[1] La liquidazione giudiziale apre il concorso dei creditori sul patrimonio del debitore.
[2] Ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione o prededucibile, nonché ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare, deve essere accertato secondo le norme stabilite dal capo III del presente titolo, salvo diverse disposizioni della legge.
[3] Le disposizioni del comma 2 si applicano anche ai crediti esentati dal divieto di cui all’articolo 150.
A) Inquadramento funzionale:
A)Inquadramento funzionale:I. L’universalità soggettiva
I.L’universalità soggettiva1 L’art. 151 CCII conferma un altro dei principi cardine della liquidazione giudiziale, sancito nella legislazione previgente dall’art. 52 l. fall., e cioè il principio secondo il quale tutte le pretese a contenuto patrimoniale, compresi i crediti prededucibili, da far valere sul ricavato della liquidazione debbono essere accertate secondo il rito della verifica del passivo. La regola si applica anche ai creditori esonerati dal divieto di agire esecutivamente sul patrimonio del debitore, i quali, dunque, al fine di poter trattenere quanto ricavato debbono essere ammessi al passivo. L’art. 151 CCII stabilisce che ogni credito, pur se munito di prelazione, deve essere accertato secondo il procedimento previsto per l’accertamento del passivo, salve le eccezioni previste dalla legge. Viene ribadita nel CCII la definitiva separazione delle sorti dei principi sanciti dagli artt. 150 e 151 CCII. e delle rispettive deroghe.
2 Il privilegio processuale degli istituti di credito fondiario di poter iniziare o proseguire l’esecuzione anche in pendenza della liquidazione giudiziale del debitore, in deroga, appunto, al divieto generale posto dall’art. 150 CCII. comporta quindi l’obbligo dello stesso creditore di soggiacere alla regola generale di cui all’art. 151 CCII. La regola non è ricollegabile a ragioni di competenza funzionale inderogabile, quanto piuttosto al fatto che l’iter giudiziale è obbligatorio per chi voglia partecipare al concorso, e presuppone la presentazione di una domanda di ammissione al passivo; la questione che ne origina non attiene, dunque, alla competenza, ma alla tipicità ed esclusività del rito; tale domanda è produttiva degli stessi effetti della domanda giudiziale; parimenti, la partecipazione al concorso sostituisce l’esercizio delle azioni, sia esecutive che di accertamento o di condanna, che spettano al creditore verso il debitore.
3 Il sistema concorsuale è informato a due fondamentali principi: quello della universalità oggettiva, derivante dall’art. 142 CCII, e quello della universalità soggettiva, derivante dagli artt. 150 e 151 CCII; il primo principio comporta la privazione integrale del debitore dalla disponibilità del suo patrimonio; il secondo la soggezione dei suoi creditori alle norme specifiche sulla formazione dello stato passivo e l’esclusione della possibilità di azioni autonome sui beni del debitore nonché della possibilità di proseguire o iniziare azioni volte alla conservazione del patrimonio del debitore.
4 Lo scopo dell’art. 151 CCII è quello di consentire l’attuazione della par condicio creditorum assicurata anche mediante la trattazione innanzi allo stesso giudice, in sede concorsuale, di tutte le pretese creditorie vantate da terzi nei confronti del debitore. Il credito si definisce concorsuale solamente se anteriore all’apertura della procedura, fermo restando che il relativo accertamento è devoluto alla cognizione esclusiva del G.D. laddove il creditore intenda effettivamente partecipare al concorso, in quanto l’intervenuta dichiarazione di liquidazione giudiziale attribuisce a tutti i creditori la qualifica di concorsuali, ma non li costringe a divenire concorrenti, lasciando libero il creditore di conseguire un titolo nelle consuete sedi ordinarie da far valere eventualmente contro il debitore tornato in bonis.
5 La regola dettata dall’art. 151 CCII non incide sul riparto di giurisdizione, perché il necessario assoggettamento della pretesa nei confronti del debitore al procedimento di accertamento del passivo, presuppone che il tribunale concorsuale abbia giurisdizione sulla domanda di insinuazione o rivendica. Ne deriva che tale domanda è sottratta al rito speciale richiamato dall’art. 151 CCII, ove il suo accertamento sia devoluto ad altra giurisdizione. Accertamento della pretesa rimesso alla cognizione del giudice speciale che non determina una completa eluzione della regola del concorso formale, rimanendo nell’esclusiva cognizione del giudice concorsuale, in sede di accertamento del passivo, valutare, con valenza endoconcorsuale, l’efficacia di tale decisione, l’opponibilità della pretesa accertata alla liquidazione giudiziale, nonché il grado di privilegio che ad essa può essere riconosciuto.
II. Ambito di applicazione
II.Ambito di applicazione1 La speciale procedura richiamata dalla disposizione in esame va seguita anche nell’eventualità che la liquidazione del convenuto intervenga nel corso del giudizio di accertamento del credito, verificandosi in tale ipotesi l’improcedibilità del giudizio nei confronti del curatore e l’impossibilità della riassunzione del giudizio ordinario nei confronti del curatore, pena l’improcedibilità della relativa domanda.
2 Qualora il soggetto convenuto dal curatore per il pagamento di un determinato credito, non si limiti ad eccepire nello stesso giudizio l’esistenza di un contro-credito per ottenerne la compensazione, ma proponga un’autonoma domanda di condanna al pagamento della pretesa creditoria fatta valere, non può agire in via ordinaria, ma deve osservare il rito speciale dell’accertamento del passivo.
3 L’azione di ripetizione d’indebito proposta nei confronti di un debitore assoggettato a liquidazione giudiziale va esercitata secondo il rito e le modalità previste per l’accertamento del passivo.
4 La preclusione posta dall’art. 151 CCII a forme di tutela diverse da quelle dell’accertamento del passivo si applica anche, per espressa previsione di legge, ad ogni pretesa creditoria successivamente insorta e suscettibile di soddisfacimento sul patrimonio del debitore.
5 Pertanto anche i crediti prededucibili, quando su di essi sorga contestazione, devono essere accertati nella liquidazione giudiziale secondo le regole previste per il concorso dei creditor. In caso di crediti prededucibili liquidi, esigibili e non contestati il curatore potrà procedere direttamente al pagamento in favore del creditore previa autorizzazione del comitato dei creditori. Autorizzazione che, essendo relativa a crediti non contestati, non dovrebbe involgere un accertamento del credito stesso, il che pone dubbi circa la possibilità per il comitato dei creditori di negare l’autorizzazione adducendo motivi di contestazione che poi in ogni caso dovrebbe essere il curatore ad opporre provocando il procedimento di verifica.
6 Non è consentito agli istituti di credito fondiario accertare, mediante azione di cognizione ordinaria o in via monitoria, il credito verso il debitore, poiché la deroga a favore di detti istituti riguarda solamente il processo esecutivo ed è da intendersi come deroga processuale, come è stato espressamente previsto con l’addendo del comma 3.
7 Con riferimento alle domande di rivendica e di restituzione di beni immobili e mobili, per effetto del combinato disposto degli artt. 122, 152 e 210 CCII, secondo i quali per ogni azione mirante a recuperare beni in natura, liberandoli dallo spossessamento, opera la previsione che tali domande debbano essere promosse secondo il rito di cui agli artt. 200 ss. CCII. La sottoposizione al concorso formale dei diritti dei terzi sui beni acquisiti al patrimonio della massa concorsuale, che evidentemente sfuggono al concorso sostanziale, ha lo scopo principale di assicurare il controllo dei creditori sulle pretese dei rivendicanti.
8 Con il CCII il principio di esclusività del procedimento di formazione dello stato passivo risulta rafforzato posto che saranno attratte al procedimento anche le domande con le quali un creditore di un terzo chiede di essere collocato nel riparto del debitore assoggettato alla liquidazione giudiziale e che abbia rilasciato garanzia. Infatti, l’art. 201 CCII prevede che “Le domande di ammissione al passivo di un credito o di restituzione o rivendicazione di beni mobili o immobili compresi nella procedura, nonché le domande di partecipazione al riparto delle somme ricavate dalla liquidazione di beni compresi nella procedura ipotecati a garanzia di debiti altrui, si propongono con ricorso …”.
9 Un’ulteriore estensione dell’esclusività del procedimento di formazione dello stato passivo si rinviene nell’art. 173, c. 2, CCII nella parte in cui si prevede che “In caso di scioglimento del contratto preliminare di vendita immobiliare trascritto ai sensi dell’articolo 2645-bis del codice civile, il promissario acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo”.
10 Nella vigenza della norma di cui all’art. 72, c. 5, l. fall., numerosi erano i dubbi interpretativi che avevano diviso la giurisprudenza e la dottrina, con riferimento al meccanismo di raccordo tra la domanda di risoluzione e quella restitutoria e risarcitoria, tra quanti ritenevano che “la domanda” da proporre secondo le norme del capo V fosse la sola domanda restitutoria e risarcitoria e quanti, al contrario, affermavano che la norma facesse riferimento proprio alla domanda di risoluzione, atteso che l’attrazione della richiesta conseguenziale risarcitoria e restitutoria derivava già dal disposto di cui all’art. 52 l. fall. Per le sezioni unite della Corte [C. nn. 2990/2020 e 2991/2020] entrambe le domande devono essere vagliate dal giudice delegato a mezzo del procedimento di ammissione al passivo. La Corte muove dall’arresto, ritenuto pacifico, secondo cui «il vigente art. 52 l. fall., nel fare riferimento omnicomprensivo a “ogni credito” e ad “ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare», ivi compresi i crediti esentati dal divieto di cui all’art. 51”, assoggetta inevitabilmente alla competenza dell’organo giurisdizionale fallimentare e al rito speciale dell’accertamento del passivo (c.d. concorso formale) – “salvo diversa disposizione di legge” - anche la cognizione degli antecedenti logico-giuridici che costituiscono il presupposto delle suddette pretese». Di seguito, afferma che il postulato del concorso formale può essere derogato solo da specifiche disposizioni di legge e che, nel caso di specie, non è dato ravvisarne alcuna, tanto non potendo dedursi dalla disposizione di cui alla prima parte dell’art. 72 l. fall. Per l’effetto, afferma il principio di diritto secondo cui la domanda di risoluzione pendente, finalizzata all’esercizio di istanze restitutorie e risarcitorie, deve essere esaminata e decisa dal giudice fallimentare, in quanto antecedente logico-giuridico delle ulteriori domande. Principi validi anche dopo l’entrata in vigore del Codice.
11 Tra le eccezioni alla disposizione in esame la prima è ravvisabile nell’ipotesi di domanda diretta all’accertamento di un credito verso il debitore proposta in sede ordinaria contro il curatore, che, in luogo della dovuta declaratoria di improcedibilità, sia confluita in una decisione di merito che abbia accertato, al di fuori del concorso, l’esistenza e l’entità del credito dedotto in lite: dove, secondo consolidata giurisprudenza [C. 4.10.2018, n. 24156], la rilevabilità del vizio incontra il limite preclusivo del giudicato interno e questo fa sì, che qualora, sul punto, il giudicato effettivamente sopravvenga, il creditore, pur tenuto a richiedere l’ammissione al passivo ai fini della partecipazione al riparto, può ottenere tale ammissione sulla base della mera produzione in giudizio di quell’accertamento extraconcorsuale.
12 Un’ulteriore eccezione si ha nelle ipotesi contemplate dall’art. 204, c. 2, lett. c), CCII a mente del quale vanno ammessi con riserva «i crediti accertati con sentenza del giudice ordinario o speciale non passata in giudicato, pronunziata prima della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale»: dove il curatore, qualora non intenda uniformarsi al dictum di quella sentenza, ha l’onere di promuoverne o proseguirne l’impugnazione nella sede ordinaria extraconcorsuale e la decisione definitiva che ne dovesse scaturire sarebbe recepita nello stato passivo per il tramite del meccanismo di scioglimento della riserva di cui all’art. 228 CCII.
13 E infine, a venire in considerazione, sono i crediti devoluti alla cognizione esclusiva di un giudice speciale (tributario, amministrativo, contabile): dove nuovamente è prevista l’ammissione con riserva e il curatore, che intende contestare il credito ed evitare che la sua ammissione con riserva si converta in ammissione piena e incondizionata, è tenuto a promuovere apposito giudizio innanzi a quelle giurisdizioni speciali, in vista, qui pure, di una decisione di merito da integrarsi nello stato passivo nei modi di cui al richiamato art. 228 CCII.
14 Nel riparto di competenza tra il giudice del lavoro e quello della liquidazione giudiziale, il discrimine va individuato nelle rispettive speciali prerogative, spettando al primo, quale giudice del rapporto, le controversie riguardanti lo status del lavoratore, in riferimento ai diritti di corretta instaurazione, vigenza e cessazione del rapporto, della sua qualificazione e qualità, volte ad ottenere pronunce di mero accertamento oppure costitutive, come quelle di annullamento del licenzia-mento e di reintegrazione nel posto di lavoro; rientrano, viceversa, nella cognizione del giudice della liquidazione giudiziale, le controversie relative all’accertamento ed alla qualificazione dei diritti di credito dipendenti dal rapporto di lavoro in funzione della partecipazione al concorso e con effetti esclusivamente endoconcorsuali, ovvero destinate comunque ad incidere nella procedura concorsuale [cfr. ex multis C. 8.2.2021, n. 2964].
B) Giurisprudenza:
B)Giurisprudenza:I. Ambito di applicazione
I.Ambito di applicazione1 Le conseguenze proprie della responsabilità erariale accertate nei confronti della società si ripercuotono sull’impresa in fallimento, per la natura soggettivamente autonoma della massa a seguito della scissione degli effetti giuridici prevista dall’art. 43, r.d. 16.3.1942, n. 267 [C. Conti 17.10.2018, n. 248; 7.7.2020, n. 219]. Ciò in quanto la procedura fallimentare non è in grado di modificare l’assetto della distribuzione della cognizione fra i diversi plessi giudiziari, e di incidere sulla sussistenza della giurisdizione contabile [C. Conti 15.3.2021, n. 54].
2 A seguito della fallimento del debitore è improseguibile davanti al giudice di cognizione ordinaria - e va, pertanto, trasferita nella sede prevista per la formazione del passivo fallimentare - l’azione di mero accertamento, quando la relativa pronuncia costituisce la base concettuale di una pretesa creditoria deducibile in sede concorsuale, salvo che il creditore non dichiari espressamente di volere utilizzare il titolo così ottenuto contro l’imprenditore solo dopo il suo ritorno in bonis [C. 18.10.1991, n. 11038].
3 Qualora, nel giudizio promosso da un soggetto in bonis per il recupero di un credito e proseguito dal curatore, il convenuto proponga domanda riconvenzionale diretta all’accertamento del proprio credito nei confronti del fallimento, detta riconvenzionale, in quanto soggetta al rito speciale previsto dagli artt. 93 ss. l. fall. per l’accertamento del passivo, deve essere dichiarata inammissibile o improcedibile nel giudizio di cognizione ordinaria; al contrario, la domanda proseguita dal curatore resta davanti al giudice adito, non operando per la stessa la vis actractiva del tribunale fallimentare, né in forza dell’art. 36 c.p.c., né dell’art. 24 l. fall., in quanto l’applicazione dell’art. 52, c. 2, l. fall., non pone una questione di competenza, ma di rito e neppure in virtù del principio del simultaneus processus, il quale, non costituendo un principio di carattere assoluto, incontra un limite nella previsione di un rito speciale ancorato ad una competenza esclusiva applicabile ad una delle cause connesse [C. 24.11.2011, n. 24847].
4 Nel giudizio promosso dal curatore fallimentare per la revocatoria di un contratto (nella specie, vendita immobiliare conclusa in periodo sospetto), la domanda riconvenzionale, diretta ad ottenere la condanna del fallimento al pagamento di un credito derivante dal medesimo contratto (nella specie, restituzione del prezzo versato) è inammissibile, per violazione degli artt. 52 e 93 l. fall., i quali sanciscono l’esclusività del rito speciale di accertamento del passivo; ne consegue che l’omessa pronuncia, in quanto relativa a domanda inammissibile, non integra un vizio della sentenza, né rileva come motivo di ricorso per cassazione, facendo difetto l’obbligo del giudice di pronunciarsi sul merito [C. 31.5.2012, n. 8782].
5 L’attrazione alla procedura fallimentare può essere superata solo quando sulla sussistenza del credito sia già stata emessa una sentenza di primo o di secondo grado, non passata in giudicato [C. 9.3.1990, n. 1937].
6 Nel caso in cui il terzo, chiamato in causa dal convenuto ai soli fini di garanzia, sia poi dichiarato debitore da altro tribunale rispetto a quello originariamente adito, l’improcedibilità va dichiarata con riguardo esclusivamente a detto terzo, atteso il carattere autonomo ed accessorio del rapporto processuale di garanzia [C. 14.4.1999, n. 3685].
7 È improponibile la domanda proposta in via contenziosa ordinaria contro il fallimento per ottenere il risarcimento dei danni subiti dall’attore a seguito dell’abusiva occupazione, da parte dell’amministrazione fallimentare, di locali già detenuti in locazione dal debitore [C. 11.11.1998, n. 11379; C. 4.4.1991, n. 3505].
8 È improponibile la domanda diretta all’accertamento di un credito verso la massa fallimentare proposta con ricorso per ingiunzione [C. 12.1.2001].
9 Alla regola della concentrazione non fa eccezione neppure il credito derivante dalle obbligazioni restitutorie conseguenti ad azione revocatoria fallimentare, nel senso che, mentre il tribunale che ha dichiarato il fallimento del debitore che ha compiuto l’atto pregiudizievole ai creditori resta competente a decidere l’inefficacia [o meno] dell’atto, le pronunzie di pagamento o di restituzione, conseguenziali alla dichiarazione d’inefficacia, competono al tribunale che ha dichiarato il fallimento del terzo, secondo le modalità stabilite per l’accertamento del passivo e dei diritti dei terzi [C. 8.3.2012, n. 3672; C. 30.8.1994, n. 7583].
10 Nel sistema delineato dagli artt. 52 e 95 l. fall., ogni pretesa a contenuto patrimoniale svolta nei confronti di un soggetto debitore deve essere azionata attraverso lo speciale procedimento endofallimentare dell’accertamento del passivo, da attivarsi avanti al tribunale fallimentare, essendo improcedibile ogni diversa azione, né un’eccezione a tale principio può derivare dalla circostanza che la domanda proposta attenga ad un’azione che comporti il necessario intervento di più litisconsorti, come nella specie prospettato ex art. 23, l. n. 990/1969 per il risarcimento dei danni da incidente stradale; pertanto, deve essere dichiarata inammissibile l’azione di condanna al risarcimento del danno derivante da circolazione stradale proposta nei confronti dell’assicuratore e del responsabile debitore, oltretutto citando la curatela, in quanto la parte danneggiata avrebbe dovuto, in alternativa alla sola domanda nei confronti del danneggiante [da proporsi con il rito fallimentare], astenersi da ogni conclusione nei suoi confronti o dichiarare l’intenzione di avvalersi di una eventuale condanna solo in esito al ritorno in bonis [C. 5.8.2011, n. 17035].
11 Resta devoluta alla competenza del giudice del lavoro, non operando la vis attractiva in favore del tribunale fallimentare, la controversia relativa alla mera impugnazione del licenziamento ed alla reintegrazione nel posto di lavoro ai sensi dell’art. 18, l. n. 300/1970, salvo l’obbligo del lavoratore di proporre domanda di ammissione al passivo per le pretese creditorie ed i danni conseguenti [C. 22.6.2000, n. 8514; C. 18.8.1999, n. 8708]. Di fatto dovrebbero restare estranee al concorso quelle controversie di lavoro nelle quali la richiesta di reintegrazione nel posto di lavoro sia concretamente ipotizzabile, o perché è stato autorizzato l’esercizio provvisorio, o perché l’azienda continua ad operare in seguito alla stipulazione da parte della curatela di un contratto di affitto d’azienda [C. 21.11.1998, n. 11787, Fall 1999, 439].
12 Sono soggette al concorso le obbligazioni derivanti da illeciti amministrativi che hanno originato sanzioni pecuniarie [C. 21.8.1997, n. 7815], come pure i crediti derivanti da infrazioni valutarie [C. 16.4.1996, n. 3595].
13 Nel giudizio promosso dalla curatela per il recupero di un credito contrattuale del fallito, il terzo può proporre ogni eccezione estintiva, impeditiva o modificativa di tale diritto, in quanto rivolta esclusivamente a neutralizzare la domanda attorea e ad ottenerne, in tutto o in parte, il rigetto, non operando in tal caso il principio di esclusività del procedimento di verifica dello stato passivo [C. 25.3.2022, n. 9787].
14 I titolari del diritto di ritenzione su beni mobili compresi nel fallimento, posto a garanzia di crediti vantati verso debitori diversi dal fallito, non possono avvalersi del procedimento di verificazione di cui all’art. 52 l. fall., anche dopo la novella introdotta dal d.lgs. n. 5/2006, che non sottopone a concorso i crediti di coloro che non vantano il relativo diritto nei confronti del fallito; né è possibile configurare un’ammissione atipica al passivo, che sia circoscritta ai beni oggetto della garanzia, valendo per la realizzazione di quest’ultima l’intervento nella ripartizione dell’attivo, che consente la soddisfazione sul ricavato della liquidazione dei beni sui quali insiste la prelazione [C. 25.5.2022, n. 16939].