Vai al contenuto principale
La Mia Biblioteca

Accedi

Menu
  • Home
  • Cerca
  • Libreria
    • Indice degli argomenti
    • Libro

Commentario breve alle leggi su crisi d'impresa ed insolvenza

Indici

Torna all'inizio

Footer

La Mia Biblioteca

  • Accedi
  • Informazioni
  • A chi si rivolge
  • Richiedi una prova
  • Guarda il video
  • Certificazione di qualità

CONTENUTI E OPERE

  • CEDAM
  • il fisco
  • IPSOA
  • UTET Giuridica
  • Wolters Kluwer

NETWORK

  • One
  • ilQG – Il Quotidiano Giuridico
  • IPSOA Quotidiano
  • Quotidiano HSE+
  • ShopWKI

HELP

  • Come utilizzarla
  • Scarica il manuale d'uso
  • Contatti
  • Note legali
  • Privacy
    • Linkedin
    • X
    • Facebook

© 2025 Wolters Kluwer Italia Srl - Tutti diritti riservati. UTET Giuridica © è un marchio registrato e concesso in licenza da De Agostini Editore S.p.A. a Wolters Kluwer Italia S.r.l.

Briciole di navigazione

Indietro

    Informazione

    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

    Informazioni sul volume

    Autore:

    ALBERTO MAFFEI ALBERTI

    Editore:

    CEDAM

    Open
      • Stampa
      • Condividi via email
      • Visualizza PDF
      • Vai a pagina

    Commentario breve alle leggi su crisi d'impresa ed insolvenza

    285 Contenuto del piano o dei piani di gruppo e azioni a tutela dei creditori e dei soci.

    Mostra tutte le note

    1. Il piano o i piani concordatari di gruppo possono prevedere la liquidazione di alcune imprese e la continuazione dell’attività di altre imprese del gruppo. Si applica tuttavia la sola disciplina del concordato in continuità quando, confrontando i flussi complessivi derivanti dalla continuazione dell’attività con i flussi complessivi derivanti dalla liquidazione, risulta che i creditori delle imprese del gruppo sono soddisfatti in misura prevalente dal ricavato prodotto dalla continuità aziendale diretta o indiretta.

    2. Il piano o i piani concordatari possono altresì prevedere operazioni contrattuali e riorganizzative, inclusi i trasferimenti di risorse infragruppo, purché un professionista indipendente attesti che dette operazioni sono necessarie ai fini della continuità aziendale per le imprese per le quali essa è prevista nel piano e coerenti con l’obiettivo del miglior soddisfacimento dei creditori di tutte le imprese del gruppo tenuto conto dei vantaggi compensativi derivanti alle singole imprese, fermo quanto previsto dagli articoli 47 e 112.

    3. Se non ricorre l’ipotesi prevista dal comma 1, secondo periodo, gli effetti pregiudizievoli delle operazioni di cui ai commi 1 e 2 possono essere contestati dai creditori dissenzienti appartenenti a una classe dissenziente o, nel caso di mancata formazione delle classi, dai creditori dissenzienti che rappresentano almeno il venti per cento dei crediti ammessi al voto con riguardo ad una singola impresa, attraverso l’opposizione all’omologazione del concordato di gruppo. I creditori non aderenti possono proporre opposizione all’omologazione degli accordi di ristrutturazione.

    4. In caso di opposizione proposta ai sensi del comma 3, il tribunale omologa il concordato o gli accordi di ristrutturazione qualora ritenga, sulla base di una valutazione complessiva del piano o dei piani collegati e tenuto conto dei vantaggi compensativi derivanti alle singole imprese del gruppo, che i creditori possano essere soddisfatti in misura non inferiore a quanto ricaverebbero dalla liquidazione giudiziale della singola impresa.

    4 bis. Nell’ipotesi di cui al comma 1, secondo periodo, il tribunale omologa il concordato secondo quanto previsto dall’articolo 112, commi 2, 3 e 4.

    5. I soci possono far valere il pregiudizio arrecato alla redditività e al valore della partecipazione sociale dalle operazioni di cui ai commi 1 e 2, esclusivamente attraverso l’opposizione all’omologazione del concordato di gruppo. Il tribunale omologa il concordato se esclude la sussistenza del predetto pregiudizio in considerazione dei vantaggi compensativi derivanti alle singole imprese dal piano di gruppo.

    Sommario: I. Introduzione. - II. Incentivi e vantaggi della continuità. - III. Operazioni contrattuali e riorganizzative. - IV. Omologazione e opposizione.

    I. Introduzione.

    1

    Nel vigore della l. fall., priva di una regolaz. positiva del conc. prev. di gruppo, gli sforzi della giurispr. di merito e della dottrina avevano condotto a varie soluzioni, sfociate non nella procedura concordataria unitaria, ma nel fascio di procedure tra loro distinte e coordinate al servizio del medesimo piano e della medesima domanda ovvero, più frequentemente, di domande e piani collegati (Poli, Contr. impr. 15, 107ss.).

    2

    Oggi, nel concordato, il piano di gruppo o i piani reciprocam. collegati e interferenti hanno contenuti che possono variare, con un’infinita varietà di sfumature, fra i due poli della liquidazione delle imprese da un lato, e della continuazione dell’attività dall’altro, entro i quali si situano i concordati misti o atipici. Benché l’art. in commento, modificato dall’art. 32, co. 2, d.lgs. 26.10.2020, n. 147, utilizzi l’espressione alcune imprese, è possibile che il piano concordatario preveda la continuazione dell’attività di tutte le imprese coinvolte, oppure la loro liquidazione.

    3

    Le nozioni di continuità diretta e indiretta sono fornite dall’art. 84.

    4

    I precedenti dell’art. in commento sono gli artt. 182 quinquies e 186 bis l. fall., dedicati rispettivam. alla continuità aziendale nel concordato preventivo e negli accordi di ristr. dei debiti e al concordato con continuità aziendale, privi tuttavia di una specifica attenzione ai gruppi d’imprese.

    5

    Non pare possibile presentare una domanda di apertura di una procedura che preveda per talune imprese il conc. prev. o l’accordo di ristrutt. e per altre la liquid. giudiziale; nei casi in cui non si può far luogo alla procedura di gruppo rimane applicabile l’art. 288 che impone gli obblighi di collaborazione tra gli organi delle diverse procedure (Panzani, Fall. 20, 1347).

    6

    Ai sensi dell’art. 389, modificato dall’art. 42, co. 1, d.l. 30.4.2022, n. 36, la disposiz. è entrata in vigore il 15.7.2022, dopo una vacatio legis durante la quale si è applicata la l. fall.

    II. Incentivi e vantaggi della continuità.

    1

    La distinzione tra concordati in continuità aziendale e concordati liquidatori, già presente nella l. fall., rileva sia sotto il profilo delle condizioni di ammissibilità, per l’obbligo di apporto di risorse esterne e il vincolo del soddisfacimento percentuale minimo dei creditori nel concordato liquidatorio, sia sotto il profilo della disciplina normativa, contenuta ad es. negli artt. 86 e 95; perciò la definizione tipologica del concordato è necessaria perché costituisce il presupposto per l’applicazione di differenti discipline (D’Attorre, Fall. 19, 284). Sulla disciplina dell’opposizione nel conc. prev. in continuità, v. infra, IV.

    2

    Esplicita è la preferenza del legislatore non solo per la soluz. del concordato in continuità, ma anche per l’attrazione dei concordati atipici alle regole della continuità, perché è sufficiente che il risultato della comparazione tra i flussi complessivi derivanti dalla continuazione dell’attività superi i flussi complessivi derivanti dalla liquidazione, per giungere al risultato della doverosa ed esclusiva applicazione della disciplina del concordato in continuità (Scognamiglio, Società 19, 425). Tale preferenza ha profonde radici nelle indicazioni provenienti dagli organismi internazionali, già adottate negli ordinamenti europei, nella convinzione che la continuità da un lato sia più idonea a massimizzare il recupero per i creditori, dall’altro incida di meno sul regolare funzionamento del mercato (Bonfante, G. it. 19, 1944s.); il valore della continuità ha assunto rilievo sempre maggiore nell’evoluzione testuale del CCII, dal 2019 all’entrata in vigore (Leuzzi, N.L.C.C. 22, 479ss.). Il concordato liquidatorio è relegato a un ruolo di soluzione residuale, da perseguire esclusivam. al fine di evitare la liquid. giudiziale (Arato, Fall. 19, 855); la disciplina del concordato liquidatorio trova applicazione quando non ricorre il presupposto della prevalenza dei flussi complessivi di cui al 1° co. dell’art. in commento (Guerrieri, N.L.C.C. 19, 848).

    3

    Secondo il criterio della prevalenza, il piano di gruppo è considerato in continuità aziendale quando il ricavato complessivo prodotto dalla continuazione diretta o indiretta delle imprese è superiore al ricavato complessivo prodotto dalla liquidazione dei patrimoni (D’Attorre, op. cit., 284). Perciò l’accertata prevalenza nel concord. misto della componente derivante dalla continuità, diretta o indiretta, valutata con riferim. all’intero gruppo, non potrà comunque determinare un trattamento dei creditori inferiore a quello che riceverebbero dalla liquid. dell’attivo della singola società; la vera innovazione portata dal 1° co. dell’art. in commento è la possibilità di applicare la disciplina della continuità anche a società del gruppo con piano liquidatorio, con la conseguenza che i creditori chirografari di tali società potranno anche essere soddisfatti in misura inferiore e con modalità diverse da quanto previsto nell’art. 84, co. 4, CCII, ferma restando la maggiore convenienza rispetto alla liquid. giudiziale (Nardecchia, Il nuovo c.c.i., 309). È dubbio se il criterio della prevalenza, concepito per la fattispecie del piano concordatario unitario, si applichi anche nei casi di conc. prev. di gruppo costruiti su piani interferenti e collegati; taluno ritiene che in tali circostanze ciascun piano debba essere qualificato come in continuità o liquidatorio sulla base del proprio autonomo contenuto (D’Attorre, op. cit., 285).

    4

    Il calcolo di prevalenza dev’essere effettuato sui flussi complessivi attesi dalla continuazione dell’attività, quindi con un criterio prognostico, che include il ricavato prodotto dalla continuità aziendale diretta o indiretta, esclusa tuttavia la cessione del magazzino, espunta dall’art. 32, co. 2, d.lgs. 26.10.2020, n. 147, perché atto di carattere liquidatorio. I flussi vanno scomputati in ragione della loro causa genetica, a seconda che derivino dalla prosecuzione dell’attività ovvero dalla liquidazione di asset, indipendentemente dal fatto che essi possano ritenersi far capo a una società per cui il piano di conc. prevede la continuità o meno; occorre sommare tutto ciò che deriva dalla continuità aziendale per confrontarlo con ciò che deriva dalla liquidazione, ancorché si tratti di cespiti che fanno capo a imprese differenti. Il ricavato della continuità dev’essere calcolato al lordo dei costi incontrati per realizzarlo (Panzani, op. cit., 1350s.).

    5

    La specificazione sui criteri di calcolo non trova riscontri testuali nella l. fall.; l’art. 182 quinquies, co. 5 rimette al professionista attestatore la valutazione sulla migliore soddisfazione dei creditori, per il pagamento dei crediti anteriori, senza tuttavia canalizzare inderogabilmente la procedura verso la continuità, quando il risultato della comparazione tra i flussi faccia pendere l’ago della bilancia dal lato opposto a quello della liquidazione. La relaz. del professionista prevista dall’art. 186 bis l. fall. deve attestare che la prosecuz. dell’attività d’impresa è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori, e ciò, in ipotesi di continuità diretta, sulla base di un budget completo del futuro andamento dell’attività d’impresa, fondato sugli aspetti economici e finanziari, con analitica indicazione dei costi, dei ricavi, delle risorse finanziarie necessarie per la prosecuzione dell’attività e delle modalità di copertura del fabbisogno.

    6

    Poiché in generale, per le imprese estranee al gruppo, l’art. 84, co. 4 prevede l’apporto di risorse esterne, nel concordato liquidatorio, in misura tale da incrementare di almeno il 10% l’attivo disponibile al momento della presentazione della domanda e soddisfare nella misura minima del 20% i creditori chirografari e privilegiati degradati per incapienza, e tale previsione è applicabile anche al concordato preventivo liquidatorio di gruppo, l’alternativa del concordato in continuità, diretta o indiretta, consente il risparmio di tali risorse esterne.

    7

    Inoltre, dall’applicazione della disciplina dettata per la continuità aziendale derivano tutti i benefici previsti dall’art. 86, nel caso in cui il piano o i piani concordatari prevedano la moratoria per il pagamento dei creditori privilegiati, pignoratizi e ipotecari, nonché le possibilità di fruire dei finanziamenti prededucibili di cui agli artt. 99 e 101 e di effettuare i pagamenti dei debiti pregressi, per prestazioni di beni o servizi, ai sensi dell’art. 100. Varie e articolate differenziazioni interessano anche la disciplina lavoristica relativa ai trasferim. d’azienda in ambito concordatario (Brogi, Fall. 19, 845ss.).

    8

    La prosecuzione dei rapporti contrattuali in corso di esecuzione con le p.a. è prevista dall’art. 95 per tutte le fattispecie di concordato preventivo, con la differenza che nel concordato liquidatorio essa richiede anche un’attestazione, effettuata dal professionista indipendente, in merito alla sua necessità per la migliore liquidazione dell’azienda in esercizio.

    III. Operazioni contrattuali e riorganizzative.

    1

    Con una locuzione ampia, il legislatore cataloga come contrattuali o riorganizzative le operazioni che costituiscono l’essenza della continuità aziendale che permea i piani, o il piano, di gruppo. Per le trasformazioni, fusioni e scissioni si applica il disposto dell’art. 116.

    2

    Secondo la lettera della disposiz. in commento, il piano o i piani concordatari possono prevedere tali operazioni che, a rigore, non appaiono necessarie. Tuttavia, è difficile immaginare un piano concordatario che miri alla continuità senza passare per alcuna operazione contrattuale o riorganizzativa, a maggior ragione per l’estensione del significato dei termini utilizzati. La stessa proposta di un concordato in continuità che si fondi sulla semplice moratoria dei pagamenti, sul modello dell’antica amm. controllata, appartiene al novero delle operaz. contrattuali. Perciò il professionista indipendente pare chiamato ad attestare non solo la necessità di tali operazioni, senza le quali i piani concordatari sarebbero vuoti, quanto piuttosto la loro coerenza ai fini della continuità aziendale, oltre che con l’obiettivo del miglior soddisfacimento dei creditori di tutte le imprese del gruppo (Guerrieri, N.L.C.C. 19, 848). In mancanza di un’espressa indicazione d’incompatibilità, non è chiaro se il professionista indipendente possa essere lo stesso incaricato di attestare il piano o i piani concordatari.

    3

    Le operazioni di fusione e scissione consentono di riorganizzare le masse attive e passive delle singole società nella fase anteriore all’omologazione; alla separazione patrimoniale non corrisponde un principio di cristallizzazione patrimoniale per tutto il corso della procedura, mentre con l’omologazione la consolidazione diventa sostanziale, perché la risoluzione e l’annullamento del concordato sono subordinati all’accertamento di vizi o inadempimenti di portata tale da incidere in misura significativa sull’attuazione dell’intero concordato di gruppo, così da superare la rilevanza attribuita alla separazione delle masse attive e passive prima dell’omologazione (Boggio, G. it. 19, 1372).

    4

    Nell’insieme delle operazioni contrattuali e riorganizzative, il riferimento esplicito ai trasferimenti di risorse infragruppo vuole cancellare i dubbi e le perplessità sull’utilizzo di strumenti contrattuali e societari da sempre adoperati nei gruppi d’imprese in bonis, perplessità legate al tema del conflitto d’interessi che, inevitabilmente, pervade le dinamiche infragruppo. Lo spostamento di risorse, dunque di ricchezza, di mezzi di produzione, di lavoratori e collaboratori, all’interno del gruppo, da un’impresa all’altra, è consentito a condizione che l’esperto indipendente ne attesti la necessità per la continuità aziendale e la coerenza col migliore soddisfacimento dei creditori di tutte le imprese. L’impresa di gruppo può trasferire una frazione del suo patrimonio a un’altra impresa ugualmente coinvolta nella procedura al fine di rendere più fattibile o conveniente il piano o i piani uniti al ricorso, quando ciò è funzionale ai due obiettivi della continuità e del migliore soddisfacimento dei creditori. Sono ammessi i trasferimenti di risorse anche a favore d’imprese da liquidare, prive della prospettiva della continuità, quando l’esperto ne attesti la necessità per la continuità di altre imprese del gruppo, eventualmente anche la stessa trasferente. Non è invece consentito il trasferimento di risorse in concordati esclusivamente liquidatori (Boggio, op. cit., 1376; D’Attorre, op. cit., 289; criticam. Cabras, L’impresa al tempo della crisi, davanti alla legge, 104). La legge ha riguardo esclusivo a trasferimenti che comportino, anche se solo prospetticamente, un ritorno di valore di entità almeno pari a favore della massa patrimoniale da cui provengono, a vantaggio dei creditori garantiti da quella stessa massa; il presupposto implicito è che il piano preveda la continuazione, nell’ambito del gruppo, dell’impresa che effettua il trasferimento, con un impiego produttivo delle risorse trasferite (Ferri, Corr. giur. 20, 293). Le operazioni possono prevedere anche atti gratuiti, benché non liberali, la cui causa negoziale trovi fondamento nella pianificazione regolatoria complessiva del gruppo, funzionale alla realizzazione del miglior soddisfacimento dei creditori (Galletti, Fall. 22, 1495).

    5

    Quanto al soddisfacimento dei creditori, il comparativo migliore stabilisce una relazione con una differente ipotesi, logicamente peggiore: ciò significa che, per i creditori delle imprese del gruppo, il trasferim. di risorse comporta un beneficio, di cui essi sarebbero privi nell’ipotesi in cui le risorse rimanessero al loro posto. La comparazione non deve avere risultato positivo per tutte le imprese del gruppo, ma è sufficiente il beneficio per i creditori di una o più imprese, fra cui quella da cui escono le risorse, e l’assenza di pregiudizio, quindi la neutralità dell’operazione, per i creditori delle altre (Sacchi, N.L.C.C. 21, 321ss.; D’Attorre, op. cit., 289). Tale beneficio deve essere percepibile ex ante, al punto che l’attestatore ne può pronosticare la necessità, che significa irrinunciabilità, ai fini della continuità aziendale.

    6

    I trasferimenti infragruppo costituiscono un contemperamento alla regola della separazione delle masse, enunciata nell’art. 284, co. 3; dal lato dell’impresa beneficiaria, costituiscono apporti di finanza esterna, dal lato dell’impresa che li effettua, inquinano la destinazione delle risorse, non più canalizzata ai creditori propri, ma a quelli di una differente impresa di gruppo, il che era ritenuto inammissibile nel vigore della l. fall. (D’Attorre, op. cit., 289; C.civ. 18/26005), anche per una lettura rigida dell’art. 2740 c.c., poco compatibile con la ratio del conc. prev. (Sacchi, op. cit., 319s.). In ambito concordatario, non vi è contraddizione fra la disciplina dei trasferimenti infragruppo e la regola dell’autonomia delle masse attive e passive, sancita dall’art. 284, co. 3 (Ferri, Corr. giur. 20, 290, 294; diversam. Sacchi, op. cit., 319ss.). Sul piano pratico, la norma dirime il contrasto interpretativo fra chi escludeva la configurabilità di proposte concordatarie implicanti una cessione solo parziale dei beni del debitore anche nei casi in cui l’eccedenza del ricavato della liquidazione fosse destinata a creditori di più società dello stesso gruppo, per violazione dell’art. 2740 c.c., e chi all’opposto apriva alla valorizzazione dell’autonomia negoziale in fase concorsuale, senza ravvisare ostacoli nel principio di universalità della responsabilità patrimoniale del debitore (Fauceglia, 218; Poli, Contr. impr. 15, 115s.). In proposito, non paiono sussistere profili di incostituzionalità per eccesso di delega, derivanti da un contrasto col principio dell’universalità della resp. patrimoniale del debitore (Benedetti, Fall. 19, 497).

    7

    La direz. e coordinam. fornisce la cornice attraverso cui si mira a favorire l’esito della composizione negoziata della crisi, rendendo pienamente lecite le operazioni fra le società del gruppo quando corrispondenti ai principi di corretta gestione imprenditoriale e societaria e assistite da vantaggi compensativi. Le operazioni di sostegno finanziario infragruppo, intese come erogazione del credito o concessione di garanzia, nonché di messa a disposiz. di beni, quando poste in essere a condizioni non di mercato devono passare il vaglio dell’assenza di pregiudizio per i soci e i creditori esterni, grazie alla ricorrenza di vantaggi compensativi (Miola, R. soc. 19, 314s.; v. infra, IV).

    IV. Omologazione e opposizione.

    1

    Poiché la domanda di accesso al conc. preventivo di gruppo si propone con unico ricorso, che a sua volta può contenere uno oppure più piani, pur se reciprocam. collegati e interferenti, mentre ad ogni impresa deve necessariamente corrispondere una proposta rivolta ai creditori, così che è inammissibile una proposta cumulativa di gruppo, l’interrogativo centrale è quello della procedura unica o del fascio di procedure assegnate a organi unici per il gruppo d’imprese. La risposta determina conseguenze rilevanti sul numero dei decreti di apertura o d’inammissibilità, sul numero dei provvedimenti di omologazione, e poi sulla fase esecutiva, con gli effetti della risoluzione e dell’annullamento, se confinati alla singola procedura o estesi a tutte le imprese coinvolte nella procedura unitaria, in ragione del consolidamento procedimentale. A differenza di quanto previsto dagli artt. 287 e 290 per la liquidazione giudiziale, dove si menziona espressam. la procedura unitaria, nel conc. prev. manca un dato testuale altrettanto chiaro. L’art. 286, 5° co., prevede il voto dei creditori sulla proposta presentata dalla società loro debitrice e il computo degli esiti delle singole votazioni, il che esclude che il concordato di gruppo possa sorvolare sul voto contrario espresso dai creditori di una delle imprese; difatti, il conc. prev. di gruppo è approvato o non approvato in modo unitario, non è prevista l’approvazione parziale. Perciò l’unità, desunta dalla necessità dell’approvazione da parte dei creditori di tutte le imprese del gruppo, prevale sull’autonomia, emergente dalle votazioni separate per i creditori di ciascuna impresa (D’Attorre, op. cit., 285s.).

    2

    Per l’unità della procedura, l’inammissibilità della proposta relativa ad una impresa di gruppo inficia l’intero ricorso, così come l’ammissione, la revoca e l’omologa riguardano tutte le imprese che hanno presentato domanda di accesso alla procedura di gruppo (D’Attorre, op. cit., 288). Le correzioni di rotta sono comunque più agevoli nella fase iniziale quando, ai sensi dell’art. 43, la domanda può essere rinunciata, senza che occorra accettazione, per evitare la declaratoria d’inammissibilità.

    3

    L’unità della procedura determina importanti effetti sulla disciplina della risoluz. e dell’annullamento, nella fase attuativa (v. sub 286, IV).

    4

    Ai creditori dissenzienti rispetto alle operazioni previste dal piano, o dai piani, è dato il rimedio dell’opposizione all’omologazione, con cui contestare gli effetti pregiudizievoli delle operazioni stesse (Spiotta, G. it. 19, 2019). Più precisamente, nei concordati liquidatori la legittimazione all’opposizione è attribuita ai creditori dissenzienti di classi dissenzienti e, in mancanza di classi nell’ambito dell’impresa di cui l’opponente è creditore, ai creditori dissenzienti che rappresentano almeno il 20% dei crediti ammessi al voto con riguardo alla singola impresa di riferimento. Non si computano i creditori esclusi, né quelli privi del diritto di voto ai sensi degli artt. 109 e 286, co. 6 (Bosticco, I gruppi di società nel CCII, 180).

    5

    Negli accordi di ristr. di gruppo è legittimato all’opposizione ogni creditore non aderente.

    6

    Il rimedio dell’opposizione è concesso anche ai soci, a tutela della redditività e del valore della partecipazione sociale, minacciati dalle scelte esercitate dalla capogruppo che potrebbe sacrificare le imprese in crisi prive d’importanza strategica, o troppo onerose da salvare, senza che i soci di minoranza abbiano potere d’influire sull’esercizio dell’attività di direz. e coordinam. (Bosticco, op. cit., 187); la posiz. del socio viene considerata solo nel limitato ambito del suo interesse a evitare che il piano generi una sperequazione tra diverse imprese di un gruppo, recando un danno obiettivo non risarcito da vantaggi compensativi (Id., op. cit., 190).

    7

    Quando la fusione, oppure la scissione, è inserita nel piano concordatario come sua parte integrante, non vi è spazio per l’opposizione dei creditori di cui all’art. 2503 c.c., salvo che con riguardo alle società in bonis che partecipino all’operazione straord., perché la tutela individuale del singolo creditore, in tale contesto, confluisce in quella collettiva del ceto creditorio, operante secondo le regole concordatarie (Poli, Contr. impr. 14, 1347s.; Calandra Buonaura, Liber Amicorum Abbadessa, 2611ss.; Guerrera, Maltoni, R. soc. 08, 87ss.).

    8

    In presenza di opposizione dei creditori, l’omologazione discende da una valutazione complessiva del piano o dei piani collegati, che conduca alla ragionevole conclusione che i creditori possono essere soddisfatti in misura non inferiore a quanto ricaverebbero dalla liquidazione giudiziale della singola società; la soluzione collettiva adottata nella gestione della crisi del gruppo non può mai essere tale da penalizzare i creditori delle singole imprese in misura maggiore rispetto al pregiudizio che essi avrebbero sopportato nell’ipotesi di singola e autonoma procedura concorsuale, secondo il principio no creditor worse off, già sperimentato nell’ambito della risoluzione delle crisi bancarie, di cui ai d.lgs. 16.11.2015, n. 180 e 181 (Fauceglia, 218s.). Non è necessario che i creditori ricevano più di quanto otterrebbero in caso di liquid. giudiziale, ma è sufficiente che non ricevano meno, tenendosi conto anche dei potenziali proventi delle speciali azioni di inefficacia fra imprese del gruppo e delle azioni di responsabilità esperibili nella liquid. giudiziale, ai sensi degli artt. 290, 291 e 292, co. 1. La formula utilizzata contiene una contraddizione, perché nel caso di opposizione dei creditori il termine di comparazione è rappresentato dal ricavato della liquid. giudiziale della singola società, mentre al momento dell’ammissione il termine di comparazione è quanto i creditori riceverebbero in presenza di un piano autonomo per ciascuna impresa (v. sub 284, III, 7). I due parametri non sono omogenei, perché diverso può essere il risultato della liquid. giudiziale della singola impresa rispetto al piano di concordato autonomo della stessa impresa. Perciò il giudizio di omologazione presuppone che l’ammissione sia già stata delibata dal tribunale che abbia valutato il requisito del migliore soddisfacimento dei creditori anche con riferimento al piano di concordato autonomo per ciascuna impresa (D’Attorre, op. cit., 289s.).

    9

    Il controllo istruttorio del tribunale in merito alla correttezza dei dati forniti dall’impresa può passare per una c.t.u., quando vi sia disaccordo fra i valori forniti dall’impresa e quelli considerati fattibili dal commissario giud. (Bosticco, op. cit., 237).

    10

    Il tribunale effettua un sindacato sul merito della proposta in cui emerge la teoria dei vantaggi compensativi, declinata a favore esclusivo dei creditori e non dei soci che, di fatto, la subiscono per il disposto del 5° co. (Fauceglia, 219). I soci, infatti, vedono sacrificata l’aspettativa al ristoro del pregiudizio loro cagionato dalle operazioni di cui al 1° e 2° co. per la presenza di vantaggi compensativi in singole società, anche differenti dalla loro. La loro opposizione viene rigettata quando non subiscono un trattamento deteriore, in termini di valore della quota di partecipazione, rispetto a quello che conseguirebbero nel caso di liquid. giudiziale della singola società (D’Attorre, op. cit., 290) oppure, secondo una differente opinione, quando il pregiudizio al valore e alla redditività della partecipaz., cagionato dall’operazione censurata, trova compensazione in altri vantaggi (Bosticco, op. cit., 188). Nell’ambito concorsuale della gestione negoziata della crisi o dell’insolvenza il legislatore trapianta l’esimente dell’art. 2497, co. 1, c.c., concepita nel 2003 per i casi di responsabilità risarcitoria da abusivo esercizio dell’attività di direz. e coordinamento, oggi adattata al diritto della crisi d’impresa e promossa a vera e propria regola organizzativa delle società operanti con dinamiche di gruppo (Poli, Contr. impr. 15, 119), in grado di legittimare la partecipazione della singola società al tentativo regolatorio aggregato (Galletti, op. cit., 1495); rimane ambigua l’applicazione nei confronti del singolo socio, perché occorrerebbe trasporre il vantaggio compensativo dalla società di appartenenza al valore e alla redditività della partecipazione, valore sovente azzerato nei casi di concordato liquidatorio (Panzani, Fall. 20, 1353). Inoltre, non è chiaro se il vantaggio compensativo contemplato nel piano di gruppo possa provenire da una società del gruppo non inclusa nel piano medesimo, ovvero se ad attribuirlo alla società che subisce il travaso di risorse debba essere un’altra società partecipe della medesima procedura negoziata, e perciò pure essa in stato di crisi o d’insolvenza (Scognamiglio, op. cit., 428). Certamente, non costituisce vantaggio compensativo idoneo a escludere il pregiudizio il travaso di risorse a vantaggio di un’impresa estranea al gruppo oppure non in stato di crisi.

    11

    Mentre, nel caso di opposizione dei soci, le operazioni infragruppo dannose per una singola società sono consentite unicamente se e nei limiti in cui i loro effetti negativi siano temperati da vantaggi compensativi, in caso di opposizione dei creditori le stesse devono considerarsi legittime, semplicemente, alla condizione che consentano loro di ottenere un trattamento più vantaggioso di quello che riceverebbero in sede di liquid. giudiz. (Guerrieri, N.L.C.C. 19, 849).

    12

    Come per i creditori, così anche per i soci sono precluse forme di tutela diverse dall’opposizione all’omologazione, quali ad es. le impugnazioni per nullità o annullam. delle delibere assembleari di approvazione delle operazioni straordinarie, o le azioni risarcitorie (Panzani, op. cit., 1353; Galletti, op. cit., 1503). È dubbio se i soci insoddisfatti vengano privati anche del diritto di recesso nei casi in cui, fuori dal contesto concorsuale, la legge o lo statuto lo concedano per quel tipo di operazioni (Bosticco, op. cit., 188). I soci delle società estranee alla procedura di gruppo ma indirettamente coinvolte dalle operazioni straordinarie mantengono i normali diritti d’impugnativa e risarcitori, anche a costo di minare la fattibilità del conc. prev. di gruppo (Guerrera, D. fall. 19, I, 1318).

    13

    Sotto il profilo della fattibilità giuridica, la disposiz. in commento non precisa se rientri nel controllo sul rispetto delle norme inderogabili anche un sindacato sulla legittimità delle scelte imposte dalla direz. di gruppo in merito all’iniziativa concorsuale, laddove si profilino abusi a danno d’imprese sottoposte, private di risorse per il salvataggio di quelle coinvolte nel conc. di gruppo; in mancanza di una previsione di strumenti sanzionatori dell’abuso, il commissario giud. può segnalare l’omessa considerazione delle passività connesse con gli obblighi risarcitori derivanti da quelle condotte abusive, per sollecitare iniziative da parte degli stakeholders delle imprese danneggiate (Bosticco, I gruppi di società nel CCII, 238).

    14

    È arduo immaginare come il socio possa attingere le informazioni sufficienti per valutare tempestivamente l’effetto pregiudizievole sulla sua società al fine di esperire l’opposizione all’omologazione, considerato che nelle società di capitali le domande di accesso alle procedure di conc. prev. e di omologazione degli accordi di ristr. dei debiti sono deliberate dall’organo amministrativo; il rimedio dell’opposizione all’omologazione è scarsamente efficace per i soci (Scognamiglio, op. cit., 428).

    15

    La disciplina dell’omologazione è dettata dall’art. 285, 3° e 4° co., anche per gli accordi di ristr. dei debiti, ma l’opposizione appare un rimedio necessario solo nei casi di accordi ad efficacia estesa, di cui all’art. 61, dal momento che, di regola, gli effetti dell’accordo non si comunicano ai creditori non aderenti, ai quali dev’essere in ogni caso garantita integrale soddisfazione (Fauceglia, 221).

    Fine capitolo
    Precedente 284 Concordato, accordi di ristrutturazione e piano attestato di gruppo.
    Successivo 286 Procedimento di concordato di gruppo.