[1] Il tribunale, se respinge la domanda di apertura della liquidazione giudiziale, provvede con decreto motivato. Il decreto, a cura del cancelliere, è comunicato alle parti e, quando è stata disposta la pubblicità della domanda, iscritto nel registro delle imprese.
[2] Entro trenta giorni dalla comunicazione, il ricorrente o il pubblico ministero possono proporre reclamo contro il decreto alla corte di appello che, sentite le parti, provvede in camera di consiglio con decreto motivato. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 737 e 738 del codice di procedura civile.
[3] Il debitore non può chiedere in separato giudizio la condanna del creditore istante alla rifusione delle spese ovvero al risarcimento del danno per responsabilità aggravata ai sensi dell’articolo 96 del codice di procedura civile.
[4] Il decreto della corte di appello che rigetta il reclamo non è ricorribile per cassazione, è comunicato dalla cancelleria alle parti del procedimento in via telematica, al debitore, se non costituito, ai sensi dell’articolo 40, commi 6, 7 e 8 ed è iscritto immediatamente nel registro delle imprese nel caso di pubblicità della domanda. (2)
[5] In caso di accoglimento del reclamo, la corte di appello dichiara aperta la liquidazione giudiziale con sentenza e rimette gli atti al tribunale, che adotta, con decreto, i provvedimenti di cui all’articolo 49, comma 3. Contro la sentenza può essere proposto ricorso per cassazione. La sentenza della corte di appello e il decreto del tribunale sono iscritti nel registro delle imprese su richiesta del cancelliere del tribunale. (1)
[6] I termini di cui agli articoli 33, 34 e 35 si computano con riferimento alla sentenza della corte di appello.
(1) Comma così modificato dall’art. 7, comma 9, D.Lgs. 26 ottobre 2020, n. 147, a decorrere dal 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 42, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 147/2020.
(2) Comma così modificato dall’art. 12, comma 10, D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, a decorrere dal 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 51, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 83/2022.
A) Inquadramento funzionale:
A)Inquadramento funzionale:I. La decisione su questione di rito - II. La impugnazione della decisione di merito - III. La legittimazione alla proposizione del reclamo - IV. Il procedimento di reclamo e i suoi esiti.
I. La decisione su questione di rito
I.La decisione su questione di rito1 Quando il tribunale rileva che sussiste un vizio di rito che preclude l’esame nel merito della domanda, deve provvedere con decreto ai sensi dell’art. 50. Infatti, benché tale disposizione si riferisca al diverso caso in cui il giudice respinge la domanda nel merito, anche le decisioni sul rito, in quanto decisioni di non accoglimento, vanno adottate con decreto. Cfr. [F107] [F108].
II. La impugnazione della decisione di merito
II.La impugnazione della decisione di merito1 Il decreto di rigetto della domanda di apertura della liquidazione giudiziale si impugna con reclamo ai sensi dell’art. 50 CCII, ma il modello del processo è differente; infatti, tale mezzo di gravame risulta a grandi linee modellato sul reclamo previsto nei procedimenti camerali ex art. 739 c.p.c. Il termine per proporre reclamo alla corte d’appello è di trenta giorni e decorre dal momento in cui la parte soccombente riceve la comunicazione del provvedimento sfavorevole. Il termine, da ritenersi perentorio come tutti quelli previsti per le impugnazioni, non è soggetto alla sospensione feriale e così pure il procedimento camerale di reclamo.
2 Il reclamo costituisce un mezzo di impugnazione e come tale presuppone che chi lo propone sia stato in tutto o in parte soccombente nel procedimento svoltosi davanti al tribunale concorsuale. Pur essendo un mezzo di gravame, nelle sue valutazioni la corte d’appello dovrebbe poter prescindere dalle prospettazioni delle parti, visto che non vi è l’obbligo della specificazione delle censure, ma pur sempre nei limiti dei fatti, delle domande e dalle eccezioni proposte; in ogni modo l’istruttoria davanti al giudice del reclamo si svolge con le medesime modalità che disciplinano l’istruttoria in tribunale.
III. La legittimazione alla proposizione del reclamo
III.La legittimazione alla proposizione del reclamo1 Quanto alla legittimazione alla proposizione del reclamo, l’art. 50 stabilisce che contro il decreto di rigetto può essere proposto reclamo oltre che dal creditore anche dal pubblico ministero, previsione questa che rende ancor più evidente come l’iniziativa del p.m., spogliata del valore di mera segnalazione per sollecitare l’esercizio di un potere officioso, assurga al ruolo di vera e propria azione. Al contrario, la legittimazione alla proposizione del reclamo non è stata espressamente riconosciuta al debitore; posto che il reclamo è dato contro il rigetto del ricorso e anche l’iniziativa del debitore si inoltra con ricorso, se è pur vero che non esiste un diritto dell’imprenditore commerciale all’apertura della liquidazione giudiziale, è però indiscutibile l’esistenza del diritto del debitore a che la sua richiesta, in caso di rigetto da parte del tribunale, debba essere vagliata anche da un giudice superiore e ciò per il principio della parità delle armi di cui si rinviene traccia evidente nell’art. 111 Cost. Fra i soggetti legittimati alla proposizione del reclamo si deve includere anche il curatore che abbia proposto la domanda di liquidazione giudiziale del socio in estensione ai sensi dell’art. 256 CCII. Cfr. [F109] [F110] .
IV. Il procedimento di reclamo e i suoi esiti
IV.Il procedimento di reclamo e i suoi esiti1 Anche nel procedimento di reclamo la corte deve sentire le parti. Se contro lo stesso decreto di rigetto vengono proposti più reclami da parte di creditori diversi, è compito della corte d’appello procedere alla loro riunione, visto che l’oggetto del reclamo non può che essere la verifica delle condizioni oggettive e soggettive che legittimano la dichiarazione di liquidazione giudiziale. Viceversa, qualora davanti al tribunale vi fossero stati più creditori ricorrenti e solo alcuni di questi avessero proposto reclamo, va escluso l’obbligo di integrare il contraddittorio nei loro confronti, essendo ciascun creditore portatore di un interesse secondario particolare che non va mescolato con quello degli altri. A costoro va invece riconosciuto il diritto di intervenire nel procedimento di reclamo, ma solo ad adiuvandum (posto che altrimenti verrebbe aggirato il termine di decadenza dall’impugnazione).
2 Quando il reclamo introdotto dal creditore è accolto, il giudice d’appello dispone l’apertura della liquidazione giudiziale e rimette gli atti al tribunale concorsuale perché adotti le misure conseguenti (la nomina degli organi della procedura e la fissazione dell’udienza per la formazione dello stato passivo). Se invece il reclamo è introdotto dal debitore che lamenti la mancata condanna del ricorrente alla rifusione delle spese, l’accoglimento del gravame importa la condanna del creditore alla rifusione delle spese. Mentre il primo decreto è con tutta evidenza un provvedimento interlocutorio che non incide definitivamente sui diritti soggettivi delle parti che vengono invece toccati dalla sentenza dichiarativa della liquidazione giudiziale, il secondo è un provvedimento che pur non dotato di assoluta definitività (nel senso che il creditore può ripresentare il ricorso per ex art. 40 CCII) è decisorio perché si pronuncia sul diritto di una delle parti alla rifusione delle spese di lite. Quando la corte d’appello respinge il reclamo il decreto non è ricorribile per cassazione attesa l’assenza di definitività, potendo la domanda essere riproposta. Viceversa, nel caso di accoglimento, la sentenza della corte d’appello è ricorribile per cassazione ma nel termine breve di trenta giorni. Cfr. [F111] [F112] [F113].
3 Il giudice del reclamo può conoscere fatti nuovi (tanto sopravvenuti quanto preesistenti ma non conosciuti) purché questi siano dedotti prima della decisione, dovendosi, invece, escludere che fatti nuovi possano essere rappresentati al tribunale. La corte d’appello può, quindi, accogliere il reclamo anche quando l’insolvenza sia stata rimossa dopo il decreto di rigetto, sia su segnalazione di parte, sia d’impulso officioso (ma sempre che il fatto risulti obiettivamente). Ai fini del computo dei termini per l’apertura della liquidazione giudiziale, nel caso di cessazione dell’impresa e di morte dell’imprenditore, si tiene conto solo della sentenza della corte d’appello.
B) Frmule
B)FrmuleIL TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………
Riunito nella camera di consiglio, composto dai sigg. magistrati
dott………. Presidente
dott………. Giudice
dott………. Giudice
ha pronunciato il seguente
DECRETO
Visto il ricorso per liquidazione giudiziale presentato dal creditore ………
nei confronti del debitore ………
rilevato che il debitore si è costituito in giudizio ed ha dedotto che oltre a quello di cui è titolare il creditore ricorrente, non vi sarebbero altri debiti scaduti;
rilevato che dalla espletata istruttoria è emerso che oltre al debito del ricorrente pari ad euro ………, vi è un altro debito scaduto e non pagato pari ad euro ………;
considerato che la somma dei debiti scaduti ammonta a complessivi euro ……… e quindi al di sotto della soglia di indebitamento di euro trentamila di cui all’art. 49, u.c., CCII;
ritenuto che l’indebitamento “qualificato” rappresenti una condizione ostativa alla pronuncia di liquidazione giudiziale
ritenuto che le spese del procedimento possano essere compensate in quanto solo dagli accertamenti disposti nel corso del giudizio si sia raggiunta la certezza della mancanza della condizione di procedibilità della domanda
P.Q.M.
letti gli artt. 49 e 50 CCII, rigetta il ricorso.
Luogo, data ………
Il Presidente ………
IL TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………
Riunito nella camera di consiglio, composto dai sigg. magistrati
dott………. Presidente
dott………. Giudice
dott………. Giudice
ha pronunciato il seguente
DECRETO
Visto il ricorso per liquidazione giudiziale presentato dal creditore ………
nei confronti del debitore ………
rilevato che il debitore si è costituito in giudizio ed ha dedotto che oltre a quello di cui è titolare il creditore ricorrente, non vi sarebbero altri debiti scaduti;
rilevato che dalla espletata istruttoria è emerso che oltre al debito del ricorrente pari ad euro ………, effettivamente non sembrano esservi ulteriori debiti scaduti ………
ritenuto che il debitore ……… abbia contestato con argomenti seri la fondatezza del credito del ricorrente ………
ritenuto che, in ogni caso, il debitore ……… abbia dimostrato la capacità di far fonte al debito ………
Ritenuto, pertanto, che non vi è prova che ……… versi in stato di insolvenza ………
ritenuto che le spese del procedimento ………
P.Q.M.
letti gli artt. 49 e 50 CCII, rigetta il ricorso.
Luogo, data ………
Il Presidente ………
CORTE D’APPELLO DI ………
RECLAMO EX ART. 50 CCII
***
La ………, con sede in ………, in persona del legale rappresentante ………, [rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al presente atto, dall’avvocato ………, presso il cui studio in ………, elegge domicilio]
PREMESSO
- che con ricorso presentato davanti al Tribunale di ………, chiedeva la dichiarazione di liquidazione giudiziale della impresa ………, in persona del legale rappresentante pro-tempore, con sede in ………;
- che l’istanza era corredata da ogni elemento in fatto ed in diritto idoneo a comprovare la sussistenza dello stato di insolvenza in capo alla predetta ………, secondo quanto previsto dall’art. 2 CCII, la natura di impresa commerciale ed anche la sussistenza dell’indebitamento qualificato;
- che, in particolare, la ricorrente esponeva e documentava: di avere eseguito prestazioni di ……… per un importo di euro ………, come da fatture prodotte; di avere chiesto ed ottenuto dal Tribunale di ………, in relazione a tale credito, decreto ingiuntivo di pagamento regolarmente notificato alla debitrice; che il decreto diveniva definitivo per mancata opposizione; di avere notificato atto di precetto per euro ………; che, persistendo l’inadempimento, veniva richiesto il pignoramento mobiliare in danno della debitrice; che il pignoramento non era stato eseguito in quanto presso la sede legale, ove erano peraltro stati regolarmente notificati decreto e precetto, la ……… risultava meramente domiciliata e comunque non esistevano beni da sottoporre a pegno;
- che l’insieme di tali circostanze rendeva, come rende, manifesto lo stato di insolvenza della ………, la quale non solo non era in grado di far ……… fronte alle proprie obbligazioni, ma aveva con accortezza domiciliato la propria sede presso quella di altra società allo scopo di sottrarsi all’adempimento e denotando altresì la mancanza di effettiva attività sociale;
- che con decreto succintamente motivato, di cui il procuratore della ricorrente prendeva visione in data ………, il Tribunale di ……… rigettava l’istanza sull’assunto principale che il credito della ricorrente è di modestissima entità e sulla scorta di altre motivazioni quali: l’assenza di altri creditori istanti, l’insussistenza di allarme sociale, la presenza di esiguo attivo, la mancata deduzione di circostanze atte a rendere ipotizzabile l’esercizio di azioni revocatorie ovvero la ricorrenza di fattispecie di reato;
- che tale decreto, di per sé opinabile in quanto redatto su formulario genericamente predisposto, si presta alla più ampia censura giacché:
a) a prescindere dal fatto che il giudizio circa la modestissima entità del credito della ……… appare arbitrario, il codice della crisi stabilisce una precisa soglia minima circa la misura del credito ed è quella di euro 30.000,00;
b) la ricorrente ha provato che oltre al proprio credito di euro ………, esistono debiti scaduti e non pagati per la somma di euro ………;
c) che i debiti ammontano complessivamente ad euro ………, importo superiore alla soglia fissata dal legislatore;
- che ad avviso della ricorrente sussistevano e continuano a sussistere tutti i requisiti per la pronuncia richiesta.
Tanto premesso la ………, come sopra rappresentata, ritenute infondate le motivazioni di cui al decreto impugnato, emesso dal Tribunale di ……… in data ………, e di cui s’è presa visione il ………, propone
RECLAMO
ex art. 50 CCII, a questa Corte d’appello, contro il decreto del Tribunale di ……… e chiede che, previa revoca del decreto di rigetto, Codesta Corte di Appello voglia dichiarare aperta la liquidazione giudiziale ai sensi dell’art. 49 CCII nonché disporre la trasmissione degli al Tribunale per i conseguenti provvedimenti.
Luogo, data ………
Firma ………
Si produce:
1. Fascicolo allegato alla istanza di liquidazione giudiziale.
2. Copia decreto Tribunale di ………
CORTE D’APPELLO DI ………
RECLAMO EX ART. 50 CCII
***
La ………, con sede in ………, in persona del legale rappresentante ………, [rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al presente atto, dall’avvocato ………, presso il cui studio in ………, elegge domicilio]
PREMESSO
- che con ricorso presentato davanti al Tribunale di ………, ……… chiedeva la dichiarazione di liquidazione giudiziale della impresa ………, in persona del legale rappresentante pro-tempore, con sede in ………;
- che l’istanza era sprovvista di adeguata documentazione volta a dimostrare la sussistenza dello stato di insolvenza in capo alla predetta ………, secondo quanto previsto dall’art. 2 CCII;
- che il Tribunale di ……… con decreto del ……… ha accolto le difese dell’esponente ed ha rigettato il ricorso;
- che nel decreto di rigetto il Tribunale ha disposto la compensazione delle spese;
- che il decreto, di cui il procuratore della ricorrente prendeva visione in data ………, non giustificava in alcun modo la decisione di compensare le spese;
- che il ricorso era palesemente infondato in quanto l’unico documento prodotto era una fattura;
- che venivano allegati altri fatti sintomatici dello stato di insolvenza del tutto generici;
- che nel corso della istruttoria il Tribunale di ……… accertava che la debitrice si trovava nelle condizioni di poter perfettamente adempiere alle obbligazioni scadute;
- che, pertanto, il mancato riconoscimento del diritto alla rifusione delle spese appare ingiusto
Tanto premesso la ………, come sopra rappresentata, ritenute infondate le motivazioni di cui al decreto impugnato, emesso dal Tribunale di ……… in data ………, e di cui s’è presa visione il ………, propone
RECLAMO
ex art. 50 CCII, a questa Corte d’appello, contro il decreto del Tribunale di ……… e chiede che, previa revoca del decreto di rigetto nella parte in cui è stata disposta la compensazione delle spese, il creditore ……… venga condannato alla rifusione delle spese di entrambe le fasi del procedimento, da liquidarsi come da allegata nota spese.
Luogo, data ………
Firma ………
Si produce:
1. Fascicolo allegato alla istanza di liquidazione giudiziale.
2. Copia decreto Tribunale di ………
CORTE DI APPELLO DI ………
Sezione ………
***
Riunito in camera di consiglio nelle persone dei signori magistrati:
dott………. Presidente
dott………. Giudice
dott………. Giudice
ha pronunciato il seguente
DECRETO
Visto il ricorso per liquidazione giudiziale presentato dal creditore ………
nei confronti del debitore ………
visto il decreto con il Tribunale di ……… in data ……… ha respinto il ricorso ex art. 37 CCII in quanto non risultava che il debitore si trovasse in stato di insolvenza ………
visto il reclamo con cui il creditore ……… insiste per la dichiarazione di liquidazione giudiziale censurando il decreto del Tribunale nella parte in cui ………
viste le note difensive depositate all’esito dell’udienza in camera di consiglio del ………
ritenuto che la decisione del Tribunale di ……… meriti di essere confermata in quanto ………
ritenuto, in particolare, che i motivi di reclamo siano infondati perché ………
ritenuto che le spese del presente procedimento debbano essere regolate secondo il criterio della soccombenza e che pertanto debba essere poste a carico del reclamante
P.Q.M.
rigetta il reclamo ex art. 50 CCII e condanna ……… alla rifusione delle spese in favore di ………liquidate in complessivi euro………
Luogo, data ………
Il Presidente ………
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI ………
Sezione ………
riunito in camera di consiglio con l’intervento dei Sigg. magistrati:
dott………. Presidente
dott………. Giudice
dott………. Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
avente ad oggetto: dichiarazione di liquidazione giudiziale nei confronti di ………
………
………
Visto il reclamo ex art. 50 CCII con il quale il creditore ………
ha chiesto la revoca del decreto con cui il Tribunale di ……… ha rigettato il ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale di ………
vista la documentazione allegata dalla quale si ricava che il ricorrente è legittimato a proporre il ricorso ex artt. 37 CCII ………
Ritenuta la competenza del giudice adito in quanto l’impresa ha la sede legale [principale - effettiva] in un Comune ricompreso nel Circondario di questo Tribunale.
Rilevato che ……… deve essere considerata un imprenditore commerciale oltre le soglie di cui agli artt. 2 e 121 CCII e come tale assoggettabile a liquidazione giudiziale per quanto si ricava dal certificato camerale in atti, dalla natura dell’attività svolta e dalla caratteristica del rapporto sotteso al credito azionato.
Rilevato che lo stato di insolvenza si ricava da una pluralità di elementi sintomatici, rappresentati nel caso concreto da ……… [inadempimenti - decreti ingiuntivi - sentenze di condanna - protesti di titoli di credito - esito infruttuoso di esecuzioni - cessazione dell’attività - chiusura della sede ed irreperibilità dei titolari dell’impresa - concordato stragiudiziale inadempiuto - dichiarazioni confessorie - situazione patrimoniale ……… - mancato deposito dei bilanci] ………
ritenuta, pertanto, la fondatezza delle censure mosse dal creditore ………al decreto del Tribunale nella parte in cui………
………
………
Vista la memoria difensiva con cui ……… eccepisce di essere impresa non assoggettabile a liquidazione giudiziale per mancanza dei requisiti minimi………
ritenuto, al contrario, che dal bilancio al ………risulta in modo inequivoco il superamento della soglia dei ricavi lordi ………
Rilevato, dunque, che dalle indagini esperite, risultano sicuramente sorpassate le soglie di cui all’art. 2 CCII, così come l’indebitamento appare superiore ad euro 30.000,00.
Ritenuto pertanto che sussistono i presupposti soggettivi ed oggettivi per la dichiarazione di liquidazione giudiziale ai sensi dell’art. 49 CCII
P.Q.M.
Visti gli artt. 2, 41, 49 e 256 CCII
DICHIARA
la liquidazione giudiziale dell’impresa ………, con sede in ………;
DICHIARA
la sentenza immediatamente produttiva di effetti.
DISPONE
la trasmissione degli atti al Tribunale di ……… per l’adizione dei provvedimenti di cui all’art. 49 CCII
Così deciso in camera di consiglio in data ………
Il Giudice est……….
Il Presidente ………
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………
Sezione ………
riunito in camera di consiglio con l’intervento dei Sigg. magistrati:
dott………. Presidente
dott………. Giudice
dott………. Giudice
………
Vista la sentenza con cui la Corte di Appello di ……… in data ……… ha pronunciato la liquidazione giudiziale di ………
Visto il provvedimento di trasmissione degli atti ai sensi dell’art. 50 CCII
P.Q.M.
Visto l’art. 49 CCII
NOMINA
il dott………. Giudice delegato in ciascuna delle procedure;
NOMINA
il ……… [dott.- rag.- avv.], con studio in ………, curatore della liquidazione giudiziale di ciascuna delle procedure mandando al Giudice delegato di nominare diversi comitati dei creditori
ORDINA
ordina a ……… il deposito entro tre giorni dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie, in formato digitale nei
casi in cui la documentazione è tenuta a norma dell’art. 2215-bis c.c., dei libri sociali, delle dichiarazioni dei redditi, IRAP e IVA dei tre esercizi precedenti, nonché dell’elenco dei creditori corredato dall’indicazione del loro domicilio digitale, se già non eseguito a norma dell’art. 39 CCII
STABILISCE
che si procederà all’esame dello stato passivo davanti al Giudice delegato all’udienza del ………, ad ore ………
ASSEGNA
ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali o personali su cose in possesso del debitore, il termine perentorio di trenta giorni prima dell’adunanza fissata per l’esame dello stato passivo per l’inoltro delle domande di insinuazione al curatore con le modalità di cui all’art. 201 CCII
AUTORIZZA
Il curatore con le modalità di cui agli artt. 155-quater, 155-quinquies e 155-sexies disp. att. c.p.c.: 1) ad accedere alle banche dati dell’anagrafe tributaria e dell’archivio dei rapporti finanziari; 2) ad accedere alla banca dati degli atti assoggettati a imposta di registro e ad estrarre copia degli stessi; 3) ad acquisire l’elenco dei clienti e l’elenco dei fornitori di cui all’art. 21, d.l 31.5.2010, n. 78, convertito dalla l. 30.7.2010, n. 122 e successive modificazioni; 4) ad acquisire la documentazione contabile in possesso delle banche e degli altri intermediari finanziari relativa ai rapporti con l’impresa debitrice, anche se estinti; 5) ad acquisire le schede contabili dei fornitori e dei clienti relative ai rapporti con l’impresa debitrice
Così deciso in camera di consiglio in data ………
Il Giudice est……….
Il Presidente ………
C) Giurisprudenza:
C)Giurisprudenza:I. Il decreto di rigetto - II. La legittimazione - III. Profili processuali - IV. La «desistenza».
I. Il decreto di rigetto
I.Il decreto di rigetto1 In tema impugnazione del provvedimento che respinge l’istanza di fallimento, l’art. 22 l. fall., prevede un processo unico caratterizzato da due distinte fasi, di cui la prima ha carattere rescindente e si svolge dinanzi alla Corte d’appello concludendosi con un provvedimento meramente cognitivo, e la seconda, di natura rescissoria, si svolge dinanzi al tribunale che definisce l’intero giudizio con sentenza. La sentenza con la quale il tribunale dichiara il fallimento è dunque un atto giurisdizionale complesso essendo il decreto della Corte di Appello un atto endoprocedimentale destinato ad essere assorbito nella sentenza stessa, conseguentemente il tribunale ha il potere di emendare il mero errore materiale contenuto nel provvedimento che definisce la fase rescindente mediante la pronuncia del provvedimento rescissorio [C. App. Palermo 17.12.2021, n. 2008, DeJure 2022]. È inammissibile il ricorso per cassazione proposto ai sensi dell’art. 111, c. 2, Cost. avverso il provvedimento della Corte d’Appello che, in sede di reclamo, conferma il decreto di rigetto dell’istanza per la dichiarazione di fallimento, trattandosi di provvedimento privo dei caratteri della decisorietà e della definitività; infatti, nel procedimento per la dichiarazione di fallimento non si attua un diritto soggettivo del creditore al fallimento del proprio debitore in stato di insolvenza, non configurabile sulla base del diritto sostanziale, ma si provvede alla mera gestione e tutela di interessi (quello dell’ordinamento all’organizzazione economica generale, quello dei creditori alla non dispersione del patrimonio e alla attuazione della “par condicio creditorum”, quello del debitore al non aggravamento del dissesto), e il provvedimento che lo conclude è privo di attitudine al giudicato, in quanto il decreto che accoglie il reclamo è destinato a confluire nella sentenza di fallimento avverso la quale è esperibile l’opposizione, mentre il provvedimento di rigetto non ha alcun effetto preclusivo ed è sempre possibile dichiarare il fallimento, d’ufficio, su istanza di diverso creditore o anche dello stesso in relazione a fatti sopravvenuti, preesistenti non conosciuti o anche già dedotti ma rispetto ai quali si prospetti un errore di fatto [C. s.u. 7.12.2006, n. 26181; C. VI 11.6.2019, n. 15619; in senso difforme C. I 26.6.2000, n. 8660, DFSC 2000, II, 862; C. I 18.1.2000, n. 474, FI 2000, I, 2232]. Il decreto reiettivo dell’istanza di fallimento - al pari di quello confermativo del rigetto in sede di reclamo - non è idoneo al giudicato e non è, dunque, ricorribile per cassazione ex art. 111, c. 7, Cost., trattandosi di provvedimento non definitivo e privo di natura decisoria su diritti soggettivi, dal momento che nessun istante è portatore di un diritto all’altrui fallimento. Non essendo legato alla forma del provvedimento, ma al suo contenuto, l’inidoneità al giudicato riguarda anche il provvedimento di rigetto dell’istanza di fallimento in estensione del socio accomandante adottato unitamente alla sentenza dichiarativa di fallimento della società in accomandita semplice e del socio accomandatario [C. I 28.2.2017, n. 5069, GCM 2017].
2 In sede di reclamo avverso il decreto di rigetto del ricorso di fallimento, il debitore può chiedere la condanna del creditore istante al pagamento delle spese processuali, essendogli solo precluso, ai sensi dell’art. 22 l. fall., introdurre tale domanda in separato giudizio; ne consegue a pronuncia della Corte d’Appello, in detta sede, incide, nella parte in cui regola le spese, su un diritto soggettivo e, pertanto, è impugnabile con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. [C. VI 27.10.2021, n. 30296; C. VI 10.5.2018, n. 11364].
II. La legittimazione
II.La legittimazione1 Nel rito antevigente, sulla base di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 22 l. fall., doveva riconoscersi al p.m., nelle ipotesi disciplinate dall’art. 7 l. fall., che gli attribuisce il potere di azione, la legittimazione a proporre reclamo in caso di rigetto dell’istanza di fallimento da parte del tribunale [C. I 7.3.2007, n. 5220, Fall 2007, 765]. Il coordinamento che emerge tra la previsione di cui all’art. 22 e la legittimazione riconosciuta al creditore istante dall’art. 6 l. fall. non può essere esteso in via ermeneutica alla posizione del p.m. nell’esercizio della facoltà conferitagli dallo stesso art. 6 [C. App. 15.12.2012, DFSC 2002, II, 591]. Il reclamo ex art. 22 l. fall. può avere efficacia interruttiva della prescrizione, atteso che l’atto di costituzione in mora non è soggetto a forma solenne, essendo sufficiente che il creditore manifesti e porti a conoscenza legale del debitore, mediante atto scritto, la volontà di ottenere il soddisfacimento del suo diritto [C. 25.6.2014, n. 14372].
2 È inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, c. 2, l. fall. come modificato dal d.lgs. 12.9.2007, n. 169, sollevata in riferimento all’art. 3 Cost. In primo luogo, ove non fossero modificati i requisiti richiesti al fine della assoggettabilità alla procedura fallimentare, l’eventuale ribaltamento dell’onere probatorio sul creditore istante o sul p.m. renderebbe spesso impossibile per costoro ottenere l’accoglimento della istanza di fallimento da loro proposta; né è possibile alla Corte intervenire modificando i requisiti di assoggettabilità al fallimento, essendo ciò rimesso alla libera determinazione del legislatore. Inoltre, il rimettente omette di considerare che nella materia fallimentare vi è un ampio potere di indagine officioso in capo allo stesso organo giudicante [art. 15, c. 4, e art. 1, c. 2, lett. b), l. fall.], di per sé strumento idoneo ad evitare, nei limiti di quanto ragionevolmente dovuto, la possibilità che siano dichiarati fallimenti che, date le caratteristiche del debitore, sarebbero ingiustificati. Viene, inoltre, trascurata la capacità espansiva di quanto dispone l’art. 22 l. fall., il quale riconosce una facoltà probatoria a chiunque abbia interesse ad opporsi alla dichiarazione di fallimento che, per evidenti motivi di economia processuale e, prima ancora, per la palese anomalia di sistema che deriverebbe dal riconoscerla solo in sede di gravame, non può ritenersi negata in relazione all’originario giudizio di fronte al tribunale [C. Cost. 1.7.2009, n. 198].
III. Profili processuali
III.Profili processuali1 Nel procedimento di reclamo ai sensi dell’art. 22 l. fall., la regolare instaurazione del contraddittorio è adeguatamente realizzata con la costituzione del debitore, senza che rilevino né l’inesistenza della notificazione del decreto di fissazione dell’udienza di comparizione delle parti avanti il collegio né il mancato rispetto del termine di notificazione stabilito dal presidente né il fatto che il debitore si fosse costituito al solo fine di far valere i vizi della convocazione; nei procedimenti camerali, infatti, deve essere assicurato il rispetto del contraddittorio ma non sono predeterminate le forme in cui deve essere instaurato [C. I 7.3.2007, n. 5220, Fall 2007, 765].
2 Il decreto con cui la Corte d’Appello accoglie, ai sensi dell’art. 22, c. 4, l. fall., il reclamo avverso il provvedimento di rigetto del ricorso per la dichiarazione di fallimento, rimettendo d’ufficio gli atti al primo giudice, dev’essere comunicato alle parti, ai sensi del comma 3 della norma, poiché le stesse hanno la facoltà di segnalare al tribunale, che non ha più l’obbligo di sentirle di nuovo (dopo averle sentite in sede di istruttoria prefallimentare), la sopravvenuta modificazione dei presupposti per la dichiarazione di fallimento; questa comunicazione è perciò funzionale all’esercizio del diritto di difesa, onde consentire alla parte di evitare la dichiarazione di fallimento indicando nuovi elementi di conoscenza al tribunale [C. VI 22.6.2020, n. 12075; C. VI 14.3.2017, n. 6594; C. VI 23.2.2011, n. 4417, Fall 2011, 124]. La cognizione del tribunale, cui la Corte d’Appello abbia rimesso, ai sensi dell’art. 22, c. 4, l. fall., gli atti per la dichiarazione di fallimento, riguarda i fatti, segnalati anche dal debitore ed incidenti sui presupposti della sua fallibilità, successivi al suddetto decreto, dovendosi ritenere, in loro mancanza, il giudice “ad quem” vincolato al “dictum” della corte, inderogabilmente deputata a conoscere tutti gli elementi, preesistenti o sopravvenuti, rilevanti per la verifica dei menzionati presupposti “medio tempore” intervenuti anteriormente alla sua pronuncia. Solo in tale prima ipotesi, quindi, il tribunale, verificata la persistenza della domanda del creditore o dell’istanza del p.m., deve statuire rispettando lo schema procedimentale di cui all’art. 15 l. fall., al fine di consentire l’effettivo dispiegarsi del diritto di difesa delle parti, ritenendo in ogni altro caso superflua l’ulteriore audizione del debitore, già posto in grado di contraddire nel procedimento di reclamo e nel corso dell’istruttoria prefallimentare [C. VI 22.6.2020, n. 12075; C. I 16.4.2018, n. 9370].
IV. La «desistenza»
IV.La «desistenza»1 Il tribunale che respinge l’istanza di fallimento deve pronunciare sulle spese del giudizio anche in mancanza di una esplicita domanda del debitore, trattandosi di una conseguenza legale della decisione della lite che attiene al funzionamento del processo, salvo che vi sia stata rinuncia della parte o del suo difensore munito di mandato speciale; alla rifusione delle spese vanno condannati anche i creditori istanti che abbiano presentato dichiarazione di desistenza, trovando applicazione in tal caso l’art. 306 c.p.c. [T. Sulmona 2.12.2010, Fall 2011, 376]. In tema di fallimento, la desistenza dal ricorso determina l’adozione, da parte del tribunale fallimentare, di un decreto di archiviazione, in quanto la necessità del decreto di rigetto sussiste solo nei confronti di un’istanza che continui ad essere effettivamente coltivata e che sia ritenuta priva di fondamento [C. VI 5.5.2016, n. 8980; C. I 18.6.2014, n. 13909]. A seguito della riforma il procedimento per la dichiarazione di fallimento si configura compiutamente come processo civile tra parti, con la conseguenza che, presentata dichiarazione di desistenza da parte del creditore procedente, il procedimento deve necessariamente arrestarsi con dichiarazione di estinzione ovvero con provvedimento equivalente, essendo diffuse nella prassi nella forma della dichiarazione di improcedibilità o di non luogo a provvedere. Pertanto, la dichiarazione di desistenza deve essere qualificata una rinunzia agli atti del giudizio, con la conseguente applicazione dell’art. 306 c.p.c., ed in particolare dell’ultimo comma della disposizione citata, secondo cui il rinunciante deve rimborsare le spese alle altre parti, salva l’ipotesi di diverso accordo tra loro [T. Pordenone 16.9.2009, Fall 2010, 849]. In virtù della scomparsa della iniziativa officiosa in presenza della desistenza il tribunale non ha altre alternative alla chiusura in rito del procedimento [C. VI 11.2.2011, n. 3472, Fall 2011, 1193].