23.1. Introduzione - 23.2. Definizione di crisi e di insolvenza - 23.3. Adeguati assetti per la rilevazione tempestiva della crisi di impresa - 23.3.1. Obblighi riferiti alle misure e agli assetti per la rilevazione tempestiva della crisi - 23.3.2. Segnalazione dell’organo di controllo - 23.3.3. Segnalazioni dei creditori pubblici qualificati - 23.3.4. Segnalazioni da parte delle banche e degli intermediari finanziari - 23.4. Modalità di accertamento della crisi - 23.4.1. Approccio esterno - 23.4.2. Approccio interno-consuntivo - 23.4.3. Approccio interno-previsionale - 23.5. Flussi di cassa come perno del sistema di allerta - 23.6. Profili tecnici degli adeguati assetti per la rilevazione tempestiva della crisi - 23.6.1. Policy aziendale per la rilevazione tempestiva della crisi - 23.6.2. Prospetti per le verifiche - 23.6.3. Report di verifica - 23.6.4. Pregiudizio alla continuità aziendale
23.1. Introduzione
23.1.IntroduzioneIl Codice della Crisi (D.Lgs. n. 14/2019) aveva introdotto il sistema di allerta, finalizzato ad intercettare tempestivamente i segnali di crisi, ma tale sistema
non è mai entrato in vigore. Infatti, dapprima il D.L. n. 23/2020 (c.d. Decreto “Liquidità) ne differiva l’entrata in vigore al 1° settembre 2021.
Quindi il D.L. n. 118/2021 ne aveva ulteriormente posticipato l’entrata in vigore al 16 maggio 2022 e, in particolare,
aveva differito l’entrata in vigore del sistema di allerta al 31 dicembre 2023.
Il 15 luglio 2022 è entrato in vigore il D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83 “Modifiche al codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, in attuazione della direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull’insolvenza)” che ha definitivamente abrogato il Titolo II del Codice della Crisi, ossia la parte che istituiva il sistema di allerta e lo ha sostituito con quanto di seguito descritto.
23.2. Definizione di crisi e di insolvenza
23.2.Definizione di crisi e di insolvenzaViene modificata la definizione di “crisi”, che adesso deve intendersi come “lo stato
del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte
alle obbligazioni nei successivi dodici mesi” (art. 2, D.Lgs. n. 14/2019). Da tali parole si evince che il concetto di crisi non è definito in relazione alle
sue cause, ma solo in riferimento ai suoi effetti, ossia la crisi come probabilità di insolvenza. La definizione fissa anche chiaramente quale sia il metodo oggettivo di determinazione
della crisi che consiste nella prospezione per i successivi 12 mesi dell’andamento
della liquidità aziendale, stabilendo che se in questo arco temporale futuro si prevede che la liquidità esistente
al momento dell’accertamento, aumentata delle entrate di cassa previste e diminuita
delle uscita di liquidità per far fronte agli impegni esistenti e a quelli che sorgeranno
in futuro e che richiederanno una uscita nei successivi 12 mesi porti ad un valore
negativo (deficit di cassa), allora si è in presenza di uno stato di crisi.
L’insolvenza è invece definita come lo stato del debitore che non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni e che si manifesta con inadempimenti o altri fatti esteriori (art. 2, c. 1, lett. b), D.Lgs. n. 14/2019).
23.3. Adeguati assetti per la rilevazione tempestiva della crisi di impresa
23.3.Adeguati assetti per la rilevazione tempestiva della crisi di impresaIl Codice della Crisi e dell’Insolvenza stabilisce l’obbligo per qualunque imprenditore di essere in grado di rilevare tempestivamente la crisi di impresa, in modo che si abbia il tempo di scongiurare l’insolvenza prospettata. Sebbene l’obbligo esista per ogni imprenditore, gli obblighi sono distinti per l’imprenditore individuale e per quello collettivo.
Più in particolare, l’imprenditore collettivo deve istituire un “assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato ai sensi dell’articolo 2086 del codice civile, ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell’assunzione di idonee iniziative” (art. 3). Le società quindi dovranno quindi dotarsi:
-
di una adeguata organizzazione per rilevar tempestivamente la crisi, definendo i compiti spettanti agli organi societari di governo e controllo e il sistema di controllo interno;
-
di un adeguato assetto amministrativo che riguarda la strutturazione il funzionamento di un adeguato sistema di pianificazione e controllo dei risultati a consuntivo;
-
di un adeguato assetto contabile che permetta poi la identificazione degli indicatori di crisi di cui al successivo paragrafo (
23.3.1.).
L’imprenditore individuale dovrà invece adottare “misure” idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte, dove per “misure” si deve intendere, sia la scelta di indicatori significativi dello stato di crisi, ma anche procedure di controllo, anche ricorrendo al consulente di cui si avvale.
23.3.1. Obblighi riferiti alle misure e agli assetti per la rilevazione tempestiva della crisi
23.3.1.Obblighi riferiti alle misure e agli assetti per la rilevazione tempestiva della crisiAl fine di prevedere tempestivamente l’emersione della crisi d’impresa, le misure a carico dell’imprenditore individuale e gli assetti a carico delle società devono consentire di accertare i segnali di crisi definiti come segue (art. 3, D.Lgs. n. 14/2019).
Identificazione squilibri
Gli assetti societari devono permettere di “rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore” (art. 3, lett. a), D.Lgs. n. 14/2019).
È bene dire che questo concetto, e soprattutto l’uso della proposizione disgiuntiva “o”, lascia chi scrive molto perplesso. Per il Codice della Crisi la crisi consiste in uno “squilibrio economico-finanziario”. L’assenza del riferimento allo squilibrio “patrimoniale” che invece nel D.L. n. 118/2021 è presente, è giustificata dal fatto che squilibri nella composizione del patrimonio rilevano per l’accertamento della crisi solo nella misura in cui probabilmente determineranno squilibri nei flussi economico-finanziari. Un peso eccessivo del passivo bancario a breve a fronte di attivi prevalentemente immobilizzati è pericoloso perché a breve richiederà ingenti flussi finanziari in uscita per rimborsare quei prestiti e che potrebbero non trovar corrispondenti risorse nell’attivo. Ma anche in questo caso, è ovvio che le risorse per fronteggiare tali prossime uscite potrebbero derivare non solo dalla liquidità esistente (profilo patrimoniale) ma anche, e forse, soprattutto, dalla liquidità generata dalla prossima gestione “economico-finanziaria”, ossia dal circuito vendite-incassi. In altre parole, uno squilibrio patrimoniale che non implichi uno squilibrio economico-finanziario è un costrutto che regge poco sul piano aziendale. Per cui dal punto di vista logico non ci sembra corretto individuare lo squilibrio patrimoniale, ossia a prescindere dai riflessi sui flussi di cassa, come una condizione sufficiente per attivare la composizione negoziata come invece l’uso della proposizione “o” sembra permettere. La condizione sufficiente è invece uno stato accertabile di “squilibrio economico-finanziario”.
Gli squilibri patrimoniali
Lo squilibrio patrimoniale che si è detto come condizione avere scarso valore sul piano generale, assume però piena valenza autonoma in una circostanza specifica che è la perdita del capitale sociale che è causa di scioglimento della società (art. 2484 c.c.) o anche nella meno grave “erosione di oltre un terzo” di cui all’art. 2446 c.c. A parte questi due casi specifici di perdita (totale o parziale) del capitale sociale, prevedere l’attivazione basandosi su uno “squilibrio patrimoniale” senza considerare l’effetto economico-finanziario rende anche tutto molto opinabile.
Infatti, mentre la sussistenza dell’equilibrio economico-finanziario dal punto di vista logico presenta il chiaro discrimine dato dalla presenza (si veda in merito CNDCEC, Principi di Attestazione dei piani di risanamento, par. 6.7.6.) (o previsione per il futuro) di un flusso operativo di cassa positivo e tale da permettere il rinnovo della struttura e il rimborso dei finanziamenti, lo “squilibrio patrimoniale” non è accertabile con un acid-test così netto.
È squilibrata un’impresa che ha il 70% delle fonti come passivo finanziario a breve? O lo è se tale valore supera la soglia del 90% o del 60%? Oppure si devono guardare altri indici “patrimoniali” di bilancio (margini di struttura, posizione finanziaria netta, ecc.)? Sono domande retoriche, non essendovi risposta univoca.
Ciascuno di quei valori può tradursi in uno squilibrio economico-finanziario, dipende dalla dinamica complessiva della gestione. Per cui con lo stesso valore di incidenza del passivo a breve si possono trovare sia aziende in crisi, sia altre perfettamente in bonis e anche nello stesso settore di riferimento.
Lasciare il riferimento allo “squilibrio patrimoniale” autonomamente considerato concede
veramente eccessiva latitudine di comportamenti all’imprenditore. Vi è chi potrebbe
ritenere “squilibrato” un valore di un indice di struttura patrimoniale (rapporto
indebitamento, rapporto tra PFN e capitale netto, ecc.) al di sotto di una media di settore che ciascuno può calcolare in vari modi, altri ancora che individuano lo squilibrio
patrimoniale come un peggioramento dell’indice prescelto rispetto agli esercizi precedenti
e via discorrendo. Val la pena di ricordare che mentre nell’allerta e composizione assistita i parametri per l’innesco della procedura sono chiaramente definiti, in questo caso
l’imprenditore non ha indicatori e relative soglie di riferimento se non il concetto
generale di “squilibrio”.
La sostenibilità dei debiti
Gli assetti societari devono permettere anche di “verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i dodici mesi successivi” e rilevare i seguenti segnali, e, anche prima dell’emersione della crisi o dell’insolvenza:
-
l’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno trenta giorni pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;
-
l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno novanta giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;
-
l’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di sessanta giorni o che abbiano superato da almeno sessanta giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il cinque per cento del totale delle esposizioni;
-
l’esistenza di una o più delle esposizioni debitorie previste dall’articolo 25-novies, comma 1.” (
23.3.).
Il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento
Gli assetti societari devono consentire infine di “ricavare le informazioni necessarie a utilizzare la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento di cui all’articolo 13, al comma 2.”
Quest’ultima norma dispone che sulla piattaforma telematica disponibile sub https://composizionenegoziata.camcom.it/ si trova un foglio di calcolo che permette di verificare la ragionevole perseguibilità del risanamento accertando che nei successivi 12 mesi le disponibilità liquide siano sufficienti a garantire il rimborso delle obbligazioni assunte.
Sulla stessa piattaforma si trova anche una lista di controllo particolareggiata, adeguata anche alle esigenze delle micro, piccole e medie imprese, che contiene indicazioni operative per la redazione del piano di risanamento. La struttura della piattaforma, il contenuto della lista di controllo particolareggiata, le modalità di esecuzione del test pratico sono definiti dal decreto dirigenziale del Ministero della giustizia adottato ai sensi dell’art. 3, D.L. 24 agosto 2021, n. 118.
23.3.2. Segnalazione dell’organo di controllo
23.3.2.Segnalazione dell’organo di controlloL’organo di controllo societario e il soggetto incaricato della revisione legale, nell’esercizio delle rispettive funzioni, devono segnalare, per iscritto, all’organo amministrativo la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza di ammissione alla composizione negoziata che si basa sull’accertamento di squilibri patrimoniali o economico-finanziari tali da rendere probabile l’insolvenza entro i successivi 12 mesi (art. 25-octies, D.Lgs. n. 14/2019).
La segnalazione è motivata e trasmessa con mezzi che assicurano la prova dell’avvenuta ricezione e contiene la fissazione di un congruo termine, non superiore a 30 giorni, entro il quale l’organo amministrativo deve riferire in ordine alle iniziative intraprese. In pendenza delle trattative, rimane fermo il dovere di vigilanza (art. 2403 c.c.).
La tempestiva segnalazione all’organo amministrativo ai sensi del comma 1 e la vigilanza sull’andamento delle trattative sono valutate ai fini esclusione della responsabilità prevista dall’art. 2407 c.c. o dall’art. 15 del D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 39. La segnalazione è in ogni caso considerata tempestiva se interviene nel termine di sessanta giorni dalla conoscenza delle condizioni di cui all’art. 2, c. 1, lett. a), da parte dell’organo di controllo o di revisione.
In sostanza, sia l’organo di controllo societario che il revisore legale dovranno individuare gli squilibri patrimoniali o economico-finanziari. Ciò implica che ciascuna società si deve dotare di una policy individuale dove si definiranno soglie standard di alcuni indicatori di bilancio, con “allerte” inviate all’imprenditore dall’organo di controllo. Certamente assumeranno ancor più importanza benchmark settoriali prodotti dai vari provider presenti sul mercato.
Si segnala che ASSIREVI ha pubblicato a dicembre 2024 il proprio Documento di Ricerca 259 che fornisce regole di comportamento per il revisore legale per la segnalazione dello stato di crisi.
23.3.3. Segnalazioni dei creditori pubblici qualificati
23.3.3.Segnalazioni dei creditori pubblici qualificatiUlteriori segnali di crisi sono affidati a specifici creditori pubblici qualificati, quali l’INPS, l’INAIL, l’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate Riscossione (art. 25-novies, D.Lgs. n. 14/2019). Essi devono segnalare all’imprenditore e, ove esistente, all’organo di controllo, nella persona del presidente del collegio sindacale in caso di organo collegiale, a mezzo di posta elettronica certificata o, in mancanza, mediante raccomandata con avviso di ricevimento inviata all’indirizzo risultante dall’anagrafe tributaria, le seguenti esposizioni debitorie dell’impresa:
-
per l’Istituto nazionale della previdenza sociale, il ritardo di oltre 90 giorni nel versamento di contributi previdenziali di ammontare superiore:
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per le imprese con lavoratori subordinati e parasubordinati, al 30% di quelli dovuti nell’anno precedente e all’importo di euro 15.000;
-
per le imprese senza lavoratori subordinati e parasubordinati, all’importo di euro 5.000. Tale ritardo si deve riferire a debiti accertati a decorrere dal 1° gennaio 2022;
-
-
per l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, l’esistenza di un debito per premi assicurativi scaduto da oltre 90 giorni e non versato superiore all’importo di euro 5.000. Tale ritardo si deve riferire a debiti accertati a decorrere dal 15 luglio 2022;
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per l’Agenzia delle Entrate, l’esistenza di un debito scaduto e non versato relativo all’imposta sul valore aggiunto, risultante dalla comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche (art. 21-bis, D.L. n. 78/2010), superiore all’importo di euro 5.000. Tale ritardo si deve riferire a debiti risultanti dalle comunicazioni periodiche relative al primo trimestre dell’anno 2022;
-
per l’Agenzia delle Entrate Riscossione, l’esistenza di crediti affidati per la riscossione, autodichiarati o definitivamente accertati e scaduti da oltre 90 giorni, superiori, per le imprese individuali, all’importo di euro 100.000, per le società di persone, all’importo di euro 200.000 e, per le altre società, all’importo di euro 500.000. Tale ritardo si deve riferire ai carichi affidati all’agente della riscossione a decorrere dal 1° luglio 2022.
Le segnalazioni suddette sono inviate:
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dall’Agenzia delle Entrate, entro 60 giorni dal termine di presentazione delle comunicazioni (art. 21-bis, D.L. n. 78/2010);
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dall’Istituto nazionale della previdenza sociale, dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e dall’Agenzia delle Entrate Riscossione, entro 60 giorni decorrenti dal verificarsi delle condizioni o dal superamento degli importi indicati (art. 25-novies, c. 1, D.Lgs. n. 14/2019).
23.3.4. Segnalazioni da parte delle banche e degli intermediari finanziari
23.3.4.Segnalazioni da parte delle banche e degli intermediari finanziariLe banche e gli altri intermediari finanziari (art. 106, D.Lgs. n. 385/1993), nel momento in cui comunicano al cliente variazioni n senso peggiorativo, sospensioni o revoche degli affidamenti, ne danno notizia anche agli organi di controllo societari, se esistenti (art. 25-decies, D.Lgs. n. 14/2019).
Doveri di segnalazione previsti dagli standard professionali
Gli standard professionali per il revisore contabile e per il collegio sindacale hanno comunque già previsto da tempo dei doveri di segnalazione in presenza di rischi di continuità per crisi aziendale.
Per quanto riguarda l’attività di revisione legale, il Principio di revisione ISA Italia 570 (continuità aziendale), stabilisce (par. 13) che il revisore deve valutare la sussistenza del requisito della continuità aziendale lungo lo stesso orizzonte temporale usato dalla direzione nella propria attività di pianificazione.
Lo stesso principio stabilisce che se tale prospezione è inferiore a 12 mesi, il revisore deve comunque estendere la sua valutazione almeno ai prossimi 12 mesi.
Per il collegio sindacale, le Norme di comportamento diffuse dal CNDCEC per le società non quotate stabiliscono (Norma 11.1. Prevenzione ed emersione della crisi) che il collegio sindacale, nello svolgimento della funzione riconosciutagli dalla legge, vigila che il sistema di controllo e gli assetti organizzativi adottati dalla società risultino adeguati a rilevare tempestivamente segnali che facciano emergere dubbi significativi sulla capacità dell’impresa di continuare ad operare come una entità in funzionamento.
Il collegio sindacale può chiedere chiarimenti all’organo di amministrazione e, se del caso, sollecitarlo ad adottare opportuni provvedimenti.
Ogni volta in cui il collegio sindacale, anche a seguito dello scambio di informazioni con l’incaricato della revisione legale, ritenga che il sistema di controllo interno e gli assetti non risultino adeguati a rilevare segnali che possano far emergere dubbi significativi sulla capacità dell’impresa a continuare ad operare come entità in funzionamento è opportuno che (commento Norma 11.1.):
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richieda all’organo amministrativo di fornire informazioni e chiarimenti in merito (Norme 4.2. e 5.2.);
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richieda all’organo amministrativo di intervenire tempestivamente con provvedimenti idonei a garantire la continuità aziendale nel caso di conferma dei dubbi o di insufficienti informazioni e chiarimenti da parte degli amministratori;
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vigili sull’attuazione dei provvedimenti adottati dall’organo amministrativo, sollecitando, se del caso, l’adozione anche di uno degli istituti di composizione negoziale della crisi.
È auspicabile che il collegio sindacale vigili attentamente effettuando controlli e ispezioni tanto più mirati quanto più evidenti siano i segnali di crisi.
In sostanza, sebbene non esclusivamente riferiti alla crisi, quanto al più generale problema della continuità aziendale, gli organi di controllo sono già tenuti a richiedere all’impresa l’impiego di strumenti di pianificazione capaci di prospettare probabili insolvenze.
23.4. Modalità di accertamento della crisi
23.4.Modalità di accertamento della crisiÈ possibile delineare tre possibili approcci per l’accertamento della crisi, ciascuno dei quali presenta delle potenzialità e dei limiti e che solo nel loro assieme permettono un compiuto apprezzamento della crisi e dei suoi indizi: l’approccio esterno, l’approccio interno-consuntivo e l’approccio interno-previsionale.
23.4.1. Approccio esterno
23.4.1.Approccio esternoL’approccio esterno si basa su specifiche evidenze dei progressivi inadempimenti da parte dell’impresa. Esso si qualifica come esterno in quanto l’effetto dei comportamenti si riflette nella sfera economica dei terzi creditori ed è quindi osservabile anche dall’esterno.
Il peggioramento delle tensioni finanziarie si traduce in effetti in una progressione di eventi che tipicamente prende spunto da ritardi nei pagamenti dei fornitori meno “strategici” e conseguenti solleciti e diffide. Peggiora poi con l’omesso versamento di ritenute previdenziali ed erariali per giungere a non rispettare scadenze nei fornitori essenziali. La percezione di tali difficoltà da parte dei finanziatori, e delle banche in particolare, determina quindi conseguenze in termini di revoca dei fidi concessi, richieste di rientro dei finanziamenti.
Da tali premesse discende quindi l’inizio delle azioni esecutive da parte dei creditori e il blocco delle forniture essenziali. A quel punto la gestione è ormai compromessa e le istanze di liquidazione giudiziale o sono già state presentate.
In questo senso la crisi può esser definita come uno degli stadi della progressiva insolvenza che si afferma entro la suddetta successione involutiva di eventi, senza ritenere di proporre uno di tali eventi in particolare.
Questo approccio ha il vantaggio della evidenza oggettiva (ritardo di pagamento, domanda di azione esecutiva, ecc.) risultante anche all’esterno. Il notevole svantaggio che lo caratterizza dipende tuttavia dalla emersione tardiva, in quanto, sia pur con fasi progressive, si è già manifestata una insolvenza, sia pur non definitiva e circoscritta ad alcuni e non a tutti creditori e dalla mancanza di una rappresentazione di sintesi della complessiva situazione aziendale, che potrebbe esser buona nonostante l’inadempimento accertato verso uno specifico creditore.
23.4.2. Approccio interno-consuntivo
23.4.2.Approccio interno-consuntivoQuesto approccio si basa sui consuntivi contabili elaborati dall’azienda. È interno in quanto l’accertamento trae origine dalle situazioni contabili infrannuali elaborate internamente (che poi sfociano ogni esercizio nella pubblicazione del bilancio); è consuntivo, perché si basa su una fotografia della situazione finanziaria aziendale quale risulta dai saldi contabili. Per tale motivo, entro questo approccio ricadono tutti i modelli, più o meno supportati da rigorosi metodi scientifici, che identificano l’accertamento della crisi come un giudizio sulla gravità della situazione finanziaria scaturente da singoli o più spesso combinazioni di indicatori economico-finanziari.
Ci si può basare sia su indicatori statici patrimoniali (rapporti di indebitamento, rapporti tra attività e passività correnti, ecc.), sia su indicatori di flusso economico (andamento dei ricavi, dei margini operativi, ecc.) e/o finanziario (flusso di cassa prodotto dalla gestione operativa o reddituale), sia su combinazioni dei predetti indici (dal molto usato rapporto tra EBITDA e passivo finanziario, fino al meno usato ma assolutamente da apprezzare rapporto tra flusso di cassa reddituale e ricavi).
Il vantaggio basilare di questo approccio è la sua natura eminentemente quantitativa fondata sull’utilizzo di saldi contabili, per cui si potrebbe giungere a proporre addirittura delle soglie numeriche di certi indicatori oltre le quali l’impresa è definibile “in crisi”. Se poi si usassero i bilanci pubblicati, lo stato di crisi sarebbe anche accertabile dall’esterno, essendo sufficiente un minimo di competenze aziendali.
Tale approccio, tuttavia, risente di due forti limiti.
Il primo limite consiste nello stabilire quali debbano essere i valori “soglia” degli indicatori.
Tale definizione presuppone un confronto contestuale con altre aziende omogenee per natura dell’attività, settore di appartenenza, ambito geografico di operatività, dimensione. Questi profili infatti condizionano sensibilmente i valori che possono assumere tali indicatori. Per cui sarebbe necessario disporre di capaci data-base che con rapide frequenze selezionino degli opportuni campioni di confronto.
Il limite principale, tuttavia, dipende dalla natura consuntiva dei dati contabili. Questi ultimi riepilogano gli esiti monetari delle operazioni concluse e, finché si usano dati patrimoniali ed economici, sono in parte condizionati da soggettivi criteri di valutazione. Non si è in grado con essi di capire quali siano le prospettive gestionali, l’esito futuro degli investimenti in corso, le riserve di indebitamento dell’impresa, tutti elementi che condizionano notevolmente l’esistenza o meno di probabilità di insolvenza futura.
Gli indici di bilancio sono spesso usati per comporre dei modelli di previsione delle insolvenze. Tali modelli si basano nella maggior parte dei casi sull’analisi discriminante (a
partire dal famoso Modello di Altman del 1968) basata su una certa funzione tipo Z
= aX1 + bX2 + cX3 + dX4 +eX5+………..dove le X sono costituite dagli indici di bilancio
che lo sviluppatore ritiene più opportuni e le lettere rappresentano i pesi attribuiti.
Applicando tale funzione al bilancio di un’impresa si ottiene un certo valore Z che, comparato con dei valori soglia che in precedenza l’autore ha calcolato usando un campione di imprese “sane” ed un campione di imprese insolventi, permette di capire se l’impresa esaminata “assomiglia di più” alle prime o alle seconde.
I modelli di previsione delle insolvenze di tal genere possono essere utili strumenti di segnalazione degli indizi di crisi ma vi è anche il rischio di un loro impiego acritico.
Tali modelli non esprimono la probabilità di insolvenza ma solo la somiglianza dell’impresa esaminata a quel campione di imprese insolventi usato per calcolare il valore Z di soglia. Per cui qualunque diversità spaziale, temporale, dimensionale (solo per limitarci alle differenze più significative) tra l’impresa esaminata e tale campione, finisce per rendere di nessun rilievo il confronto tra gli Z score.
23.4.3. Approccio interno-previsionale
23.4.3.Approccio interno-previsionaleIl terzo approccio definisce la crisi sulla base dei piani economico-finanziari. Si capisce quindi che esso sia possibile solo disponendo di una vista “interna” dell’impresa, che permetta di consultare i piani previsionali predisposti dall’imprenditore. Esso si qualifica “previsionale” nella misura in cui i piani espongono la futura dinamica gestionale e non si basano, così come nell’approccio precedente, sui consuntivi della gestione trascorsa.
Definendo in termini generali la crisi come probabilità (futura) di insolvenza, tale approccio è quello più logico in quanto si preoccupa di valutare contabilmente quale sarà il momento futuro in cui l’azienda diverrà insolvente, ossia senza più disponibilità finanziarie per adempiere le obbligazioni fino a quel momento assunte.
L’approccio interno-previsionale presenta al pari degli altri due approcci, delle obiezioni di cui tener conto.
La prima perplessità deriva dal fatto che la pianificazione finanziaria non è ancora una prassi manageriale diffusa capillarmente. Molte imprese, anche non necessariamente di minore dimensione, sviluppano dei budget solo economici e con orizzonte temporale raramente superiore al termine dell’esercizio successivo. In questo senso definire la crisi nei termini suddetti e attribuire conseguentemente agli organi di controllo la responsabilità in chiave di attivazione dell’allerta impone alle imprese un maggior ricorso di tale strumentazione previsionale. Si tenga poi conto che gli attuali obblighi posti a sindaci e revisori contabili già impongono direttamente o meno una simile pianificazione.
La seconda obiezione deriva dalla circostanza che i piani presentati dall’imprenditore possono essere inattendibili, costruiti anche in buonafede nell’ipotesi che la gestione futura sia ben migliore di quanto uno scrutinio attento facilmente rilevi. In questo senso è di auspicio che la discussione succedutasi intorno al ruolo delle attestazioni del revisore contabile indipendente ha fatto acquisire piena consapevolezza nella professione dell’importanza di rigorosi standard per la valutazione dei piani, che è sfociata poi nella emanazione e applicazione dei “Principi di attestazione dei piani di risanamento”. La graduale affermazione nella professione di crescenti capacità nella valutazione critica dei piani di impresa è anche favorevolmente supportata dalla ormai necessaria predisposizione di piani quali presupposto per certe valutazioni di bilancio (impairment di avviamento e partecipazioni, recupero imposte anticipate, ecc.).
23.5. Flussi di cassa come perno del sistema di allerta
23.5.Flussi di cassa come perno del sistema di allertaSe la crisi è l’incapacità dei flussi di cassa prospettici di fronteggiare l’adempimento
delle obbligazioni assunte e pianificate (art. 2, D.Lgs. n. 14/2019), il terzo approccio interno-previsionale per l’accertamento della crisi (23.4.3.) è il più allineato concettualmente.
La condizione di incapacità dei flussi di cassa prospettici di adempiere le obbligazioni esistenti e quelle pianificate significa che l’impresa non è in grado di generare prospetticamente, tramite la propria gestione caratteristica, sufficiente cassa per il pagamento dei debiti.
Il riferimento deve essere non solo limitato alle disponibilità liquide attuali e ai debiti attuali, altrimenti si ricadrebbe nell’approccio interno-consuntivo, quanto anche a quella cassa ed a quei debiti ad oggi non risultanti ma la cui assunzione futura sia pianificata sulla base del previsto andamento gestionale (ad esempio, se si ipotizza un certo volume di acquisti futuri, se ne dovranno pianificare i relativi esborsi).
I due profili tecnici implicati da tale definizione riguardano il concetto di flusso di cassa reddituale e la sua relazione con gli altri flussi e il ruolo dei piani finanziari prospettici. È opportuno quindi chiarire meglio questi due aspetti.
Il flusso di cassa reddituale (o operativo) è la differenza tra entrate monetarie da clienti e uscite monetarie a fornitori di beni e servizi. Esso rappresenta la prima delle tre aree di cui si compone il Rendiconto finanziario. Le altre due aree sono costituite dal flusso di cassa da investimenti (uscite per nuovi acquisti, entrate per dismissioni) e dal flusso di cassa da finanziamenti (entrate per nuovi finanziamenti, a titolo di capitale proprio o di debiti di finanziamento ed uscite per dividendi e rimborsi dei medesimi oltre a pagamento di dividendi.
In un’impresa in equilibrio, i flussi di cassa reddituali devono essere positivi e impiegati per investire nella struttura e rimborsare armonicamente i finanziamenti ottenuti. In altre parole, in equilibrio il flusso di reddituale di cassa deve essere superiore alla somma degli altri due flussi, in modo da ottenere liquidità finali maggiori delle iniziali, idonee a supportare i successivi esercizi.
23.6. Profili tecnici degli adeguati assetti per la rilevazione tempestiva della crisi
23.6.Profili tecnici degli adeguati assetti per la rilevazione tempestiva della crisiGli adeguati assetti dovranno quantomeno prevedere una procedura scritta per la rilevazione tempestiva della crisi con conseguente assegnazione di responsabilità, di 3 prospetti tecnico-contabili di base e di un report finale.
Tale struttura essenziale permette di considerare assolto l’obbligo a carico dell’imprenditore di dotarsi di un “assetto organizzativo” idoneo a permettere la prevenzione della crisi.
23.6.1. Policy aziendale per la rilevazione tempestiva della crisi
23.6.1.Policy aziendale per la rilevazione tempestiva della crisiUn adeguato assetto organizzativo presuppone che siano assegnati compiti e conseguenti responsabilità ai soggetti coinvolti:
-
ufficio fornitori, per la comunicazione dei solleciti pervenuti ed i dati provenienti dall’archivio fornitori;
-
ufficio finanza, per il monitoraggio del debito bancario e dell’andamento degli affidamenti, oltre che per la comunicazione di solleciti e ingiunzioni pervenute dalle banche;
-
legale, per la comunicazione di ogni sollecito o diffida pervenuta dai creditori, di azioni esecutive intentate da terzi per inadempimenti contrattuali e di contenziosi;
-
contabilità, per i dati contabili necessari ad osservare la dinamica dell’andamento delle obbligazioni e come base di partenza per la previsione dei flussi di cassa futuri.
Dovrà inoltre stabilire periodicamente la reportistica da fornire agli organi di controllo affinché questi svolgano le verifiche loro imposte dal D.Lgs. n. 14/2019. La frequenza dovrebbe essere almeno trimestrale, in relazione alle riunioni del collegio sindacale, per quanto situazioni particolari o il semplice aggravarsi delle condizioni possano richiedere monitoraggi più stretti.
23.6.2. Prospetti per le verifiche
23.6.2.Prospetti per le verificheI prospetti utilizzabili per la rilevazione tempestiva della crisi possono assumere
molteplici tipologie. Si ritiene necessario che tali prospetti permettano di cogliere
tutti i 3 approcci di accertamento degli indizi di crisi (23.4.). In particolare, si presentano:
-
il report creditori;
-
il report indici di bilancio e benchmark;
-
il report piano finanziario e calcolo DSCR.
Report creditori
Deve sintetizzare le risultanze dell’approccio esterno (23.4.1.).
Dovrà essere articolato per creditore, poi raggruppati in classi omogenee: fornitori strategici, fornitori commerciali, altri creditori operati, banche, altri creditori finanziari.
Per ciascun creditore il prospetto mostrerà il saldo contabile del relativo conto di contabilità e l’importo del debito scaduto, possibilmente suddiviso per ampiezza del ritardo.
Creditori | Saldo | Scaduto | Mora | Solleciti | Azioni |
Fornitori | |||||
Altri fornitori | |||||
Banche | |||||
Altri finanziatori | |||||
TOTALI |
È un prospetto consuntivo che unisce dati contabili ed eventi connessi alla relazione con il creditore. In quanto tale, è un fondamentale strumento di verifica di indizi di crisi con il criterio esterno-oggettivo.
Il prospetto dovrà specificatamente permettere di rilevare:
-
l’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno 30 giorni per un ammontare pari ad oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni e
-
l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno 90 giorni per un ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti.
Importante è poi disporre di un report specifico che evidenzi il debito verso i creditori pubblici qualificati (l’INPS, l’INAIL, l’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate-Riscossione di cui a
23.3.3.), mostrando il saldo corrente comparato alle soglie che fanno scattare la segnalazione all’imprenditore.
Sempre con riferimento ai fornitori, un adeguato assetto amministrativo per la rilevazione dei segnali di crisi deve prevedere il costante monitoraggio sulla presenza di messe in mora da parte di fornitori e azioni di recupero crediti da queste intentate.
Report indici di bilancio
Il secondo prospetto deve essere rappresentato dal quadro degli indici di bilancio, che permettano di valutare l’esistenza di squilibri economico-finanziari che possono determinare stati di crisi.
Con riferimento all’analisi della situazione finanziaria, è opportuno presentare tanto indicatori di composizione patrimoniale (es rapporto tra disponibilità liquide e passività a breve), quanto rapporti tra flussi, come il rapporto tra flusso di cassa operativo e ricavi, per esaminare l’efficienza nella capacità di generare cassa dalla gestione, e tra flusso di cassa operativo e debiti a breve termine, per vedere la capacità di onorare le scadenze a breve tramite il flusso normale di cassa.
La sostenibilità del debito è osservata anche con riferimento al profilo patrimoniale (i vari rapporti di indebitamento), e al profilo economico (costi/ricavi e calcolo dei vari indici di redditività ed efficienza). L’analisi del costo del debito deve sempre essere un parametro monitorato.
Tali indicatori saranno presentati nella loro successione temporale, e confrontati tanto con i dati di budget interni, quanto con i dati di settore, sempre più spesso acquisibili da appositi fornitori specializzati.
Report piano finanziario a breve termine
Il terzo prospetto consiste nel piano finanziario, possibilmente almeno annuale, dove a partire dalla cassa iniziale si presenta la dinamica finanziaria per entrate e uscite suddivise per categorie di soggetti/operazioni. La scansione temporale deve essere almeno trimestrale, per quanto sia consigliabile una articolazione per periodi più brevi. Il trimestre è infatti intervallo nel quale si svolgono le verifiche da parte dell’organo di controllo.
L’analisi del flusso di cassa ha rilievo autonomo ma è determinante per stabilire la previsione di deficit
di cassa, considerando anche la possibilità di utilizzare degli affidamenti residui.
Flussi di cassa | 1/1/t | 1° trim | 2° trim. | 3° trim | 4° trim | annuale | budget |
Cassa iniziale | |||||||
Entrate | |||||||
clienti | |||||||
altri commerciali | |||||||
banche | |||||||
altri finanziatori | |||||||
Uscite | |||||||
fornitori | |||||||
dipendenti | |||||||
altri commerciali | |||||||
banche | |||||||
altri finanziatori | |||||||
Flusso di cassa | |||||||
Cassa finale | |||||||
Affidamenti non usati | |||||||
Avanzo di cassa |
Dal piano finanziario dei prossimi 6 mesi si può calcolare il Debt Service Coverage Ratio (DSCR), indice tipicamente usato dal sistema bancario per valutare la capacità delle imprese di rimborsare i finanziamenti ottenuti. Nella struttura base, tale indice è un rapporto dove al numeratore vi sono le disponibilità future di cassa e al denominatore i rimborsi previsti per quota capitali e interessi dei debiti finanziari. Il cosiddetto test pratico previsto dal Codice della Crisi (art. 3, c. 3) si basa essenzialmente sul calcolo di questo indice, secondo lo schema seguente (disponibile nella piattaforma telematica di cui all’art. 13 del Codice della Crisi e dell’Insolvenza):
TEST PRATICO PER LA VERIFICA DELLA RAGIONEVOLE PERSEGUIBILITÀ DEL RISANAMENTO | ||
L’entità del debito che deve essere ristrutturato | ||
debito scaduto (di cui relativo ad iscrizioni a ruolo) |
+ | |
debito riscadenziato o oggetto di moratorie | + | |
linee di credito bancarie utilizzate delle quali non ci si attende il rinnovo | + | |
rate di mutui e finanziamenti in scadenza nei successivi 2 anni (per le cooperative si tiene conto della probabile richiesta di rimborso del prestito sociale secondo le evidenze storiche non precedenti a tre anni) |
+ | |
investimenti relativi alle iniziative industriali che si intendono adottare | + | |
ammontare delle risorse ritraibili dalla dismissione di cespiti (immobili, partecipazioni, impianti e macchinario) o rami di azienda compatibili con il fabbisogno industriale | - | |
nuovi conferimenti e finanziamenti, anche postergati, previsti | - | |
stima dell’eventuale margine operativo netto negativo nel primo anno, comprensivo dei componenti non ricorrenti | - | |
TOTALE A | ||
I flussi annui al servizio del debito |
||
stima del Margine Operativo Lordo prospettico normalizzato annuo, prima delle componenti non ricorrenti, a regime | ||
investimenti di mantenimento annui a regime | - | |
imposte sul reddito annue che dovranno essere assolte | - | |
TOTALE B |
Il rapporto tra A e B deve essere possibilmente minore di 1, con le entrate e le disponibilità di cassa maggiori delle uscite per adempimenti di obbligazioni. L’allegato al Codice fornisce la seguente interpretazione dei valori assumibili da questo DSCR per ordine crescente di severità della crisi:
Fascia | Grado di difficolta | Descrizione |
0 | Grado di difficoltà non calcolabile | |
1 | <= 1 | Difficoltà contenute |
2 | >1 e <=2 | l’andamento corrente dell’impresa può essere sufficiente ad individuare il percorso di risanamento |
3 | >2 e <=3 | il risanamento dipende dall’efficacia e dall’esito delle iniziative industriali che si intendono adottare. |
4 | >3 e <=4 | il risanamento dipende dall’efficacia e dall’esito delle iniziative industriali che si intendono adottare. |
5 | >4 e <=5 | la presenza di un margine operativo lordo positivo non è sufficiente a consentire il risanamento dell’impresa e può rendersi necessaria la cessione dell’azienda. |
6 | >5 e <=6 | la presenza di un margine operativo lordo positivo non è sufficiente a consentire il risanamento dell’impresa e può rendersi necessaria la cessione dell’azienda. |
99 | >6 | l’impresa si presenta in disequilibrio economico a regime, si rendono necessarie iniziative in discontinuità rispetto alla normale conduzione dell’impresa (ad esempio, interventi sui processi produttivi, modifiche del modello di business, cessioni o cessazione di rami di azienda, aggregazioni con altre imprese). |
23.6.3. Report di verifica
23.6.3.Report di verificaIl report di verifica spetta agli organi di controllo che a norma dell’art. 25-octies del Codice della Crisi devono verificare la sussistenza di indizi di crisi. La verifica compiuta dagli organi di controllo prenderà lo spunto dai tre prospetti suddetti, eventualmente integrati da ulteriore documentazione per approfondimenti su specifici aspetti di particolare rilievo (una operazione significativa, lo stato di un contenzioso) e dovrà contenere il giudizio degli organi di controllo circa l’esistenza o meno di indizi di crisi.
Qualora il giudizio evidenzi l’esistenza di indizi di crisi, il report dovrà contenere una seconda parte riferita alla richiesta di comunicazione fatta all’imprenditore ed alla proposta di azioni correttive.
23.6.4. Pregiudizio alla continuità aziendale
23.6.4.Pregiudizio alla continuità aziendaleIl pregiudizio alla continuità aziendale rileva ai fini degli obblighi segnaletici nei limiti degli eventi che compromettano la continuità i successivi 12 mesi. L’imprenditore ha il compito di monitorare la sussistenza di tali minacce e valutare eventuali rimedi; gli organi di controllo hanno il compito di verificare il costante monitoraggio da parte dell’imprenditore.
In via generale possono influenzare negativamente le prospettive di continuità pessimi andamenti gestionali con riduzione dei ricavi e/o incrementi dei costi e grave peggioramento dei margini. Queste minacce alla continuità tipicamente presentano prima o poi riflessi finanziari, come incapacità di generare sufficienti flussi di cassa per sostenere il debito ma, se l’orizzonte temporale richiesto dal Legislatore è quello di un esercizio, molto probabilmente questo tipo di minacce alla continuità (individuabili da un’analisi gestionale a livello principalmente di Conto economico) si saranno già tradotte in criticità per la sostenibilità del debito.
Il pregiudizio alla continuità richiamato dal Legislatore rappresenta una categoria più ampia della non sostenibilità dei debiti. La non sostenibilità dei debiti è una minaccia alla continuità, ma vi possono essere minacce alla continuità correlate ad altro tipo di eventi. Alcuni di questi sono intercettabili da un affidabile sistema di risk management, quali, ad esempio, rilevanti perdite per danni ambientali, controversie giudiziarie che coinvolgono i vertici della società, profondi dissidi nella proprietà, perdita improvvisa di clienti o fornitori fondamentali.
Queste minacce non sono rilevabili dagli indici di cui alla delega, in quanto avulse dal sistema dei valori di bilancio al quale tali indici si riconnettono, ma devono essere attentamente monitorate da parte dell’organo amministrativo. Esemplificativamente si considerino anche gli eventi che secondo il Principio di revisione internazionale (ISA Italia n. 570 - Continuità aziendale) possono compromettere la continuità aziendale. Trattasi per lo più di indicatori non finanziari, tra cui si segnalano i seguenti:
-
intenzione della direzione di liquidare l’impresa o di cessare le attività;
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perdita di membri della direzione con responsabilità strategiche senza una loro sostituzione;
-
perdita di mercati fondamentali, di clienti chiave, di contratti di distribuzione, di concessioni o di fornitori importanti;
-
difficoltà con il personale;
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scarsità nell’approvvigionamento di forniture importanti;
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comparsa di concorrenti di grande successo;
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procedimenti legali o regolamentari in corso che, in caso di soccombenza, possono comportare richieste di risarcimento cui l’impresa probabilmente non è in grado di far fronte;
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modifiche di leggi o regolamenti o delle politiche governative che si presume possano influenzare negativamente l’impresa;
-
eventi catastrofici contro i quali non è stata stipulata una polizza assicurativa ovvero contro i quali è stata stipulata una polizza assicurativa con massimali insufficienti.