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Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza - Formulario commentato

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    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

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    Autore:

    Massimo Fabiani, Giovanni Battista Nardecchia

    Editore:

    Wolters Kluwer

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    Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza - Formulario commentato

    155. Compensazione

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    [1] I creditori possono opporre in compensazione dei loro debiti verso il debitore il cui patrimonio è sottoposto alla liquidazione giudiziale i propri crediti verso quest’ultimo, ancorché non scaduti prima dell’apertura della procedura concorsuale.

    [2] La compensazione non ha luogo se il creditore ha acquistato il credito per atto tra vivi dopo il deposito della domanda cui è seguita l’apertura della liquidazione giudiziale o nell’anno anteriore.

    A) Inquadramento funzionale:

    A)Inquadramento funzionale:

    I. Ambito di applicazione - II. Profili processuali.

    I. Ambito di applicazione

    I.Ambito di applicazione

    1 La disposizione riafferma, per evidenti esigenze di equità, la possibilità di opporre in compensazione a un debito nei confronti del soggetto sopposto a liquidazione giudiziale un controcredito anche non scaduto prima dell’apertura. La ratio dell’art. 155 CCII viene essenzialmente ravvisata nell’introduzione di un meccanismo volto ad assolvere ad esigenze equitative, nel senso di volere ovviare all’iniquità del pagamento in misura concorsuale del creditore in bonis costretto ad adempiere alla propria obbligazione per l’intero, pur in presenza di un controcredito. Altra parte della dottrina ha rilevato tuttavia proprio l’iniquità della regola della compensazione che, di fatto, si risolverebbe in un esonero del creditore chirografario dal concorso formale e sostanziale. Chiara la conseguenza in sede applicativa delle due posizioni: nella prima ipotesi si favorisce una lettura estensiva ispirata ad esigenze equitative, nella seconda si privilegia l’interpretazione letterale nella visione della norma quale vulnus alla regola della par condicio creditorum.

    2 Alla lacuna della normativa, la quale non chiarisce se il creditore in bonis possa avvalersi della compensazione legale anche quando il credito del debitore non sia scaduto prima della dichiarazione di apertura della procedura, sono conseguite interpretazioni dottrinali e giurisprudenziali altalenanti. Da una parte un indirizzo che si basa sul dato letterale e quindi sul carattere speciale della norma, oltre che sul principio della cristallizzazione delle situazioni giuridiche esistenti alla data della liquidazione giudiziale e dell’applicabilità dell’art. 2917 c.c., offre un’interpretazione rigorosa della normativa concorsuale. In questa prospettiva si esclude che possa esserci compensazione sia quando il credito del debitore diviene esigibile dopo l’apertura della procedura, sia quando si debba pervenire alla compensazione giudiziale, dal momento che non può, in contrario, legittimamente invocarsi l’applicabilità della norma di cui all’art. 1184 c.c. in tema di rinunciabilità, da parte del debitore, del termine di adempimento stabilito, esplicitamente o implicitamente, in suo favore, onde rendere, per l’effetto, surrettiziamente esigibile nei suoi confronti il credito del debitore sottrarsi, così, indebitamente alle regole della par condicio della procedura concorsuale.

    3 Per converso, secondo altro indirizzo, assolutamente prevalente nella giurisprudenza di legittimità e di merito, l’art. 155 CCII trova applicazione anche al caso in cui, alla data di dichiarazione di apertura della procedura, il credito del debitore non sia ancora scaduto. Il fatto che il creditore del debitore in liquidazione giudiziale possa compensare con il proprio credito verso quest’ultimo un debito nei confronti del medesimo, anche se il credito del debitore, sorto prima della dichiarazione di apertura della procedura, non sia alla data di tale dichiarazione ancora esigibile, si spiega perché l’art. 155 CCII non pone limiti diversi dalla semplice anteriorità alla liquidazione giudiziale del fatto genetico della situazione giuridica; tale lettura corrisponderebbe anche a ragioni di equità che giustificano la compensabilità con i debiti verso il debitore dei crediti vantati verso lo stesso, ancorché non scaduti prima della dichiarazione di apertura della liquidazione; pertanto l’unico presupposto per l’operatività della compensazione nella liquidazione giudiziale ex art. 155 CCII è dato dall’anteriorità all’apertura della procedura del fatto genetico della situazione giuridica estintiva delle obbligazioni contrapposte.

    4 Per effetto di questo indirizzo trova giustificazione il principio per cui nella liquidazione giudiziale è ammissibile la compensazione giudiziale, ancorché l’effetto estintivo si verifichi dopo l’apertura della procedura concorsuale, non trovando applicazione la regola di cui all’art. 2917 c.c. stabilita per l’esecuzione singolare. È opportuno porre in evidenza che la compensazione in ambiente concorsuale non soffre alcun limite quando i crediti e debiti della parte in bonis e del debitore sono divenuti omogenei, liquidi ed esigibili prima dell’apertura della procedura, trovando ivi applicazione la regola di cui all’art. 1242 c.c.

    5 La compensazione di cui alla disposizione in esame opera in presenza del necessario requisito della reciprocità delle obbligazioni, e cioè che i due contrapposti rapporti di debito-credito intercorrano tra i medesimi soggetti.

    6 La disposizione dell’art. 155, c. 2 ha carattere parzialmente innovativo, essa è dettata dalla necessità di evitare operazioni in danno della massa consistenti nell’acquistare a prezzo vile di crediti verso il debitore assoggettato alla liquidazione privi di apprezzabili probabilità di soddisfacimento e quindi opporli in compensazione per l’intero valore nominale a debiti dell’acquirente nei confronti dello stesso soggetto.

    7 Essa prevede infatti che la compensazione non abbia luogo se il creditore ha acquistato il credito per atto tra vivi dopo il deposito della domanda cui è seguita l’apertura della liquidazione giudiziale o nell’anno anteriore, prescindendo dalla circostanza, cui invece attribuisce rilevanza la norma vigente, che il credito sia o no scaduto prima dell’apertura. La ratio dell’originaria disposizione, che è quella di evitare condotte abusive e opportunistiche a danno della massa, ricorre infatti nella stessa misura sia in caso di acquisto di crediti non scaduti che nell’ipotesi di cessioni successive all’apertura della liquidazione di crediti scaduti.

    II. Profili processuali

    II.Profili processuali

    1 Per ciò che attiene ai profili processuali si ritiene che la parte in bonis convenuta in giudizio in sede ordinaria dal curatore che agisce per riscuotere un credito del debitore, possa opporre in compensazione un proprio credito vantato verso quest’ultimo, sia che questo sia stato ammesso in via definitiva al passivo della liquidazione giudiziale, sia che questo non sia ancora stato sottoposto all’esame concorsuale, e ciò sempre che il convenuto si limiti ad opporre l’eccezione di compensazione senza promuovere anche domanda riconvenzionale. Quando il creditore deduce la compensazione ed insinua al passivo il suo residuo credito, l’indagine del giudice delegato investe, non solo il titolo dal quale deriva il credito compensato, ma anche la sua efficacia e validità; pertanto, dall’accertamento della compensazione, implicito nel provvedimento del giudice delegato che, senza altro aggiungere, ammette il creditore al passivo per l’importo del credito residuo, discende una preclusione endoconcorsuale che, atteso il carattere unitario della procedura e la strumentalità alla liquidazione delle azioni di massa, opera anche nei giudizi promossi dalla liquidazione giudiziale per impugnare l’esistenza, la validità o l’efficacia del titolo dal quale deriva il credito opposto in compensazione.

    2 Poiché l’art. 1246 c.c. si limita a prevedere che la compensazione si verifica quali che siano i titoli da cui nascono i contrapposti crediti e debiti senza espressamente restringerne l’applicabilità all’ipotesi di pluralità di rapporti, non può in assoluto escludersi che detto istituto operi anche fra obbligazioni scaturenti da un’unica fonte negoziale; una tale esclusione è giustificata allorquando le obbligazioni derivanti da un unico negozio siano tra loro legate da un vincolo di corrispettività che ne escluda l’autonomia, perché se in siffatta ipotesi si ammettesse la reciproca elisione delle obbligazioni in conseguenza della compensazione, si verrebbe ad incidere sull’efficacia stessa del negozio, paralizzandone gli effetti; qualora, invece, le obbligazioni, ancorché aventi causa in un unico rapporto negoziale, non siano in posizione sinallagmatica ma presentino caratteri di autonomia, non v’è ragione per sottrarre la fattispecie alla disciplina dell’art. 1246 c.c. che, riguardando l’istituto della compensazione in sé è norma di carattere generale e come tale applicabile anche alla compensazione contemplata dall’art. 155 CCII.

    B) Giurisprudenza:

    B)Giurisprudenza:

    I. Ambito di applicazione - II. Profili processuali.

    I. Ambito di applicazione

    I.Ambito di applicazione

    1 La disposizione contenuta nell’art. 56 l. fall. rappresenta una deroga al concorso, a favore dei soggetti che si trovino ad essere al contempo creditori e debitori del fallito, non rilevando il momento in cui l’effetto compensativo si produce e ferma restando l’esigenza dell’anteriorità del fatto genetico della situazione giuridica estintiva delle obbligazioni contrapposte. Le stesse esigenze poste a base della citata norma giustificano l’ammissibilità anche della compensazione giudiziale nel fallimento, per la cui operatività è necessario che i requisiti dell’art. 1243 c.c. ricorrano da ambedue i lati e sussistano al momento della pronuncia, quando la compensazione viene eccepita [C. 27.4.2010, n. 10025].

    2 La disposizione in esame deroga all’art. 1243 c.c., poiché consente l’operatività della compensazione nel fallimento anche quando il credito verso il fallito non sia ancora divenuto esigibile anteriormente alla dichiarazione di fallimento [C. 3.12.2003, n. 18428; C. 11.11.1998, n. 11731; C. 2.10.1997, n. 9635].

    3 La compensazione nel fallimento è ammessa anche quando il controcredito del fallito divenga liquido od esigibile dopo il fallimento, purché il fatto genetico dell’obbligazione sia anteriore alla dichiarazione di fallimento, con la conseguenza che è sufficiente che i requisiti di cui all’art. 1243 c.c., ricorrano da ambedue i lati e sussistano al momento della pronuncia [C. 20.3.1991, n. 3006; C. s.u. 2.11.1999, n. 755; C. s.u. 16.11.1999, n. 775; C. 18.3.2005, n. 6006; contra C. 11.11.1998, n. 11371; C. 25.8.1997, n. 7961].

    4 In forza di tali principi si è ritenuto compensabile il credito del socio, escluso a seguito della dichiarazione del suo fallimento, con il credito vantato dalla società, in quanto il fondamento causale era individuabile nella costituzione del vincolo sociale precedente alla dichiarazione di fallimento [C. 5.11.1999, n. 12318; la compensabilità dei contrapposti crediti del socio - credito relativo alla liquidazione della quota o al rimborso delle azioni - e della società è stata altresì ribadita da C. 24.7.2000, n. 9678].

    5 Sempre in base a questa lettura si è però stabilito che l’art. 56 l. fall. non deroga [tranne che per la scadenza] ai normali presupposti della compensabilità [C. 10.4.2000, n. 4530], fra cui quello secondo il quale non è compensabile il credito sottoposto a condizione, quando la condizione non si è ancora avverata [C. 2.8.1994, n. 7181]; pertanto, non può essere compensato con un credito liquido ed esigibile del fallimento il credito che il suo debitore vanti quale fideiussore del fallito surrogatosi al creditore originario attraverso un pagamento effettuato in data posteriore alla dichiarazione di fallimento, atteso che il fideiussore, pur acquistando ex tunc il credito verso il fallimento, ai fini del concorso, non acquista al contempo ex tunc, la compensabilità, che sorge soltanto al momento del pagamento al creditore originario.

    6 È stato giudicato costituzionalmente legittimo l’art. 56, c. 2, l. fall. nella parte in cui non esclude l’operatività della compensazione per crediti già scaduti ed acquistati per atto inter vivos dal creditore del fallito nell’anno anteriore al fallimento [C. Cost. 20.8.2000, n. 431].

    7 Il debito del soggetto che, a seguito di revocatoria fallimentare, sia tenuto alla restituzione di una somma oggetto di pagamento effettuato dal fallito sorge con la sentenza di accoglimento della domanda di revoca e nei confronti della massa dei creditori, con la conseguenza che detto debito non può essere opposto in compensazione con crediti vantati verso il fallito, ancorché ammessi al passivo [come nella specie le spese sostenute quale creditore nel processo esecutivo], perché la compensazione è consentita solo tra i debiti ed i crediti verso il fallito medesimo [C. 19.11.2008, n. 27518].

    8 Sono presenti i requisiti della reciprocità e della preesistenza al fallimento, ed è quindi possibile operare la compensazione fra i contrapposti crediti e debiti di restituzione conseguenti a scioglimento ex art. 72 l. fall. di un contratto non ancora eseguito, anche se lo scioglimento sia stato determinato dalla scelta del curatore di non subentrare nel contratto [C. 27.6.1990, n. 6560]. Non è compensabile con un credito verso il fallito, il debito verso la massa della banca che, agendo in forza di un mandato, abbia incassato crediti del fallito dopo la dichiarazione di fallimento, restando fermo l’obbligo della banca di rimettere quanto riscosso al curatore [C. 19.11.1987, n. 8505]. È compensabile il debito dell’assicuratore per l’indennità assicurativa con il credito per il recupero dei premi ancora dovutogli. È ammissibile l’eccezione di compensazione basata, ex art. 1526 c.c., sul diritto del venditore a rate con riserva di proprietà di ritenere le rate riscosse a titolo di equo compenso per l’uso della cosa, qualora venga opposta per contrastare il credito vantato dal fallimento, diretto ad ottenere la restituzione delle rate già corrisposte dal compratore fallito. Il credito verso il fallito non può essere compensato con il debito di restituzione a seguito di esperimento di azione revocatoria, atteso che quest’ultimo è un debito verso la massa e non verso il fallito e, pertanto, manca, perché possa operare la compensazione, il requisito della reciprocità delle obbligazioni, non correndo i rapporti di debito e credito fra i medesimi soggetti [C. 26.7.2002, n. 11030, Fall 2003, 507].

    9 In tema di anticipazione su ricevute bancarie regolata in conto corrente, se le relative operazioni siano compiute in epoca antecedente rispetto all’ammissione del correntista alla procedura di amministrazione controllata, è necessario accertare, qualora il fallimento (successivamente dichiarato) del correntista agisca per la restituzione dell’importo delle ricevute incassate dalla banca, se la convenzione relativa all’anticipazione su ricevute regolata in conto contenga una clausola attributiva del diritto di “incamerare” le somme riscosse in favore della banca (c.d. “patto di compensazione” o, secondo altra definizione, patto di annotazione ed elisione nel conto di partite di segno opposto). Solo in tale ipotesi, difatti, la banca ha diritto a “compensare” il suo debito per il versamento al cliente delle somme riscosse con il proprio credito, verso lo stesso cliente, conseguente ad operazioni regolate nel medesimo conto corrente, a nulla rilevando che detto credito sia anteriore alla ammissione alla procedura concorsuale ed il correlativo debito, invece, posteriore, poiché in siffatta ipotesi non può ritenersi operante il principio della “cristallizzazione dei crediti”, con la conseguenza che né l’imprenditore durante l’amministrazione controllata, né il curatore fallimentare - ove alla prima procedura sia conseguito il fallimento - hanno diritto a che la banca riversi in loro favore le somme riscosse (anziché porle in compensazione con il proprio credito) [C. 1.9.2011, n. 17999].

    10 In tema di conto corrente bancario, ove il correntista e la banca abbiano pattuito l’anticipazione su crediti per ricevute con clausola di compensazione, l’incasso da parte della banca, anche nell’interesse del cliente, del danaro incorporato nelle ricevute bancarie consegnatele costituisce adempimento di un’obbligazione già sorta e determina la sola esigibilità del relativo credito verso la banca da parte del cliente. Pertanto, in caso di successivo fallimento di quest’ultimo, tra le operazioni di anticipazione di danaro avvenute prima della dichiarazione di fallimento e la riscossione dei crediti portati dalle suddette ricevute bancarie avvenute in epoca successiva sussistono i presupposti richiesti dall’art. 56 l. fall., per effetto della perdurante efficacia della clausola di compensazione fra i reciproci debiti restitutori, giacché il debito della banca è solo divenuto esigibile [C. 30.12.2021, n. 42008].

    II. Profili processuali

    II.Profili processuali

    1 La compensazione estintiva di un’obbligazione accertata con decisione passata in giudicato non può essere opposta dal debitore se il credito opposto in compensazione sia sorto anteriormente alla formazione del giudicato, che preclude l’efficacia dei fatti estintivi o impeditivi ad esso contrari, ma può esserlo soltanto se il credito sia sorto successivamente. [Nel caso esaminato dalla Corte il debito della ricorrente era stato accertato con sentenza passata in giudicato, con cui era stata anche respinta l’eccezione di compensazione, ed è altresì ammesso - anzi sottolineato - dalla ricorrente che i fatti costituitivi del suo credito erano anteriori al fallimento, e dunque al giudicato sul suo debito] [C. 16.8.2011, n. 17306].

    2 Il titolare del credito ammesso in via definitiva al passivo fallimentare convenuto in giudizio dal curatore per il pagamento di un credito dovuto all’imprenditore insolvente, può opporre in compensazione, fino a concorrenza, il proprio credito, senza che gli si possa eccepire la rinuncia tacita alla compensazione, quale automatica conseguenza della domanda di ammissione al passivo, o l’efficacia preclusiva del provvedimento di ammissione al passivo in via definitiva [C. 31.8.2010, n. 18915; negli stessi termini C. 12.3.1994, n. 2423].

    3 Quando il creditore richiede l’ammissione al passivo per un importo inferiore a quello originario deducendo la compensazione, l’esame del giudice delegato investe il titolo posto a fondamento della pretesa, la sua validità, la sua efficacia e la sua consistenza. Ne consegue che il provvedimento di ammissione del credito residuo nei termini richiesti comporta implicitamente il riconoscimento della compensazione quale causa parzialmente estintiva della pretesa, riconoscimento che determina una preclusione endofallimentare, che opera in ogni ulteriore eventuale giudizio promosso per impugnare, sotto i sopra indicati profili dell’esistenza, validità, efficacia, consistenza, il titolo dal quale deriva il credito opposto in compensazione [C. s.u. 14.7.2010, n. 16508; negli stessi termini C. 8.7.2004, n. 12548].

    4 L’art. 56, c. 1, l. fall. che introduce una deroga al principio della concorrenza paritaria dei creditori, consentendo la compensazione tra i debiti verso il fallimento e i crediti sorti nei confronti del fallito, si applica anche alla compensazione giudiziale, quando il fatto genetico del credito opposto in compensazione sia anteriore alla dichiarazione di fallimento, anche se l’accertamento giudiziale relativo alla liquidità di uno dei due crediti sopravvenga successivamente [C. 7.12.2021, n. 38888].

    5 Il terzo in bonis non può eccepire, ex art. 56, c. 2, l. fall., la compensazione tra un proprio debito verso il fallito con un credito, scaduto anteriormente alla dichiarazione di fallimento, di cui, però, il primo sia divenuto titolare, per atto di cessione tra vivi, dopo l’apertura del concorso [C. 1.12.2021, n. 37734].

    6 Il terzo “in bonis” non può eccepire, l. fall., ex art. 56, c. 2, la compensazione tra un proprio debito verso il fallito con un credito, scaduto anteriormente alla dichiarazione di fallimento, di cui, però, il primo sia divenuto titolare, per atto di cessione tra vivi, dopo l’apertura del concorso («la disposizione, testualmente riferita al solo “credito non scaduto”, deve, dunque, estendersi per coerenza sistematica anche al credito scaduto, nonostante l’equivoco tenore letterale e la mescolanza nel corpo dell’art. 56, comma 2, di due ipotesi (acquisto nell’anno anteriore; acquisto post fallimentare) del tutto eterogenee nella ratio e nell’ambito applicativo. In altri termini, l’inammissibilità della compensazione per crediti sorti o acquistati dopo la dichiarazione di fallimento trova fondamento nell’effetto di pignoramento generale prodotto dal fallimento stesso (cfr. L.Fall., artt. 42 e ss.) e, specificamente, nell’art. 2917 c.c., che rende insensibile il credito del fallito a cause estintive sopravvenute. Il principio, nella sua larghezza, trova applicazione indifferentemente a crediti scaduti e non scaduti alla data del concorso, pur essendo menzionato dalla L.Fall., art. 56, comma 2, soltanto per quanto concerne i secondi» [C. 4.4.2019, n. 9528].

    7 In sede di accertamento del passivo fallimentare del debitore ceduto, il cessionario di un credito concorsuale è tenuto a dare la prova che la cessione è stata stipulata anteriormente al fallimento soltanto ai fini di una eventuale compensazione (art. 56, c. 2, l. fall.) ovvero ai fini del voto in un eventuale concordato fallimentare (art. 127, u.c., l. fall.) (“mentre l’anteriorità o meno della cessione, con l’esigenza della data certa, verrà in rilievo soltanto ai fini previsti dalla citata L.Fall., artt. 56 e 127”, restando, altrimenti, opponibile al curatore anche se ha luogo nel corso della procedura; qualora, peraltro, il credito ceduto sia stato già ammesso al passivo, il cessionario dovrà limitarsi a seguire la procedura prevista dalla l. fall., art. 115, mentre, ove il credito non sia stato ancora ammesso al passivo, dovrà dare anche la prova del credito e della sua anteriorità al fallimento se venga in discussione la sua opponibilità [C. 14.5.2014, n. 10454].

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