nella ordinanza della C. Cost. n. 426/1983, perché nella richiamata novella era espressamente previsto che le nuove disposizioni trovassero applicazione anche nelle procedure fallimentari in corso. Analogo meccanismo retroattivo era contenuto del d.l. n. 98/2011 che ha modificato il comma 1 dell’art. 2752 c.c. Con sentenza n. 170 del 4.7.2013 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 23, c. 37, ultimo periodo, e c. 40, d.l. n. 98/2011, convertito, con modificazioni, dalla l. 15.7.2011, n. 111, il quale, disponendo l’applicazione retroattiva del nuovo testo dell’art. 2752, c. 1, c.c., ha esteso il privilegio ai crediti erariali derivanti dall’IRES e da sanzioni tributarie relative a determinate imposte dirette, superando così la preclusione “endoprocedimentale” che consegue alla formazione del cosiddetto giudicato fallimentare. Per la ragione che una tale disciplina «altera […] i rapporti tra i creditori, già accertati con provvedimento del giudice ormai consolidato dall’intervenuta preclusione processuale, favorendo le pretese economiche dello Stato a detrimento delle concorrenti aspettative delle parti private». E ciò in «assenza di adeguati motivi che giustifichino la retroattività della legge». Principi ribaditi con la sentenza n. 173 del 13.7.2017 la quale ha dichiarato incostituzionale l’art. 23, c. 39, ultimo periodo, d.l. 6.7.2011 n. 98, convertito in l. 15.7.2011, n. 111, il quale stabilisce che il privilegio sussidiario in favore dei crediti dello Stato per le imposte dirette (di cui al comma 1 dell’art. 2752 c.c.) trova applicazione anche per i crediti sorti anteriormente alla data di entrata in vigore del d.l. 6.7.2011 n. 98, per violazione dell’art. 117, c. 1, Cost., in relazione all’art. 6 C.e.d.u., e dell’art. 3 Cost. Nel caso della novella dell’art. 2751-bis c.c. in assenza di un’analoga previsione di retroattività e del ricordato arresto dei giudici delle leggi non vi sono dubbi sull’intangibilità delle decisioni già assunte in sede di accertamento del passivo reso esecutivo. Quanto ai crediti non ancora insinuati va ricordato che la giurisprudenza di legittimità ritiene che in generale le norme sui privilegi appartengono alla disciplina sostanziale di diritto civile in quanto attengono alla qualità di alcuni crediti, consistente nella loro prelazione rispetto ad altri, per cui trova applicazione, salvo espressa deroga normativa, il principio generale di cui all’art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile, secondo cui la legge non dispone che per l’avvenire e non ha effetto retroattivo [C. s.u. 20.3.2015, n. 5685]. Non di meno, l’opposto convincimento - secondo cui l’estensione del privilegio mobiliare in esame si applicherebbe (retroattivamente, quindi) anche ai crediti sorti prima della introduzione della norma censurata pur in mancanza di una norma di deroga - può dirsi plausibile, essendo fondato sul richiamo della giurisprudenza della Corte Costituzionale (sentenza n. 176/2017) che ha affermato che «il privilegio introdotto ex novo dal legislatore è destinato a ricevere immediata applicazione da parte del giudice procedente, anche con riguardo a crediti che - ancorché sorti anteriormente alla legge istitutiva di quel privilegio - vengano, comunque, fatti valere, in concorso con altri, in un momento successivo» (nello stesso senso, sentenze n. 170 del 2013 e n. 325 del 1983). Secondo una recente decisione della Corte l’art. 1, c. 474, l. 27.12.2017, n. 205, che ha modificato l’art. 2751-bis, n. 2, c.c., stabilendo che il privilegio generale mobiliare da quest’ultimo previsto per le «retribuzioni dei professionisti» spetta altresì per «il contributo integrativo da versare alla rispettiva cassa di previdenza ed assistenza e il credito di rivalsa per l’imposta sul valore aggiunto», ha determinato l’ampliamento del contenuto del privilegio dalla stessa originariamente previsto con norma di natura sostanziale che, conseguentemente, non è applicabile alle prestazioni rese prima della sua entrata in vigore, non rilevando dunque che il relativo credito sia stato azionato (mediante la proposizione di domanda di ammissione al passivo del fallimento) in data a questa successiva [C. 2.3.2022, n. 6906].
12 La Corte Costituzionale, con sentenza n. 1/2020, ha dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2751-bis, n. 2, c.c. sollevata dal Tribunale di Udine. La questione riguarda le modifiche apportate dall’art. 1, c. 464, l. n. 205/2017 (Legge di bilancio 2018), che ha esteso il privilegio generale previsto dalla norma processata anche al contributo integrativo da versare alla rispettiva cassa di previdenza ed assistenza e al credito di rivalsa per l’imposta sul valore aggiunto. A parere del giudice remittente tale modifica avrebbe introdotto una tutela differenziata valevole solo per i professionisti, con discriminazione di ogni altro prestatore d’opera, così violando l’art. 3 Cost. La Consulta, nel ritenere la questione non fondata, ha ricordato che, con la sentenza n. 1/1998, era stata già dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2751-bis c.c. limitatamente alla parola «intellettuale», così eliminando il trattamento differenziato che la formulazione originaria della norma poneva tra i prestatori d’opera a seconda che essa fosse intellettuale oppure no. Conseguentemente, l’innesto disposto dal legislatore del 2017, pur collocandosi testualmente fra i «professionisti» e «ogni altro prestatore d’opera», non può intendersi nel senso che il privilegio si estenda al credito di rivalsa solo dei primi, poiché tale distinzione, dopo la citata sentenza n. 1/1998, ha perso di significato. In particolare, la Corte Costituzionale osserva: «l’estensione del privilegio al credito di rivalsa Iva, operata dall’articolo 1, comma 474, della legge 205/2017, benché testualmente collocata a fianco della sola categoria dei “professionisti”, non può avere l’effetto - secondo l’interpretazione adeguatrice, costituzionalmente orientata al rispetto del principio di eguaglianza - di far rivivere, seppur al limitato effetto dell’estensione del privilegio, una tale distinzione, che sarebbe altrimenti ingiustificata e come tale illegittima». In conclusione, nonostante la questione di legittimità costituzionale sia stata formalmente respinta, deve ritenersi che dell’estensione del privilegio generale al credito per rivalsa Iva beneficino non soltanto i professionisti, ma anche ogni altro prestatore d’opera (intellettuale o meno).
13 Il credito del compenso in favore dell’amministratore o liquidatore di società non è assistito dal privilegio generale di cui all’art. 2751-bis, n. 2, c.c., atteso che l’amministratore o liquidatore non fornisce una prestazione d’opera intellettuale.
14 La categoria dei coltivatori diretti, ai crediti dei quali l’art. 2751-bis, n. 4, c.c. attribuisce il privilegio, va individuata avendosi riguardo alla coltivazione del fondo da parte del titolare con «prevalenza» del lavoro proprio e di persone della sua famiglia, ai sensi degli artt. 1647 e 2083 c.c., prevalenza individuabile in base al rapporto tra forza lavorativa totale occorrente per la lavorazione del fondo e forza-lavoro riferibile al titolare ed ai membri della sua famiglia, senza che rilevi il fatto che egli disponga o meno di mezzi meccanici. Ha natura chirografaria il credito del coltivatore diretto che abbia svolto l’attività con il lavoro proprio e della sua famiglia, con l’accessorietà e complementarietà del lavoro proprio e dell’allevamento del bestiame, ma che abbia compravenduto il bene prodotto, in quanto oggetto di commercializzazione e non come prodotto di allevamento accessorio e complementare alla coltivazione del fondo.
15 In tema di privilegio generale del credito per imposte dirette ex artt. 2752 e 2771 c.c., modificati a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 46/1999, la giurisprudenza anteriore alla modifica riteneva che il privilegio competesse anche se l’anno in cui veniva insinuato il credito fosse stato successivo a quello della dichiarazione di liquidazione giudiziale, purché i presupposti di imposta (produzione del reddito imponibile) si fossero verificati anteriormente all’inizio della procedura, e senza che rilevasse che l’iscrizione a ruolo fosse precedente o successiva alla dichiarazione di liquidazione giudiziale, o i periodi d’imposta cui i crediti tributari si riferivano. Per quanto riguarda l’IRAP, dopo alcune pronunzie di merito contrarie, la giurisprudenza di legittimità, seguita poi da quella di merito, ha affermato il principio per cui, nonostante l’imposta fosse stata istituita successivamente all’entrata in vigore del codice civile, ciò non di meno, pur in difetto di espressa menzione, doveva ritenersi ricompresa nella previsione dei “crediti per le imposte, tasse e tributi dei comuni e delle province previsti dalla legge per la finanza locale …”, di cui all’art. 2752, c. 1, c.c. dal momento che l’imposta regionale sulle attività produttive, introdotta nell’ordinamento successivamente all’istituzione delle regioni (inesistenti nel 1942) doveva ritenersi ricompresa nella previsione codicistica, sussistendo identità di causa del credito e, parimenti, essendo interesse generale quello di garantire la riscossione della provvista tributaria necessaria agli enti pubblici territoriali per l’assolvimento delle loro funzioni [C. 12.8.2016, n. 17087; C. 23.12.2015, n. 25932]. Quanto all’individuazione della tipologia di tributi cui l’ultimo comma dell’art. 2752 c.c. intende accordare il trattamento preferenziale, sia in giurisprudenza che in dottrina è oramai pacifica la tesi, per cui la disposizione originaria, risalente al 1942, va intesa come relativa non soltanto ai tributi specificamente menzionati, quanto a tutti i tributi degli enti pubblici territoriali; pertanto, è senz’altro legittima una lettura estensiva, sia in senso oggettivo (e quindi con riguardo a tributi sorti successivamente al t.u. sulla finanza locale, del 1931 e al codice civile, del 1942) [C. 5.4.2011, n. 7826; C. su 17.5.2010, n. 11930] sia in senso soggettivo (i.e. a tributi di enti costituiti in epoca posteriore; in concreto, le regioni). Il privilegio non assiste il credito per aggio, che, come è noto, costituisce il compenso spettante al concessionario esattore per l’attività svolta su incarico e mandato dell’ente impositore [C. 23.12.2015, n. 25932].
16 In ordine ai privilegi contemplati dagli artt. 2753 e 2754 c.c., la giurisprudenza, che interpreta in modo assai ampio il termine «datore di lavoro», riconosce il privilegio anche con riguardo a crediti contributivi afferenti alla posizione assicurativa di agenti e rappresentanti di commercio, nonché ai crediti dell’istituto previdenziale per contributi e accessori dovuti da imprenditori artigiani o commercianti o altri lavoratori autonomi che non abbiano regolarizzato la propria posizione contributiva, ivi compresa quella afferente ai contributi sociali di malattia, mentre restano al di fuori i contributi non versati dal datore di lavoro in relazione a rapporti di assicurazione privata. La tutela è accordata indipendentemente da chi sia il precettore purché la causa del versamento sia rapportabile ad un contributo dovuto per legge. La causa del credito in considerazione della quale la legge accorda il privilegio generale in esame va infatti individuata nell’interesse pubblico al reperimento ed alla conservazione delle fonti di finanziamento della previdenza sociale, fine non tutelato dagli enti privati, pur portatori di interessi collettivi, che gestiscono forme integrative di previdenza ed assistenza [C. 14.12.2015, n. 25173].
17 In ordine ai crediti per atti conservativi o di espropriazione, il privilegio contemplato dagli artt. 2755 e 2770 c.c. assiste le sole spese di giustizia fatte dal creditore procedente nell’interesse comune dei creditori, e non anche le spese di giustizia fatte dai creditori successivamente intervenuti. Relativamente alle spese, la chiara formulazione della norma esclude che il privilegio possa concernere sia le spese relative al giudizio di cognizione in cui lo stesso credito è stato accertato. Per la medesima ragione la giurisprudenza ha, da sempre, negato che il privilegio si estenda alle spese ed i diritti relativi all’atto di precetto. Le spese fatte per atti conservativi comprendono unicamente quelle sostenute dai creditori per atti di conservazione giuridica del bene, ossia per atti - quali l’azione surrogatoria o il sequestro conservativo - che, mirando ad impedire la sottrazione del bene alla garanzia dei creditori, siano valsi o risultino comunque preordinati a consentirne l’espropriazione [C. 15.6.2016, n. 12298]. La giurisprudenza ha chiarito che al creditore che abbia ottenuto nei confronti del debitore successivamente fallito un sequestro conservativo, va riconosciuto il privilegio speciale, di cui alla norma in esame, ancorché a questo non sia seguito il pignoramento [C. 5.12.2017, n. 29113]. Lo strumento del sequestro conservativo, difatti, garantisce, indipendentemente dal successivo pignoramento, la conservazione del bene. Tale medesima garanzia non si realizza, invece, nell’ipotesi in cui all’atto di precetto non sia seguita l’azione esecutiva o se la stessa abbia avuto esito negativo. Per tale ragione, al creditore per le spese propedeutiche al pignoramento quando non si sia successivamente proceduto all’azione esecutiva e anche quando il pignoramento sia stato negativo o abbia colpito beni già oggetto di altra procedura espropriativa non è attribuito il privilegio speciale di cui all’art 2755 c.c. La giurisprudenza di legittimità riconosce tale privilegio anche al creditore sitante per la dichiarazione di fallimento [C. 23.12.2016, n. 26949; C. 24.5.2000, n. 6787]. In particolare, secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità la dichiarazione di fallimento sarebbe equiparabile all’atto di pignoramento - come espressamente prevede l’art. 54, c. 3, l. fall.- appunto, ad un pignoramento generale, posto che dalla data della pronuncia il fallito viene privato dell’amministrazione e della disponibilità del suo patrimonio (art. 42 l. fall.), ed i creditori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive individuali su quel patrimonio (art. 51 l. fall.). Da ciò discenderebbe, secondo tale maggioritario orientamento, l’equiparazione, sotto questo profilo, dell’esecuzione individuale e del processo esecutivo concorsuale (caratterizzato da una complessità di fasi e procedimenti in sé anche di natura non esecutiva). Al creditore istante nella procedura esecutiva concorsuale spetta, dunque, il diritto alla ripetizione prelatizia delle spese sostenute per l’esercizio del mezzo consentitogli al fine di recuperare il proprio credito, che realizza il suo interesse, ma anche quello degli altri creditori, che si giovano della sottrazione dei beni alla disponibilità del debitore e della loro destinazione al soddisfacimento dei propri crediti in forza della dichiarazione di fallimento da lui (obbligatoriamente) richiesta. In altri termini, siccome il creditore istante tutela anche l’interesse (comune) degli altri creditori, risulta realizzata la condizione prevista dagli artt. 2755 e 2770 c.c. al fine del riconoscimento del privilegio speciale dei crediti per spese di giustizia, che l’art. 95 c.p.c. tiene fermo. Il collegamento tra privilegio speciale e beni determinati - che si ritiene costituisca imprescindibile presupposto di tale causa legittima di prelazione - viene in concreto realizzato con la sottoposizione ad espropriazione dell’intero patrimonio del fallito [C. 23.12.2016, n. 26949].
18 Il privilegio previsto dall’art. 2756 c.c. in relazione ai crediti per prestazioni e spese di conservazione e miglioramento si estingue se viene meno il rapporto materiale di detenzione dei beni.
19 In tema di credito IVA ex art. 2758 c.c., il privilegio spetta soltanto se è acquisito alla massa il bene (o il servizio) cui l’imposta inerisce; tale principio si applica anche al privilegio per la rivalsa IVA del professionista, ancorché il creditore possa emettere la fattura dopo l’apertura della liquidazione giudiziale. Il privilegio inerente a crediti per le imposte sui redditi di cui all’art. 2759 c.c. è limitato ai due anni più recenti tra quelli in cui è sorto il credito tributario e che necessariamente debbono precedere il pignoramento, da chiunque sia stata promossa l’esecuzione individuale, o l’inizio dell’esecuzione collettiva.
20 Per quanto attiene al privilegio del locatore ex art. 2764 c.c., questo spetta per i canoni di locazione e per il risarcimento del danno conseguente ex art. 1591 c.c., non per gli oneri accessori, fra i quali le spese condominiali. Cfr. [F583]. L’art. 2764 c.c. garantisce i crediti del locatore di immobile verso il conduttore e quelli del locatore di fondi rustici verso l’affittuario, con sicura esclusione dei crediti connessi alla locazione di beni mobili e di quelli derivanti dall’affitto di azienda, difatti, il privilegio che assiste i crediti derivanti al locatore dal contratto di locazione d’immobili, in quanto nasce da norma che, al pari di ogni altra istitutiva di privilegio, deve ritenersi di carattere eccezionale e perciò di stretta interpretazione, non può essere esteso al canone del contratto di affitto di azienda, ancorché fra gli elementi di questa siano compresi beni immobili. Ai sensi del comma 3 dell’art. 2764 c.c. gode del privilegio, altresì, ogni altro credito dipendente da inadempimento del contratto. La Suprema Corte ha chiarito che spetta il privilegio in esame anche al credito per indennità di occupazione, in quanto rinviene la sua ratio nella natura contrattuale della responsabilità del conduttore per il ritardo nella riconsegna della cosa locata, la quale, traendo origine dall’inadempimento dell’obbligo di restituire la cosa stessa alla scadenza del rapporto di locazione, consente di estendere lo speciale privilegio previsto dall’art. 2764, c. 3, c. c., anche al credito del locatore avente ad oggetto il risarcimento del danno provocato dal predetto ritardo [C. 19.10.2017, n. 24683].
21 Una volta depositati in cancelleria i titoli di credito a fondamento della domanda, è consentito al creditore chiederne il ritiro, previa annotazione dell’avvenuta domanda di ammissione al passivo. Cfr. [F585].
B) Frmule
B)FrmuleTRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………
Sezione concorsuale
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LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE ………
Sentenza n………. del ………
G.D.: dr……….
Curatore: ………
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DOMANDA DI AMMISSIONE AL PASSIVO DELLA LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE
***
La ………, in persona del legale rappresentante, con sede in ………, [eventualmente: rappresentata e difesa dall’avv. ……… per procura a margine del presente atto], elettivamente domiciliata in ………, via ……… n………., tel……….; fax ………, Posta Elettronica Certificata - PEC ………
PREMESSO
- di essere creditrice nei confronti della società, a titolo di
- [inserire il titolo da cui il credito si assume derivare],
- dei seguenti importi:
• euro ……… in linea capitale;
• euro ……… per interessi dalla scadenza del credito alla data della dichiarazione di liquidazione giudiziale,
CHIEDE
di essere ammessa al passivo della liquidazione giudiziale in oggetto, in via chirografaria, per l’importo complessivo di euro ………
ICHIARA
sotto la propria responsabilità che le copie dei documenti inviati a mezzo PEC e indicati nell’elenco redatto SONO CONFORMI ALL’ORIGINALE
Con osservanza.
Luogo, data ………
Firma ………
Si producono: [elencare i documenti che si allegano all’istanza]
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LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE ………
Sentenza n………. del ………
G.D.: dr……….
Curatore: ………
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DOMANDA DI AMMISSIONE AL PASSIVO DELLA LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE
***
La ………, in persona del legale rappresentante, con sede in ………, [eventualmente: rappresentata e difesa dall’avv. ……… per procura a margine del presente atto], elettivamente domiciliata in ………, via ……… n………., tel……….; fax ………, Posta Elettronica Certificata - PEC ………
PREMESSO
- di essere creditrice nei confronti della società, a titolo di
- [inserire il titolo da cui il credito si assume derivare],
- in via privilegiata dei seguenti importi:
• euro ……… in linea capitale;
• euro ……… per interessi dalla scadenza del credito alla data della dichiarazione di liquidazione giudiziale, oltre agli interessi successivi nella misura legale, ai sensi dell’art. 153 CCII;
- che il titolo di prelazione suindicato compete perché [indicare le ragioni per le quali si assume che il credito vantato sia assistito dal privilegio];
- di essere altresì creditrice nei confronti della società sottoposta a liquidazione giudiziale, a titolo di [inserire il titolo da cui il credito si assume derivare], in via privilegiata dei seguenti importi:
• euro ……… in linea capitale;
• euro ……… per interessi dalla scadenza del credito alla data della dichiarazione di liquidazione giudiziale, oltre agli interessi successivi nella misura legale, ai sensi dell’art. 153 CCII;
- che il titolo di prelazione suindicato compete perché [indicare le ragioni per le quali si assume che il credito vantato sia assistito dal privilegio];
[in presenza contemporaneamente di crediti privilegiati e chirografari è necessario ripetere i punti precedenti indicando distintamente i diritti di prelazione e i rispettivi importi in linea capitale e per interessi]
CHIEDE
di essere ammessa al passivo del liquidazione giudiziale in oggetto, in via privilegiata ai sensi dell’art………. e dell’art. 2749 c.c. per complessivi euro ………, in via privilegiata, ai sensi dell’art………. e dell’art. 2749 c.c., per complessivi euro ………, oltre interessi dalla scadenza del credito alla data della dichiarazione di liquidazione giudiziale, oltre agli interessi successivi nella misura legale fino alla data del deposito del progetto di riparto nel quale il credito sarà soddisfatto anche se parzialmente, con il medesimo privilegio [e in via chirografaria, per l’importo complessive di euro ………].
ICHIARA
sotto la propria responsabilità che le copie dei documenti inviati a mezzo PEC e indicati nell’elenco redatto SONO CONFORMI ALL’ORIGINALE
Con osservanza
Luogo, data ………
Firma ………
Si producono: [elencare i documenti che si allegano all’istanza]
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LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE ………
Sentenza n………. del ………
G.D.: dr……….
Curatore: ………
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DOMANDA DI AMMISSIONE AL PASSIVO DEL LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE
***
La ………, in persona del legale rappresentante, con sede in ………, [eventualmente: rappresentata e difesa dall’avv. ……… per procura a margine del presente atto], elettivamente domiciliata in ………, via ……… n………., tel……….; fax ………, Posta Elettronica Certificata - PEC ………
PREMESSO
di essere creditrice dei seguenti importi nei confronti della società in liquidazione giudiziale per
[inserire il titolo da cui il credito si assume derivare];
che l’obbligazione è sorta dopo la liquidazione giudiziale per la continuazione dell’esercizio dell’impresa ed è quindi imputabile alla massa dei creditori, che è sorta contestazione sull’ammontare del credito e sulla spettanza del criterio di preferenza di cui all’art. 6 CCII;
che il credito va determinato in
- euro ………, in linea capitale, in via [specificare se il credito è assistito o meno da privilegio, e indicare la norma che eventualmente lo attribuisce];
- euro ……… per interessi legali dalla scadenza del credito alla data odierna;
CHIEDE
di essere ammessa al passivo della liquidazione giudiziale in oggetto in prededuzione [specificare se chirografaria o privilegiata] per complessivi euro ………, oltre interessi legali dalla data della presente istanza al saldo, sempre in prededuzione.
ICHIARA
sotto la propria responsabilità che le copie dei documenti inviati a mezzo PEC e indicati nell’elenco redatto SONO CONFORMI ALL’ORIGINALE
Con osservanza
Luogo, data ………
Firma ………
Si producono: [elencare i documenti che si allegano all’istanza]
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Curatore: ………
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DOMANDA DI AMMISSIONE AL PASSIVO DELLA LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE
***
Il Sig………., residente in ………, via ………, [eventualmente: rappresentata e difesa dall’avv. ……… per procura a margine del presente atto], elettivamente domiciliato
in ………, via ……… n………., tel……….; fax ………, Posta Elettronica Certificata - PEC ………
PREMESSO
- di aver prestato attività lavorativa alle dipendenze della società………, in qualità di ………, dal ……… al ………;
- di essere rimasto creditore della medesima società, a tale titolo, per l’importo di euro ………, dei quali euro ……… per retribuzioni arretrate [indicare le mensilità non retribuite], euro ……… per lavoro straordinario, euro ……… per ferie non godute, euro ……… per indennità di preavviso ed euro ……… per trattamento di fine rapporto;
CHIEDE
di essere ammesso al passivo della liquidazione giudiziale in oggetto, in via privilegiata ex art. 2751-bis, n. 1, c.c., per l’importo di euro ………, oltre rivalutazione monetaria fino alla data del decreto che dichiara esecutivo lo stato passivo e oltre interessi sulla somma così rivalutata fino alla data del deposito del progetto di riparto nel quale il credito sarà soddisfatto anche se parzialmente, con il medesimo privilegio.
ICHIARA
sotto la propria responsabilità che le copie dei documenti inviati a mezzo PEC e indicati nell’elenco redatto SONO CONFORMI ALL’ORIGINALE
Con osservanza
Luogo, data ………
Firma ………
Si producono: [elencare i documenti che si allegano all’istanza]
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Sentenza n………. del ………
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Curatore: ………
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DOMANDA DI AMMISSIONE AL PASSIVO DELLA LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE
***
l’impresa ………, con sede in ………, via ………, [eventualmente: rappresentata e difesa dall’avv. ……… per procura a margine del presente atto], elettivamente domiciliata
in ………, via ……… n………., tel……….; fax ………, Posta Elettronica Certificata - PEC ………
PREMESSO
- di essere creditrice della società per forniture eseguite in suo favore, dell’importo di euro ………, di cui euro ……… per capitale ed euro ……… per I.V.A., come risulta dalle fatture n………. [indicare le fatture] allegate alla presente istanza;
- di possedere la qualità di imprenditore artigiano, come attestano il certificato di iscrizione all’Albo delle Imprese Artigiane essendo il credito insorto dopo la modifica dell’art. 2751-bis, c. 1, n. 5, c.c. che ora conferisce la causa di prelazione al soggetto artigiano così “definito” in base alle leggi vigenti di settore;
- dovendosi fare applicazione della I. n. 443/1985, ai fini della qualificazione dell’impresa come artigiana, va richiamato quanto previsto dall’art. 3, c. 2, con riferimento alle società: e cioè che è artigiana l’impresa che, nei limiti dimensionali e con gli scopi previsti dalla legge è costituita in forma di società (con l’esclusione della società per azioni e in accomandita per azioni), a condizione che la maggioranza dei soci, ovvero uno, nel caso di due soci, svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo e che nell’impresa il lavoro abbia funzione preminente sul capitale;
- tali elementi ricorrono nel caso di specie in quanto ………
CHIEDE
di essere ammessa al passivo del liquidazione giudiziale in oggetto, in via privilegiata ex artt. 2751-bis, n. 5 e 2749 c.c., per l’importo di euro ………, dei quali euro ……… per capitale ed euro ……… per interessi maturati fino alla data del liquidazione giudiziale, e in via privilegiata ex art. 2758 c.c. sui beni oggetto delle forniture per l’importo di euro ……… per I.V.A. di rivalsa versata dall’istante, oltre interessi successivi alla dichiarazione di liquidazione giudiziale sino, rispettivamente, alla data del deposito del progetto di riparto nel quale il credito sarà soddisfatto anche se parzialmente e alla vendita del bene gravato, con il medesimo privilegio.
ICHIARA
sotto la propria responsabilità che le copie dei documenti inviati a mezzo PEC e indicati nell’elenco redatto SONO CONFORMI ALL’ORIGINALE
Con osservanza
Luogo, data ………
Firma ………
Si producono: [elencare i documenti che si allegano all’istanza]
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Sentenza n………. del ………
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Curatore: ………
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DOMANDA DI AMMISSIONE AL PASSIVO DELLA LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE
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La società Cooperativa ……… a r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, con sede in ………, via ………, [eventualmente: rappresentata e difesa dall’avv. ……… per procura a margine del presente atto], elettivamente domiciliata in ………, via ……… n………., tel……….; fax ………, Posta Elettronica Certificata - PEC ………
PREMESSO
- di aver eseguito in favore della società prestazioni di ……… [indicare le prestazioni e le forniture eseguite], come risulta dalle fatture n………. [indicare le fatture] che si allegano alla presente istanza;
- di essere a tutt’oggi creditrice, a tale titolo, dell’importo di euro ……… non avendo la debitrice provveduto ai dovuti pagamenti;
- di possedere tutte le caratteristiche cui è subordinato il riconoscimento del privilegio ex art. 2751-bis, n. 5, c.c., dal momento che:
a) la società è iscritta nel competente Registro prefettizio, come da attestato che si produce;
b) la società ha fine mutualistico, secondo quanto dispone l’art………. dello Statuto che si produce;
c) dall’estratto del libro soci e dalle denunce mensili di versamenti contributivi all’INPS, che si producono, risulta che la massima parte delle persone occupate presso di sé era rappresentata, nel periodo di esecuzione dei servizi e delle forniture in questione, da soci;
d) dalla dichiarazione IVA e dal bilancio consuntivo di tale periodo si ricava che i costi sostenuti dalla società per compensare l’apporto personale dei soci è largamente superiore a quelli per compensare non soci;
CHIEDE
di essere ammessa al passivo del liquidazione giudiziale in oggetto, in via privilegiata ex artt. 2751-bis, n. 5 e 2749 c.c., per il complessivo importo di euro ………, dei quali euro ……… per capitale ed euro ……… per interessi maturati fino alla dichiarazione di liquidazione giudiziale, [eventualmente, in caso di credito per forniture: ed in via privilegiata ex art. 2758 c.c., sui beni oggetto delle forniture, per l’importo di euro ………, pari all’I.V.A. di rivalsa versata dalla istante], oltre interessi successivi alla dichiarazione di liquidazione giudiziale nella misura legale fino alla data del deposito del progetto di riparto nel quale il credito sarà soddisfatto anche se parzialmente [eventualmente, in caso di credito per forniture: e fino alla vendita del bene gravato], con il medesimo privilegio.
ICHIARA
sotto la propria responsabilità che le copie dei documenti inviati a mezzo PEC e indicati nell’elenco redatto SONO CONFORMI ALL’ORIGINALE
Con osservanza
Luogo, data ………
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Si producono: [elencare i documenti che si allegano all’istanza]
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LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE ………
Sentenza n………. del ………
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DOMANDA DI AMMISSIONE AL PASSIVO DEL LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE
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Il sig………., residente in ………, via ………, [eventualmente: rappresentata e difesa dall’avv. ……… per procura a margine del presente atto], elettivamente domiciliato in ………, via ……… n………., tel……….; fax ………, Posta Elettronica Certificata - PEC ………
PREMESSO
- di aver svolto in favore della società attività di agente di commercio dal ……… al ………;
- di essere regolarmente iscritto alla Camera di Commercio nell’albo degli agenti e rappresentanti, come da certificato allegato alla presente istanza;
- di non avere ottenuto il pagamento delle fatture n………. [indicare le fatture] allegate alla presente istanza;
- [di essere creditore della società sottoposta a liquidazione giudiziale, oltre che dell’importo portato dalle fatture, dell’indennità per lo scioglimento del rapporto, atteso che ………;
- che tale indennità, calcolata, ai sensi dell’art. 1751 c.c., sulla base della media delle retribuzioni riscosse negli ultimi ……… anni, è pari a euro ………;
- di essere creditore della indennità suppletiva di clientela a causa del recesso intimato dal preponente ………]
CHIEDE
di essere ammesso al passivo della liquidazione giudiziale in oggetto, in via privilegiata ex artt. 2751-bis, n. 3 e 2749 c.c., per il complessivo importo di euro ………, dei quali euro ……… per capitale e interessi maturati fino alla dichiarazione di liquidazione giudiziale a titolo di retribuzioni ed euro ……… per capitale e interessi fino alla dichiarazione di liquidazione giudiziale a titolo di indennità, oltre agli interessi successivi nella misura legale fino alla data del deposito del progetto di riparto nel quale il credito sarà soddisfatto anche se parzialmente, con il medesimo privilegio nonché, in via chirografaria, per l’importo dell’I.V.A. di rivalsa versata sulle fatture, pari a euro ………
ICHIARA
sotto la propria responsabilità che le copie dei documenti inviati a mezzo PEC e indicati nell’elenco redatto SONO CONFORMI ALL’ORIGINALE
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Sentenza n………. del ………
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DOMANDA DI AMMISSIONE AL PASSIVO DEL LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE
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Il Sig………., residente in ………, via ………, [eventualmente: rappresentata e difesa dall’avv. ……… per procura a margine del presente atto], elettivamente domiciliato in ………, via ……… n………., tel……….; fax ………, Posta Elettronica Certificata - PEC ………
PREMESSO
- di aver prestato attività di ……… in favore della società, come risulta dalla documentazione allegata al presente ricorso;
- di aver maturato, per l’attività svolta, un compenso di euro ………, come risulta dalle fatture n………. [indicare le fatture] che si allegano alla presente istanza, tutte riferite all’ultimo biennio dell’attività, oltre a euro ……… per interessi maturati fino alla data della dichiarazione di liquidazione giudiziale,
CHIEDE
di essere ammesso al passivo del liquidazione giudiziale in oggetto, in via privilegiata ex artt. 2751-bis, n. 2 e 2749 c.c., per complessivi euro ………, dei quali euro ……… per capitale ed euro ……… per interessi maturati fino alla dichiarazione di liquidazione giudiziale, oltre agli interessi successivi nella misura legale fino alla data del deposito del progetto di riparto nel quale il credito sarà soddisfatto anche se parzialmente, con il medesimo privilegio, nonché in via chirografaria per l’I.V.A. versata pari a euro ………
ICHIARA
sotto la propria responsabilità che le copie dei documenti inviati a mezzo PEC e indicati nell’elenco redatto SONO CONFORMI ALL’ORIGINALE
Con osservanza
Luogo, data ………
Firma ………
Si producono: [elencare i documenti che si allegano all’istanza]
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………
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LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE ………
Sentenza n………. del ………
G.D.: dr……….
Curatore: ………
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DOMANDA DI AMMISSIONE AL PASSIVO DELLA LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE
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L’avv………., residente in ………, via ………, [eventualmente: rappresentata e difesa dall’avv. ……… per procura a margine del presente atto], elettivamente domiciliata in ………, via ……… n………., tel……….; fax ………, Posta Elettronica Certificata - PEC ………
PREMESSO
- di aver prestato attività legale nell’ambito della ……… [indicare l’oggetto del mandato professionale] in favore della società, come risulta dalla documentazione allegata al presente ricorso;
- di aver emesso la notula n………. [ovvero: di avere emesso progetto di notula] del ……… che evidenzia, per l’attività svolta, un compenso di euro ……… per compensi professionali, di euro ……… per spese, oltre alla Cassa di Previdenza di euro ……… e all’I.V.A. di euro ……… [nel caso di emissione del progetto di notula successivamente alla dichiarazione di liquidazione giudiziale, il professionista dovrà anche esporre la ritenuta d’acconto];
- che quanto ai compensi professionali di euro ………, relativi a prestazioni professionali riferite all’ultimo biennio di attività, oltre alla Cassa di Previdenza e all’I.V.A. compete il privilegio ex art. 2751-bis, n. 2, c.c., oltre agli interessi maturati fino data del deposito del progetto di riparto nel quale il credito sarà soddisfatto anche se parzialmente;
- che quanto, alle spese ed alle prestazioni anteriori al biennio, come individuato al punto precedente, il credito va qualificato come chirografario;
CHIEDE
di essere ammesso al passivo del liquidazione giudiziale in oggetto, in via privilegiata ex artt. 2751-bis, n. 2 e 2749 c.c., per complessivi euro ………, oltre interessi sino alla data della dichiarazione di liquidazione giudiziale, oltre alla Cassa di Previdenza e all’I.V.A. oltre agli interessi successivi nella misura legale fino alla data del deposito del progetto di riparto nel quale il credito sarà soddisfatto anche se parzialmente, con il medesimo privilegio, nonché in via chirografaria per complessivi euro ……… per spese e compensi relativi a prestazioni anteriori al biennio
ICHIARA
sotto la propria responsabilità che le copie dei documenti inviati a mezzo PEC e indicati nell’elenco redatto SONO CONFORMI ALL’ORIGINALE
Con osservanza
Luogo, data ………
Firma ………
Si producono: [elencare i documenti che si allegano all’istanza]
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………
Sezione concorsuale
***
LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE ………
Sentenza n………. del ………
G.D.: dr……….
Curatore: ………
***
DOMANDA DI AMMISSIONE AL PASSIVO DEL LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE
***
Il sig………., residente in ………, via ………, [eventualmente: rappresentata e difesa dall’avv. ……… per procura a margine del presente atto], elettivamente domiciliata in ………, via ……… n………., tel……….; fax ………, Posta Elettronica Certificata - PEC ………
PREMESSO
- di essere creditore nei confronti della società a titolo di canoni di locazione scaduti per il periodo ……… [indicare il periodo contrattuale scaduto o le rate scadute prima della dichiarazione di liquidazione giudiziale non onorate] in forza di contratto di locazione datato ……… e registrato il ……… all’Ufficio del Registro di ………, che si allega in copia alla presente, sul bene di proprietà ……… [indicare il bene locato];
- che il credito complessivamente vantato ammonta a euro ……… ed è così composto:
quanto a euro ……… in via privilegiata ex art. 2764 c.c., per i canoni di locazione scaduti e non onorati relativi al periodo dal ……… al ………;
quanto a euro ……… in via privilegiata ex artt. 1591 e 2764 c.c. per il risarcimento del danno derivato dalla ritardata restituzione del bene locato, così determinato ……… [indicare il danno come determinato dal contratto di locazione o fornire la prova del mancato guadagno];
quanto a euro ……… in via chirografaria per ……… [indicare gli oneri accessori quali ad esempio le spese condominiali], come risulta dalla documentazione allegata al presente ricorso;
- che il privilegio compete in quanto fra i beni inventariati sono compresi anche quelli rinvenuti nei locali oggetto del contratto di locazione come si ricava da ………
CHIEDE
di essere ammesso al passivo della liquidazione giudiziale in oggetto in via privilegiata ex artt. 2764 e 1591 c.c., per complessivi euro ………, oltre interessi legali
dalla dichiarazione di liquidazione giudiziale fino alla data di vendita dei beni, con il medesimo privilegio, e in via chirografaria per euro ………
ICHIARA
sotto la propria responsabilità che le copie dei documenti inviati a mezzo PEC e indicati nell’elenco redatto SONO CONFORMI ALL’ORIGINALE
Con osservanza
Luogo, data ………
Firma ………
Si producono: [elencare i documenti che si allegano all’istanza]
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………
Sezione concorsuale
***
LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE………
GIUDICE DELEGATO ………
CURATORE ………
***
DOMANDA DI AMMISSIONE AL PASSIVO DI CREDITO IPOTECARIO
***
La ………, in persona del legale rappresentante, con sede in ………, [eventualmente: rappresentata e difesa dall’avv. ……… per procura a margine del presente atto], elettivamente domiciliata in ………, via ……… n………., tel……….; fax ………, Posta Elettronica Certificata - PEC ………
PREMESSO
1] di essere creditore nei confronti della società Alfa in forza di ……… [indicare il titolo] per i seguenti importi: ………;
2] che la società assoggettata a liquidazione giudiziale ha rilasciato ipoteca a garanzia della restituzione di tale debito;
3] che il debitore società Alfa non ha adempiuto alla propria obbligazione;
4] che l’ammontare del credito per il quale si intende partecipare al riparto è pari a:
- euro ………, in via ipotecaria, in virtù dell’iscrizione effettuata in data ……… presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari di ………, ai nn………. reg. gen. e ………
reg. part., in linea capitale, relativa all’immobile sito in ……… descritto al ………bene compreso nella procedura di liquidazione giudiziale;
- euro ………, in via ipotecaria, per interessi convenzionali maturati nei due anni anteriori e nell’anno in corso alla data della dichiarazione di liquidazione giudiziale, ai sensi dell’art. 2855 c.c.;
- euro ………, in via chirografaria, per interessi convenzionali maturati anteriormente al triennio previsto dall’art. 2855 c.c.;
5] di essere inoltre creditrice in via ipotecaria ai sensi dell’art. 2855, c. 3, c.c., per gli interessi nella misura legale sulla somma capitale che matureranno dopo il compimento dell’annata in corso alla data della dichiarazione di liquidazione giudiziale e fino alla data della vendita dell’immobile gravato e più precisamente sino alla data di deposito del decreto di trasferimento;
6] con esclusione della partecipazione al concorso per la parte che non trova capienza sul bene gravato da ipoteca;
CHIEDE
Di accertare il credito allo scopo di partecipare al riparto delle somme ricavate dalla liquidazione del bene compreso nella liquidazione giudiziale ed ipotecato a garanzia:
per complessivi euro ……… in via ipotecaria e per euro ……… in via chirografaria, oltre agli interessi successivi sulla somma capitale nella misura legale sino alla data di deposito del decreto di trasferimento dell’immobile gravato, sempre in via ipotecaria.
Si allegano:
1] copia del contratto ……… in data ………;
2] copia nota iscrizione ipotecaria;
3] conteggio degli interessi maturati nel triennio di legge;
4] conteggio degli interessi maturati anteriormente al triennio di legge.
ICHIARA
sotto la propria responsabilità che le copie dei documenti inviati a mezzo PEC e indicati nell’elenco redatto SONO CONFORMI ALL’ORIGINALE.
Luogo, data ………
Firma ………
Istanza: n……….
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………
Sezione concorsuale
***
LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE ………
Sentenza n………. del ………
G.D.: dr……….
Curatore: ………
***
ISTANZA PER IL RITIRO DI TITOLI DI CREDITO ALLEGATI ALLA DOMANDA DI AMMISSIONE AL PASSIVO
***
Ill.mo Signor Giudice Delegato,
Il Sig………., residente in ………, via ………, [eventualmente: rappresentata e difesa dall’avv. ……… per procura a margine del presente atto], elettivamente domiciliata in ………, via ……… n………., tel……….; fax ………, Posta Elettronica Certificata - PEC ………
PREMESSO
- di aver presentato in data ……… domanda di ammissione al passivo della liquidazione giudiziale in oggetto, per fare valere un credito portato dai seguenti titoli di credito ………;
- di avere depositato in pari data in cancelleria l’originale dei titoli di credito, come previsto dalla legge;
- di avere ora interesse a ottenerne la restituzione, dovendosi procedere all’escussione di terzi obbligati;
tutto ciò premesso, il sottoscritto ………,
CHIEDE
che la S.V. Ill.ma voglia ordinare al Cancelliere, ai sensi dell’art. 209, c. 9, CCII di prendere copia dei titoli depositati, autorizzandone il ritiro da parte dell’istante con l’annotazione dell’avvenuta domanda di ammissione al passivo.
Con osservanza
Luogo, data ………
Firma ………
C) Giurisprudenza:
C)Giurisprudenza:I. La domanda
I.La domanda1 Il termine perentorio per la presentazione delle domande di insinuazione al passivo fallimentare, sancito dagli artt. 16, c. 1, n. 5, e 93, c. 1, l. fall., è soggetto alla sospensione feriale, sulla base delle indicazioni desumibili dagli art. 92, r.d. n. 12/1941 e 36-bis l. fall., in quanto si tratta di termine processuale, entro il quale il giudizio deve necessariamente essere proposto, non essendo concessa altra forma di tutela del diritto. La soggezione alla sospensione feriale concerne anche il termine perentorio di fissazione dell’adunanza per l’esame dello stato passivo, stabilito dall’art. 16, c. 1, n. 4, l. fall., in quanto l’applicazione della regola della sospensione al solo termine di presentazione delle domande di insinuazione, che si calcola a ritroso rispetto all’adunanza (e con sospensione nel periodo feriale di 46 giorni), potrebbe pregiudicare il diritto di azione dei creditori, impedendo loro di usufruire di un tempo adeguato ad approntare la domanda (lasciato al prudente apprezzamento del giudice, nei predetti casi di automatica riduzione per il periodo feriale). A sua volta l’udienza, per errore fissata in anticipo dal tribunale, dovrà essere differita automaticamente per il numero dei giorni intercorsi tra la dichiarazione di liquidazione giudiziale e la data fissata [C. 24.7.2012, n. 12960].
2 Se l’attività di riscossione, ed eventualmente di esecuzione, viene iniziata e svolta prima della dichiarazione di fallimento, sia pure con la sola notifica della cartella di pagamento, all’esattore competa l’aggio di cui all’art. 17, d.lgs. n. 112/1999. Nel caso, invece, in cui l’attività di esazione abbia avuto inizio dopo la dichiarazione di fallimento, l’aggio che compete per lo svolgimento di detta attività non riveste natura concorsuale in virtù del principio generale della cristallizzazione operata dalla dichiarazione di fallimento sulla situazione del passivo dell’imprenditore, che comporta che i diritti i cui elementi costitutivi non si siano integralmente realizzati anteriormente alla detta dichiarazione, trattandosi di crediti non ancora sorti, sono estranei alla procedura concorsuale ed ad essa in opponibili [C. 15.3.2013, n. 6646].
3 In caso di dichiarazione di fallimento del contribuente mentre è in corso il giudizio tributario relativo all’impugnazione di un avviso di accertamento, qualora tale evento interruttivo non sia stato dichiarato nel corso del processo, tanto che quest’ultimo sia proseguito fra le parti originarie, l’Amministrazione finanziaria può richiedere l’ammissione al passivo fallimentare del credito tributario sulla base del solo ruolo, senza potersi tuttavia, avvalere del giudicato, in quanto la sentenza emessa non è nulla né “inutiliter data”, potendo produrre i suoi effetti nei confronti del fallito che abbia riacquistato la sua capacità, ma è da considerarsi inopponibile alla procedura fallimentare [C. 10.12.2010, n. 24963].
4 I crediti iscritti a ruolo ed azionati da società concessionarie per la riscossione seguono, nel caso di avvenuta dichiarazione di fallimento del debitore, l’iter procedurale prescritto per gli altri crediti concorsuali dagli artt. 92 ss., r.d. 16.3.1942, n. 267, legittimandosi la domanda di ammissione al passivo sulla base del solo ruolo, senza che occorra la previa notifica della cartella esattoriale al curatore fallimentare. Ne consegue che, in caso di accoglimento dell’opposizione all’azione esecutiva individuale esperita secondo la disciplina della riscossione a mezzo ruolo, deve essere annullata la sola cartella esattoriale opposta e non anche il ruolo, per consentire l’insinuazione nella procedura concorsuale [C. 14.3.2013, n. 6520].
5 In materia di insinuazione al passivo di crediti derivanti da un unico rapporto di lavoro subordinato, il principio di infrazionabilità del credito determina l’inammissibilità della domanda frazionata solamente nel caso in cui il rapporto si sia concluso, con conseguente definizione delle rispettive posizioni di debito e credito, ed il creditore abbia dichiarato, nonostante l’unitaria contezza delle proprie spettanze, di voler agire soltanto per una parte di esse, dovendosi, per contro, ritenere ammissibili una pluralità di domande, ove il creditore non abbia effettuato, senza essere in colpa, una considerazione unitaria di distinte voci di credito, ciascuna con autonomi elementi costitutivi, sia pure nella cornice di un unitario rapporto, restando esclusa, in tal caso, una connotazione di abusività della condotta [C. 17.4.2013, n. 9317].
6 Il mancato rispetto della forma telematica di trasmissione del ricorso determina la improcedibilità del ricorso, fatti salvi gli effetti della sanatoria dell’atto per raggiungimento dello scopo, ai sensi dell’art. 156, c. 3, c.p.c., qualora la domanda sia comunque pervenuta al curatore, sia stata da questi inserita nel progetto di stato passivo, completa della documentazione allegata, e sia stata esaminata, nel contraddittorio di rito con tutti i creditori e terzi interessati, all’udienza di discussione dello stato passivo. In caso di inottemperanza del curatore agli obblighi di comunicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata - come prescritti dall’art. 92, c. 1, n. 4), l. fall., ovvero dall’art. 17, l. n. 221/2012 - la domanda depositata dal creditore in cancelleria, ai sensi dell’art. 16, c. 1, n. 5), l. fall., non può essere dichiarata irricevibile, a meno che la parte interessata dimostri - senza che sia possibile il ricorso alla scienza privata del giudice la conoscenza o conoscibilità dell’indirizzo di posta elettronica certificata del curatore, che abbia assolto l’obbligo imposto dall’art. 17, c. 2-bis, l. n. 221/2012 (come modificato dall’art. 1, c. 19, l. n. 228/2012, in vigore dal 1.1.2013) di comunicare al Registro delle Imprese, entro dieci giorni dalla nomina, il proprio indirizzo di posta elettronica certificata [C. 12.11.2019, n. 29258].
7 In tema di insinuazione al passivo fallimentare, è inammissibile la domanda proposta dal creditore volta ad ottenere il mero accertamento di un credito da portare poi in compensazione con un diverso credito vantato dalla procedura nei suoi confronti, poiché la domanda di ammissione al passivo, tipicamente descritta dall’art. 93 l. fall., implica una richiesta di accertamento non solo dell’esistenza del credito dell’istante ma anche dell’idoneità concorsuale del medesimo, intesa quale attitudine a beneficiare del soddisfacimento concorsuale cui la procedura è volta [C. 11.11.2021, n. 33475].
8 In tema di ammissione al passivo fallimentare, nell’insinuare il credito derivante da saldo negativo di conto corrente, la banca ha l’onere di dare conto dell’intera evoluzione del rapporto tramite il deposito degli estratti conto integrali; il curatore, eseguite le verifiche di sua competenza, ha l’onere di sollevare specifiche contestazioni in relazione a determinate poste, in presenza delle quali la banca ha, a sua volta, l’onere ulteriore di integrare la documentazione, o comunque della prova del credito avuto riguardo alle contestazioni in parola; il giudice delegato o, in sede di opposizione, il tribunale, in mancanza di contestazioni del curatore, è tenuto a prendere atto dell’evoluzione storica del rapporto come rappresentata negli estratti conto, pur conservando il potere di rilevare d’ufficio ogni eccezione non rimessa alle sole parti che si fondi sui fatti in tal modo acquisiti al giudizio [C. 27.2.2020, n. 5319].
9 Le copie delle buste paga rilasciate al lavoratore dal datore di lavoro, ove munite dei requisiti previsti dalla l. n. 4/1953, art. 1, c. 2 (vale a dire, alternativamente, della firma, della sigla o del timbro di quest’ultimo), hanno piena efficacia probatoria del credito che il dipendente intenda insinuare al passivo della procedura fallimentare riguardante il suo datore di lavoro, in conseguenza (a mente del combinato disposto del d.l. n. 112/2008, art. 39, l. n. 4/1953, artt. 1, 2 e 5) dal fatto che il contenuto delle buste paga è obbligatorio e sanzionato (un tempo penalmente e ora) in via amministrativa e, come tale, è di per sé sufficiente a provare il credito maturato dal lavoratore; simili principi presuppongono tuttavia che il libro unico del lavoro sia stato tenuto in modo regolare e completo, ed a ciò consegue che il curatore non solo è abilitato a confutare il valore probatorio del medesimo libro a motivo della sua irregolare formazione, ma può anche contestarne le risultanze con mezzi contrari di difesa o, semplicemente, con specifiche deduzioni e argomentazioni volte a dimostrarne l’inesattezza, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice [C. 6.7.2020, n. 13781 negli stessi termini C. 19.1.2022, n. 1649].
10 Il lavoratore non può chiedere al datore di lavoro il pagamento in proprio favore dei contributi non versati, salvo che per la quota a suo carico, la quale, infatti, a titolo di sanzione, grava definitivamente sul datore di lavoro inadempiente quale componente della relativa obbligazione retributiva; ne consegue che, in caso di fallimento del datore di lavoro, il lavoratore dev’essere ammesso al passivo, per le retribuzioni non corrisposte, con collocazione privilegiata a norma dell’art. 2751-bis, n. 1, c.c., al netto della quota contributiva gravante sul datore e al lordo di quella gravante sul lavoratore medesimo [C. 3.9.2020, n. 18333].
11 Ai fini della legittimazione dell’associazione professionale all’insinuazione al passivo dei crediti verso il cliente fallito, il giudice del merito è tenuto ad accertare se l’ordinamento interno e l’amministrazione dell’associazione, regolati dagli accordi tra gli associati, attribuiscano all’associazione la legittimazione a stipulare contratti e ad acquisire la titolarità di rapporti, poi delegati ai singoli aderenti e da essi personalmente curati [C. 27.10.2020, n. 23489].
12 In tema di ammissione al passivo dei crediti dell’attestatore, l’attività prestazionale deve essere coerente con i requisiti di diligenza del professionista di media attenzione e preparazione, i quali, se pur non involgono un’obbligazione di risultato, pongono a carico dell’attestatore il dovere di un’esplicitazione completa, con il compendio asseverativo della veridicità dei dati aziendali e della fattibilità del piano, e del quadro motivazionale che sorregge la finale attestazione [C. 2.2.2021, n. 2288]. In tema di determinazione del compenso del professionista che abbia redatto l’attestazione sulla veridicità dei dati e sull’attuabilità dell’accordo ristrutturazione dei debiti ai sensi dell’art. 182-bis l. fall., poiché la norma nulla prevede in ordine alla determinazione del compenso ad egli dovuto, trova applicazione la regola generale stabilita dall’art. 2233 c.c. per le prestazioni d’opera intellettuali, che, prevedendo una gerarchia a carattere preferenziale dei criteri di liquidazione, in virtù della quale il compenso è determinato dal giudice soltanto se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe o gli usi, preclude il ricorso ai criteri sussidiari (tariffe professionali, usi, decisione giudiziale), quando sussista uno specifico accordo tra le parti, le cui pattuizioni devono quindi ritenersi preminenti su ogni altro criterio di liquidazione [C. 17.2.2022, n. 5237].
13 In tema di ammissione al passivo del credito del cessionario del quinto dello stipendio, nell’ipotesi in cui questi abbia ricevuto pagamenti da parte dell’assicuratrice-garante del rientro dalle somme anticipate al lavoratore dipendente dell’impresa fallita, non risulta applicabile la disciplina dettata per le obbligazioni solidali dagli artt. 61 e 62 l. fall., con la conseguenza che il cessionario ha diritto ad essere ammesso al passivo per il solo credito ceduto che residua al netto di quanto nel frattempo incassato in via assicurativa [C. 10.3.2021, n. 6708].
14 In tema di cessione del credito, in caso di fallimento del debitore ceduto, ai fini dell’ammissione alla procedura fallimentare il cessionario è tenuto a dare la prova del credito e della sua anteriorità al fallimento, qualora venga in discussione la sua opponibilità, ma non anche la prova dell’anteriorità della cessione al fallimento, perché la legge prevede che il cessionario di un credito concorsuale sia tenuto a dare la prova che la cessione è stata stipulata anteriormente al fallimento soltanto ai fini di una eventuale compensazione, ovvero ai fini del voto in un eventuale concordato fallimentare, restando, altrimenti, la cessione opponibile al curatore anche se ha luogo nel corso della procedura [C. 25.1.2022, n. 2217].
15 La ricognizione di debito avente data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento del suo autore è opponibile alla massa dei creditori, in quanto deve presumersi l’esistenza del rapporto fondamentale, salva la prova - il cui onere grava sul curatore fallimentare - della sua inesistenza o invalidità [C. 9.12.2021, n. 39123].
16 Il fideiussore che paga il credito vantato dal creditore ipotecario del fallito si surroga ex lege nel diritto di quest’ultimo, ai sensi dell’art. 1949 c.c. Il pagamento così effettuato in favore del creditore ipotecario, stante l’effetto legale ed automatico della surrogazione, lascia immutato nella sua oggettività il rapporto obbligatorio, trattandosi di una vicenda concernente esclusivamente la posizione attiva del creditore originario, al quale si sostituisce il solvens, ed è pertanto a tale rapporto che occorre avere riguardo al fine di stabilire se la relativa documentazione probatoria abbia data certa opponibile ai creditori. Il credito azionato in via di surroga da parte del fideiussore che abbia soddisfatto l’obbligazione garantita deve essere apprezzato sotto il profilo della certezza della sua data rispetto al momento della genesi di quest’ultima obbligazione, in quanto la successione nella titolarità del credito di un soggetto diverso da quello originario non è idonea a mutarne la datazione ex art. 2704 c.c., che rimane quella iniziale [C. 14.2.2022, n. 4774].
17 Per la partecipazione al concorso, la produzione dell’estratto di ruolo è bastevole ai fini della insinuazione, poiché è solo in relazione all’attività di riscossione diretta all’espropriazione forzata che occorre un titolo esecutivo; esso, in base al d.P.R. n. 602/1973, art. 49 è proprio il ruolo (oggi sostituito dagli avvisi di accertamento esecutivo o quello di addebito contemplati dal d.l. n. 78/2010, artt. 29 e 30 (conv. con l. n. 122/2010) e che includono anche l’intimazione al pagamento, quale precetto prodromico all’esecuzione forzata); in realtà, per l’ammissione al passivo, cui sola può tendere la domanda dell’agente della riscossione, e non certo al recupero coattivo pendente il fallimento, sopravviene la superfluità delle fasi dell’affidamento di somme da riscuotere così come la formazione del titolo esecutivo in senso stretto, essendo sufficiente dimostrare il credito; questa la rinnovata ragione della sufficienza, ad ogni fine e pertanto, dell’estratto di ruolo, benché atto non impositivo, poiché comunque esso documenta gli elementi del ruolo stesso, che provano l’inadempimento del debito pubblicistico e l’esigibilità dello stesso [C. s.u. n. 33408/2021].
18 In tema di agevolazioni concesse da Mediocredito Centrale ai sensi dell’art. 2, c. 100, l. n. 662/1996, revocate ex art. 24, c. 32, l. n. 449/1997, l’estratto di ruolo costituisce prova idonea dell’entità e della natura del credito, senza che sia richiesta la previa notifica della cartella di pagamento [C. 18.2.2022, n. 5430].
19 Il divieto di riconoscimento degli interessi dovuti ai sensi del d.lgs. n. 231/2002, relativamente ai debiti oggetto di procedure concorsuali aperte a carico del debitore opera come nella generalità dei casi afferenti ai crediti chirografari, solo dal momento della dichiarazione di fallimento, fermo restando, quindi, il diritto al riconoscimento di quelli già maturati antecedentemente all’accertata insolvenza del debitore [C. n. 3300/2017; C. n. 14637/2018].
20 I creditori titolari di un diritto di ipoteca o di pegno sui beni compresi nel fallimento costituiti in garanzia per crediti vantati verso debitori diversi dal fallito non possono, anche dopo le modifiche introdotte dal d.lgs. n. 5/2006 e dal d.lgs. n. 169/2007, avvalersi del procedimento di verificazione dello stato passivo di cui al titolo II, capo V della legge fallimentare, in quanto non sono creditori del fallito, né soggetti che agiscono per la restituzione o la rivendica dei beni acquisiti al fallimento. I detti creditori possono intervenire nel procedimento fallimentare in vista della ripartizione dell’attivo per richiedere di partecipare alla distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione dei beni compresi nella procedura che sono stati ipotecati o pignorati. Avverso il piano di riparto del curatore che escluda o includa (in tutto o in parte) il diritto del titolare della nuda prelazione alla distribuzione delle dette somme, il creditore ipotecario o pignoratizio e, rispettivamente, gli altri creditori interessati al riparto del ricavato della vendita del bene possono proporre reclamo a norma dell’art. 110, c. 3, l. fall. Il reclamo può avere ad oggetto l’esistenza, la validità e l’opponibilità al fallimento della garanzia reale, avendo anche riguardo alla sua revocabilità, oltre che l’an e il quantum del debito garantito. Tale accertamento non richiede la partecipazione al giudizio del debitore la cui obbligazione è garantita da ipoteca o da pegno e ha un valore endoconcorsuale, essendo, come tale, non opponibile al detto debitore, restato estraneo al procedimento fallimentare, in sede di rivalsa [C. s.u. 27.3.2023, n. 8557].
II. Le cause di prelazione
II.Le cause di prelazione1 L’art. 2751-bis, n. 2, c.c. attribuisce il privilegio, nei limiti degli ultimi due anni di attività, ancorché anteriori al biennio precedente l’apertura della procedura concorsuale [C. 2.6.2000, n. 7309; C. 7.8.1989, n. 3611] al credito di qualunque prestatore d’opera, anche se non intellettuale [C. Cost. 29.1.1998, n. 1], per l’attività professionale prestata, con esclusione delle spese incontrate per espletare il mandato [C. 8.1.1999, n. 92].
2 Il credito del compenso in favore dell’amministratore o liquidatore di società non è assistito dal privilegio generale di cui all’art. 2751-bis, n. 2, c.c., atteso che l’amministratore o liquidatore non fornisce una prestazione d’opera intellettuale [C. 23.7.2004, n. 13805].
3 L’indennità suppletiva di clientela non ha natura retributiva, in quanto, pur avendo come base di calcolo l’ammontare globale delle provvigioni corrisposte nel corso del rapporto, non svolge una funzione sostitutiva delle stesse o risarcitoria della relativa perdita, configurandosi piuttosto come un compenso indennitario volto a ristorare l’agente del particolare pregiudizio, diverso da quello della mancata percezione delle provvigioni durante il periodo di virtuale preavviso, derivante dalla perdita della clientela procurata al preponente nell’ambito del rapporto di agenzia [C. 25.2.2012, n. 8295]; che, pertanto, anche a voler interpretare estensivamente l ‘art. 2751-bis, n. 3, c.c. attribuendo il significato più ampio possibile alla nozione di “indennità dovute per la cessazione del rapporto”, adoperata in tale disposizione, deve escludersi la possibilità di ricondurre alla predetta espressione anche l’indennità suppletiva di clientela, non ricorrendo, in riferimento a tale istituto, la ratio del privilegio accordato dalla norma in esame, consistente nel rafforzare la tutela dei crediti derivanti dalla prestazione di lavoro autonomo o parasubordinato, attraverso il riconoscimento della medesima collocazione privilegiata prevista per quelli retributivi derivanti da rapporti di lavoro subordinato, in quanto destinati a soddisfare le esigenze di sostentamento del lavoratore e della sua famiglia [C. 25.5.2022, n. 16835; C. 27.7.2017, n. 18692].
4 L’espressione “legge per la finanza locale”, contenuta nell’art. 2752, c. 4, c.c. non va riferita ad una legge specifica istitutiva della singola imposta, bensì a tutte le disposizioni che disciplinano i tributi comunali e provinciali, così come chiarito del d.l. n. 201/2011, art. 13, c. 13, conv., con modif., dalla l. n. 214/2011, che ha fornito un’interpretazione autentica del menzionato comma, da ciò conseguendo che il privilegio in questione assiste il credito per la tassa automobilistica provinciale, istituita dalla l.p. Trento n. 10/1998, art. 4, avente natura tributaria ed afferente a risorse essenziali di un ente locale a previsione costituzionale. E solo per la provincia autonoma di Trento spetta la tassa automobilistica alla Provincia e non alla Regione. In applicazione di tale principio la suprema corte ha riconosciuto al credito della regione Lombardia il privilegio ex art. 2752 c.c. [C. 8.9.2017, n. 21007].
5 A mente dell’art. 107, c. 6, l. fall., “il principio di conservazione dell’efficacia degli atti esecutivi compiuti da ciascun creditore prima della dichiarazione di fallimento non giustifica l’imputazione al fallimento stesso anche delle spese relative a quegli atti, la quale è, invece, subordinata alla decisione, discrezionale, del curatore di appropriarsene, così da non dover rispondere degli esborsi riguardanti le azioni esecutive individuali che non abbiano prodotto alcun vantaggio per la massa dei creditori” [C. 27.7.2017, n. 18733; C. 18.12.2015, n. 25585].
6 Al creditore istante per la dichiarazione di fallimento del suo debitore va riconosciuto il privilegio di cui agli artt. 2755 e 2770 c.c. nonché art. 95 c.p.c. (privilegio per spese di giustizia) con riferimento alle spese all’uopo sostenute, atteso il sostanziale parallelismo tra creditore procedente nella procedura esecutiva singolare e creditore istante nella procedura concorsuale [C. 23.12.2016, n. 26949]. Il privilegio di cui art. 2770 c.c., essendo previsto da una norma di stretta interpretazione, spetta solo per le spese utili alla conservazione del patrimonio del debitore nell’interesse di tutti i creditori e non anche per quelle sostenute per il riconoscimento, in sede giudiziale, del diritto di credito [C. 2.5.2022, n. 13811].
7 In tema di accertamento del passivo, ai fini dell’ammissione di un credito come privilegiato, ai sensi dell’art. 2751-bis, n. 5, c.c., nel testo applicabile a seguito della novella introdotta dal d.l. n. 5/2012, conv., con modif., dalla l. n. 35/2012, non è sufficiente l’iscrizione all’albo delle imprese artigiane, in quanto essa, pur avendo natura costitutiva, costituisce un elemento necessario ma non sufficiente ai fini del riconoscimento del suddetto privilegio, dovendo concorrere con gli altri presupposti previsti dalla l. n. 443/1985, cui la norma codicistica rinvia [C. 4.2.2020, n. 2428; C. 20.11.2018, n. 29916].
8 Il privilegio di cui all’art. 2751-bis, nn. 2 e 3, c.c. non assiste i crediti maturati in capo a società di capitali, sia a titolo di agenzia che di prestazione d’opera professionale, trattandosi di prelazione che garantisce solo i compensi professionali spettanti al singolo professionista o prestatore d’opera per il lavoro personale svolto, in forma autonoma, con esclusione di quei compensi che, sia pure in misura minima, contengano remunerazione di capitale, ed a nulla rilevando che, nella realtà materiale, le prestazioni professionali siano state in concreto svolte da persone fisiche operanti all’interno del soggetto societario [C. 12.5. 2021, n. 12574].
9 Il privilegio di cui al n. 5-bis dell’art. 2751-bis c.c. non è fondato sulla sola qualifica soggettiva del creditore (cooperativa o consorzio agrario iscritto nel relativo registro), ma anche sulla natura oggettiva del credito, vale a dire sul fatto che esso derivi dall’attività nella quale si esplica la funzione cooperativa specialmente tutelata dal legislatore. Pertanto, la tutela creditizia privilegiata non solo abbraccia la vendita dei prodotti che siano riconducibili all’attività dei soci della cooperativa, quale che sia l’entità del loro apporto lavorativo personale, e l’attività di trasformazione delle imprese consorziate, ma può anche estendersi a operazioni commerciali caratterizzate da acquisti presso terzi di prodotti destinati a essere rivenduti, se tali attività siano funzionali allo scopo mutualistico, purché, trattandosi di operazioni corrispondenti ad atti di mercato posti in essere a scopo di lucro, sussista e sia dimostrabile il nesso di strumentalità con la finalità cooperativa.
10 Ai fini dell’ammissione al passivo al grado ipotecario degli interessi maturati su rate di mutuo, la circostanza che queste ultime siano composte, secondo il piano di ammortamento, da una parte di capitale e da una parte di interessi corrispettivi (in rapporto variabile nella successione delle rate), comporta che alla componente interessi spetti il rango ipotecario per effetto dell’estensione del privilegio ipotecario agli interessi compensativi dovuti ex art. 2855, c. 2, c.c., essendo gli “interessi dovuti” quelli risultanti dal piano di ammortamento in relazione alla rate scadute nel limite del biennio [C. 11.11.2021, n. 33474].
11 In tema di mutuo fondiario, il limite di finanziabilità di cui all’art. 38, c. 2, d.lgs. n. 385/1993, non è elemento essenziale del contenuto del contratto, non trattandosi di norma determinativa del contenuto del contratto o posta a presidio della validità dello stesso, ma di un elemento meramente specificativo o integrativo dell’oggetto del contratto; non integra norma imperativa la disposizione - qual è quella con la quale il legislatore ha demandato all’Autorità di vigilanza sul sistema bancario di fissare il limite di finanziabilità nell’ambito della «vigilanza prudenziale» (cfr. artt. 51 ss. e 53 t.u.b.) - la cui violazione, se posta a fondamento della nullità (e del travolgimento) del contratto (nella specie, del mutuo ormai erogato cui dovrebbe conseguire anche il venir meno della connessa garanzia ipotecaria), potrebbe condurrebbe al risultato di pregiudicare proprio l’interesse che la norma intendeva proteggere, che è quello alla stabilità patrimoniale della banca e al contenimento dei rischi nella concessione del credito. Qualora i contraenti abbiano inteso stipulare un mutuo fondiario corrispondente al modello legale (finanziamento a medio o lungo termine concesso da una banca garantito da ipoteca di primo grado su immobili), essendo la loro volontà comune in tal senso incontestata (o, quando contestata, accertata dal giudice di merito), non è consentito al giudice riqualificare d’ufficio il contratto, al fine di neutralizzarne gli effetti legali propri del tipo o sottotipo negoziale validamente prescelto dai contraenti per ricondurlo al tipo generale di appartenenza (mutuo ordinario) o a tipi contrattuali diversi, pure in presenza di una contestazione della validità sotto il profilo del superamento del limite di finanziabilità, la quale implicitamente postula la corretta qualificazione del contratto in termini di mutuo fondiario [C. s.u. 16.11.2022, n. 33719].
12 Agli effetti dell’art. 2787, c. 3, c.c., in tema di prelazione del creditore pignoratizio, perché il credito garantito possa ritenersi sufficientemente indicato, non occorre che esso venga specificato, nella scrittura costitutiva del pegno, in tutti i suoi elementi oggettivi, bastando che la scrittura medesima contenga elementi che comunque portino alla identificazione del credito garantito, i quali siano presenti all’interno della scrittura o anche ad essa esterni, purché il documento contenga indici di collegamento utili alla individuazione del credito e della cosa; tale requisito deve ritenersi sussistente qualora la scrittura individui il credito garantito con riferimento ad uno specifico rapporto di conto corrente ed all’apertura di credito su di esso utilizzabile [C. 7.10.2021, n. 27222].
13 In caso di esazione delle imposte pubbliche espletata attraverso l’affidamento del servizio ad un Ente privato, in forza di un atto amministrativo avente natura di concessione, quello che si instaura tra il concessionario e l’Ente impositore non è un ordinario rapporto privatistico, bensì un rapporto concessorio articolato sulle scansioni delle potestà di diritto pubblico, in quanto finalizzato alla riscossione dei tributi e al loro riversamento all’Ente impositore. Da ciò deriva che il credito dell’Ente impositore nei confronti del concessionario per quanto già riscosso dai contribuenti va comunque ammesso al passivo fallimentare del concessionario con il privilegio attribuitogli dalla legge secondo l’art. 2752 c.c. [C. 10.3.2022, n. 7834].
14 Il d.lgs. n. 123/1998 all’art. 1 “individua i principi che regolano i procedimenti amministrativi concernenti gli interventi di sostegno pubblico per lo sviluppo delle attività produttive, ivi compresi gli incentivi, i contributi, le agevolazioni, le sovvenzioni e i benefici di qualsiasi genere, di seguito denominati “interventi”, concessi da amministrazioni pubbliche, anche attraverso soggetti terzi”. Si tratta di una norma che detta una disciplina generale, destinata ad applicarsi a tutti gli interventi di sostegno pubblico per lo sviluppo delle attività produttive, comunque denominati. Ne consegue che il privilegio previsto dal successivo art. 9, c. 5 per i crediti derivanti dalla revoca del finanziamento - la cui “causa” è quella di assorbire e recuperare il sacrificio patrimoniale che il sostegno pubblico ha in concreto sopportato in funzione di un utile reimpiego delle somme recuperate, a favore dello “sviluppo delle altre attività produttive”, [cfr. C. nn. 3335/2012 e 21841/2017] deve trovare applicazione ogniqualvolta il finanziamento abbia, per l’appunto, le caratteristiche di un intervento di sostegno pubblico per lo sviluppo delle attività produttive, a prescindere dalla circostanza che la norma sia o meno esplicitamente richiamata [C. 25.7.2022, n. 23114; per medesime considerazioni C. n. 882/2020].
15 Il credito per mancato riversamento all’ente titolare del credito tributario (nella specie, un comune quanto a tributi ICI e TARSU) degli importi pur incamerati dal concessionario merita e conserva la qualificazione privilegiata, permanendo la natura pubblicistica del rapporto e dunque dell’attività dell’esattore, che agisce come mandatario per l’incasso proprio di crediti tributari. Non sono di ostacolo a tale riconoscimento né la commistione patrimoniale determinatasi sulle somme incassate, né l’effetto liberatorio che il pagamento consegue, peraltro proprio del diverso rapporto con il contribuente, altre essendo, rispettivamente, la responsabilità contrattuale del riscossore e la natura delle somme non riversate, che sempre si riferiscono ad un’entrata tributaria, permanendo la stessa causa. Ne deriva che, come nella vicenda, la dichiarazione di insolvenza del concessionario permette l’insinuazione al passivo dell’ente impositore in privilegio per i tributi, già incassati ma non riversati, che conservano i caratteri di entrata fiscale, perché collegati alla finalità pubblicistica cui sono funzionali [C. 16.12.2022, n. 37017].