[1] Il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell’attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve riferirne immediatamente al tribunale, che provvede ai sensi dell’articolo 44, comma 2, dandone comunicazione al pubblico ministero e ai creditori. La comunicazione ai creditori è eseguita dal commissario giudiziale. (1)
[2] Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche quando il debitore non ha effettuato tempestivamente il deposito previsto dall’articolo 47, comma 2, lettera d), o il debitore compie atti non autorizzati o comunque diretti a frodare le ragioni dei creditori, o se in qualunque momento risulta che mancano le condizioni prescritte per l’apertura del concordato previste agli articoli da 84 a 88. (2)
[3] All’esito del procedimento, il tribunale, revocato il decreto di cui all’articolo 47, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, apre la procedura di liquidazione giudiziale dei beni del debitore. (3)
(1) Comma così modificato dall’art. 16, comma 2, lett. a), D.Lgs. 26 ottobre 2020, n. 147, a decorrere dal 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 42, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 147/2020.
(2) Comma così modificato dall’art. 16, comma 2, lett. b), D.Lgs. 26 ottobre 2020, n. 147, a decorrere dal 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 42, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 147/2020, e, successivamente, dall’art. 22, comma 2, lett. a), D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, a decorrere dalla medesima data del 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 51, comma 1, del citato D.Lgs. n. 83/2022.
(3) Comma così modificato dall’art. 16, comma 2, lett. c), D.Lgs. 26 ottobre 2020, n. 147, a decorrere dal 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 42, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 147/2020, e, successivamente, dall’art. 22, comma 2, lett. b), D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, a decorrere dalla medesima data del 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 51, comma 1, del citato D.Lgs. n. 83/2022.
A) Inquadramento funzionale:
A)Inquadramento funzionale:I. La revoca - II. Gli atti di frode ed il controllo del tribunale - III. La revoca e la dichiarazione di liquidazione giudiziale.
I. La revoca
I.La revoca1 L’art. 106 CCII disciplina l’istituto della revoca, esperibile in un lasso temporale che va dal deposito della domanda d’accesso alla sentenza di omologa. La norma prevede due distinte tipologie di eventi che possono comportare l’interruzione della procedura concordataria prima o dopo il decreto d’ammissione e, comunque, prima dell’omologa. Nel primo caso con la revoca del provvedimento di concessione dei termini, nel secondo con la revoca dell’ammissione ed in entrambi i casi, se ne sussistono i presupposti, con la conseguente dichiarazione di liquidazione giudiziale.
2 Il primo gruppo di eventi si riferisce evidentemente a comportamenti del debitore anteriori all’apertura formale del concordato, mentre il comma 2 della norma si riferisce a comportamenti successivi (salvo che per l’espressione di chiusura, che regola una fattispecie autonoma, costituita dalla scoperta non di comportamenti colpevoli, ma dall’oggettivo riscontro di un’errata, o non più attuale valutazione sui presupposti che hanno consentito l’ammissione alla procedura, anche in presenza di un comportamento incolpevole del debitore).
3 L’art. 106, c. 1 prevede espressamente l’ipotesi di atti in frode compiuti prima del deposito della domanda ed accertati prima del deposito del decreto di apertura della procedura ex art. 47 CCII. Il che è reso evidente dal richiamo all’art. 44, c. 2, CCII che regola l’ipotesi di revoca dei termini concessi dal tribunale.
4 Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche quando il debitore non ha effettuato tempestivamente il deposito previsto dall’art. 47, c. 2, lett. d), o compie atti non autorizzati o comunque diretti a frodare le ragioni dei creditori, o se in qualunque momento risulta che mancano le condizioni prescritte per l’apertura del concordato previste agli articoli da 84 a 88.
5 Il comma 2 si riferisce alla fase successiva all’emissione del decreto di apertura ex art. 47 CCII dove rilevano, oltre che gli atti in frode anteriori al deposito della domanda, anche quelli successivi oltre a specifiche fattispecie quali il mancato deposito delle somme indicate dal tribunale nel decreto di apertura ed il compimento di atti autorizzati.
II. Gli atti di frode ed il controllo del tribunale
II.Gli atti di frode ed il controllo del tribunale1 L’esigenza di una completa “disclosure” da parte dell’imprenditore e della necessità di una fedele e completa rappresentazione della situazione economico-patrimoniale dell’azienda e di tutte le connesse circostanze costituisce un presupposto immanente della domanda. La revoca colpisce il comportamento del debitore, proponente il concordato, non conforme al principio di buona fede, quantomeno soggettiva, qualora dia luogo ad un comportamento capace di alterare la percezione dei fatti da parte dei creditori, con le conseguenti ricadute sulla validità del voto da costoro espresso. Obbligo di buona fede e correttezza imposto al debitore nella composizione negoziata, nel corso delle trattative e dei procedimenti per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza (art. 4, c. 1, CCII). Il CCII esplicita anche il dovere del debitore stesso di “illustrare la propria situazione in modo completo, veritiero e trasparente, fornendo tutte le informazioni necessarie e appropriate rispetto alle trattative avviate, anche nella composizione negoziata, e allo strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza prescelto (art. 4, c. 2, lett. a).
2 Il legislatore enuncia espressamente alcuni dei possibili comportamenti rilevanti (occultamento o dissimulazione di parte dell’attivo, dolosa omissione dell’esistenza di crediti, esposizione di passività inesistenti) e con una evidente disposizione di chiusura integra tale elencazione, indicativa e non tassativa, con il richiamo ad “altri atti di frode”. Non pare contestabile, stante l’utilizzo dell’aggettivo “altri”, che egli abbia inteso creare un collegamento con la precedente elencazione nel senso che i comportamenti espressamente indicati sono atti di frode e che nella stessa categoria rientrano quegli altri comportamenti che hanno le stesse caratteristiche distintive. E allora non può non rilevarsi che gli atti elencati non sono accomunati, ad esempio, dall’attitudine a creare un danno al patrimonio, posto che tale attitudine non ha l’esposizione di passività inesistenti, mentre invece un minimo comune denominatore è dato dalla loro attitudine ad ingannare i creditori sulle reali prospettive di soddisfacimento in caso di liquidazione, sottacendo l’esistenza di parte dell’attivo o aumentando artatamente il passivo in modo da far apparire la proposta maggiormente conveniente rispetto alla liquidazione giudiziale. In altri termini, si tratta di comportamenti volti a pregiudicare la possibilità che i creditori possano compiere le valutazioni di loro competenza avendo presente l’effettiva consistenza e la reale situazione giuridica degli elementi attivi e passivi del patrimonio dell’impresa.
3 La Corte ha già avuto occasione di chiarire che la nozione di atto in frode commesso anteriormente all’apertura della procedura di concordato esige che la condotta del debitore sia stata volta ad occultare situazioni di fatto idonee ad influire sul giudizio dei creditori, cioè tali che, se conosciute, avrebbero presumibilmente comportato una valutazione diversa e negativa della proposta e, dunque, che esse siano state “accertate” dal commissario giudiziale, cioè da lui “scoperte”, essendo prima ignorate dal tribunale, dagli organi della procedura o dai creditori.
4 Sempre che, peraltro, pur essendo state dichiarate dal proponente, non siano dipese da comportamenti depauperativi del patrimonio posti in essere dal medesimo con la prospettiva e la finalità di avvalersi dello strumento del concordato, ponendo i creditori di fronte ad una situazione di pregiudicate o insussistenti garanzie patrimoniali in modo da indurli ad accettare una proposta comunque migliore della prospettiva liquidatoria.
5 Dall’interpretazione che la corte fornisce in relazione alle caratteristiche generali degli atti in frode, se ne ricava una nozione ampia comprendente, sotto il profilo oggettivo, qualsiasi condotta - omissiva o commissiva - di carattere patrimoniale o solo documentale, anche antecedente la presentazione della proposta concordataria, volta ad influire sulle condizioni di ammissibilità della medesima o a comportare un pregiudizio al ceto creditorio (di tipo patrimoniale e/o informativo).
6 Sotto il profilo soggettivo, rileva la necessaria presenza dell’intenzionalità della condotta, (richiamando il concetto di frode un comportamento assistito da dolo), in grado di incidere negativamente sulla garanzia patrimoniale ai sensi dell’art. 2740 c.c.
7 In definitiva gli atti di frode, per essere rilevanti ai sensi dell’art. 106 CCII, devono essere suscettibili di condizionare il giudizio dei creditori, mediante occultamento di situazioni che, da un lato, se conosciute, avrebbero presumibilmente comportato una valutazione diversa e negativa della proposta e che, dall’altro, siano state accertate dal commissario giudiziale, cioè da lui “scoperte”, in difetto di qualsiasi iniziativa del debitore.
8 Secondo l’interpretazione della suprema corte, essendo sanzionabile solo la condotta del debitore volta ad occultare situazioni di fatto idonee ad influire sul giudizio dei creditori e quindi tali che, se conosciute, avrebbero presumibilmente comportato una diversa (ovviamente negativa) valutazione della proposta, ogni decisione in ordine alla revoca ex art. 106 CCII, ove riferita agli atti fraudolenti compiuti prima dell’ammissione, andrebbe subordinata al deposito del piano e della proposta definitivi. Deposito del piano e della proposta che costituisce, secondo tale interpretazione, il termine ultimo per la disclosure su eventuali atti di frode compiuti prima del deposito della domanda. Disclosure che renderebbe quindi irrilevanti le condotte fraudolente ai fini della revoca ex art. 106 CCII.
9 Giova solo aggiungere che i principi di diritto ora enunciati non valgono, certo, a reintrodurre il giudizio di meritevolezza, che già la riformata legge fallimentare aveva espunto dal novero dei presupposti per l’ammissione al concordato preventivo. La meritevolezza era, infatti, un requisito positivo di carattere generale, che implicava la necessità di un apprezzamento favorevole della pregressa condotta dell’imprenditore (sfortunato, ma onesto), nell’ottica di una procedura prevalentemente concepita come beneficio premiale. Era, quindi, nozione ben più ampia dell’assenza di atti di frode, non solo genericamente pregiudizievoli, ma direttamente finalizzati, in esecuzione di un disegno preordinato, a trarre in inganno i creditori in vista dell’accesso alla procedura concordataria [cfr. C. n. 14552/2014].
10 I pagamenti eseguiti dall’imprenditore ammesso al concordato preventivo in difetto di autorizzazione del giudice delegato non comportano l’automatica revoca, ai sensi dell’art. 106, c. 2, CCII dell’ammissione alla procedura, la quale consegue solo all’accertamento, che va compiuto dal giudice del merito, che tali pagamenti sono diretti a frodare le ragioni dei creditori, in quando pregiudicano le possibilità di adempimento della proposta formulata con la domanda di concordato
III. La revoca e la dichiarazione di liquidazione giudiziale
III.La revoca e la dichiarazione di liquidazione giudiziale1 Il procedimento è aperto d’ufficio dal tribunale sulla base di quanto accertato dal commissario giudiziale cfr. [F321] [F322], e, stante il richiamo all’art. 44, c. 2 contenuto nel comma 1 dell’art. 106, il tribunale provvede con decreto cfr. [F323] non soggetto a reclamo, sentiti il debitore ed i creditori che hanno proposto ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale ed omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio. Il tribunale deve pertanto provvedere alla convocazione del debitore e dei creditori istanti in camera di consiglio. Non è necessario che il decreto di convocazione delle parti rechi l’indicazione che il procedimento può essere volto anche all’accertamento dei presupposti per la dichiarazione di liquidazione giudiziale dato che questo è un esito eventuale espressamente previsto dalla legge, atteso il rinvio contenuto nell’art. 106, c. 3. In siffatta ipotesi, il contraddittorio tra creditore istante e debitore si è già instaurato e quest’ultimo è già a conoscenza che, in caso di convocazione ex art. 106 CCII, l’accertamento del tribunale e, correlativamente, l’ambito della sua difesa attengono ad una fattispecie più complessa di quella della sola revocabilità dell’ammissione al concordato, rappresentando la revoca uno dei presupposti per la dichiarazione di liquidazione giudiziale. Nel caso di pendenza di un’istanza per l’apertura della liquidazione giudiziale depositata da uno dei soggetti legittimati, non occorre convocare il debitore in camera di consiglio ai sensi dell’art. 41 CCII in quanto la norma espressamente prevede la possibilità della dichiarazione di liquidazione giudiziale a seguito della introduzione del procedimento di revoca, sicché sin dalla convocazione il debitore è posto in condizioni tali da poter esercitare compiutamente la propria difesa per confutare anche le istanze del creditore o del p.m.
2 Invero l’art. 106, c. 3, CCII prevede espressamente che, all’esito del procedimento, il tribunale, revocato il decreto di cui all’art. 47, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, apre la procedura di liquidazione giudiziale dei beni del debitore, previo accertamento, naturalmente, della sussistenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi previsti per la dichiarazione di apertura della procedura di liquidazione. In assenza di istanze dei creditori o di una richiesta del p.m., il tribunale non potrà che sollecitare ex art. 38 CCII l’iniziativa di quest’ultimo ai fini della dichiarazione di liquidazione giudiziale. Cfr. [F324].
3 Quanto alle impugnazioni, se, infatti, pare pacifico che il decreto di revoca non è autonomamente impugnabile rispetto alla sentenza di apertura della liquidazione giudiziale che ne consegue, dubbi possono tuttavia sorgere sulle sorti del decreto di revoca dell’ammissione alla procedura che non sia seguito, per insussistenza dei presupposti, dalla sentenza di liquidazione giudiziale. A fronte della sostanziale continuità tra l’art. 173 l. fall. e l’art. 106 CCII deve trovare conferma il costante orientamento di legittimità formatosi nella vigenza della legge fallimentare che aveva sempre negato la praticabilità del ricorso per cassazione ove si consideri che il provvedimento deve considerarsi non definitivo, stante la riproponibilità della domanda.
B) Frmule
B)FrmuleG.D.: dr……….
Commissario: ………
Decr. n.: ………
Del: ………
Istanza: n……….
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………
Sezione concorsuale
***
CONCORDATO PREVENTIVO ………
decreto n………. del ………
***
ISTANZA AI SENSI DELL’ART. 106 CCII
***
Ill.mo Signor Giudice Delegato,
il sottoscritto ………, commissario giudiziale del concordato preventivo in epigrafe,
PREMESSO
- che nell’ambito delle indagini effettuate dallo scrivente commissario giudiziale, è emerso che dopo l’ammissione al concordato la debitrice ha volutamente occultato parte dei beni di proprietà aziendale e precisamente una partita di merce del valore di euro ……… giacente presso un deposito di altra società riferibile all’amministratore unico della ……… sig……….;
- che tale circostanza è emersa a seguito delle dichiarazioni rese da un ex collaboratore della società in concordato e riscontrate in sede di accesso presso il deposito suddetto. In tale occasione il commissario ha anche raccolto le dichiarazioni confessorie del sig………. che confermano l’occultamento;
- che è inoltre emersa l’esistenza dei seguenti fatti:
………
………
………
- che il compimento di questi atti è avvenuto preordinatamente e con dolo nell’intento di frodare i creditori sociali;
RIFERISCE
tali fatti alla S.V. affinché voglia promuovere dal Tribunale la revoca dell’ammissione al concordato della società ………
Con osservanza
Luogo, data ………
Il Commissario Giudiziale ………
G.D.: dr……….
Commissario: ………
Decr. n.: ………
Del: ………
Istanza: n……….
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………
Sezione concorsuale
***
CONCORDATO PREVENTIVO ………
decreto n………. del ………
***
ISTANZA AI SENSI DELL’ART. 106 CCII
***
Ill.mo Signor Giudice Delegato,
il sottoscritto ………, commissario giudiziale del concordato preventivo in epigrafe,
PREMESSO
- che, come emerge dal ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, la società debitrice era impegnata avanti la Commissione Tributaria Centrale in un contenzioso riguardante l’impugnazione di un avviso di accertamento per le imposte dirette dell’anno ……… In particolare, i giudici tributari di secondo grado avevano accolto le tesi difensive della ……… annullando l’avviso di accertamento. Avverso tale decisione proponeva gravame l’Ufficio delle Entrate di ……… che chiedeva la conferma della sentenza di 1° grado e dell’avviso di accertamento;
- che con sentenza depositata il ……… la Commissione Tributaria Centrale ha accolto il ricorso presentato dall’Amministrazione Finanziaria condannando definitivamente la ……… al pagamento della somma di euro ………;
- che il verificarsi di tale nuova ed imprevista passività di natura privilegiata, unitamente alla accertata riduzione dei valori attivi del patrimonio aziendale oggetto della cessio bonorum (sia per effetto delle stime redatte in corso di procedura che per la sopravvenuta insussistenza di crediti) rendono del tutto improbabile il pagamento dei creditori chirografari nella percentuale minima del venti per cento prevista dalla legge
RIFERISCE
tali fatti alla S.V. affinché voglia promuovere dal Tribunale la revoca dell’ammissione al concordato della società ………
Con osservanza
Luogo, data ………
Il Commissario Giudiziale ………
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………
Sezione concorsuale
riunito in camera di consiglio con la presenza dei sigg. magistrati:
dott………. Presidente
dott………. Giudice
dott………. Giudice
ha pronunciato il seguente
DECRETO
Vista l’istanza ex art. 106 CCII;
viste le osservazioni svolte dal commissario giudiziale;
[sentito il Pubblico Ministero];
rilevato che il debitore, sentito all’udienza collegiale del ……… si è difeso sostenendo che non sussistono le condizioni di cui all’art. 106 CCII in quanto
………
………
ritenuto che le argomentazioni esposte dal debitore appaiono condivisibili dal momento che
………
………
P.Q.M.
rigetta l’istanza ex art. 106 CCII e demanda al Giudice delegato la sorveglianza sull’ulteriore corso della procedura.
Luogo, data ………
Il Presidente ………
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………
Sezione concorsuale
riunito in camera di consiglio con la presenza dei sigg. magistrati:
dott………. Presidente
dott………. Giudice
dott………. Giudice
ha pronunciato il seguente
DECRETO
Vista l’istanza ex art. 106 CCII;
viste le osservazioni svolte dal commissario giudiziale;
[sentito il Pubblico Ministero];
rilevato che il debitore, sentito all’udienza collegiale del ……… si è difeso sostenendo che non sussistono le condizioni di cui all’art. 106 CCII in quanto
………
………
ritenuto che le argomentazioni esposte dal debitore non appaiono condivisibili dal momento che
………
………
rilevato che alla revoca dell’ammissione al concordato non può automaticamente far seguito la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale, stante la non necessaria coincidenza del presupposto oggettivo tra le due procedure;
rilevato che è comunque necessario un nuovo accertamento sulla sussistenza dello stato d’insolvenza, accertamento da svolgersi nell’ambito di un procedimento per la dichiarazione di liquidazione giudiziale che può essere iniziato soltanto su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero;
rilevato che nei casi, come quello di specie, in cui non vi sono creditori istanti, l’esclusione dell’iniziativa d’ufficio impone che il collegio investito della domanda di concordato preventivo ed accertata negli atti la sussistenza dello stato d’insolvenza, effettui la segnalazione al p.m. di cui all’art. 38 CCII, al fine di sollecitare l’iniziativa di quest’ultimo;
rilevato che dall’esame della documentazione prodotta ai sensi dell’art. 39 CCII, della relazione dell’esperto e della memoria depositata in data ……… dal commissario giudiziale emerge pienamente lo stato d’insolvenza in cui versa la società ……… (in liquidazione);
visti gli artt. 38 e 106 CCII:
P.Q.M.
revoca l’ammissione al concordato preventivo della società ……… con sede in ……… e dispone che il presente decreto sia trasmesso al Sig. Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di ……… perché valuti l’opportunità di richiedere la dichiarazione di liquidazione giudiziale ai sensi dell’art. 38 CCII.
Luogo, data ………
Il Presidente ………
C) Giurisprudenza:
C)Giurisprudenza:I. Gli atti di frode - II. Il controllo del tribunale - III. Revoca dell’ammissione e dichiarazione di fallimento.
I. Gli atti di frode
I.Gli atti di frode1 I comportamenti fraudolenti del debitore anteriori alla presentazione della domanda di concordato possono essere valutati ai fini della revoca dell’ammissione al concordato in quanto abbiano una valenza decettiva e quindi siano tali da pregiudicare un consenso informato dei creditori. Nella proposta di concordato o nei suoi allegati non può tacersi degli atti risultanti dalle scritture contabili suscettibili di assumere diverso rilievo, ai fini del soddisfacimento dei creditori, in caso di fallimento e in caso di concordato preventivo [C. 15.10.2013, n. 23387].
2 In tema di concordato preventivo, costituiscono fatti idonei a consentire la revoca prevista dall’art. 173 l. fall. i fatti accertati dal Commissario giudiziale; in tale categoria rientrano non solo quelli scoperti, perché prima del tutto ignoti nella loro materialità, ma anche quelli non adeguatamente e compiutamente esposti nella proposta concordataria e nei suoi allegati, che siano potenzialmente idonei a pregiudicare il c.d. consenso informato sulle reali prospettive di soddisfacimento, per come prospettate nella proposta concordataria, dovendo il Giudice verificare, quale garante della regolarità della procedura, che siano forniti ai creditori tutti gli elementi necessari per una corretta valutazione della sua convenienza [C. 13.4.2022, n. 12115].
3 Le modalità non adeguatamente e compiutamente esposte in sede di proposta di concordato e nei suoi allegati, in quanto espressione di un comportamento inaffidabile [C. I n. 14552/2014] e lesivo del principio di buona fede soggettiva, sono di per sé “potenzialmente decettive, per l’idoneità a pregiudicare il consenso informato dei creditori sulle reali prospettive di soddisfacimento in caso di liquidazione” [C. n. 25165/2016; C. n. 9050/2014].
4 Nel concetto di frode ai creditori, applicabile al disposto dell’art. 173 l. fall., rientrano quei comportamenti volontari volti ad occultare situazioni di fatto idonee ad influire sul giudizio dei creditori stessi e quindi tali che, se conosciute, avrebbero presumibilmente comportato una diversa (ovviamente negativa) valutazione della proposta. La revoca del concordato preventivo ai sensi dell’art. 173 l. fall. presuppone che per atto di frode debba intendersi non già un qualunque atto dispositivo che possa avere recato pregiudizio a taluni creditori ma un atto che in quanto non dichiarato sia idoneo ad alterare il meccanismo di espressione del consenso da parte dei creditori [C. 23.6.2011, n. 13817].
5 In tema di concordato preventivo, ai fini della revoca ex art. 173 l. fall. occorre che si riscontri l’esistenza di un dato di fatto occultato afferente il patrimonio del debitore, tale da alterare la percezione dei creditori, risultando una divergenza tra la situazione patrimoniale dell’impresa prospettata con la proposta di concordato e quella effettivamente riscontrata dal commissario giudiziale, ed il carattere doloso di detta divergenza, che può consistere anche nella mera consapevolezza di aver taciuto il fatto, non essendo necessaria la volontaria preordinazione dell’omissione al conseguimento dell’effetto decettivo [C. 25.5.2022, n. 16977].
6 La formazione delle classi in modo precostituito ed artificioso per manipolare il risultato della votazione ed ottenere l’approvazione del concordato preventivo, in violazione del canone di buona fede, concretizza abuso del diritto e determina la revoca dell’ammissione alla procedura ex art. 173 l. fall. (nella specie, il debitore aveva costituito quattro classi votanti, di cui una con un solo creditore in conflitto di interessi, una con un creditore anch’esso in conflitto di interessi ed il cui voto favorevole era scontato, una terza classe rappresentata da banche che nel semestre anteriore all’ammissione al concordato preventivo avevano beneficiato di consistenti pagamenti revocabili ed il cui voto appariva parimenti scontato, nonché una quarta classe con i creditori chirografari) [T. Monza 25.11.2011].
II. Il controllo del tribunale
II.Il controllo del tribunale1 Per quanto concerne il rapporto fra gli artt. 162 e 163 (rispettivamente inammissibilità della domanda e ammissione alla procedura) e l’art. 173 (revoca dell’ammissione), l’identità del dato testuale (inammissibilità - ammissione e revoca dell’ammissione), l’elencazione delle ipotesi specificamente delineate nell’art. 173 (che richiama sostanzialmente atti di frode, il cui esame rientra nell’ambito dei controlli esercitati dal giudice ai sensi dei citati artt. 162 e 163), il riferimento al venir meno delle “condizioni prescritte per l’ammissibilità del concordato” contenuto nell’art. 173, u.c., configurano una identità di posizione da parte del giudice nei tre diversi momenti di ammissibilità, revoca e omologazione del concordato, - e pertanto l’utilizzabilità di un medesimo parametro valutativo - nelle differenti fasi sopra indicate. Analogamente deve poi dirsi per quanto concerne il rapporto fra gli articoli sopra indicati e l’art. 180 in tema di giudizio di omologazione [C. s.u. 23.1.2013, n. 1521].
III. Revoca dell’ammissione e dichiarazione di fallimento
III.Revoca dell’ammissione e dichiarazione di fallimento1 Nell’ambito del procedimento di cui all’art. 173 l. fall., la formale conoscenza da parte del debitore dell’esistenza di un’iniziativa per la dichiarazione di fallimento è sufficiente ad integrare la “indicazione che il procedimento è volto all’accertamento dei presupposti per la dichiarazione di fallimento” richiesta dall’art. 15, c. 4, l. fall. quale monito in ordine al possibile esito della procedura e invito ad esercitare il diritto di difesa, posto che dal tenore del comma 2 dell’art. 173 emerge chiaramente che alla conclusione del procedimento di revoca dell’ammissione viene emessa, se ne sussistano i presupposti processuali e sostanziali, sentenza di fallimento, senza ulteriori adempimenti procedurali. Non è dunque corretta la tesi secondo la quale la presenza di iniziative per la dichiarazione di fallimento comporta che debba farsi luogo a procedimenti distinti; è vero invece che l’accertamento del tribunale e correlativamente l’ambito della difesa del debitore attengono ad una fattispecie più complessa nella quale uno dei presupposti per la dichiarazione di fallimento è la revocabilità dell’ammissione al concordato [C. 23.6.2011, n. 13817].
2 L’avvenuta omologazione del concordato ne impedisce la possibilità di revoca, configurabile, invece, solo nell’intervallo temporale ricompreso tra l’apertura della procedura e la sua omologazione. In proposito, la revoca dell’ammissione al concordato differisce dalla sua risoluzione per inadempimento, in quanto sono diversi i presupposti: la prima, difatti, riguarda la carenza delle condizioni di ammissibilità del concordato o il compimento di atti in frode o non autorizzati (oltre alla cessazione dell’attività di impresa o la sua manifesta dannosità nell’ipotesi di concordato c.d. “in continuità”); la seconda, invece, attiene all’inadempimento degli obblighi concordatari [C. 14.9.2020, n. 19007].
3 “In materia di concordato preventivo non sono ricorribili per Cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., non avendo carattere decisorio, i decreti con i quali il tribunale dichiara l’inammissibilità della proposta di concordato, ai sensi dell’art. 162, 2° comma l.fall. […] ovvero revoca l’ammissione alla procedura di concordato, ai sensi dell’art. 173, senza emettere consequenziale sentenza dichiarativa del fallimento del debitore, mentre il ricorso è ammesso contro le decisioni assunte nel giudizio di omologazione, dopo l’esaurimento della fase di reclamo” [C. s.u. 28.12.2016, n. 27073].