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Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza - Formulario commentato

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    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

    Informazioni sul volume

    Autore:

    Massimo Fabiani, Giovanni Battista Nardecchia

    Editore:

    Wolters Kluwer

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    Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza - Formulario commentato

    124. Reclamo contro i decreti del giudice delegato e del tribunale

    Mostra tutte le note

    [1] Salvo che sia diversamente disposto, contro i decreti del giudice delegato e del tribunale il curatore, il comitato dei creditori, il debitore e ogni altro interessato possono proporre reclamo, rispettivamente, al tribunale o alla corte di appello nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione o dalla notificazione per il curatore, per il debitore, per il comitato dei creditori e per chi ha chiesto o nei cui confronti è stato chiesto il provvedimento. Per gli altri interessati, il termine decorre dall’esecuzione delle formalità pubblicitarie previste dalla legge o disposte dal giudice delegato o dal tribunale, se quest’ultimo ha emesso il provvedimento.

    [2] In ogni caso il reclamo non può più proporsi decorsi novanta giorni dal deposito del provvedimento nel fascicolo della procedura.

    [3] Il reclamo si propone con ricorso, che deve contenere:

    a) l’indicazione del tribunale o della corte di appello competente, del giudice delegato e della procedura di liquidazione giudiziale;

    b) le generalità, il codice fiscale del ricorrente e il nome e il domicilio digitale del difensore;

    c) l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto su cui si basa il reclamo, con le relative conclusioni;

    d) l’indicazione dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti.

    [4] Il reclamo non sospende l’esecuzione del provvedimento impugnato.

    [5] Il presidente con decreto designa il relatore e fissa l’udienza di comparizione entro quaranta giorni dal deposito del ricorso.

    [6] Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, deve essere notificato, a cura del reclamante, al curatore, mediante trasmissione al domicilio digitale della procedura, e ai controinteressati, entro cinque giorni dalla comunicazione del decreto.

    [7] Tra la data della notificazione e quella dell’udienza deve intercorrere un termine non minore di quindici giorni.

    [8] Il resistente deve costituirsi almeno cinque giorni prima dell’udienza, depositando memoria contenente l’indicazione delle proprie generalità e del suo codice fiscale, nonché il nome e domicilio digitale del difensore, nonché l’esposizione delle difese in fatto e in diritto, oltre all’indicazione dei mezzi di prova e dei documenti prodotti.

    [9] Ogni altro interessato può intervenire nel termine e nei modi previsti dal comma 8.

    [10] I termini di cui ai commi 7 e 8 possono essere abbreviati dal presidente, con decreto motivato, se ricorrono ragioni di urgenza.

    [11] All’udienza il collegio, sentite le parti, ammette o assume anche d’ufficio i mezzi di prova, se non ritiene di delegarne l’assunzione al relatore.

    [12] Entro trenta giorni dall’udienza di comparizione, il collegio provvede sul reclamo con decreto motivato.

    A) Inquadramento funzionale:

    A)Inquadramento funzionale:

    I. Il reclamo quale espressione della tutela camerale “avanzata” - II. I reclami contro gli atti dei giudici e l’ambito oggettivo di applicazione - III. La legittimazione alla proposizione del reclamo - IV. I termini di proposizione del reclamo - V. Il contenuto del ricorso - VI. L’avvio del procedimento e gli effetti del reclamo - VII. La costituzione in giudizio del resistente e l’intervento - VIII. Le preclusioni - IX. L’udienza e il contraddittorio - X. Le prove - XI. La fase decisoria e gli effetti della decisione.

    I. Il reclamo quale espressione della tutela camerale “avanzata”

    I.Il reclamo quale espressione della tutela camerale “avanzata”

    1 Il mezzo del reclamo costituisce una forma avanzata della tutela camerale visti i profili della precostituzione dei tempi del processo e del modo di progredire del processo; il legislatore ha stabilito in modo minuzioso la cadenza dei tempi, dallo spazio per la proposizione del reclamo, al tempo della notificazione, al tempo della costituzione (e dell’eventuale intervento) in giudizio. Ha altresì delineato il contenuto necessario del ricorso e della memoria di costituzione.

    2 La catalogazione fra i procedimenti che si svolgono in camera di consiglio appare quella più persuasiva, con la decisiva avvertenza che questa conclusione non significa affatto che il contenuto del procedimento sia, sempre, esercizio di volontaria giurisdizione, essendo ben noto come ormai da molti anni si sia giunti a distinguere fra la forma e il contenuto dei procedimenti in camera di consiglio.

    II. I reclami contro gli atti dei giudici e l’ambito oggettivo di applicazione

    II.I reclami contro gli atti dei giudici e l’ambito oggettivo di applicazione

    1 Nel reclamo ex art. 124 CCII si parla di “giudice” e non di “giudice delegato” perché è stabilita la reclamabilità dei decreti pronunciati dal tribunale concorsuale. Cfr. [F376]. Sono impugnabili con il mezzo del reclamo, sia gli atti del giudice delegato che quelli del tribunale; sono impugnabili, nel merito e davanti alla corte d’appello, quei decreti del tribunale che, prima della riforma, erano soltanto ricorribili per cassazione nel caso in cui avessero ad oggetto diritti soggettivi di terzi; ci si muove, quindi, nel contesto del reclamo “endoconcorsuale”. Cfr. [F377].

    2 L’istituto si applica ai provvedimenti degli organi [giurisdizionali] della procedura che hanno per oggetto lo svolgimento del procedimento (concorsuale), senza che rilevi né la forma del provvedimento (per solito, il decreto), né la tipologia del procedimento (di consueto in camera di consiglio), né - infine - la natura del provvedimento (ordinatoria o decisoria che sia).

    3 Il reclamo ex art. 124 CCII non può essere invocato nei seguenti casi: (i) per impugnare la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale, là dove il rimedio apprestato è il reclamo ai sensi dell’art. 51 CCII; (ii) per impugnare lo stato passivo, dovendo prevalere la disciplina delle impugnazioni di cui agli artt. 206-207 CCII; (iii) per proporre opposizione agli strumenti di regolazione della crisi, al concordato semplificato e al concordato di liquidazione, là dove il rimedio è, appunto, l’opposizione di cui agli artt. 25-sexies, 48 e 245 CCII; (iv) nonché in tutte quelle singole ipotesi in cui è il legislatore a stabilire che il provvedimento non è reclamabile (è questo il caso del decreto con il quale il tribunale, a mente dell’art. 137 CCII, liquida il compenso del curatore, oppure del decreto - art. 260 CCII - con cui il giudice delegato ordina ai soci il versamento delle quote sociali ancora dovute; nel primo caso il rimedio è il ricorso straordinario per cassazione, nel secondo, l’opposizione ai sensi dell’art. 645 c.p.c.).

    4 Per quanto attiene alla forma dei provvedimenti reclamabili, la legge utilizza il lemma “decreti” e tuttavia tutti i provvedimenti del giudice delegato, ferme le eccezioni sopra citate, possono essere gravati ai sensi dell’art. 124 CCII. Fra questi anche i decreti del giudice delegato assunti sul reclamo proposto avverso atti del curatore o del comitato dei creditori; infatti, questi decreti del giudice delegato sono sì reclamabili davanti al tribunale ma con altro mezzo, quello previsto negli artt. 133 e 141 CCII. In questo caso il decreto può essere impugnato - nel minor termine di otto giorni - con un ulteriore reclamo davanti al tribunale che, a sua volta, procede ai sensi dell’art. 737 c.p.c. in conformità con quanto disposto per la prima fase, per poi pronunciarsi con decreto motivato non soggetto a gravame (nel termine di giorni trenta). Ed infine, fra i decreti reclamabili ex art. 124 vanno compresi quelli emessi dal giudice delegato in surroga del comitato dei creditori (art. 140 CCII) compreso, dunque, l’atto con il quale il giudice delegato approva - nell’inerzia del comitato dei creditori - il programma di liquidazione.

    5 Per i decreti del tribunale, oltre alla clausola di riserva, un limite alla reclamabilità si può rintracciare in quei provvedimenti del tribunale che sono, loro stessi, pronunciati all’esito del reclamo; ciò significa che sono irreclamabili in appello i decreti con i quali il tribunale abbia giudicato il reclamo avverso un provvedimento del giudice delegato. Se il reclamo non può espandersi su quattro gradi di giudizio, all’opposto l’impugnativa neppure è proponibile quando riguardi provvedimenti preparatori, potendo essere rivolta solo contro i provvedimenti finali.

    III. La legittimazione alla proposizione del reclamo

    III.La legittimazione alla proposizione del reclamo

    1 Fra i soggetti che possono proporre reclamo compare anche il debitore. Il debitore (e per esso il legale rappresentante della persona giuridica dichiarata fallita) è legittimato alla proposizione del reclamo sia per censurare i decreti che lo riguardino direttamente, sia per sindacare anche lo svolgimento della procedura purché faccia valere uno specifico interesse alla revoca o modifica del provvedimento; non vi è alcuna preclusione a che il debitore possa interloquire sulle vicende della procedura quando ciò che accade sia destinato a riflettersi sulla sua posizione, quale risulterà al termine della liquidazione giudiziale.

    2 La confermata legittimazione riconosciuta al comitato dei creditori potrà assumere un nuovo significato solamente se quest’organo riuscirà ad assumere quel ruolo che il riformatore voleva attribuirgli e che, per diverse ragioni, non è stato in grado di assicurare sino in fondo.

    3 La legittimazione al reclamo riconosciuta a chiunque vi abbia interesse rappresenta una precisa indicazione dell’innesto di un sistema diffuso di controlli sugli atti della procedura quando vanno ad incidere sui diritti dei terzi. Tuttavia, un controllo diffuso non può spingersi sino a ricomprendere una legittimazione al reclamo fondata sull’interesse alla mera regolarità della procedura; la legittimazione concreta presuppone l’accertamento di un interesse al reclamo, interesse che però non di mero fatto deve essere e che potrà essere qualificato come “interesse legittimante”.

    4 Quanto, invece, alla c.d. “legittimazione passiva necessaria”, questa è ristretta solo al curatore e ai “controinteressati” (o solo a questi se il reclamante è il curatore) mentre non è prevista la presenza del comitato dei creditori che non è un contraddittore necessario. L’individuazione dei soggetti controinteressati - nei cui confronti va radicato il contraddittorio - pone alcuni problemi. Se, infatti, il decreto del giudice delegato è pronunciato sull’istanza di un terzo, non v’è dubbio che quel terzo diventi parte necessaria della fase di reclamo. Meno agevole è il riscontro quando sia il terzo ad interporre il reclamo avverso un provvedimento idoneo ad incidere su una sfera indifferenziata di soggetti, perché si corre il rischio che tutti i creditori assumano la posizione di controinteressati. Un rischio superabile affidandosi la tutela del ceto creditorio al curatore speciale da designare e consentendo, poi, al singolo creditore di spiegare intervento nel procedimento di reclamo .

    IV. I termini di proposizione del reclamo

    IV.I termini di proposizione del reclamo

    1 Il reclamo deve essere proposto entro il termine perentorio dieci giorni, decorrenti dal compimento di determinate, variabili, formalità. Il legislatore non ha stabilito un dies a quo unico, ma ha sostanzialmente rimesso all’iniziativa delle parti o dell’ufficio la decorrenza del termine per l’esigenza di accelerare il consolidamento degli effetti dell’atto che potrebbe essere oggetto di impugnativa. Così, per il curatore (il debitore, il comitato dei creditori e il destinatario del singolo provvedimento) il termine decorre dalla comunicazione o dalla notificazione, e cioè il dies a quo va sicuramente identificato nel compimento della prima formalità, ove ne sia compiuta più di una. Cfr. [F378].

    2 Poiché, peraltro, i decreti endoconcorsuali possono coinvolgere una pluralità di soggetti non direttamente incisi dal provvedimento, per tutti costoro il termine per la presentazione del reclamo decorre dal compimento delle formalità pubblicitarie che siano state, eventualmente, disposte dal giudice delegato o dal tribunale.

    3 In ogni caso, mancando la comunicazione - che, per assicurare alle parti l’effettività del diritto alla conoscenza del provvedimento, dovrebbe avvenire in forma integrale -, la notificazione e le formalità pubblicitarie, la stabilità del decreto è assicurata dal passaggio del novantesimo giorno successivo al deposito del provvedimento (c.d. “termine lungo”). Il termine per proporre reclamo è qualificato perentorio nel caso del termine dei dieci giorni, mentre analoga locuzione non accompagna il termine di novanta giorni.

    V. Il contenuto del ricorso

    V.Il contenuto del ricorso

    1 Il reclamo si introduce con ricorso, che deve contenere gli elementi di identificazione formale del procedimento (l’indicazione del tribunale o della corte di appello competente, del giudice delegato e della procedura concorsuale; le generalità del ricorrente e l’elezione del domicilio nel comune in cui ha sede il giudice adito), nonché l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa il reclamo, con le relative conclusioni, oltre alla indicazione dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti. Il ricorso può contenere sia censure di merito, che di rito.

    2 Per ciò che attiene alla deduzione dei mezzi di prova e alla produzione dei documenti si è preferito eliminare la sanzione della decadenza per la tardività delle deduzioni istruttorie in funzione di offrire maggiore flessibilità del procedimento ma col rischio di rendere meno fluido il giudizio in presenza di una sovrapposizione di richieste istruttorie.

    3 La genericità della formula «mezzi di prova» schiude ogni perplessità in ordine al fatto che i mezzi di prova compatibili con il procedimento di reclamo possano essere tutti quelli che l’ordinamento consente vengano introdotti nel processo ordinario di cognizione; in particolare nessun limite va posto rispetto alle cc.dd. prove costituende.

    VI. L’avvio del procedimento e gli effetti del reclamo

    VI.L’avvio del procedimento e gli effetti del reclamo

    1 L’art. 124 CCII stabilisce che la presentazione del ricorso non sospende l’esecuzione del decreto [impugnato]. Il reclamo depositato non incide sulla protrazione degli effetti del decreto, ma con la proposizione del reclamo non si può escludere la richiesta la sospensione della efficacia del provvedimento.

    2 Una volta depositato il ricorso, il presidente, entro cinque giorni [dal deposito del ricorso], designa il giudice relatore e fissa l’udienza cfr. [F379] da tenersi entro quaranta giorni dal deposito del ricorso. La designazione del giudice relatore incontra un limite visto che l’art. 25, c. 2, CCII stabilisce che il giudice delegato «non può far parte del collegio investito del reclamo proposto contro i suoi atti».

    VII. La costituzione in giudizio del resistente e l’intervento

    VII.La costituzione in giudizio del resistente e l’intervento

    1 Gli oneri di difesa del resistente sono speculari a quelli che gravano sul ricorrente; infatti, il resistente deve costituirsi … «depositando una memoria contenente l’esposizione delle difese in fatto e in diritto, nonché l’indicazione dei mezzi di prova e dei documenti prodotti …». Il termine di costituzione assegnato al resistente (cinque giorni prima dell’udienza), pur breve, appare congruo. Cfr. [F380].

    2 Al procedimento non partecipano solo reclamante e resistente e la legittimazione alla proposizione del reclamo spetta a chiunque vi abbia interesse; la medesima formula ricorre anche per la legittimazione all’intervento che, pure, spetta a qualunque interessato. Chi assume di essere interessato alla revoca del provvedimento e cioè dichiara di trovarsi in una posizione omogenea a quella vantata dal reclamante, soltanto se si costituisce entro il termine fissato per il resistente, può svolgere un intervento principale o adesivo autonomo.

    VIII. Le preclusioni

    VIII.Le preclusioni

    1 Nello scolpire il contenuto necessario del ricorso e della memoria difensiva, il legislatore ha sì elencato in modo analitico ciò che l’atto deve contenere, ma nulla ha previsto a titolo di sanzione per eventuale carenza del contenuto, così come non ha stabilito se le attività indicate negli atti introduttivi possano essere svolte, senza alcuna decadenza, anche in fasi successive. La scelta di non prevedere la sanzione della decadenza per le deduzioni istruttorie non contenute negli atti introduttivi sembra armonizzarsi meglio con gli schemi del procedimento camerale.

    2 Esclusa la decadenza sulle prove, all’udienza fissata per la comparizione delle parti, il dispiegamento delle difese deve ritenersi ancora consentito, quanto meno nella misura in cui le nuove attività difensive siano la conseguenza delle difese delle altre parti. Pertanto, non vi sono preclusioni correlate agli atti introduttivi, nonostante possa essere predicata la natura impugnatoria del mezzo del reclamo.

    IX. L’udienza e il contraddittorio

    IX.L’udienza e il contraddittorio

    1 Nell’ottica di omologare il procedimento al paradigma del giusto processo, la comparizione delle parti è ora un adempimento necessario ed è rivolto a garantire sia lo sviluppo del contraddittorio fra le parti, sia quello fra le parti e il giudice; questo aspetto è importante in funzione di consentire al giudice di indicare alle parti le questioni, rilevabili d’ufficio, di cui reputa opportuna la trattazione e di disporre le prove officiose in modo che le parti possano articolare, anche su queste, la loro linea di difesa. Cfr. [F381].

    2 Una volta costituitosi il contraddittorio, il procedimento si snoda secondo quanto disposto dal tribunale, posto che in questa fase le regole scritte lasciano il posto alla flessibilità del modello camerale. Il pregio della flessibilità va comunque contemperato con il bisogno di garantire a tutte le parti un margine di certezza preventiva sulle regole del gioco e la regola più importante che non può essere disconosciuta è sempre e proprio quella dell’assoluto rispetto del contraddittorio.

    X. Le prove

    X.Le prove

    1 L’art. 124 CCII prevede che il giudice del reclamo «… assume anche d’ufficio i mezzi di prova», il che impone di valutare, procedendo con ordine, i seguenti aspetti: (i) verifica della sussistenza di un diritto alla prova che spetta alle parti; (ii) verifica dell’ampiezza di questo diritto; (iii) individuazione del significato del termine “assunzione”; (iv) valutazione dei profili officiosi connessi alla tipologia del rito. L’esistenza di un diritto delle parti di concorrere alla formazione della prova è indiscussa alla luce del chiaro disposto dell’art. 124 nella parte in cui nel contenuto degli atti difensivi introduttivi è esplicitamente enunciato il fatto che le parti possono indicare le prove, ed indicare le prove non può che voler dire che le parti hanno diritto di formulare richieste istruttorie sulle quali il giudice ha l’obbligo di provvedere. Cfr. [F382].

    2 Alle parti va riconosciuto anche il diritto di contraddire sul risultato della prova da loro richiesta e sull’ammissione della prova officiosa. Così pure, alle parti, dopo l’assunzione della prova, va attribuito il diritto di poter svolgere osservazioni, deduzioni e contestazioni sull’esito della prova, prima che il collegio assuma la decisione.

    3 Per trovare il giusto punto di equilibrio fra efficienza e garanzia, al giudice sono rimessi, appunto, ampi poteri discrezionali. Questi ampi poteri discrezionali riguardano, però, solo l’organizzazione del procedimento (compresa la facoltà di abbreviazione dei termini) e l’introduzione di prove officiose, visto che tutta la fase istruttoria è governata, anche, dal regime previsto nell’art. 738 c.p.c. che, in sintesi, consente al collegio di «assumere informazioni», il che non deve determinare alcuna autoreferenzialità esclusiva, ma porsi come strumento additivo di conoscenza del fatto oggetto della lite.

    XI. La fase decisoria e gli effetti della decisione

    XI.La fase decisoria e gli effetti della decisione

    1 Il collegio decide con decreto motivato entro trenta giorni dall’udienza di comparizione delle parti. Nell’emettere il decreto che deve essere motivato, il tribunale pronuncia anche sulle spese del giudizio, dal momento che si è in presenza di parti contrapposte e si decide in base al principio di causalità. Cfr. [F383] [F384].

    2 I provvedimenti pronunciati dal giudice delegato e dal tribunale, poi oggetto di impugnativa, sono immediatamente esecutivi sia perché in quanto dettati per consentire lo sviluppo del procedimento sarebbe irrazionale che non lo fossero, sia perché se nell’art. 124 è stabilito che la proposizione del reclamo non sospende l’esecuzione, ciò deve voler significare che quei provvedimenti sono esecutivi sin dall’origine. Per logica coerenza anche il decreto reso sul reclamo deve produrre immediata efficacia.

    3 L’art. 124 CCII non si preoccupa di stabilire se ed in quale modo il decreto del tribunale o della corte d’appello possa[no] essere ulteriormente impugnato [i]. La previsione di un “termine lungo” (quello di novanta giorni) per la proposizione del gravame dimostra la volontà di assicurare ai provvedimenti endoconcorsuali un regime di stabilità.

    4 La revoca, ex art. 742 c.p.c., dei provvedimenti (del giudice delegato, del tribunale concorsuale e della corte d’appello) può essere postulata per tutti i provvedimenti con contenuto “ordinatorio”, purché non si siano ancora prodottisi gli effetti del decreto.

    B) Frmule

    B)Frmule
    F376
    RECLAMO EX ART. 26 AVVERSO DECRETO DEL G.D.

    TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………

    Sezione ………

    ***

    LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE ………

    GIUDICE DELEGATO ………

    ***

    RECLAMO AI SENSI DELL’ART. 124 CCII

    Ill.mo Tribunale

    il sottoscritto ………, creditore ammesso al passivo della liquidazione giudiziale in epigrafe, rappresentato e difeso per ……… dall’avv………., elettivamente domiciliato presso il suo studio in ………, via ………

    PREMESSO

    - che in data [………] il giudice delegato ha emesso il decreto con il quale ………;

    che tale decreto è stato comunicato dalla cancelleria il giorno [………];

    - che tale provvedimento appare lesivo dei diritti dell’esponente in quanto ………;

    - che appare quindi necessario rimuovere il decreto emesso dal G.D.;

    tutto ciò premesso ed esposto ………, come sopra rappresentato,

    propone

    RECLAMO

    a sensi e per gli effetti di cui all’art. 124 CCII avverso il decreto del G.D. in data [………], e chiede che il Tribunale, previa audizione in camera di consiglio degli interessati, in accoglimento del presente reclamo voglia revocare l’impugnato provvedimento;

    in via istruttoria chiede che venga disposta l’assunzione di informazioni ai sensi dell’art. 124 CCII presso ………

    Produce i seguenti documenti:

    1) ………

    2) ………

    3) ………

    Luogo, data ………

    Firma ………

    F377
    RECLAMO EX ART. 26 AVVERSO DECRETO DEL TRIBUNALE CON INIBITORIA

    CORTE D’APPELLO CIVILE E PENALE DI ………

    Sezione fallimentare

    ***

    LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE ………

    GIUDICE DELEGATO ………

    ***

    RECLAMO AI SENSI DELL’ART. 124 CCII

    Ecc.ma Corte d’Appello

    il sottoscritto ………, creditore ammesso al passivo della liquidazione giudiziale in epigrafe, rappresentato e difeso per ……… dall’avv………., elettivamente domiciliato presso il suo studio in ………, via ………

    PREMESSO

    - che in data [………] il Tribunale di ……… ha emesso il decreto con il quale ………;

    che tale decreto è stato comunicato dalla cancelleria il giorno [………];

    - che tale provvedimento appare lesivo dei diritti dell’esponente in quanto ………;

    - che appare quindi necessario rimuovere il decreto emesso dal Tribunale;

    tutto ciò premesso ed esposto ………, come sopra rappresentato,

    propone

    RECLAMO

    a sensi e per gli effetti di cui all’art. 124 CCII avverso il decreto del Tribunale di ……… in data [………], e chiede che la Corte d’Appello, previa audizione in camera di consiglio degli interessati, in accoglimento del presente reclamo voglia revocare l’impugnato provvedimento;

    in via istruttoria chiede che venga disposta l’assunzione di informazioni ai sensi dell’art. 124 CCII presso ………

    In via inibitoria: chiede che l’Ecc.mo Sig. Presidente della Corte di Appello di ……… Voglia sospendere l’esecutività del decreto, tenuto conto che l’esecuzione recherebbe un pregiudizio irreparabile a ……… e che per le ragioni esposte il reclamo appare manifestamente fondato.

    Produce i seguenti documenti:

    1) ………

    2) ………

    3) ………

    Luogo, data ………

    Firma ………

    F378
    LETTERA DEL CURATORE DI COMUNICAZIONE DEPOSITO DECRETO DEL G.D.(A MEZZO RACC.O A MEZZO PEC)

    Comunicazione via PEC

    Spett.le

    ………

    ………

    ………

    Oggetto: Liquidazione giudiziale ……… dichiarata dal Tribunale di ……… con sentenza n………. del [………]

    Con la presente Vi prego di prendere nota ad ogni effetto di legge che con decreto in data [………] il Giudice delegato ha assunto il seguente provvedimento:

    “………

    ………” (All. 1)

    La presente viene inoltrata ai sensi dell’art. 124 CCII

    Distinti saluti

    Luogo, data ………

    Il curatore ………

    F379
    DECRETO DI FISSAZIONE DELL’UDIENZA IN CAMERA DI CONSIGLIO

    TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………

    ***

    Il Presidente della Sezione ………

    Visto il reclamo ex art. 124 CCII proposto da ………, avverso il decreto del G.D. nella liquidazione giudiziale ………;

    NOMINA

    giudice relatore il dott……….;

    FISSA

    per la comparizione in camera di consiglio del reclamante, del curatore e di ………, l’udienza del [………], ore ………;

    DISPONE

    che il reclamo e il presente decreto siano notificati al curatore e ai controinteressati entro il termine di giorni cinque

    AVVISA

    il curatore e i controinteressati che possono costituirsi nel procedimento di reclamo, depositando memoria difensiva e documenti allegati, almeno cinque giorni prima dell’udienza;

    DISPONE

    che il presente decreto sia immediatamente comunicato al reclamante.

    Luogo, data ………

    Il Presidente ………

    F380
    MEMORIA DI COSTITUZIONE DEL CURATORE

    TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………

    MEMORIA DI COSTITUZIONE

    Il curatore della liquidazione giudiziale ………, rappresentato e difeso dall’avv………., come d procura alle liti ………, con il presente atto si costituisce per resistere al reclamo promosso avverso il decreto n………. depositato in data [………] con il quale il Giudice delegato di ……… ha ………

    ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE

    1) Il curatore con propria lettera racc. a.r. conferiva ……… ……… l’incarico di stimare il compendio immobiliare dell’impresa debitrice, assegnando termine per il deposito della relazione sino al ………

    2) In data [………] ……… depositava la relazione (con un ritardo di ……… giorni) e presentava la notula professionale per l’importo di euro ………

    3) Il curatore, con nota del [………] trasmetteva al Sig. Giudice delegato la richiesta del professionista e segnalava che il compenso era stato calcolato in modo difforme dalla tabella prevista per i consulenti tecnici;

    4) Il Giudice delegato con decreto n………. depositato in data [………] ha liquidato il compenso del perito stimatore ……… nella misura di euro ………

    5) ……… ha depositato reclamo ex art. 124 CCII censurando il decreto del G.D. nella parte in cui non avrebbe considerato la peculiarità del compendio immobiliare stimato, né la difficoltà dell’incarico, tale da giustificare un congruo aumento della somma prevista nelle tabelle.

    6) Il reclamo dovrà essere dichiarato inammissibile. Infatti, il decreto di liquidazione del compenso è stato comunicato al professionista con lettera racc. a.r. in data [………]. Poiché il reclamante ha depositato il ricorso in data [………], il termine di dieci giorni stabilito nell’art. 124 CCII era ormai decorso.

    7) In ogni caso il reclamo è infondato nel merito. Il G.D. ha infatti liquidato al professionista lo scaglione previsto nella tariffa dei consulenti tecnici al livello più alto, nonostante la relazione sia stata tardivamente depositata.

    Tanto premesso il curatore della liquidazione giudiziale ………, come sopra rappresentato e difeso, formula le seguenti

    CONCLUSIONI

    voglia il Tribunale adito, respinta ogni contraria eccezione e deduzione avversaria, così

    GIUDICARE

    In via preliminare:

    dichiarare il reclamo inammissibile.

    Nel merito:

    rigettarsi il reclamo e per l’effetto confermare il decreto del [………] del Giudice delegato della liquidazione giudiziale ………;

    In via istruttoria:

    ………

    Con vittoria di spese, diritti ed onorari.

    Si producono:

    1) Lettera di conferimento dell’incarico.

    2) Lettera racc. a.r……….

    3) ………

    4) ………

    5) ………

    Luogo, data ………

    Il curatore ………

    F381
    VERBALE DI UDIENZA IN CAMERA DI CONSIGLIO

    TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………

    Sezione ………

    ***

    Oggi [………], davanti al Tribunale, riunito in camera di consiglio con la presenza dei sigg. magistrati:

    dott………. Presidente

    dott………. Giudice

    dott………. Giudice

    sono presenti:

    per il reclamante ………, il quale deposita copia del reclamo notificato a ………

    il curatore ………;

    nonché ………;

    il dott………. svolge la relazione;

    ………

    ………

    ………

    IL TRIBUNALE

    Si riserva la decisione.

    Luogo, data ………

    Il Presidente ………

    F382
    DECRETO IN TEMA DI AMMISSIONE DI PROVE

    TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………

    Sezione ………

    ***

    Il Tribunale, riunito in camera di consiglio con la presenza dei sigg. magistrati:

    dott………. Presidente

    dott………. Giudice

    dott………. Giudice

    Nel procedimento di reclamo ex art. 124 CCII promosso da ………

    nei confronti di ………

    ha pronunciato il seguente

    DECRETO

    Visto il reclamo proposto contro il provvedimento del G.D. della liquidazione giudiziale ………;

    viste le memorie di costituzione depositate dal curatore ……… e dal controinteressato ………;

    rilevato che il reclamante ha chiesto l’ammissione di prova per testi volta a dimostrare la particolare onerosità dell’incarico professionale svolto in funzione di giustificare il compenso richiesto;

    ritenuto che la documentazione prodotta con il reclamo sia sufficientemente analitica nel dimostrare l’attività svolta e che pertanto la richiesta prova appaia superflua;

    ritenuta, viceversa, l’utilità di acquisire ai sensi degli artt. 213 e 737 c.p.c. la documentazione presso………

    RIGETTA

    La richiesta di ammissione delle prove e ordina a ……… ai sensi degli artt. 213 e 737 c.p.c. di trasmettere entro il ……… la documentazione relativa a ………

    Manda alla cancelleria per le comunicazioni di rito

    Luogo, data ………

    Il Presidente ………

    F383
    DECRETO DEL TRIBUNALE IN TEMA DI RECLAMO (RIGETTO)

    TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………

    Sezione ………

    ***

    Il Tribunale, riunito in camera di consiglio con la presenza dei sigg. magistrati:

    dott………. Presidente

    dott………. Giudice

    dott………. Giudice

    ha pronunciato il seguente

    DECRETO

    Visto il reclamo ex art. 124 CCII presentato da ………

    nei confronti di ………

    avverso il decreto del G.D. depositato in data [………] nella liquidazione giudiziale ………

    viste le memorie di costituzione presentate da ………

    sentite le parti e assunte informazioni;

    rilevato che il decreto emesso dal G.D., oggetto del reclamo, è stato comunicato a ……… in data [………];

    rilevato che il reclamo è stato depositato in cancelleria in data [………] e deve quindi considerarsi tempestivo;

    ritenuto che, quanto al merito, ………

    ………

    ………

    P.Q.M.

    rigetta il reclamo e condanna il reclamante alla rifusione delle spese del procedimento, liquidate in misura di euro ………

    Luogo, data ………

    Il Presidente ………

    F384
    DECRETO DEL TRIBUNALE IN TEMA DI RECLAMO (ACCOGLIMENTO)

    TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………

    Sezione ………

    ***

    Il Tribunale, riunito in camera di consiglio con la presenza dei sigg. magistrati:

    dott………. Presidente

    dott………. Giudice

    dott………. Giudice

    ha pronunciato il seguente

    DECRETO

    Visto il reclamo ex art. 124 CCII presentato da ………

    nei confronti di ………

    avverso il decreto del G.D. depositato in data [………] nella liquidazione giudiziale ………

    viste le memorie di costituzione presentate da ………

    sentite le parti e assunte informazioni;

    rilevato che il decreto emesso dal G.D., oggetto del reclamo, è stato comunicato a ……… in data [………];

    rilevato che il reclamo è stato depositato in cancelleria in data [………] e deve quindi considerarsi tempestivo;

    ritenuto che ………

    ………

    ………

    ritenuto quanto alle spese che ………

    ………

    ………

    P.Q.M.

    Accoglie il reclamo e per l’effetto revoca il decreto del G.D. del Fallimento ………;

    dispone che in luogo del provvedimento del G.D……….

    Luogo, data ………

    Il Presidente ………

    C) Giurisprudenza:

    C)Giurisprudenza:

    I. L’impugnazione avverso i decreti del giudice delegato - II. Profili processuali - III. I decreti del giudice delegato - IV. (Segue) A) figure di confine.

    I. L’impugnazione avverso i decreti del giudice delegato

    I.L’impugnazione avverso i decreti del giudice delegato

    1 Il decreto del tribunale che rigetta il reclamo proposto dal fallito, ai sensi dell’art. 26 l. fall., avverso il provvedimento del giudice delegato con il quale era stata rigettata l’istanza di sospensione della vendita all’incanto di beni compresi nell’attivo del fallimento è ricorribile per cassazione a norma dell’art. 111 Cost. Tale decreto infatti, pronunziato nell’ambito della giurisdizione esecutiva del processo fallimentare, decide una controversia del tutto analoga all’opposizione agli atti esecutivi di cui all’art. 617 c.p.c., con la conseguenza della sua ricorribilità a norma dell’art. 111 Cost. e della legittimazione del fallito come soggetto passivo all’esecuzione concorsuale [C. I 20.9.2017, n. 21837]. Il decreto con il quale il tribunale fallimentare, in sede di reclamo ai sensi dell’art. 26 l. fall., neghi, ad un creditore insinuato - ma non ammesso - al passivo, il diritto di proporre contestazioni a rendiconto predisposto dal curatore rappresenta un provvedimento astrattamente idoneo a produrre effetti sui diritti di detto creditore e, pertanto, è impugnabile per cassazione, a norma dell’art. 111 Cost. senza che, l’esperibilità del rimedio, rilevi la questione della legittimazione del creditore a formulare siffatte contestazioni [C. I 25.10.2017, n. 25329; C. I 24.4.1993, n. 3490, Fall 1993, 843].

    2 La soggettività giuridica piena della società di capitali, soggetto distinto da quello dei singoli soci, comporta che in caso di fallimento della stessa questi ultimi abbiano un interesse solo indiretto al miglior risultato liquidatorio del patrimonio della società. Ne consegue che essi, in quanto tali, sono sforniti di un interesse proprio e diretto, nei termini di cui all’art. 100 c.p.c., idoneo a legittimarli ad esperire il reclamo a norma dell’art. 26 l. fall. - che pur attribuisce la legittimazione alla relativa impugnazione a “chiunque vi abbia interesse” - contro i provvedimenti del giudice delegato concernenti la vendita di beni della società fallita, in funzione di un miglior risultato liquidatorio [C. VI 4.12.2012, n. 21757; C. I 11.10.1999, n. 11369, Fall 2000, 1335]. Il legale rappresentante della società fallita, a differenza di quest’ultima, non è legittimato a proporre reclamo ex art. 26 l. fall. avverso il provvedimento del giudice delegato che abbia negato la sospensione della vendita coattiva dei beni sociali, in quanto egli non vanta alcun reale diritto su quei beni, essendo perciò titolare non del necessario interesse ex art. 100 c.p.c., bensì di un mero interesse di fatto alla conservazione del patrimonio sociale [C. I 20.9.2017, n. 21837, GCM 2017]. Poiché al di fuori delle ipotesi tassativamente previste dalla legge processuale il Pubblico Ministero non ha potere di azione e tanto meno di impugnazione, deve negarsi la legittimazione della parte pubblica ad impugnare mediante il reclamo endofallimentare un provvedimento del giudice delegato, in quanto l’art. 26 l. fall., che indica con precisione i soggetti che sono legittimati all’impugnazione, non include il Pubblico Ministero. (Nella specie la S.C. ha confermato la decisione con la quale il Tribunale aveva dichiarato l’inammissibilità del reclamo proposto dal Procuratore della Repubblica avverso un decreto con il quale il giudice delegato aveva autorizzato l’affitto dell’azienda fallita) [C. I 13.3.2018, n. 6093, GCM 2018]. Nel caso in cui sia stata disposta in sede fallimentare la vendita di un’azienda appartenente ad imprenditore fallito, l’aspirante aggiudicatario non ha un onere di impugnazione del provvedimento con il quale il giudice delegato riconosca in favore dell’affittuario dell’azienda il diritto di prelazione, in quanto è solo l’aggiudicazione del bene posto in vendita a incidere sul diritto del concorrente escluso, non il provvedimento che prima dell’incanto abbia riconosciuto o negato il diritto di prelazione vantato dall’interessato [C. III 26.9.2017, n. 22333; C. III 17.1.2017, n. 918; C. I 11.2.2004, n. 2576, I 2004, 864]. Qualora sia accertata l’avvenuta esecuzione del concordato fallimentare omologato, il decreto del giudice delegato che disponga la cancellazione del pignoramento trascritto prima della dichiarazione di fallimento non è reclamabile, ai sensi dell’art. 26 l. fall., da parte del creditore che ha proceduto alla trascrizione del predetto vincolo, mancando in capo a costui l’interesse ad agire, stante l’obbligatorietà del concordato, ex art. 135 l. fall., per tutti i creditori anteriori all’apertura del concorso [C. I 12.10.2022, n. 29793, GCM 2022].

    II. Profili processuali

    II.Profili processuali

    1 I termini per il reclamo al tribunale fallimentare avverso i decreti del giudice delegato decorrono dalla data di comunicazione del provvedimento a cura della cancelleria, senza che rilevi la conoscenza acquisita “aliunde” [C. I 2.6.1999, n. 5341, FI 1999, 1, 3259; in senso conforme C. I 29.10.1998, n. 10791, Fall 1999, 554]. I provvedimenti decisori del giudice delegato nell’ambito del fallimento e delle altre procedure concorsuali previste dalla legge fallimentare, sono impugnabili con il reclamo davanti al tribunale ai sensi dell’art. 26 l. fall., nel termine di dieci giorni decorrenti dalla comunicazione (non dal deposito), atteso che detto istituto del reclamo non è stato espunto dall’ordinamento per effetto delle sentenze della C. Cost. n. 42/1981, n. 303/1985 e n. 55/1986 le quali operano nel diverso senso di assoggettare il reclamo stesso alle disposizioni del rito camerale e agli artt. 737 ss. c.p.c. con riguardo all’entità del termine per la sua proposizione ed alla relativa decorrenza, nonché alle garanzie del contraddittorio ed all’obbligo della motivazione come previsto dall’art. 26 l. fall. come modificato dalle sentenze additive della C. Cost. n. 303/1985 e 156/1986 [C. I 10.11.1999, n. 12462, Fall 2000, 1269; C. I 11.12.1987, n. 9212]. Il termine di sessanta giorni per la proposizione del ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., avverso i decreti emessi dal tribunale fallimentare in sede di reclamo contro i provvedimenti del giudice delegato inizia a decorrere dalla comunicazione del provvedimento alla parte, come eseguita dalla cancelleria - di regola - ai sensi degli artt. 136 c.p.c. e 45 disp. att. c.p.c., o anche in forme equipollenti, purché risulti certa la presa di conoscenza dell’atto da parte del destinatario e la relativa data [C. I 10.2.2020, n. 3023, GD 2020; C. I 22.10.2020, n. 23173, GCM 2020].

    2 In tema di fallimento, il reclamo ex art. 26 l. fall. (r.d. 16.3.1942, n. 267) assolve, nei riguardi degli atti esecutivi interni alla procedura concorsuale, ad una funzione di controllo assimilabile a quella che nell’esecuzione individuale è propria dell’opposizione ex art. 617 c.p.c. Ne consegue che il procedimento introdotto con il reclamo ha natura di giurisdizione contenziosa e le parti non possono compiere personalmente alcun atto processuale, ma devono essere rappresentate da un procuratore legalmente esercente, a norma dell’art. 82, c. 2, c.p.c. [C. I 21.3.2003, n. 4128, Fall 2004, 65; T. Teramo 10.1.2017, n. 9, DeJure].

    III. I decreti del giudice delegato

    III.I decreti del giudice delegato

    1 In sede di reclamo al tribunale fallimentare avverso i provvedimenti emessi dal giudice delegato in materia di vendita di beni acquisiti all’attivo fallimentare, deve osservarsi a pena di nullità - deducibile con il ricorso straordinario ex art. 111 Cost., configurandosi il relativo decreto del tribunale come provvedimento di natura decisoria e di carattere definitivo - il principio del contraddittorio, con conseguente necessità di convocazione, in camera di consiglio, del reclamante, del curatore e dei soggetti che, in relazione allo specifico oggetto del reclamo, risultino destinatari degli effetti della decisione. Nel novero di tali soggetti non rientra, nel caso in cui si verta, come nella specie, in tema di sospensione della vendita disposta a norma dell’art. 108 l. fall., chi, dopo aver presentato un’offerta, non abbia acquisito la qualità di parte nel subprocedimento di vendita senza incanto, disposta dal giudice delegato a seguito di questa e di altre offerte, per essersi volontariamente astenuto, pur avendone avuto notizia, dal partecipare alla vendita stessa nei modi di cui agli artt. 571 ss. c.p.c. Costui, infatti, non può che essere riconosciuto titolare di un interesse di mero fatto in ordine al procedimento di cui si tratta, giuridicamente non differenziato, né qualificato, rispetto all’interesse di cui è portatore qualsiasi altro soggetto che, rimasto estraneo allo svolgimento di una prima fase dell’attività processuale di liquidazione, ritenga conveniente, in esito agli sviluppi di esso, inserirsi nelle eventuali, successive fasi in cui tale attività abbia ad articolare [C. I 15.11.2018, n. 29465; C. I 25.8.2017, n. 20386, D&G 2017]. In tema rapporti pendenti nel fallimento, il provvedimento adottato dal giudice delegato ai sensi dell’art. 80, c. 3, l. fall. (nella versione successiva alla riforma ex d.lgs. n. 5/2006), al fine di determinare, nel dissenso tra le parti, la misura dell’equo indennizzo per l’anticipato recesso del curatore dal contratto di locazione, è impugnabile, in mancanza di una previsione ad hoc, con il reclamo ex art. 26 l. fall., in quanto mezzo ordinario di impugnazione dei decreti del giudice delegato quando non sia diversamente disposto [C. I 9.9.2022, n. 26574, GCM 2022].

    2 Il decreto del Tribunale fallimentare, che conferma il provvedimento con il quale il giudice delegato ha dichiarato la decadenza dell’aggiudicatario di un bene, per mancato versamento del prezzo nel termine stabilito, pronunciando altresì la perdita della cauzione, costituisce un atto di natura decisoria, in quanto incide su diritti soggettivi dell’assegnatario stesso, ed è, quindi, impugnabile con ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost. [C. I 11.5.2005, n. 9930, Fall 2006, 94; C. I 13.5.1998, n. 4794, Fall 1999, 593; T. Lamezia Terme I 5.7.2021, n. 416, DeJure]. Anche seguito dell’intervento della C. Cost. (sentenze n. 42/1981, n. 303/1985, n. 55/1986), deve ritenersi che l’istituto del reclamo endofallimentare contro i decreti del giudice delegato (art. 26 l. fall.) sia tuttora rimasto in vigore secondo una disciplina costituzionalizzata generale che, in relazione a provvedimenti con contenuto decisorio, è quella di cui agli artt. 737 ss. c.p.c. [C. VI 14.1.2022, n. 1135]. Il provvedimento camerale ex art. 26 l. fall., con cui il tribunale rigetta il reclamo contro il decreto del giudice delegato relativo alla liquidazione del compenso al difensore, per l’assistenza in giudizio prestata alla curatela fallimentare, è ricorribile in cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., siccome definitivo ed incidente su diritto soggettivo [C. I 20.9.2017, n. 21826, GCM 2017; C. I 15.11.2007, n. 23629]. In tema di liquidazione dell’attivo fallimentare, il provvedimento con il quale il tribunale rigetta il reclamo proposto avverso il decreto del giudice delegato che abbia disposto il trasferimento di un immobile o un complesso aziendale è impugnabile con il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost. Tale provvedimento, infatti, ha natura decisoria e definitiva, comportando la reiezione delle doglianze sollevate in ordine alla legittimità del trasferimento, che incide sul diritto del reclamante all’acquisizione del bene, e la preclusione di ulteriori rimedi, cui consegue il consolidamento della posizione dell’acquirente [C. I 1.7.2022, n. 21007, GD 2022]. In caso di recesso dal contratto di affitto di azienda esercitato ai sensi dell’art. 79 l. fall., non è esperibile l’actio nullitatis avverso il provvedimento del giudice delegato che, in accoglimento dell’istanza del curatore, esclude il riconoscimento di un equo indennizzo senza previa audizione dell’affittuario; pertanto, anche la mancata audizione deve essere fatta valere dal soggetto pretermesso, a pena di decadenza, nelle forme e nei termini del reclamo di cui all’art. 26 l. fall. [C. VI 15.10.2020, n. 22334, Ilprocessocivile.it, 2021]. Il decreto emesso dal tribunale in sede di reclamo avverso il provvedimento con il quale il giudice delegato, a norma dell’art. 46 l. fall., determina la quantità del salario percepito dal fallito da destinare alle esigenze di questo e della sua famiglia, incidendo sui diritti del fallito e su quelli dei creditori e presentando i caratteri della decisorietà e della definitività, è impugnabile con il ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. [C. I 26.11.1999, n. 13171, Fall 2000, 1361].

    3 È inammissibile il ricorso per cassazione proposto ex art. 111 Cost. contro il decreto del Tribunale fallimentare, emesso in sede di reclamo ex art. 26 l. fall. (r.d. 16.3.1942, n. 267), confermativo del diniego di autorizzazione al curatore a promuovere un’azione civile (nella specie: indebito oggettivo). Il provvedimento impugnato ha, infatti, natura ordinatoria, esaurisce i suoi effetti all’interno del procedimento fallimentare, quale condizione per il successivo agire in contenzioso del curatore e risente della natura del provvedimento del giudice delegato che, a sua volta, si configura come espressione di quei poteri amministrativi (di direzione e sorveglianza del procedimento, e concessione di autorizzazioni al curatore) che la norma dell’art. 25, r.d. 16.3.1942, n. 267 l. fall. (n. 6 per l’autorizzazione a promuovere giudizi) attribuisce al suddetto giudice [C. I 15.3.2019, n. 7502; in senso conforme C. I 13.12.2012, n. 22959; C. I 2.4.1996, n. 3058, Fall 1996, 317]. È inammissibile il ricorso per cassazione proposto ai sensi dell’art. 111 Cost. contro i provvedimenti emessi dal tribunale fallimentare in virtù dei suoi poteri di controllo sull’operato del giudice delegato per quanto attiene all’attività non giurisdizionale, ma semplicemente amministrativa di quest’ultimo nella gestione della procedura fallimentare, in quanto detti provvedimenti hanno natura ordinatoria, e non incidono, se non in modo mediato ed indiretto, sui diritti dei terzi. Tra tali provvedimenti sono ricompresi quelli con i quali il giudice delegato, o il tribunale in sede di reclamo, concedono o negano al curatore l’autorizzazione a presentare al Ministro del lavoro e della previdenza sociale la domanda di riconoscimento del trattamento di integrazione salariale, in favore dei dipendenti della società fallita, ai sensi dell’art. 3, l. n. 223/1991 [C. I 5.3.1999, n. 1859, Fall 1999, 1344]. Il decreto del giudice delegato che provvede, sulla richiesta dei lavoratori dipendenti dell’impresa fallita, di attivazione, da parte del curatore, della procedura di mobilità ai sensi dell’art. 3, l. 23.7.1991, n. 223 è emesso nell’esercizio dei poteri di controllo e vigilanza sull’attività negoziale (in cui consiste l’attivazione della procedura di mobilità) del curatore; pertanto il decreto del tribunale che provvede sul reclamo avverso tale decreto non ha, al pari di esso, carattere decisorio e non è impugnabile per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. [C. I 23.7.2004, n. 13817; T. Sulmona 12.11.2007, DeJure]. In tema di rendiconto del curatore del fallimento, non è ricorribile per cassazione, ex art. 111 Cost., l’ordinanza del tribunale fallimentare che abbia dichiarato inammissibile il reclamo contro il provvedimento con cui il giudice delegato - in presenza di osservazioni del nuovo curatore sul rendiconto presentato dal curatore revocato - non abbia approvato il conto ed abbia fissato l’udienza davanti al collegio, a norma dell’art. 116, u.c., l. fall. e dell’art. 189 c.p.c., atteso che tale provvedimento ha solo natura ordinatoria, essendo destinato a regolare lo svolgimento del processo in vista della (futura) decisione [C. I 17.5.1995, n. 5435, Fall 1996, 33; T. Roma 11.5.2009, n. 10041, DeJure]. In tema di fallimento, è inammissibile il ricorso per cassazione avverso il decreto del tribunale di approvazione del rendiconto del curatore, perché avverso tale provvedimento è esperibile il reclamo alla corte d’appello ai sensi dell’art. 26 l. fall. [C. I 20.6.2022, n. 19889, GCM 2022]. È inammissibile il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. avverso il decreto con il quale il tribunale fallimentare, in sede di reclamo, abbia confermato il decreto del g.d., adottato dopo la chiusura della procedura, che abbia rigettato la domanda di restituzione delle somme accantonate in favore dei creditori irreperibili proposta dal debitore, trattandosi di atto giudiziale assunto al di fuori delle competenze ormai cessate del tribunale fallimentare e privo dei connotati della decisorietà e definitività, potendo le istanze del fallito in relazione alle somme accantonate e mai riscosse dai creditori irreperibili essere fatte valere solo mediante l’introduzione di un giudizio di cognizione ordinario avanti al giudice competente. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dagli eredi del fallito avverso il provvedimento con cui il g.d. aveva rigettato la richiesta di restituzione dei libretti di deposito intestati ai creditori irreperibili, ai sensi dell’art. 117, c. 3, l. fall., nel testo applicabile “ratione temporis”) [C. I 15.11.2018, n. 29466; C. I 13.4.2018, n. 9250, C. I 11.9.2018, n. 22122, GCM 2018; in senso conforme C. I 26.9.2003, n. 14330, GIUS 2004, 809; C. I 6.5.1992, n. 5358, Fall 1992, 917]. In tema di fallimento, la pronuncia del tribunale sul reclamo avverso il provvedimento del giudice delegato, dichiarativo del mancato raggiungimento delle maggioranze previste per l’approvazione della proposta di concordato, non è impugnabile con il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., risultando anch’essa destinata a confluire nella successiva dichiarazione di fallimento e, pertanto, priva di quella autonoma funzione decisoria (e della correlata idoneità ad incidere su posizioni di diritto soggettivo) attribuibile alla sola sentenza dichiarativa del fallimento [C. I 28.5.2018, n. 13295; C. I 30.3.1998, n. 3332, Fall 1998, 825]. Il provvedimento con cui il giudice delegato proroghi un termine non perentorio o disponga il rinvio di un’udienza di verifica dei crediti non ha natura decisoria, non incidendo direttamente su diritti soggettivi, né carattere definitivo, restando soggetto al reclamo al tribunale, la cui decisione di conseguenza non è impugnabile con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. [C. I 2.8.1990, n. 7762, Fall 1991, 504]. È inammissibile il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. nei confronti del decreto del tribunale fallimentare che, in parziale accoglimento del reclamo avverso il provvedimento del giudice delegato di rigetto dell’istanza - proposta dal fallito - di esaminare il fascicolo fallimentare e di estrarne copia, abbia riconosciuto il diritto alla consultazione, con esclusione degli atti che il giudice delegato avesse ritenuto non ostensibili. Tale decreto, infatti, risulta privo dei caratteri della definitività e decisorietà, atteso che, qualora il provvedimento del giudice delegato, emanato in esecuzione della decisione del tribunale, dovesse non conformarsi adeguatamente a quanto in essa stabilito o dovessero sorgere questioni circa gli atti non ostensibili, il provvedimento stesso sarebbe nuovamente reclamabile davanti al Tribunale [C. VI 6.4.2022, n. 11230; in senso conforme C. I 8.1.2019, n. 212, GCM 2019; C. VI 17.1.2017, n. 1032, GCM 2017; C. I 4.9.2004, n. 17885, FI 2005, 3186]. Il provvedimento del tribunale con il quale venga respinto il reclamo del fallito contro il decreto del giudice delegato al fallimento che abbia respinto il ricorso per la revoca del curatore, non è ricorribile in cassazione, neppure in via straordinaria, ai sensi dell’art. 111 Cost., atteso che in tal caso, nel provvedimento impugnato davanti alla Corte di Cassazione difettano i necessari requisiti della decisorietà (ossia della risoluzione di una controversia intorno a diritti soggettivi o “status”) e della definitività (ossia della stabile incidenza di quei provvedimenti sui predetti diritti soggettivi e della insuscettibilità dei medesimi di essere revocati, modificati o assoggettabili ad altri rimedi giurisdizionali [C. I 13.3.2015, n. 5094; C. I 21.6.2002, n. 9064, AC 2003, 426]. È inammissibile il ricorso per cassazione proposto, ex art. 111 Cost., nei confronti del decreto con il quale il tribunale respinga la richiesta del fallito di ottenere il sussidio alimentare di cui all’art. 47 l. fall., trattandosi di provvedimento inidoneo a pregiudicare definitivamente ed irreversibilmente la posizione del ricorrente (essendo la relativa istanza legittimamente reiterabile), e soggetto al prudente apprezzamento del giudice del merito, il quale non è chiamato a risolvere una controversia su diritti soggettivi (non attribuendo il citato art. 47 al fallito alcun diritto soggettivo agli alimenti) cui sia ricollegabile un effetto di diritto sostanziale insuscettibile di riesame [C. II 5.6.2015, n. 27809]. Il decreto con il quale il tribunale si pronuncia sul reclamo ex art. 26 l. fall. contro il provvedimento, emesso dal giudice delegato in sostituzione del comitato dei creditori, di autorizzazione del curatore alla rinuncia alla liquidazione di uno o più beni dell’attivo fallimentare, ai sensi dell’art. 104-ter, c. 8, l. fall., non è impugnabile con ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 111, c. 7, Cost., avendo esso natura ordinatoria e non decisoria, in quanto volto a regolare l’esercizio di poteri gestori del curatore senza incidere su diritti soggettivi del fallito, ed essendo privo del requisito della definitività, in quanto la scelta gestoria compiuta è sempre suscettibile di modificazione, salva l’eventuale maturazione medio tempore di incompatibili diritti di terzi [C. I 3.7.2019, n. 17835, GCM 2019]. È inammissibile il ricorso per cassazione proposto ex art. 111 Cost. avverso il decreto del tribunale fallimentare che, in sede di esecuzione del concordato fallimentare, si sia pronunciato su di una questione attinente alla misura di un credito da soddisfare, in quanto tale provvedimento, non potendo avere ad oggetto questioni decise con la sentenza di omologazione, le quali devono trovare la loro soluzione in sede contenziosa nelle forme ordinarie, non è idoneo a pregiudicare in modo definitivo e con carattere decisorio i diritti soggettivi delle parti. (Nella specie la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso il decreto emesso dal tribunale fallimentare in merito alla misura dei crediti da soddisfare e delle somme da attribuire all’assuntore) [C. I 20.3.2018, n. 6983 GCM 2018]. Non può essere ammesso il reclamo avverso il decreto adottato dal tribunale fallimentare di revoca dell’incarico di curatore fallimentare, trattandosi di provvedimento non decisorio, bensì di natura amministrativa e ordinatoria privo di portata decisoria su posizioni di diritto soggettive. La nomina del curatore e il mantenimento dell’ufficio attengono all’esigenza del corretto svolgimento della procedura e non è dunque configurabile una posizione soggettiva giuridicamente rilevante del curatore [C. App. Lecce 29.6.2015, Ilfallimentarista.it, 2015]. In materia fallimentare, è inammissibile il ricorso straordinario per cassazione proposto, ai sensi dell’ articolo 111 Cost., avverso il decreto adottato dal tribunale, in sede di reclamo avverso la decisione del giudice delegato che abbia avuto ad oggetto l’esercizio del potere di amministrazione e gestione dei beni acquisiti al fallimento e delle funzioni di direzione della procedura fallimentare, e non la soluzione di controversie su diritti, perché detti provvedimenti sono privi dei caratteri della definitività e decisorietà. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto inammissibile il ricorso straordinario per cassazione proposto dal notaio rogante, avverso la decisione con la quale, pronunciando in sede di reclamo, il tribunale aveva confermato la decisione del giudice delegato che aveva dichiarato la nullità dell’atto di compravendita di un bene immobile presente nell’attivo fallimentare, perché redatto dal notaio delegato alla vendita privatamente, senza il rispetto degli obblighi di pubblicità previsti dalla legge) [C. VI 25.2.2019, n. 5447, GCM 2019; C. III 25.5.2017, n. 13167, GCM 2017].

    4 È ammissibile il ricorso ex art. 111 Cost. per impugnare il decreto con il quale il tribunale fallimentare rigetta il reclamo avverso il provvedimento del giudice delegato che rende esecutivo il piano di riparto in quanto trattasi di provvedimento decisorio [C. s.u. 26.9.2019, n. 24068, GD 2019, 44; C. I 8.5.1995, n. 5020, FI 1995, 2856]. È ammissibile il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., avverso l’ordinanza con cui il tribunale fallimentare, confermando il decreto del giudice delegato, neghi i provvedimenti restitutori richiesti dal fallito sul presupposto dell’intervenuta revoca del fallimento all’esito del giudizio di opposizione, atteso che detta ordinanza non è meramente interlocutoria e accessoria rispetto al giudizio di opposizione ma ha un’autonoma natura decisoria, poiché incide immediatamente sul diritto alla restituzione postulato dall’interessato come conseguenza della dedotta revoca del fallimento [C. I 9.7.2003, n. 10792, Fall 2004, 73]. Il provvedimento, con cui il giudice delegato ai fallimenti, in caso di offerta di aumento del sesto ai sensi dell’art. 584 c.p.c., ordina alla parte di integrare l’aumento con l’importo relativo alle spese di vendita, ha natura interlocutoria, costituendo una fase del procedimento volto a porre l’interessato in condizione di sanare eventuali vizi rilevati dal giudice; solo il provvedimento con cui, preso atto della mancata osservanza delle disposizioni, il giudice dichiara inefficace l’offerta, ha natura decisoria e, se confermato in sede di reclamo, può essere impugnato con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. [C. I 22.9.2000, n. 12544, Fall 2001, 1100; in senso conforme C. I 3.9.1999, n. 9276, Fall 2000, 434]. Nel procedimento di reclamo disciplinato dall’art. 26 l. fall. (r.d. 16.3.1942, n. 267), quando si controverta su situazioni incidenti su diritti soggettivi, trovano applicazione le norme generali dei procedimenti camerali (artt. 737-742-bis c.p.c.) ed il tribunale è tenuto a decidere il reclamo anche nel caso in cui il ricorrente non compaia in Camera di Consiglio, sicché, qualora dichiari erroneamente “non luogo a provvedere” sul medesimo, questo provvedimento è impugnabile con ricorso per cassazione, ex art. 111 Cost. [C. VI 3.8.2017, n. 19478; in senso conforme C. I 11.5.2005, n. 9930, Fall 2006, 94; C. I 26.10.1988, n. 5796, GC 1989, 274]. È assoggettabile a ricorso per cassazione, a norma dell’art. 111, c. 7, Cost., il provvedimento con cui il tribunale accolga (o rigetti) il reclamo proposto contro un decreto emesso dal giudice delegato in tema di vendita dei beni del debitore, nella fase esecutiva di un concordato preventivo con cessione dei beni omologato dal medesimo tribunale, dovendosi estendere - sulla base di un’interpretazione sistematica dell’ordinamento, imposta dalla necessità di rispettare il principio di uguaglianza - il regime di ricorribilità applicabile, a norma degli artt. 617 e 618 c.p.c., per i provvedimenti del giudice dell’esecuzione non altrimenti impugnabili. Infatti, i suddetti provvedimenti del giudice delegato rientrano nel novero degli atti di giurisdizione esecutiva, assolvendo a una funzione corrispondente a quella dei provvedimenti di analogo tenore emessi nell’ambito della liquidazione fallimentare [C. I 10.2.2020, n. 3023, GD 2020]. Il decreto del tribunale fallimentare reso in sede di reclamo avverso il provvedimento del giudice delegato di autorizzazione alla vendita ha carattere decisorio, restando così suscettibile di ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., quando esso provveda su contestazioni in ordine alla legittimità di provvedimenti del giudice delegato incidenti su diritti soggettivi di natura sostanziale e non meramente processuale, connessi alla regolarità procedurale della liquidazione dell’attivo. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso il decreto che autorizzava la liquidazione di un immobile acquisito all’attivo fallimentare, poiché tale provvedimento, involgendo il mero controllo sul regolare svolgimento della procedura, per sua natura non provvede direttamente sulle sorti del bene da liquidare ed ha riflessi solo indiretti sulla posizione del fallito) [C. VI 12.10.2020, n. 21963, GCM 2020]. In materia di concordato preventivo c.d. in bianco, il provvedimento con il quale il giudice, nel decidere in sede di reclamo ex art. 26 l. fall. avverso l’autorizzazione, ex art. 161, c. 7, l. fall., al compimento di un atto urgente di straordinaria amministrazione pronunci anche sull’atto a valle, esorbita dall’ambito della volontaria giurisdizione, assumendo natura decisoria e palesandosi suscettibile di ledere potenzialmente i diritti nascenti dall’atto anzidetto, sicché deve ritenersi ricorribile per cassazione ex art. 111, c. 7, Cost. (Nella specie, la S.C., cassando il relativo decreto, ha dichiarato la nullità della statuizione con la quale il giudice del reclamo, anziché limitarsi a revocare l’autorizzazione alla stipula di un affitto d’azienda, aveva pronunciato, altresì, l’annullamento del contratto stipulato) [C. I 18.11.2019, n. 29912, GCM 2019]. Il decreto emesso dal giudice delegato di immediata liberazione dell’immobile trasferito assoggettato a procedura concorsuale, deve essere impugnato in sede fallimentare mediante il reclamo previsto dall’ art. 26 l. fall. Pertanto, il giudice di legittimità, investito del ricorso per cassazione avverso la sentenza di rigetto dell’impugnazione con cui sia stata confermata la reiezione dell’opposizione all’esecuzione pronunciata dal tribunale avverso il decreto di rilascio emesso dal giudice delegato, è tenuto pregiudizialmente a rilevarne d’ufficio l’inammissibilità, cassando senza rinvio, poiché la domanda può essere proposta solo mediante il reclamo ex art. 26 l. fall. (Fattispecie relativa alla richiesta di rilascio di un immobile intestato a società fallita dopo l’apertura del fallimento) [C. III 8.10.2019, n. 25025, GCM 2019].

    5 Va rigettato il reclamo del creditore ipotecario avverso il decreto con il quale il giudice delegato dispone la cancellazione dell’ipoteca gravante sull’immobile venduto dal fallimento se con tale reclamo sono denunciati vizi non di detto decreto, ma del precedente provvedimento con il quale era stata autorizzata una transazione che prevedeva la vendita dell’immobile e la cancellazione “ope iudicis” dell’ipoteca [T. Roma 5.5.2022, FI 2022, 2192]. Posto che, una volta che un’ipoteca sia stata cancellata non si può disporre, nemmeno quando la cancellazione sia stata effettuata in forza di un errato provvedimento giudiziale, la cancellazione della cancellazione dell’ipoteca stessa sì da determinarne la reviviscenza, è inammissibile il reclamo proposto dal creditore ipotecario del fallito avverso il decreto con il quale il giudice delegato, dopo la vendita da parte del fallimento dell’immobile ipotecato, ha disposto ai sensi dell’ art. 108 l. fall. la cancellazione dell’ipoteca su di esso gravante, se al momento della decisione sul reclamo detta cancellazione ha già avuto luogo [T. Roma 3.5.2022, FI 2022, 2193]. Il provvedimento con il quale il Tribunale rigetta il reclamo avverso il decreto del giudice delegato che, a seguito di trasferimento immobiliare, dispone la cancellazione delle ipoteche, ai sensi dell’art. 108, c. 2, l. fall., è ricorribile per cassazione ex art. 111, c. 7, Cost., stante la sua incidenza sui diritti reali di garanzia che diversamente verrebbero sacrificati in via definitiva, non essendo detto provvedimento altrimenti impugnabile [C. I 21.11.2019, n. 30454, GCM 2020].

    6 La sospensione feriale dei termini processuali (l. 7.10.1969, n. 742) è esclusa nei procedimenti di reclamo, ai sensi dell’art. 26 l. fall., avverso i provvedimenti del giudice delegato in materia di liquidazione dell’attivo fallimentare, avendo il reclamo funzione sostitutiva delle opposizioni ordinariamente previste dagli artt. 615 e 617 c.p.c., e non anche in materia di possibilità per il fallito di esaminare il fascicolo fallimentare e di estrarne copia [C. I 4.1.2022, n. 121; C. I 10.2.2020, n. 3023, GD 2020; C. I 6.10.2005, n. 19509, Fall 2006, 601; C. I 14.1.1999, n. 329, FI 1999, 1479; in senso contrario C. I 17.1.2003, n. 650, Fall 2003, 1091]. Il termine per ricorrere in Cassazione avverso il provvedimento del tribunale sul reclamo ex art. 26 l. fall. decorre dalla data di comunicazione della decisione da parte della cancelleria [C. I 18.5.2021, n. 13509; in senso conforme C. I 20.10.2005, n. 20279, Fall 2006, 601; C. s.u. 17.12.1998, n. 12615, CG 1999, 183; in senso contrario C. I 8.5.1998, n. 4690, Fall 1999, 264].

    7 I decreti del giudice delegato (e gli effetti che ne discendono), una volta divenuti definitivi per mancata impugnazione o confermati in sede di reclamo, raggiungono un grado di stabilità, in termini di “definitività allo stato degli atti”, in forza del quale resta preclusa una rivalutazione della medesima situazione, sicché solo l’intervento di nuovi fatti o di una nuova situazione vale a rendere ammissibile una nuova istanza diretta ad un analogo provvedimento o comunque a conseguire i medesimi effetti [C. s.l. 17.5.2017, n. 12368; C. I 19.10.2001, n. 12799].

    8 L’abnormità di un provvedimento giurisdizionale determina l’esperibilità dell’azione davanti allo stesso giudice o al giudice del reclamo, mentre, solo quando non si sia altra possibilità di rimedio e si tratti di pronunzia avente il contenuto decisorio proprio della sentenza, potrà essere esperito contro il provvedimento abnorme il ricorso regolato dall’art. 111 Cost. È, pertanto, inammissibile il ricorso per Cassazione proposto avverso il provvedimento del giudice delegato al fallimento il quale ammetta al passivo un credito in via chirografaria e, nel contempo, disponga la cancellazione della causa dal ruolo, invece di provvedere all’istruzione e rimettere la controversia al collegio, atteso che tale abnorme provvedimento è suscettibile di reclamo innanzi allo stesso giudice che lo ha emesso o al collegio [C. I 20.11.1996, n. 10153, Fall 1997, 291].

    IV. (Segue) A) figure di confine

    IV.(Segue) A) figure di confine

    1 Il reclamo ex art. 26 l. fall., nella formulazione anteriore al d.lgs. n. 5/2006 (applicabile ratione temporis), apre un procedimento di tipo inquisitorio, nel quale il tribunale, investito di tutta la procedura e nell’esercizio delle proprie funzioni di controllo sull’operato del giudice delegato, con possibilità di sostituirsi a questi nell’esercizio delle sue attribuzioni, non è vincolato alle richieste delle parti; ne consegue che la conoscenza di ogni atto o documento della procedura ben può essere posta a fondamento della decisione, ancorché l’atto o il documento non abbiano formato oggetto del contraddittorio. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto insussistente l’onere, a carico dell’odierno ricorrente, di produrre, anche in sede di reclamo, la documentazione già allegata alla richiesta di liquidazione della parcella, rivolta al giudice delegato, contenuta nel fascicolo fallimentare, avendo quel giudice il potere/dovere di acquisirla d’ufficio) [C. VI 20.5.2016, n. 10435, GCM 2016]. Il decreto del giudice delegato che, senza fissare l’udienza di verifica, dichiari senz’altro inammissibile la domanda di insinuazione tardiva di un credito, perché formulata oltre il termine di cui all’art. 101 l. fall., è impugnabile con l’opposizione di cui all’art. 99 l. fall. e non con il reclamo ex art. 26 l. fall., trattandosi di provvedimento che concorre alla formazione definitiva dello stato passivo ed incide sul diritto alla partecipazione al concorso del creditore [C. I 17.7.2019, n. 19151, GCM 2019]. Il decreto di cui all’ultimo comma dell’art. 111 l. fall. si sostanzia in un provvedimento esecutivo, alternativo al riparto, con il quale il giudice delegato autorizza il pagamento dei crediti prededucibili certi nell’an e nel quantum; solo in presenza di contestazioni in ordine alla sussistenza, entità e rango, il titolare di credito che si assume prededucibile dovrà avvalersi del procedimento di verifica di cui agli artt. 93 ss. l. fall., non potendo neppure proporre, in ipotesi di rigetto dell’istanza di pagamento, il reclamo di cui all’art. 26 l. fall. [T. Siena 21.1.2019, n. 56, DeJure 2019]. In tema di fallimento, quando si sia pronunciato il G.D. in sostituzione del comitato dei creditori, il reclamo da promuovere è quello ex art. 36 l. fall. e non quello ex art. 26 l. fall. [T. Padova 26.10.2017, DeJure 2018]. In tema di fallimento, il rimedio esperibile avverso il decreto di scioglimento della riserva adottata dal G.D. con il quale lo stesso modifica lo stato passivo e dispone il definitivo accoglimento della domanda accolta con riserva è il reclamo ex art. 26 l. fall. e non l’opposizione allo stato passivo ex art. 98 l. fall. Infatti il decreto del G.D. non viene assunto in contraddittorio con gli altri creditori, non è richiesta alcuna motivazione, neanche succinta (tranne che nel caso di riserva di presentazione dei documenti), non implica una valutazione del giudice ma una mera constatazione del verificarsi di un evento. Di conseguenza il rimedio esperibile contro tale provvedimento è il reclamo ex art. 26 l. fall., che da sempre rappresenta lo strumento impugnatorio residuale per tutte le ipotesi in cui non venga diversamente disposto [T. Treviso 27.2.2019, n. 42, DeJure 2019]. In sede di reclamo avverso l’ordinanza con cui il giudice delegato ha revocato l’ordinanza di vendita dei beni residuali del compendio fallimentare, comprendenti la partecipazione totalitaria in una società, un credito verso una persona fisica e ulteriori crediti versi due società, il collegio non può disporre l’aggiudicazione in favore di un trust che aveva proposto l’unica offerta tempestivamente depositata, ove il soggetto che ricopre la posizione di debitore rispetto al primo credito e di socio di una delle società debitrici rispetto ad uno degli altri crediti, controllata da quella posta in vendita, coincida con chi: a) ha istituito il predetto trust e, b) pur non figurando attualmente tra i beneficiari, abbia il potere di nominare e revocare il protector, il quale, a sua volta, ha il potere di nominare e revocare il trustee, munito tra l’altro del potere di aggiungere o revocare i beneficiari [T. Roma 3.6.2014, FI 2015, 1329]. Nel procedimento di espropriazione in sede fallimentare, lo strumento di difesa avverso l’ordine di liberazione emesso dall’organo della procedura concorsuale è il reclamo previsto dall’art. 26 l. fall. Le esigenze connesse di concentrazione e speditezza tipiche della procedura concorsuale sintetizzano infatti coerentemente nel solo strumento endofallimentare ogni altro rimedio offerto dal codice di rito alle parti interessate, in caso la procedura concorsuale sia in corso, attribuendovi carattere di generalità e di esclusività [C. App. Ancona 30.6.2022, n. 874, DeJure 2022].

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