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COMMENTARIO BREVE AL CODICE CIVILE

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    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

    Informazioni sul volume

    Autore:

    GIORGIO CIAN, ALBERTO TRABUCCHI

    Editore:

    CEDAM

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    COMMENTARIO BREVE AL CODICE CIVILE

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    Ogni azione attribuisce il diritto di voto .

    Salvo quanto previsto dalle leggi speciali, lo statuto può prevedere la creazione di azioni senza diritto di voto, con diritto di voto limitato a particolari argomenti, con diritto di voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative. Il valore di tali azioni non può complessivamente superare la metà del capitale sociale.

    Lo statuto può altresì prevedere che, in relazione alla quantità delle azioni possedute da uno stesso soggetto, il diritto di voto sia limitato a una misura massima o disporne scaglionamenti.

    Salvo quanto previsto dalle leggi speciali, lo statuto può prevedere la creazione di azioni con diritto di voto plurimo anche per particolari argomenti o subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative. Ciascuna azione a voto plurimo può avere fino a un massimo di dieci voti  .

    Gli strumenti finanziari di cui agli articoli 2346, sesto comma, e 2349, secondo comma, possono essere dotati del diritto di voto su argomenti specificamente indicati e in particolare può essere ad essi riservata, secondo modalità stabilite dallo statuto, la nomina di un componente indipendente del consiglio di amministrazione o del consiglio di sorveglianza o di un sindaco. Alle persone così nominate si applicano le medesime norme previste per gli altri componenti dell'organo cui partecipano.

    I. Il diritto di voto. - II. Le azioni senza diritto di voto o a voto limitato. - III. Le azioni a voto plurimo. - IV. Il voto degli strumenti finanziari partecipativi. - V. Il voto divergente. - VI. I sindacati di voto.

    1

    Il diritto di voto consiste nel diritto del socio di partecipare, con la manifestazione della propria volontà, all’assunzione delle deliberaz. assembleari. Il voto consiste sempre in una dichiarazione negoziale, sia esso positivo (cioè espresso a favore della proposta), sia negativo (v. sub art. 2377), che contribuisce, insieme agli altri voti, a formare il negozio deliberativo (Cian, La deliberazione negativa, 77ss.).

    2

    La partecipazione all’assemblea e l’espressione del voto non costituiscono mai un obbligo per il socio; neppure quando l’assenza del socio riveli un intento meramente ostruzionistico (ad esempio, la sistematica assenza del socio detentore dei due terzi del capitale dalle assemblee straordinarie - la cui regolare costituzione è così stabilmente impedita -, ripetutamente convocate per apportare una modificaz. statutaria necessaria per la sopravvivenza della soc.) può desumersi un obbligo di partecipazione e di voto dal generale dovere di correttezza, che fa capo a tutti i soci, ma che non sembra potersi tradurre, nella soc. per az., in un obbligo di collaborazione attiva (Cian, 148ss.).

    3

    È discusso se il socio, nell’esprimere il proprio voto, debba perseguire l’interesse sociale, o possa perseguire il proprio personale interesse, con il solo limite negativo imposto dall’art. 2373 o deducibile dal generale dovere di correttezza (divieto di perseguire il proprio interesse in danno di quello sociale, e di votare al solo scopo di ledere quello degli altri soci). Prevale ampiamente, oggigiorno, questa seconda tesi (v. sub art. 2373).

    4

    In linea di principio ogni az. attribuisce un voto, cosicché il numero di quelli di cui ciascun socio dispone corrisponde al numero di az. di cui è titolare. Conseguentemente, non è necessariamente eguale il peso che, per la formazione delle maggioranze assembleari, assume la dichiarazione di voto espressa da ciascuno dei soci (ineguaglianza soggettiva: v. sub art. 2348).

    5

    La regola «un’azione = un voto» può essere tuttavia derogata dallo statuto entro ampi limiti. Sul piano quantitativo, in aumento, è possibile prevedere l’emissione di az. a voto plurimo, su cui v. infra, III.; nel senso invece della riduzione, possono essere stabiliti limiti massimi al numero dei voti esprimibili da uno stesso soggetto, in ragione della quantità di az. di cui lo stesso è possessore (prevedendo, ad es., che sino al 5% del capitale ogni az. attribuisca un voto, e che il voto non possa essere esercitato per l’eccedenza), o possono essere disposti scaglionamenti (Campobasso, Rif. soc.2, 52s.; Abriani, Nuovo dir. soc. Cottino, art. 2351, 326ss.). Nell’applicazione delle relative clausole, deve tenersi conto non solo delle az. di cui il soggetto è titolare, ma anche di quelle in relazione alle quali il medesimo dispone del dir. di voto (in qualità di usufruttario o di creditore pignoratizio: Stagno d’Alcontres, Soc. cap. Niccolini-Stagno d’Alcontres, art. 2351, 308; Abriani, 330); non però di quelle per le quali lo stesso vota quale rappresentante di altro socio (Santoro, Rif. Soc. Sandulli-Santoro, art. 2351, 151).

    6

    È stata riconosciuta anche la legittimità della clausola che prevede il voto capitario (La Sala, Principio capitalistico e voto non proporzionale nella società per azioni, 161ss.; Santoro, 151s.; contra, Angelillis-Vitali, Comm. rif. Soc. Marchetti, art. 2351, 447ss.; Bione, G. comm. 12, I, 625).

    7

    È dubbio se detti limiti o scaglionamenti possano essere riferiti esclusivamente ad una categoria di az. (v. Abriani, 330s.).

    8

    Per le az. prive di voto v. infra, II..

    9

    Sui proxy advisors v. Balp, I consulenti di voto.

    1

    Il dir. di voto non costituisce elemento ineliminabile della partecipazione azionaria. Lo statuto può creare az. prive in assoluto del dir. di voto, con diritto di voto limitato alle sole assemblee straordinarie (Ferrara-Corsi, Impr. soc.15; Galgano, D. comm.18), o a particolari argomenti, liberamente selezionabili (Stagno d’Alcontres, 306; Abriani, 314; Id., Tr. Cottino, IV.1, 294s.); possono essere altresì create categorie di az. nelle quali il dir. di voto è subordinato al verificarsi di particolari condizioni, purché non meramente potestative (non possono pertanto essere create az. con diritto di intervento e voto subordinato al mero consenso degli altri soci, o degli amministratori); la subordinazione può essere congegnata in modo tale da attribuire un dir. di voto «fluttuante» (ad es., in quanto collegato alla maturazione di utili nell’esercizio precedente: Stagno d’Alcontres, ibidem); ed è ipotizzabile anche l’attribuzione di un voto risolutivamente condizionato (Abriani, 297; Id., Nuovo dir. soc. Cottino, cit., 316; Angelillis-Vitali, 427).

    2

    La presenza di tali categorie di az. interferisce con le regole di determinazione dei quorum costitutivi e deliberativi (v. sub artt. 2368 e 2369).

    3

    Non è necessario che la diminuzione dei dir. amministrativi sia compensata da un privilegio di natura patrimoniale (Stagno d’Alcontres, 304; Desana, Nuovo dir. soc. Ambrosini, 118).

    4

    Poiché il valore di tali az. non può superare la metà del capitale, la clausola statutaria che prevedesse l’emissione in eccesso sarebbe radicalmente nulla (in arg. Not. Mil. 143). Ove venisse egualmente eseguita, la società dovrebbe ripristinare il rapporto con le az. a voto non limitato (v. oltre).

    5

    Se l’ammontare delle az. a voto limitato supera il limite della metà del capitale, per effetto di una riduzione di quest’ultimo per perdite (ad esempio, perché le az. a voto limitato sono postergate nelle perdite), deve ritenersi applicabile l’art. 145 t.u.f., secondo cui la soc. deve (a pena di scioglimento) ristabilire il rapporto entro due anni, mediante l’emissione di az. a voto non limitato (non necessariamente di az. ordinarie).

    6

    È stata ritenuta ammissibile la sottoposizione del dir. di voto ad un termine iniziale o finale (Angelillis-Vitali, 428).

    7

    Sulla possibilità di creare categorie di az. dotate del potere di nominare autonomamente un componente degli organi sociali v. sub art. 2348.

    8

    È discussa la possibilità di attribuire ad una categoria di az. un potere di veto in ordine a determinate delibere (in senso affermativo Angelillis-Vitali, 434s.; contra, Campobasso, D. comm.10).

    9

    La riserva contenuta nel 2° co. («salvo quanto previsto dalle leggi speciali») non preclude alle società quotate né l’emissione di az. senza voto diverse dalle az. di risparmio, né la creazione di az. a voto limitato o condizionato, anche non compensate da alcun privilegio di natura patrimoniale (Giampaolino, Le azioni speciali, 184ss.; contra, Santoro, 148, e, con riguardo alle az. senza voto, Abriani, 320s.).

    10

    Correttam. In giur. si è negato che la sospensione del dir. di voto del socio che eserciti un’attività in concorrenza con quella prevalente svolta dalla soc. possa ritenersi consentita dalla norma in esame, che si limita a prevedere l’astratta creazione di az. «con diritto di voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative» non già a prevedere la sospensione del voto di az. «ordinarie», già di titolarità del socio; siffatta sospensione dal voto urterebbe pertanto con il disposto dell’art. 2348, che prevede il fondamentale principio per cui - tranne il caso della creazione di particolari categorie di az. - tutte le az. sono di uguale valore e quelle della medesima categoria conferiscono uguali diritti, senza alcuna distinzione personale e soggettiva (Trib. Perugia 25-6-2008, Soc. 10, 221).

    1

    Con il d.l. n. 91/2014 è venuta meno l’unicità del voto per az., con la previsione delle az. a voto plurimo, emettibili solo dalle soc. non quotate, e del voto maggiorato (v. oltre), accordabile nelle soc. quotate (in gen. v. Spolidoro, R. soc. 15, 134ss.; Tombari, RDCo 16, I, 583ss.). La l. n. 21/2024 ha ulteriormente modificato l’art. 2351, 4° co. (cfr. Magliulo, Studio CNN, n. 40-2024/I): oggi è 10 il numero massimo di voti che può essere assegnato a ciascuna azione.

    2

    Le az. a v.p. costituiscono una categoria di az.

    3

    Non è stato previsto alcun limite massimo rispetto al capitale che le medesime possono rappresentare; perdura invece il limite stabilito dal 2° co., u. periodo, sicché la percentuale di cap. minimo che deve essere detenuta per controllare l’assemblea è ora il 4,6% + 1, risultato che può conseguirsi articolando il capitale in tre categorie azionarie: una priva di voto - pari alla metà del cap. -, una con voto unitario, nella percentuale del 45,4% del cap. e la terza con voto decuplo (Magliulo).

    4

    Si ritiene ammissibile anche un voto frazionario (es.: 1,5 voti per az.), così come potrebbe essere introdotto anche un voto premiale per gruppo di az. (es.: 12 voti ogni 10 az.) (Cian, St. i. 14, 1258ss.; Abriani, giustiziacivile.com, 9; Massella Ducci Teri, RDCo 14, 469 nt. 9).

    5

    Il privilegio può essere generale (i.e. per tutte le materie di competenza dell’assemblea), oppure circoscritto a particolari argomenti. Può anche essere subordinato al verificarsi di particolari condizioni, le quali potranno essere tanto sospensive quanto risolutive (Abriani, 8; Sagliocca, R. not., 934s.). Dette condizioni potranno senz’altro essere legate a parametri oggettivi, e si discute se possano essere anche di tipo individuale soggettivo; quest’ultimo tema è di incerta soluzione, giacché per questa via si finirebbe per introdurre nella s.p.a. un elemento di personalizzazione, forse incompatibile con le caratteristiche del tipo (nel senso dell’introducibilità Abriani, 10; Massella Ducci Teri, 481ss.; contra, Marchisio, BBTC 15, 82s. e 117).

    6

    Il d.l. n. 91/2014 ha introdotto anche l’art. 127 quinquies t.u.f., il quale consente alle soc. quotate l’attribuzione di un voto maggiorato in ragione dell’anzianità del socio. Il riconoscimento di un voto magg. non erige le relative az. in categoria, trattandosi di un premio di fedeltà attribuito individualmente; è peraltro plausibile che esso possa essere statutariamente riservato, alla maturazione dell’anzianità richiesta, esclusivamente ad una categoria azionaria (in arg. Guizzi, Corr. giur. 15, 153ss.; Marchisio, 78ss.).

    7

    L’art. 127 quinquies t.u.f. stabilisce, con una disposizione applicabile per analogia anche al voto plurimo nelle soc. non quotate (Cian, 1262; Massella Ducci Teri, 470s.; Sagliocca, 940s.; Abriani, 14), che «la maggiorazione [...] si computa anche per la determinazione dei quorum costitutivi deliberativi che fanno riferimento ad aliquote del capitale sociale». In presenza di dir. di voto superiori all’unità per az., infatti, il numero di quelli complessivamente esercitabili risulterà superiore al capitale, e perciò sarà sulla base dei primi, e non sul secondo, che i quorum dovranno essere calcolati.

    8

    La l. n. 21/2024 ha introdotto all’art. 127 quinquies, 2° co. t.u.f. la possibilità di ampliamento del voto maggiorato (“alla scadenza di ogni periodo di dodici mesi” e “fino a un massimo complessivo di dieci voti per azione”) tramite modifica statutaria anche successiva e distinta da quella che prevede il voto maggiorato nella misura minima ai sensi del 1° co. (in arg. v. Cian, Appunti sul voto super-maggiorato, RDCi 24, 482ss.). In questo caso l’8° co. dell’art. 127 quinquies t.u.f. riconosce al socio dissenziente il diritto di recesso.

    9

    Sul coordinamento tra la disciplina delle az. a voto plurimo e quella dell’OPA si v. Barcellona/Spa Abbadessa-Portale, art. 2351, 597ss.

    10

    Sull’applicabilità del v.p. e v.magg. alle cooperative si v. Marasà, BBTC 16, I, 1ss.

    1

    Agli strumenti finanziari partecipativi (v. art. 2346, ult. co., e art. 2349, ult. co.) non può essere attribuito il dir. di voto nell’assemblea generale, salvo che per particolari argomenti, che devono essere specificamente indicati nell’atto costitutivo.

    2

    L’autonomia statutaria non incontra alcun limite sotto il profilo della natura delle materie rispetto alle quali il dir. di voto può essere riconosciuto; però non sembra possibile attribuire il voto anche per l’elezione alle cariche sociali, dovendosi considerare la riserva di nomina di un componente degli organi amministrativi e di controllo (v. infra) come ipotesi esclusiva di partecipazione dei titolari di strumenti finanziari alla loro composizione (Cian, Strumenti finanziari partecipativi e poteri di voice, 63ss.). Sul piano dell’estensione degli argomenti selezionati, inoltre, la previsione, pur potendo abbracciare anche una pluralità di materie, deve essere sufficientemente circoscritta, in modo da non tradursi nella sostanziale e generale attribuzione del diritto di voto nell’assemblea (Cian, ibidem; Pisani Massamormile, R. soc. 03, 1298). Non sarebbe pertanto valida la clausola che riconoscesse tale diritto, ad esempio, genericamente per tutte le materie di competenza dell’ass. straordinaria, e così pure la clausola che elencasse analiticamente tutte le materie di cui all’art. 2364 o 2365.

    3

    È affidata allo statuto anche la determinazione delle modalità di esercizio del dir. di voto. Deve ritenersi legittima tanto la previsione che il voto sia esercitato nell’ass. dei soci (Oppo, RDCi 04, II, 63; Cavallo Borgia, Della soc. per az., Delle obbl., Comm. SB, 30; Cian, 83; Lolli, Nuovo dir. soc. Maffei Alberti, artt. 2346-2354, 205ss.; Valzer, Gli strumenti finanziari partecipativi e non partecipativi, 275ss. contra, Santoro, ibidem; Ferri jr., 826; Corsi, G. comm. 03, I, 417; Libonati, Dir. comm., 318), quanto quella che sia esercitato al di fuori della stessa, attraverso la raccolta separata delle dichiarazioni, o in seno ad una ass. speciale (Cian, ibidem; Galgano).

    4

    In ogni caso, i voti espressi dai possessori di str. finanziari si cumulano con quelli degli azionisti, concorrendo al raggiungimento del quorum, nella misura determinata dallo statuto. Quest’ultimo può accordare uno o più voti ad ogni str. finanziario, o un voto in ragione di una pluralità di essi; in ogni caso, i voti complessivamente riconosciuti ai terzi investitori devono rimanere numericamente inferiori a quelli facenti capo agli azionisti, e non essere tali da attribuire ai primi un potere di blocco in ordine all’assunzione di talune decisioni assembleari (Cian, 71ss.). Va dunque altresì escluso che lo statuto possa, nel prevedere che il voto vada espresso nell’ass. speciale, stabilire che questa debba approvare la deliberazione di quella generale, che resterebbe così soggetta al veto della prima (Cian, 76; contra, Lamandini, BBTC 03, I, 536; Lolli, 205).

    5

    L’attribuzione di voti agli str. finanziari comporta la necessità di procedere a computi dei quorum che ne tengano conto (v. sub art. 2368).

    6

    Se lo statuto prevede la convocazione dell’assemblea mediante avviso comunicato ai soci (art. 2366, 3° co.), deve ritenersi che la stessa modalità debba essere rispettata per i titolari degli str. finanziari partecipativi (anche sotto il profilo del termine di otto giorni), sia che tali soggetti siano legittimati ad intervenire nell’assemblea stessa, sia che debbano esprimere il loro voto in altra sede (Cian, 87).

    7

    Ai titolari di str. finanziari può essere altresì riservata la nomina di un componente indipendente dell’organo gestorio o di controllo; nelle soc. rette secondo il sistema dualistico è possibile prevedere la designazione diretta da parte dei terzi investitori anche di un componente del consiglio di gestione; nelle soc. rette secondo il sistema monistico, è possibile stabilire che l’amministratore nominato dai terzi entri automaticamente a far parte del comitato per il controllo (Cian, 109). Alla nomina non concorrono in alcun modo i soci. Non è legittima la clausola che riserva ai titolari di str. finanziari la nomina di un componente del c.d.a. e di un sindaco; in caso di emissione di una pluralità di categorie di str. finanziari, non è possibile neppure prevedere che ciascuna di esse possa designare un proprio esponente indipendente (Cian, 117ss.; Valzer, 293; contra, purché ai soci resti riservata la nomina della maggioranza dei membri, Lamandini, 536; Montagnani, Comm. rif. Soc. Marchetti, art. 2383, 148).

    8

    Le modalità di nomina sono determinate dallo stesso statuto, che può prevedere l’elezione in sede di assemblea speciale, oppure derogare al metodo collegiale; anche i quorum sono liberamente fissati dallo statuto, che può verosimilmente richiedere anche l’unanimità dei consensi (Cian, 127ss.). Per il caso di mancato esercizio del potere di nomina, può stabilirsi che la competenza ritorni agli azionisti, o che l’organo operi in composizione ridotta (ma se la mancata designazione concerne un sindaco, la restituzione del potere elettivo ai soci è inevitabile).

    9

    Il soggetto così nominato assume posizione, poteri e doveri corrispondenti a quelli propri di ogni altro membro dell’organo di cui entra a fare parte, essendo parimenti tenuto al perseguimento dell’interesse sociale (Cian, 121ss.); lo statuto o l’assemblea speciale elettrice, tuttavia, possono porre a carico del preposto obblighi ulteriori nei confronti della categoria (specialmente di carattere informativo, nel rispetto del dovere di segretezza verso la soc.; non è possibile però assoggettare il primo a direttive vincolanti espresse dall’assemblea stessa: Cian, 132ss.).

    10

    Salvo diversa previsione statutaria, la revoca è di competenza della categoria (ma, in presenza di una giusta causa, essa spetta anche ai soci: Cian, 139ss.).

    1

    In base al principio dell’autonomia delle partecipazioni azionarie (v. sub art. 2346), dovrebbe affermarsi che il socio esprime, per ogni az. posseduta, una dichiarazione di voto distinta ed autonoma rispetto a quelle espresse con ciascuna altra az. Se è però certo che il socio può intervenire in assemblea con alcune soltanto delle azioni di cui è titolare (Jaeger, Tr. Colombo-Portale, 3*, 468), non altrettanto sicuro è che allo stesso sia consentito votare con alcune azioni a favore della proposta, e con altre in senso opposto. Le motivazioni alla base del voto divergente possono essere molteplici: si pensi, ad esempio, al fiduciario di una pluralità di soggetti, che si conforma alle (contrastanti) direttive in ordine al voto, ricevute dai diversi fiducianti; oppure all’azionista che, pur contribuendo all’assunzione di una determinata deliberazione, voglia riservarsi il potere di impugnarla (v. Jaeger, 462ss.).

    2

    Il voto divergente è riconosciuto come legittimo dalla maggior parte della dottrina (Jaeger, 461ss.; Id., Il voto «divergente» nella s.p.a., 1ss.), sebbene molti autori individuino un limite di ammissibilità nell’obbligo di correttezza che fa capo ai soci, e nella circostanza che il voto stesso nella duplice direzione sia in concreto oggettivamente giustificato (Campobasso, Rif. Soc.2, 208; v. altresì Di Sabato, Dir. soc.3; Angelici, Le az., Comm. Schlesinger, 149ss.; Id., Tr. Rescigno, XVI, 215; in giuri. V., nel senso dell’ammissibilità solo ove esso realizzi un interesse meritevole di tutela, App. Bologna 10-7-1995, G. it. 96, I, 2, 590); in quest’ottica, esso sarebbe illegittimo, ad es., se esercitato dall’azionista al solo scopo di riservarsi il potere di impugnare la deliberazione (secondo Jaeger, Tr. Colombo-Portale, 3*, 482, invece, il voto divergente resta legittimo anche in questo caso, dovendo la sanzione per l’abuso del socio collocarsi sul piano dell’impugnazione della delibera, portando al diniego dell’ammissibilità della domanda di annullamento). Nel senso, invece, della radicale inammissibilità, v. Visentini, Azioni di soc., Enc. D., 977ss.; secondo Ferrara-Corsi, Impr. soc.15, esso è legittimo solo in particolari ipotesi (rappresentante o fiduciario di più soci); per l’ammissibilità in caso di rappresentante di più azionisti v. Trib. Torino 14-4-1989, G. comm. 90, II, 158.

    3

    Nel caso e per tutte le ipotesi in cui si assuma l’illegittimità del voto divergente, la sanzione dovrebbe consistere nell’invalidità di tutti i voti espressi dal socio; gli stessi dovrebbero pertanto essere esclusi dal computo effettuato dal presidente dell’assemblea, in sede di determinazione del risultato della votazione, e, se conteggiati, comporterebbero l’invalidità della deliberazione alle condizioni previste dall’art. 2377, 5° co., n. 2.

    1

    I sindacati di voto rientrano nella più ampia categoria dei patti parasociali (v. sub artt. 2341 biss.): sono accordi, stipulati da alcuni o tutti i soci, con i quali i contraenti si obbligano ad esercitare secondo determinate modalità ed in una certa direzione il proprio dir. di voto nell’assemblea: ad esempio, votando conformemente alla volontà espressa, in una riunione precedente l’assemblea, dalla maggioranza dei partecipanti al sindacato. L’esercizio del dir. di voto può restare affidato ai soci partecipanti, oppure essere attribuito ad altri soggetti, come, ad esempio, ad un giratario per procura delle az. dei soci.

    2

    Il sindacato di voto, come ogni altro p. p., non esplica alcun effetto all’interno dell’organizzazione sociale, ma produce esclusivamente effetti obbligatori tra i soggetti contraenti. Pertanto, il voto espresso da un partecipante, in violazione dell’obbligo scaturente dal patto, resta valido e non può mai comportare l’invalidità della deliberaz.; la violazione è sanzionata esclusivamente con l’obbligo per il socio di risarcire il danno subito dagli altri contraenti.

    3

    Il patto può riferirsi ad una sola assemblea, oppure a più assemblee, entro i limiti temporali ed alle condizioni stabilite dall’art. 2341 bis.

    4

    La liceità in generale dei p. p. non è più discutibile, alla luce delle ripetute disposizioni normative che vi si riferiscono; la questione della loro validità va piuttosto affrontata caso per caso, alla luce del concreto contenuto del singolo patto (ad esempio, non sarebbe valido il sindacato che imponesse ai partecipanti di votare a favore di una proposta con oggetto impossibile o illecito).

    5

    Per la durata, il diritto di recesso dei partecipanti, e gli obblighi di trasparenza, v. artt. 2341 bis s.

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