Vai al contenuto principale
La Mia Biblioteca

Accedi

Menu
  • Home
  • Cerca
  • Libreria
    • Indice degli argomenti
    • Libro

Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza - Formulario commentato

Indici

Torna all'inizio

Footer

La Mia Biblioteca

  • Accedi
  • Informazioni
  • A chi si rivolge
  • Richiedi una prova
  • Guarda il video
  • Certificazione di qualità

CONTENUTI E OPERE

  • CEDAM
  • il fisco
  • IPSOA
  • UTET Giuridica
  • Wolters Kluwer

NETWORK

  • One
  • ilQG – Il Quotidiano Giuridico
  • IPSOA Quotidiano
  • Quotidiano HSE+
  • ShopWKI

HELP

  • Come utilizzarla
  • Scarica il manuale d'uso
  • Contatti
  • Note legali
  • Privacy
    • Linkedin
    • X
    • Facebook

© 2025 Wolters Kluwer Italia Srl - Tutti diritti riservati. UTET Giuridica © è un marchio registrato e concesso in licenza da De Agostini Editore S.p.A. a Wolters Kluwer Italia S.r.l.

Briciole di navigazione

Indietro

    Informazione

    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

    Informazioni sul volume

    Autore:

    Massimo Fabiani, Giovanni Battista Nardecchia

    Editore:

    Wolters Kluwer

    Open
      • Stampa
      • Condividi via email
      • Visualizza PDF
      • Vai a pagina

    Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza - Formulario commentato

    49. Dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale

    Mostra tutte le note

    [1] Il tribunale, definite le domande di accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza eventualmente proposte, su ricorso di uno dei soggetti legittimati e accertati i presupposti dell’articolo 121, dichiara con sentenza l’apertura della liquidazione giudiziale. (2)

    [2] Allo stesso modo, su ricorso di uno dei soggetti legittimati, il tribunale provvede, osservate le disposizioni di cui all’articolo 44, comma 2, quando è decorso inutilmente o è stato revocato il termine di cui all’articolo 44, comma 1, lettera a), quando il debitore non ha depositato le spese di procedura di cui all’articolo 44, comma 1, lettera d), ovvero nei casi previsti dall’articolo 47, comma 4 e dall’articolo 106 o in caso di mancata approvazione del concordato preventivo o quando il concordato preventivo o gli accordi di ristrutturazione non sono stati omologati. (3)

    [3] Con la sentenza di cui ai commi 1 e 2, il tribunale:

    a) nomina il giudice delegato per la procedura;

    b) nomina il curatore e, se utile, uno o più esperti per l’esecuzione di compiti specifici in luogo del curatore;

    c) ordina al debitore il deposito entro tre giorni dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie, in formato digitale nei casi in cui la documentazione è tenuta a norma dell’articolo 2215-bis del codice civile, dei libri sociali, delle dichiarazioni dei redditi, IRAP e IVA dei tre esercizi precedenti, nonché dell’elenco dei creditori corredato dall’indicazione del loro domicilio digitale, se già non eseguito a norma dell’articolo 39; (1)

    d) stabilisce il luogo, il giorno e l’ora dell’udienza in cui si procederà all’esame dello stato passivo, entro il termine perentorio di non oltre centoventi giorni dal deposito della sentenza, ovvero centocinquanta giorni in caso di particolare complessità della procedura;

    e) assegna ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali o personali su cose in possesso del debitore, il termine perentorio di trenta giorni prima dell’udienza di cui alla lettera d) per la presentazione delle domande di insinuazione;

    f) autorizza il curatore, con le modalità di cui agli articoli 155-quater, 155-quinquies e 155-sexies delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile:

    1) ad accedere alle banche dati dell’anagrafe tributaria e dell’archivio dei rapporti finanziari;

    2) ad accedere alla banca dati degli atti assoggettati a imposta di registro e ad estrarre copia degli stessi;

    3) ad acquisire l’elenco dei clienti e l’elenco dei fornitori di cui all’articolo 21 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e successive modificazioni;

    4) ad acquisire la documentazione contabile in possesso delle banche e degli altri intermediari finanziari relativa ai rapporti con l’impresa debitrice, anche se estinti;

    5) ad acquisire le schede contabili dei fornitori e dei clienti relative ai rapporti con l’impresa debitrice.

    [4] La sentenza è comunicata e pubblicata ai sensi dell’articolo 45. La sentenza produce i propri effetti dalla data della pubblicazione ai sensi dell’articolo 133, primo comma, del codice di procedura civile. Gli effetti nei riguardi dei terzi, fermo quanto disposto agli articoli da 163 a 171, si producono dalla data di iscrizione della sentenza nel registro delle imprese.

    [5] Non si fa luogo all’apertura della liquidazione giudiziale se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria è complessivamente inferiore a euro trentamila. Tale importo è periodicamente aggiornato con le modalità di cui all’articolo 2, comma 1, lettera d).

    (1) Lettera così sostituita dall’art. 7, comma 8, D.Lgs. 26 ottobre 2020, n. 147, a decorrere dal 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 42, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 147/2020.

    (2) Comma così modificato dall’art. 12, comma 9, lett. a), D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, a decorrere dal 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 51, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 83/2022.

    (3) Comma così modificato dall’art. 12, comma 9, lett. b), D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, a decorrere dal 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 51, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 83/2022.

    A) Inquadramento funzionale:

    A)Inquadramento funzionale:

    I. Il contenuto della sentenza che apre la liquidazione giudiziale - II. L’immediata esecutività della sentenza di apertura della liquidazione giudiziale - III. La formazione del giudicato - IV. Il regime di pubblicità della sentenza - V. La formazione del fascicolo digitale .

    I. Il contenuto della sentenza che apre la liquidazione giudiziale

    I.Il contenuto della sentenza che apre la liquidazione giudiziale

    1 In caso di accoglimento della domanda il tribunale dichiara aperta la liquidazione giudiziale con sentenza (art. 49 CCII). Poiché è stato costruito un procedimento unitario nel quale confluiscono eventuali domande contrapposte, il tribunale, prima di aprire la liquidazione giudiziale in presenza di un ricorso di una parte legittimata e dello stato di insolvenza, deve statuire sulla domanda proposta dal debitore per accedere ad uno strumento regolativo della crisi. Ciò può accadere quando: (a) è decorso inutilmente o è stato revocato il termine di cui all’art. 44, c. 1, lett. a), (b) il debitore non ha depositato le spese di procedura di cui all’art. 44, c. 1, lett. d), (c) il tribunale ritiene, anche alla luce dei criteri di cui all’art. 7 CCII che non si debba procedere all’apertura ai sensi dell’art. 47, c. 4, (d) il concordato preventivo (o il piano di ristrutturazione) è revocato ex art. 106, (e) non vi è stata l’approvazione del concordato preventivo (o del piano di ristrutturazione), (f) il concordato preventivo (o il piano di ristrutturazione) o gli accordi di ristrutturazione non sono stati omologati, quando (g) il concordato preventivo è stato risolto o annullato. La decisione, però, considerato l’unico contenitore processuale, potrà essere parimenti unica, con assorbimento della decisione negativa sullo strumento nell’unico capo che contiene la sentenza che apre la liquidazione giudiziale.

    2 La sentenza (art. 49 CCII) deve contenere le indicazioni di cui all’art. 132 c.p.c., nonché: (i) la nomina del giudice delegato per la procedura; (ii) la nomina del curatore e, se utile, uno o più esperti per l’esecuzione di compiti specifici in luogo del curatore; (iii) l’ordine rivolto al debitore di depositare i bilanci e le scritture contabili e fiscali obbligatorie, nonché l’elenco dei creditori, entro tre giorni; (iv) la fissazione dell’udienza in cui si procederà all’esame dello stato passivo, entro il termine perentorio di non oltre centoventi giorni dal deposito della sentenza, ovvero centocinquanta giorni in caso di particolare complessità della procedura; (v) l’assegnazione ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali o personali su cose in possesso del debitore, del termine perentorio di trenta giorni prima dell’udienza per la presentazione in cancelleria delle domande di insinuazione. Cfr. [F106].

    3 Con la sentenza il tribunale autorizza il curatore, con le modalità di cui agli artt. 155-quater, 155-quinquies e 155-sexies disp. att. c.p.c.: (1) ad accedere alle banche dati dell’anagrafe tributaria e dell’archivio dei rapporti finanziari; (2) ad accedere alla banca dati degli atti assoggettati a imposta di registro e ad estrarre copia degli stessi; (3) ad acquisire l’elenco dei clienti e l’elenco dei fornitori di cui all’art. 21, d.l. 31.5.2010, n. 78, convertito dalla l. 30.7.2010, n. 122 e successive modificazioni; (4) ad acquisire la documentazione contabile in possesso delle banche e degli altri intermediari finanziari relativa ai rapporti con l’impresa debitrice, anche se estinti; (5) ad acquisire le schede contabili dei fornitori e dei clienti relative ai rapporti con l’impresa debitrice. L’acquisizione di tale documentazione è funzionale alla ricostruzione dei fatti accaduti (e ciò per consentire la redazione della relazione del curatore di cui all’art. 130 CCII), è utile per la predisposizione del progetto di stato passivo e può agevolare il curatore nella valutazione delle eventuali iniziative giudiziarie da intraprendere.

    II. L’immediata esecutività della sentenza di apertura della liquidazione giudiziale

    II.L’immediata esecutività della sentenza di apertura della liquidazione giudiziale

    1 Pur se nell’art. 49 manca la previsione dell’immediata esecutività della sentenza, la sentenza produce i suoi effetti dalla pubblicazione (conseguente al deposito in cancelleria), con ciò confermandosi che gli effetti non decorrono, invece, dalla data di deliberazione. Pertanto, nei confronti del debitore e ai fini dello svolgimento delle attività dell’ufficio, il momento che rileva è quello della pubblicazione della decisione, mentre nei confronti dei terzi gli effetti si producono dalla data dell’iscrizione della sentenza nel registro delle imprese, adempimento che dovrebbe intervenire entro il giorno successivo alla sua pubblicazione.

    2 Classificare la sentenza di liquidazione giudiziale impiegando le categorie tradizionali del processo civile è operazione non agevole e ciò deriva dal contenuto complesso della decisione. Se guardiamo agli effetti che da essa conseguono è corretto sostenere che appartiene al genus delle sentenze costitutive necessarie; la sentenza, infatti, produce due modificazioni alle situazioni giuridiche: (i) trasforma il regime del trattamento del credito che non è più quello del diritto civile ma diviene quello concorsuale; (ii) impone una serie di vincoli alla capacità del debitore, modificandone quello che viene definito, in modo non del tutto appropriato, come uno status. È una sentenza costitutiva necessaria perché l’autonomia privata non può raggiungere gli stessi risultati ed occorre, sempre, l’intervento dell’autorità giudiziaria.

    3 La sentenza apre anche la procedura esecutiva sul patrimonio del debitore; in questo senso se l’esecuzione concorsuale è una forma di esecuzione forzata e se l’esecuzione forzata non può prescindere da un titolo esecutivo, ecco che la sentenza di liquidazione giudiziale pur non contenendo una formale statuizione di condanna va equiparata, quoad effectum, alle sentenze di condanna. Se, invece, guardiamo alle prescrizioni con le quali si provvede alla organizzazione della procedura (nomina degli organi, fissazione di adempimenti), rileviamo che per questa porzione viene adoperato il modello della sentenza in luogo di un provvedimento di natura ordinatoria. Peraltro, poiché ai fini della qualificazione di un atto si deve badare alla sostanza e non alla forma, le prescrizioni organizzative per lo sviluppo della procedura non fanno parte della sentenza in senso sostanziale e rispetto ad esse non si forma alcun vincolo. Possono, allora, essere modificate con successivo provvedimento ordinatorio.

    III. La formazione del giudicato

    III.La formazione del giudicato

    1 La sentenza dichiarativa della liquidazione giudiziale è soggetta ai mezzi di impugnazione del reclamo e del regolamento di competenza. Se la sentenza non viene impugnata passa in giudicato (nel significato di seguito esposto) divenendo definitiva. Il c.d. giudicato formale di cui all’art. 324 c.p.c. trova sicuramente applicazione nel senso che, salvo che per le parti di natura ordinatoria, la sentenza non può più essere modificata.

    2 Al giudicato formale non sempre corrisponde, nel processo civile, anche il c.d. giudicato sostanziale perché vi sono molti casi nei quali la decisione del giudice non interviene sui diritti soggettivi o status dedotti nel processo, sì che lo stesso diritto può essere successivamente azionato: è il caso delle sentenze che decidono solo sul rito. La sentenza che apre la liquidazione giudiziale, però, decide nel merito della causa e dunque ben si potrebbe sostenere che passa in giudicato ai sensi dell’art. 2909 c.c. Dobbiamo guardare a quello che è l’oggetto del processo per capire se davvero assistiamo al fenomeno del giudicato sostanziale .

    IV. Il regime di pubblicità della sentenza

    IV.Il regime di pubblicità della sentenza

    1 Come si è accennato, la sentenza dopo essere stata deliberata dal collegio è pubblicata mediante deposito in cancelleria. La sentenza è comunicata al debitore e da quel momento decorre il termine per la proposizione del reclamo ai sensi dell’art. 51 CCII. Viceversa, la notizia della liquidazione giudiziale al curatore e al creditore ricorrente è data dalla comunicazione, con biglietto di cancelleria ai sensi dell’art. 136 c.p.c. del solo estratto della sentenza, considerando che per tutti i terzi il termine di decorrenza per il reclamo è individuato nella iscrizione del provvedimento nel registro delle imprese. La scelta del mezzo pubblicitario dell’iscrizione nel registro delle imprese (identificato presso l’ufficio corrispondente a quello del tribunale che ha dichiarato la liquidazione giudiziale e presso quello ove l’impresa aveva la sede legale se diversa da quella effettiva) è indubbiamente coerente al valore dato alle informazioni che si reperiscono sul registro e tuttavia rischia di lasciare scoperti i casi in cui la liquidazione giudiziale riguarda un imprenditore non iscritto.

    2 La pubblicità rileva anche ai fini della produzione degli effetti della sentenza; v’è da chiedersi, infatti, se fra i terzi (nei cui confronti gli effetti si producono con la pubblicità) possano essere inclusi anche i creditori che hanno partecipato al procedimento per dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale. L’ulteriore quesito attiene all’operatività dell’art. 145 CCII in tema di opponibilità delle formalità pubblicitarie, sì che sorge il dubbio se a quei fini valga la data della sentenza o quella dell’iscrizione nel registro delle imprese. Poiché l’inserzione della formalità dell’iscrizione sembra voler rappresentare una precisa scelta a tutela dei terzi, è ragionevole che nei confronti di tutti i terzi (diversi dal debitore) gli effetti si producano solo a far data dall’iscrizione. Viceversa, poiché la norma di cui all’art. 145 deve intendersi come norma di protezione del patrimonio del debitore, la decorrenza dovrebbe essere anticipata alla data di pubblicazione della sentenza.

    V. La formazione del fascicolo digitale

    V.La formazione del fascicolo digitale

    1 Una volta che la sentenza di liquidazione giudiziale è pubblicata, il cancelliere forma il fascicolo digitale della procedura e assegna il domicilio digitale (art. 199 CCII). Il fascicolo è organizzato secondo determinate modalità volte a facilitare l’accesso alle fonti di informazioni ritraibili dai documenti e dagli atti inseriti. Sono tre i livelli di accesso: (i) il comitato dei creditori e ciascun componente possono accedervi salvo che per gli atti secretati; (ii) il debitore può accedervi salvo che per gli atti secretati, ma con la precisazione che vi possono essere atti secretati rispetto al debitore e non al comitato dei creditori; (iii) i terzi possono chiedere al giudice l’autorizzazione ad accedere al fascicolo se dimostrano di avervi interesse; peraltro l’autorizzazione non è necessaria per tutto ciò che pertiene agli atti e ai documenti dello stato passivo e ciò al fine di assicurare a ciascun creditore la facoltà di contestare (prima) e impugnare (poi) i crediti degli altri creditori.

    2 In assenza di una disciplina più compiuta dobbiamo ritenere che il decreto del giudice delegato che nega l’accesso al fascicolo sia reclamabile ai sensi dell’art. 124 CCII al tribunale concorsuale ma, non avendo carattere decisorio, non sia poi ricorribile per cassazione.

    B) Frmule

    B)Frmule
    F106
    SENTENZA DI LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE

    REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………

    Sezione ………

    riunito in camera di consiglio con l’intervento dei Sigg. magistrati:

    dott………. Presidente

    dott………. Giudice

    dott………. Giudice

    ha pronunciato la seguente

    SENTENZA

    avente ad oggetto: dichiarazione di liquidazione giudiziale nei confronti di ………

    ………

    ………

    Visto il ricorso con il quale il creditore ………

    ha chiesto l’apertura della liquidazione giudiziale dell’impresa ………

    vista la documentazione allegata dalla quale si ricava che il ricorrente è legittimato a proporre il ricorso ex artt. 37 CCII ………

    Ritenuta la competenza del giudice adito in quanto l’impresa ha la sede legale [principale - effettiva] in un Comune ricompreso nel Circondario di questo Tribunale.

    Rilevato che ……… deve essere considerata un imprenditore commerciale oltre le soglie di cui agli artt. 2 e 121 CCII e come tale assoggettabile a liquidazione giudiziale per quanto si ricava dal certificato camerale in atti, dalla natura dell’attività svolta e dalla caratteristica del rapporto sotteso al credito azionato.

    Rilevato che lo stato di insolvenza si ricava da una pluralità di elementi sintomatici, rappresentati nel caso concreto da ……… [inadempimenti - decreti ingiuntivi - sentenze di condanna - protesti di titoli di credito - esito infruttuoso di esecuzioni - cessazione dell’attività - chiusura della sede ed irreperibilità dei titolari dell’impresa - concordato stragiudiziale inadempiuto - dichiarazioni confessorie - situazione patrimoniale ……… - mancato deposito dei bilanci] ………

    ………

    ………

    Vista la memoria difensiva con cui ……… eccepisce di essere impresa non assoggettabile a liquidazione giudiziale per mancanza dei requisiti minimi………

    ritenuto, al contrario, che dal bilancio al ………risulta in modo inequivoco il superamento della soglia dei ricavi lordi ………

    Rilevato, dunque, che dalle indagini esperite, risultano sicuramente sorpassate le soglie di cui all’art. 2 CCII, così come l’indebitamento appare superiore ad euro 30.000,00.

    Ritenuto pertanto che sussistono i presupposti soggettivi ed oggettivi per la dichiarazione di liquidazione giudiziale ai sensi dell’art. 49 CCII

    P.Q.M.

    Visti gli artt. 2, 41, 49 e 256 CCII

    DICHIARA

    la liquidazione giudiziale dell’impresa ………, con sede in ………;

    NOMINA

    il dott………. Giudice delegato in ciascuna delle procedure;

    NOMINA

    il ……… [dott.- rag.- avv.], con studio in ………, curatore della liquidazione giudiziale di ciascuna delle procedure mandando al Giudice delegato di nominare diversi comitati dei creditori

    ORDINA

    ordina a ……… il deposito entro tre giorni dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie, in formato digitale nei

    casi in cui la documentazione è tenuta a norma dell’art. 2215-bis c.c., dei libri sociali, delle dichiarazioni dei redditi, IRAP e IVA dei tre esercizi precedenti, nonché dell’elenco dei creditori corredato dall’indicazione del loro domicilio digitale, se già non eseguito a norma dell’art. 39 CCII

    STABILISCE

    che si procederà all’esame dello stato passivo davanti al Giudice delegato all’udienza del ………, ad ore ………

    ASSEGNA

    ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali o personali su cose in possesso del debitore, il termine perentorio di trenta giorni prima dell’adunanza fissata per l’esame dello stato passivo per l’inoltro delle domande di insinuazione al curatore con le modalità di cui all’art. 201 CCII

    AUTORIZZA

    Il curatore con le modalità di cui agli artt. 155-quater, 155-quinquies e 155-sexies disp. att. c.p.c.: 1) ad accedere alle banche dati dell’anagrafe tributaria e dell’archivio dei rapporti finanziari; 2) ad accedere alla banca dati degli atti assoggettati a imposta di registro e ad estrarre copia degli stessi; 3) ad acquisire l’elenco dei clienti e l’elenco dei fornitori di cui all’art. 21, d.l. 31.5.2010, n. 78, convertito dalla l. 30.7.2010, n. 122 e successive modificazioni; 4) ad acquisire la documentazione contabile in possesso delle banche e degli altri intermediari finanziari relativa ai rapporti con l’impresa debitrice, anche se estinti; 5) ad acquisire le schede contabili dei fornitori e dei clienti relative ai rapporti con l’impresa debitrice

    DICHIARA

    la sentenza immediatamente produttiva di effetti.

    Così deciso in camera di consiglio in data ………

    Il Giudice est……….

    Il Presidente ………

    C) Giurisprudenza:

    C)Giurisprudenza:

    I. La sentenza di fallimento - II. La natura della sentenza di fallimento - III. La pubblicità della sentenza dichiarativa di fallimento.

    I. La sentenza di fallimento

    I.La sentenza di fallimento

    1 La sentenza dichiarativa di fallimento, in quanto provvedimento giurisdizionale, deve essere motivata, in ossequio al principio di cui all’art. 111 Cost. Tuttavia, avuto riguardo alle caratteristiche del procedimento camerale, ed alle ragioni di urgenza che determinano la deliberazione, non si richiede che detta sentenza sia sorretta da una motivazione articolata come quella che definisce un ordinario processo di cognizione. Ne consegue che solo la totale assenza di motivazione comporta la nullità del provvedimento [C. App. Bari 3.11.2020, n. 1885, DeJure]. Questo, del resto, era soggetto ad opposizione, a seguito della quale si instaurava un giudizio a cognizione piena, definito con sentenza la quale avrebbe potuto integrare le ragioni poste a base della declaratoria di fallimento [C. I 2.4.1999, n. 3163, Fall 2000, 606]. La circostanza che la sentenza possa essere, ora, impugnata col reclamo significa che in sede di gravame potrà essere ripetuto ex novo il percorso motivazionale.

    2 In materia fallimentare, nella disciplina successiva al d.lgs. n. 5/2006, gli effetti della sentenza dichiarativa di fallimento si producono sin dall’ora zero del giorno della sua pubblicazione o iscrizione nel registro delle imprese con riguardo, rispettivamente, da una parte, al debitore fallito ed al creditore istante, e, dall’altra, ai terzi, poiché la legge ricollega detti effetti alla sola data di esecuzione di tali adempimenti, senza ulteriori riferimenti cronologici [C. III 20.3.2020, n. 7477, GCM 2020]. In considerazione dell’essenza e della finalità della procedura concorsuale, gli effetti della sentenza dichiarativa di fallimento (la cui immediata esecutività - disposta dall’art. 16, c. 3, l. fall. - corrisponde alla funzione che promuove la esecuzione collettiva) non sono suscettibili di essere sospesi, neppure a norma dell’art. 351 c.p.c., a seguito dell’impugnazione alla dichiarazione di fallimento, disponendo espressamente l’art. 18, c. 4, l. fall., che “l’opposizione non sospende l’esecuzione della sentenza”. Conseguentemente il reclamo, così come non costituisce ostacolo al normale svolgimento della procedura, neppure può paralizzare le doverose iniziative recuperatorie del curatore dirette alla ricostituzione del “patrimonio fallimentare” di cui egli “ha l’amministrazione” [C. I 22.10.1997, n. 10383, Fall 1998, 1155; C. I 18.4.1991, n. 4187, ivi 1991, 1052]. Risultano, infatti, ancora in vigore sia l’art. 16, c. 2, l. fall. sia il principio della non sospensione della sentenza di fallimento per effetto della proposizione del reclamo, restando possibile, in tale caso, solo sospendere, ex art. 19 l. fall., la liquidazione dell’attivo [C. I 27.5.2013, n. 13100]. Gli effetti della sentenza dichiarativa di fallimento - la cui esecutività in via provvisoria, disposta dall’art. 16, c. 2, l. fall., non è suscettibile di sospensione, in considerazione della finalità della procedura fallimentare, diretta a privilegiare gli interessi generali dei creditori rispetto all’interesse del debitore - possono essere rimossi, sia quanto alla determinazione dello status di fallito e sia quanto agli aspetti conservativi che al medesimo si ricollegano, soltanto col passaggio in giudicato della successiva sentenza di revoca resa in sede di impugnazione, mentre anteriormente a tale momento può provvedersi, in via esclusivamente discrezionale, alla sospensione dell’attività liquidatoria [C. 10.2.2020, n. 3022; C. 17.1.2018, n. 1073]. Gli effetti della sentenza di fallimento - la cui provvisoria esecutività, disposta dall’art. 16, c. 2, l. fall., non è suscettibile di sospensione - vengono meno solo con il passaggio in giudicato della decisione che, accogliendo il reclamo ex art. 18 l. fall., la revoca [C. VI 17.1.2018, n. 1073, GCM 2018]. Il termine perentorio per la presentazione delle domande di insinuazione al passivo fallimentare, ora con trasmissione telematica al curatore, sancito dagli artt. 16, c. 1, n. 5, e 93, c. 1, l. fall., è soggetto alla sospensione feriale, sulla base delle indicazioni desumibili dagli art. 92, r.d. n. 12/1941 e 36-bis l. fall., in quanto si tratta di termine processuale, entro il quale il giudizio deve necessariamente essere proposto, non essendo concessa altra forma di tutela del diritto; la soggezione alla sospensione feriale concerne anche il termine perentorio di fissazione dell’adunanza per l’esame dello stato passivo, stabilito dall’art. 16, c. 1, n. 4, l. fall., in quanto l’applicazione della regola della sospensione al solo termine di presentazione delle domande di insinuazione, che si calcola a ritroso rispetto all’adunanza (e con sospensione nel periodo feriale di 46 giorni), potrebbe pregiudicare il diritto di azione dei creditori, impedendo loro di usufruire di un tempo adeguato ad approntare la domanda (lasciato al prudente apprezzamento del giudice, nei predetti casi di automatica riduzione per il periodo feriale); a sua volta l’udienza, per errore fissata in anticipo dal tribunale, dovrà essere differita automaticamente per il numero dei giorni intercorsi tra la dichiarazione di fallimento e la data fissata [C. I 24.7.2012, n. 12960].

    II. La natura della sentenza di fallimento

    II.La natura della sentenza di fallimento

    1 Con riferimento alla decorrenza della sospensione degli interessi sui crediti chirografari ammessi al passivo, ai sensi dell’art. 55 l. fall., nell’ipotesi in cui, ad una prima dichiarazione di fallimento da parte del tribunale, poi riconosciuto incompetente (dalla S.C. in sede di conflitto positivo virtuale di competenza, come nella specie, o di regolamento facoltativo), segua una seconda dichiarazione di fallimento dello stesso imprenditore da parte del tribunale designato (dalla S.C.) competente, il blocco degli interessi si verifica con la prima sentenza, anche se emessa da giudice incompetente, non essendo tale sentenza nulla e non essendo i suoi effetti sostanziali travolti dalla cassazione, come avviene per quelli processuali. Tali conclusioni non trovano ostacolo: nel principio di inderogabilità della competenza territoriale in materia fallimentare e nella natura costitutiva della dichiarazione di fallimento, atteso che la seconda pronuncia ha effetto confermativo del precedente accertamento dello stato di insolvenza; nella assenza di una norma espressa, stante la enucleabilità di tale previsione (ora emersa con l’art. 9-bis introdotto dal legislatore del 2006) dal sistema della legge fallimentare, in ragione della sua “ratio” ispiratrice e dei correlati principi informatori, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata, rispettosa del principio della ragionevole durata del processo e della garanzia del processo giusto (art. 111 Cost.), idonea ad escludere esiti contraddittori rispetto ai suddetti principi [C. I 14.4.2015, n. 7497; C. I 3.4.2015, n. 6851; in senso conforme C. s.u. 18.12.2007, n. 26619, Fall 2008, 511] .

    III. La pubblicità della sentenza dichiarativa di fallimento

    III.La pubblicità della sentenza dichiarativa di fallimento

    1 Nel regime previgente il dies a quo per la decorrenza del termine per l’impugnazione della sentenza di fallimento decorreva dalla data di comunicazione al fallito, ai sensi dell’art. 17 l. fall., dell’estratto della sentenza di fallimento e non dalla data di notificazione della sentenza integrale [T. Roma 20.7.1999, DPS 1999, 75]. Alla luce della dichiarazione di illegittimità costituzionale [cfr. C. Cost. n. 151/1980] dell’art. 18, c. 1, l. fall. (nel testo, applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche introdotte dal d.lgs. 9.1.2006, n. 5), il principio secondo cui il termine di quindici giorni per l’opposizione alla sentenza di fallimento non decorre “per il debitore” dalla data di affissione della stessa, ma dalla sua comunicazione ai sensi dell’art. 17 l. fall., si applica anche all’erede del debitore medesimo, non essendo la sua posizione equiparabile, agli effetti di tale disposizione, a quella di qualsiasi altro terzo avente interesse all’opposizione, in quanto egli subentra al defunto in tutti i pregressi rapporti giuridici, sostanziali e processuali; né tale conclusione muta, allorché l’accettazione dell’eredità sia avvenuta con beneficio di inventario [C. I 2.3.2009, n. 5018, Fall 2009, 1477]. La sentenza dichiarativa di fallimento della società con soci illimitatamente responsabili va notificata dal cancelliere alla società e ai soli soci dichiarati falliti secondo la decisione assunta nella pronuncia stessa, non potendo la nozione di debitore, nella lettura corrente degli artt. 17 e 18, l. fall., includere altri soci illimitatamente responsabili i quali, sebbene destinatari delle istanze di fallimento nel corso dello stesso procedimento, non siano stati dichiarati falliti all’esito, per essi pertanto decorrendo il termine d’impugnazione della sentenza, quali interessati, dalla iscrizione della stessa nel registro delle imprese [C. I 14.6.2021, n. 16777, GD 2021]. L’art. 17, c. 1, l. fall., nel testo applicabile ratione temporis, nel disporre che, entro il giorno successivo al deposito in cancelleria, la sentenza che dichiara il fallimento è notificata, su richiesta del cancelliere, ai sensi dell’art. 137 c.p.c., al debitore, eventualmente presso il domicilio eletto in sede prefallimentare, comporta che la cancelleria non deve attendere l’accettazione della carica da parte del curatore e l’acquisizione, da parte sua, dell’eventuale variazione della residenza o del domicilio che il fallito è tenuto a comunicare, ai sensi dell’art. 49 l. fall., dopo la notificazione della sentenza di fallimento. Ne consegue che è valida la notifica della sentenza dichiarativa di fallimento, effettuata dalla cancelleria al liquidatore della fallita ex art. 143 c.p.c., senza tenere conto della dichiarazione di domicilio resa successivamente da quest’ultimo in sede di interrogatorio al curatore. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che ha ritenuto ammissibile l’appello proposto avverso la sentenza dichiarativa di fallimento sull’erroneo presupposto della nullità della notifica della sentenza medesima a cura della cancelleria) [C. I 9.6.2014, n. 12951, GCM 2014]. La sentenza dichiarativa del fallimento qualora sia stata notificata dalla cancelleria, come prescritto dall’art. 17 l. fall., al debitore, ai sensi dell’art. 137 c.p.c., il quale ha proposto tempestivo reclamo a mezzo dello stesso difensore, l’atto ha raggiunto lo scopo a cui era destinato di talché nessuna nullità del procedimento notificatorio della sentenza può essere pronunciato (art. 156 c.p.c.). In ogni caso, va osservato che l’art. 17 l. fall., lungi dal prescrivere a pena di nullità agli adempimenti richiesti alla cancelleria, indica come eventuale la notifica presso il procuratore costituito e, ciò, in considerazione dell’accidentalità dell’elezione di domicilio ed in funzione della individuazione del momento per la decorrenza del termine di proposizione del reclamo nel rispetto di un ragionevole bilanciamento delle esigenze di tutela del diritto di difesa, di concentrazione e di celerità dello svolgimento delle procedure concorsuali [C. App. Venezia 27.4.2021, n. 1259, DeJure 2021].

    2 È costituzionalmente illegittimo l’art. 119, c. 2, r.d. 16.3.1942, n. 267, nel testo anteriore alle modifiche apportate dal d.lgs. 9.1.2006, n. 5, e dal d.lgs. 12.9.2007, n. 169, nella parte in cui fa decorrere, nei confronti dei soggetti interessati e già individuati sulla base degli atti processuali, il termine per il reclamo, avverso il decreto motivato del tribunale di chiusura del fallimento, dalla data di pubblicazione dello stesso nelle forme prescritte dall’art. 17 della stessa l. fall., anziché dalla comunicazione dell’avvenuto deposito effettuata a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento ovvero a mezzo di altre modalità di comunicazione previste dalla legge [C. Cost. 23.7.2010, n. 279, Fall 2010, 1244]. In tema di azione revocatoria fallimentare, ai fini del computo a ritroso del c.d. periodo sospetto il dies a quo decorre sempre dalla pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento e non già dalla sua iscrizione nel registro delle imprese, ai sensi dell’art. 17, c. 2, l. fall., non essendovi in questo caso da tutelare un eventuale stato soggettivo di ignoranza dell’intervenuto fallimento da parte del creditore, ma rilevando soltanto la sua conoscenza dello stato d’insolvenza del debitore [C. I 10.4.2019, n. 10104, GCM 2019].

    Fine capitolo
    Precedente 48. Procedimento di omologazione (1)
    Successivo 50. Reclamo contro il provvedimento che rigetta la domanda di apertura della liquidazione giudiziale