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Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza - Formulario commentato

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    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

    Informazioni sul volume

    Autore:

    Massimo Fabiani, Giovanni Battista Nardecchia

    Editore:

    Wolters Kluwer

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    Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza - Formulario commentato

    192. Clausola arbitrale

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    [1] Se il contratto in cui è contenuta una clausola compromissoria è sciolto a norma delle disposizioni della presente sezione, il procedimento arbitrale pendente non può essere proseguito.

    A) Inquadramento funzionale:

    A)Inquadramento funzionale:

    I. Le nuove regole - II. Il compromesso stipulato dal curatore.

    I. Le nuove regole

    I.Le nuove regole

    1 Il sempre più diffuso ricorso alle clausole arbitrali nei contratti ha indotto il legislatore a prendere una posizione sui rapporti fra liquidazione giudiziale e arbitrato, non dal punto di vista processuale, ma da quello della sopravvivenza dell’accordo arbitrale alla liquidazione giudiziale di una delle parti.

    2 Se sorge una lite rispetto ad un contratto pendente - che include una clausola compromissoria - dal quale il curatore si scioglie per scelta (art. 172 CCII) o per legge (art. 183 CCII): (a) il procedimento arbitrale pendente non può proseguire; (b) il procedimento arbitrale non ancora pendente non può non può essere attivato; se non può essere coltivato un procedimento pendente riesce difficile immaginare che possa esserne iniziato uno nuovo (tuttavia il curatore potrebbe stipulare un compromesso per le liti che derivano dallo scioglimento); (b/1) in questo caso potrebbe essere l’arbitro a decidere se la prosecuzione è ammessa; (c) il procedimento arbitrale pendente derivante da un compromesso e relativo ad un contratto sciolto può proseguire, se si considera che il compromesso è contratto autonomo.

    3 Il procedimento arbitrale può, allora, proseguire: (i) per i contratti esauriti con convezione di arbitrato; (ii) per i contratti pendenti con subentro (per scelta o per legge) del curatore, sempre che l’avvio o la prosecuzione non siano impediti (improcedibilità) quando oggetto della lite è una pretesa devoluta alla cognizione esclusiva del giudice delegato per accertamento dei crediti e dei diritti ex artt. 201-210 CCII; (iii) può altresì proseguire nei confronti del debitore per i rapporti non compresi nella liquidazione giudiziale ex art. 143 CCII.

    4 Sennonché, nel caso di subentro nel contratto o di contratto esaurito con convenzione di arbitrato, va anche verificato che il procedimento arbitrale possa proseguire con riferimento alla necessità di distinguere la convenzione di arbitrato e il mandato agli arbitri. Quanto alla prima, pur ammessa l’autonomia della clausola compromissoria deve ritenersi non consentito uno scioglimento della clausola distinto dal contratto; la clausola non può essere considerata al pari di un autonomo contratto pendente e come tale soggetto a scioglimento ex art. 172 l. fall.; il compromesso può essere reputato un contratto pendente e come tale vi è possibilità di scioglierlo ex art. 172 CCII, ma per essere un contratto pendente non deve avere esaurito i propri effetti.

    5 Quanto al secondo, il mandato agli arbitri è rapporto diverso dalla convenzione di arbitrato; il curatore non può sciogliersi dal contratto di mandato ex art. 183 CCII, sia perché è un mandato collettivo per cui occorre la volontà di tutti i mandanti, sia perché è un mandato in rem propriam e per questi lo scioglimento non è ammesso.

    II. Il compromesso stipulato dal curatore

    II.Il compromesso stipulato dal curatore

    1 V’è poi da segnalare come i compromessi possano essere stipulati dal curatore (art. 132 CCII). Può stipulare il compromesso solo se autorizzato dal comitato dei creditori, mentre per la clausola compromissoria si dovrebbe seguire il procedimento che concerne il contratto cui afferisce, e in ogni caso l’autorizzazione è richiesta sempre. Il curatore non può nominare l’arbitro, posto che la nomina spetta al giudice delegato.

    2 Le controversie non sono “arbitrabili” quando hanno per oggetto diritti indisponibili, sì che la maggior parte delle liti in cui è coinvolta una liquidazione giudiziale sono sottoponibili ad arbitrato; non lo sono tutte quelle liti che pertengono a giudizi impugnatori (v., artt. 51, 124, 133 CCII). L’esclusione riguarda, infatti, l’oggetto della lite, non la circostanza che il curatore ne possa disporre “soggettivamente” e ciò accade quando è autorizzato in via tutoria dagli organi della procedura.

    3 Il vero limite alla compromettibilità si rintraccia nel principio di esclusività dell’accertamento del passivo. Così, quando nel corso di un giudizio arbitrale avente ad oggetto una pretesa creditoria nei confronti di una delle parti costituite questa venga assoggettata alla liquidazione giudiziale prima della deliberazione del lodo e il curatore faccia valere con l’impugnazione del lodo la circostanza dell’intervenuta liquidazione giudiziale, il giudice di merito deve dichiarare l’improcedibilità del giudizio per la vis attractiva del procedimento di accertamento del passivo.

    4 Quando la liquidazione giudiziale sopravviene ad un arbitrato pendente, gli arbitri debbono provvedere ai sensi dell’art. 816-sexies c.p.c. dando le disposizioni necessarie per assicurare il rispetto del contraddittorio.

    B) Giurisprudenza:

    B)Giurisprudenza:

    I. Il regime della clausola compromissoria.

    I. Il regime della clausola compromissoria

    I.Il regime della clausola compromissoria

    1 Sebbene la norma dell’art. 83-bis l. fall. affermi la natura accessoria della clausola compromissoria con riferimento alla sola ipotesi presa in considerazione dalla stessa, vale a dire quella di un giudizio arbitrale pendente e di scioglimento del contratto su iniziativa del curatore ai sensi dell’art. 72 l. fall., sulla scorta di tale previsione si deve pervenire alla conclusione secondo la quale nell’ipotesi di subentro nel contratto da parte del curatore il patto compromissorio conservi piena efficacia anche nei confronti del curatore subentrante: diversamente opinando, infatti, si consentirebbe al curatore di sciogliersi da singole clausole del rapporto sostanziale in cui è subentrato e di cui pure chieda l’adempimento [T. Terni 7.2.2011]. Il compromesso per arbitrato, anche irrituale, costituendo un atto negoziale riconducibile alla figura del mandato collettivo, o congiunto, e del mandato conferito nell’interesse anche di terzi, non è soggetto allo scioglimento nel caso di fallimento del mandante, non operando, rispetto ad esso, la regola dettata all’art. 78 l. fall. [C. I 23.1.2013, n. 1543; C. I 17.2.2010, n. 3803; C. I 17.4.2003, n. 6165, GIUS 2003, 1984; C. I 18.8.1998, n. 8145, Fall 1999, 97; T. Catania 24.2.2022, n. 936, DeJure]. Nel caso di convenzione contenente una clausola compromissoria stipulata prima della dichiarazione di fallimento di una delle parti (nella specie, una clausola di arbitrato internazionale), il mandato conferito agli arbitri non è soggetto alla sanzione dello scioglimento prevista dall’art. 78 l. fall., configurandosi come atto negoziale riconducibile all’istituto del mandato collettivo e di quello conferito anche nell’interesse di terzi. Tale interpretazione trova indiretta conferma nel disposto dell’art. 83-bis l. fall., atteso che, se il procedimento arbitrale pendente non può essere proseguito nel caso di scioglimento del contratto contenente la clausola compromissoria, deve, di contro, ritenersi che detta clausola conservi la sua efficacia ove il curatore subentri nel rapporto, non essendo consentito a quest’ultimo recedere da singole clausole del contratto di cui chiede l’adempimento [C. s.u. 26.5.2015, n. 10800, GCM, 2015]. Il curatore che subentra in un contratto stipulato dal fallito, nel quale sia contenuta una clausola compromissoria non può disconoscere tale clausola - o, in caso di posteriorità della dichiarazione di fallimento alla conclusione dell’arbitrato irrituale, non può sottrarsi agli effetti di questo - ancorché configuri un patto autonomo, attesa la riconducibilità di essa allo schema negoziale del mandato collettivo (art. 1726 c.c.) e di quello conferito nell’interesse anche di terzi (art. 1723, c. 2, c.c.), rispetto ai quali la revoca del solo mandante o di uno solo di essi - e, quindi, in deroga al disposto dell’art. 78 l. fall., il fallimento dell’uno o dell’altro - non ha effetto estintivo del rapporto giuridico costituito attraverso il detto negozio [C. I 14.10.1992, n. 11216, FI 1993, I, 821; T. Roma 13.6.2011, n. 12745, DeJure 2011].

    2 Quando nel corso di un giudizio arbitrale una delle parti costituite venga dichiarata fallita prima della deliberazione e della sottoscrizione del lodo e il curatore faccia valere, con l’impugnazione del dictum arbitrale, tale circostanza chiedendo l’improcedibilità del giudizio, il giudice di merito deve dichiarare tale improcedibilità per la vis attractiva della legge fallimentare, che determina la improcedibilità delle pretese fatte valere nei procedimenti pendenti al momento della dichiarazione di fallimento [C. II 16.3.2022, n. 8591; C. s.u. 21.7.2015, n. 15200; C. I 17.2.2011, n. 3918, FI 2012, I, 558; C. s.u. 6.6.2003, n. 9070, GI 2004, 964]. L’art. 83-bis l. fall. stabilisce la sorte dei procedimenti arbitrali pendenti, ossia già instaurati alla data della dichiarazione di fallimento, nonché relativi a contratti suscettibili di scioglimento, stabilendo che, ove il curatore abbia esercitato la facoltà di sciogliersi dal contratto, la domanda di arbitrato diventa improcedibile. Tale disposizione dunque comporta che il procedimento arbitrale già instaurato non può proseguire se il contratto in cui è presente la clausola compromissoria è stato sciolto e pertanto l’effetto ostativo non si produce se il curatore abbia omesso di esercitare tale facoltà, subentrando al fallito nel rapporto contrattuale, ovvero nel caso in cui la medesima facoltà non possa essere più esercitata, per avere il contratto già avuto totalmente o parzialmente esecuzione [C. App. Perugia 30.12.2021, n. 717, DeJure 2022]. L’art. 83-bis l. fall. si limita a disporre che, qualora in pendenza di arbitrato sia dichiarato il fallimento di una delle parti del contratto cui accede la clausola compromissoria, il relativo procedimento diviene improseguibile ove il rapporto negoziale sia sciolto secondo le disposizioni di cui agli artt. 72 ss. l. fall.; la norma non trova, pertanto, applicazione nella diversa ipotesi in cui, non constando la pendenza di un procedimento arbitrale, una cooperativa aderente ad un consorzio ne sia esclusa in virtù di una norma statutaria che tanto preveda per il caso di fallimento della consorziata [C. VI 23.10.2017, n. 25054, GCM 2018]. Ai sensi dell’art. 43 l. fall., il fallito perde la propria capacità processuale in modo non assoluto, ma relativo alla massa dei creditori, alla quale soltanto è consentito eccepirla tramite il curatore che la rappresenta, con la conseguenza che, se ciò non avviene, il giudizio arbitrale può continuare nei confronti del fallito e il lodo pronunciato non è inutiliter datum, ma è destinato ad esplicare i propri effetti nei confronti del fallito una volta che questi sarà ritornato in bonis; pertanto, il curatore del fallimento può disinteressarsi del procedimento arbitrale in corso lasciando che lo stesso prosegua nei confronti del fallito, senza divenirne perciò parte, a meno che non manifesti l’intenzione di parteciparvi [C. I 28.5.2003, n. 8545, Fall 2004, 739; C. App. Roma 8.6.2009, n. 2390, DeJure]. In sede arbitrale non possono essere fatte valere ragioni di credito vantate verso una parte sottoposta a fallimento o ad amministrazione straordinaria [C. II 16.3.2022, n. 8591; T. Roma 21.10.2011, FI 2012, I, 558]. Il curatore che intenda agire per il recupero di crediti sorti da un contratto oggetto di clausola compromissoria, le cui prestazioni non sono state integralmente eseguite, si vede costretto, proprio in virtù della pretesa azionata, a far proprio il regolamento contrattuale, con conseguente obbligo di rispettare anche l’eventuale clausola compromissoria che ne faccia parte; ne consegue l’inapplicabilità dell’art. 24 l. fall. il quale attribuisce alla competenza del tribunale che ha dichiarato il fallimento la conoscenza di «tutte le azioni che ne derivano», dovendo tra queste azioni essere ricomprese solo quelle che scaturiscono dallo stato di insolvenza e non anche quelle esperite dal curatore per recuperare i crediti del fallito, in quanto tali azioni - essendo già comprese nel patrimonio del fallito (nella cui posizione il curatore subentra) - non derivano dal fallimento [T. Prato 16.9.2015, n. 999, DeJure; T. Udine 14.2.2011, NGCC 2011, I, 975].

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