[1] La domanda di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza è proposta con ricorso del debitore. (2)
[2] La domanda di apertura della liquidazione giudiziale è proposta con ricorso del debitore, degli organi e delle autorità amministrative che hanno funzioni di controllo e di vigilanza sull’impresa, di uno o più creditori o del pubblico ministero.
(1) Rubrica così sostituita dall’art. 11, comma 2, lett. b), D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, a decorrere dal 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 51, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 83/2022.
(2) Comma così modificato dall’art. 11, comma 2, lett. a), D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, a decorrere dal 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 51, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 83/2022.
A) Inquadramento funzionale:
A)Inquadramento funzionale:I. La legittimazione diffusa - II. La forma della domanda e gli effetti - III. La domanda di apertura della procedura di liquidazione giudiziale - IV. (Segue) A) l’iniziativa del creditore - V. (Segue) B) la legittimazione del debitore - VI. (Segue) C) la legittimazione degli organi e delle autorità amministrative che hanno funzioni di controllo e di vigilanza sull’impresa - VII. (Segue) D) la legittimazione del Pubblico Ministero (rinvio all’art. 38) - VIII. Il regime delle comunicazioni.
I. La legittimazione diffusa
I.La legittimazione diffusa1 La scelta di percorrere la via del procedimento unitario ha imposto la revisione della disposizione principale in tema di legittimazione (art. 37 CCII). L’accesso ad uno degli strumenti di regolazione della crisi spetta in via esclusiva al debitore; nel concordato preventivo uno o più creditori possono presentare una proposta concorrente ma non sono titolari dell’iniziativa.
2 Poiché le procedure concorsuali assolvono al bisogno di regolare la crisi di un’impresa commerciale, è logico che la c.d. legittimazione alla domanda di apertura della liquidazione giudiziale spetti ai soggetti che in quella crisi sono coinvolti e dunque allo stesso imprenditore ed ai suoi creditori, nonché al pubblico ministero. Il problema è quello di verificare in quale misura sia opportuno che l’iniziativa per la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale possa essere presentata da terzi che non sono creditori. In presenza di interessi differenziati potremmo riconoscere a questi portatori di interessi la facoltà di chiedere l’apertura della liquidazione giudiziale. Si può pensare ad un socio della società insolvente, ai lavoratori subordinati (che per avventura possano non rivestire ancora la qualità di creditori), ai titolari di posizioni giuridiche interferenti con l’impresa (i cc.dd. contraenti in bonis di rapporti giuridici preesistenti ed ancora pendenti), a coloro che vantano pretese su beni apparentemente compresi nel patrimonio del debitore.
3 Se è vero che spesso nel codice della crisi troviamo l’espressione «qualunque interessato», tuttavia a proposito dell’iniziativa per la dichiarazione di liquidazione giudiziale questa formula non è stata adoperata; questa scelta, che da un certo punto di vista potrebbe risultare incoerente rispetto alla complessità di interessi che si agitano attorno alla crisi dell’impresa, va però mediata con la previsione della legittimazione attribuita al pubblico ministero. Per ora basti qui dar conto che alla presenza di interessi superindividuali corrisponde una legittimazione straordinaria che si sovrappone (escludendola) alla legittimazione astrattamente attribuibile ai portatori di certi interessi.
II. La forma della domanda e gli effetti
II.La forma della domanda e gli effetti1 La domanda di apertura del procedimento ha la forma del ricorso. Il ricorso deve contenere come elementi indispensabili: (i) l’individuazione del giudice adito; (ii) l’oggetto della domanda; (iii) le ragioni della domanda; (iv) le conclusioni. È agevole notare che la descrizione del contenuto del ricorso richiama l’art. 125 c.p.c., norma cui si può, dunque, fare riferimento per completare la forma del ricorso (per la procura e per le sottoscrizioni). Il ricorso va presentato in modalità telematica e contiene una vera e propria domanda giudiziale con richiesta al tribunale di provvedere.
2 Tuttavia, gli effetti sostanziali e processuali della domanda giudiziale non corrispondono esattamente a quelli tipici del codice di rito perché dipendono (i) dal tipo di domanda e (ii) da come si qualifica l’oggetto del processo. In relazione al primo aspetto va segnalato che la presentazione del ricorso per l’accesso al concordato preventivo produce alcuni effetti immediati (sospensione del corso degli interessi, v., art. 96 CCII), effetti che non si producono se la domanda ha per oggetto la liquidazione giudiziale o la richiesta di omologazione degli accordi di ristrutturazione. Si tratta di una distinzione non irrazionale ove si consideri che il debitore non è spossessato né quando si apre il procedimento per la dichiarazione giudiziale (sino a che questa non è pronunciata), né quando è proposta la domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione. Parimenti, in relazione al secondo aspetto, la presentazione di un ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale determina l’effetto interruttivo della prescrizione a seconda di come si legga quale debba essere l’oggetto del processo.
III. La domanda di apertura della procedura di liquidazione giudiziale
III.La domanda di apertura della procedura di liquidazione giudiziale1 L’archetipo del modello processuale è proprio quello del procedimento volto all’apertura della liquidazione giudiziale (artt. 7 e 41 CCII). La domanda giudiziale deve contenere sia la richiesta del provvedimento che si intende ottenere (petitum) sia le ragioni che sono a fondamento della richiesta (causa petendi).
2 Il petitum è vincolato nel senso che il creditore (o il p.m. o il debitore) chiede che il tribunale pronunci la sentenza con cui apre la liquidazione giudiziale. La causa petendi è costituita dalla volontà del richiedente di vedere applicato il sistema del concorso del codice della crisi in relazione ad un debitore che si assume essere imprenditore commerciale non sotto-soglia e che versa in stato di insolvenza. Costituiscono, appunto, fatti costitutivi della domanda giudiziale di apertura della liquidazione giudiziale e che, come tali, debbono essere allegati dal ricorrente (i) la qualità soggettiva del debitore assoggettabile a liquidazione giudiziale (artt. 2 e 121 CCII) e (ii) la sussistenza dello stato di insolvenza.
3 Al processo, una volta espunta l’iniziativa officiosa, si applica il principio della corrispondenza fra chiesto e pronunciato (art. 112 c.p.c.), sì che il tribunale può aprire la liquidazione giudiziale nei confronti di quei soli soggetti contro cui il creditore ha proposto la domanda. Tuttavia, se ricordiamo che la liquidazione giudiziale della società con soci istituzionalmente a responsabilità illimitata produce per ripercussione la liquidazione giudiziale di tali soci, il tribunale deve dichiarare la liquidazione giudiziale dei soci anche quando non vi sia stata una espressa richiesta del ricorrente.
4 Il ricorso può, poi, contenere le prove relative alla sussistenza dei presupposti per l’accoglimento della domanda. Si è usato il termine “può” e non il termine “deve”, perché nel procedimento, ove i fatti siano allegati, c’è ampio spazio per l’esercizio di poteri istruttori officiosi (art. 41 CCII).
IV. (Segue) A) l’iniziativa del creditore
IV.(Segue) A) l’iniziativa del creditore1 Quando il ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale è proposto dal creditore, deve essere sottoscritto da un avvocato in quanto è necessaria la difesa tecnica (v., art. 9 CCII). Per stabilire chi sia creditore non dobbiamo affidarci al diritto concorsuale ma al diritto civile. È creditore chi assume di essere titolare di una ragione di credito nei confronti del debitore-imprenditore. Cfr. [F050] [F051] [F052].
2 Con la presentazione del ricorso, il creditore non agisce per la tutela del proprio credito perché l’accertamento compiuto dal tribunale non si forma sull’esistenza del credito. Ciò è vieppiù dimostrato dal fatto che il creditore ricorrente è comunque onerato dal dover presentare domanda di ammissione al passivo se vuole divenire creditore concorrente; da ciò deriverebbe che il creditore con la sua domanda intende far valere una situazione potestativa processuale diretta a trasformare la regolazione del suo credito che non seguirà più la disciplina del diritto privato ma quella dei principi del concorso. Una posizione di potere che, però, non si armonizza rispetto alle iniziative affidate ad altri soggetti, il che determinerà una revisione delle tesi per attengono alla individuazione dell’oggetto del processo.
3 Il creditore che presenta la domanda di liquidazione giudiziale non deve essere munito di un titolo esecutivo né definitivo, né provvisorio, diversamente da quanto accade nell’azione esecutiva singolare. Se nel procedimento per dichiarazione della liquidazione giudiziale si parla di titolo esecutivo al più ci si può riferire alla sentenza dichiarativa della liquidazione giudiziale che costituisce, se si vuole, il titolo esecutivo per procedere all’espropriazione dei beni del debitore in funzione delle ripartizioni e della soddisfazione coattiva dei creditori.
4 Il credito costituisce un requisito di legittimazione per la proposizione del ricorso per la liquidazione giudiziale e come tale, se contestato, si può trasformare in una questione pregiudiziale (da intendere come pregiudizialità logica), priva della possibilità di convertirsi in oggetto della decisione; la questione va accertata (art. 34 c.p.c.) in via necessariamente incidentale. Qualunque decisione venga assunta dal tribunale - sia di accoglimento del ricorso, che di rigetto della domanda - non si forma alcun vincolo sulla pretesa creditoria; altrimenti non si spiegherebbe la ragione per cui il creditore ricorrente deve comunque partecipare alla fase dell’accertamento del passivo.
5 La legittimazione si gioca, allora, sul piano dell’allegazione della qualità di creditore da parte del ricorrente. Per essere legittimati occorre che il creditore alleghi nel ricorso la circostanza di essere creditore e ne fornisca la prova; se il debitore contesta l’esistenza del credito e quindi il titolo di legittimazione, il tribunale deve effettuare una delibazione, sempre e solo incidentale (mai con efficacia di giudicato), sulla verosimile esistenza del credito. Se all’esito di questa valutazione il credito è ritenuto ragionevolmente sussistente, il tribunale decide nel merito il ricorso; altrimenti dichiara la domanda inammissibile per difetto di una condizione dell’azione.
6 La pluralità di creditori non è una condizione per l’apertura del concorso. Poiché il creditore con la sua domanda chiede che venga trasformato il regime di trattamento del suo credito (le regole del diritto del concorso in luogo delle regole del diritto privato), non ha alcuna importanza la circostanza che vi siano uno o più creditori. La richiesta di un solo creditore rende potenzialmente applicabile la disciplina del concorso dinamico, anche attraverso il coinvolgimento dei creditori soddisfatti (tramite il potenziale esercizio delle azioni revocatorie), e dunque è pienamente coerente con la liquidazione giudiziale una dichiarazione sollecitata da un solo creditore che, poi, rimanga tale nel corso della procedura. La presenza di più creditori rileva, invece, sul piano processuale perché le più domande dovranno essere valutate congiuntamente previa riunione dei relativi procedimenti.
V. (Segue) B) la legittimazione del debitore
V.(Segue) B) la legittimazione del debitore1 Il debitore può presentare la domanda per la dichiarazione della propria liquidazione giudiziale in presenza degli stessi presupposti che giustificano la proposizione della domanda del creditore. Le responsabilità penali che gravano sul debitore per non avere richiesto la propria liquidazione giudiziale con tempestività - bancarotta semplice (art. 323 CCII) -, non dimostrano che l’imprenditore ha l’obbligo di chiedere la propria liquidazione giudiziale in caso di insolvenza, posto che occorre pur sempre un comportamento colposo tale da aver concorso ad aggravare il dissesto. Cfr. [F053].
2 La domanda di liquidazione giudiziale che proviene dal debitore non conduce necessariamente alla apertura della procedura perché il ricorso del debitore è pur sempre riferibile ad una materia in cui sono coinvolti diritti indisponibili, sì che la sola presentazione del ricorso non assume alcun valore confessorio; così pure non assume valore confessorio la dichiarazione di essere in stato di insolvenza, visto che lo stato di insolvenza non è un fatto ma uno stato di impotenza economica che non può che essere valutato dal tribunale; l’effetto confessorio va, dunque, limitato alla deduzione di fatti dai quali possa, poi, trarsi un giudizio di accertamento dell’esistenza dello stato di decozione.
3 Quanto alla c.d. legittimatio ad processum, l’organo rappresentativo deputa-to a depositare il ricorso è colui che dell’ente abbia la rappresentanza. La legge stabilisce che quando il debitore-società chiede l’accesso ad uno strumento di regolazione della crisi o dell’insolvenza occorre una delibera dell’organo amministrativo (o una determina dell’amministratore unico), fermo restando che la domanda è sottoscritta dal legale rappresentante (artt. 40 e 120-bis CCII). La norma non esplicita, invece, se anche il ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale debba essere deliberato con le stesse modalità ma, anche tenuto conto delle responsabilità penali, è razionale che sia l’organo amministrativo a decidere di fare ricorso alla procedura liquidatoria senza intromissione dei soci. Nelle società non vi è più alcuna competenza deliberativa affidata alla assemblea e tuttavia chi amministra l’ente ed agisce senza avere condiviso l’iniziativa con l’assemblea si espone al rischio di un’azione di responsabilità visto anche il tenore di cui all’art. 120-bis CCII in tema di informativa ai soci.
VI. (Segue) C) la legittimazione degli organi e delle autorità amministrative che hanno funzioni di controllo e di vigilanza sull’impresa
VI.(Segue) C) la legittimazione degli organi e delle autorità amministrative che hanno funzioni di controllo e di vigilanza sull’impresa1 Il codice della crisi ha introdotto una novità in tema di legittimazione, in apparenza forse poco significativa, ma di enorme impatto dal punto di vista sistematico. Possono richiedere l’apertura della liquidazione giudiziale gli organi e le autorità amministrative che hanno funzioni di controllo e di vigilanza sull’impresa. Si tratta di una previsione eterodossa là dove si attribuisce la titolarità dell’iniziativa per l’apertura della liquidazione giudiziale anche agli organi di controllo, ovvero il collegio sindacale o il sindaco unico. La previsione di una iniziativa dell’organo di controllo, nel nostro sistema, si ritrova anche in vicende che presentano una qualche simmetria rispetto a quella della legittimazione all’apertura della liquidazione giudiziale, come la denuncia di cui all’art. 2409 c.c. Una simmetria che si può cogliere anche nel fatto che in entrambi i casi concorre con quella, sebbene con riferimento ad alcune categorie soltanto di società, l’iniziativa del pubblico ministero.
2 Nel caso dell’apertura della liquidazione giudiziale le cose non stanno in modo troppo diverso. Se l’iniziativa del pubblico ministero serve a bilanciare il venir meno dell’iniziativa ufficiosa, l’attribuzione all’organo di controllo nell’art. 37 CCII avvicina il ricorso, allo stesso modo di quel che avviene nell’art. 2409 c.c., alla categoria della segnalazione, facendogli perdere, almeno per quanto attiene al ricorso dei sindaci, il valore tipico della domanda giudiziale. In questi casi il processo si sviluppa su una “mera” richiesta di apertura, cui corrisponde, per altro verso, un potere di rinuncia. Una medesima valutazione va replicata per le autorità di vigilanza a proposito della liquidazione coatta amministrativa. Cfr. [F054].
VII. (Segue) D) la legittimazione del Pubblico Ministero (rinvio all’art. 38)
VII.(Segue) D) la legittimazione del Pubblico Ministero (rinvio all’art. 38)1 La difesa tecnica non è richiesta quando il ricorrente è il pubblico ministero, mentre è necessaria quando l’iniziativa è assunta dall’organo di controllo o dalla autorità di vigilanza, poiché tali soggetti esercitano l’azione in virtù del ruolo loro assegnato e non come organi della società. L’iniziativa del p.m., dopo la rinuncia del creditore alla domanda di cui all’art. 40 CCII, può essere assunta quando il tribunale effettua la segnalazione di cui all’art. 38, c. 2, CCII.
VIII. Il regime delle comunicazioni
VIII.Il regime delle comunicazioni1 Quando l’iniziativa è assunta da un soggetto diverso dal debitore è, ovviamente, necessario che l’imprenditore sia posto in grado di difendersi e di contraddire. Pertanto, la domanda giudiziale rivolta al tribunale (secondo il classico schema del ricorso) deve essere anche comunicata al debitore.
2 La comunicazione avviene mediante notificazione (a cura dell’ufficio giudiziario) del ricorso e del decreto di convocazione (v. infra) a mezzo posta elettronica certificata (PEC) presso il domicilio digitale del debitore che ne sia provvisto (per esservi tenuto per legge). Se la notificazione non avviene per causa imputabile al debitore (ad esempio mal funzionamento della casella di posta), gli atti sono inseriti nell’area web dedicata e la notificazione si intende avvenuta il terzo giorno successivo a tale adempimento. Quando la notificazione a mezzo PEC non può avvenire - per fatto non imputabile al debitore o perché il debitore non è tenuto per legge a dotarsi di domicilio digitale - la notificazione avviene presso la sede o la residenza con modalità speciali rispetto agli artt. 137 ss. c.p.c., volte a semplificare le attività di chi procede e a far conseguire certezza (formale) dell’avvenuta notificazione.
3 L’art. 40, in verità, include la previsione della comunicazione della domanda al pubblico ministero; tuttavia, poiché la norma stabilisce che al pubblico ministero è comunicata (solo) la domanda del debitore, deve ritenersi che non gli sia dovuta la comunicazione delle domande di apertura della liquidazione giudiziale promosse dai creditori o dagli organi di controllo, ma solo della domanda di accesso ad uno strumento negoziale di regolazione della crisi.
B) Frmule
B)FrmuleTRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………
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RICORSO PER DICHIARAZIONE DI LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE
La Soc………., con sede in ………, in persona del legale rappresentante ………, rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al presente atto, dall’avvocato ………, presso il cui studio in ………, elegge domicilio, indica per la ricezione delle comunicazioni il n. fax ……… e il seguente indirizzo PEC ……… e
PREMESSO
- che la ricorrente ha eseguito in favore della ……… prestazioni di ……… per un importo di euro ………;
- che, rimasta inadempiuta l’obbligazione pecuniaria derivante da tale credito, liquido ed esigibile, ha chiesto ed ottenuto dal Tribunale di ……… decreto ingiuntivo di pagamento per la relativa somma capitale, regolarmente notificato alla debitrice in data [………];
- che il decreto diveniva definitivo per mancata opposizione ed il ……… veniva notificato atto di precetto per euro ………;
- che, persistendo l’inadempimento, veniva richiesto il pignoramento mobiliare in danno della debitrice;
- che il pignoramento non è stato eseguito in quanto presso la sede legale, ove erano peraltro stati regolarmente notificati decreto e precetto, la ……… risultava meramente domiciliata e comunque non esistevano beni da sottoporre a pignoramento;
- che l’insieme di tali circostanze rende manifesto lo stato di insolvenza della ………, la quale non solo non è in grado (all’evidenza) di far fronte alle proprie obbligazioni, ma ha con accortezza domiciliato la propria sede presso quella di altra società allo scopo di sottrarsi all’adempimento e denotando altresì la mancanza di effettiva attività sociale;
- che il debitore è imprenditore commerciale come si ricava dalla visura camerale in quanto esercente l’attività di ……… e come tale assoggettabile alla liquidazione giudiziale;
- che già il solo credito del ricorrente supera la soglia dei 30.000 euro di cui all’art. 49 CCII;
- che qualora all’esito dell’istruttoria si dovesse accertare che il debitore è una impresa minore è interesse del ricorrente che venga aperta la liquidazione controllata;
Tanto premesso ………, come sopra rappresentata,
CHIEDE
che il Tribunale di ………, disposta la convocazione del legale rappresentante della società debitrice, voglia
- in via principale: dichiarare la liquidazione giudiziale della ………, con sede in ………;
- in via subordinata: dichiarare la liquidazione controllata della ………, con sede in ………;
Con osservanza
Luogo, data ………
Firma ………
Si producono:
1. Decreto ingiuntivo.
2. Fascicolo monitorio.
3. Certificato camerale.
4……….
5……….
PROCURA
Io sottoscritto ………, nella mia qualità di legale rappresentante della ………, delego a rappresentare e difendere la società nel presente procedimento per dichiarazione di liquidazione giudiziale e nelle ulteriori fasi di impugnazione l’avv………., conferendogli ogni più ampia facoltà ed eleggendo domicilio presso il suo studio in ………, Via ………
Firma ………
Luogo, data ………
Visto per autentica ………
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………
***
RICORSO PER DICHIARAZIONE DI LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE
La Soc………., con sede in ………, in persona del legale rappresentante ………, rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al presente atto, dall’avvocato ………, presso il cui studio in ………, elegge domicilio indica per la ricezione delle comunicazioni il n. fax ……… e il seguente indirizzo PEC ……… e
PREMESSO
- che la ricorrente ha eseguito in favore della ……… prestazioni di ……… per un importo di euro ………;
- che la debitrice, pur non sollevando contestazioni circa il credito della ………, non ha provveduto al pagamento;
- che, prima di dar corso alle più opportune iniziative per il recupero di tale credito, l’esponente ha acquisito informazioni circa la situazione della ………, dalle quali emerge che la debitrice si trova in condizioni di dissesto;
- che in particolare, oltre alla pendenza di numerose procedure esecutive mobiliari, dal bollettino dei protesti risulta che la debitrice ha emesso diversi assegni in assenza della relativa provvista; in particolare si evidenziano mancati pagamenti di assegni per oltre euro 30.000;
- che alla stregua delle circostanze esposte, appare evidente lo stato di insolvenza della ………;
- che il debitore è imprenditore commerciale come si ricava dalla visura camerale in quanto esercente l’attività di ……… e come tale assoggettabile alla liquidazione giudiziale;
- che già il solo credito del ricorrente supera la soglia dei 30.000 euro di cui all’art. 49 CCII;
- che, per unanime orientamento dottrinale e giurisprudenziale, la domanda ex art. 37 CCII non presuppone necessariamente che il creditore istante sia munito di titolo esecutivo;
- che in ogni caso l’odierna ricorrente, qualora il debitore voglia contestare il credito, produce i documenti di cui in calce a prova della esistenza del credito;
Tanto premesso ………, come sopra rappresentata,
CHIEDE
che il Tribunale di ………, disposta la convocazione del legale rappresentante della società debitrice, voglia dichiarare la liquidazione giudiziale della ………, con sede in ………
Con osservanza
Luogo, data ………
Firma ………
Si producono:
1. Fattura n………. del [………].
2. Certificato procedure esecutive.
3. Visura dei protesti.
4. Certificato camerale.
5……….
6……….
PROCURA
Io sottoscritto ………, nella mia qualità di legale rappresentante della ………, delego a rappresentare e difendere la società nel presente procedimento per dichiarazione di liquidazione giudiziale e nelle ulteriori fasi di impugnazione l’avv………., conferendogli ogni più ampia facoltà ed eleggendo domicilio presso il suo studio in ………, Via ………
Firma ………
Luogo, data ………
Visto per autentica ………
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………
***
RICORSO PER DICHIARAZIONE DI LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE
La ………, con sede in ………, in persona del legale rappresentante ………, rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al presente atto, dall’avvocato ………, presso il cui studio in ………, elegge domicilio, indica per la ricezione delle comunicazioni il n. fax ……… e il seguente indirizzo PEC ……… e
PREMESSO
- che la ricorrente ha eseguito in favore della ……… prestazioni di ……… per un importo di euro ………;
- che la debitrice, pur non sollevando contestazioni circa il credito della ………, non ha provveduto al pagamento;
- che, prima di dar corso alle più opportune iniziative per il recupero di tale credito, l’esponente ha acquisito informazioni circa la situazione della ………, dalle quali emerge che la debitrice si trova in condizioni di dissesto;
- che il debitore, lungi dal provvedere al relativo pagamento, nonostante i numerosi solleciti (doc. n……….), con lettera-circolare raccomandata spedita il [………] (doc. n……….) proponeva ai propri creditori un concordato stragiudiziale con pagamento di una percentuale del ……… % dei crediti, riconoscendo nel contempo la propria gravissima difficoltà economica;
- che siffatta proposta non è apparsa meritevole di essere accettata;
- che alla stregua delle circostanze esposte, appare evidente lo stato di insolvenza della ……… e che dalla lettera-circolare si ricava l’esistenza di un passivo per oltre euro 30.000;
- che il debitore è imprenditore commerciale come si ricava dalla visura camerale in quanto esercente l’attività di ……… e come tale assoggettabile alla liquidazione giudiziale;
- che, per unanime orientamento dottrinale e giurisprudenziale, la domanda ex art. 37 CCII non presuppone necessariamente che il creditore istante sia munito di titolo esecutivo.
Tanto premesso ………, come sopra rappresentata,
CHIEDE
che il Tribunale di ………, sentito il legale rappresentante della società debitrice, voglia dichiarare la liquidazione giudiziale della ………, con sede in ………
Con osservanza
Luogo, data ………
Firma ………
Si producono:
1. Fattura n………. del [………].
2. Certificato procedure esecutive.
3. Visura dei protesti.
4. Certificato camerale.
5. Proposta di concordato stragiudiziale.
PROCURA
Io sottoscritto ………, nella mia qualità di legale rappresentante della ………, delego a rappresentare e difendere la società nel presente procedimento per dichiarazione di liquidazione giudiziale e nelle ulteriori fasi di impugnazione l’avv………., conferendogli ogni più ampia facoltà ed eleggendo domicilio presso il suo studio in ………, Via ………
Firma ………
Luogo, data ………
Visto per autentica ………
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………
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RICORSO PER DICHIARAZIONE DI LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE
***
Il signor ………, nella sua qualità di liquidatore della società ……… con sede in ………, Via ………, capitale sociale euro ………, codice fiscale ………, iscritta al Tribunale di ……… n………. (vol………., fasc……….), Camera di Commercio di ………
ESPONE
La ……… è stata costituita in forma di società a responsabilità limitata [per azioni; in nome collettivo; in accomandita semplice] il [………], con atto a rogito notaio dott………. (n………. rep.), dai signori ………, che ebbero a sottoscrivere pro-quota l’intero capitale sociale.
In data [………] il signor ……… alienò la propria partecipazione agli altri soci, sicché per effetto della cessione il capitale sociale risultava così ripartito:
- ……… quote per nominali euro ……… (……… %);
- ……… quote per nominali euro ……… (……… %);
- ……… quote per nominali euro ……… (……… %).
La compagine sociale subì una ulteriore variazione in data [………] allorché il signor ……… cedette le proprie quote ai signori ………
Per effetto di tale modificazione, il capitale sociale di euro ……… risultava così ripartito:
- ……… quote per nominali euro ……… (……… %);
- ……… quote per nominali euro ……… (……… %).
Da allora la compagine sociale non ha subito altre variazioni, e tale risulta alla data odierna.
***
L’amministrazione della società è stata originariamente affidata, a tempo indeterminato, ad un organo collegiale, composto dai soci.
In dipendenza delle variazioni della compagine sociale, il consiglio di amministrazione ha subito altrettante modificazioni.
In particolare, il consiglio di amministrazione è stato composto, per il periodo dal [………] al [………] dai soci ……… (presidente), ……… (consigliere delegato) e ……… (consigliere), e per il periodo successivo, sino al [………], dai soci ………
L’assemblea straordinaria tenutasi in detta data, nel deliberare la messa in liquidazione della società, ha nominato liquidatore il signor ………
***
La ……… è stata costituita dai soci sopra menzionati, i quali avevano maturato esperienza ………, per esercitare il commercio di ………, ed in particolare di ………
Successivamente l’attività è stata estesa, nei limiti dell’oggetto sociale, al commercio di ………
Come emerge dai bilanci annuali, la società ha sempre avuto un andamento economico negativo, tale da rendere necessario l’apporto di nuovo capitale da parte dei soci per ripianare le perdite di esercizio.
È opportuno sin d’ora rilevare che i soci, e segnatamente i signori ………, i quali hanno prestato la propria attività a favore della società in maniera continuativa ed assorbente, non solo hanno dovuto conferire ulteriore capitale di rischio, ma non hanno percepito alcunché per l’opera svolta, né sotto forma di emolumenti, né ad altro titolo.
Le cause che hanno provocato la cessazione dell’attività, e poi lo stesso dissesto, risiedono non solo e non tanto nel mancato sviluppo delle molteplici iniziative commerciali assunte, ma anche, e piuttosto, nelle sofferenze incontrate nel recupero delle ragioni creditorie (assai significative, sotto questo profilo, risultano le vicende relative ai rapporti intercorsi con le società ………).
L’iniziativa da ultimo assunta da parte della ………, creditore chirografario, che ha convenuto la società davanti al Tribunale di ……… chiedendone la condanna al pagamento della somma di euro ………, ha indotto il liquidatore a richiedere la liquidazione giudiziale in proprio della ………
Ed infatti, il pagamento totale o parziale di tale credito comporterebbe la lesione della par condicio creditorum.
Come emerge dalla situazione patrimoniale aggiornata, nelle passività figurano debiti di natura privilegiata nella misura di euro ………
Più in generale, la società ha sempre fatto fronte alle obbligazioni tributarie e previdenziali.
Per quanto concerne le attività sociali, oltre ai crediti verso clienti ed erario, si segnala un modesto deposito bancario, nonché il complesso dei beni in magazzino, attualmente custoditi presso………
Ai fini degli artt. 2 e 121 CCII, la Società segnala che negli ultimi tre esercizi sono stati realizzati ricavi lordi annuali superiori a euro ……… (cfr. All……….) e che i debiti scaduti e non pagati ammontano, come da situazione patrimoniale aggiornata ad euro ………
***
Ciò premesso, nella impossibilità di far fronte integralmente alle obbligazioni sociali, ed attesa l’indisponibilità dei soci a finanziare ulteriormente la società, il sottoscritto ………, nella sua qualità di liquidatore sociale,
CHIEDE
che il Tribunale adito voglia dichiarare la liquidazione giudiziale della ………, con sede in ………, Via ………
Con osservanza
Luogo, data ………
Firma ………
Si producono:
1. Certificato camerale.
2. Bilancio al [………] con nota di deposito, contenente lo stato patrimoniale.
3. Bilancio al [………] con nota di deposito, contenente lo stato patrimoniale.
4. Bilancio al [………] con nota di deposito, contenente lo stato patrimoniale.
5. Stato patrimoniale al [………].
6. Elenco creditori con cause di prelazione e domicilio digitale
7. Elenco debitori.
8. Elenco titolari diritti reali e personali con domicilio digitale
9. Prospetto dei ricavi lordi degli ultimi tre esercizi.
10. Dichiarazioni dei redditi concernenti i tre esercizi ………
11. Dichiarazioni IRAP e le dichiarazioni annuali IV A concernenti i tre esercizi ………
12. Relazione patrimoniale e finanziaria aggiornata
13. Stato particolareggiato ed estimativo delle attività
14. Certificazione sui debiti fiscali, contributivi e per premi assicurativi
15. Relazione riepilogativa degli atti di straordinaria amministrazione compiuti nel quinquennio anteriore
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………
***
RICORSO PER DICHIARAZIONE DI LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE
I sottoscritti………dott………., dott………, dott………, in qualità di presidente e di componenti del collegio sindacale della Società………, (C.F……….) con sede legale in ………, rappresentati e difesi, per procura speciale in calce al presente atto, dall’avvocato ………, presso il cui studio in ………, elegge domicilio, indica per la ricezione delle comunicazioni il n. fax ……… e il seguente indirizzo PEC ……… e
PREMESSO
- che la Società……… è imprenditore commerciale come si ricava dalla visura camerale in quanto esercente l’attività di ……… e come tale assoggettabile alla liquidazione giudiziale
- che dal bilancio al ……… è emersa una perdita di esercizio pari ad euro……… che ha determinato un patrimonio netto negativo pari a ………,
- che il collegio sindacale preoccupato dell’andamento della gestione corrente e del concreto rischio di depauperamento del patrimonio sociale in funzione della tutela dei creditori ha segnalato all’organo amministrativo (v., art. 25-octies CCII) la sussistenza di una situazione di crisi tale da giustificare l’accesso all’istituto della composizione negoziata ………
- che l’organo amministrativo non ha adottato alcuna reazione ed ha ignorato la segnalazione ………
- che l’andamento della gestione corrente è ulteriormente peggiorato ………;
- che si ha notizia della avvenuta notificazione a carico della Società di due decreti ingiuntivi provvisoriamente esecutivi e che, pertanto, l’insieme di tali circostanze rende manifesto lo stato di insolvenza della ………, la quale non solo non è in grado (all’evidenza) di far fronte alle proprie obbligazioni,
- che dal bilancio al ……… si ricava che i debiti scaduti superano la soglia dei 30.000 euro di cui all’art. 49 CCII
Tanto premesso ………, come sopra rappresentata,
CHIEDONO
che il Tribunale di ………, disposta la convocazione del legale rappresentante della società debitrice, voglia dichiarare la liquidazione giudiziale della ………, con sede in ………
Con osservanza
Luogo, data ………
Firma ………
Si producono:
1……….
2……….
3……….
4……….
5……….
PROCURA
Io sottoscritto ………, nella mia qualità di legale rappresentante della ………, delego a rappresentare e difendere la società nel presente procedimento per dichiarazione di liquidazione giudiziale e nelle ulteriori fasi di impugnazione l’avv………., conferendogli ogni più ampia facoltà ed eleggendo domicilio presso il suo studio in ………, Via ………
Firma ………
Luogo, data ………
Visto per autentica ………
C) Giurisprudenza:
C)Giurisprudenza:I. L’istanza di fallimento in proprio - II. L’iniziativa dei creditori - III. (Segue) A) la scomparsa dell’iniziativa d’ufficio.
I. L’istanza di fallimento in proprio
I.L’istanza di fallimento in proprio1 L’ammissione dello stato di insolvenza, contenuta nella proposta di concordato preventivo, non integra confessione vincolante, al fine del riscontro dell’insolvenza medesima quale presupposto per la dichiarazione di fallimento, ma resta liberamente valutabile, ai sensi dell’art. 116, c. 2, c.p.c., come comportamento della parte, idoneo ad offrire elementi presuntivi [C. I 22.11.2007, n. 24330; C. App. L’Aquila 19.3.2012, DeJure]. L’inderogabile esigenza di assicurare il diritto di difesa dell’imprenditore insolvente nella fase anteriore al fallimento deve ritenersi soddisfatta, con riguardo ai limiti della struttura sommaria e camerale del procedimento per la dichiarazione del fallimento, ogni qualvolta l’imprenditore sia posto comunque in grado di conoscere e contraddire le ragione che hanno portato a richiedere detta dichiarazione [C. VI 11.12.2017, n. 29629]; non può pertanto ritenersi sussistente la necessità di una formale convocazione quando il debitore stesso abbia sollecitato la dichiarazione del proprio fallimento, rappresentando l’incapacità economica dell’impresa, sebbene il tribunale faccia nella sentenza riferimento ad una diversa iniziativa, a meno che sulla richiesta del debitore non sia stata emessa una pronuncia negativa, ovvero i presupposti della dichiarazione di fallimento non emergano proprio e solo da elementi estranei alla richiesta medesima [C. 3.11.1983, n. 6473].
II. L’iniziativa dei creditori
II.L’iniziativa dei creditori1 Il ricorso per la dichiarazione di fallimento promosso da un creditore è una domanda giudiziale proposta nell’ambito di un procedimento camerale contenzioso, nel quale vanno accertati (oltre ai presupposti della decisione come la competenza del giudice adito) la legittimazione del creditore e i fatti costitutivi della domanda (la natura di imprenditore commerciale assoggettabile a fallimento e lo stato di insolvenza), i quali vanno accertati nel contraddittorio del debitore. Trattandosi, pertanto, di proposizione di domanda giudiziale, stante l’assenza di una specifica norma che consenta al titolare del diritto (creditore) di agire in proprio, diviene necessaria l’assistenza di un difensore [T. Milano 23.11.2017, Ilcaso; T. Terni 22.3.2012, DFSC 2012, II, 575], in quanto tende ad una pronuncia suscettibile di incidere, con autorità di giudicato, sullo status e sui diritti del fallito e delle persone che con questo hanno avuto rapporti; consegue che, in pendenza di tale procedimento e prima della decisione su detta istanza, deve ritenersi esperibile, da parte del debitore soggetto passivo del provvedimento stesso, il regolamento preventivo di giurisdizione ai sensi dell’art. 41 c.p.c. [C. s.u. 17.8.1990, n. 8363, Fall 1991, 247; C. s.u. 7.2.1985, n. 924, FI 1985, 1, 1713]. Deve attribuirsi efficacia interruttiva della prescrizione al ricorso per dichiarazione di fallimento notificato al debitore (da equiparare per tale effetto all’atto di costituzione in mora), in quanto tale atto, per il suo specifico contenuto (richiesta di adempimento in forma ultimativa) e per i suoi risultati pratici che con esso il creditore persegue, consente al destinatario di conoscere l’intenzione del suo autore di voler soddisfare il proprio diritto [C. App. Catanzaro 23.10.2018, n. 1390, DeJure; C. I 27.2.1998, n. 2239, Fall 1999, 357]. La nullità della sentenza dichiarativa di fallimento per vizio di motivazione può essere determinata soltanto dalla totale carenza di quest’ultima, e non anche dalla sua mera insufficienza [C. I 4.2.1999, n. 9884, Fall 1999, 1337]. In tema di procedimento per la dichiarazione di fallimento, la qualità di creditore, necessaria ai fini della proposizione del ricorso ai sensi dell’art. 6 l. fall., si estende a tutti coloro che vantano un credito, nei confronti del debitore, ancorché non necessariamente certo, liquido ed esigibile ovvero non ancora scaduto o condizionale [C. VI 27.10.2020, n. 23494; C. I 21.11.2019, n. 30450], anche alla luce della nuova formulazione della citata norma la quale si è limitata a riportare il giudice in posizione di terzietà, senza restringere l’area della legittimazione al ricorso per la detta dichiarazione, ed alla quale non può attribuirsi significato diverso da quello di cui all’art. 52 l. fall. che assicura il concorso sul patrimonio del fallito a tutti i creditori per atti o fatti anteriori, compresi, ai sensi dell’art. 55 l. fall., quelli condizionali; ne consegue la piena legittimazione, a proporre il predetto ricorso, in capo al fideiussore non escusso, non essendo contestabile che il suo diritto, azionabile una volta verificatasi la condizione dell’avvenuto pagamento, tragga origine da un atto anteriore all’apertura del concorso [T. Palermo 29.11.2021, DeJure]. In tema di iniziativa per la dichiarazione di fallimento, sussiste la legittimazione attiva del creditore, anche nei confronti dell’obbligato sussidiario solidale, qualora sia stata pattuita una delegazione o accollo cumulativi ed operi il beneficium ordinis di cui all’art. 1268, c. 2, c.c., in quanto la nozione di creditore ex art. 6 l. fall. si riferisce letteralmente anche ai titolari di crediti condizionali, ai sensi dell’art. 55 l. fall. [C. I 2.8.2022, n. 23986, GCM 2022]. La possibilità di ricevere soddisfazione del credito da parte di un fondo di garanzia non esclude la possibilità per il creditore di richiedere il fallimento del debitore (almeno fino a quando non intervenga il fondo) e quindi la procedibilità delle relative istanze [C. App. Bari 16.7.2021, n. 1373, DeJure 2021]. Il ricorso per dichiarazione di fallimento proposto da una società estinta a seguito di cancellazione dal registro delle imprese, avvenuta successivamente all’entrata in vigore dell’art. 4, d.lgs. 17.1.2003, n. 6, che ha attribuito a tale adempimento efficacia costitutiva, è inidoneo ad avviare il procedimento prefallimentare, attesa la carenza ab origine della legittimazione processuale e sostanziale dello stesso soggetto istante [C. I 4.7.2013, n. 16751]; tale carenza è rilevabile in via officiosa anche in sede di reclamo, in quanto attinente alla sussistenza dell’indispensabile iniziativa di parte, la sola idonea a dare impulso al procedimento [C. I 14.6.2019, n. 16119]. Il ricorso per la dichiarazione di fallimento del debitore, nel caso in cui si tratti di una società, deve essere presentato dall’amministratore, dotato del potere di rappresentanza legale, senza necessità della preventiva autorizzazione dell’assemblea o dei soci, non trattandosi di un atto negoziale né di un atto di straordinaria amministrazione, ma di una dichiarazione di scienza, peraltro doverosa, in quanto l’omissione risulta penalmente sanzionata; tale principio trova applicazione anche nel caso in cui l’amministratore sia stato nominato dal custode giudiziario della quota pari all’intero capitale sociale di cui il giudice per le indagini preliminari abbia disposto il sequestro [C. I 14.12.2016, n. 25736]. In caso di cessione d’azienda assoggettata al regime di cui all’art. 2112 c.c., posto il carattere retributivo e sinallagmatico del trattamento di fine rapporto che costituisce istituto di retribuzione differita, il datore di lavoro cessionario è obbligato nei confronti del lavoratore, il cui rapporto sia con lui proseguito quanto alla quota maturata nel periodo anteriore alla cessione in ragione del vincolo di solidarietà e resta l’unico obbligato quanto alla quota maturata nel periodo successivo alla cessione, mentre il datore di lavoro cedente rimane obbligato nei confronti del lavoratore suo dipendente per la quota di trattamento di fine rapporto maturata durante il periodo di lavoro svolto fino al trasferimento aziendale. Ne consegue che il lavoratore è legittimato a proporre istanza di fallimento del datore di lavoro che abbia ceduto l’azienda, essendo creditore del medesimo [C. VI 8.1.2016, n. 164; T. Monza 8.2.2022, n. 77, DeJure]. Al liquidatore di società di capitali, in quanto investito ex art. 2489, c. 1, c.c. del potere di compiere ogni atto utile ai relativi fini, spetta la legittimazione a proporre istanza di fallimento in proprio ai sensi dell’art. 6 l. fall., senza che rilevino in senso contrario le sue eventuali dimissioni dalla carica, trovando applicazione l’istituto della prorogatio dei poteri, previsto con riferimento alla carica di amministratore per le società di persone (artt. 2274 e 2293 c.c.) e la società per azioni (art. 2385 c.c.), ma espressione di un principio generale anche in assenza di specifiche disposizioni [C. I 3.8.2022, n. 24123, GCM 2022]. In tema di iniziativa per la dichiarazione di fallimento, il d.P.R. n. 602/1993, art. 87, come modificato dalla l. n. 178/2002, art. 3, nel prevedere che il concessionario (nella specie, una società di Equitalia) possa, per conto dell’ente pubblico titolare del credito, presentare il ricorso per la dichiarazione di fallimento e per la insinuazione al passivo, ai sensi dell’art. 6 l. fall., individua il soggetto legittimato ad agire, in nome proprio e per conto del titolare del credito stesso, per il compimento delle attività processuali di natura esecutiva, funzionali alla riscossione coattiva delegata, integrando la fattispecie uno dei casi fatti salvi dall’art. 81 c.p.c., così realizzandosi, con la cura della riscossione coattiva per conto del titolare, il perseguimento anche di un interesse proprio del concessionario, ai sensi dell’art. 100 c.p.c. [C. VI 17.5.2022, n. 15860; C. VI 9.10.2018, n. 24789; C. I 8.2.2012, n. 1776, FI 2012, I, 2081]. Il ricorso per fallimento non è soggetto a forme di pubblicità ma risulta solo dai registri di cancelleria e quindi è conoscibile solo nella misura in cui sono accessibili atti di cancelleria [C. I 22.3.2013, n. 7281; T. Milano 19.5.2022, n. 4425, DeJure].
2 Non erano state considerate fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 6 e 8 l. fall., in riferimento all’art. 111, c. 2, Cost., nelle parti in cui prevedevano, il primo, che il fallimento potesse essere dichiarato d’ufficio e, il secondo, che il giudice dovesse riferire dell’insolvenza di un imprenditore, emersa nel corso di un giudizio civile, al tribunale competente per la dichiarazione di fallimento, anziché al pubblico ministero presso detto tribunale, così violando i principi del “giusto processo”, e segnatamente quelli di terzietà e imparzialità del giudice [C. Cost. 16.7.2003, n. 240, Fall 2003, 1049]. A seguito della soppressione della iniziativa officiosa il giudice delle leggi ha confermato che è legittima la previsione di legge che nega al giudice il potere di iniziativa per la dichiarazione di fallimento [C. Cost. 9.7.2013, n. 184]. Nel giudizio di impugnazione alla dichiarazione di fallimento non è obbligatorio l’intervento del p.m. e si verifica soltanto quando questo ravvisi nel provvedimento un pubblico interesse e l’opportunità di intervenire per tutelarlo specificamente (art. 70, u.c., c.p.c.). La facoltà di chiedere il fallimento (art. 6 l. fall.) non costituiva, infatti, per il p.m., esercizio di un potere di azione, risolvendosi esso in una denuncia al tribunale perché questo provvedesse d’ufficio [C. I 19.9.1995, n. 9884, Fall 1996, 353]. Questa lettura è ora superata visto che solo il p.m. può dar corso al procedimento [C. VI 27.10.2021, n. 30297]. Il pubblico ministero può rinunciare all’istanza di fallimento presentata, dovendosi, peraltro, evidenziare che tale rinuncia non determini effetti definitivi tramite la formazione di un giudicato, ragione per la quale si deve ritenere che il ricorso possa successivamente essere dallo stesso pubblico ministero riproposto (ovviamente, ricorrendone i presupposti), senza pregiudizio alcuno per gli interessi pubblicistici sottesi, compresi quelli tutelati penalmente tramite l’esercizio dell’azione penale in relazione ad eventuali delitti per il cui accertamento è necessaria la dichiarazione di fallimento del debitore [C. VI 31.3.2022, n. 10511, GD 2022]. La rinuncia all’istanza di fallimento non richiede alcuna forma di accettazione del debitore, atteso che il ricorso del creditore persegue un interesse autonomo rivolto esclusivamente alla tutela privatistica del proprio diritto di credito così come risulta confermato anche dalla esclusione della dichiarazione d’ufficio del fallimento ai sensi dell’art. 6 nella nuova formulazione introdotta dal d.lgs. n. 5/2006 [C. App. Lecce 2.5.2017, n. 474, DeJure; C. App. Bologna 11.12.2014, n. 2472, DeJure]. La desistenza dal ricorso determina l’adozione, da parte del tribunale fallimentare, di un decreto di archiviazione, in quanto la necessità del decreto di rigetto sussiste solo nei confronti di un’istanza che continui ad essere effettivamente coltivata e che sia ritenuta priva di fondamento [C. VI 5.5.2016, n. 8980; T. Taranto 9.6.2020, n. 1072, DeJure; C. I 14.10.2009, n. 21834, DFSC 2011, II, 208].
III. (Segue) A) la scomparsa dell’iniziativa d’ufficio
III.(Segue) A) la scomparsa dell’iniziativa d’ufficio1 La nullità dell’unica istanza di fallimento non comporta, nel regime anteriore alla riforma introdotta dal d.lgs. n. 5/2006, nullità della sentenza dichiarativa del fallimento, dato il carattere inquisitorio del procedimento sia quanto all’iniziativa, sia quanto alla formazione e valutazione della prova [C. I 30.8.2007, n. 18318, Fall 2008, 93]. La dichiarazione di fallimento su iniziativa officiosa del tribunale deve ritenersi abrogata anche per l’ipotesi prevista dall’art. 173 l. fall., nel testo riformato dal d.lgs. n. 5/2006 (c.d. regime intermedio) ovvero nell’ipotesi di dolosa e fraudolenta dissimulazione dell’attivo e del passivo da parte del debitore ammesso al concordato preventivo, poiché la successiva abrogazione espressa introdotta dal decreto correttivo n. 169/2007 (che all’art. 173, c. 2, subordina la declaratoria di fallimento all’istanza del creditore o alla richiesta del p.m.) ha valore esplicativo di un sistema, che, già nel precedente testo, aveva espunto l’iniziativa officiosa anche nelle “ipotesi residue”, rappresentando una norma immanente nel sistema riformato, improntato alla terzietà del giudice fallimentare ed alla conseguente natura antitetica a tale filosofia di tutte le iniziative officiose volte alla dichiarazione di fallimento [C. I 14.6.2019, n. 16119; C. I 26.11.2018, n. 30537]. In tema di procedimento per la dichiarazione di fallimento, la nuova formulazione dell’art. 6 l. fall. esclude l’iniziativa d’ufficio del tribunale ed implica, pertanto, che il giudice possa pronunciarsi nel merito solo in presenza di iniziativa proposta da soggetto legittimato ed a condizione che la domanda sia mantenuta ferma, cioè non rinunciata; ne deriva che, in caso di accertamento dell’insussistenza del credito in capo al ricorrente, e la carenza della legittimazione del creditore istante, a valere non solo alla data di proposizione del ricorso, ma per tutta la durata del procedimento, determina l’arresto del procedimento stesso con pronuncia in rito di inammissibilità [C. I 17.11.2016, n. 23420; C. I 10.4.2012, n. 5657, Fall 2013, 622]. Il fallimento dichiarato su istanza di uno o più creditori, non presuppone un definitivo accertamento del credito in sede giudiziale, né l’esecutività del titolo, essendo viceversa a tal fine sufficiente un accertamento incidentale da parte del giudice, all’esclusivo scopo di verificare la legittimazione dell’istante [C. I 16.6.2022, n. 19477; C. s.u. 23.1.2013, n. 1521].