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Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza - Formulario commentato

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    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

    Informazioni sul volume

    Autore:

    Massimo Fabiani, Giovanni Battista Nardecchia

    Editore:

    Wolters Kluwer

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    Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza - Formulario commentato

    121. Presupposti della liquidazione giudiziale

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    [1] Le disposizioni sulla liquidazione giudiziale si applicano agli imprenditori commerciali che non dimostrino il possesso congiunto dei requisiti di cui all’articolo 2, comma 1, lettera d), e che siano in stato di insolvenza.

    A) Inquadramento funzionale:

    A)Inquadramento funzionale:

    I. I presupposti della liquidazione giudiziale (rinvio all’art. 2).

    I. I presupposti della liquidazione giudiziale (rinvio all’art. 2)

    I.I presupposti della liquidazione giudiziale (rinvio all’art. 2)

    1 Come già enunciato sub art. 2, l’apertura della liquidazione giudiziale si giustifica solo in presenza di una insolvenza che riguardi una impresa “rilevante”. Accantonata la stagione dell’esenzione dedicata al ‘piccolo imprenditore’ e all’artigiano, gli artt. 2 e 1212 CCII restringono l’area della assoggettabilità a liquidazione giudiziale mediante la formulazione di regole/parametri per l’individuazione dell’imprenditore marginale - escluso dall’accesso alle procedure concorsuali - e fondate sull’individuazione di parametri quantitativi concernenti (i) gli investimenti aziendali, (ii) i ricavi lordi e (iii) l’indebitamento.

    2 L’art. 121 CCII contiene la disposizione relativa al c.d. onere della prova, ma sulla quale è opportuno rinviare l’esame in sede di commento agli articoli relativi al processo per la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale.

    B) Giurisprudenza:

    B)Giurisprudenza:

    I. L’imprenditore “sotto soglia”.

    I. L’imprenditore “sotto-soglia”

    I.L’imprenditore “sotto-soglia”

    1 Ai fini della dichiarazione di fallimento è necessario che l’impresa si trovi in uno stato di insolvenza, non essendo sufficiente una mera situazione di crisi di liquidità, soprattutto se risulta che è oggettivamente destinata a risolversi [T. Torino 30.5.2000, GIUS 2000, 2768]. In tema di procedimento per la dichiarazione fallimento, il potere del tribunale di eseguire accertamenti d’ufficio - fondato sulle previsioni dell’art. 1, c. 2, lett. b), l. fall., che consente di utilizzare il dato dei ricavi lordi “in qualunque modo risulti”, nonché sugli artt. 15, c. 4 e 18, c. 1, l. fall., laddove consentono la richiesta di uniformazioni e l’assunzione d’ufficio dei mezzi di prova necessari - è finalizzato a colmare lacune probatorie dell’interessato, dovendo, pertanto, essere limitato ai fatti dallo stesso dedotti quali allegazioni difensive. Ne consegue che, trattandosi di un potere di supplenza, esso non può essere esercitato, allorché il curatore fallimentare non sia stato in grado di fornire elementi utili alla ricostruzione dei ricavi lordi per carenza di documentazione [C. I 30.5.2013, n. 13643]. In tema di dichiarazione di fallimento, per dimostrare i requisiti di non fallibilità di cui all’art. 1, c. 2, l. fall. i bilanci degli ultimi tre esercizi depositati ai sensi dell’art. 15, c. 4, l. fall. non assurgono a prova legale, potendo il debitore assolvere l’onere che gli incombe con strumenti probatori alternativi, segnatamente avvalendosi delle scritture contabili dell’impresa, come di qualunque altro documento, anche formato da terzi, suscettibile di fornire la rappresentazione storica dei fatti e dei dati economici e patrimoniali dell’impresa [C. VI 27.5.2022, n. 17317; C. VI 21.12.2021, n. 4110; C. I 9.11.2021, n. 32659; C. VI 20.12.2018, n. 33091; C. I 31.5.2017, n. 13746 D&G 2017]. In tema di istruttoria prefallimentare, i bilanci degli ultimi tre esercizi che l’imprenditore è tenuto a depositare (ai sensi dell’art. 1 l. fall.) costituiscono uno strumento di prova privilegiato, in quanto idonei a spiegare la situazione in cui versa l’impresa. Tale onere grava anche sui soggetti non obbligati al deposito dei bilanci e quindi si applica anche all’imprenditore che si avvale di un regime di contabilità semplificata [C. App. Salerno 6.4.2022, n. 429, DeJure 2022]. L’obbligo dell’imprenditore di consegnare al curatore le scritture contabili sorge, a norma dell’art. 86 l. fall., solo dopo la sentenza dichiarativa di fallimento, sicché l’omessa produzione di tali scritture nell’ambito del procedimento prefallimentare, nel corso del quale il debitore è tenuto solo a depositare i bilanci degli ultimi tre esercizi ed una situazione patrimoniale aggiornata, non è un fatto dal quale possa di per sé ricavarsi il mancato assolvimento dell’onere della prova in ordine al possesso dei requisiti dimensionali, né, tantomeno, una presunzione di falsità delle risultanze dei bilanci [C. I 28.4.2021, n. 11218, GCM 2021]. In tema di istruttoria prefallimentare, l’omesso deposito, da parte dell’imprenditore raggiunto da istanza di fallimento, della situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata (al pari dei bilanci relativi agli ultimi tre esercizi), in violazione dell’art. 15, c. 4, l. fall., come sostituito dal d.lgs. n. 169/2007, si risolve in danno dell’imprenditore medesimo, che è onerato della prova del non superamento dei limiti dimensionali quale causa di esenzione dal fallimento [C. VI 21.5.2019, n. 13703; C. VI 9.5.2019, n. 12390. C. App. Palermo 16.3.2021, n. 385, DeJure 2021]. In tema di presupposti dimensionali per l’esonero dalla fallibilità del debitore, nel computo dei ricavi, ai fini del riconoscimento della qualifica di piccolo imprenditore, il triennio cui si richiama il legislatore nell’art. 1, c. 2, lett. b), l. fall. (nel testo modificato dal d.lgs. n. 5/2006, applicabile ratione temporis) va riferito agli ultimi tre esercizi, in cui la gestione economica è scadenzata, e non agli anni solari [C. App. L’Aquila 22.3.2017, n. 437; Id. 26.1.2017, n. 71; Id. 3.11.2016, n. 26], e con decorrenza a ritroso rispetto al ricorso per fallimento [C. I 15.5.2009, n. 11309, FI 2009, I, 2577]. In tema di fallimento, tanto il Cassetto Fiscale, quanto il Registro Iva non sono idonei a fornire una ricostruzione della complessiva situazione patrimoniale dell’imprenditore adeguata ai fini dell’accertamento del superamento delle soglie ex art. 1, c. 2, l. fall., in quanto il primo è esclusivamente teso a ricostruire i dati fiscali del soggetto, mentre il secondo non ha alcun valore di prova dei rapporti di debito e di credito registrati, svolgendo solo una funzione di documentazione ai fini del debito fiscale, diretto, com’è, da un lato, a consentire al contribuente l’esatto calcolo e l’esatto pagamento dell’imposta dovuta, operate le detrazioni ammesse dalla legge, e, dall’altro, a permettere il controllo, da parte degli uffici all’uopo preposti, di tutte le operazioni che, presso ciascun soggetto, hanno condotto al calcolo del tributo [C. App. Torino 18.11.2021, n. 1254, DeJure 2022]. In tema di presupposti dimensionali per l’esonero dalla fallibilità dell’imprenditore commerciale, nella valutazione del capitale investito, ai fini del riconoscimento della qualifica di piccolo imprenditore, trovano applicazione i principi contabili, cui si richiama il legislatore nell’art. 1, c. 1, lett. a), l. fall. (nel testo modificato dal d.lgs. n. 5/2006, applicabile ratione temporis, ed anche successivamente in quello sostituito dal d.lgs. n. 169/2007) [C. I 12.1.2017, n. 611; C. App. Milano 5.11.2019, n. 4381, DeJure 2020] e di cui è espressione l’art. 2424 c.c., con la conseguenza che, con riferimento agli immobili iscritti tra le poste attive dello stato patrimoniale, opera, al pari di ogni altra immobilizzazione materiale, il criterio di apprezzamento del loro costo storico al netto degli ammortamenti, quale risultante dal bilancio di esercizio, ai sensi dell’art. 2426 c.c., non dovendosi invece considerare il criterio del valore di mercato al momento del giudizio [C. I 3.7.2017, n. 16324], e fra i beni che compongono l’attivo andrebbero considerati anche quelli acquisiti in leasing [T. Terni 4.7.2011, Fall 2011, 1427]. Ai fini dell’accertamento del requisito di assoggettabilità a fallimento di cui all’art. 1, c. 2, lett. c), l. fall., occorre procedere a valutazione dell’esposizione complessiva dell’imprenditore, anche con riguardo ai debiti non scaduti [C. App. Venezia 20.7.2017, n. 1546, DeJure]. Con riferimento agli immobili, iscritti tra le poste attive dello stato patrimoniale, opera - al pari che per ogni altra immobilizzazione materiale - il criterio di apprezzamento del loro costo storico al netto degli ammortamenti, quale risultante dal bilancio di esercizio, ai sensi dell’art. 2426, nn. 1 e 2, c.c., e non il criterio del valore di mercato al momento del giudizio [C. I 29.10.2010, n. 22146, Fall 2011, 438].

    2 In sede di ricorso di fallimento, dedotta la natura commerciale dell’impresa, spetta a chi intende avvalersene dimostrare il carattere artigianale dell’attività esercitata [C. VI 31.5.2011, n. 12023; C. I 4.4.2003, n. 5249, Fall 2004, 505]. Il profilo della artigianalità è però superato dall’unitarietà della nozione di imprenditore sotto-soglia e ciò a prescindere dal tipo di attività.

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