1. Il curatore è nominato con la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale, osservati gli articoli 356 e 358.
2. Si applicano agli esperti nominati ai sensi dell’articolo 49, comma 3, lettera b), le disposizioni del comma 1 e degli articoli 123 e da 126 a 136 in quanto compatibili.
3. Al curatore, agli esperti nominati ai sensi dell’articolo 49, comma 3, lettera b), ed al coadiutore nominato a norma dell’articolo 129, comma 2, si applicano le disposizioni di cui agli articoli 35, comma 4-bis, e 35.1 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159; si osservano altresì le disposizioni di cui all’articolo 35.2 del predetto decreto.
4. I provvedimenti di nomina dei curatori, dei commissari giudiziali e dei liquidatori giudiziali confluiscono nel registro nazionale già istituito presso il Ministero della giustizia. Nel registro vengono altresì annotati i provvedimenti di chiusura della liquidazione giudiziale e di omologazione del concordato, nonché l’ammontare dell’attivo e del passivo delle procedure chiuse e i provvedimenti di liquidazione degli acconti e del compenso finale in favore di ciascuno dei soggetti di cui al primo periodo. Il registro è tenuto con modalità informatiche ed è accessibile al pubblico.
Sommario: I. Introduzione. - II. Il curatore in generale. - III. La motivazione del provvedimento di nomina. - IV. Le incapacità assolute.
I. Introduzione.
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Il 1° co. dell’art. in commento si pone in linea di continuità con l’art. 27 l. fall. (ai sensi del quale «Il curatore è nominato con la sentenza di fallimento, o in caso di sostituzione o di revoca, con decreto del tribunale») – che integrava peraltro una previsione meramente riepilogativa di altre (cfr. Tescaro, Zaccaria, Comm. l. fall. Maffei Alberti 2013, 178) –, salva la «rilevante novità» (Caprino, in Burroni, Sanzo, 199; v. anche, amplius, Graziano, Nigro, Dal fall. al nuovo CCII dopo il d.lgs. 14/2019, 114ss.) secondo cui occorre osservare gli artt. 356 (in tema di istituzione di un albo nazionale dei soggetti incaricati dall’autorità giudiziaria delle funzioni di gestione e di controllo nelle procedure di cui al CCII) e 358 (in tema di requisiti per la nomina agli incarichi nelle procedure, per quanto concerne il curatore tendenzialmente sulla falsariga di quanto già previsto nell’art. 28 l. fall.), al cui commento si rinvia.
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Gli esperti nominati ai sensi dell’art. 49, co. 3, lett. b), che il 2° co. dell’art. in commento nomina dichiarando loro applicabili, in quanto compatibili, il co. 1 e gli artt. 123 e da 126 a 136, sono «uno o più esperti per l’esecuzione di compiti specifici in luogo del curatore», nominabili dal tribunale, in aggiunta al curatore, «se utile».
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Il co. 3 dell’art. in commento sostanzialmente riproduce (aggiungendo la menzione degli «esperti nominati ai sensi dell’articolo 49, comma 3, lettera b)», su cui v. supra) il co. 5 dell’art. 28 l. fall., aggiunto a quest’ultimo dall’art. 2, co. 1, d.lgs. 18.5.2018, n. 54, a decorrere dal 25.6.2018, ai sensi di quanto disposto dall’art. 6, co. 1°, del medesimo d.lgs.
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Il co. 4 dell’art. in commento è stato introdotto, recependo un suggerimento del Consiglio di Stato, al fine di soddisfare esigenze di pubblicità e trasparenza (nonché di rotazione nell’attribuzione degli incarichi, come sottolineato per es. da Fauceglia, 109, e Nardecchia, Il nuovo CCII, 65s.), in considerazione delle quali il registro nazionale ivi contemplato – ma previsto già dal 4° co. dell’art. 28 l. fall., aggiunto a quest’ultimo dall’art. 5, co. 1, lett. b), d.l. 27.6.2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla l. 6.8.2015, n. 132 – è stato istituito (in tal senso, v. la relazione illustrativa al CCII, sub art. 125; v. anche Caprino, op. cit., 200).
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La formulazione del 4° co. in epigrafe costituisce il risultato delle modifiche apportate con l’art. 19, co. 1, d.lgs. 26.10.2020, n. 147. Si riporta subito di seguito la formulazione di tale co. originariamente contenuta nel d.lgs. n. 14/2019: «I provvedimenti di nomina dei curatori, dei commissari giudiziali e dei liquidatori giudiziali confluiscono nel registro nazionale istituito presso il Ministero della giustizia. Nel registro vengono altresì annotati i provvedimenti di chiusura del fallimento e di omologazione del concordato, nonché l’ammontare dell’attivo e del passivo delle procedure chiuse. Il registro è tenuto con modalità informatiche ed è accessibile al pubblico». La nuova formulazione, pertanto, oltre a eliminare la precedente erronea menzione del fallimento, chiarisce che il registro cui si fa riferimento non è di nuova istituzione, e soprattutto aggiorna l’elenco dei provvedimenti che debbono essere annotati nel registro medesimo, integrandolo con i provvedimenti di liquidazione degli acconti e del compenso finale in favore dei curatori, dei commissari giudiziali e dei liquidatori giudiziali.
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Anche l’art. 125 è entrato in vigore il 15.7.2022, ai sensi del 1° co. dell’art. 389 (al cui commento si rinvia per ulteriori precisazioni), come sostituito, da ultimo, dall’art. 42, co. 1, lett. a), d.l. 30.4.2022, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla l. 29.6.2022, n. 79 (la formulazione originaria prevedeva invece l’entrata in vigore decorsi diciotto mesi dalla data della pubblicazione – avvenuta il 14.2.2019 – del d.lgs. 14/2019 nella Gazzetta Ufficiale).
II. Il curatore in generale.
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Secondo l’orientamento affermatosi in relazione alla disciplina originaria della l. fall., rimasto fermo anche in seguito alla riforma del 2006 (v., tra gli altri, Pajardi, Paluchowsky, 221s.; Abete, Comm. Jorio, I, 524s.; Michelotti, Comm. Ferro 2007, 237) e sicuramente condivisibile anche in relazione al CCII (cfr. da ultimo Fauceglia, 108, dove si sottolinea come il CCII non abbia mutato le caratteristiche fondamentali del curatore, il quale già con la summenzionata riforma era divenuto «il vero e proprio organo propulsivo della procedura», non più strumento di mera esecuzione delle direttive del g.d. come da concezione originaria), il curatore non rappresenterebbe né sostituirebbe il fallito o i creditori, bensì opererebbe nell’interesse pubblico (cfr., per esempio, Tedeschi, 162; Zanichelli 2008, 71; Giorgetti, in Il curatore nella nuova liquidazione giudiziale, a cura di Giorgetti, 7; cfr., altresì, con riguardo alla disciplina precedente la riforma del 2006: Ferrara, Borgioli, 287ss.; Caselli, Comm. SB, 145-146; Jaeger, Fall., 127; Bracci, La posizione processuale del fallito e i poteri del curatore, 13; Provinciali, I, 698ss.; Provinciali, Ragusa Maggiore, Istituzioni, 191ss.; Mazzocca, Manuale, 151ss.; Satta, 126ss.; Tedeschi, Il giudizio di opposizione alla sentenza dichiarativa di fall., 71; Bigiavi, R. d. civ. 57, II, 572ss.; Lo Cascio, G. comm. 83, I, 832; Del Vecchio, D. fall. 84, I, 237-238; C.civ. 66/1534, C.civ. 66/1154, C.civ. 65/229, C.civ. 03/508, Fall. 03, 1075; Trib. Napoli 20.12.1975, D. fall. 76, II, 450). Più precisamente, si è affermato che il curatore assumerebbe la posizione di organo ausiliare dell’amministrazione della giustizia (in questo senso, v. anche Pacchi, Manuale AA.VV., 106, dove si parla di un soggetto che agisce nell’interesse della giustizia e che si presenta pertanto come un incaricato giudiziario operante in autonomia, anche se sotto la vigilanza del c.d.c. e del g.d.; v. anche Spagnuolo, in La nuova mini-riforma della l. fall., a cura di Sandulli, D’Attorre, 34), tenuto ad adempiere ai doveri dell’ufficio con quella diligenza che può meglio consentire il conseguimento dell’interesse pubblico alla più sollecita composizione dei dissesti degli imprenditori commerciali, di modo che tale organo è chiamato a collaborare con gli altri organi della procedura e a fornire loro le informazioni più tempestive e complete sullo stato del fall., per rendere effettiva la possibilità di esercizio dei poteri del g.d. ed evitare che la liquidazione si attui con ritardo in pregiudizio dei creditori (Trib. Milano 20.5.1985, Fall. 85, 977; in argomento, cfr. anche Ruggeri, Comm. Cavallini, 667s.).
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Nelle procedure più complesse, può essere opportuno nominare più curatori, così da potercisi avvalere di professionalità distinte, ma complementari (in tal senso, v. Sandulli, D’Attorre, 60, dove si precisa anche come spetti al trib. stabilire le modalità di funzionamento dell’organo pluripersonale; cfr. inoltre, amplius, Vella, Comm. Ferro 2014, 420s., dove si dà pure conto di un diffuso orientamento giurisprudenziale di merito favorevole e di una posizione dottrinale contraria).
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Già con riguardo alla l. fall., si trovava affermato – e può essere oggi ripetuto – che, quando agisce nella sua veste istituzionale di organo preposto alla ricostruzione del patrimonio del debitore fallito, il curatore assume la posizione di terzo (con la conseguenza che la scrittura privata su cui si fonda il titolo fatto valere nel concorso deve essere munita di data certa a pena di inopponibilità: Trib. Vallo della Lucania 5.2.1993, Fall. 93, 441, Trib. Trieste 20.11.1990, Fall. 91, 751, e 26.9.1990, ivi, Trib. Verona 9.11.1990, Fall. 91, 203, Trib. Venezia 16.2.1989, Fall. 89, 850, Trib. Milano 27.1.1986, Fall. 86, 692, Trib. Venezia 20.11.1985, Fall. 86, 459, Trib. Milano 10.6.1985, Fall. 86, 190. Sulle questioni relative alla data certa, v. amplius sub art. 45, II), mentre deve considerarsi sostituto del fallito (solo) quando agisce nei confronti dei terzi per tutelare un diritto esistente nel patrimonio del debitore (cfr. C.civ. 89/3931, C.civ. 86/3696, C.civ. 84/6625, C.civ. 84/3657, C.civ. 82/5629, C.civ. 76/4272; App. Napoli 30.12.1985, Fall. 86, 799 e 1211; Trib. Milano 18.1.1990, Fall. 90, 557; Trib. Milano 27.10.1988, Fall. 89, 338; Trib. Genova 26.3.1988, Fall. 88, 719; Trib. Milano 24.3.1988, Fall. 88, 616; Trib. Venezia 14.10.1987, Fall. 88, 274; Trib. Milano 9.7.1987, Fall. 87, 1199; Trib. Torino 3.4.1987, Fall. 87, 995; Trib. Venezia 24.9.1986, Fall. 87, 102; Trib. Milano 10.6.1985, Fall. 85, 1101. In dottrina, su questi temi, v. Nigro, Vattermoli, 107, dove al termine sostituzione viene attribuito un significato puramente descrittivo e atecnico; Proto, Comm. Schiano di Pepe, 121; Bonfatti, Censoni 2011, 78; Sandulli, D’Attorre, 65; v., inoltre, prima della riforma del 2006, Caselli, Fall. (Organi), Enc. Treccani, 8-9). In particolare, il curatore viene a trovarsi nella stessa posizione del fallito con riguardo ai rapporti contrattuali di cui quest’ultimo sia parte, sorti anteriormente all’instaurazione della procedura concorsuale, salvo che non impugni i relativi negozi esercitando le azioni esperibili a tutela della massa (C.civ. 86/3696; più di recente, v. C.civ. 08/3020, secondo cui, in tema di azioni proponibili dal curatore fallimentare, quest’organo, quando eserciti diritti già presenti nel patrimonio del fallito, non si pone come un terzo, bensì come un soggetto subentrato nella stessa posizione del fallito); così, non può considerarsi terzo il curatore del fall. del mandante il quale agisca per chiedere al mandatario le somme riscosse in base a un mandato conferito dal fallito prima della dichiarazione di fall. (C.civ. 84/6625, G. comm. 85, II, 584, con nota di Luminoso).
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Su questa linea, si era affermato in particolare che il curatore del fallimento il quale avesse proposto domanda giudiziale di risarcimento dei danni conseguenti a un sinistro stradale verificatosi in danno del fallito in epoca antecedente al fallimento non avrebbe agito in sostituzione dei creditori al fine della ricostituzione del patrimonio originario del fallito stesso, e cioè nella veste di terzo, ma avrebbe esercitato un’azione rinvenuta nel patrimonio di quest’ultimo, come suo avente causa, ponendosi, conseguentemente, nella sua stessa posizione sostanziale e processuale; con la conseguenza che, in caso di chiusura del fallimento per concordato, l’eventuale assuntore del concordato fallimentare che avesse proseguito il giudizio iniziato dal curatore sarebbe venuto a trovarsi nella medesima posizione processuale di quest’ultimo (C.civ. 11/1879).
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Con riguardo alla sentenza che il giudice o l’arbitro straniero abbia reso su un rapporto di diritto patrimoniale con imprenditore italiano, la domanda di delibazione avanzata nei confronti del curatore al fine di sentire dichiarare opponibile alla massa creditoria la suddetta sentenza è improponibile per difetto di legittimazione ad causam del curatore medesimo, dato che questi, nei confronti del procedimento conclusosi con la sentenza delibanda, e, derivatamente, rispetto al giudizio di delibazione, si trova nella posizione di terzo (C.civ. 85/1977, Fall. 85, 924, con nota di Ceccherini).
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La giurisprudenza (C.civ. 75/311, C.civ. 71/3787), nonostante il contrario avviso della dottrina (cfr. Satta, 193), si era dapprima orientata nel senso di negare l’opponibilità al fall. della simulazione della clausola con la quale, in un contratto di vendita, fosse stato dichiarato un prezzo inferiore a quello realmente pagato (precisando che ciò che non sarebbe stato opponibile era la simulazione del contratto come negozio giuridico, e non già la simulazione come semplice fatto o mezzo di prova di altro fatto non costituente un effetto negoziale, e che quindi la simulazione della clausola relativa al prezzo avrebbe potuto essere opposta [e provata, ove fosse stato necessario, senza i limiti di cui all’art. 1417 c.c.] al curatore come semplice circostanza di fatto dalla quale, insieme alle altre acquisite al processo, sarebbe stato desumibile che l’acquirente non conosceva lo stato d’insolvenza del debitore: C.civ. 71/973). Successivamente, mentre da un lato si era affermato che nel caso di simulazione relativa di un contratto di vendita per un prezzo inferiore a quello effettivo indicato in una controdichiarazione, avente data anteriore al fall. del venditore, non sarebbero stati invocabili l’art. 43 l. fall. e l’art. 1415 c.c. al fine di escludere l’opponibilità del prezzo effettivo al curatore del fall. agente in revocatoria a norma dell’art. 67, n. 1, l. fall. (C.civ. 77/1216), dall’altro si era affermato che la simulazione relativa del prezzo di vendita di un immobile non sarebbe stata opponibile al fall. del compratore, quale mezzo al fine di ottenere la risoluzione del contratto per inadempimento dell’obbligo di pagare la parte occultata del prezzo medesimo, applicandosi in tal caso il 1° co. dell’art. 1416 c.c. (C.civ. 77/2578). Successivamente ancora, era stata poi riconosciuta al venditore la possibilità di opporre al curatore del fall. del compratore la simulazione del prezzo al fine di ottenere sentenza di risoluzione del contratto (o eventualmente sentenza di accertamento di avvenuta risoluzione di diritto) per inadempimento dell’obbligo di pagamento del prezzo effettivo, in considerazione del fatto che la fattispecie della simulazione del prezzo esulerebbe dalla previsione dell’art. 1416 c.c., che riguarderebbe soltanto la diversa ipotesi della simulazione assoluta o per interposizione fittizia di persona, e del fatto che il curatore, a fronte della domanda di risoluzione, sarebbe stato investito di una legittimazione derivante dalla posizione del fallito di parte del rapporto negoziale, mentre non avrebbe esercitato funzioni inerenti al suo ufficio, né avrebbe tutelato posizioni soggettive spettanti ai creditori insinuatisi nel fall. (C.civ. s.u. 82/2923).
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Più di recente, sempre nell’ottica dell’opponibilità della simulazione di prezzo al fall., inquadrato il curatore quale terzo, la giurisprudenza ha poi affermato che, in tema di eccezione di simulazione di prezzo opposta dall’acquirente di bene immobile al curatore del fall. del venditore che avesse agito, ai sensi dell’art. 67, n. 1, l. fall., per la dichiarazione di inefficacia dell’atto, sarebbe spettato al convenuto l’onere di provare, sulla base di un documento di data certa anteriore al fall. ex art. 2704 c.c., il versamento del maggior prezzo dissimulato e poi il collegamento di tale versamento con il contratto revocabile, con la conseguenza, per il caso in cui la prova della simulazione relativa sia data da una serie di documenti tra loro ricollegabili, che ciascuno di essi, secondo il regime probatorio suo proprio, avrebbe dovuto avere data certa anteriore al fall. (C.civ. 08/1759), e che la simulazione relativa intervenuta tra le parti originarie del contratto avente ad oggetto il prezzo della vendita sarebbe stata opponibile al fall. dell’alienante, ma la prova dell’accordo dissimulato avrebbe dovuto essere fornita con scrittura avente data certa anteriore alla dichiarazione di fall., e siccome l’art. 2704 c.c. non contiene un’elencazione tassativa dei fatti in base ai quali la data di una scrittura privata non autenticata deve ritenersi certa rispetto ai terzi, ma lascia al giudice di merito la valutazione, caso per caso, della sussistenza di un fatto, diverso dalla registrazione, idoneo, secondo l’allegazione della parte, a dimostrare la certezza della data, avrebbe dovuto ritenersi che fosse ammissibile la prova per testi o per presunzioni tesa a dimostrare, insieme con il collegamento tra il pagamento documentato e il contratto dissimulato, la necessaria anteriorità di questo, allorché non fosse in discussione la certezza di data della scrittura rappresentativa del pagamento (C.civ. 06/19136; v., peraltro, anche C.civ. 04/9685, secondo cui, allorché avesse agito in giudizio per ottenere l’adempimento di un contratto stipulato dall’imprenditore prima del fall., il curatore non avrebbe rappresentato la massa dei creditori, la quale pure si sarebbe giovata del risultato utile in tal modo perseguito, ma avrebbe rappresentato il fallito, spossessato, nella cui posizione giuridica egli sarebbe subentrato, e dei cui diritti si sarebbe avvalso, con la conseguenza che, in tal caso, il curatore non sarebbe stato terzo, e non avrebbe potuto invocare l’inopponibilità a lui delle pattuizioni del contratto dissimulato intervenuto tra le parti, solo a causa della mancanza di data certa ex art. 2704 c.c. anteriore al fall. del documento recante la prova della simulazione relativa).
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Con riguardo al caso, opposto, in cui non fosse il compratore convenuto in revocatoria a volere dimostrare la simulazione del prezzo al fine di dimostrare di avere pagato a titolo di corrispettivo un prezzo superiore a quello apparente, bensì fosse il fall. del venditore a volere dimostrare che il prezzo convenuto fosse in realtà inferiore a quello apparente, si è affermato che il curatore fallimentare del venditore, il quale avesse agito per la dichiarazione di simulazione della quietanza relativa all’avvenuto pagamento del prezzo di compravendita (nella specie, appunto al fine di dimostrare che il prezzo pagato era notevolmente inferiore a quello risultante dall’atto e dalla quietanza e che, pertanto, la vendita sarebbe stata revocabile attesa la sproporzione tra la prestazione del fallito e la controprestazione ricevuta), avrebbe cumulato con la rappresentanza del fallito anche la legittimazione spettante ai creditori del simulato alienante ai sensi dell’art. 1416, 2° co., c.c., con la conseguenza che, agendo egli come terzo, avrebbe potuto fornire la prova della simulazione senza limiti, a norma del combinato disposto di cui agli artt. 1427 e 1416 c.c., e, quindi, sia a mezzo di testimoni che di presunzioni (C.civ. 05/14481, Fall. 06, 141; nello stesso senso, v. C.civ. 03/508, cit.; C.civ. 02/3102, Contr. 02, 583, secondo cui, poiché il curatore fallimentare avrebbe assunto la posizione di terzo rispetto alle parti del negozio concluso dal debitore, sia se avesse proposto la domanda di simulazione sia se l’avesse proseguita, la prova della simulazione da parte sua non sarebbe rimasta soggetta alle limitazioni di cui all’art. 1417 c.c. e la simulazione avrebbe potuto essere accertata dal giudice anche in base a presunzioni; sempre nello stesso senso, inoltre, v. già C.civ. 91/3824, Fall. 91, 1050, secondo cui il curatore che, con riguardo ad atti di alienazione del fallito, avesse esercitato l’azione di simulazione al fine della ricostituzione delle preesistenti garanzie patrimoniali, avrebbe cumulato con la rappresentanza del fallito anche la legittimazione attribuita dalla legge ai creditori del simulato alienante [art. 1416, 2° co., c.c.], con la conseguenza che, agendo come «terzo», avrebbe potuto fornire la prova della simulazione, ex art. 1417 c.c., anche mediante presunzioni, ammissibili ogni qualvolta è ammessa la prova testimoniale [art. 2729 c.c.]; sulla stessa linea di pensiero, con riguardo ad un caso di interposizione fittizia di persona, v., infine, C.civ. 00/14895, St. i. 01, 593, secondo cui il curatore il quale avesse agito per fare dichiarare la simulazione relativa di un contratto di compravendita di un bene immobile, stipulato da un terzo alienante e da un acquirente fittiziamente interposto, dissimulante un trasferimento all’interponente poi fallito, avrebbe cumulato la legittimazione già spettante al fallito con quella attribuita dalla legge ai creditori dell’interponente per fare valere la simulazione pregiudicante i loro diritti, e dunque, in tale ipotesi, il curatore avrebbe agito come terzo, e conseguentemente avrebbe potuto fornire la prova della simulazione senza limiti, ai sensi dell’art. 1417 c.c.).
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Per quanto riguarda, poi, specificamente la simulazione assoluta sono da segnalare C.civ. 85/1619, secondo cui la legittimazione del curatore ai sensi dell’art. 43 l. fall. sarebbe sussistita anche con riguardo alla domanda di accertamento della nullità per simulazione assoluta di una vendita effettuata dal fallito, e C.civ. 82/6381, la quale ha affermato che nella controversia relativa alla simulazione assoluta della compravendita di un immobile promossa nei confronti di un compratore poi fallito, qualora il giudizio fosse stato riassunto nei confronti del curatore, questi, a difesa degli interessi dei creditori, avrebbe potuto invocare l’inopponibilità della simulazione ex art. 1416, 1° co., c.c., salvo che, alla luce di quanto previsto negli artt. 2915, co. 2 e 2652, n. 4, c.c., la domanda fosse risultata trascritta in data anteriore alla dichiarazione del fall., precisando che, comunque, in quest’ultimo caso, l’accoglimento della domanda, con conseguente opponibilità della simulazione al curatore, avrebbe postulato la prova dell’accordo simulatorio, anteriore o coevo al contratto, da fornirsi mediante atto scritto di data certa anteriore alla dichiarazione del fall., ex art. 2704 c.c. Su tutta questa complessa problematica, in dottrina, v. de Ferra, Manuale, 105ss.; de Ferra, Guglielmucci, Comm. SB, 6-7; Del Vecchio, D. fall. 84, I, 242ss.; Preite, G. comm. 83, II, 518ss. e 691ss. Cfr. altresì, in giurisprudenza, C.civ. 12/12965.
III. La motivazione del provvedimento di nomina.
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Il 2° co. dell’art. 28 l. fall., nella formulazione introdotta con la riforma del 2006, stabiliva che, «nel provvedimento di nomina, il tribunale indica le specifiche caratteristiche e attitudini del curatore». Al riguardo, si discuteva se si potesse ravvisare, in questa norma, la previsione di un requisito ulteriore, necessario sul piano sostanziale per il conferimento dell’incarico, oppure, più semplicemente, e anche più verosimilmente, una indicazione concernente le sole modalità di motivazione della scelta (v. Ghedini, Comm. Ferro 2007, 227s.; Allegritti, Comm. Bonfatti, Panzani, 201). Si riteneva, in ogni caso, che, tanto nell’ipotesi di motivazione mancante quanto in quella di motivazione non corrispondente al vero, il provvedimento di nomina potesse essere fatto cadere (sul punto, v., amplius, Abete, op. cit., 537s.). Il decreto correttivo del 2007 ha poi abrogato questa previsione, con la conseguenza che il provvedimento di nomina può ora legittimamente limitarsi alla sola, semplice indicazione del curatore (v. Grossi, La riforma della legge fallimentare2, 252), ferma, ovviamente, la necessità che sussistessero i requisiti per la nomina previsti in una delle tre lettere di cui al 1° co. dell’art. 28 l. fall., oggi riprese nel co. 1 dell’art. 358 CCII (con la conseguenza che, secondo Scarafoni, Tr. Caiafa, I, 279s., nel caso di cui alla lett. c del 1° co. dell’art. 28 l. fall. [oggi lett. c) del co. 1 dell’art. 358 CCII], il tribunale avrebbe dovuto dare conto delle adeguate capacità imprenditoriali del soggetto nominato, e anche delle circostanze da cui le stesse erano state desunte). L’abrogazione in parola, disposta nell’ottica di una semplificazione della procedura, aveva peraltro incontrato le critiche di taluni, che avevano imputato al legislatore una scarsa attenzione alla professionalità del curatore (su questi temi, cfr. Ghedini, Comm. Ferro App. 2008, 101; Caiafa, La legge fallimentare riformata e corretta, 2008, Padova, 269).
IV. Le incapacità assolute.
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L’originaria formulazione del 1° co. dell’art. 28 l. fall. disponeva che «non può essere nominato curatore e se nominato decade dal suo ufficio, l’interdetto, l’inabilitato, chi sia stato dichiarato fallito o chi sia stato condannato ad una pena che importi l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici». Si trattava di incapacità assolute (in quanto valevoli per qualsiasi fall.), che, pur essendo state poi espunte dall’art. 28 l. fall., si ritenevano, per opinione comune, ancora vigenti, poiché tipiche della posizione di pubblico ufficiale, tale essendo, ai sensi dell’art. 30 l. fall., anche il curatore (v., Pajardi, Paluchowsky, 224; Ghedini, Comm. Ferro 2007, 228; Abete, op. cit., 538s.; Pacchi, op. cit., 93; nel senso, però, che il fallito in altro procedimento avrebbe potuto, almeno in linea di principio, e salva comunque la verifica che non sussistessero altre forme di incapacità, assolute o speciali, essere nominato curatore, v. Proto, op. cit., 109, secondo il quale questa conclusione avrebbe dovuto ritenersi obbligata alla luce della circostanza che la riforma del 2006 aveva inteso fare venire meno, per il fallito, ogni sorta di incapacità personale; nello stesso senso, v. anche Vella, op. cit., 427s.; ma v. anche, contra, Ruggeri, op. cit., 680, secondo cui la tesi in parola sarebbe stata in conflitto con la lett. c) del 1° co. dell’art. 28 l. fall. – successivamente trasfusa nella lett. c) del 1° co. dell’art. 358 CCII –, dove si escludeva la possibilità di nominare curatore un soggetto, pur particolarmente qualificato, che fosse stato dichiarato fallito). Considerata la motivazione appena esposta, le incapacità in parola devono considerarsi vigenti anche ai sensi del CCII (il cui art. 127 riproduce perfettamente l’art. 30 l. fall.).
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Con riferimento alla vecchia disciplina delle incapacità assolute, si era sostenuto che, non essendo logicamente configurabile la decadenza da una carica che, per difetto di capacità, non si è mai ricoperta, l’inciso, contenuto nella originaria formulazione del 1° co. dell’art. 28 l. fall., «se nominato decade dal suo ufficio», sarebbe stato da riferire al caso di un soggetto già nominato, e per il quale la causa d’incapacità fosse sopravvenuta in un secondo momento (Caselli, Comm. SB, 134; nel senso che quell’inciso sarebbe stato invece da riferire al caso di nomina di un soggetto per il quale sussistesse una ragione ostativa, v. Azzolina, I, 406).
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In seguito all’entrata in vigore della l. 9.1.2004, n. 6, introduttiva, all’interno del sistema delle misure di protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia, accanto alle tradizionali figure dell’interdizione e dell’inabilitazione, dell’amministrazione di sostegno (artt. 404ss. c.c.), ci si dovrebbe chiedere se il beneficiario appunto di una amministrazione di sostegno debba intendersi, al pari dell’interdetto e dell’inabilitato, a sua volta incapace di assumere la carica di curatore. Alla luce del fatto che detto soggetto è in linea di principio capace di agire, e solo limitatamente incapace (sul punto, v., amplius, Tescaro, Comm. dir. fam. Zaccaria3, 916), alla citata domanda dovrebbe darsi risposta negativa, salva però la possibilità che il giudice tutelare, avvalendosi del potere concessogli dal 4° co. dell’art. 411 c.c., decida di estendere al beneficiario dell’amministrazione la medesima limitazione valevole, circa la possibilità di divenire curatori, per gli interdetti e gli inabilitati.