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Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza - Formulario commentato

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    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

    Informazioni sul volume

    Autore:

    Massimo Fabiani, Giovanni Battista Nardecchia

    Editore:

    Wolters Kluwer

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    Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza - Formulario commentato

    150. Divieto di azioni esecutive e cautelari individuali

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    [1] Salvo diversa disposizione della legge, dal giorno della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale nessuna azione individuale esecutiva o cautelare anche per crediti maturati durante la liquidazione giudiziale, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nella procedura.

    A) Inquadramento funzionale:

    A)Inquadramento funzionale:

    I. Ambito di applicazione - II. Profili processuali.

    I. Ambito di applicazione

    I.Ambito di applicazione

    1 L’art. 150 CCII costituisce la mera riproposizione, con i necessari adattamenti lessicali, dell’art. 51 l. fall., ribadisce il fondamentale principio dell’intangibilità del patrimonio del debitore dal momento in cui la procedura viene aperta. L’art. 150 CCII disciplina gli effetti della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale sulle azioni esecutive individuali aventi ad oggetto beni ricompresi nella massa. La ratio della norma, che vieta tassativamente, una volta intervenuta la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale, sia l’inizio di nuove azioni esecutive individuali che la prosecuzione di quelle già intraprese, è quella di non alterare la par condicio creditorum. Viene così privilegiata la liquidazione collettiva del patrimonio del debitore a scapito della liquidazione parcellizzata che conseguirebbe ove le singole iniziative potessero proseguire.

    2 Il divieto contenuto nell’art. 150 CCII, di esecuzione individuale sui beni della liquidazione giudiziale, ha natura obbiettiva, essendo riferito ai beni che, a qualsiasi titolo si trovino compresi nella massa e non alla qualità dei soggetti che in ordine ad essi vantino diritti.

    3 La conseguenza immediata è la perdita di legittimazione processuale in capo ai creditori, ai quali è riservata esclusivamente l’opportunità di proporre domanda di insinuazione del credito nel concorso collettivo con conseguente partecipazione alle ripartizioni dell’eventuale attivo [neppure il giudice dell’esecuzione può disporre l’assegnazione di somme in favore dei singoli creditori]. Si verifica quindi un assorbimento delle azioni esecutive individuali ordinarie, che vengono dichiarate processualmente improcedibili o improponibili, nell’esecuzione concorsuale collettiva. Cfr. [F471] [F472].

    4 È opinione maggioritaria in dottrina e giurisprudenza che il divieto di cui alla norma in oggetto non riguardi solamente l’espropriazione forzata, ma anche altre forme di esecuzione forzata, quali l’esecuzione per consegna o per rilascio, l’esecuzione di obblighi di fare o non fare, l’ingiunzione fiscale, l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto. Con riferimento agli obblighi di facere, opera la previsione dell’art. 150 CCII, nel cui divieto sono da ricomprendersi tutte le azioni che possano influire direttamente o indirettamente sulla determinazione dell’attivo e del passivo e, comprese quindi le azioni di esecuzione per consegna o rilascio e quelle relative agli obblighi di fare, le quali vanno ad incidere sul passivo concorsuale e sulla partecipazione dei creditori concorrenti alle operazioni di ripartizione/distribuzione dell’attivo.

    5 Il divieto di azioni esecutive e cautelari è stato esteso anche ai crediti che si formino nel corso della procedura, vale a dire ai crediti prededucibili, il che vale ad escludere che i creditori della massa, rimasti insoddisfatti, possano agire al di fuori della procedura concorsuale per l’attuazione coattiva del loro credito.

    6 Il permanere dell’inciso “salvo diversa disposizione di legge” fa salve le diverse disposizioni di legge, costituenti deroghe tassative al divieto di azioni esecutive individuali. Si tratta comunque di deroghe aventi natura strettamente processuale, che non vanno ad incidere sulla par condicio e sull’ordine dei privilegi e che rimangono soggette all’applicabilità delle regole della disciplina concorsuale per quanto concerne la distribuzione finale del realizzo delle vendite, con l’unico vantaggio di riscuotere anzitempo le somme spettanti.

    7 Una delle più importanti eccezioni al divieto in esame era costituita dall’esecuzione esattoriale in pendenza di fallimento, in quanto l’esattore poteva procedere all’esecuzione privilegiata, al fine di soddisfarsi tempestivamente del credito vantato, nonostante il fallimento del contribuente, con obbligo, comunque, di insinuare il proprio credito al passivo fallimentare e restituire alla massa, eventualmente, la somma eccedente la quota che risulta spettante in sede di riparto. Ora, a seguito del d.lgs. n. 46/1999, abrogativo dell’art. 51, d.P.R. n. 602/1973, peraltro rimasto applicabile ai rapporti pregressi ancora pendenti, l’azione esecutiva speciale intrapresa dall’esattore delle imposte è improcedibile, ma le procedure esecutive in corso al 1.7.1999 continuano ad essere regolate dalla precedente disciplina e rimane, pertanto, il diritto di ritenzione dell’ente esattore sulle somme realizzate nel corso della procedura esecutiva speciale cfr. [F473]. A tanto occorre aggiungere che l’art. 150 CCII stabilisce l’incompatibilità tra la liquidazione giudiziale e le sole azioni esecutive, mentre la natura della cartella quale atto funzionale all’esecuzione individuale non può di per sé considerarsi in contrasto con i principi della concorsualità. L’inizio dell’azione esecutiva, vietata dall’art. 150 CCII, deve ricondursi, non all’emissione ed alla notifica della cartella di pagamento, rappresentando quest’ultima un atto assimilabile al precetto, ma soltanto all’inizio della vera e propria procedura esecutiva.

    8 La principale eccezione riguarda il credito fondiario. Se è pur vero che la gamma dei vantaggi connessa alla figura del mutuo fondiario risulta più ampia di quanto in via specifica vada a toccare il nodo della crisi d’impresa, sostanziandosi, in tutta una serie di agevolazioni sostanziali, processuali e fiscali, è altrettanto sicuro, peraltro, che i benefici principali volgano l’attenzione a fattispecie e a svolgimenti di rapporto con mutuatari che sono imprese, posto che il nocciolo di questi vantaggi di base sembra fondamentalmente identificabile nelle sottrazioni revocatorie di cui all’art. 39, c. 4 e nella disciplina del «procedimento esecutivo» di cui all’art. 41 t.u.b. [C. 28.5.2018, n. 13286].

    9 La normativa introdotta dal t.u. di cui al d.lgs. n. 385/1993, ha abrogato il r.d. n. 645/1905 e, confermando il precedente orientamento dottrinale e giurisprudenziale, ha stabilito che permane la legittimazione degli istituti di credito a proseguire o iniziare, anche dopo la dichiarazione di fallimento del debitore, l’esecuzione speciale sui beni ipotecati a garanzia del finanziamento, con facoltà del curatore di intervenire in detta esecuzione al fine di ottenere l’attribuzione al fallimento della somma, ricavata dall’esecuzione, eccedente la quota che in sede di riparto risulta spettante alla banca; in sede di esecuzione speciale da parte del credito fondiario, il giudice dell’esecuzione deve distribuire l’attivo realizzato in favore del creditore fondiario procedente, attribuendo l’eccedenza al fallimento, tenendo conto degli eventuali crediti prededucibili e di rango potiore rispetto a quelli dell’istituto [C. 19.2.1999, n. 1395]. L’art. 41, c. 2, t.u.b., che non risulta interessato dalla riforma, continua a riferirsi alla dichiarazione di fallimento, ma esso dovrà essere interpretato nel senso che l’azione esecutiva individuale del creditore fondiario sarà consentita anche dopo la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale.

    10 I principi che attengono al coordinamento tra la disciplina dettata dal t.u.b. negli artt. 41 e 42 e quella concorsuale sono confortati da concordi orientamenti di dottrina e giurisprudenza, oltre che dalla lettera della norma. La corte di cassazione in plurime sentenze ha ribadito che l’art. 41 t.u.b. attribuisce al creditore fondiario il potere di iniziare e proseguire l’azione esecutiva nei confronti del debitore nonostante il fallimento (oggi la liquidazione giudiziale) dell’esecutato. Il potere degli istituti di credito di iniziare o proseguire l’esecuzione forzata sui beni ipotecati anche dopo la dichiarazione di liquidazione giudiziale del debitore mutuatario non esclude la possibilità che il G.D. possa disporre la vendita degli stessi beni in sede concorsuale. Le due procedure non sono incompatibili ma concorrenti ed il concorso va risolto in base ad un criterio temporale, all’anteriorità del provvedimento che dispone la vendita [C. 8.9.2011, n. 18436; C. 28.1.1993, n. 1025]. Principio di carattere generale che si applica a prescindere dalle modalità di vendita prescelte dal curatore, anche nel caso in cui nel programma di liquidazione sia stabilito che le vendite siano effettuate tramite procedure competitive ai sensi dell’art. 216, c. 2, CCII, dato che le modalità di vendita non incidono sulla natura coattiva delle vendite poste in essere dal curatore e di conseguenza sul rapporto tra procedura esecutiva e concorsuale. L’art. 41, c. 2, t.u.b. configura un privilegio di carattere meramente processuale che si sostanzia nella possibilità non solo di iniziare o proseguire la procedura esecutiva individuale, ma anche di conseguire l’assegnazione della somma ricavata dalla vendita forzata dei beni del debitore nei limiti del proprio credito. Ciò discende proprio dalla stessa lettera della legge: l’art. 41, c. 2, III periodo prevede infatti che “la somma ricavata dall’esecuzione, eccedente la quota che in sede di riparto risulta spettante alla banca, viene attribuita al fallimento (rectius alla liquidazione giudiziale)”. Norma speciale che non comporta alcuna deroga alla disciplina in materia d’accertamento del passivo, al principio di esclusività della verifica in sede concorsuale posto dall’art. 151 CCII, non potendosi ritenere che il rispetto di tali regole sia assicurato nell’ambito della procedura individuale dall’intervento del curatore. Ne consegue che l’assegnazione della somma disposta nell’ambito della procedura individuale ha carattere provvisorio, sì che è onere dell’istituto insinuarsi allo stato passivo in modo tale da consentire la graduazione dei crediti cui è finalizzata la procedura concorsuale. Alla stregua di detta elaborazione processuale, deve pertanto ritenersi la soggezione dell’esecuzione individuale alla competenza concorsuale in materia di accertamento dei crediti e dei privilegi ed alla ripartizione della somma ricavata [C. 21.3.2014, n. 6738]. Il coordinamento fra esecuzione individuale e collettiva è quindi assicurato attribuendo natura provvisoria all’assegnazione in sede esecutiva e correlativamente imponendo al creditore l’onere d’insinuarsi al passivo per conseguire il risultato dell’esecuzione, condizionato all’insussistenza di crediti prededucibili o muniti di cause di prelazione di grado superiore al suo, e con l’obbligo di restituzione alla massa delle somme ottenute in eccesso rispetto a quelle riconosciute nel riparto della liquidazione giudiziale.

    11 Sia l’elaborazione giurisprudenziale che l’intervento legislativo organico in materia concorsuale hanno consentito di sancire chiaramente la soggezione della procedura esecutiva individuale alla competenza concorsuale in materia di accertamento del credito di graduazione dei privilegi e di ripartizione definitiva della somma ricavata. Riguardo al primo profilo, attinente all’esistenza, all’entità ed al rango del credito, la decisone sulla domanda di ammissione al passivo, presentata dal creditore fondiario ed il giudicato endoconcorsuale che consegue al provvedimento di approvazione dello stato passivo, che si traduce nell’efficacia preclusiva all’interno della procedura (nel senso che esso ove non sia modificato in sede di opposizione, di impugnazione o di revocazione accerta i diritti dei creditori e ne disciplina la posizione in ordine all’ammontare ed al rango del credito ai soli fini del concorso), costituisce il necessario presupposto del diritto del creditore medesimo a vedersi attribuito, sia pur in via provvisoria, il ricavato della vendita [C. 28.9.2018, n. 23482]. L’aver sottoposto con esito favorevole la propria pretesa al procedimento di verifica dello stato passivo rappresenta il fatto costitutivo non soltanto del diritto del creditore fondiario di trattenere definitivamente, sempre nei limiti del quantum spettante a ciascun creditore concorrente all’esito del piano di riparto in sede concorsuale, le somme provvisoriamente percepite a titolo di anticipazione in sede esecutiva, ma anche dell’attribuzione in via provvisoria del ricavato della vendita. Interpretazione che amplia la valenza ed i riflessi dell’accertamento in sede concorsuale rispetto al privilegio processuale di cui all’art. 41 t.u.b.: accertamento non più solamente impeditivo dell’attribuzione in via provvisoria in caso di rigetto o degradazione della domanda ma costitutivo della pretesa, dello stesso esercizio del privilegio processuale, la cui esistenza deve essere provata dal creditore fondiario, anche a prescindere dall’intervento del curatore nella procedura esecutiva, curatore che, pur a fronte della rilevabilità d’ufficio della circostanza, può contestare il mancato recepimento in sede esecutiva dell’accertamento in sede concorsuale. Solo in caso di ammissione il g.e. potrà assegnare in via provvisoria al creditore fondiario il ricavato della vendita nei limiti dell’importo ammesso in via ipotecaria, con restituzione dell’eccedenza al debitore assoggettato a liquidazione giudiziale e quindi al curatore.

    12 Tale ricostruzione non viene meno anche nell’ipotesi in cui il creditore fondiario abbia presentato domanda di ammissione al passivo ed il G.D. non si sia ancora pronunciato sulla stessa. Il g.e. potrebbe infatti disporre un rinvio dell’udienza di approvazione del progetto di distribuzione esercitando i suoi poteri diretti al sollecito e leale svolgimento del processo esecutivo, ai sensi dell’art. 487 c.p.c., al fine di consentire che la distribuzione, sia pur provvisoria, del ricavato della vendita avvenga in modo corretto, all’esito della determinazione dell’esistenza entità e rango del credito vantato dall’istituto di credito fondiario. C. n. 23482/2018 non esamina la diversa ipotesi in cui al momento dell’udienza il creditore fondiario non abbia ancora presentato la domanda di insinuazione al passivo. In questo caso il rinvio dell’udienza potrebbe essere concesso solo ove il creditore dimostri che il ritardo nella presentazione della domanda sia incolpevole.

    13 La l. 19.10.2017, n. 155 recante “delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza”, all’art. 7, c. 4, lett. a) aveva escluso “l’operatività di esecuzioni speciali e dei privilegi processuali, anche fondiari”, prevedendo, “in ogni caso, che il privilegio fondiario continui ad operare sino alla scadenza del secondo anno successivo a quello di entrata in vigore del decreto legislativo ovvero dell’ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui all’articolo 1”.

    14 Il legislatore delegato non ha tenuto conto di questa indicazione. L’art. 41 t.u.b. è stato mantenuto intatto ed il contenuto dell’art. 51 l. fall. è stato trasfuso, con i dovuti adeguamenti lessicali, nell’art. 150 CCII, che continua a far salve diverse disposizioni di legge rispetto al divieto delle azioni esecutive e cautelari. Inoltre, l’art. 151 CCII ha ripreso integralmente l’art. 52 l. fall., compreso il comma 3 che impone il principio della esclusività dell’accertamento del passivo anche ai crediti esentati dal divieto di cui all’art. 150 ed il comma 1 dell’art. 220 CCII ha riprodotto nella disciplina del riparto la parte del pari comma dell’art. 110 l. fall., per la quale “Nel progetto sono collocati anche i crediti per i quali non si applica il divieto di azioni esecutive e cautelari di cui all’articolo 150”.

    II. Profili processuali

    II.Profili processuali

    1 Per quanto riguarda l’espropriazione immobiliare, la disposizione in esame va coordinata con il disposto dell’art. 216 CCII, il quale prevede la sostituzione del curatore al creditore istante, non più ope legis ma per effetto di una scelta discrezionale. Problematica, in questo senso, appare la sorte dei procedimenti esecutivi pendenti per i quali il curatore non abbia ancora dichiarato la propria intenzione di subentrare o meno nell’esecuzione. Il nuovo art. 216 CCII dispone, infatti, ancora espressamente, che l’improcedibilità debba essere dichiarata dal giudice dell’esecuzione “su istanza del curatore”. Permane dunque un difetto di coordinamento tra l’art. 150 CCII, il quale statuisce l’improseguibilità delle azioni esecutive individuali nei confronti del debitore sottoposto a liquidazione giudiziale ed il nuovo art. 216 CCII, il quale pare ancora attribuire al solo curatore il potere di eccepirne l’improcedibilità. In realtà deve ritenersi prevalente la regola generale sancita dall’art. 150 CCII e quindi ancora valida la percorribilità della soluzione sostenuta in passato della improcedibilità, rilevabile d’ufficio, dell’azione esecutiva individuale. Dovendosi altrimenti sostenere l’efficacia degli atti compiuti nell’esecuzione individuale prima del subingresso del curatore o della declaratoria di improcedibilità conseguente alla sua istanza, salva l’eventuale devoluzione del ricavato al curatore che sia subentrato prima della distribuzione, e, in via residuale, il rimedio di cui all’art. 144 CCII al fine di far valere l’inefficacia dei pagamenti eseguiti dopo la dichiarazione di apertura della procedura di liquidazione.

    2 L’art. 150 CCII prevede ancora, dal giorno della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale, un assoluto divieto per i creditori (cui fanno eccezione le sole ipotesi espressamente previste dalla legge) di dare inizio o di proseguire l’esecuzione individuale sui beni compresi nella procedura concorsuale, divieto che certamente non è disponibile per le parti ed è rilevabile di ufficio in qualsiasi momento dal giudice dell’esecuzione. Dunque, dal momento della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale i creditori del debitore perdono il diritto di procedere all’esecuzione forzata individuale. La stessa facoltà prevista per il curatore dall’art. 216 CCII, di subentrare nelle procedure esecutive pendenti, non comporta affatto la possibilità per i creditori di coltivare l’esecuzione, anzi conferma che va escluso in radice il loro diritto di procedere all’espropriazione dei beni del debitore in sede individuale, in quanto la prosecuzione della procedura da parte del curatore non fa altro che attrarre i beni assoggettati al pignoramento nell’ambito dell’esecuzione concorsuale [C. 15.7.2016, n. 14449].

    3 Se il curatore opta per altre forme di esecuzione e decide pertanto di non proseguire l’esecuzione individuale già iniziata dal singolo creditore prima della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale, l’improcedibilità dell’azione individuale non determina la caducazione degli effetti sostanziali del pignoramento, poiché nella titolarità di detti effetti subentra automaticamente il curatore con relativa conservazione degli stessi anche nel caso di non continuazione, da parte del curatore, della precedente azione esecutiva individuale Il comma 10 dell’art. 216 CCII ricalca infatti sostanzialmente l’analoga previsione dell’art. 107, c. 6, l. fall. in materia di subentro del curatore nelle procedure esecutive pendenti, con la opportuna previsione della salvezza degli effetti conservativi sostanziali del pignoramento in favore dei creditori. Pertanto, ove il curatore ritenga di attuare altre forme di esecuzione, la procedura individuale, diventa improcedibile, ma tale improcedibilità non determina la caducazione degli effetti sostanziali del pignoramento (tra cui quello, stabilito dall’art. 2916 c.c., in base al quale nella distribuzione della somma ricavata dall’esecuzione non si tiene conto delle ipoteche, anche se giudiziali, iscritte dopo il pignoramento), giacché nella titolarità di quegli effetti è già subentrato, automaticamente e senza condizioni, il curatore.

    4 Anche dopo la riforma rimane aperto il problema della sorte dei provvedimenti cautelari già concessi alla data dell’apertura della procedura di liquidazione giudiziale, e, di conseguenza, il problema della conservazione a favore della massa di situazioni di inopponibilità di alienazioni o garanzie costituite successivamente all’esecuzione del sequestro. Sul punto, è da ritenere ancora oggi applicabile l’orientamento consolidatosi nel vigore della passata disciplina con riferimento al sequestro conservativo. Il principio di diritto più volte affermato dalla Cassazione è che il vincolo di indisponibilità dei beni derivanti dal sequestro opera dal momento dell’attuazione del provvedimento cautelare in favore del sequestrante, ma solo dal momento della conversione del sequestro in pignoramento in favore dei creditori intervenuti nell’esecuzione [C. 26.8.1976, n. 3058; C. 1.3.1995, n. 2302; C. 5.8.1997, n. 7218; C. 11.12.2009, n. 25963; C. 8.5.2019, n. 12601]. In definitiva secondo il costante orientamento della Corte mentre al curatore, come partecipante alla medesima esecuzione che con lui prosegue, sono inopponibili gli atti pregiudizievoli trascritti successivamente al pignoramento, egli non può giovarsi della inopponibilità degli atti che hanno per oggetto la cosa sequestrata in quanto tale, trattandosi di effetti di cui si avvantaggia, ex art. 2906 c.c., solo il creditore sequestrante.

    5 In considerazione del fatto che le modalità della vendita in sede concorsuale possono essere ben diverse da quelle proprie dell’esecuzione individuale vincolate come sono queste ultime alla disciplina del codice di procedura civile, si ritiene opportuno che il curatore venga autorizzato dal comitato dei creditori ad instare per la declaratoria di improcedibilità dell’esecuzione individuale. Per il rapporto tra liquidazione giudiziale e misure cautelari penali si rimanda al commento agli artt. 317 ss. CCII.

    B) Frmule

    B)Frmule
    F471
    ISTANZA DEL CURATORE PER FAR DICHIARARE IMPROCEDIBILE L’ESECUZIONE INDIVIDUALE

    G.D.: dr……….

    Curatore: ………

    Sent. n.: ………

    Del: ………

    Istanza: n……….

    Ai Sigg.ri membri

    del Comitato dei Creditori

    Loro Sedi

    LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE ………

    ***

    ISTANZA PER ESSERE AUTORIZZATO

    A CHIEDERE LA DICHIARAZIONE DI IMPROCEDIBILITÀ

    DELL’ESECUZIONE INDIVIDUALE

    Il sottoscritto ………, curatore della procedura in epigrafe,

    ESPONE

    quanto segue;

    - prima della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale il creditore ……… aveva promosso nei confronti dell’impresa debitrice una azione esecutiva [mobiliare, immobiliare];

    - attualmente il procedimento esecutivo si trova nella fase ………;

    - la curatela non ha interesse a coltivare quel procedimento apparendo più conveniente la liquidazione del bene in sede concorsuale;

    - risulta quindi opportuno far dichiarare l’improcedibilità della esecuzione pendente ai sensi dell’art. 216, c. 10, CCII.

    [per il caso in cui l’esecuzione riguardi un credito superiore ad euro 50.000,00]

    - di tale opportunità è già stato informato il Giudice Delegato con comunicazione del ……… qui allegata [oppure: tale opportunità è già stata segnalata nel programma di liquidazione approvato dal Giudice Delegato in data ………]

    Tutto ciò premesso ed esposto, il sottoscritto

    FA ISTANZA

    perché le SS.VV. vogliano autorizzare il curatore a richiedere al Giudice dell’esecuzione l’ordinanza di improcedibilità del procedimento esecutivo pendente.

    Con osservanza

    Luogo, data ………

    Il Curatore ………

    [Allegati:]

    F472
    AUTORIZZAZIONE DEL COMITATO DEI CREDITORI A RICHIEDERE ORDINANZA DI IMPROCEDIBILITÀ DELLA PROCEDURA ESECUTIVA

    IL COMITATO DEI CREDITORI

    Vista l’istanza con la quale il curatore chiede di essere autorizzato a domandare al Giudice dell’esecuzione l’emissione di un provvedimento con il quale venga dichiarata l’improcedibilità della procedura esecutiva pendente ai sensi dell’art. 216, c. 10, CCII;

    ritenuto che la prosecuzione dell’azione esecutiva non pare vantaggiosa per la massa dei creditori

    AUTORIZZA

    quanto richiesto.

    Luogo, data ………

    Il Comitato dei Creditori

    ………

    ………

    ………

    F473
    ORDINANZA DI IMPROCEDIBILITÀ DELA PROCEDURA ESECUTIVA

    TRIBUNALE DI ………

    Procedura esecutiva n. RGE

    Nell’esecuzione promossa da:

    <Procedente>

    <Intervenuto>

    Nei confronti di

    <Esecutato>

    Il Giudice dell’esecuzione Dr. <Magistrato>

    Rilevato che con sentenza del Tribunale di ……… del ………

    è stata aperta la liquidazione giudiziale di <Esecutato>

    letta l’istanza depositata dal curatore in data ………

    letto l’art. 216, c. 10, CCII

    DICHIARA

    improcedibile la procedura a margine indicata, autorizzando il ritiro dei titoli

    ASSEGNA

    al curatore la somma di euro ……… oltre interessi maturati, così come depositata sul Libretto di risparmio n………. intestato a ……… ed emesso da Poste s.p.a. - ufficio c/o Tribunale ………, in data ………, perché conferisca la predetta somma alla massa.

    Il Giudice dell’Esecuzione ………

    C) Giurisprudenza:

    C)Giurisprudenza:

    I. Ambito di applicazione - II. Profili processuali.

    I. Ambito di applicazione

    I.Ambito di applicazione

    1 Il divieto di azioni esecutive per i creditori anteriori al fallimento sancito dall’art. 51 l. fall. permane, anche per quelli rimasti ad esso estranei, fino all’esecuzione (o risoluzione o annullamento) del concordato fallimentare il cui provvedimento di omologazione sia stato regolarmente trascritto [C. 9.5.2013, n. 11027].

    2 Il potere degli istituti di credito fondiario di proseguire l’esecuzione individuale sui beni ipotecati, pur in pendenza di una procedura fallimentare a carico del mutuatario inadempiente, non preclude al giudice delegato al fallimento di disporre la vendita degli stessi beni, dovendo il concorso dei due procedimenti espropriativi risolversi in base all’anteriorità del provvedimento che dispone la vendita [C. 8.9.2011, n. 18436].

    3 Il curatore di un fallimento, il quale sia intervenuto nella esecuzione immobiliare proseguita dal creditore fondiario senza impugnare il provvedimento del giudice dell’esecuzione che aveva dichiarato esecutivo il progetto di distribuzione che assegnava al creditore procedente quasi l’intera somma ricavata dalla vendita forzata, non può promuovere azione per indebito nei confronti dello stesso creditore fondiario, non insinuatosi al passivo fallimentare, al fine di ottenere la restituzione della somma incassata [C. 20.4.2022, n. 12673].

    4 Qualora sia stata proposta un’azione revocatoria ordinaria per fare dichiarare inopponibile ad un singolo creditore un atto di disposizione patrimoniale compiuto dal debitore e, in pendenza del relativo giudizio, a seguito del sopravvenuto fallimento del debitore, il curatore subentri nell’azione in forza della legittimazione accordatagli dall’art. 66 l. fall., accettando la causa nello stato in cui si trova, la legittimazione e l’interesse ad agire dell’attore originario vengono meno, onde la domanda da lui individualmente proposta diviene improcedibile ed egli non ha altro titolo per partecipare ulteriormente al giudizio. Il fallimento del debitore, pendendo il giudizio di revocatoria ordinaria promossa contro di lui dal creditore ex art. 2901 c.c., permette al curatore sia di subentrare nel relativo processo sia di proporre ex novo la medesima azione, ex art. 66 l. fall.; in entrambi i casi la legittimazione processuale dell’organo concorsuale è comunque esclusiva, non potendo cumularsi a quella del creditore singolare, data la finalità tipica ed essenziale dell’azione revocatoria, cioè consentire il soddisfacimento esecutivo, derivando da tale sbocco inevitabile la perdita di interesse attuale per il creditore. L’azione di quest’ultimo, se esercitata, diviene, dunque, improcedibile.

    5 Qualora nel corso di un giudizio di revocatoria ordinaria promosso da un creditore, sopravvenga il fallimento del debitore convenuto, se il curatore interviene nel giudizio per sostituirsi al creditore, l’azione da questi proposta diviene improcedibile e il creditore non può rimanere nel processo né come parte né come interventore adesivo in quanto la decisione può produrre nei suoi confronti effetti riflessi di mero fatto [C. s.u. 17.12.2008, n. 29420].

    6 Il divieto di azioni esecutive individuali posto dall’art. 51 l. fall. non osta alla procedibilità della revocatoria ordinaria già promossa dal creditore dell’alienante, ove la domanda ex art. 2901 c.c. sia stata trascritta anteriormente alla dichiarazione di fallimento dell’acquirente; diversamente, il creditore dell’alienante, pur trovandosi nella condizione di opponibilità alla massa, ai sensi dell’art. 45 l. fall., dell’azione proposta, resterebbe privo della garanzia patrimoniale ex art. 2740 c.c. e l’atto fraudolento gioverebbe ai creditori dell’acquirente fallito (per la sola sostituzione a questi dal curatore); l’azione revocatoria, infatti, pur se preordinata al soddisfacimento esecutivo del creditore, non può considerarsi un’azione esecutiva, volta com’è a rendere in opponibile al creditore l’atto dispositivo compiuto dal debitore. Ne consegue che in caso di accoglimento della domanda revocatoria trascritta in data anteriore al fallimento, la sentenza costituirà titolo per partecipare al riparto: in base ad essa, l’attore vittorioso potrà ottenere, in sede di distribuzione del ricavato della vendita del bene, la separazione della somma corrispondente al proprio credito verso l’alienante, di cui ha diritto ad ottenere il soddisfacimento in via prioritaria rispetto ai creditori concorsuali [C. 2.12.2011, n. 25850].

    II. Profili processuali

    II.Profili processuali

    1 Nell’ipotesi in cui, prima della dichiarazione di fallimento, sia stata iniziata da un creditore l’espropriazione di uno o più immobili del fallito, a norma dell’art. 107 l. fall., il curatore si sostituisce al creditore istante, e tale sostituzione opera di diritto, senza che sia necessario un intervento da parte del curatore o un provvedimento di sostituzione da parte del giudice dell’esecuzione; ove il curatore ritenga di attuare altre forme di esecuzione, la procedura individuale, non proseguita, per sua scelta, dal curatore, né proseguibile, ai sensi dell’art. 51 l. fall., dal creditore istante, diventa improcedibile, ma tale improcedibilità non determina la caducazione degli effetti sostanziali del pignoramento (tra cui quello, stabilito dall’art. 2916 c.c. in base al quale nella distribuzione della somma ricavata dall’esecuzione non si tiene conto delle ipoteche, anche se giudiziali, iscritte dopo il pignoramento), purché, però, nel frattempo, non sia sopravvenuta una causa di inefficacia del pignoramento stesso, la quale, benché non dichiarata dal giudice dell’esecuzione all’epoca della dichiarazione di fallimento, opera ex tunc ed automaticamente [C. 2.12.2010, n. 24442].

    2 La contestazione della possibilità per il creditore (non esentato per legge dal relativo divieto) di iniziare o proseguire l’esecuzione forzata individuale in costanza del fallimento del debitore ai sensi della l. fall., art. 51, configura una vera e propria contestazione del diritto di questi di procedere ad esecuzione forzata (individuale), e non attiene semplicemente alla regolarità di uno o più atti di esecuzione ovvero alle modalità di esercizio dell’azione esecutiva. Di conseguenza essa va qualificata come opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. e non può dirsi assoggettata al regime, anche di decadenza di cui all’art. 617 c.p.c. [C. 15.7.2016, n. 14449].

    3 Peraltro, ove venga meno la legittimazione del curatore alla prosecuzione dell’azione esecutiva pendente, ne consegue il riacquisto in capo ai creditori [C. 19.7.1999, n. 7661]. Il fallimento del debitore pignorato comporta l’improcedibilità della esecuzione mobiliare presso terzi avverso la quale penda giudizio di opposizione agli atti esecutivi, e ciò anche nell’ipotesi in cui sia già stato pronunciato il provvedimento di assegnazione somme, in quanto l’esecuzione non si conclude con l’assegnazione, ma con l’effettivo pagamento delle somme ai creditori, ed, inoltre, la pendenza del giudizio di opposizione non consente di considerare esaurito il procedimento di esecuzione [C. 6.7.1999, n. 6968].

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