[1] Il curatore può domandare che siano dichiarati inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori, secondo le norme del codice civile.
[2] L’azione si propone dinanzi al tribunale competente ai sensi dell’articolo 27 sia in confronto del contraente immediato, sia in confronto dei suoi aventi causa nei casi in cui sia proponibile contro costoro.
A) Inquadramento funzionale:
A)Inquadramento funzionale:I. Profili di legittimazione - II. La trasformazione dell’azione revocatoria ordinaria esercitata nella liquidazione - III. La disciplina processuale - IV. L’estensione della domanda nei confronti dei cc.dd. subacquirenti - V. Gli effetti della sentenza di accoglimento - VI. Natura e struttura dell’azione - VII. I presupposti dell’azione revocatoria concorsuale.
I. Profili di legittimazione
I.Profili di legittimazione1 Il curatore per espressa previsione di legge (art. 165 CCII) può esercitare le azioni previste nel codice civile per ottenere la dichiarazione di inefficacia di atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori, previsione che, in verità, coincide con l’attribuzione della legittimazione attiva in materia di revocatoria ordinaria al curatore. Il fenomeno della concorsualità è ciò che spiega la ragione per la quale l’azione revocatoria ordinaria, in costanza di liquidazione giudiziale, viene sottratta all’iniziativa dei creditori, per essere trasferita al curatore, ma sempre che il curatore lo intenda fare.
2 Pertanto, qualora nel corso di un giudizio di revocatoria ordinaria promosso da un creditore, sopravvenga la liquidazione giudiziale del debitore convenuto, se il curatore non interviene nel giudizio per sostituirsi al creditore e non propone altrove la stessa azione, l’iniziativa del creditore non diviene improcedibile; viceversa, se il curatore interviene nel giudizio per sostituirsi al creditore, l’azione da questi proposta diviene improcedibile e il creditore non può rimanere nel processo - né come parte né come interveniente adesivo - in quanto la decisione può produrre nei suoi confronti effetti riflessi di mero fatto. Il risultato è che si riconosce che l’azione revocatoria ordinaria se non è proseguita dal curatore, ben può essere coltivata dal creditore in quanto non è preclusa dal limite del divieto di cui all’art. 150 CCII, talché, se il curatore interviene nel giudizio ogni interesse del creditore viene meno visto che l’azione che il curatore prosegue va a vantaggio di tutti i creditori .
II. La trasformazione dell’azione revocatoria ordinaria esercitata nella liquidazione
II.La trasformazione dell’azione revocatoria ordinaria esercitata nella liquidazione1 Se è vero che le due azioni sono identiche quanto a petitum e causa petendi, in quanto le variabili indotte dalla sostituzione processuale non rilevano all’interno del processo, sussistono marcate differenze che si incentrano sul fatto che il risultato dell’azione [del curatore] va a beneficio di tutti i creditori e sul venir meno del principio di postergazione di cui all’art. 2902, c. 2, c.c.
2 L’azione revocatoria ordinaria individuale, se esercitata nella liquidazione giudiziale dal curatore, si trasforma in azione revocatoria ordinaria concorsuale e così mutano taluni presupposti e taluni effetti: (i) il terzo che subisce l’azione da parte del curatore, concorre con i creditori in ordine alla sua pretesa di credito che deriva dall’accoglimento dell’azione (art. 171 CCII); (ii) il risultato utile dell’azione (e cioè la reintegrazione della garanzia patrimoniale) rifluisce a favore di tutti i creditori.
3 L’azione revocatoria ordinaria esercitata dal curatore, quanto meno nell’ipotesi in cui l’azione venga radicata ex novo, è a ben vedere una azione collettiva nel senso che va a beneficio della massa dei creditori e ciò consente di catalogarla come azione concorsuale quanto ad effetti (cioè il risultato utile ridonda a favore di tutti i creditori del debitore, anche se successivi all’atto revocando), ma non concorsuale quanto a presupposti.
III. La disciplina processuale
III.La disciplina processuale1 Quando il curatore intende impugnare un atto del debitore con l’azione revocatoria ordinaria allo scopo di sfruttare l’arco temporale del periodo di prescrizione che essendo di cinque anni può condurre alla dichiarazione di inefficacia di atti non impugnabili con la revocatoria concorsuale, deve rispettare i presupposti di cui all’art. 2901 c.c. e quindi deve dimostrare che al momento del compimento dell’atto le parti erano consapevoli della lesività, che l’atto in concreto ha determinato un pregiudizio patrimoniale, diverso dalla mera alterazione della par condicio fra i creditori, oltre ad offrire la prova dell’esistenza di uno o più crediti anteriori al compimento dell’atto ritenuto pregiudizievole (o la prova della dolosa preordinazione dell’atto dispositivo al fine di pregiudicare il soddisfacimento del credito successivamente sorto). Cfr. [F499].
2 A differenza dell’azione esercitata dal singolo creditore, nel giudizio di revocatoria ordinaria promosso dal curatore il debitore non è parte necessaria, mentre conformemente al disposto di cui al comma 3 dell’art. 2901 c.c., non è revocabile l’adempimento di debito scaduto.
IV. L’estensione della domanda nei confronti dei cc.dd. subacquirenti
IV.L’estensione della domanda nei confronti dei cc.dd. subacquirenti1 L’art. 165 CCII, al comma 2, stabilisce anche una regola relativa all’estensione della domanda nei confronti dei cc.dd. subacquirenti. Nell’ ipotesi del compimento di un atto a titolo gratuito, in base al disposto di cui al comma 1, n. 2, dell’art. 2901 c.c., non è richiesta la prova della consapevolezza in capo ai terzi del pregiudizio arrecato. Viceversa, la prova del consilium fraudis si pone in termini particolari allorché l’azione revocatoria ordinaria venga esperita nei confronti del terzo subacquirente, il quale non può essere assoggettato all’azione revocatoria concorsuale ex art. 166 CCII.
2 In tale ipotesi, per il fondato esercizio dell’azione revocatoria ordinaria nei confronti del terzo subacquirente, che ha come necessario presupposto l’esercizio (preventivo o contestuale) della revocatoria concorsuale ex art. 166 contro l’atto posto in essere dal debitore, il curatore deve provare la mala fede del terzo, coincidente con la prova della sua consapevolezza della revocabilità ex art. 165 dell’originario atto dispositivo compiuto dal debitore; parimenti, in caso di cessioni plurime, la malafede dei successivi subacquirenti deve essere individuata nella loro conoscenza dell’inefficacia sia del primo atto compiuto dal debitore, sia degli ulteriori atti intermedi.
V. Gli effetti della sentenza di accoglimento
V.Gli effetti della sentenza di accoglimento1 Nella revocatoria ordinaria l’effetto è quello indicato dall’art. 602 c.p.c. e cioè l’attribuzione al creditore del potere di espropriare il bene anche contro il soggetto che ha subito l’azione revocatoria. Con la revocatoria ordinaria non si genera alcun effetto restitutorio, se non in senso improprio, come restituzione alla garanzia dei creditori. Occorre stabilire se analogo risultato si ottenga con l’azione revocatoria concorsuale, oppure se questa azione non produca anche un effetto direttamente restitutorio visto che una esecuzione, quella della liquidazione giudiziale, preesiste alla pronuncia di inefficacia. Cfr. [F500].
2 La pronuncia revocatoria con riguardo alle fattispecie traslative e a quelle che hanno comportato la fuoriuscita di valori patrimoniali, può essere accompagnata da una statuizione di condanna alla restituzione rivolta nei confronti del soccombente laddove sorga la necessità di gestione del bene o della cosa sino al completamento dell’attività preparatoria alla liquidazione del cespite. In questo scenario, infatti, è possibile l’anticipazione dell’effetto esecutivo atteso che l’esecuzione collettiva che si apre con la liquidazione giudiziale preesiste all’apprensione del singolo cespite oggetto di espropriazione.
3 Il fatto che la sentenza di revoca determini un effetto restitutorio di ben più modesta portata lo si avverte in particolare quando l’oggetto dell’azione revocatoria non è una fattispecie traslativa: si può pensare alla revoca di una garanzia o di un contratto a prestazioni corrispettive. In queste situazioni l’effetto restitutorio va inteso nel senso che il bene deve essere rimesso nella disponibilità giuridica della curatela (che dovrà procedere alla liquidazione concorsuale nelle forme di cui agli artt. 214 ss. CCII) senza più il peso della garanzia a favore di taluni creditori.
VI. Natura e struttura dell’azione
VI.Natura e struttura dell’azione1 La funzione essenziale dell’azione è quella di assicurare un trattamento tendenzialmente paritario fra una categoria di soggetti più ampia di quella rappresentata dai soli creditori che tali sono rimasti al momento dell’avvio della liquidazione giudiziale. Si tratta cioè di inglobare nel patrimonio che sarà destinato ai creditori anche quei “valori” che ne sono usciti, provocando di riflesso un aumento della massa dei creditori coinvolti e potenzialmente concorrenti. Il ristabilimento della par condicio creditorum presuppone peraltro che ci si trovi di fronte ad una procedura di tipo liquidatorio.
2 Sulla natura dell’azione va ribadito che nonostante la Riforma del 2005 avesse nel suo sottofondo una chiara matrice “indennitaria”, ancor oggi è ragionevole ritenere, pur con molte riserve e molta cautela, che sia preferibile la tesi cd. “anti-indennitaria”. Non si deve cioè andare alla ricerca di un danno al patrimonio dell’impresa, ma si deve guardare al pregiudizio che abbiano subito i creditori. Che la lesività dell’atto rispetto al patrimonio non sia necessaria lo si ricava dal fatto che il legislatore, pur prodigo di esenzioni, ha omesso di inserire nel palinsesto degli “atti esenti” gli atti e i pagamenti che rappresentano una prestazione del debitore a fronte della quale sia stata acquisita contestualmente al suo patrimonio una controprestazione di eguale valore.
3 Quanto alla struttura, l’azione revocatoria concorsuale va annoverata fra le azioni costitutive: l’atto nel momento in cui viene compiuto nasce non solo valido ma anche efficace nei confronti dei creditori con il solo limite che può essere rimosso da una successiva sentenza che accogliendo l’azione revocatoria promossa dal curatore trasforma l’atto da efficace a inefficace (non già per effetto della sola apertura della liquidazione giudiziale). La sentenza serve a trasformare il regime giuridico di un atto da efficace a inefficace e assume quindi carattere costitutivo in quanto modifica ex post una situazione giuridica preesistente.
4 Con l’accoglimento della teoria costitutiva consegue: (i) il debito restitutorio è un debito di valuta; (ii) sulle somme che il soccombente deve restituire decorrono gli interessi a far data dalla domanda giudiziale; (iii) non è ammissibile una interruzione stragiudiziale della prescrizione; (iv) sul piano processuale esiste il dubbio se la sentenza che accoglie la domanda sia immediatamente esecutiva; (v) quando l’azione viene promossa nei confronti un’altra procedura di liquidazione giudiziale, si assiste ad una dissociazione fra la pronuncia costitutiva (davanti al tribunale competente ai sensi dell’art. 32 CCII) e la conseguente richiesta da far valere con la domanda di ammissione al passivo di un credito che la giurisprudenza qualifica concorsuale e non prededucibile, sempre che l’azione fosse stata promossa prima della seconda procedura; diversamente, l’azione revocatoria, proprio perché costitutiva non può essere promossa e va convertita in azione risarcitoria per equivalente.
VII. I presupposti dell’azione revocatoria concorsuale
VII.I presupposti dell’azione revocatoria concorsuale1 Diversamente dalle azioni di inefficacia (artt. 144, 163 e 164 CCII), nelle azioni revocatorie (artt. 165 e 166 CCII), i presupposti sono sempre due, in quanto oltre all’individuazione dell’atto pregiudizievole viene in gioco anche il c.d. profilo soggettivo dell’azione e cioè la consapevolezza da parte del terzo che subisce l’azione della lesività dell’atto. Nella revocatoria ordinaria si parla di partecipatio fraudis (consapevolezza nel terzo che il debitore compiendo quell’atto avrebbe alterato la garanzia patrimoniale di almeno un creditore); nella revocatoria concorsuale, di scientia decoctionis (consapevolezza nel terzo che l’atto è stato compiuto quando l’impresa era già insolvente).
2 Ai due presupposti costitutivi se ne aggiunge un terzo, di tipo impeditivo, nel senso che occorre anche verificare che non sussista una causa di esenzione dall’azione. Il numero e la pervasività delle esenzioni dall’azione revocatoria potrebbero sovvertire il rapporto regola-eccezione quanto alla selezione delle fattispecie di atti revocabili.
B) Frmule
B)FrmuleTRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………
ATTO DI CITAZIONE
La liquidazione giudiziale ……… (Codice Fiscale ………), in persona del Curatore, ………, in forza di decreto di autorizzazione dal Giudice Delegato del Tribunale di ……… dott………., in data [………], rappresentato e difeso in virtù di delega a margine del [in calce al] presente atto, dall’avv………. e con domicilio eletto presso il suo studio in ………
ESPONE
A. Con sentenza n………. R.G. LG, depositata in data [………], il Tribunale di ……… ha dichiarato la liquidazione giudiziale di ………, nominando Giudice Delegato il dott………. e Curatore ………
B. Dalla verifica della documentazione in possesso della Società debitrice, è stato possibile appurare che ……… in bonis, con atto in data [………], per autentica notaio ………, n………. di rep., trascritto avanti la Agenzia del Territorio di ……… il successivo [………], ha venduto a ………, al prezzo convenuto in complessivi euro ………, le unità immobiliari site in Comune di ……… così meglio descritte ………
C. In relazione alle circostanze qui di seguito esposte, la liquidazione giudiziale ……… con il presente atto intende far dichiarare, nell’interesse della massa dei creditori, ai sensi del combinato disposto degli artt. 165 CCII e 2901 c.c., l’inefficacia e comunque l’inopponibilità nei confronti della liquidazione giudiziale ……… dell’atto dispositivo di cui sopra, in quanto in assoluto lesivo della garanzia patrimoniale e della par condicio creditorum e comunque idoneo a sottrarre illegittimamente beni dal patrimonio della Società debitrice e, conseguentemente, alla garanzia dei creditori sociali.
Nel caso di specie, sussistono tutti i requisiti previsti dalla legge per il fondato esercizio dell’azione revocatoria, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 165 CCII e 2901 c.c., nonché per la conseguente declaratoria d’inefficacia dell’atto dispositivo di cui è causa.
In primo luogo, l’atto di compravendita è stato stipulato in data……… e dunque entro il quinquennio dalla sentenza di apertura della liquidazione giudiziale avvenuta in data………
In secondo luogo, nel momento in cui il debitore ha compiuto l’atto dispositivo, esisteva già un consistente passivo (cfr. le domande di ammissione al passivo, n………., n………., n………. che sono relative a crediti preesistenti all’atto di trasferimento del bene), sì che l’atto deve reputarsi lesivo della garanzia patrimoniale.
Quanto alla scientia fraudis, il debitore aveva piena consapevolezza della circostanza che i beni residui mai avrebbero potuto costituire una seria garanzia patrimoniale per le obbligazioni rimaste insoddisfatte.
Quanto alla consapevolezza del terzo della lesività dell’atto, è sufficiente qui precisare che l’acquirente era un fornitore abituale dell’impresa debitrice e in tale contesto non poteva non aver percepito le difficoltà della ………, già emergenti dal bilancio depositato al ………
Il negozio traslativo ha recato un concreto pregiudizio alle ragioni della massa in quanto ………
Conseguentemente, il bene oggetto della compravendita dovrà intendersi come mai sottratto alla garanzia dei creditori, con la conseguenza che potrà essere assoggettato alla esecuzione concorsuale da parte della liquidazione giudiziale ………
In via concorrente alternativa, per il caso di intervenuta alienazione a terzi da parte di ……… del bene di cui è causa, la Società convenuta dovrà essere condannata al pagamento in favore della liquidazione giudiziale ……… dell’importo di ……… in linea capitale, corrispondente al valore dell’unità immobiliare all’epoca della cessione da parte di ……… in bonis.
Per tutto quanto sin qui esposto, la liquidazione giudiziale ………, in persona del Curatore, ………, come sopra rappresentato e difeso,
CITA
………, in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in ……… a comparire avanti il Tribunale di ………, sezione e Giudice Istruttore da designarsi ex art. 168-bis, c. 1 e 2, c.p.c., per l’udienza del giorno ………, ore di rito, nel termine di settanta giorni prima dell’udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall’articolo 166 e a comparire, nell’udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell’art. 168-bis, con l’avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167, che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale e che la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza per l’ammissione al patrocinio a pese dello Stato, ed a comparire all’udienza indicata (o a quella diversa eventualmente fissata) e che in difetto di costituzione si procederà in sua declaranda contumacia, per ivi sentire accogliere le seguenti
CONCLUSIONI
Nel merito:
- pronunciare, per i motivi di cui in narrativa, l’inefficacia nei confronti della massa dei creditori della liquidazione giudiziale ………, e per l’effetto revocare, ai sensi e per gli effetti di cui al combinato disposto degli artt. 2901 c.c. e 165 CCII l’atto di compravendita immobiliare in data [………], trascritto in data [………], per autentica
Notaio ………, n………. di rep. con il ………; per l’effetto, dichiarare che la liquidazione giudiziale ………, in persona del Curatore ………, ha diritto a soddisfarsi esecutivamente sulle unità immobiliari oggetto dell’atto dispositivo predetto e sopra identificato;
- in via subordinata, per il denegato e non creduto caso di rigetto delle domande sopra formulate, ovvero per il caso di alienazione da parte di ……… dell’unità immobiliare sopra descritta, ovvero per il caso in cui la stessa risultasse gravata da iscrizioni e/o trascrizioni comunque pregiudizievoli delle ragioni giuridiche dell’esponente, condannare ………, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore della liquidazione giudiziale ………, in persona del Curatore ………, dell’importo di ……… in linea capitale, ovvero al pagamento di quel maggiore o minore importo ritenuto di giustizia, oltre agli interessi al tasso legale vigente pro tempore dalla data della stipulazione del contratto di compravendita [………] al saldo effettivo.
In via istruttoria:
Ammettersi prova per testi sui seguenti capitoli di prova:
a) VERO CHE “………”
b) VERO CHE “………”
In ogni caso:
Con rifusione di spese e onorari.
Si producono i seguenti documenti:
1) copia autentica decreto del G.D. di autorizzazione a stare in giudizio;
2) copia sentenza dichiarativa di liquidazione giudiziale;
3) ………
Luogo, data ………
Firma ………
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………
Sezione ……… civile
In persona del giudice monocratico
Dott……….
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Oggetto: azione di inefficacia ex art. 165 CCII
Nella causa iscritta al numero di ruolo generale sopra riportato, promossa con atto di citazione notificato in data [………]
DA
Liquidazione giudiziale
………
………
in persona del curatore
………
………
rappresentato e difeso dall’avv………., come da procura ……… del presente atto, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo.
- ATTORE -
CONTRO
………
………
rappresentato e difeso dall’avv………., come da procura in calce al ……… notificato [a margine della memoria di costituzione - in calce alla memoria di costituzione], con domicilio eletto presso lo studio del medesimo.
- CONVENUTO -
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Il curatore della liquidazione giudiziale ………, ha notificato atto di citazione ai sensi degli artt. 32 e 165 CCII e 2901 c.c. nel quale ha esposto:
- che il [………] la società debitrice aveva venduto a favore di ……… un cespite immobiliare composto da ………, per il prezzo di euro ……… situato nel Comune di ………,
- che il [………] parte venditrice era stata dichiarata debitrice,
- che la cessione dell’immobile era avvenuta per ………,
- che tale atto dispositivo aveva leso le aspettative dei creditori,
- che l’acquirente era a conoscenza delle difficoltà economiche della ………,
ha dunque concluso chiedendo che fosse dichiarata l’inefficacia della compravendita ai sensi dell’art. 2901 c.c.
Il convenuto ……… ha depositato comparsa difensiva con la quale ha eccepito:
- che ………
- che ………
All’udienza fissata per la trattazione della causa ………
Dopo lo scambio delle memorie di cui all’art. 171-ter c.p.c……….
disposti i mezzi istruttori ………, il Giudice si è riservato la decisione.
La curatela ha introdotto una domanda volta ad ottenere la declaratoria di inefficacia di un atto di compravendita ai sensi dell’art. 165 CCII e 2901 c.c.
Sull’actio pauliana
L’attore ha chiesto la dichiarazione di inefficacia della vendita sul presupposto della natura pregiudizievole dell’atto.
Per valutarne la fondatezza occorre accertare l’esistenza di una ragione di credito in capo all’attore, l’effetto dannoso dell’atto dispositivo, il consilium fraudis e la partecipatio fraudis, trattandosi di atto a titolo oneroso.
Sul credito
Il primo presupposto oggettivo dell’azione revocatoria ordinaria è rappresentato dall’accertamento della qualità di creditore in capo all’attore.
Ai fini della legittimazione a proporre l’azione non è necessario che il creditore sia munito di un titolo esecutivo e neppure che il credito che si intende tutelare sia certo, liquido ed esigibile, dal momento che è sufficiente che il creditore si limiti a prospettare la ragione di credito - anche eventuale o futura - che vuole sia garantita dall’utile esperimento dell’azione.
Nel caso specifico di azione promossa nell’ambito di una procedura concorsuale
………
………
………
Sulla natura pregiudizievole della vendita
Una volta accertata la titolarità del credito, l’attore deve dimostrare che l’atto che intende impugnare ha leso la garanzia del suo credito.
Peraltro, la natura pregiudizievole dell’atto non comporta che a seguito dell’atto dispositivo il patrimonio del debitore sia divenuto incapiente, posto che è più che sufficiente la circostanza che l’esecuzione sia resa più difficile.
In tale contesto l’esistenza di altri beni nella disponibilità del debitore al momento del compimento dell’atto dispositivo non esclude la sussistenza del pregiudizio quando
………
………
La natura lesiva dell’atto la si può ricavare agevolmente dal confronto fra il patrimonio attivo residuo, la massa debitoria e la maggior aspettativa di soddisfacimento del credito ove il cespite immobiliare non fosse stato alienato, posto che il prezzo ricavato non è stato destinato al pagamento di debiti scaduti.
Sul consilium fraudis
Per quanto attiene ai profili soggettivi dell’azione, l’attore deve provare che il debitore era consapevole che l’atto dispositivo avrebbe diminuito la garanzia patrimoniale sulla quale potevano fare affidamento i creditori.
Ciò significa che il creditore deve fornire la prova della semplice conoscenza da parte del debitore dell’esistenza di un credito sottoposto al rischio di una più difficile soddisfazione a seguito del compimento dell’atto dispositivo.
………
………
Sulla partecipatio fraudis
Da ultimo il creditore deve dimostrare che anche il terzo, beneficiario dell’atto impugnato, era a conoscenza dell’esistenza di una o più posizioni debitorie del suo dante causa e dell’effetto pregiudizievole dell’atto.
Tale requisito soggettivo può essere provato anche facendo ricorso alla prova presuntiva.
………
………
Sussistono pertanto tutte le condizioni per la pronuncia di inefficacia dell’atto compiuto in data [………].
Le spese di lite vanno regolate secondo il criterio della soccombenza; pertanto, parte convenuta va condannata alla rifusione delle spese in favore della curatela, liquidate in complessivi euro ………
P.Q.M.
Il Tribunale di ………, ogni altra istanza, eccezione o deduzione disattesa, definitivamente pronunciando sul ricorso promosso dal Liquidazione giudiziale ……… nei confronti di ………, così decide:
1. pronuncia l’inefficacia nei confronti della liquidazione giudiziale ……… del contratto di compravendita di cui all’atto pubblico stipulato in data [………] con il quale
………
………
2. condanna parte convenuta alla rifusione delle spese di lite, in favore della curatela liquidandole in complessivi euro ………;
Luogo, data ………
Il Giudice est……….
C) Giurisprudenza:
C)Giurisprudenza:I. L’azione revocatoria ordinaria nel fallimento - II. Aspetti processuali - III. (Segue) A) eventus damni - IV. (Segue) B) la posizione soggettiva dei terzi - V. Casistica.
I. L’azione revocatoria ordinaria nel fallimento
I.L’azione revocatoria ordinaria nel fallimento1 Il risultato utile dell’azione revocatoria ordinaria esercitata dal curatore del fallimento giova anche ai creditori posteriori all’atto revocato, senza che, riguardo ad essi, il curatore sia tenuto a dimostrare la dolosa preordinazione di cui all’art. 2901, n. 2, c.c. [C. I 27.9.2017, n. 22596; C. 3.5.1978, n. 2055, GI 1978, I, 1, 2140]. La revocatoria ordinaria, esperibile dal curatore nel corso della procedura fallimentare, ai sensi dell’art. 66 l. fall., si caratterizza, rispetto a quella contemplata dall’art. 2901 c.c., per il fatto che è rivolta a tutelare tutti i creditori del fallito e può investire gli atti tanto posteriori quanto anteriori al sorgere dei singoli crediti, ove essi abbiano determinato od aggravato lo stato d’insolvenza, sempreché il curatore fornisca la prova anche della consapevolezza del debitore e del terzo in ordine al verificarsi di detto evento pregiudizievole [C. I 10.12.1987, n. 9122, Fall 1988, 322; T. Perugia 16.11.2021, n. 1551, DeJure].
2 L’azione revocatoria ordinaria e l’azione revocatoria fallimentare, pur potendo essere contestualmente proposte dal curatore, sono tra loro ben distinte quanto ai presupposti e alle condizioni, né l’una può ritenersi ricompresa nell’altra, essendo la revocatoria fallimentare fondata esclusivamente su limiti temporali e su presunzioni relative alla conoscenza dello stato d’insolvenza, mentre quella ordinaria è fondata sugli specifici presupposti di cui ai n. 1) e 2) del comma 1 dell’art. 2901 c.c., che richiedono un diverso accertamento di fatto; ne deriva che, se la domanda iniziale sia stata espressamente proposta soltanto come revocatoria fallimentare, essa non può essere esaminata, né decisa come revocatoria ordinaria, né tantomeno la questione, attenendo ad una domanda nuova e diversa, può essere proposta per la prima volta in sede di appello o di legittimità [C. 23.1.1984, n. 544, Fall 1984, 949; T. Parma 18.5.2022, n. 636, DeJure].
3 In tema di azione revocatoria ordinaria (esercitata, nella specie, in sede fallimentare), il principio della non revocabilità dell’adempimento di un debito scaduto (art. 2901, c. 3, c.c.) si riferisce all’adempimento in senso tecnico e non può trovare applicazione rispetto alla costituzione di garanzia per debiti scaduti posto in essere a rinnovazione di preesistenti obbligazioni dell’imprenditore poi fallito, quando essa si riveli pregiudizievole per le ragioni dei creditori [C. I 24.8.1993, n. 8917, Fall 1994, 145; T. Latina 20.1.2017, n. 107, DeJure].
II. Aspetti processuali
II.Aspetti processuali1 Dopo il fallimento la legittimazione all’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria spetta, in via esclusiva, al curatore fallimentare, pertanto, qualora, dopo la proposizione dell’azione revocatoria, sopravvenga il fallimento del debitore, la legittimazione alla prosecuzione del giudizio spetta esclusivamente al curatore, trovando riscontro la perdita di legittimazione del creditore originario attore nel venir meno del suo interesse all’azione, la cui funzione di garanzia patrimoniale, consistente non già nel rientro del bene in sé stesso nel patrimonio del debitore ma nell’assicurare l’assoggettabilità di detto bene all’azione esecutiva del creditore vittorioso in revocatoria, non potrebbe conseguire siffatto risultato in presenza di una dichiarazione di fallimento da cui deriva immediatamente, ai sensi dell’art. 51 l. fall., l’impossibilità dell’inizio e della prosecuzione di qualsivoglia azione esecutiva individuale sui beni del fallito [C. II 22.9.2020, n. 19813; C. s.u. 17.12.2008, n. 29420, GD 2008, 68; C. I 21.7.1998, n. 7119, DF 1999, II, 282]. La legittimazione all’esercizio dell’azione revocatoria di atti di disposizione patrimoniale compiuti a titolo personale dal socio illimitatamente responsabile compete anche al curatore del fallimento della società, poiché l’effetto recuperatorio utilmente perseguito va a vantaggio dell’intero ceto creditorio e non dei soli creditori personali di detto socio [C. III 7.2.2022, n. 3771, GD 2022]. Anche nella ipotesi di liquidazione coatta amministrativa di una società di mutua assicurazione, al commissario liquidatore, come al curatore nella procedura fallimentare, spetta la legittimazione attiva all’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria riconosciuta, in generale, “al creditore” dall’art. 2901 c.c. [C. I 13.3.1995, n. 2898, Fall 1995, 1121; C. 23.4.1983, n. 2812, ivi 1983, 1052; T. Sassari I 15.9.2017, n. 1190, DeJure]. Il principio secondo cui, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento dopo la proposizione dell’azione revocatoria ordinaria, ove il curatore subentri nel giudizio, ai sensi dell’art. 66 l. fall., vengono meno la legittimazione e l’interesse ad agire dell’attore originario, opera solo quando si tratti di azione revocatoria ordinaria proposta esclusivamente nei confronti del debitore poi fallito; ne consegue che, qualora l’originaria domanda sia stata proposta anche nei confronti di un terzo, rispetto al quale la curatela fallimentare non vanta alcuna pretesa, il creditore che ha introdotto il giudizio è legittimato a riassumerlo dopo l’interruzione conseguente alla dichiarazione di fallimento [C. III 27.10.2015, n. 21810, GCM 2015; C. III 19.4.2011, n. 8984, Fall 2011, 1366].
2 Qualora sia stata proposta un’azione revocatoria ordinaria per fare dichiarare inopponibile ad un singolo creditore un atto di disposizione patrimoniale compiuto dal debitore, a seguito del fallimento del debitore, sopravvenuto in pendenza del relativo giudizio, il curatore può subentrare nell’azione, in forza della legittimazione accordatagli dall’art. 66 l. fall., accettando la causa nello stato in cui si trova. Di conseguenza, trattandosi di un’azione che il curatore trova nella massa fallimentare e che si identifica con quella che i creditori avrebbero potuto esperire prima del fallimento, da un lato la relativa prescrizione, anche nei confronti della curatela, decorre, ai sensi dell’art. 2903 c.c., dalla data dell’atto impugnato, dall’altro l’interruzione della prescrizione, ad opera di uno dei creditori cui il curatore sia subentrato ex art. 66 cit., giova alla massa fallimentare [C. III 13.9.2019, n. 22869; in senso conforme C. III 20.3.2015, n. 5586; C. I 14.1.1980, n. 322; C. I 15.5.1997, n. 4296, Fall 1997, 1187]. L’esercizio della facoltà del curatore di subentrare ex art. 66 l. fall. nell’azione revocatoria ordinaria promossa da un creditore in danno del debitore fallito non è soggetto ai limiti preclusivi stabiliti per la formulare nuove domande o eccezioni nel processo di primo grado, né, ove la lite già penda in appello, al termine previsto per la proposizione del gravame incidentale o alle preclusioni di cui all’art. 345, c. 1, c.p.c.: è sufficiente, al contrario, che il curatore si costituisca in giudizio, anche in appello, dichiarando di voler far propria la domanda proposta ex art. 2901 c.c., per investire il giudice del dovere di pronunciare sulla stessa nei confronti dell’intera massa dei creditori [C. III 19.9.2022, n. 27382, GD 2022]. La domanda proposta dal creditore contro il debitore già fallito (nella specie, un’azione revocatoria) è improcedibile e, qualora il giudice adito abbia erroneamente dichiarato l’interruzione del giudizio, disponendone la riassunzione nei confronti del fallimento, solo il curatore di quest’ultimo è legittimato a dolersi della situazione [C. III 20.12.2021, n. 40745, GCM 2022].
3 Per il combinato disposto degli artt. 66, c. 2, e 67 l. fall. e 2901, c. 4, c.c., nel fallimento l’azione revocatoria è esperibile dal curatore non solo nei confronti del primo acquirente dal fallito, ma anche nei confronti degli aventi causa da quest’ultimo, quando siano acquirenti in mala fede, ma in questo caso è sempre una revocatoria ordinaria che ha come necessario presupposto l’esercizio della revocatoria fallimentare (art. 67 l. fall.) nei confronti dell’atto del fallito, che è all’origine della catena dei trasferimenti, e la conseguente dichiarazione di inefficacia di tale atto. Peraltro, mentre nella revocatoria ex art. 67 l. fall. la mala fede del primo acquirente deve individuarsi nella consapevolezza delle circostanze che, ai sensi della l. fall., rendono revocabile l’atto compiuto dal fallito, la mala fede del primo subacquirente consiste nella consapevolezza del vizio di revocabilità che inficiava l’atto di trasferimento originario, ossia la consapevolezza che l’immediato acquirente dal fallito al momento del primo atto della serie era a conoscenza dello stato di insolvenza del fallito medesimo; e la malafede dei successivi subacquirenti va individuata nella consapevolezza non solo delle condizioni di inefficacia del primo atto compiuto dal fallito, ma anche di quelli di tutti gli atti interposti e intermedi [C. I 10.10.2019, n. 25468; C. I 23.12.2009, n. 27230, Fall 2010, 870; C. I 28.8.2004, n. 17214]. Quanto alla prova, poi, mentre la revocatoria fallimentare è sorretta dalla presunzione della conoscenza dello stato di insolvenza da parte del primo acquirente, per i subacquirenti la cui responsabilità è fondata sul comma 4 dell’art. 2901 c.c., la dimostrazione della consapevolezza della revocabilità sia del primo atto, sia degli atti successivi, costituisce onere probatorio gravante sull’attore [C. I 28.5.2018, n. 13273; C. I 21.3.1996, n. 2423, Fall 1997, 368]. La revocatoria di cui all’art. 2901 c.c., esercitabile dal curatore del fallimento, ai sensi dell’art. 66 l. fall., che presenta struttura e disciplina eclettiche, in quanto partecipi di quella ordinaria e fallimentare, nel senso che è destinata a tutelare la garanzia patrimoniale di tutti i creditori presenti e futuri dell’imprenditore, senza dovere distinguere tra atti negoziali posteriori o anteriori al sorgere del credito altrui, si fonda sull’unico pregiudizio possibile, costituito dal fatto che l’atto fraudolento abbia determinato od aggravato l’insolvenza del debitore e presuppone che il curatore fornisca la prova che l’atto impugnato abbia inciso sulla insolvenza del debitore (eventus damni) nonché della scientia damni del debitore medesimo e del consilium fraudis del terzo (entrambi consistenti nella consapevolezza della determinazione dell’eventus damni) [C. I 10.12.1987, n. 9122; T. Napoli 5.1.2017, n. 122, DeJure]. L’azione revocatoria, esperibile dal curatore fallimentare nei confronti di terzi aventi causa dal primo acquirente del fallito ai sensi dell’art. 66, c. 2, l. fall. (applicabile ratione temporis), non è subordinata all’esperimento o all’esperibilità nei confronti del primo acquirente della revocatoria fallimentare; tuttavia, il suo accoglimento esige la prova - ai sensi dell’art. 2901, c. 4, c.c., norma che fa salvi i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi in buona fede - della scientia decotionis in capo al primo acquirente e della consapevolezza di questo elemento soggettivo da parte dei terzi sub-acquirenti [C. III 2.5.2013, n. 13182; T. Monza 9.8.2019, n. 1882, DeJure]. Il curatore del fallimento che esperisca l’azione revocatoria ordinaria non può limitarsi a far genericamente valere le ragioni creditorie del fallimento, essendo, invece, tenuto, in caso di esplicita contestazione del convenuto, a fornire la prova che il credito di cui si tratta sia stato insinuato nella massa fallimentare [C. I 11.5.2022, n. 15059; in senso conforme C. I 6.8.2004, n. 15257, Fall 2005, 748; C. I 12.9.1998, n. 9092, ivi 1999, 1067]. Qualora uno dei coniugi, in regime di comunione legale dei beni, abbia da solo acquistato o venduto un bene immobile da ritenersi oggetto della comunione, il coniuge rimasto estraneo alla formazione dell’atto è litisconsorte necessario in tutte le controversie in cui si chieda al giudice una pronuncia che incida direttamente e immediatamente sul diritto, mentre non può ritenersi tale in quelle controversie in cui si chieda una decisione che incide direttamente e immediatamente sulla validità ed efficacia del contratto. Pertanto, in riferimento all’azione revocatoria esperita, ai sensi sia dell’art. 66 che dell’art. 67 l. fall., in favore del disponente fallito, non sussiste un’ipotesi di litisconsorzio necessario, poiché detta azione non determina alcun effetto restitutorio né traslativo, ma comporta l’inefficacia relativa dell’atto rispetto alla massa, senza caducare, ad ogni altro effetto, l’atto di alienazione [C. III 6.11.2020, n. 24950, GCM 2021].
4 Il divieto di azioni esecutive individuali posto dall’art. 51 l. fall. non osta alla procedibilità della revocatoria ordinaria già promossa dal creditore dell’alienante, ove la domanda ex art. 2901 c.c. sia stata trascritta anteriormente alla dichiarazione di fallimento dell’acquirente; diversamente, il creditore dell’alienante, pur trovandosi nella condizione di opponibilità alla massa, ai sensi dell’art. 45 l. fall., dell’azione proposta, resterebbe privo della garanzia patrimoniale ex art. 2740 c.c. e l’atto fraudolento gioverebbe ai creditori dell’acquirente fallito (per la sola sostituzione a questi dal curatore); l’azione revocatoria, infatti, pur se preordinata al soddisfacimento esecutivo del creditore, non può considerarsi un’azione esecutiva, volta com’è a rendere in opponibile al creditore l’atto dispositivo compiuto dal debitore [C. I 23.7.2019, n. 19881; C. I 2.12.2011, n. 25850, Fall 2012, 950].
5 Ai sensi dell’art. 43 l. fall., la perdita della legittimazione processuale del fallito coincide con l’ambito dello spossessamento fallimentare e, pertanto, poiché i rapporti relativi alla costituzione di un fondo patrimoniale non sono compresi nel fallimento (trattandosi di beni che, pur appartenendo al fallito, rappresentano un patrimonio separato, destinato al soddisfacimento di specifici scopi che prevalgono sulla funzione di garanzia per la generalità dei creditori), permane rispetto a essi la legittimazione del debitore; sussiste, pertanto, la legittimazione processuale del fallito nel giudizio avente a oggetto la revocatoria ordinaria del fondo patrimoniale [C. III 9.5.2019, n. 12264, GCM 2019; C. III 18.10.2011, n. 21494].
6 Non è ammissibile un’azione revocatoria, ordinaria o fallimentare, nei confronti di un fallimento, stante il principio di cristallizzazione del passivo alla data di apertura del concorso ed il carattere costitutivo della predetta azione; il patrimonio del fallito è, infatti, insensibile alle pretese di soggetti che vantino titoli formatisi in epoca posteriore alla dichiarazione di fallimento e, dunque, poiché l’effetto giuridico favorevole all’attore in revocatoria si produce solo a seguito della sentenza di accoglimento, tale effetto non può essere invocato contro la massa dei creditori ove l’azione sia stata esperita dopo l’apertura della procedura stessa [C. I 23.7.2019, n. 19881; C. s.u. 23.11.2018, n. 30416, BBTC 2019; C. I 12.5.2011, n. 10486, GC 2011, I, 2305].
III. (Segue) A) eventus damni
III.(Segue) A) eventus damni1 Nell’azione revocatoria fallimentare, a differenza di quella ordinaria, la nozione di danno non è assunta in tutta la sua estensione perché il pregiudizio alla massa - che può consistere anche nella mera lesione della par condicio creditorum o, più esattamente, nella violazione delle regole di collocazione dei crediti - è presunto in ragione del solo fatto dell’insolvenza. Si tratta, peraltro, di presunzione iuris tantum che può essere vinta dal convenuto, sul quale grava l’onere di provare che in concreto il pregiudizio non sussiste [C. I 2.3.2022, n. 6871, GD 2022; C. I 11.11.2003, n. 16915, FI 2004, I, 410]. Il curatore del fallimento che esperisca l’azione revocatoria ordinaria è tenuto a provare, a meno che non venga ipotizzata una dolosa preordinazione dell’atto dispositivo al fine di pregiudicare il soddisfacimento del credito, che il credito dei creditori ammessi o di alcuni dei creditori ammessi al passivo era già sorto al momento del compimento dell’atto che si assume pregiudizievole, quale era la consistenza dei loro crediti, quale era la consistenza quantitativa e qualitativa del patrimonio del debitore subito dopo il compimento dell’atto che si assume pregiudizievole [T. Potenza 2.2.2021, n. 123, DeJure 2021], consentendo soltanto la acquisizione di tali dati di verificare in concreto, attraverso il loro raffronto, se l’atto in questione abbia effettivamente pregiudicato le ragioni dei creditori [C. I 12.9.1998, n. 9092; C. I 22.3.1990, n. 2400, Fall 1990, 790]. Il curatore fallimentare che intenda promuovere l’azione revocatoria ordinaria, per dimostrare la sussistenza dell’eventus damni ha l’onere di provare tre circostanze: la consistenza del credito vantato dai creditori ammessi al passivo nei confronti del fallito; la preesistenza delle ragioni creditorie rispetto al compimento dell’atto pregiudizievole; il mutamento qualitativo o quantitativo del patrimonio del debitore per effetto di tale atto; solo se dalla valutazione complessiva e rigorosa di tutti e tre questi elementi dovesse emergere che per effetto dell’atto pregiudizievole sia divenuta oggettivamente più difficoltosa l’esazione del credito, in misura che ecceda la normale e fisiologica esposizione di un imprenditore verso i propri creditori, potrà ritenersi dimostrata la sussistenza dell’eventus damni [C. VI 18.1.2022, n. 1489; C. II 31.10.2008, n. 26331]. In tema di revocatoria ordinaria, ai fini dell’integrazione dell’elemento oggettivo dell’eventus damni, la cui sussistenza il curatore deve provare, non è necessario che l’atto abbia reso impossibile la soddisfazione del credito, ma è sufficiente che abbia causato maggiore difficoltà od incertezza nel recupero coattivo, secondo una valutazione operata ex ante, con riferimento alla data dell’atto dispositivo e non a quella futura dell’effettiva realizzazione del credito, avendo riguardo anche alla modificazione qualitativa della composizione del patrimonio [C. VI 18.6.2019, n. 16221; C. I 1.8.2007, n. 16986]. Nell’azione revocatoria ordinaria il pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore consiste nella insufficienza dei beni del debitore a offrire la garanzia patrimoniale, essendo irrilevante una mera riduzione di detta garanzia [C. I 6.3.2018, n. 5269, GCM 2018].
2 Il risultato utile dell’azione revocatoria ordinaria esercitata dal curatore del fallimento giova anche ai creditori posteriori all’atto revocato, senza che, riguardo ad essi, il curatore sia tenuto a dimostrare la dolosa preordinazione di cui all’art. 2901, n. 2, c.c. [C. 3.5.1978, n. 2055].
3 La diversità di presupposti soggettivi ed oggettivi tra l’azione revocatoria fallimentare e l’azione revocatoria ordinaria non comporta, una volta che sia stato dedotto in causa, nei suoi estremi materiali, l’atto di cui si chiede la revocazione, il vizio di ultrapetizione qualora il giudice, senza trascendere i limiti oggettivi della controversia, quali risultano dalle contrapposte domande ed eccezioni delle parti, nell’osservanza del principio secondo il quale spetta al medesimo il potere di qualificare la domanda, proceda ad una configurazione giuridica dei termini della controversia e dell’azione esperita ed alla identificazione delle norme di diritto in base alle quali la lite deve essere decisa in modo difforme da quello prospettato dall’attore [C. I 12.5.2014, n. 10290].
4 La prova della consapevolezza di ledere la garanzia del creditore consistendo in una situazione psicologica che non può essere colta ed apprezzata al pari di un accadimento materiale va normalmente acquisita attraverso elementi presuntivi desumibili da circostanze di fatto aventi chiaro valore sintomatico [T. Pisa 6.2.2018, n. 109, DeJure]. Ai fini della proposizione dell’azione revocatoria ordinaria è sufficiente la consapevolezza, anche nel terzo acquirente, che, mediante l’atto di disposizione, il debitore diminuisca il proprio patrimonio in modo tale da recare pregiudizio alle ragioni dei creditori. Essa non presuppone né l’intenzione di nuocere loro né la presenza e conoscenza, da parte del terzo, dello stato di insolvenza del debitore [C. I 18.5.2005, n. 10430, GI 2005, 2291; T. Monza 31.3.2016, n. 821, DeJure].
IV. (Segue) B) la posizione soggettiva dei terzi
IV.(Segue) B) la posizione soggettiva dei terzi1 Pur dovendosi riconoscere che la revocatoria ordinaria e quella fallimentare presentano identità sostanziale e funzionale, come è confermato sia dalla norma di collegamento dell’art. 2904 c.c. che da quella speculare dell’art. 66, c. 1, l. fall., deve ritenersi che l’art. 67 di tale legge, non facendo alcun riferimento alla sorte dei diritti di coloro che abbiano subacquistato dal primo acquirente dal debitore fallito, è inapplicabile agli atti di acquisto di tali subacquirenti. La posizione di costoro, invece, resta regolata dalla disciplina dell’azione revocatoria ordinaria e, quindi, dalla norma dell’ultimo comma dell’art. 2901 c.c., che fa salvi i diritti subacquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, con la conseguenza che i subacquirenti a titolo oneroso da chi abbia acquistato dal fallito restano esposti all’esercizio da parte del curatore di detta azione ove abbiano acquistato in mala fede e subiscono l’effetto pregiudizievole dell’inefficacia dell’atto intervenuto fra il debitore fallito ed il suo avente causa diretto e loro dante causa [C. I 3.9.1999, n. 9271, Fall 2000, 1126; T. Roma 25.6.2014, n. 13817, DeJure]. L’azione revocatoria esercitata dal curatore fallimentare, ai sensi dell’art. 66, c. 2, l. fall., nei confronti dei terzi aventi causa del primo acquirente del fallito, pur presupponendo l’esercizio della revocatoria fallimentare nei confronti dell’atto dispositivo posto in essere dal fallito, che è all’origine della catena dei trasferimenti, e la conseguente dichiarazione d’inefficacia di tale atto, è una revocatoria ordinaria, il cui accoglimento, presupponendo l’accertamento della mala fede dell’acquirente, rende irrilevante, in presenza di tale accertamento, la mancata precisazione da parte del curatore del tipo di azione che ha inteso esercitare, rientrando nel potere-dovere di qualificazione giuridica spettante al giudice la riconduzione della domanda all’art. 2901 c.c. [C. I 20.12.2021, n. 40872, GCM 2022; C. I 10.2.2006, n. 2977, Fall 2006, 1206].
2 Qualora nel corso di un giudizio di revocatoria ordinaria promosso da un creditore, sopravvenga il fallimento del debitore convenuto, il curatore fallimentare si sostituisce al creditore - che perde la legittimazione venendo meno l’interesse ad agire - nell’esercizio dell’azione senza che debba trovare applicazione l’istituto dell’intervento del terzo e con salvezza dell’effetto interruttivo della prescrizione prodotto dalla domanda introdotta dal creditore [C. I 25.7.2002, n. 10921, FI 2002, I, 3015; C. App. Catanzaro 31.10.2018, n. 1898, DeJure].
3 Dopo il fallimento la legittimazione all’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria spetta, in via esclusiva, al curatore fallimentare, pertanto, qualora, dopo la proposizione dell’azione revocatoria, sopravvenga il fallimento del debitore, la legittimazione alla prosecuzione del giudizio spetta esclusivamente al curatore, trovando riscontro la perdita di legittimazione del creditore originario attore nel venir meno del suo interesse all’azione, la cui funzione di garanzia patrimoniale, consistente non già nel rientro del bene in sé stesso nel patrimonio del debitore ma nell’assicurare l’assoggettabilità di detto bene all’azione esecutiva del creditore vittorioso in revocatoria, non potrebbe conseguire siffatto risultato in presenza di una dichiarazione di fallimento da cui deriva immediatamente, ai sensi dell’art. 51 l. fall., l’impossibilità dell’inizio e della prosecuzione di qualsivoglia azione esecutiva individuale sui beni del fallito [C. I 21.7.1998, n. 7119; C. 4.8.1977, n. 3485]. Qualora, dopo la proposizione dell’azione revocatoria ordinaria, sopravvenga il fallimento del debitore, la legittimazione all’esercizio dell’azione spetta, in via esclusiva, al curatore, il quale agisce come sostituto processuale della massa dei creditori, privati della legittimazione ad iniziare o proseguire l’azione per tutta la durata della procedura fallimentare, nonché come sostituto processuale del debitore fallito, il quale perde la capacità di stare in giudizio rispetto ai rapporti patrimoniali compresi nel fallimento; pertanto il curatore è legittimato a proseguire il giudizio promosso dal creditore, rispetto al quale il fallito è privo di legittimazione processuale, con la conseguenza che resta esclusa la necessità dell’integrazione del contraddittorio nei suoi confronti, previa nomina di un curatore speciale, ex art. 78 c.p.c. [C. II 22.9.2020, n. 19813; C. I 8.9.2005, n. 17943, Fall 2006, 473]. Qualora il curatore del fallimento, che sia subentrato nell’azione revocatoria ordinaria già promossa dal creditore individuale nei confronti del debitore in bonis, ometta di coltivare la domanda, non riproponendola nel giudizio di appello ai sensi dell’art. 346 c.p.c., il creditore individuale che sia rimasto in causa e che abbia, invece, riproposto la richiesta di revocatoria in sede di appello riacquista un interesse concreto ed attuale all’esame della domanda [C. III 20.11.2020, n. 26520, GCM 2021; C. III 28.2.2008, n. 5272, DF 2009, II, 274; T. Bari 26.9.2018, n. 3950, DeJure]. L’azione revocatoria ordinaria promossa da una curatela fallimentare nei confronti di un convenuto non residente in Italia appartiene alla giurisdizione del giudice italiano, trattandosi di azione direttamente derivante dalla procedura e ad essa strettamente connessa. Invero, sebbene l’azione ex art. 66 l. fall. sia pur sempre la medesima prevista dall’art. 2901 c.c., la stessa presenta talune peculiarità che la differenziano da quest’ultima - giova a tutti i creditori, e non solo a colui che agisce, con effetto sostanzialmente recuperatorio; va proposta innanzi al tribunale fallimentare nel termine di decadenza triennale di cui all’art. 69-bis l. fall., oltre che a quello di prescrizione quinquennale; il suo esercizio impedisce analoghe iniziative degli altri creditori - e si fonda, pertanto, su di una disposizione che, in quanto costituente deroga alle comuni regole del diritto civile e commerciale, rileva ai fini dell’applicazione delle disposizioni sulla competenza internazionale previste dagli artt. 3 e 25, reg. CE n. 1346/2000 (con conseguente esclusione dell’applicazione del reg. CE n. 44/2001) [C. s.u. 26.4.2017, n. 10233, GCM 2017].
4 Sopravvenuto il concordato fallimentare, mentre i giudizi in corso intrapresi dal curatore del fallimento che riguardano rapporti facenti capo al fallito devono essere proseguiti da lui o nei suoi confronti, avendo egli riacquistato la capacità di stare in giudizio personalmente relativamente ad essi, invece, il giudizio di revocatoria ordinaria o fallimentare, in cui il curatore agisce per conto dei creditori che ne sono titolari e del quale il concordato non comporti l’improcedibilità per essere stata l’azione ceduta all’assuntore in esecuzione del concordato stesso, prosegue tra le parti originarie, secondo la disciplina dell’art. 111 c.p.c., salva la facoltà dell’assuntore cessionario di intervenirvi o la facoltà delle altre parti di chiamarlo, con la possibilità di estromissione del dante causa [C. I 28.3.2007, n. 4766, Fall 2007, 775; C. 9.5.1983, n. 3186, ivi, 1983, 1063]. Il soggetto fallito, tornato in bonis, non è contraddittore necessario dell’azione revocatoria proposta ex art. 66 l. fall. dal curatore e ceduta all’assuntore, pur se iniziata da un creditore prima del fallimento ai sensi dell’art. 2901 c.c.; e può solo assumere nella revocatoria proseguita dall’assuntore la posizione di interventore adesivo dipendente [C. 23.9.1976, n. 3158, GC 1976, I, 1746].
5 La sopravvenuta chiusura del fallimento comporta la cessazione della materia del contendere in ordine all’azione revocatoria ordinaria, esperita dal curatore ai sensi dell’art. 66 l. fall., la quale, non diversamente dalla revocatoria fallimentare, è destinata a produrre effetti non già solo a beneficio di singoli creditori, bensì indistintamente a vantaggio di tutti i creditori ammessi al concorso, con il corollario che il bene del quale il debitore si sia disfatto con l’atto oggetto di revoca è destinato ad essere appreso dalla curatela per poter essere poi sottoposto a vendita forzata nell’interesse della massa; il che non può accadere una volta che la procedura concorsuale si sia definitivamente conclusa (non rilevando, ovviamente, l’eventualità del tutto ipotetica di una successiva riapertura in presenza di una delle condizioni prevedute dall’art. 121 l. fall.), atteso che la chiusura del fallimento comporta la decadenza del curatore dalla sua funzione (art. 120, c. 1, l. fall.) e quindi non solo ne mina alla radice la legittimazione a stare in giudizio nell’interesse dei creditori del fallito (i quali riacquistano il libero esercizio delle azioni individualmente loro spettanti: art. 120 cit., c. 2), ma impedisce anche ogni prospettiva di apprensione e di messa in vendita, da parte del medesimo curatore, del bene oggetto dell’azione revocatoria [C. I 6.10.2005, n. 19443, Fall 2006, 602].
6 L’art. 282 c.p.c., nel conferire la provvisoria esecutività alla sentenza di primo grado, si riferisce alle statuizioni condannatorie della sentenza, sia che essa abbia a presupposto un’azione di condanna, sia che essa abbia a presupposto un’azione costitutiva, sicché la sentenza di primo grado può comunque essere utilizzata come titolo esecutivo per le statuizioni condannatorie ivi contenute, comprese quelle consequenziali all’accoglimento della domanda revocatoria [T. Livorno 10.6.2016, n. 760, DeJure].
7 L’oggetto della domanda di revocatoria (ordinaria o fallimentare) non è il bene in sé, ma la reintegrazione della generica garanzia patrimoniale dei creditori mediante l’assoggettabilità del bene ad esecuzione; ne deriva che il bene dismesso con l’atto revocando viene in considerazione, rispetto all’interesse di quei creditori, soltanto per il suo valore. [C. s.u. 24.6.2020, n. 12476, GComm 2021]; ne consegue, non solo che la condanna al pagamento dell’equivalente monetario ben può essere pronunciata dal giudice, anche d’ufficio, in ogni caso in cui risulti impossibile la restituzione del bene, ma anche che la relativa domanda può essere proposta per la prima volta nel giudizio d’appello, in quanto non nuova, ma ricompresa implicitamente nell’azione revocatoria stessa [C. VI 8.11.2017, n. 26425, GCM 2018].
V. Casistica
V.Casistica1 In tema di azione revocatoria ordinaria esercitata dal curatore di una società di capitali fallita, l’atto dispositivo con cui l’amministratore societario ha disposto di un proprio bene per il pagamento di un debito sociale non pregiudica la garanzia patrimoniale generica della società, in quanto l’adempimento del terzo, comunque eseguito col patrimonio personale, non depaupera il patrimonio sociale. (Nella fattispecie, la S.C. ha cassato la decisione del giudice di merito che, su iniziativa del curatore fallimentare, aveva dichiarato inefficace l’alienazione a terzi di un immobile degli amministratori, eseguita, prima del fallimento, solutionis causa, per estinguere un debito risarcitorio della società di capitali nei confronti degli acquirenti) [C. VI 26.5.2021, n. 14478, GCM 2021] La costituzione del fondo patrimoniale ex art. 167 c.c. effettuata dall’imprenditore successivamente fallito può essere dichiarata inefficace nei confronti della massa a mezzo di azione revocatoria ordinaria proposta dal curatore a norma dell’art. 2901 c.c., espressamente richiamato dall’art. 66 l. fall. [C. I 18.9.1997, n. 9292, FI 1997, I, 3148; C. App. Potenza 6.7.2020, n. 398, DeJure 2020;]. L’art. 70 l. fall., sulla presunzione di acquisto con denaro del fallito, e quindi di appartenenza al medesimo dei beni acquistati dal coniuge a titolo oneroso nel quinquennio anteriore alla dichiarazione di fallimento (cosiddetta presunzione muciana), non opera quando i coniugi si trovino in regime di comunione legale, rispetto ai beni oggetto della comunione stessa, ai sensi dell’art. 177, nuovo testo, c.c., atteso che tale ultima norma, riposando sulla presunzione che il prezzo sia la risultante di un uguale apporto dei coniugi, non si concilia e prevale sull’indicata presunzione (iuris tantum) di cui alla l. fall.; peraltro, ove al prezzo d’acquisto provveda il coniuge imprenditore, realizzando propri beni personali, ovvero con denaro distratto dall’azienda personale da lui soltanto gestita [art. 179, nuovo testo, c.c., c. 1, lett. c), d) ed f), e c. 2], e di ciò non sia fatta menzione nel relativo atto, con la conseguenziale attribuzione dei beni comprati alla comunione, le posizioni dei creditori restano tutelate dalla possibilità del curatore di denunciare l’inefficacia di detta attribuzione, secondo le previsioni degli artt. 64 e 66, cit., l. fall. [C. I 11.2.1991, n. 1402, Fall 1991, 603; C. I 23.1.1990, n. 351, DF 1990, II, 656; C. I 18.7.1990, n. 7338, GComm 1991, II, 347]. È ammissibile l’azione revocatoria ordinaria del trasferimento di un immobile (o, in generale, di atti che costituiscono diritti reali sugli stessi), effettuato da un coniuge a favore dell’altro in ottemperanza a patti assunti in sede di separazione consensuale, poiché esso trae origine dalla libera determinazione del coniuge e diviene dovuto solo in conseguenza di un impegno assunto in costanza dell’esposizione debitoria nei confronti di un terzo creditore, sicché l’accordo separativo, in tal caso, costituisce esso stesso parte dell’operazione revocabile e non fonte di obbligo idoneo a giustificare l’applicazione dell’art. 2901, c. 3, c.c. [C. III 5.7.2018, n. 17612, Ilfallimentarista.it 2018]. Non è revocabile l’atto di trasferimento immobiliare della casa coniugale a favore della moglie, già ivi collocataria dei tre figli minori, intervenuto subito dopo la separazione e tre anni prima della dichiarazione di fallimento della società della quale il marito era socio illimitatamente responsabile, tenuto conto del lasso di tempo trascorso tra l’atto e la dichiarazione di fallimento e, ancor di più, dell’impossibilità di presumere la conoscenza in capo alla moglie (casalinga dedita alla crescita dei figli che mai aveva prestato attività a favore della società) della situazione debitoria della società al momento della separazione, non potendo tale conoscenza discendere, in via del tutto presuntiva, dalla sola sussistenza del vincolo coniugale [T. Busto Arsizio 15.2.2021, n. 233, DeJure 2021]. È revocabile, ai sensi dell’art. 66 l. fall., l’accordo con il quale sia stato anticipatamente risolto il contratto di leasing di un’autovettura, quanto l’accordo determina l’acquisizione in capo alla società concedente dell’importo corrispondente alle rate già corrisposte dall’imprenditore-utilizzatore, successivamente fallito, e deve conseguentemente essere dichiarato inefficace il successivo contratto con il quale la medesima autovettura viene concessa in leasing ad una società informalmente “collegata” a quella fallita [C. I 14.9.1999, n. 9812, DPS 2000, 74]. Il curatore fallimentare è legittimato ad agire contro la banca per la concessione abusiva del credito, in caso di illecita nuova finanza o di mantenimento dei contratti in corso, che abbia cagionato una diminuzione del patrimonio del soggetto fallito, per il danno diretto all’impresa conseguito al finanziamento e per il pregiudizio all’intero ceto creditorio a causa della perdita della garanzia patrimoniale ex art. 2740 c.c. [C. I 14.9.2021, n. 24725, GComm 2022, 1095]. Ai fini della revocatoria delle rimesse bancarie, il conto corrente va considerato nel complesso delle operazioni in esso transitate, secondo una visione unitaria, e il curatore ha solo l’onere di dimostrare la scopertura, rispetto all’eventuale affidamento accordato, mentre la Banca, per sottrarsi all’obbligo di restituzione deve provare che i versamenti non abbiano ridotto in maniera “consistente” e “durevole” l’esposizione debitoria; ne consegue che non è necessaria l’indicazione da parte del Curatore delle singole rimesse da revocare, rimesse che la Banca è in grado di individuare detenendo la relativa documentazione contabile [C. App. Trieste 28.10.2016, RDottComm 2017, 590]. La cessione di credito pro solvendo, in quanto diretta alla estinzione dell’obbligazione del cedente come effetto finale di un negozio giuridico soggettivamente ed oggettivamente diverso da quello in virtù del quale il pagamento è dovuto, integra un mezzo non normale per il pagamento stesso, che si ricollega ad un atto di natura discrezionale e di contenuto dispositivo, e, pertanto, può essere oggetto di azione revocatoria fallimentare ed anche ordinaria [C. 28.4.1981, n. 2559, GI 1982, I, 1, 356; T. Palermo 2.11.2021, n. 4109, DeJure]. La cessione “pro solvendo” al creditore di tutti i crediti presenti e futuri vantati, fino ad un determinato importo, dal debitore verso un terzo, costituisce modalità anomala di estinzione dell’obbligazione, come tale assoggettabile all’azione revocatoria ordinaria promuovibile dal curatore ex art. 66 l. fall.; il principio della non sottoponibilità all’azione revocatoria dell’adempimento di un debito scaduto, fissato dall’art. 2901, c. 3, c.c., trova invero applicazione solo con riguardo all’adempimento in senso tecnico e non con riguardo a negozi, come la predetta cessione, riconducibili ad un atto discrezionale, dunque non dovuto, per il quale l’estinzione dell’obbligazione è l’effetto finale di un negozio, soggettivamente ed oggettivamente diverso da quello in virtù del quale il pagamento è dovuto [C. I 10.12.2008, n. 28981, Fall 2009, 880; T. Bergamo 21.6.2016, n. 2051, DeJure]. Il principio della non sottoponibilità all’azione revocatoria dell’adempimento di un debito scaduto non trova applicazione rispetto alla cessione di crediti la quale costituisce una modalità anomala di estinzione dell’obbligazione a cui non è sottratta neppure a seguito della dimostrazione da parte del debitore dell’assenza di alternative per soddisfare il debito scaduto [C. III 26.5.2022, n. 17098, DeJure 2022]. La revoca dell’ipoteca non comporta anche l’esclusione dall’ammissione al passivo del credito oggetto di garanzia; così che nell’ipotesi di mutuo garantito da ipoteca, integrante un negozio indiretto poiché destinato ad estinguere il preesistente debito chirografario, l’ammissione al passivo della somma mutuata è incompatibile con le sole fattispecie della simulazione e della novazione ma non anche con quella del negozio indiretto - ove appunto si alleghi essere eterogeneo lo scopo perseguito dalle parti mediante il collegamento negoziale e, specificamente, che si sia inteso in concreto munire di privilegio il credito preesistente - poiché, in tal caso, la stessa revoca dell’intera operazione e, quindi, anche del mutuo, comporterebbe pur sempre la necessità di ammettere al passivo la somma (realmente) erogata in virtù del mutuo revocato, atteso che all’inefficacia del contratto conseguirebbe la necessità di restituzione, sia pure in moneta fallimentare [C. I 11.8.2021, n. 22667, GD 2021]. È impugnabile con azione revocatoria da parte del curatore del fallimento la cessione del ramo d’azienda da parte di società fallita perché è idoneo a pregiudicare le ragioni dei creditori del cedente [T. Prato 20.4.2020, n. 195, DeJure 2020]. Conformemente a quanto statuito dalla Corte di Giustizia UE (con sentenza del 30.1.2020 in causa C-394/18), l’azione revocatoria ordinaria dell’atto di scissione societaria, pure se esercitata dal curatore fallimentare ex art. 66 l. fall., è sempre ammissibile, anche in concorso con l’opposizione preventiva dei creditori sociali ex art. 2503 c.c., in quanto la prima mira ad ottenere l’inefficacia relativa dell’atto per renderlo inopponibile al creditore pregiudicato, mentre la seconda è finalizzata a farne valere l’invalidità [C. III 29.1.2021, n. 2153, GCM 2021].