2.1. Definizione e classificazione in bilancio - 2.1.1. Definizione - 2.1.2. Distinzione tra beni immateriali in senso proprio e oneri pluriennali immateriali - 2.1.3. Classificazione in bilancio - 2.2. Acquisizione - 2.2.1. Acquisto a titolo derivativo - 2.2.2. Costruzione interna - 2.2.3. Conferimento - 2.2.4. Capitalizzazione di oneri finanziari - 2.2.5. Contributi pubblici - 2.3. Valutazione e poste rettificative - 2.3.1. Inquadramento - 2.3.2. Immobilizzazioni immateriali destinate alla vendita - 2.4. Ammortamento - 2.4.1. Processo di ammortamento - 2.4.2. Valore da ammortizzare - 2.4.3. Vita utile - 2.4.4. Metodo di ammortamento - 2.4.5. Ripresa del processo di ammortamento a seguito della normativa emergenziale Covid-19 - 2.5. Svalutazione - 2.5.1. Determinazione delle perdite durevoli di valore - 2.5.2. Indicatori di potenziali perdite di valore - 2.5.3. Fair value - 2.5.4. Valore d’uso - 2.6. Incrementi successivi di valore - 2.6.1. Rivalutazioni oltre il valore iniziale - 2.6.2. Rivalutazioni di ripristino - 2.7. Dismissione - 2.8. Costi di impianto e di ampliamento - 2.8.1. Costi di start-up - 2.8.2. Costi di addestramento e qualificazione del personale - 2.8.3. Costi straordinari di riduzione del personale - 2.8.4. Costi di avviamento di impianti di produzione - 2.9. Costi di sviluppo - 2.10. Diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno - 2.11. Concessioni, licenze, marchi e diritti simili - 2.11.1. Marchi - 2.11.2. Know-how - 2.12. Avviamento - 2.12.1. Requisiti per l’iscrizione - 2.12.2. Ammortamento - 2.12.3. Svalutazione - 2.13. Immobilizzazioni in corso e acconti - 2.13.1. Immobilizzazioni in corso - 2.13.2. Acconti - 2.14. Altre immobilizzazioni immateriali - 2.14.1. Diritto di usufrutto su azioni - 2.14.2. Costi di software - 2.14.3. Costi per migliorie e spese incrementative su beni di terzi - 2.14.4. Costi per il trasferimento e il riposizionamento dei cespiti - 2.14.5. Costi accessori ai finanziamenti - 2.15. Informazioni in Nota integrativa e nella Relazione sulla gestione - 2.15.1. Nota integrativa - 2.15.2. Relazione sulla gestione - 2.15.3. Bilanci in forma abbreviata e delle micro-imprese
2.1. Definizione e classificazione in bilancio
2.1.Definizione e classificazione in bilancio2.1.1. Definizione
2.1.1.DefinizioneLe immobilizzazioni immateriali (i c.d. intangibles), sono attività normalmente caratterizzate dalla mancanza di tangibilità. Rappresentano costi che non esauriscono la loro utilità in un solo periodo ma manifestano benefici economici lungo un arco temporale di più esercizi (OIC 24).
Con l’espressione relativa a benefici economici futuri si fa riferimento a proventi derivanti dalla vendita di beni o servizi, così come a risparmi di costi o altri benefici che scaturiscono dall’utilizzo del bene immateriale.
Le immobilizzazioni materiali comprendono:
-
oneri pluriennali (costi di impianti e di ampliamento, costi di sviluppo);
-
beni immateriali (diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno, concessioni, licenze, marchi e diritti simili);
-
avviamento;
-
immobilizzazioni immateriali in corso;
-
acconti.
Le immobilizzazioni immateriali possono quindi consistere in:
-
attività immateriali acquistate da fornitori esterni;
-
attività immateriali realizzate internamente;
-
attività immateriali in corso di sviluppo (immobilizzazioni in corso) all’interno dell’azienda;
-
somme di denaro anticipate a fornitori esterni a fronte dell’acquisto o della produzione delle attività sopra elencate (acconti).
Trattandosi di fattori a fecondità ripetuta, le immobilizzazioni immateriali sono rappresentate nel capitale di funzionamento aziendale come attività a Stato patrimoniale. A partire dal momento in cui sono disponibili per l’uso, esse partecipano alla formazione del reddito attraverso l’imputazione di costi di utilizzo per ciascun esercizio, riepilogati a Conto economico tra i costi della produzione (ammortamenti delle immobilizzazioni immateriali).
Requisiti di iscrizione in bilancio
L’iscrizione in bilancio di una voce contabile nell’ambito delle immobilizzazioni immateriali richiede la presenza di determinate condizioni.
Non tutti i beni immateriali possono essere iscritti in bilancio: è necessario, infatti, che presentino i seguenti requisiti:
-
la verifica della utilità futura intesa come beneficio economico legato a maggiori ricavi o minori costi, rispetto alla situazione di assenza di tale elemento;
-
l’identificabilità, la misurabilità e l’effettivo sostenimento dei costi legati all’acquisizione o alla produzione interna dell’elemento.
I costi iscritti in precedenti esercizi nel Conto economico non possono essere ripresi e capitalizzati come immobilizzazioni immateriali nell’attivo dello Stato patrimoniale, in conseguenza di condizioni che non sussistevano all’epoca e che pertanto non ne avevano consentito la capitalizzazione (OIC 24, par. 39). In tal caso, se l’impresa dovesse continuare anche nell’esercizio successivo a sostenere costi di quel tipo per le stesse ragioni (es. perché il progetto non è stato ancora completato), la capitalizzazione dei costi potrà aver inizio solamente dal momento in cui tutte le condizioni necessarie per la capitalizzazione sono soddisfatte.
Ai fini dell’iscrizione in bilancio, è inoltre necessario distinguere i c.d. beni immateriali in senso proprio e gli oneri pluriennali immateriali, che sono oggetto di regole più stringenti per la capitalizzazione dei costi.
2.1.2. Distinzione tra beni immateriali in senso proprio e oneri pluriennali immateriali
2.1.2.Distinzione tra beni immateriali in senso proprio e oneri pluriennali immaterialiDa un punto di vista economico-aziendale, in una prospettiva sia teorica che operativa, i beni immateriali vengono solitamente distinti in due categorie: i beni immateriali in senso proprio e gli oneri immateriali.
Beni immateriali in senso proprio
La categoria dei beni immateriali in senso proprio accoglie le immobilizzazioni che siano individualmente identificabili e caratterizzate da diritti giuridicamente tutelati.
In sostanza tali diritti legittimano le aziende a sfruttarne i relativi benefici economici futuri in via esclusiva.
Per benefici economici futuri si fa riferimento a “ricavi originati dalla vendita di prodotti o servizi, i risparmi di costo o altri benefici derivanti dall’utilizzo dell’attività immateriale da parte della società” (OIC 24, par. 4).
Tali beni, soggetti a identificazione e valutazione autonoma, possono essere individuati in:
-
marchi;
-
brevetti;
-
diritti di utilizzazione delle opere di ingegno;
-
concessioni;
-
licenze;
-
altri diritti similari.
Tali beni sono iscrivibili in bilancio soltanto qualora il costo di acquisizione sia determinabile con sufficiente attendibilità e siano individualmente identificabili ovvero l’elemento possa essere separato o scorporato dall’azienda, o in altri casi possa essere oggetto di vendita o trasferimento, concesso in licenza o in affitto oppure scambiato sia individualmente che con il relativo contratto, attività o passività.
Qualora le condizioni previste si verifichino, sussiste l’obbligo per gli amministratori di procedere all’iscrizione in bilancio dei beni immateriali.
Le modifiche introdotte dalla riforma del bilancio (D.Lgs. n. 139/2015) hanno posto l’attenzione su una migliore puntualizzazione degli elementi di natura definitoria dei beni immateriali, considerata la rilevanza dei due requisiti descritti, ovvero:
-
la separabilità;
-
la derivazione da diritti contrattuali o da altri diritti legali, indipendentemente dal fatto che tali diritti siano trasferibili o separabili dalla società o da altri diritti e obbligazioni.
Oneri pluriennali immateriali
Per oneri pluriennali immateriali si intendono quei costi che manifestano una utilità pluriennale ma che si distinguono rispetto ai beni immateriali e all’avviamento in quanto presentano, rispetto ai beni immateriali, caratteristiche più difficilmente determinabili in relazione alla loro destinazione pluriennale (OIC 24, par. 5).
Si tratta di oneri che non hanno determinato l’acquisizione di diritti aventi un loro riconoscimento giuridico. Sono considerati oneri pluriennali immateriali:
-
costi di impianto e di ampliamento;
-
costi di sviluppo
;
-
altri oneri pluriennali.
La loro iscrizione in bilancio è facoltativa; non sussiste infatti l’obbligo di procedere all’iscrizione di tali oneri a Stato patrimoniale.
Tale flessibilità rispetto ai beni immateriali può essere motivata dalla maggiore incertezza relativa alla loro utilità futura in linea con un atteggiamento prudenziale assunto da parte del legislatore.
Questo aspetto può tuttavia recare una penalizzazione ai fini del rispetto del principio
di competenza economica (17.8.1.) comportando quindi il rischio di mancata capitalizzazione di oneri legati ad attività
strategiche dell’azienda quali quelle legate alla funzione di Ricerca & Sviluppo.
Ai fini della capitalizzazione degli oneri pluriennali devono essere soddisfatti tre requisiti:
-
la dimostrazione della loro utilità futura;
-
l’esistenza di una correlazione oggettiva con i relativi benefici futuri di cui godrà l’azienda;
-
la possibilità di stimare con ragionevole certezza la loro recuperabilità (OIC 24).
La dimostrazione della utilità pluriennale di tali oneri è possibile se si verificano determinate condizioni gestionali, di mercato e produttive.
Tali aspetti in sede di rilevazione iniziale dovranno quindi emergere dal piano economico dell’azienda dal quale risultino le previsioni dell’azienda in merito ai ricavi futuri che dovranno consentire il recupero dei costi capitalizzati (in altri termini i ricavi futuri dovranno essere superiori ai costi di esercizio comprensivi della quota di ammortamento di tali oneri).
La capitalizzazione di tali oneri pluriennali è inoltre subordinata al consenso del collegio sindacale, ove esistente. Tale previsione di natura prudenziale del legislatore civilistico (art. 2426, nn. 5 e 6, c.c.) è motivata dalla maggiore incertezza legata all’utilità futura degli oneri pluriennali immateriali rispetto alle altre categorie di immobilizzazioni immateriali.
Il consenso del collegio sindacale si concretizza nella conferma della valutazione dell’utilità futura del bene. Il consenso del collegio sindacale può desumersi anche implicitamente non richiedendo quindi una esplicita e specifica conferma (Trib. Napoli 24 febbraio 2000).
Un esempio può essere l’assenza di rilievi di sorta nella relazione ex art. 2429 c.c. Se non fosse presente tale consenso la capitalizzazione non potrebbe avere luogo nell’ambito del progetto di bilancio. Tuttavia, è prevista l’ipotesi in cui tale consenso possa essere rilasciato dall’assemblea straordinaria. Gli amministratori possono infatti far presente all’assemblea che il collegio si è pronunciato negativamente. In tale ipotesi l’assemblea stessa, discostandosi dal giudizio del collegio, può esprimere un parere positivo autorizzando la capitalizzazione nell’ambito della redazione del bilancio (in maniera diversa rispetto al progetto). In tale situazione i sindaci dovranno quindi prendere i provvedimenti del caso considerando l’interesse pubblico (ad esempio impugnazione della delibera ex art. 2377 c.c., o anche ricorrendone i presupposti artt. 2408 e 2409 c.c.).
Una volta capitalizzati, gli oneri pluriennali sono soggetti ad altri vincoli, che evidenziano un atteggiamento prudenziale del legislatore. In primo luogo, sono previsti limiti massimi per quanto riguarda il loro ammortamento:
-
5 anni per i costi di impianto e ampliamento;
-
5 anni, nei casi eccezionali in cui non è possibile stimare la vita utile, per i costi di sviluppo.
In secondo luogo, fino a che il loro ammortamento non è completato possono essere distribuiti dividendi solo se residuano riserve di utili disponibili sufficienti a coprire l’ammontare dei costi non ammortizzati.
Le condizioni fissate dal legislatore civilistico in relazione al consenso del collegio sindacale, alla durata massima della vita utile e al limite di distribuzione di dividendi rappresentano l’espressione del principio di prudenza onde limitare atteggiamenti di natura discrezionale da parte dei redattori del bilancio su poste contabili caratterizzate da utilità futura incerta.
2.1.3. Classificazione in bilancio
2.1.3.Classificazione in bilancioStato patrimoniale
Lo schema di Stato patrimoniale (art. 2424 c.c.), nell’ambito del gruppo B.I denominato “Immobilizzazioni immateriali”, suddivide la voce nelle seguenti sottovoci:
-
costi di impianto e ampliamento;
-
costi di sviluppo;
-
diritti di brevetti industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno;
-
concessioni, licenze, marchi e diritti simili;
-
avviamento;
-
immobilizzazioni in corso e acconti
;
-
altre.
Il contenuto specifico delle singole voci è descritto nei successivi paragrafi di questo capitolo, dedicati a ciascuna classe (da paragrafo 2.8 in avanti).
L’aggregato B.I accoglie i valori delle immobilizzazioni immateriali al netto dei fondi ammortamento e dei fondi svalutazione, per cui il Codice civile non prevede un’esplicita esposizione nel prospetto contabile.
Nei bilanci in forma abbreviata (art. 2435-bis c.c.) e in quelli redatti dalle micro-imprese
(art. 2435-ter c.c.), le immobilizzazioni immateriali esposte nell’attivo di Stato patrimoniale possono essere presentate nel loro complesso in un’unica voce.
-
-
Conto economico
-
Nell’ambito dello schema di Conto economico, nella voce A.4 “incrementi di immobilizzazioni per lavori interni” vengono inserite le voci relative alla capitalizzazione di costi interni ed esterni legati alla realizzazione in economia di beni immateriali. Tale componente di Conto economico, esposta nel Valore della produzione (A), rappresenta non tanto un provento, quanto piuttosto uno storno di costi, finalizzato a evitare che il risultato economico sia influenzato dalla costruzione di un’immobilizzazione prima che questa sia disponibile per l’uso.
Nella voce B.10.a) “ammortamento delle immobilizzazioni immateriali” si inseriscono gli ammortamenti dei beni iscritti a Stato patrimoniale (in riferimento sia ai beni immateriali in senso proprio che agli oneri pluriennali e all’avviamento), mentre nella voce B.10.c. “altre svalutazioni delle immobilizzazioni” si inseriscono le relative svalutazioni del valore delle immobilizzazioni.
Gli ammortamenti confluiscono nel fondo ammortamento, mentre le svalutazioni nei fondi svalutazione: entrambi questi conti sono epilogati a Stato patrimoniale e contribuiscono a ridurre il valore contabile delle immobilizzazioni immateriali.
I ripristini di valore delle immobilizzazioni immateriali precedentemente svalutate (rivalutazioni di ripristino) confluiscono nella voce A.5 di Conto economico “Altri ricavi e proventi”.
Gli oneri finanziari collegati alle immobilizzazioni immateriali sono imputati a Conto economico nella voce C.17 “Interessi e altri oneri finanziari” nell’esercizio in cui maturano. Tale voce include anche gli oneri finanziari capitalizzati, che hanno incrementato il valore contabile delle immobilizzazioni immateriali con contropartita nella voce A.4 “Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni”.
A fronte di alienazioni di immobilizzazioni immateriali, il Conto economico presenta anche le eventuali plusvalenze o minusvalenze conseguite nella vendita, derivanti dal corrispettivo maggiore (plusvalenze) o inferiore (minusvalenze) rispetto al valore netto contabile del cespite al momento della vendita. La loro collocazione in bilancio è rispettivamente nella voce A.5 “Altri ricavi e proventi” dell’aggregato A “Valore della produzione” e nella voce B.14 “Oneri diversi di gestione” dell’aggregato B “Costi della produzione”, non essendo più prevista una separata presentazione dei proventi e degli oneri di natura straordinaria nello schema civilistico di Conto economico.
Le immobilizzazioni immateriali perdute a causa di eventi estranei allo svolgimento della normale attività imprenditoriale sono considerate come dismesse, con conseguente eliminazione dallo Stato patrimoniale e rilevazione di una sopravvenienza passiva nella voce B14 “Oneri diversi di gestione”.
Nei bilanci in forma abbreviata (art. 2435-bis c.c.) e in quelli redatti dalle micro-imprese (art. 2435-ter c.c.), è possibile raggruppare le voci B.10a), B.10b) e B.10c), esponendo quindi in un’unica voce i costi derivanti dalle quote di ammortamento annue e dalle svalutazioni di immobilizzazioni materiali e immateriali.
2.2. Acquisizione
2.2.AcquisizioneLa regola riguardo al valore iniziale di iscrizione in bilancio segue la norma a carattere generale in base alla quale tutte le immobilizzazioni immateriali che presentano i requisiti richiesti devono essere contabilizzate al costo sostenuto per la loro acquisizione (art. 2426, n. 1, c.c.).
Le immobilizzazioni immateriali devono essere quindi iscritte al costo d’acquisto o di produzione, a seconda delle modalità di acquisizione (oggetto di approfondimento nei paragrafi seguenti).
Non è possibile iscrivere in bilancio i beni immateriali acquisiti a titolo gratuito. Tale previsione deriva dal fatto che manca il sostenimento del costo ed è generalmente difficile individuare elementi valutativi attendibili (OIC 24, par. 53). Non è quindi possibile iscrivere in bilancio un bene immateriale acquisito in seguito a una donazione.
2.2.1. Acquisto a titolo derivativo
2.2.1.Acquisto a titolo derivativoIl valore originario a cui vengono iscritte in contabilità le immobilizzazioni immateriali acquisite da terze economie è rappresentato dal costo di acquisto, che corrisponde al prezzo effettivo da corrispondere al fornitore, di solito rilevato dal contratto o dalla fattura (OIC 24, par. 11). Nel caso dei beni immateriali, il costo di acquisto comprende anche i costi accessori, quali spese di registrazione, IVA indetraibile, consulenze tecniche specifiche, ecc. (OIC 24, par. 50).
Gli sconti incondizionati in fattura sono portati a riduzione del costo (OIC 24, par. 50).
Per le società che applicano la disciplina del costo ammortizzato e dell’attualizzazione, qualora il pagamento sia differito con condizioni diverse rispetto a quelle normali
di mercato per operazioni simili, il cespite è iscritto in bilancio al valore attuale
dei futuri pagamenti contrattuali, determinato ai sensi dell’OIC 19 “Debiti” più gli oneri accessori (12.4.) (OIC 24, par. 37).
Nei casi in cui l’acquisto delle immobilizzazioni immateriali è regolato in valuta estera, la loro iscrizione deve avvenire convertendo l’importo al tasso di cambio al momento del loro acquisto (art. 2426, c. 1, n. 8-bis, c.c., OIC 26). Eventuali differenze di cambio (positive o negative) concorrono alla determinazione del valore recuperabile da considerare ai fini di possibili svalutazioni per perdite durevoli di valore (OIC 26), dal momento che esse rappresentano poste non monetarie.
Qualora il debito verso fornitori per il pagamento dell’immobilizzazione in valuta estera sia ancora in essere al termine dell’esercizio, è quel valore a essere rivisto in funzione del tasso di cambio in vigore alla chiusura dell’esercizio (cambio corrente). Tale debito di regolamento rappresenta infatti una posta monetaria ai fini dell’applicazione dell’OIC 26, pertanto il suo valore va adeguato in vista della redazione del bilancio.
2.2.2. Costruzione interna
2.2.2.Costruzione internaLe immobilizzazioni immateriali costruite internamente devono essere iscritte inizialmente in contabilità al loro costo di produzione.
Il costo di produzione comprende (OIC 24, par. 13):
-
i costi diretti imputabili all’immobilizzazione immateriale;
-
i costi indiretti, nel limite della quota ragionevolmente imputabile all’immobilizzazione, relativi al periodo di produzione e fino al momento in cui il bene immateriale è pronto per l’uso.
Il costo di produzione può comprendere inoltre gli oneri finanziari collegati alla
costruzione (2.2.4.).
Si realizza internamente la costruzione di un brevetto industriale per il quale sono stati sostenuti, nell’anno X, 20.000 euro di costi diretti (materie prime, personale, materie di consumo) + 4.000 euro di costi indiretti. Al 31/12/X si procede alla scrittura di rettifica mediante la quale si procede alla capitalizzazione dei costi suddetti e all’iscrizione del bene nelle attività dello Stato patrimoniale.
SP | B.I.3 | Brevetti industriali | 24.000 | |
CE | A.4 | Incrementi di imm.ni per lavori interni | 24.000 |
Si procede alla realizzazione interna di un brevetto industriale per il quale sono stati sostenuti, nell’anno X, 20.000 euro di costi diretti + 4.000 euro di costi indiretti. Al 31/12/X la realizzazione non è stata ancora ultimata. Si procede alla scrittura di rettifica mediante la quale si attua la capitalizzazione dei costi suddetti e l’iscrizione del bene in corso di ottenimento nelle attività dello Stato patrimoniale.
SP | B.I.6 | Immobilizzazioni in corso | 24.000 | |
CE | A.4 | Incrementi di imm.ni per lavori interni | 24.000 |
Al termine dell’anno X+1 in seguito al sostenimento di ulteriori costi diretti pari a euro 10.000 + costi indiretti pari a 2.000 euro la realizzazione del brevetto viene ultimata e conclusa. Al 31/12/X+1 si procede alla scrittura di rettifica.
SP | B.I.3 | Brevetti industriali | 36.000 | |
SP | B.I.6 | Immobilizzazioni in corso | 24.000 | |
CE | A.4 | Incrementi di imm.ni per lavori interni | 12.000 |
Sempre in riferimento al valore iniziale di iscrizione e alle modalità di acquisizione
qualora il bene immateriale sia il risultato di acquisizione successiva a operazioni
straordinarie quali fusioni o scissioni, la normativa di riferimento viene stabilita
dall’OIC 4 “Fusione e scissione” (31.).
2.2.3. Conferimento
2.2.3.ConferimentoLe immobilizzazioni immateriali possono essere acquisite dall’impresa anche attraverso
conferimenti in natura di beni immateriali, effettuati in sede di costituzione della società (27.) o in successivi aumenti di capitale (
27.2.).
Tali apporti di capitale in natura pongono problemi di valutazione dal momento che la loro acquisizione non deriva da uno scambio di mercato con la corresponsione di un corrispettivo monetario. Per questo motivo il Codice civile prevede i seguenti vincoli:
-
la redazione di una relazione di stima, da allegare all’atto costitutivo, da parte di un esperto designato dal Tribunale, contenente la descrizione dei beni o dei crediti conferiti, l’attestazione che il loro valore è almeno pari a quello ad essi attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell’eventuale sovrapprezzo e i criteri di valutazione seguiti (art. 2343 c.c.) (
28.2.2.);
-
entro 180 giorni dall’iscrizione della società, gli amministratori devono controllare le valutazioni contenute nella relazione sopra indicata e, se sussistono fondati motivi, devono procedere alla revisione della stima (art. 2343 c.c.);
-
fino a quando le valutazioni non sono state controllate come sopra descritto, le azioni corrispondenti ai conferimenti sono inalienabili e devono restare depositate presso la società;
-
le azioni corrispondenti ai conferimenti di beni in natura devono essere integralmente liberate al momento della sottoscrizione (art. 2342 c.c.).
La scrittura contabile con cui vengono inizialmente iscritte le immobilizzazioni materiali oggetto di conferimenti segue quindi la registrazione della sottoscrizione della corrispondente frazione di capitale sociale e la liberazione del conferimento comporta l’acquisizione del cespite e in contropartita l’estinzione del credito che l’impresa vantava verso il socio sottoscrittore.
2.2.4. Capitalizzazione di oneri finanziari
2.2.4.Capitalizzazione di oneri finanziariLa capitalizzazione degli oneri finanziari sostenuti nel periodo di realizzazione interna di un bene immateriale (“periodo di fabbricazione”) è consentita soltanto nel periodo di fabbricazione, definito come l’arco temporale che intercorre fra l’esborso dei fondi al fornitore e il momento in cui il bene è pronto per essere utilizzato (OIC 24, par. 39).
Viene, inoltre, stabilito un limite all’importo degli oneri finanziari che può essere
capitalizzato, rappresentato dal valore recuperabile del bene (per i dettagli relativi alla misura e ai requisiti per la capitalizzazione (3.2.8.) essendo una disciplina comune per le immobilizzazioni sia materiali che immateriali).
La decisione di capitalizzare tali oneri (OIC 16, par. 39) deve essere mantenuta in maniera costante nel tempo (OIC 29 “Cambiamenti di Principi contabili, cambiamenti di stime contabili, correzioni di errori, eventi e operazioni straordinarie, fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio”).
2.2.5. Contributi pubblici
2.2.5.Contributi pubbliciUn bene immateriale può essere realizzato mediante l’utilizzo di contributi pubblici (“contributi pubblici commisurati al costo delle immobilizzazioni immateriali”) (OIC 24, sezione “casi particolari”).
La rilevazione contabile dei contributi pubblici è stata oggetto di revisione da parte
dell’OIC con la finalità di migliorare il coordinamento e l’allineamento con quanto
previsto per le immobilizzazioni materiali (OIC 16) (3.).
Con il termine di “contributo pubblico” si fa riferimento a somme finanziarie erogate da un soggetto pubblico (Stato o enti pubblici) in relazione a iniziative o progetti che siano legati alla realizzazione di una immobilizzazione immateriale.
Sussiste inoltre un vincolo a carico dell’azienda a mantenere in uso le immobilizzazioni a cui si riferiscono per un determinato periodo di tempo, in base a quanto stabilito dalla normativa che ha concesso tali contributi.
La rilevazione contabile dei contributi pubblici avviene mediante iscrizione a Conto economico in base ad un criterio sistematico e in modo graduale lungo la vita utile dell’immobilizzazione immateriale.
La rilevazione contabile di tali contributi avviene soltanto nel momento in cui si ha la ragionevole certezza che le condizioni previste per il riconoscimento del contributo siano verificate e che sarà effettivamente erogato a favore dell’azienda. In effetti ai fini dell’iscrizione in bilancio è necessario dimostrarne l’acquisizione in via definitiva.
La logica della contabilizzazione segue due differenti metodi. Il primo metodo (detto metodo “indiretto”) richiede che i contributi siano portati indirettamente a riduzione del costo dal momento che vengono iscritti nella voce A.5 “Altri ricavi e proventi”. In base al principio di competenza a fine anno verrà inoltre rilevata una scrittura di rettifica in base alla quale viene effettuato il rinvio per competenza agli esercizi successivi mediante l’iscrizione di “Risconti passivi”.
In base al secondo metodo (detto metodo “diretto”) i contributi vengono portati direttamente a riduzione del costo delle immobilizzazioni immateriali a cui si riferiscono.
L’azienda Alfa riceve un contributo dallo Stato pari a 15.000 euro per la realizzazione di un brevetto industriale (vita utile pari a 5 anni) per il quale è stato sostenuto un costo complessivo pari a 50.000 euro. Si procede alla rilevazione contabile del contributo pubblico mediante il metodo indiretto.
Al momento del ricevimento del contributo si procede alla sua rilevazione mediante l’iscrizione a Conto economico.
SP | C.II.5-bis | Crediti verso erario ex lege… | 15.000 | |
CE | A.5 | Altri ricavi e proventi | 15.000 |
A fine anno si procede alla rilevazione della scrittura di rettifica relativa al risconto passivo per la parte non di competenza da rinviare agli esercizi successivi (15.000/5x4=12.000).
CE | A.5 | Altri ricavi e proventi | 12.000 | |
SP | E | Risconti passivi | 12.000 |
L’azienda Alfa riceve un contributo dallo Stato pari a 15.000 euro per la realizzazione di un brevetto industriale per il quale è stato sostenuto un costo complessivo pari a 50.000 euro. Si procede alla rilevazione contabile del contributo pubblico mediante il metodo diretto a riduzione del costo pluriennale imputato quale immobilizzazione immateriale.
SP | C.II.5-bis | Credito verso erario ex lege… | 15.000 | |
SP | B.I.3 | Diritti di brevetti industriali | 15.000 |
A fine anno quindi il valore sul quale dovrà essere calcolata la quota di ammortamento non sarà pari a 50.000 euro ma a un valore più basso, pari in questo caso a 35.000 euro.
Negli esempi di scritture contabili relative all’applicazione del metodo diretto e del metodo indiretto, l’effetto a Conto economico è lo stesso in entrambi i casi: nel primo la quota di ammortamento sarà calcolata sul valore di 50.000 e quindi pari a 10.000 ma con un ricavo ogni anno pari a 3.000 (effetto complessivo sul Conto economico pari a 7.000).
Nel secondo caso la quota di ammortamento verrà invece calcolata sull’importo di 35.000 e quindi sarà pari a 7.000, che rappresenta l’effetto complessivo sul Conto economico.
Nel caso in cui la società abbia contabilizzato un contributo pubblico a riduzione del costo della immobilizzazione immateriale, essa deve indicare in Nota integrativa le movimentazioni delle immobilizzazioni specificando il costo al lordo del contributo e il contributo.
2.3. Valutazione e poste rettificative
2.3.Valutazione e poste rettificative2.3.1. Inquadramento
2.3.1.InquadramentoA seguito della rilevazione iniziale, le immobilizzazioni immateriali devono essere valutate al valore originario rettificato per:
-
i relativi fondi di ammortamento, fatte salve le categorie di immobilizzazioni che non sono assoggettate a questo processo (
2.4.);
-
le svalutazioni eventualmente operate (
2.5.);
-
eventuali successivi incrementi di valore (
2.6.).
Nel corso della propria vita utile, le immobilizzazioni immateriali a vita utile limitata
sono esposte a valori via via decrescenti per effetto del processo di ammortamento
(2.4.), che tiene conto dell’obsolescenza tecnica ed economica dei fattori produttivi.
Inoltre, il valore netto contabile delle immobilizzazioni immateriali non può mai superare il suo valore recuperabile, definito quale il valore maggiore fra il valore d’uso e il fair value al netto dei costi di vendita (OIC 24, par. 22).
Con il termine di valore d’uso si fa riferimento al valore attuale dei flussi netti di cassa prodotti dall’utilizzo del bene nell’ambito della combinazione produttiva.
Con il termine di valore equo si indica il valore netto di realizzo derivante da una eventuale vendita del bene che si verifichi a prezzi normali di mercato fra parti bene informate e interessate, al netto degli oneri diretti da sostenere per la vendita stessa.
Se il valore netto contabile dell’asset supera questo limite, si dovrà quindi procedere
alla svalutazione dell’immobilizzazione fino ad equiparare il valore contabile al valore recuperabile
(2.5.).
Esistono infine alcuni casi in cui è possibile aumentare tramite rivalutazioni il
valore delle immobilizzazioni immateriali (2.6.).
2.3.2. Immobilizzazioni immateriali destinate alla vendita
2.3.2.Immobilizzazioni immateriali destinate alla venditaSebbene questo profilo sia specificatamente disciplinato solo per le immobilizzazioni materiali, si ritiene possa applicarsi per analogia alle immobilizzazioni immateriali quanto previsto dall’OIC 16 in merito ai cespiti destinati alla vendita.
Seguendo questa impostazione, le immobilizzazioni immateriali destinate all’alienazione
sono valutate secondo un criterio diverso dalle altre immobilizzazioni immateriali,
in linea con la loro differente destinazione, e sono esposte in bilancio in una voce
apposita dell’attivo circolante, preceduta da numero romano (C.V) (
2.1.2.).
La loro valutazione avviene al minore tra il loro valore netto contabile e il valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato.
Il valore netto contabile è definito come il valore al quale il bene è iscritto in bilancio, al netto di ammortamenti e svalutazioni dell’esercizio e di esercizi precedenti (OIC 16, par. 9).
Il valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato è invece inteso come il valore netto di realizzazione, ossia il prezzo di vendita nel corso della normale gestione al netto dei costi diretti di vendita e dismissione (OIC 16, par. 17).
Esempi di costi di vendita e dismissione da considerare nella determinazione del valore desumibile dall’andamento del mercato includono le spese legali connesse alla transazione e le imposte.
2.4. Ammortamento
2.4.Ammortamento2.4.1. Processo di ammortamento
2.4.1.Processo di ammortamentoLe immobilizzazioni immateriali il cui utilizzo è limitato nel tempo devono essere sistematicamente ammortizzate in base alla possibilità residua di realizzo (art. 2426, n. 2, c.c.). Non sono invece oggetto di ammortamento:
-
le immobilizzazioni in corso, il cui processo di ammortamento inizia nel momento in cui le immobilizzazioni sono pronte per essere utilizzate, e i relativi valori sono riclassificati nelle rispettive voci delle immobilizzazioni immateriali;
-
gli acconti, che rappresentano valori finanziari derivanti da anticipi corrisposti a fornitori di immobilizzazioni.
L’ammortamento ha come finalità la ripartizione del costo pluriennale del bene nell’arco della vita utile in modo da imputare a ciascun esercizio amministrativo la parte di costo di competenza
economica, proporzionale al contributo apportato al processo produttivo.
La quota di ammortamento annualmente imputata a Conto economico rappresenta il costo riconducibile all’utilizzo dell’immobilizzazione immateriale per l’esercizio in chiusura e allo stesso tempo riduce progressivamente il valore netto contabile dell’attività rappresentata a Stato patrimoniale.
Da un punto di vista contabile, il processo di ammortamento può avvenire mediante due differenti metodi, diretto e indiretto. Nel primo caso, la rilevazione è eseguita in conto (accreditando direttamente il conto intestato all’immobilizzazione ammortizzata per ridurne il saldo), mentre col metodo indiretto la registrazione è effettuata fuori conto (costituendo un fondo ammortamento il cui importo riduce il valore residuo dell’immobilizzazione nella presentazione a Stato patrimoniale).
Nel caso delle immobilizzazioni immateriali, la prassi tende a privilegiare il metodo diretto, sebbene il metodo indiretto risulti preferibile dal punto di vista della ricchezza informativa.
Il processo di ammortamento prende avvio dal momento in cui l’immobilizzazione è disponibile e pronta per l’uso (OIC 24, par. 61). Per questo motivo le immobilizzazioni realizzate internamente non ancora completate sono escluse dal processo di ammortamento. La disponibilità e il fatto che l’attività sia pronta per l’uso non implicano che ne sia iniziato l’utilizzo; tali circostanze danno comunque avvio al processo di obsolescenza, che a livello economico si riflette nell’ammortamento.
La sistematicità dell’ammortamento (art. 2426, c. 1, n. 2, c.c.) fa riferimento al fatto che questo processo deve essere realizzato sulla base di un piano di ammortamento in maniera programmatica e sottoposto a revisioni periodiche. Il piano di ammortamento è funzionale alla correlazione dei benefici attesi, e quindi al rispetto della competenza economica nella redazione del bilancio.
Ai fini della predisposizione di un corretto piano di ammortamento è necessario stabilire:
-
il valore da ammortizzare;
-
la vita utile;
-
il metodo di ammortamento.
2.4.2. Valore da ammortizzare
2.4.2.Valore da ammortizzareIl valore da ammortizzare è rappresentato dalla differenza fra:
-
il costo storico (ossia il valore originario), che può essere eventualmente aumentato per effetto delle rivalutazioni e diminuito per effetto delle svalutazioni; e
-
il valore residuo al termine della vita utile del bene, che corrisponde al presumibile valore realizzabile dall’immobilizzazione al termine del periodo di vita utile.
Il valore residuo in genere viene presunto pari a zero a causa della incertezza nella sua determinazione, con due eccezioni in relazione ai beni immateriali (OIC 24, par. 64):
-
qualora vi sia un impegno da parte di terzi ad acquistare il bene immateriale alla fine della sua vita utile;
-
qualora sia dimostrabile l’esistenza di un mercato del bene dal quale ottenere un dato oggettivo per stimare il valore di realizzo del bene alla fine della sua vita utile.
Per gli oneri pluriennali il valore residuo è sempre pari a zero.
2.4.3. Vita utile
2.4.3.Vita utileLa vita utile fa riferimento alla prospettiva temporale di utilizzo del bene e corrisponde al periodo di tempo durante il quale l’impresa prevede di poter utilizzare l’immobilizzazione (OIC 24, par. 17).
La vita utile può essere misurata anche attraverso le quantità di unità di prodotto (o misura equivalente) che si prevede di poter ottenere tramite l’uso dell’immobilizzazione (OIC 24, par. 17).
La vita utile dei beni immateriali (es. marchi, brevetti, diritti di licenza, ecc.) non può superare la durata del periodo stabilito dalla legge o dal contratto nell’ambito del quale l’azienda ha il diritto a sfruttare in esclusiva il bene. Essa può essere più breve a seconda del periodo di tempo durante il quale l’impresa prevede di poter utilizzare il bene. In ogni caso, per i marchi non può superare i 20 anni.
Nel caso degli oneri pluriennali, a causa dell’incertezza nella determinazione della vita utile, il legislatore ha stabilito limiti più stringenti:
-
costi di impianto e ampliamento: massimo di 5 anni;
-
costi di sviluppo: lungo la vita utile, con un massimo di 5 anni qualora non sia possibile stimarla in modo attendibile.
La vita utile dell’avviamento deve essere stimata dall’impresa, con un massimo di 20 anni (OIC 24, par. 70). Se la vita utile determinata supera i 10 anni, deve essere fornita adeguata motivazione nella Nota integrativa. Nei casi eccezionali in cui non è possibile stimare in modo attendibile la vita utile dell’avviamento, esso deve essere ammortizzato in un periodo massimo di 10 anni.
2.4.4. Metodo di ammortamento
2.4.4.Metodo di ammortamentoIl metodo di ammortamento per le immobilizzazioni immateriali deve essere sistematico e razionale, indipendente dai risultati conseguiti nell’esercizio (OIC 24, par. 18). Ciò implica che non siano consentite variazioni tese a mettere in atto politiche di bilancio per ridurre le quote di ammortamento negli esercizi in cui si registrano risultati meno soddisfacenti.
I metodi ammessi comprendono (OIC 24, par. 62):
-
il metodo a quote costanti;
-
il metodo a quote decrescenti;
-
metodi parametrati ad altre variabili quantitative (es. metodo per unità di prodotto).
È vietato l’uso di metodi a quote crescenti, in contrasto con il postulato della prudenza, né di metodi in cui le quote di ammortamento siano commisurate a ricavi o risultati della società, di un suo ramo o divisione.
Il metodo a quote costanti si basa sul presupposto che l’utilità rilasciata dal bene si ripartisca in maniera costante lungo la vita utile del bene. Pur non imponendone l’utilizzo, l’OIC ne fa esplicita menzione sottolineandone la diffusione, la facilità di calcolo e il vantaggio legato alla possibilità di comparare i dati dei bilanci facilitandone il processo di interpretazione (OIC 24, par. 63).
Il metodo a quote decrescenti (OIC 24, parr. 62-63) prevede il calcolo di quote di ammortamento di un importo più elevato nei primi anni di vita utile del bene supponendo che ciò sia proporzionale al contributo che il bene è in grado di apportare al processo produttivo. Si applica questo metodo quando l’immobilizzazione è maggiormente sfruttata nella prima parte della sua vita utile.
Un esempio di applicazione di tale metodo è quello che prevede l’applicazione di percentuali calcolate in ogni anno in base al rapporto fra il numero di anni residui di vita utile e la somma dei numeri che rappresentano l’intera vita utile del bene.
Per un bene che ha una vita utile pari a 4 anni con il metodo a quote decrescenti i tassi percentuali da applicare saranno i seguenti:
1° anno: 4/ (4+3+2+1) = 40%.
2° anno: 3/ (4+3+2+1) = 30%.
3° anno: 2/ (4+3+2+1) = 20%.
4° anno: 1/ (4+3+2+1) = 10%.
Altro criterio che può essere utilmente applicato è il metodo di ammortamento a quote variabili in base ad un determinato parametro quantitativo.
Nel caso dei brevetti industriali, il parametro potrebbe essere quello della ripartizione dei ricavi ottenibili dal bene derivante dal brevetto durante la sua vita utile. La quota di ammortamento potrebbe quindi essere calcolata sulla base di una ipotetica ripartizione dei ricavi pari ad una determinata percentuale variabile durante i differenti periodi della vita di utilizzo del brevetto.
Per un brevetto industriale con una vita utile pari a 15 anni, la ripartizione di ricavi potrebbe essere pari all’8% e quindi anche la quota di ammortamento fissata alla medesima percentuale per i primi 10 anni mentre, nei successivi 5, pari al 4%.
Si riportano due esemplificazioni in merito all’applicazione del metodo di ammortamento diretto e indiretto, utilizzando il criterio delle quote costanti.
Metodo diretto (o “in conto”)
In presenza di marchi iscritti in bilancio al costo storico di 100.000 euro si proceda al calcolo della quota di ammortamento e della relativa scrittura contabile applicando il metodo diretto.
La vita utile del bene è stimata pari a 10 anni.
CE | B.10.a | Amm.to imm.ni immateriali | 10.000 | |
SP | B.I.4 | Marchi | 10.000 |
Per il calcolo della quota di ammortamento viene utilizzato il criterio di ammortamento a quote costanti (100.000/10=10.000). La scrittura prevede la rettifica diretta del costo pluriennale senza la costituzione del fondo ammortamento.
Metodo indiretto (o “fuori conto”)
In presenza di marchi iscritti in bilancio al costo storico di 100.000 euro si proceda al calcolo della quota di ammortamento e della relativa scrittura contabile applicando il metodo indiretto.
CE | B.10.a | Amm.to imm.ni immateriali | 10.000 | |
SP | B.I.4 (-) | Fondo amm.to marchi | 10.000 |
Con l’applicazione del metodo indiretto la rettifica viene effettuata mediante l’accensione dello specifico fondo ammortamento.
Il procedimento indiretto o “fuori conto” è preferibile nell’ipotesi della redazione del bilancio abbreviato, dal momento che in tal caso dalla voce B.I. devono essere detratti in forma esplicita gli ammortamenti e le svalutazioni.
Il calcolo della quota di ammortamento di un bene può subire delle modifiche durante il corso di utilizzo del bene stesso in conseguenza di alterazioni al suo valore dovute a rivalutazioni e/o svalutazioni.
Un bene immateriale avente costo storico pari a 800 e vita utile pari a 10 anni è stato ammortizzato a quote costanti per un periodo pari a 2 anni. Al terzo anno della vita utile il bene subisce una svalutazione pari ad un valore di 120. In conseguenza di tale svalutazione viene rivista anche la vita utile ridotta a un periodo di 5 anni.
Di seguito vengono esposti i necessari calcoli extra-contabili per una corretta imputazione del nuovo valore della quota di ammortamento. Si precisa che ai fini del calcolo della quota di ammortamento le eventuali svalutazioni/rivalutazioni devono essere effettuate sul valore netto contabile dopo che è stato effettuato l’accantonamento della quota di ammortamento.
L’immobilizzazione prima della svalutazione aveva un valore residuo contabile pari a 560, (ovvero 800-240) dove 240 sono gli ammortamenti effettuati per i primi 3 esercizi.
Il nuovo valore del bene sarà quindi pari a 440 (560-120).
Tale valore residuo verrà ripartito su due esercizi dato che la durata della vita utile è stata ridotta a 5 anni e 3 esercizi sono già trascorsi. Di conseguenza la nuova quota di ammortamento sarà pari a 440/2=220.
CE | B.10.a | Ammortamento imm.ni immateriali | 220 | |
SP | B.I. (-) | Fondo amm.to imm.ni immateriali | 220 |
2.4.5. Ripresa del processo di ammortamento a seguito della normativa emergenziale Covid-19
2.4.5.Ripresa del processo di ammortamento a seguito della normativa emergenziale Covid-19A partire dai bilanci dell’esercizio 2024, le aziende che avevano sfruttato la facoltà di sospendere l’ammortamento delle immobilizzazioni materiali e immateriali concessa dal legislatore per gli esercizi 2020, 2021, 2022 e 2023 devono riprendere il processo di ammortamento, qualora non l’avessero già fatto negli esercizi precedenti.
La misura emergenziale era stata introdotta per i bilanci 2020 redatti secondo il Codice civile e i Principi contabili OIC (art. 60, c. 7-bis, D.L. n. 104/2020 come modificato dall’art. 1, c. 1, della Legge n. 126/2020) e successivamente prorogata per i bilanci 2021 (art. 3, c. 5-quinquiesdecies, D.L. n. 228/2021), 2022 (art. 5-bis, D.L. n. 4/2022) e 2023 (art. 3, c. 8, D.L. n. 198/2022).
Tale possibilità consentiva di non effettuare fino al 100% dell’ammortamento annuo del costo delle immobilizzazioni materiali e immateriali, incluse le immobilizzazioni acquistate nel corso dell’esercizio. Nei bilanci delle aziende che hanno deciso di applicare questa deroga all’art. 2426, c. 1, n. 2) c.c., le immobilizzazioni hanno mantenuto quindi il valore di iscrizione risultante dall’ultimo bilancio regolarmente approvato prima della sospensione.
La quota di ammortamento non imputata in applicazione di questa deroga è successivamente iscritta nel Conto economico dell’esercizio successivo e con lo stesso criterio sono differite anche le quote successive. L’effetto di tale opzione è quello di prolungare così il piano di ammortamento originario di un anno.
Il documento interpretativo n. 9 dell’OIC specifica a tal proposito che possono verificarsi due casi:
-
sospensione dell’ammortamento con conseguente incremento della vita utile (sopra esposto);
-
sospensione dell’ammortamento senza estensione della vita utile dell’immobilizzazione immateriale.
Nei casi in cui al minore ammortamento non è associata un’estensione della vita utile (per esempio per vincoli contrattuali, tecnici o legislativi), la successiva quota di ammortamento deve essere modificata di conseguenza, tenendo conto della vita utile residua. Di conseguenza, in questi casi la quota di ammortamento non spesata nell’esercizio viene ripartita lungo tutta la vita utile residua del bene.
Le imprese che si sono avvalse della facoltà di sospendere gli ammortamenti hanno dovuto accantonare a una riserva di utili indisponibile la quota di ammortamento non imputata a Conto economico. Nei casi in cui l’utile non era capiente, esso è stato integrato con riserve di utili o di capitale disponibili, e in mancanza di queste è integrato per la parte residua con gli utili degli esercizi successivi (art. 60, c. 7-ter, D.L. n. 104/2020).
Tale riserva, esposta separatamente tra le Altre riserve dello Stato patrimoniale, viene poi resa disponibile:
-
al termine del processo di ammortamento, qualora sia stata prolungata la vita utile dell’immobilizzazione;
-
progressivamente alla ripresa del processo di ammortamento, nei casi in cui non è possibile prolungare la vita utile dell’immobilizzazione;
-
in caso di cessione dell’immobilizzazione prima del completamento del piano di ammortamento.
Si rinvia al capitolo 3 (3.4.6.) per esempi di rilevazione della ripresa del processo di ammortamento, con o senza
estensione della vita utile delle immobilizzazioni.
Le quote di ammortamento sospese per gli esercizi 2020, 2021, 2022 e 2023 erano deducibili dall’IRES e dall’IRAP a prescindere dall’imputazione a Conto economico (art. 60, c. 7-quinquies, D.L. n. 104/2020).
Questa norma emergenziale ha comportato quindi un disallineamento tra valori civili e valori fiscali, con il conseguente stanziamento di imposte differite passive, da utilizzare:
-
nell’ultimo periodo di ammortamento civilistico, in cui il Conto economico riporterà le quote di ammortamento già dedotte in un esercizio precedente; o
-
in un momento precedente in caso di alienazione del cespite.
2.5. Svalutazione
2.5.Svalutazione2.5.1. Determinazione delle perdite durevoli di valore
2.5.1.Determinazione delle perdite durevoli di valoreIl valore contabile di un’immobilizzazione immateriale può subire una riduzione non
solo per effetto del processo di ammortamento, che rappresenta la ripartizione del
suo costo lungo la sua vita utile, ma anche a seguito di svalutazioni per perdite durevoli di valore, emerse a seguito di un test di recuperabilità del valore del bene (impairment test).
Le immobilizzazioni immateriali devono essere infatti svalutate nell’ipotesi di “perdita durevole” di valore che si manifesta al termine del periodo amministrativo (art. 2426, c.1., n. 3, c.c.).
Nonostante si possa individuare un collegamento fra ammortamenti e svalutazioni la logica della svalutazione è completamente diversa.
Con l’espressione di svalutazione di un bene per perdita durevole, infatti, si riconosce che una parte del valore contabile del bene non sarà più recuperabile tramite l’ottenimento di ricavi futuri e quindi dovrà essere eliminata dal bilancio.
La società valuta a ogni data di riferimento del bilancio la presenza di indicatori di perdite durevoli di valore per quanto concerne le immobilizzazioni immateriali. Se tali indicatori dovessero sussistere, la società procede alla stima del valore recuperabile dell’immobilizzazione ed effettua una svalutazione qualora esso risulti durevolmente di valore inferiore al valore netto contabile (OIC 24, par. 78). La svalutazione dell’immobilizzazione, quindi, pone come valore di riferimento il valore recuperabile del bene.
Il tema è oggetto dell’OIC 9 “Svalutazioni per perdite durevoli di valore delle immobilizzazioni materiali e immateriali”, che prevede più fasi successive:
-
si valuta, a ogni data di riferimento del bilancio, la presenza di indicatori di perdite durevoli di valore con riguardo alle immobilizzazioni materiali;
-
solo in caso di presenza dei suddetti indicatori, la società stima il valore recuperabile delle immobilizzazioni;
-
qualora il valore recuperabile delle immobilizzazioni risulti durevolmente inferiore rispetto al valore netto contabile, occorre procedere a una svalutazione.
Il valore recuperabile rappresenta il maggior valore tra:
-
il suo fair value, al netto dei costi di vendita, ove il fair value corrisponde al prezzo che si percepirebbe per la vendita di un’attività ovvero che si pagherebbe per il trasferimento di una passività in una regolare operazione tra operatori di mercato alla data di valutazione;
-
il suo valore d’uso (ovvero la capacità di ammortamento per le aziende di minori dimensioni che possono applicare l’approccio semplificato).

Se si rileva la presenza di indicatori di perdita di valore, che danno avvio al processo, anche il confronto tra valore recuperabile e valore netto contabile avviene per fasi successive. La determinazione di questi due valori avviene infatti secondo questa sequenza:
-
in primo luogo, viene stimato il fair value e se questo è superiore al valore netto contabile il processo si interrompe senza effettuare alcuna svalutazione;
-
solo nei casi in cui il fair value al netto dei costi di vendita è inferiore rispetto al valore netto contabile del cespite, si procede con la stima del valore d’uso;
-
se il valore d’uso è superiore al valore netto contabile, non deve essere effettuata alcuna svalutazione, mentre in caso contrario il valore del cespite deve essere ridotto fino all’importo del suo valore recuperabile.
Tale sequenza è sintetizzabile nelle tre seguenti domande:
-
esiste un indicatore di perdita? Se non esiste non è necessario svalutare né svolgere altre elaborazioni, altrimenti (in presenza di un indicatore di perdita) si procede come indicato al punto successivo;
-
il fair value è superiore al valore netto contabile? Se la risposta è affermativa, la società non deve svalutare, altrimenti si procede il test con il punto successivo;
-
il valore d’uso è superiore al valore netto contabile? Se la risposta è positiva, non bisogna svalutare, in caso contrario il valore del cespite deve essere ridotto così da portarlo all’importo del suo valore recuperabile.
Ai fini del test di recuperabilità l’OIC 9 (Appendice A) propone il seguente albero decisionale.

La differenza tra il valore netto contabile del cespite per cui si è identificata una perdita durevole di valore e il suo valore recuperabile rappresenta un costo di competenza dell’esercizio in cui la perdita durevole è stata stimata. Tale costo è epilogato a Conto economico nella voce B.10.c) “Altre svalutazioni delle immobilizzazioni”.
Contabilmente, la rilevazione della svalutazione può essere eseguita (in maniera analoga al procedimento di ammortamento):
-
con il metodo indiretto (svalutazione “fuori conto”); oppure
-
con il metodo diretto (svalutazione “in conto”).
Nel primo caso (metodo indiretto) in contropartita al costo della svalutazione si accende un fondo di svalutazione, che in bilancio è esposto a diretta rettifica dell’immobilizzazione a cui si riferisce. Nel secondo caso (metodo diretto), in contropartita al costo della svalutazione si riduce direttamente il saldo del conto acceso all’immobilizzazione. Ne consegue che il valore netto contabile a cui è esposta a Stato patrimoniale risulta ridotto per effetto della svalutazione.
Sebbene entrambi i metodi siano applicabili, il metodo indiretto appare preferibile per la maggiore ricchezza informativa.
Incidendo sul valore netto contabile, la svalutazione comporta che il valore da ammortizzare dell’immobilizzazione immateriale si riduca, con un impatto sulle quote di ammortamento imputate a Conto economico negli esercizi successivi.
Si presentano di seguito due esempi, con impiego dei due metodi con cui è possibile rilevare la svalutazione.
Si ipotizzi che un brevetto dal costo storico pari a 400.000 euro ammortizzato con una percentuale pari al 10% annuo presenti alla fine del terzo anno un valore recuperabile pari a 240.000 euro e quindi debba essere svalutato per l’importo di 160.000 euro. La svalutazione comporterà quindi una riduzione del valore ammortizzabile che verrà contabilizzata mediante il metodo di rettifica indiretto ovvero attraverso la costituzione del fondo svalutazione.
CE | B.10.c | Svalutazione immob.ni imm.li | 160.000 | |
SP | B.I.3. (-) | Fondo svalutazione brevetti | 160.000 |
In seguito a tale contabilizzazione il valore netto contabile ammonta a 120.000 (400.000-160.000-120.000), considerando oltre alla svalutazione anche i 3 anni di ammortamento al 10%.
Ipotizzando la situazione nel Caso “Rilevazione della svalutazione con il metodo indiretto o fuori conto” la contabilizzazione della svalutazione può avvenire anche con il metodo di rettifica diretta o in conto. La scrittura contabile sarà:
CE | B.10.c | Svalutazione immob.ni imm.li | 160.000 | |
SP | B.I.3. (-) | Brevetti | 160.000 |
2.5.2. Indicatori di potenziali perdite di valore
2.5.2.Indicatori di potenziali perdite di valoreA ogni data di riferimento del bilancio, l’azienda valuta se esiste un indicatore che segnali una possibile riduzione di valore del cespite.
Gli indicatori di perdita durevole di valore si distinguono in due categorie (OIC 9):
-
quelli relativi a una singola immobilizzazione; e
-
quelli relativi all’azienda nel suo complesso.
Eventi relativi a una singola immobilizzazione e che possono rappresentare indicatori di perdita durevole di valore sono:
-
il valore di mercato di un’attività diminuito significativamente durante l’esercizio, più di quanto si prevedeva sarebbe accaduto con il passare del tempo o con l’uso normale dell’attività in oggetto;
-
il valore contabile delle attività nette della società superiore al loro fair value stimato della società (una tale stima sarà effettuata, per esempio, in relazione alla vendita potenziale di tutta la società o parte di essa);
-
l’obsolescenza o il deterioramento fisico di un’attività risulta evidente;
-
il verificarsi nel corso dell’esercizio di significativi cambiamenti con effetto negativo sulla società, oppure la possibilità che si verifichino nel prossimo futuro, nella misura o nel modo in cui un’attività viene utilizzata o ci si attende sarà utilizzata. Tali cambiamenti includono casi quali:
-
inutilizzo dell’attività;
-
piani di dismissione o ristrutturazione del settore operativo al quale l’attività appartiene;
-
piani di dismissione dell’attività prima della data prevista;
-
ridefinizione della vita utile dell’immobilizzazione;
-
evidenza dall’informativa interna che l’andamento economico di un’attività è, o sarà, peggiore rispetto a quanto previsto.
-
L’indicazione che un’attività possa aver subito una perdita durevole di valore potrebbe rendere necessario rivederne la vita utile residua, il criterio di ammortamento o il valore residuo e rettificarli in maniera coerente, a prescindere dal fatto che l’impairment test si concluda o meno con una svalutazione.
Eventi relativi all’azienda nel suo complesso o al mercato e che possono rappresentare indicatori di perdita durevole di valore sono riconducibili a situazioni in cui:
-
durante l’esercizio si sono verificate, o si verificheranno nel futuro prossimo, variazioni significative con effetto negativo per la società nell’ambiente tecnologico, di mercato, economico o normativo in cui la società opera o nel mercato cui un’attività è rivolta;
-
nel corso dell’esercizio sono aumentati i tassi di interesse di mercato o altri tassi di rendimento degli investimenti, ed è probabile che tali incrementi condizionino il tasso di attualizzazione utilizzato nel calcolo del valore d’uso di un’attività e riducano il valore recuperabile.
2.5.3. Fair value
2.5.3.Fair valueIl fair value rappresenta il prezzo che si percepirebbe per la vendita di un’attività ovvero che si pagherebbe per il trasferimento di una passività in una regolare operazione tra operatori di mercato alla data di valutazione.
La stima più accurata del fair value di un cespite è costituita dal prezzo pattuito in un accordo vincolante di vendita stabilito in una libera transazione o il prezzo di mercato in un mercato attivo. In loro assenza, il fair value è determinato in base alle migliori informazioni disponibili per riflettere l’ammontare che la società potrebbe ottenere, alla data di riferimento del bilancio, dalla vendita dell’attività in una libera transazione tra parti consapevoli e disponibili, anche alla luce del risultato di recenti transazioni per attività simili che hanno avuto luogo nell’ambito dello stesso settore industriale.
Al fair value così determinato devono essere quindi sottratti i costi di vendita per ottenere il valore da confrontare con il valore d’uso al fine di stimare il valore recuperabile del cespite, che corrisponde al maggiore tra i due.
2.5.4. Valore d’uso
2.5.4.Valore d’usoIl valore d’uso rappresenta il valore attuale dei flussi di cassa attesi da un’attività (o da un’unità generatrice di flussi di cassa) lungo la sua vita utile (OIC 9, par. 6).
La formula che più ricorrentemente viene utilizzata per la sua determinazione è la seguente:

dove:

e con
CFi = flusso di cassa previsto nell’anno i;
n = anno finale di previsione analitica dei flussi di cassa;
r = tasso di attualizzazione;
g = tasso di crescita dei flussi nel lungo termine
La variabile principale da calcolare è rappresentata da CF ovvero dal flusso di cassa previsto per l’anno i. Tali flussi finanziari derivano dall’utilizzo dell’attività per un determinato periodo di tempo e dalla sua dismissione finale. I dati possono essere estrapolati dai piani più recenti, oggetto di approvazione dell’organo amministrativo, ma tendenzialmente si riferiscono ad un arco temporale di 5 anni (max n=5).
Al fine di ottenere previsioni relative a un periodo più ampio la società può calcolare le proiezioni utilizzando piani e previsioni attraverso un tasso di crescita (g) stabile o in diminuzione, che non deve essere superiore al tasso medio di crescita a lungo termine della produzione, dei settori di attività, del paese o dei paesi in cui l’azienda opera, o dei mercati nei quali il bene utilizzato è inserito, a meno che un tasso superiore non sia consentito.
Dalla formula del valore d’uso è possibile evidenziare due componenti per quanto riguarda il periodo temporale di riferimento:
-
calcolo dei flussi finanziari riferiti ad un arco temporale relativo all’immediato futuro (con i che va da 1 a n) con dati desunti dai piani aziendali a cui viene applicato un tasso di attualizzazione r e poi vengono sommati tra di loro;
-
calcolo del flusso finale (residuale o terminale) di cassa: tale valore viene ottenuto come una rendita perpetua del flusso di cassa dell’anno n (da intendersi come ultimo anno di pianificazione analitica) che si ripete nel futuro in maniera indefinita in base a un tasso di variazione g (che può essere pari a zero o negativo, anche di valore positivo ma mai superiore al tasso medio di crescita del mercato in cui opera l’azienda) (OIC 9). Il valore finale così calcolato dovrà essere attualizzato alla data di calcolo del valore d’uso.
I flussi finanziari futuri non comprendono i flussi derivanti da:
-
attività di finanziamento;
-
pagamenti o rimborsi fiscali;
-
investimenti futuri per i quali l’azienda non si è ancora impegnata.
La stima dei flussi finanziari, quindi, non considera le conseguenze di eventuali future ristrutturazioni che possono incrementare il rendimento del bene considerato ma sulle quali l’azienda non si è ancora impegnata.
La stima si basa altresì sulle condizioni attuali del bene di cui deve essere calcolato il valore recuperabile.
Al fine del calcolo suddetto si dovrà quindi utilizzare, sulla base del Rendiconto finanziario, il dato relativo al flusso reddituale di cassa evitando di considerare flussi di pagamenti/incasso di oneri/proventi finanziari o di imposte/rimborsi di imposte.
Tasso di attualizzazione
In merito alla formula proposta si precisa, inoltre, che con il tasso di attualizzazione si fa riferimento al tasso al lordo delle imposte che ingloba:
-
le valutazioni correnti del mercato del valore temporale del denaro;
-
i rischi specifici dell’attività da valutare (di cui le stime dei flussi finanziari futuri non sono state rettificate).
Tale tasso dovrebbe esprimere il rendimento richiesto dagli investitori nell’ipotesi in cui dovessero scegliere un investimento che presenti le stesse caratteristiche di importi, tempistiche e rischio equivalenti a quelli che la società si attende che derivino dall’attività considerata.
Tale tasso può essere stimato con due modalità alternative ovvero mediante:
-
tasso implicito utilizzato per attività similari o in transazioni presenti correntemente sul mercato;
-
il costo medio ponderato del capitale della società, ovvero il Weighted Average Cost of Capital (WACC).
L’azienda Alfa ha iscritto in bilancio un’immobilizzazione del valore di 4.500 euro avente una vita utile di 5 anni (2015-2019) e assoggettata a un processo di ammortamento a quote costanti. Al termine dell’anno 2016 si verificano eventi che indicano la presenza di una potenziale perdita di valore e che conducono l’azienda a determinare il valore d’uso al fine di verificare la necessità di procedere alla svalutazione del bene. Dall’esame dei dati dei budget approvati dal management negli anni dal 2017 al 2019 (3 anni) si procede alla loro attualizzazione mediante l’applicazione di un tasso di sconto che rifletta il tasso lordo di mercato e il rischio per la determinata tipologia di investimento.
Flussi di cassa attualizzati | |||
Anno | Flussi di cassa | Coeff. di att.ne con tasso di sconto pari all’8% |
Flussi di cassa attualizzati |
2017 | 585 | 0,9259 | 541,65 |
2018 | 638 | 0,8573 | 546,96 |
2019 | 660 | 0,7938 | 523,91 |
Valore d’uso | 1.612,52 |
Il valore d’uso pari a 1.612,52 deve essere confrontato con il valore netto contabile (4.500-1.800) pari a 2.700. Dal momento che quest’ultimo ha un valore superiore e ipotizzando che non sia possibile procedere al calcolo del fair value è necessario procedere a una svalutazione pari a 1.087,48.
Negli anni successivi gli ammortamenti saranno calcolati sul minor valore anche se l’aver effettuato la svalutazione potrebbe comportare una revisione del piano di ammortamento. Infatti, in presenza di un indicatore di potenziale perdita di valore, potrebbe essere opportuno rettificare la vita utile residua, il criterio di ammortamento o il valore residuo, indipendentemente dal fatto che la svalutazione sia operata o meno (OIC 9).
Valore d’uso: definizione di UGC (unità generatrice dei flussi di cassa)
In rari casi è possibile procedere al calcolo del valore d’uso per la singola attività. In genere soprattutto in realtà aziendali di piccole o medie dimensioni i flussi di cassa futuri derivano da ricavi di vendita che scaturiscono da numerose attività legate a molteplici immobilizzazioni e altri fattori produttivi.
Risulta quindi più logico calcolare il valore recuperabile della unità generatrice dei flussi di cassa, UGC (o CGU Cash Generating Unit) di cui l’immobilizzazione fa parte piuttosto che calcolare il valore recuperabile del bene stesso.
Per Unità Generatrice di Cassa si intende: “il più piccolo gruppo identificabile di attività che include l’attività oggetto di valutazione e genera flussi finanziari in entrata che siano ampiamente indipendenti dai flussi finanziari in entrata generati da altre attività o gruppi di attività” (OIC 9, par. 8).
Si tratta quindi di andare a verificare se il valore recuperabile è inferiore al valore contabile: in tale ipotesi è necessario procedere alla svalutazione. Chiaramente, essendo il focus di riferimento la CGU, la perdita di valore rilevata dovrà essere imputata alla riduzione del valore delle singole attività che appartengono alla CGU, imputandola in primo luogo al valore dell’eventuale avviamento allocato su quest’ultima.
Una volta effettuata tale imputazione, se rimane una quota di svalutazione, dovrà essere attribuita proporzionalmente in riduzione al valore contabile delle attività sulla base del loro valore contabile.
Per verificare la recuperabilità dell’avviamento dovrà essere, in primis, allocato alla CGU o alle CGU. Al fine di effettuare tale allocazione è necessario individuare le CGU che ci si aspetta generino benefici economici futuri tali da giustificare l’iscrizione in bilancio dell’avviamento. In alcuni casi può verificarsi la situazione in cui la CGU coincida con l’intera azienda.
La verifica di recuperabilità dell’avviamento non ne esclude il processo di ammortamento.
Valore d’uso: approccio semplificato
La determinazione del valore recuperabile può avvenire anche attraverso una procedura semplificata per particolari tipologie di soggetti, quali (OIC 9):
-
aziende che redigono il bilancio in forma abbreviata
(art. 2435-bis c.c.);
-
le micro-imprese (ex art. 2435-ter c.c.).
Tale approccio semplificato si basa sulla determinazione del valore d’uso dell’attività attraverso la capacità di ammortamento.
Ciò consente quindi una notevole semplificazione della procedura e in particolare non richiede all’azienda un’attenta attività di pianificazione finanziaria.
La giustificazione dell’adozione di tale modello in alternativa a quello base è dovuta al fatto che per le aziende di piccole dimensioni il risultato derivante dall’applicazione della procedura normale produrrebbe risultati simili.
Tale impostazione si fonda su due ipotesi semplificatrici legate alle piccole dimensioni della realtà aziendale:
-
la CGU tende a coincidere con l’intero complesso aziendale;
-
i flussi di reddito di una situazione dove il capitale circolante permane stabile si approssimano ai flussi di cassa.
Il principio fondamentale di tale approccio si basa sul fatto che il valore d’uso in questo caso non viene calcolato utilizzando l’attualizzazione dei flussi di cassa futuri ma prendendo come riferimento un altro parametro, la capacità di ammortamento, che è costituita dal margine economico che la gestione mette a disposizione per la copertura degli ammortamenti. La capacità di ammortamento è determinata sottraendo algebricamente al risultato economico dell’esercizio gli ammortamenti delle immobilizzazioni (OIC 9, par. 9).
In sostanza per verificare la recuperabilità delle immobilizzazioni è necessario effettuare un confronto fra due valori:
-
il valore recuperabile determinato sulla base della capacità di ammortamento degli esercizi futuri, o se maggiore sulla base del valore equo;
-
il valore netto contabile come compare iscritto in bilancio.
Di fatto tale verifica, quindi, considera i flussi reddituali futuri della combinazione aziendale nel suo complesso e non della singola immobilizzazione.
Il test della recuperabilità darà esito positivo nell’ipotesi in cui la proiezione degli esiti della gestione futura dell’azienda esprima una capacità di ammortamento complessiva che sia in grado di dare un’adeguata copertura agli ammortamenti.
Se nel periodo considerato l’azienda rileva delle perdite di esercizio ciò non comporta l’obbligo a compiere una svalutazione per perdita durevole di valore sempre che negli esercizi successivi l’azienda dimostri la capacità di produrre utili tali da compensare le perdite.
Qualora l’azienda operi in maniera segmentata su differenti rami produttivi, che generano flussi di cassa autonomi, l’OIC suggerisce di effettuare tale modello di svalutazione sui differenti rami d’azienda individuati.
In tale ipotesi, quindi, sarà necessario calcolare la capacità di ammortamento in relazione ai singoli rami d’azienda e stabilire dei criteri di ripartizione dei costi indiretti, in particolare per quanto riguarda gli oneri finanziari.
Per l’approccio semplificato valgono poi considerazioni analoghe al modello dei flussi di cassa ovvero:
-
distinzione di due differenti previsioni temporali: calcolo della capacità di ammortamento nel periodo di previsione analitica (n. massimo 5 anni) e stima del valore residuo finale;
-
esclusione dei futuri investimenti che possono influenzare la struttura produttiva;
-
inclusione degli ammortamenti degli investimenti finalizzati a mantenere inalterata la funzionalità produttiva;
-
allocazione della eventuale svalutazione all’avviamento in primis e poi alle singole attività in proporzione al loro valore netto contabile.
Ipotesi 1 - Nessuna rilevazione di perdita durevole
Si ipotizzi che la società abbia iscritti in bilancio al 31.12 dell’esercizio 0:
-
cespite A: valore netto contabile 600, vita utile residua 5 anni;
-
cespite B: valore netto contabile 400, vita utile residua 5 anni;
-
avviamento: valore netto contabile 500, vita utile residua 5 anni.
I valori netti contabili dei cespiti A e B e dell’avviamento includono la quota di ammortamento maturata nell’esercizio 0. L’andamento prospettico della gestione, così come desunto dai piani aziendali più recenti a disposizione, è il seguente:
Anno 1 | Anno 2 | Anno 3 | Anno 4 | Anno 5 | Totale | |
Ricavi | 5.500 | 7.500 | 10.000 | 10.000 | 10.000 | 43.000 |
Costi variabili | -2.500 | -3.750 | -5.000 | -5.000 | -5.000 | -21.250 |
Costi fissi | -3.000 | -3.000 | -3.000 | -3.000 | -3.000 | -15.000 |
Oneri finanziari | -500 | -500 | -500 | -500 | -500 | -2.500 |
Capacità di ammortamento | -500 | 250 | 1.500 | 1.500 | 1.500 | 4.250 |
Ammortamenti A | -120 | -120 | -120 | -120 | -120 | -600 |
Ammortamenti B | -80 | -80 | -80 | -80 | -80 | -400 |
Ammortamento avviamento | -100 | -100 | -100 | -100 | -100 | -500 |
Totale ammortamenti | -300 | -300 | -300 | -300 | -300 | -1.500 |
Risultato netto | -800 | -50 | 1.200 | 1.200 | 1.200 | 2.750 |
L’orizzonte esplicito di previsione degli esiti della gestione è di 5 anni. Al termine di tale periodo i cespiti andranno rinnovati e si suppone che il valore dell’avviamento si sia completamente riassorbito. Si suppone, inoltre, che l’aliquota fiscale sia pari a zero. Nel caso in questione, la capacità di ammortamento complessiva generata dalla gestione nell’orizzonte temporale di riferimento (pari a 4.250) consente di recuperare le immobilizzazioni iscritte in bilancio al 31.12 dell’esercizio 0 (il cui valore netto contabile è pari a 1.500). Di conseguenza - nonostante gli esercizi 1 e 2 chiudano in perdita - non viene rilevata nessuna perdita durevole di valore.
Ipotesi 2 - Rilevazione di perdita durevole
Si ipotizzi che la società abbia iscritti in bilancio al 31.12 dell’esercizio 0:
-
cespite A: valore netto contabile 600, vita utile residua 5 anni;
-
cespite B: valore netto contabile 400, vita utile residua 5 anni;
-
avviamento: valore netto contabile 500, vita utile residua 5 anni.
I valori netti contabili dei cespiti A e B e dell’avviamento includono la quota di ammortamento maturata nell’esercizio 0.
L’andamento prospettico della gestione, così come desunto dai piani aziendali più recenti a disposizione, è il seguente:
Anno 1 | Anno 2 | Anno 3 | Anno 4 | Anno 5 | Totale | |
Ricavi | 4.000 | 6.500 | 9.000 | 9.000 | 9.000 | 37.500 |
Costi variabili | -2.500 | -3.750 | -5.000 | -5.000 | -5.000 | -21.250 |
Costi fissi | -3.000 | -3.000 | -3.000 | -3.000 | -3.000 | -15.000 |
Oneri finanziari | -200 | -200 | -200 | -200 | -200 | -1.000 |
Capacità di ammortamento | -1.700 | -450 | 800 | 800 | 800 | 250 |
Ammortamenti A | -120 | -120 | -120 | -120 | -120 | -600 |
Ammortamenti B | -80 | -80 | -80 | -80 | -80 | -400 |
Ammortamento avviamento | -100 | -100 | -100 | -100 | -100 | -500 |
Totale ammortamenti | -300 | -300 | -300 | -300 | -300 | -1.500 |
Risultato netto | -2.000 | -750 | 500 | 500 | 500 | -1.250 |
L’orizzonte esplicito di previsione degli esiti della gestione è di 5 anni. Al termine di tale periodo i cespiti andranno rinnovati e si suppone che il valore dell’avviamento si sia completamente riassorbito. Si suppone, inoltre, che l’aliquota fiscale sia pari a zero.
Nel caso in questione, la capacità di ammortamento complessiva generata dalla gestione nell’orizzonte temporale di riferimento (pari a 250) non consente di recuperare le immobilizzazioni iscritte in bilancio al 31.12 dell’esercizio 0 (il cui valore netto contabile è pari a 1.500). Di conseguenza, al 31.12 dell’esercizio 0, si rileva una perdita in bilancio pari a 1.250 (differenza tra capacità di ammortamento, 250, e ammortamenti da effettuare negli esercizi futuri, 1.500). La perdita deve essere attribuita prioritariamente all’avviamento, che viene in questo caso completamente svalutato, e per la parte rimanente ai cespiti A e B, pro-quota rispetto al loro valore di iscrizione in bilancio.
Informazioni in Nota integrativa sulle riduzioni di valore
Le informazioni circa le riduzioni di valore subite dalle immobilizzazioni riguardano (art. 2427, c. 3-bis, c.c.):
-
la misura e le motivazioni della riduzione di valore;
-
il riferimento all’impatto sulla futura produzione di risultati di esercizio;
-
il riferimento alla prevedibile durata di vita utile;
-
il riferimento al valore di mercato;
-
le differenze rispetto alle riduzioni di valore operate negli esercizi precedenti;
-
impatto delle precedenti riduzioni di valore sui risultati economici di esercizio.
Per il calcolo del valore recuperabile devono essere fornite le seguenti informazioni (OIC 9):
-
durata dell’orizzonte temporale considerato per la stima analitica dei flussi finanziari attesi;
-
tasso di crescita utilizzato;
-
tasso di attualizzazione.
Se necessario devono essere fornite informazioni anche sulle modalità di calcolo del fair value.
Per le aziende che decidono di utilizzare l’approccio semplificato dovranno rilasciare un’adeguata segnalazione in Nota integrativa e dovranno indicare la durata dell’orizzonte temporale di riferimento per la stima analitica dei flussi reddituali futuri.
2.6. Incrementi successivi di valore
2.6.Incrementi successivi di valore2.6.1. Rivalutazioni oltre il valore iniziale
2.6.1.Rivalutazioni oltre il valore inizialeLe rivalutazioni del valore dei beni immateriali sono consentite soltanto qualora ciò sia espressamente
previsto da una legge ad hoc e nei limiti da questa previsti (OIC 24, par. 79).
Non sono ammesse rivalutazioni discrezionali o volontarie ovvero che non siano ammesse da leggi speciali. Non è inoltre consentito rivalutare un bene immateriale per motivi legati al processo inflattivo, quale caso eccezionale, al divieto di rivalutazione.
L’OIC rimanda alla legge di riferimento per quanto riguarda i criteri, le metodologie e i limiti da applicare per procedere alla rivalutazione del bene.
Qualora ciò non sia espressamente indicato dalla legge speciale, il documento rinvia
al principio generale di rappresentazione veritiera e corretta (17.8.2.) che deve essere seguito per la determinazione di tali elementi (OIC 24, par. 79).
In ogni caso, il valore massimo che non può essere superato in caso di rivalutazione corrisponde al valore recuperabile dell’immobilizzazione immateriale (OIC 24, par. 80).
Qualora negli esercizi successivi alla rivalutazione il bene immateriale rivalutato presenti un valore contabile eccedente rispetto al valore recuperabile, l’azienda deve procedere alla svalutazione del bene (OIC 24, par. 81). Ciò comporta la rilevazione della perdita durevole a Conto economico in base a quanto disposto dai Principi contabili (OIC 9), se non disposto diversamente dalla legge.
La rivalutazione di un’immobilizzazione immateriale prevista da una legge speciale non comporta la modifica della stimata vita utile residua che quindi non risente dell’effetto sul valore economico del bene. La quota di ammortamento del bene immateriale rivalutato quindi continua ad essere calcolata sulla base dei criteri precedentemente adottati senza che vi siano riflessi sulla stima della vita utile residua (OIC 24, par. 82).
In bilancio, l’effetto netto della rivalutazione viene esposto fra le riserve del patrimonio netto alla voce A.III “Riserve di rivalutazione”, salvo diversa disposizione di legge (OIC 24, par. 83). Il maggior valore dell’immobilizzazione immateriale non rappresenta infatti un ricavo e quindi non transita dal Conto economico.
In Nota integrativa devono essere riportati i criteri seguiti, l’importo della rivalutazione al lordo e al netto degli ammortamenti e l’effetto sul patrimonio netto.
Una immobilizzazione immateriale iscritta in bilancio ad un valore pari a 32.000 viene rivalutata sulla base delle disposizioni contenute nella Legge di rivalutazione n. 342/2020 (una legge analoga che ha consentito la rivalutazione di beni è la Legge n. 232/2016, art. 1, c. 556-563). I tratti salienti della legge dai quali è possibile trarre indicazioni operative per procedere alla rivalutazione sono:
-
anno di riferimento: esercizio amministrativo 2000 (in casi particolari possibilità di estendere anche all’esercizio successivo);
-
oggetto della rivalutazione: immobilizzazioni materiali, immateriali (diritti: brevetti o marchi e non oneri pluriennali) partecipazioni immobilizzate in controllate e collegate;
-
facoltà e non obbligo di procedere alla rivalutazione;
-
indicazione dei criteri e delle metodologie della operazione di rivalutazione a Nota integrativa;
-
indicazione dei dettagli dell’operazione nelle relazioni al bilancio degli amministratori e dei sindaci;
-
divieto di superamento del valore effettivamente attribuibile al bene, considerato il suo utilizzo interno, e dei valori correnti e delle quotazioni, se invece il bene è destinato alla vendita;
-
applicazione di imposta sostitutiva sui maggiori valori (percentuale pari al 19% del valore dei beni ammortizzabili e del 15% sui beni non ammortizzabili);
-
pagamento dell’imposta sostitutiva entro il termine previsto per la dichiarazione dei redditi.
Si suppone che in base alla legge suddetta un’azienda decida di rivalutare un diritto di brevetto con valore residuo complessivo pari a 3.600.000 euro (acquistato per un importo pari a 4.000.000 euro e ammortizzato per il 10%). La rivalutazione comporterà il raggiungimento di un nuovo valore residuo pari a 5.400.000 euro. Tale rivalutazione dovrà aumentare sia il valore storico del bene che il suo fondo ammortamento. Tale aumento sarà pari a ½ (5.400.000-3.600.000/3.600.000). Il valore storico del bene aumenterà da 4.000.000 a 6.000.000 e il fondo ammortamento aumenterà da 400.000 a 600.000. La differenza fra i due incrementi sia del valore contabile che del fondo ammortamento pari a 2.000.000 - 200.000 = 1.800.000 rappresenta il saldo attivo di rivalutazione.
La scrittura contabile sarà:
SP | B.I.3 | Brevetti | 2.000.000 | |
SP | B.I.3 (-) | Fondo ammortamento brevetti | 200.000 | |
SP | A | Saldo attivo rivalutazione monetaria | 1.800.000 |
La legge prevede poi l’applicazione di un’imposta sostitutiva pari al 19% (art. 12), quindi pari a 342.000 euro che dovranno essere versati all’Erario e vanno pertanto a ridurre il saldo attivo di rivalutazione.
SP | A | Saldo attivo di rivalutazione monetaria | 342.000 | |
SP | D.12 | Debiti verso erario | 342.000 |
La legge prevede inoltre la destinazione specifica del saldo attivo di rivalutazione (art. 13):
-
girato ad aumento di capitale sociale;
-
accantonato a specifica riserva con esplicita indicazione degli estremi della legge di riferimento. Tale riserva potrà essere ridotta soltanto in base a quanto stabilito in caso di riduzione del capitale sociale (art. 2445 c.c.). In caso di utilizzo per la copertura di perdite non si possono distribuire utili fin quando tale riserva non è stata reintegrata o ridotta in misura corrispondente in base a delibera dell’assemblea straordinaria;
-
distribuito ai soci.
Nell’ultima ipotesi dove il saldo attivo viene distribuito ai soci, sia direttamente sia tramite la riduzione della specifica riserva o del capitale sociale aumentato a seguito della rivalutazione, le somme versate vanno ad aumentare il reddito imponibile della società e dei soci.
Qualora il saldo attivo venga imputato a capitale sociale e successivamente si proceda a ridurre o a rimborsare il capitale sociale, le riduzioni di capitale verranno effettuate considerando il saldo attivo di rivalutazione determinato in base alla legge e i saldi attivi derivanti da precedenti rivalutazioni.
Qualora la società decida di iscrivere il saldo attivo di rivalutazione nella specifica riserva inclusa nella voce A.III dello Stato patrimoniale si avrà la seguente rilevazione.
SP | A | Saldo attivo di rivalutazione | 1.458.000 | |
SP | A.III | Riserva di rivalutazione ex lege n. 342/2000 |
1.458.000 |
Legge di rivalutazione 2020
La Legge di rivalutazione 2020 (Decreto “Agosto”, art. 110, D.L. n. 104/2020, convertito con modificazione dalla legge 126/2020) ha consentito la rivalutazione dei beni d’impresa, effettuata anche sui singoli beni. La rivalutazione poteva essere estesa anche all’avviamento e agli altri beni immateriali (art. 1, Legge n. 178/2020). La principale novità risiedeva proprio nel fatto che era possibile rivalutare distintamente i singoli beni evitando di dover sottoporre a rivalutazione tutti i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea. In tal modo veniva offerta alle imprese una importante opportunità per incrementare il livello di patrimonializzazione e migliorare quindi le possibilità di accedere a finanziamenti bancari a condizioni più vantaggiose.
I destinatari della legge erano le società di capitali e gli enti commerciali residenti nel territorio italiano (art. 73, c. 1, lett. a) e b) del Testo Unico delle Imposte sui Redditi) che non adottano i Principi contabili internazionali. Tali soggetti hanno potuto quindi rivalutare i beni d’impresa e le partecipazioni, anche in deroga all’art. 2426 c.c. e alle altre disposizioni di legge vigenti sulla materia.
Tra i beni oggetto di rivalutazione, con il vincolo che risultino nel bilancio al 31 dicembre 2019, vengono indicati, nell’ambito delle immobilizzazioni immateriali, marchi e brevetti.
In relazione alle immobilizzazioni immateriali la rivalutazione era consentita anche se erano già state completamente ammortizzate. La rivalutazione era possibile per beni completamente ammortizzati e per le immobilizzazioni in corso risultanti dall’attivo dello Stato patrimoniale del bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2019. La rivalutazione figurava, quindi, nel bilancio successivo a quello in corso al 2019, ovvero per i soggetti con esercizio amministrativo coincidente con l’anno solare, nell’esercizio 2020. La rivalutazione doveva essere riportata nell’inventario e in Nota integrativa.
La legge offriva una duplice opportunità:
-
rivalutazione con rilevanza ai soli fini civilistici, senza pagamento di imposte sostitutive;
-
rivalutazione con rilevanza ai fini sia civilistici che fiscali mediante il versamento di un’imposta sostitutiva del 3% del valore dei beni strumentali.
Si puntualizza che la rivalutazione poteva interessare un bene distinto senza che fosse necessario dover rivalutare tutti i beni appartenenti alla stessa categoria. L’altro aspetto particolarmente favorevole per le imprese era l’applicazione di una aliquota molto ridotta (3%) rispetto alle precedenti (le leggi precedenti prevedevano aliquote più elevate pari al 10% per i beni non ammortizzabili e al 12% per i beni ammortizzabili).
Qualora l’impresa decidesse di optare per la rivalutazione a fini civilistici, la rivalutazione avveniva in modalità “gratuita” ovvero senza versamento di imposte. Se invece in maniera opzionale l’impresa sceglieva la modalità “onerosa” successiva alla rivalutazione operata a fini civilistici, poteva riconoscere a fini fiscali i maggiori valori esposti in bilancio. Si puntualizza che il maggior valore attribuito ai beni rivalutati è riconosciuto ai fini fiscali a partire dall’esercizio successivo a quello in cui la rivalutazione è stata operata (esercizio 2020).
Tale riconoscimento viene perfezionato mediante il pagamento dell’imposta sostitutiva del 3% sia per i beni ammortizzabili che per quelli non ammortizzabili che può avvenire al massimo in 3 rate annuali di pari importo, che dovevano essere pagate entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relativi ai periodi di imposta 2020, 2021 e 2022 (per soggetti che hanno l’esercizio coincidente con l’anno solare, le scadenze sono 30 giugno 2021, 2022 e 2023). È consentito il pagamento degli importi in compensazione, tramite Modello F24.
Da ciò deriva che è possibile la deduzione dei maggiori ammortamenti già a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in cui è stata operata la rivalutazione (dal 2021). Per il riconoscimento del costo ai fini della plusvalenza il periodo d’imposta di riferimento è il 2024.
Da un punto di vista contabile il saldo attivo della rivalutazione deve essere imputato a capitale o iscritto a una specifica riserva, la quale viene considerata ai fini fiscali in sospensione d’imposta finché rimane iscritta in bilancio. Nell’ipotesi in cui venga distribuita ai soci (il decreto richiama esplicitamente la disposizione dell’art. 13, c. 3, della Legge n. 342/2000) il saldo attivo concorre alla formazione del reddito in capo sia alla società che ai soci.
Viene inoltre prevista la possibilità di affrancamento del saldo attivo derivante dalla rivalutazione, in maniera integrale o soltanto in parte, mediante l’applicazione di una imposta sostitutiva pari al 10%. Successivamente all’affrancamento il saldo attivo di rivalutazione diventa una riserva di utili che può essere distribuita ai soci: in seguito alla distribuzione la tassazione avviene in capo ai soci e non più in capo alla società, in base alle regole della tassazione dei dividendi.
Il legislatore prevede espressamente che l’applicazione delle disposizioni previste per il riconoscimento fiscale di maggiori valori iscritti in bilancio è estesa anche all’avviamento e agli altri beni immateriali in relazione all’anno amministrativo 2019 (art. 1, c. 83, Sezione 1, Legge n. 178/2020). Pertanto, qualunque tipo di immobilizzazione immateriale risultante in bilancio può essere oggetto di riallineamento fiscale.
Aspetti contabili delle rivalutazioni consentite dalla legge di rivalutazione 2020
La rivalutazione è facoltativa e riservata alle aziende che redigono il bilancio in base alle disposizioni del Codice civile (i c.d. OIC adopter). Gli aspetti contabili della rivalutazione sono stati affrontati dall’OIC nel Documento interpretativo 7.
L’OIC in tale documento specifica che la rivalutazione poteva essere applicata ai beni che soddisfano la definizione di immobilizzazioni immateriali in base a quanto disposto dall’OIC 24 anche se completamente ammortizzati (art. 110, c. 1, D.L. n. 104/2020, Sez. II Capo I Legge n. 342/2000, art. 2, D.M. n. 162/2001).
Oggetto di rivalutazione potevano essere anche i beni immateriali ancora tutelati giuridicamente alla data di chiusura del bilancio in cui viene effettuata la rivalutazione, anche se i relativi costi sono stati imputati a Conto economico anziché essere capitalizzati a Stato patrimoniale sia pur in possesso dei requisiti necessari per la relativa capitalizzazione.
Di fatto vengono equiparati sia i beni immateriali presenti a Stato patrimoniale sia quelli che vengono richiamati in Nota integrativa in quanto completamente ammortizzati.
Il Documento interpretativo 7 pone inoltre fine al dibattito relativo alla possibilità di rivalutare intangibili non capitalizzati in quanto l’interpretazione letterale della norma individua come condizione formale la presenza dell’asset nel bilancio in chiusura al 31 dicembre 2019. L’OIC ha ritenuto di non creare una disparità di trattamento fra le aziende che avevano optato per l’iscrizione dei costi a Conto economico di un determinato intangibile oppure quelle che, a parità di condizioni, avevano preferito capitalizzare tali costi fra i beni immateriali a Stato patrimoniale.
La stessa impostazione peraltro era già stata segnalata da Assonime che aveva assimilato i beni completamente ammortizzati con i beni non capitalizzati in quanto la diretta imputazione dei costi a Conto economico veniva vista come una forma di ammortamento integrale del bene (Assonime 5 marzo 2021, n. 6). Tale impostazione è stata inoltre confermata anche dalla Direzione Centrale (interpello 8 aprile 2021, n. 956-343/2021). Fra gli operatori si continua tuttavia a valutare la convenienza economica della rivalutazione in base alla normativa vigente.
Per quanto riguarda la tipologia dei beni intangibili rivalutabili, vi erano inclusi tutti i beni che rispondono alla tassonomia dettata dall’OIC 24, sempre che siano oggetto di tutela giuridica. Quindi il riferimento è a diritti di brevetto industriale, diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno, diritti di concessione, licenze, marchi, know-how e altri diritti simili. Erano quindi esclusi:
-
i costi di impianto e ampliamento;
-
i costi di sviluppo.
In merito alle tempistiche, poteva essere oggetto di rivalutazione soltanto l’asset che risultasse iscritto nel bilancio dell’esercizio 2019. La rivalutazione era quindi attuata nel bilancio successivo. L’OIC ha puntualizzato che le aziende che hanno l’esercizio non coincidente con l’anno solare potevano eseguire la rivalutazione nel bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2019. In tal caso non era poi possibile eseguirla nel bilancio successivo.
Altro aspetto interessante riguarda la possibilità di rivalutare i beni in maniera distinta che viene confermata dall’OIC il quale specifica che, in relazione a due beni separabili, (ad es. fabbricati cielo-terra) siano necessari distinti valori di rivalutazione.
Per quanto concerne le regole di contabilizzazione della rivalutazione l’OIC conferma che al maggior valore dei beni rivalutati iscritto nello Stato patrimoniale viene iscritta in contropartita il corrispondente saldo in una voce di patrimonio netto. Il saldo attivo di rivalutazione, quindi, può essere imputato a capitale oppure essere accantonato in una speciale riserva.
Per quanto riguarda la rilevanza della rivalutazione, ai fini sia civilistici che fiscali, l’OIC puntualizza che il versamento delle imposte sostitutive (art. 110, c. 3 e 4, D.L. n. 104/2020) è previsto in un massimo di tre rate di pari importo. Il relativo debito viene poi disciplinato dall’OIC 19 per quanto riguarda l’iscrizione e la valutazione. Tale debito deve quindi essere attualizzato se l’effetto dell’attualizzazione è rilevante. In questa ipotesi, tale effetto viene esposto nella voce di patrimonio netto in cui sono state imputate le rivalutazioni effettuate.
In merito alla misura della rivalutazione l’OIC fissa il limite massimo richiamando la Legge n. 342/2000 (art. 11) che indica “valori effettivamente attribuibili ai beni con riferimento alla loro consistenza, alla loro capacità produttiva, all’effettiva possibilità economica di utilizzazione, ai valori correnti e alle quotazioni rilevate nei mercati regolamentati italiani o esteri. In base a quanto indicato si deduce quindi che possa essere utilizzato sia il criterio del valore d’uso che il criterio del valore di mercato, seguendo quindi le indicazioni previste dall’OIC 9. Di fatto quindi quanto indicato dall’OIC si collega alle configurazioni di valore previste dall’OIC 9 in tema di test di impairment.
Le modalità tecniche per eseguire la rivalutazione sono le seguenti:
-
rivalutazione del costo storico (valore lordo) e del relativo fondo di ammortamento;
-
rivalutazione del solo costo storico (valore lordo);
-
riduzione del fondo ammortamento (art. 5, Decreto n. 162/2001).
Indipendentemente dalla modalità adottata l’OIC specifica che si perviene allo stesso valore netto contabile che dovrà poi essere ripartito lunga la vita utile dell’immobilizzazione.
La rivalutazione non implica la modifica della stima della vita utile del bene immateriale, confermando quindi quanto già previsto dai Principi contabili nazionali.
La modifica della stima della vita utile, infatti, è richiesta nell’ipotesi in cui si siano modificate le condizioni originarie della stima.
In merito ai marchi il limite fissato dall’OIC 24 alla data della rivalutazione può essere prolungato per ulteriori 20 anni nei limiti dell’efficacia della tutela giuridica.
Altro aspetto importante riguarda il calcolo degli ammortamenti che deve essere effettuato sui valori non rivalutati in quanto la rivalutazione è considerata un’operazione successiva. Di conseguenza l’ammortamento sui maggiori valori inizia dall’anno successivo a quello in cui è stata effettuata la loro iscrizione.
Ultimo aspetto che viene affrontato riguarda la fiscalità derivante dalla rivalutazione. Affinché sia possibile il riconoscimento non soltanto civilistico ma anche fiscale della rivalutazione eseguita è necessario il versamento di un’imposta sostitutiva pari al 3% per i beni ammortizzabili e non ammortizzabili (art. 110, c. 4, D.L. n. 104/2020). Tale riconoscimento avviene a decorrere dall’esercizio successivo a quello in cui è stata effettuata la rivalutazione. L’imposta dovuta viene quindi portata a riduzione della voce di patrimonio netto in cui sono state imputate le rivalutazioni eseguite (art. 9 D.M. n. 162/2001, OIC 25).
Dal momento che i maggiori valori sono riconosciuti anche fiscalmente non è necessario iscrivere imposte differite nel bilancio in cui è stata eseguita la rivalutazione. Nei bilanci successivi è necessario iscrivere imposte differite qualora vi siano differenze temporanee originatesi dalla differenza di valore nella quota di ammortamento in bilancio con la quota fiscalmente deducibile nell’esercizio.
Rimane ferma la possibilità di procedere all’affrancamento del saldo attivo di rivalutazione, in tutto o in parte, mediante l’applicazione di una imposta sostitutiva in capo alla società (art. 110, c. 3, D.L. n. 104/2020). In mancanza di tale affrancamento la riserva è oggetto di tassazione soltanto qualora venga distribuita ai soci (c.d. riserva in sospensione d’imposta). Se vi sono scarse possibilità di distribuzione della riserva ai soci, le imposte differite relative alla riserva possono non essere rilevate.
Se invece non si procede al riconoscimento fiscale della rivalutazione la società deve iscrivere imposte differite, IRES e IRAP in seguito al generarsi della differenza temporanea fra il valore civilistico delle attività rivalutate e il loro valore ai fini fiscali. Tali imposte differite sono iscritte direttamente a riduzione della riserva iscritta a patrimonio netto.
Negli esercizi successivi le imposte differite vengono riversate a Conto economico per un valore corrispondente al realizzo del maggior valore (attraverso ammortamento, cessione dell’immobilizzazione, successiva riduzione per perdita di valore) (OIC 25).
L’OIC regolamenta anche l’informativa in Nota integrativa necessaria per l’annotazione della rivalutazione effettuata (art. 110, c. 2, D.L. n. 104/2020) e l’indicazione delle modalità utilizzate per rivalutare i beni ammortizzabili (art. 5, D.M. n. 162/2001). L’informativa in tema di rivalutazioni segue quanto previsto dall’OIC 24.
Legge di bilancio 2022
La Legge di bilancio 2022 (Legge n. 234/2021) ha introdotto alcune novità in merito alla disciplina della rivalutazione dei beni di impresa (D.L. n. 104/2020). In sostanza vengono stabiliti dei limiti alla deducibilità ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP del maggior valore attribuito in sede di rivalutazione delle attività immateriali. Viene infatti stabilito che la deduzione avvenga, per ciascun periodo d’imposta, nella misura di 1/50. Allo stesso modo nel caso di cessione a titolo oneroso di tali beni, di assegnazione ai soci, di destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero al consumo personale o familiare dell’imprenditore, di eliminazione dal complesso produttivo, l’eventuale minusvalenza è deducibile, fino a concorrenza del valore residuo del maggior valore, in quote costanti per il residuo periodo di ammortamento, considerando sempre la suddivisione in cinquantesimi.
Viene tuttavia concessa la possibilità di avvalersi dell’ordinario ammortamento per diciottesimi mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva nella misura pari al:
-
12% sulla parte dei maggiori valori fino a 5 milioni di euro;
-
14% sulla parte dei maggiori valori eccedente i 5 milioni e fino a 10 milioni;
-
16% sulla parte eccedente i 10 milioni.
Il pagamento dell’importo dell’imposta sostitutiva deve avvenire in due rate di pari ammontare la prima entro il termine per il saldo delle imposte sui redditi relativo al periodo d’imposta successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita, la seconda entro il termine per il saldo del periodo d’imposta successivo.
In deroga allo Statuto del Contribuente che sancisce l’irretroattività delle disposizioni tributarie, le modifiche introdotte hanno effetto a decorrere dall’esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione e il riallineamento sono eseguiti. Viene comunque offerta la possibilità a coloro che, alla data di entrata in vigore della Legge n. 234/2021, hanno già versato le imposte sostitutive (art. 110, c. 6, D.L. n. 104/2020), di revocare la scelta. Ciò comporta revocare l’operazione fiscale, mantenendo in capo l’operazione di rivalutazione sotto il profilo civilistico.
Gli aspetti contabili di questa scelta sono stati oggetto del Documento interpretativo 10 dell’OIC, pubblicato nel maggio 2022.
2.6.2. Rivalutazioni di ripristino
2.6.2.Rivalutazioni di ripristinoIn base alla disposizione civilistica se, una volta compiuta la svalutazione di un bene, non si presentano più le motivazioni che l’avevano determinata si dovrà procedere alla c.d. rivalutazione di ripristino (art. 2426, n. 3, c.c.). Tale dicitura è motivata dal fatto che si riporta il valore del bene fino al massimo del valore residuo contabile prima della svalutazione.
Si tratta dell’unico esempio di rivalutazione, consentito nel nostro ordinamento contabile, che provoca un impatto a Conto economico mediante l’iscrizione di un ricavo.
L’OIC specifica che la contabilizzazione di un ricavo per rivalutazione di ripristino dovrà avvenire al netto degli ulteriori ammortamenti non calcolati a causa della precedente svalutazione.
Di conseguenza la rivalutazione di ripristino non potrà superare il valore originario.
È importante segnalare il divieto esplicito di effettuare rivalutazioni di ripristino sia per gli oneri pluriennali che per l’avviamento dal momento che in tali casi non è possibile che si verifichi una variazione delle condizioni che ne hanno determinato la svalutazione.
La rivalutazione di ripristino andrà collocata nella voce a Conto economico A.5 “Altri ricavi e proventi”.
Si ipotizzi che un brevetto con costo storico pari a 500.000 sia ammortizzabile in 8 anni a quote costanti. Alla fine del terzo anno il brevetto presenta un valore recuperabile pari a 400.000 e debba essere svalutato per 100.000. Tale svalutazione darà origine alla seguente rilevazione contabile (metodo di rettifica indiretto).
CE | B.10.c | Svalutazione imm.ni imm.li | 100.000 | |
SP | B.I.3 (-) | Fondo svalutazione imm.ni imm.li | 100.000 |
In tale ipotesi quindi il valore contabile netto del bene è pari a 212.500 ovvero a 500.000 - 100.000 - 187.500 (ovvero a 62.500 quota di ammortamento per 3 anni).
Se dovessero venir meno i motivi della svalutazione (caso infrequente) il brevetto deve essere rivalutato dando origine a una rilevazione contabile opposta, ovvero a una “rivalutazione di ripristino”. Tale tipo di rivalutazione deve essere imputata a Conto economico in quanto va a compensare la precedente svalutazione.
Si supponga quindi che, alla fine del quarto anno, si rilevi l’insussistenza delle ragioni che avevano determinato la svalutazione. Il ricavo per la rivalutazione non sarà pari a 100.000 in quanto, nel frattempo, la quota di ammortamento del quarto anno non è stata calcolata sul costo storico di 500.000 ma sarà data, a parità di vita utile, dal valore di 42.500 (ovvero pari al valore residuo/ residuo della vita utile: 212.500/5). La differenza fra la quota di ammortamento ordinaria e quella calcolata in questo modo (62.500 - 42.500 = 20.000) andrà inserita a rettifica della rivalutazione di ripristino. Quest’ultima sarà pari a 80.000 (100.000 - 20.000 = 80.000). L’importo residuo pari a 20.000 verrà stornato dal fondo di svalutazione e andrà ad alimentare il fondo ammortamento.
SP | B.I.3 (-) | Fondo svalutazione imm.ni imm.li | 100.000 | |
SP | B.I.3 (-) | Fondo amm.to imm.ni imm.li | 20.000 | |
CE | A.5 | Rivalutazione imm.ni imm.li | 80.000 |
2.7. Dismissione
2.7.DismissioneIn caso di vendita di un’immobilizzazione immateriale, in contropartita al corrispettivo ricevuto è necessario eliminare contabilmente il valore netto contabile iscritto nel conto intestato all’immobilizzazione (OIC 24, par. 84), a seguito della:
-
chiusura di eventuali fondi svalutazione relativi al cespite;
-
chiusura del fondo ammortamento comprensivo di tutti gli accantonamenti accumulati e della quota di ammortamento relativa alla frazione dell’ultimo esercizio in cui è stato utilizzato.
L’eventuale differenza positiva (plusvalenza) o negativa (minusvalenza) tra il valore netto contabile e il corrispettivo pattuito per la cessione viene registrata come componente economica di competenza dell’esercizio in cui ha luogo l’alienazione e presentata a Conto economico rispettivamente nella voce A.5 “Altri ricavi e proventi” o B.14 “Oneri diversi della gestione”.
2.8. Costi di impianto e di ampliamento
2.8.Costi di impianto e di ampliamentoRientrano nella voce “Costi d’impianto e di ampliamento” i costi non ricorrenti riferibili a specifici momenti di vita aziendale (OIC 24, parr. 6 e 41), quali:
-
la fase pre-operativa (c.d. costi di start-up);
-
la fase di accrescimento della capacità operativa.
I costi di impianto e di ampliamento possono comprendere (OIC 24, par. 25):
-
costi pre-operativi sia di tipo legale (ad esempio costi legati all’atto costitutivo, imposte, consulenze, ecc.) sia di tipo operativo/produttivo (ad esempio studi di fattibilità aziendale, costi per ricerche di marketing; costi per addestramento del personale, ecc.);
-
costi di start up;
-
costi relativi ad ampliamenti successivi (es. costi legati ad aumenti di capitale sociale, costi per la procedura di ammissione alla quotazione in Borsa, ecc.);
-
costi di addestramento e qualificazione del personale, sotto alcune condizioni specificate al paragrafo
2.8.2.
La rilevazione iniziale di tali costi nell’attivo dello Stato patrimoniale è consentita solo se si dimostra la congruenza ed il rapporto causa-effetto tra i costi in questione ed il beneficio (\qqq) che dagli stessi la società si attende (OIC 24, par. 42).
A titolo di esempio, per essere capitalizzati in questa voce, i costi per la costituzione di una rete commerciale devono trovare correlazione logica nelle aspettative di vendita dei prodotti che a tale rete verranno affidati. Similmente, la capitalizzazione dei costi di un aumento di capitale sociale deve trovare giustificazione nell’atteso miglioramento della situazione finanziaria dell’impresa. I costi relativi alla costituzione della società possono essere capitalizzati nella misura in cui le aspettative reddituali di tale nascente società siano positive.
La facoltà di capitalizzare tali costi non deve essere intesa dagli amministratori come uno strumento per politiche di bilancio volte a migliorare i risultati economici. Inoltre, è bene richiamare che la capitalizzazione di questi costi è una facoltà e non un obbligo, né l’automatica conseguenza del fatto che tali costi siano stati sostenuti.
Si ricorda inoltre che l’iscrizione di tali costi tra le immobilizzazioni immateriali
è soggetta alle condizioni previste per gli oneri pluriennali (2.1.2.). In merito alla rilevazione successiva, al pari delle altre immobilizzazioni immateriali,
tali costi dovranno essere rilevati al netto dei relativi fondi di ammortamento e delle svalutazioni eventualmente operate. L’esposizione in bilancio dovrà quindi avvenire al netto delle suddette poste rettificative esponendo quindi solo l’importo netto fornendo i dettagli della ricostruzione delle
movimentazioni dei fondi rettificativi in Nota integrativa.
Per quanto riguarda l’ammortamento, che deve esaurirsi in un periodo massimo di 5 anni (art. 2426, c. 1, n. 5, c.c.; OIC 24) in particolare per i costi di start-up deve essere completato in un periodo ragionevolmente breve. Tale periodo avrà inizio dal momento in cui la nuova azienda o in alternativa il nuovo ramo di azienda, centro commerciale o nuovo prodotto saranno disponibili per l’uso.
2.8.1. Costi di start-up
2.8.1.Costi di start-upI costi di start-up sono riferibili:
-
a una società di nuova costituzione che abbia l’obiettivo di progettare e rendere operativa la struttura aziendale iniziale;
-
a una società preesistente prima dell’inizio di una nuova attività.
Tali costi possono comprendere, a titolo di esempio (OIC 24, par. 25): i costi del personale operativo che avvia le nuove attività, i costi di pubblicità in tale ambito, i costi di assunzione e addestramento del nuovo personale, i costi di allacciamento di servizi generali, quelli sostenuti per riadattare uno stabilimento esistente.
Tali costi possono essere capitalizzati soltanto qualora siano soddisfatte le seguenti condizioni:
-
attribuzione diretta dei costi alla nuova attività e limitatamente ai costi sostenuti nel periodo precedente a quello di avvio (si specifica che i costi generali e amministrativi e i costi derivanti da inefficienze sostenuti nel periodo di start-up non possono essere capitalizzati);
-
rispetto del principio di recuperabilità dei costi, dal momento che è ragionevole la prospettiva reddituale.
La società Alfa in sede di costituzione societaria sostiene spese per la consulenza notarile per un importo pari a 10.000 euro (+IVA 22%) inclusivo dei contributi dovuti alla cassa previdenziale di categoria. Tale operazione al momento del sostenimento ha dato origine alla seguente rilevazione a Conto economico.
CE | B.7 | Spese notarili | 10.000 | |
SP | C.II.5-bis) | IVA a credito | 2.200 | |
SP | D.7 | Debiti v. professionisti | 12.200 |
Tali costi al 31/12 saranno sottoposti al processo di capitalizzazione mediante l’iscrizione della voce a Stato patrimoniale in sede di assestamento dei conti.
SP | B.I.1 | Costi di impianto e di amp.to | 10.000 | |
CE | A.4 | Incrementi di imm.li per lavori interni | 10.000 |
2.8.2. Costi di addestramento e qualificazione del personale
2.8.2.Costi di addestramento e qualificazione del personaleSi tratta di costi che generalmente devono essere imputati a Conto economico ma che possono essere capitalizzati tra i costi di impianto e di ampliamento qualora ricorrano le seguenti condizioni (OIC 24, par. 43):
-
se sono assimilabili ai costi di start-up in quanto sostenuti in relazione all’attività di avviamento di una nuova società;
-
se sono riferibili a costi sostenuti per un processo di riconversione o ristrutturazione industriale attuato mediante un investimento sugli attuali fattori produttivi con riflessi in termini di un profondo cambiamento nella struttura produttiva, commerciale, e amministrativa della società. Tale riconversione deve inoltre essere ratificata da un piano approvato dagli amministratori da cui risulti la capacità prospettica reddituale in grado di dare adeguata copertura ai costi, compresi gli ammortamenti dei costi capitalizzati.
Si supponga che un’azienda, nella prospettiva di espansione sui mercati esterni, abbia sostenuto costi di formazione del personale per partecipazione di dipendenti a corsi di aggiornamento su tecniche di export, per un importo pari a 20.000 euro.
Alla fine dell’esercizio l’azienda ritiene di capitalizzare il 50% di tali costi, in previsione della correlazione fra costi e ricavi futuri e della relazione di tali costi con un’attività sostanzialmente nuova.
Al momento della capitalizzazione del costo si procederà con la seguente scrittura contabile:
SP | B.I.1 | Costi di formazione del personale capitalizzati | 10.000 | |
CE | A.4 | Incrementi di imm.li per lavori interni | 10.000 |
2.8.3. Costi straordinari di riduzione del personale
2.8.3.Costi straordinari di riduzione del personaleUna categoria particolare è rappresentata dai costi straordinari legati alla riduzione del personale (ad esempio gli incentivi, la buonuscita, ecc.) che risponde alla volontà di eliminare inefficienze produttive, commerciali o amministrative o di altra natura.
Tali costi non possono essere capitalizzati e iscritti nell’attivo dello Stato patrimoniale (OIC 24, par. 45). Le motivazioni addotte riguardano il fatto che tali costi vengono sostenuti determinando l’eliminazione di fattori produttivi e che presentano una forte incertezza nella loro recuperabilità dato che vengono sostenuti in momenti critici della vita aziendale.
2.8.4. Costi di avviamento di impianti di produzione
2.8.4.Costi di avviamento di impianti di produzioneTali costi si originano dalla differenza fra i costi di produzione dei beni che si ottengono da impianti nella prima fase di avvio e quelli che si originano invece da impianti a regime.
Tale differenziale di costi, che deve emergere da un idoneo sistema di contabilità analitica, può essere capitalizzato a condizione che tali costi siano recuperabili mediante i ricavi futuri, compresi quelli relativi agli ammortamenti dei suddetti costi.
La capitalizzazione è consentita soltanto fino al momento in cui l’impianto viene messo a regime (che di norma coincide con l’inizio dell’attività commerciale) e comunque non oltre il normale periodo di avviamento dell’impianto previsto dal costruttore.
Si specifica che le spese di collaudo sostenute su impianti e macchinari, prima che
siano pronti per l’utilizzo, e i costi per la progettazione di un nuovo impianto vengono
capitalizzati direttamente sul valore del cespite in base a quanto disposto dall’OIC 16 “Immobilizzazioni materiali” (3.).
La società Alfa ha prodotto un componente il cui costo di produzione, ottenuto da una nuova linea di produzione nel periodo di 3 mesi di avviamento, è pari a 180 euro, mentre si prevede che il costo di produzione medio del componente quando l’impianto sarà a regime sia di 120 euro. Se il prezzo di vendita è pari a 140 euro, la differenza fra il costo del componente in fase di avviamento ed il prezzo di vendita (180-140 = 40), deve essere moltiplicata per il numero di quantità dei componenti realizzati nel periodo di avviamento (si ipotizzi di 4.000 unità). Di conseguenza l’importo che dovrà essere capitalizzato sarà pari a 160.000.
SP | B.I.1 | Costi di avviamento di impianti di prod. | 160.000 | |
CE | A.4 | Incrementi di imm.li per lavori interni | 160.000 |
Per quanto riguarda il processo di ammortamento il dettato civilistico, come già accennato, prevede il periodo massimo di ammortamento in cinque esercizi e inoltre è prevista una revisione sistematica annuale del piano di ammortamento al fine di accertarne la congruità (OIC 24, par. 65).
2.9. Costi di sviluppo
2.9.Costi di sviluppoI costi che possono essere iscritti in questa voce sono riconducibili all’attività di sviluppo, intesa come l’applicazione dei risultati della ricerca di base o di altre conoscenze possedute o acquisite in un piano o in un progetto per la produzione di materiali, dispositivi, processi, sistemi o servizi, nuovi o sostanzialmente migliorati, prima dell’inizio della produzione commerciale o dell’utilizzazione (OIC 24, par. 7).
Con riferimento all’attività di ricerca e sviluppo, risultano infatti ancora capitalizzabili
- senza obbligo di capitalizzazione - solo i costi sostenuti nella fase di sviluppo,
purché soddisfino tutte le condizioni per l’iscrizione a Stato patrimoniale degli
oneri pluriennali immateriali (2.1.2.).
Alcuni esempi operativi di costi di sviluppo possono comprendere (OIC 24, par. 26):
-
i costi riferiti alla progettazione;
-
costruzione e verifica di prototipi o modelli che precedono la produzione o l’utilizzo degli stessi;
-
i costi per la progettazione di mezzi, prove, stampi e matrici riguardanti la nuova tecnologia;
-
i costi per la progettazione, la costruzione e l’attivazione di un impianto “pilota” che non presenti dimensioni idonee per la produzione commerciale;
-
i costi per la progettazione, la costruzione e la prova dei materiali, progetti, prodotti, processi, sistemi o servizi nuovi o migliorati;
-
i costi per l’applicazione della ricerca di base.
I costi di sviluppo capitalizzabili nell’attivo patrimoniale possono essere di diversa natura e comprendere (OIC 24, par. 48):
-
dagli stipendi, i salari e gli altri costi relativi al personale impegnato nell’attività di sviluppo;
-
dai costi dei materiali e dei servizi impiegati nell’attività di sviluppo;
-
dall’ammortamento di immobili, impianti e macchinari, nella misura in cui tali beni sono impiegati nell’attività di sviluppo;
-
dai costi indiretti, diversi dai costi e dalle spese generali ed amministrativi, relativi all’attività di sviluppo;
-
dagli altri costi, quali ad esempio l’ammortamento di brevetti e licenze, nella misura in cui tali beni sono impiegati nell’attività di sviluppo.
La ricerca di base è un’indagine originale e pianificata intrapresa con l’obiettivo di conseguire nuove conoscenze e scoperte di natura tecnica o scientifica, che si considera di utilità generica all’azienda. I costi relativi a tale attività, così come quelli relativi alla ricerca applicata a partire dal 2016, devono essere imputati a Conto economico nell’esercizio in cui sono sostenuti, in quanto sono intesi come parte della normale operatività dell’azienda e del supporto ordinario all’attività imprenditoriale.
Dal 2016 non è più possibile capitalizzare nella voce B.I.2 i costi di pubblicità, che devono essere iscritti a Conto economico nell’esercizio in cui si sostengono.
Il legislatore ha lasciato aperta la possibilità di iscrizione di tali costi a Stato
patrimoniale soltanto nell’ipotesi in cui tali spese siano state sostenute in occasione
di operazioni non ricorrenti (quali il lancio di una nuova attività produttiva o l’avvio
di un nuovo processo produttivo diverso da quelli avviati dal core business) e quindi
possano essere ricomprese nei costi di start-up (2.8.1.).
Tale ipotesi rappresenta quindi una possibilità residua di capitalizzazione dei costi di pubblicità che, in maniera conforme a quanto stabilito dai Principi contabili internazionali (IAS 38), sono esclusi dall’iscrizione fra gli oneri pluriennali a Stato patrimoniale.
Requisiti per la capitalizzazione
Affinché sia consentita la capitalizzazione dei costi di sviluppo sono necessarie tre condizioni basilari (OIC 24):
-
la chiara definizione del prodotto o processo, nonché l’identificabilità e la misurabilità dei costi connessi. È necessario dimostrare la diretta inerenza dei costi al prodotto, processo o progetto: se sussistono dubbi sulla genericità dei costi questi devono essere imputati a Conto economico;
-
il riferimento a un progetto realizzabile, ovvero tecnicamente fattibile, per il quale la società possieda o possa disporre delle risorse necessarie. La realizzabilità del progetto è il risultato di un processo di stima che sia in grado di dimostrare la fattibilità tecnica del prodotto o del processo. In alcuni casi la disponibilità di risorse per completare o utilizzare i benefici derivanti da un’attività immateriale può essere dimostrata da un piano della società o in alcuni casi dalla dimostrazione della disponibilità di finanziamenti esterni mediante la conferma di un finanziatore;
-
la recuperabilità dei costi: i ricavi che si prevede di realizzare dal progetto devono essere in grado di coprire i costi sostenuti per lo studio dello stesso, dopo aver dedotto tutti gli altri costi di sviluppo, i costi di produzione e i costi per la vendita.
Un’azienda farmaceutica sta realizzando un progetto di ricerca volto alla realizzazione di una nuova molecola. La scheda di progetto prevede il sostenimento di costi di sviluppo pari a 320.000 euro. Considerato il rispetto delle condizioni previste dalla normativa e dai Principi contabili (OIC 24) si procede alla capitalizzazione dei suddetti costi in sede di assestamento dei conti.
SP | B.I.2 | Costi di sviluppo capitalizzati | 320.000 | |
CE | A.4 | Incrementi di imm.li per lavori interni | 320.000 |
Ammortamento dei costi di sviluppo
L’ammortamento dei costi di sviluppo deve essere effettuato in base alla loro vita utile. In casi eccezionali, qualora non sia possibile stimarne in maniera attendibile la vita utile, l’ammortamento deve essere compiuto entro un limite massimo di 5 anni.
2.10. Diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno
2.10.Diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegnoI diritti di brevetto industriale e i diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno sono iscritti nella voce B.I.3 dello Stato patrimoniale e possono comprendere (OIC 24, par. 27):
-
i costi sia di produzione interna sia di acquisizione esterna dei diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno;
-
i costi per l’acquisizione o la produzione di brevetti per modelli di utilità e per modelli e disegni ornamentali;
-
i costi per i diritti in licenza d’uso di brevetti;
-
i costi relativi all’acquisto a titolo di proprietà, a titolo di licenza d’uso del software applicativo sia a tempo determinato che a tempo indeterminato;
-
i costi sostenuti per la produzione ad uso interno di un software applicativo tutelato ai sensi della legge sui diritti d’autore;
-
i costi di know-how, sia nel caso in cui sono sostenuti per la produzione interna che nel caso di acquisto da terzi, quando è tutelato giuridicamente.
Tali elementi sono iscrivibili in bilancio solo se ricorrono le seguenti condizioni (OIC 24, par. 50):
-
presenza di un diritto esclusivo di sfruttamento;
-
recuperabilità dei costi di acquisizione tramite benefici economici (che possono equivalere a maggiori benefici o a minori costi);
-
misurabilità del costo sostenuto.
La normativa richiede che i piani che ne attestano il concreto impiego possano dimostrarne i benefici economici, i cui effetti concreti siano indicati anche nei budget aziendali.
I diritti di brevetto industriale e i diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno possono essere trasmessi con licenza d’uso. Nonostante i diritti possano essere assimilati dal punto di vista utilizzativo, il brevetto implica un concetto di trasferibilità e di proprietà (seppur limitata nel tempo) che è normalmente assente nella licenza d’uso. Privilegiando gli aspetti sostanziali e considerando l’utilizzo economico del bene immateriale, l’OIC 24 (par. 27) indica come preferibile classificare nella stessa voce B.I.3 anche le licenze d’uso per brevetti e beni simili.
Nei casi in cui il brevetto è acquisito a titolo oneroso da fornitori esterni, l’immobilizzazione è iscritta al costo originario di acquisto comprensivo degli oneri accessori, inclusi i costi di progettazione e i costi per gli studi di fattibilità relativi all’impiego del brevetto dell’azienda.
Se l’acquisto del brevetto prevede, oltre al pagamento iniziale, anche il pagamento di corrispettivi aggiuntivi proporzionali ai volumi della produzione o della vendita, può essere capitalizzato soltanto il costo pagato inizialmente.
Tali costi devono quindi essere spesati a Conto economico e non imputati a Stato patrimoniale in quanto direttamente correlati ai ricavi dei medesimi esercizi.
Si supponga che l’azienda Alfa proceda all’acquisto di un brevetto industriale da terzi a titolo oneroso per l’importo di 100.000 euro.
La scrittura sarà la seguente:
SP | B.I.3 | Diritti di brevetto | 100.000 | |
SP | C.II.5-bis) | IVA a credito | 22.000 | |
SP | D.7 | Debiti v. fornitori | 122.000 |
Per i brevetti realizzati internamente il valore di iscrizione è rappresentato dal costo di produzione interna e dai costi accessori relativi alla domanda e all’ottenimento del brevetto, sempre nei limiti della recuperabilità di tali costi attraverso l’utilizzo del brevetto.
Si supponga che l’azienda Alfa proceda alla produzione interna di un brevetto industriale. I costi sostenuti possono essere capitalizzati in sede di assestamento dei conti per l’importo di 100.000 euro.
SP | B.I.6 | Immobilizzazioni imm.li in corso | 100.000 | |
CE | A.4 | Incrementi di imm.li per lavori interni | 100.000 |
Si supponga che l’anno successivo venga ultimata la realizzazione del brevetto mediante il sostenimento di costi pari a 20.000.
La scrittura sarà la seguente:
SP | B.I.3 | Diritti di brevetto | 120.000 | |
SP | B.I.6 | Immobilizzazioni imm.li in corso | 100.000 | |
CE | A.4 | Incrementi di imm.li per lavori interni | 20.000 |
In alternativa le spese sostenute dall’azienda per la realizzazione del diritto di brevetto possono essere imputate tra i costi di ricerca e sviluppo.
In tale ipotesi il valore del bene immateriale sarà costituito da:
-
quota di costi di ricerca e sviluppo capitalizzati negli esercizi precedenti e non ancora ammortizzati;
-
costi di ricerca e sviluppo eventualmente sostenuti nell’esercizio di iscrizione in bilancio del brevetto.
Si avrà la seguente contabilizzazione:
SP | B.I.3 | Diritti di brevetto | 120.000 | |
SP | B.I.6 | Immobilizzazioni imm.li in corso | 20.000 | |
SP | B.I.2 | Costi di sviluppo | 100.000 |
Al pari delle altre immobilizzazioni immateriali i diritti di brevetto vengono ammortizzati in base alla loro residua possibilità di utilizzazione. In relazione ai brevetti potrebbe essere consigliabile utilizzare un metodo di ammortamento basato sul volume della produzione realizzata considerata la diretta correlazione fra i benefici attesi e i volumi di produzione previsti in un periodo temporale sufficientemente lungo. Tale metodo richiede che:
-
i piani di produzione riflettano effettive modalità operative;
-
siano esclusi condizionamenti legati a difficoltà di commercializzazione e vendita.
In caso contrario verrà applicato il metodo a quote costanti.
La vita utile massima del brevetto viene stabilita dalla legge. Non ci sono limiti e la durata massima è data dal limite legale o contrattuale.
La durata dell’ammortamento è pari:
-
alla durata legale del brevetto;
-
al minor periodo in cui si hanno aspettative di utilità futura.
Diritti d’autore
I diritti d’autore comprendono opere dell’ingegno di carattere creativo (che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro e alla cinematografia) o altri mezzi multimediali di espressione, qualunque sia il modo o la forma di espressione.
La loro tutela giuridica presuppone che l’opera abbia come finalità specifica la rappresentazione intellettuale diretta ad una comunicazione, dal momento che è oggetto di protezione la forma di espressione e non i principi scientifici o artistici.
I diritti d’autore si iscrivono a Stato patrimoniale quando sono soddisfatte le seguenti condizioni:
-
titolarità di un diritto esclusivo di edizione, rappresentazione ed esecuzione derivante da un diritto d’autore;
-
possibilità di determinazione attendibile del costo di acquisizione dei diritti;
-
recuperabilità negli esercizi successivi dei costi iscritti come benefici economici che si origineranno dallo sfruttamento dei diritti stessi.
Le possibilità che un diritto d’autore ha di generare benefici economici nel futuro dipendono dai seguenti fattori:
-
caratteristiche intrinseche dell’opera;
-
effettiva pianificazione dello sfruttamento;
-
disponibilità di adeguate risorse finanziarie e produttive idonee a sostenere lo sfruttamento economico.
Dal momento che i diritti che derivano dall’utilizzazione delle opere dell’ingegno sono autonomamente iscrivibili, i costi che possono essere iscritti nell’attivo dello Stato patrimoniale sono:
-
costi di produzione interna;
-
costi di acquisizione esterna.
Nell’ipotesi di produzione interna la capitalizzazione avverrà in base ai criteri
stabiliti per i costi di sviluppo (2.9.) e valgono le osservazioni previste per i brevetti.
Si supponga che l’azienda Alfa proceda alla produzione interna di un diritto di utilizzazione delle opere d’ingegno. I costi sostenuti possono essere capitalizzati in sede di assestamento dei conti per l’importo di 100.000 euro.
SP | B.I.6 | Immobilizzazioni imm.li in corso | 100.000 | |
CE | A.4 | Incrementi di imm.li per lavori interni | 100.000 |
Si supponga che l’anno successivo venga ultimata la realizzazione del diritto mediante il sostenimento di costi pari a 20.000.
La scrittura sarà la seguente:
SP | B.I.3 | Diritti di utilizzazione delle opere di ingegno |
120.000 | |
SP | B.I.6 | Immobilizzazioni imm.li in corso | 100.000 | |
CE | A.4 | Incrementi di imm.li per lavori interni | 20.000 |
In alternativa le spese sostenute dall’azienda per la realizzazione del diritto possono essere imputate tra i costi di ricerca e sviluppo.
In tale ipotesi il valore del bene immateriale sarà costituito da:
-
quota di costi di ricerca e sviluppo capitalizzati negli esercizi precedenti e non ancora ammortizzati;
-
costi di ricerca e sviluppo eventualmente sostenuti nell’esercizio di iscrizione in bilancio del brevetto.
Si avrà la seguente contabilizzazione:
SP | B.I.3 | Diritti di utilizzazione delle opere di ingegno |
120.000 | |
SP | B.I.6 | Immobilizzazioni imm.li in corso | 20.000 | |
SP | B.I.2 | Costi di sviluppo | 100.000 |
Nell’ipotesi invece di acquisto da terzi il costo iscrivibile è rappresentato dal costo diretto di acquisto comprensivo degli oneri accessori anche qualora il pagamento avvenga in maniera dilazionata.
Si supponga che l’azienda Alfa proceda all’acquisto da terzi a titolo oneroso per l’importo di 150.000 euro.
SP | B.I.3 | Diritti di utilizzazione delle opere di ingegno |
150.000 | |
SP | C.II.5-bis) | IVA a credito | 33.000 | |
SP | D.7 | Debiti v. fornitori | 183.000 |
Nell’ipotesi in cui, oltre al pagamento del corrispettivo iniziale una tantum, è previsto anche il pagamento di futuri corrispettivi aggiuntivi proporzionali ai volumi della produzione o delle vendite, è possibile iscrivere soltanto l’ammontare relativo al costo diretto di acquisto e ai costi accessori.
Gli importi proporzionali ai volumi produttivi o delle vendite, degli esercizi successivi si imputano a Conto economico e non possono essere capitalizzati in quanto direttamente correlati ai ricavi dei relativi esercizi.
L’ammortamento dei diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno viene effettuato sulla base della residua possibilità di utilizzazione. La legge non prevede nessun limite temporale per effettuare il processo di ammortamento che contabilmente avverrà in base alle medesime regole ovvero mediante rettifica in conto (metodo diretto) o rettifica fuori conto (metodo indiretto).
2.11. Concessioni, licenze, marchi e diritti simili
2.11.Concessioni, licenze, marchi e diritti similiLe concessioni, le licenze, i marchi e i diritti similari sono rappresentati nella voce B.I.4 dello Stato patrimoniale insieme a licenze, marchi e diritti similari.
Le concessioni sono provvedimenti con cui la pubblica amministrazione trasferisce ad altri soggetti i propri diritti o poteri insieme a oneri e obblighi (OIC 24, Appendice A punto 12).
Tali concessioni in genere servono per poter sfruttare in esclusiva beni di proprietà della pubblica amministrazione (come, ad esempio, le concessioni per l’uso esclusivo del suolo demaniale) o per poter esercitare attività proprie degli enti concedenti (ad esempio la gestione dei parcheggi, ecc.).
Le licenze iscritte alla voce B.I.4 sono le autorizzazioni con cui si consente l’esercizio di attività regolamentate (ad esempio licenze di commercio al dettaglio).
I marchi (insieme alla ditta e all’insegna) sono uno dei segni distintivi dell’azienda (o di un suo prodotto fabbricato e/o commercializzato) e possono consistere in qualunque segno suscettibile di essere rappresentato graficamente, tra cui emblemi, parole, suoni e forme del prodotto o della sua confezione.
Il legislatore non specifica il termine “diritti simili”. L’obiettivo di lasciare tale voce con significato generico è stato quello di farvi confluire eventuali voci che possano emergere in conseguenza della continua evoluzione che caratterizza i beni immateriali (OIC 24). In tale voce possono essere inclusi:
-
i segni distintivi dell’impresa;
-
la ditta e l’insegna;
-
il franchising.
Con riferimento alle attività immateriali sopra citate, la voce B.I.4 può comprendere:
-
i costi per l’ottenimento di concessioni su beni di proprietà degli enti concedenti (sfruttamento in esclusiva di beni pubblici quali ad esempio il suolo demaniale);
-
i costi per l’ottenimento di concessioni per esercizio di attività proprie degli enti concedenti (gestione regolamentata di alcuni servizi pubblici quali ad esempio autostrade, trasporti, parcheggi, ecc.);
-
i costi per le licenze di commercio al dettaglio;
-
i costi di know-how per la tecnologia non brevettata;
-
i costi per l’acquisto, la produzione interna e per i diritti di licenza d’uso dei marchi.
Tali costi possono essere capitalizzati purché sussistano le condizioni per la capitalizzazione
dei beni immateriali (2.1.2.).
Si iscrivono in bilancio nella voce B.I.4 le somme una tantum erogate per l’ottenimento di una concessione alla pubblica amministrazione o ad altro ente concedente che voglia trasferire il diritto esclusivo a titolo oneroso.
In relazione al franchising, anche se non esplicitamente affermato dall’OIC 24, si ritiene che possa essere contabilizzato dall’affiliante, nella voce B.I.4, soltanto la somma fissa iniziale (initial fee o diritto di entrata) che l’affiliato deve corrispondergli al momento della stipula del contratto. Le royalties o i canoni invece devono essere contabilizzati come costi di esercizio e quindi vanno imputati a Conto economico.
Tali elementi sono assoggettati ad ammortamento in base alla durata della concessione o della licenza (o alla durata della loro residua possibilità di utilizzo) anche se non ci sono norme specifiche riguardo al metodo di ammortamento.
Anche nell’ipotesi in cui tale corrispettivo venga pagato, non soltanto inizialmente ma anche in maniera ciclica, mediante canoni periodici non correlati a tutta la durata della concessione o della licenza ma previsti per un periodo più breve, è iscritto fra i beni immateriali (OIC 24, par. A15).
Se invece viene pattuito il pagamento, oltre la somma una tantum, di una parte del corrispettivo in base a determinati parametri come, ad esempio, le percentuali di vendita (royalties) tale parte del corrispettivo (onere) è rilevato nel Conto economico come costo di esercizio.
Per le scritture relative alla capitalizzazione, all’acquisto da terzi e al processo di ammortamento si rimanda agli esempi precedenti.
2.11.1. Marchi
2.11.1.MarchiIl marchio è uno degli elementi distintivi dell’azienda (o di un suo prodotto fabbricato o commercializzato) e può essere individuato in un qualunque segno suscettibile di essere rappresentato graficamente (OIC 24).
La disciplina stabilisce la possibilità di capitalizzare sia il marchio prodotto internamente che il marchio acquisito da terzi a titolo oneroso.
I costi che si riferiscono alla produzione interna del marchio possono ricondursi essenzialmente ai costi diretti, interni ed esterni, sostenuti per la produzione del segno distintivo nell’ambito dello svolgimento dell’attività di ricerca e sviluppo.
Sono invece esclusi dalla capitalizzazione i costi sostenuti per l’avvio del processo produttivo del prodotto tutelato dal marchio e per l’eventuale campagna promozionale (OIC 24, Appendice A punto 16).
L’ammortamento del marchio avviene sulla base del periodo di produzione e commercializzazione in esclusiva dei prodotti cui il marchio fa riferimento. Se tale periodo non è prevedibile l’ammortamento dovrà avvenire entro un periodo che non può eccedere 20 anni (OIC 24, par. 71).
Per le esemplificazioni delle scritture relative alla capitalizzazione, all’acquisto
da terzi e al processo di ammortamento si rimanda agli esempi precedenti (2.1.2.).
2.11.2. Know-how
2.11.2.Know-howLa voce B.I.4 accoglie anche i segreti industriali relativi a tecnologie brevettate acquisiti da terzi soggetti.
Tale bene non è stato definito esplicitamente dal legislatore. Il know-how viene definito come: “un insieme di informazioni tecniche segrete, sostanziali e identificate in una qualsiasi forma appropriata” (art. 1, c. 7, n. 1 del Reg. CE 30 novembre 1988, n. 556/89). Il Documento OIC 24 definisce esplicitamente il bene immateriale con l’espressione “costi di know-how per la tecnologia non brevettata”.
In tal senso si è espressa Assonime con una circolare (circ. Assonime 5 aprile 2002, n. 30, par. 12.2) a proposito della c.d. Tremonti bis (art. 4, Legge n. 383/2001) dove ha definito il know-how come un insieme di conoscenze aventi carattere di esclusività e segretezza, utilizzabili nell’attività di produzione o di scambio. Si rileva affinità con il diritto di brevetto in quanto il know-how viene considerato come un insieme di conoscenze brevettabili anche se di fatto non brevettate, in quanto non note o facilmente accessibili agli esperti.
L’iscrizione potrà avvenire qualora siano verificate le condizioni di utilità futura e misurabilità del costo. Nella stessa voce dovranno poi essere iscritti i costi per know-how sviluppato internamente, se tutelato giuridicamente. Si fa riferimento quindi a beni immateriali veri e propri distinti rispetto ai costi di sviluppo che rientrano nella categoria degli oneri pluriennali.
Per le esemplificazioni delle scritture relative alla capitalizzazione, all’acquisto da terzi e al processo di ammortamento si rimanda agli esempi precedenti.
2.12. Avviamento
2.12.AvviamentoL’avviamento è l’attitudine dell’azienda a produrre utili che scaturiscono dalla presenza di fattori specifici che non possono essere valutati
in maniera autonoma pur partecipando alla determinazione del reddito ed essendosi
formati in maniera onerosa (OIC 24, par. 10).
Questa attitudine può derivare inoltre da aumenti di valore del complesso dei beni aziendali rispetto alla somma del valore dei singoli beni, fenomeno dovuto alla presenza di un efficiente sistema di organizzazione dei beni aziendali.
In una prospettiva economico-aziendale, l’avviamento può essere generato internamente oppure può essere acquisito a titolo oneroso, in seguito all’acquisto di un’azienda o di un ramo di azienda. Secondo una logica prudenziale, la disciplina prevede che solo l’avviamento acquisito a titolo oneroso possa essere iscritto come immobilizzazione immateriale nella voce B.I.5, e di conseguenza ammortizzato su un arco di più esercizi.
L’avviamento viene quindi iscritto in bilancio al valore che può essere identificato come la parte del corrispettivo versato a titolo oneroso in generale collegato a fattori di natura intrinseca all’azienda, quali il miglioramento del posizionamento dell’azienda sul mercato, il surplus di reddito generato da prodotti innovativi o di ampia richiesta, la creazione di valore tramite sinergie produttive o commerciali, ecc.
L’avviamento è legato al valore intrinseco dell’azienda anche se dal punto di vista della rilevazione contabile assume rilevanza soltanto nell’ipotesi dell’avviamento “derivato” ovvero derivante da acquisto di un’azienda o di un ramo d’azienda. Non rileva l’avviamento che si genera internamente ovvero l’avviamento “originario” che è dovuto alla sinergia della combinazione produttiva.
L’avviamento comprende costi a utilità differita nel tempo e non è separabile dal complesso aziendale. Esso non è infatti suscettibile di vita propria indipendente e separata dal complesso aziendale e non può essere considerato come un bene immateriale a sé stante, oggetto di diritti e rapporti autonomi. In altri termini, l’avviamento può essere definito come una qualità dell’azienda (OIC 24, par. 57).
Il valore d’iscrizione in bilancio dell’avviamento si determina per differenza fra:
-
il prezzo complessivo sostenuto per l’acquisizione dell’azienda o ramo d’azienda (o il valore di conferimento della medesima o il costo di acquisizione della società incorporata o fusa, o del patrimonio trasferito dalla società scissa alla società beneficiaria); e
-
il valore corrente attribuito agli altri elementi patrimoniali attivi e passivi che vengono trasferiti (OIC 24, par. 58).
2.12.1. Requisiti per l’iscrizione
2.12.1.Requisiti per l’iscrizioneAi fini dell’iscrizione in bilancio dell’avviamento, devono essere soddisfatte tutte le seguenti condizioni (OIC 24, par. 55):
-
acquisizione a titolo oneroso (cioè deriva dall’acquisizione di un’azienda o ramo d’azienda oppure da un’operazione di conferimento, di fusione o di scissione);
-
valore quantificabile in quanto incluso nel corrispettivo pagato;
-
valore costituito all’origine da oneri e costi ad utilità differita nel tempo, che garantiscono quindi benefici economici futuri (es. conseguimento di utili futuri);
-
il principio della recuperabilità del relativo costo (non si è in presenza di un cattivo affare).
È necessario quindi valutare se la differenza positiva fra il prezzo di cessione e il valore corrente dei singoli elementi patrimoniali acquisiti sia effettivamente dovuta a un beneficio economico. Tale valutazione deriva dalle prospettive reddituali e dal posizionamento competitivo dell’azienda acquisita, che possono o meno giustificare il presunto recupero di tale costo mediante il realizzo di ricavi futuri. In tale ipotesi la voce potrà essere iscritta al punto B.I.5 dell’attivo dello Stato patrimoniale.
Se invece tale differenza è dovuta ad altre motivazioni (cattivo affare, motivazioni personali, ecc.), non è possibile capitalizzare il costo, che deve essere
inviato a Conto economico.
Di seguito vengono esemplificati alcuni casi relativi all’acquisizione dell’avviamento
a titolo oneroso ovvero conseguente a operazioni di conferimento d’azienda (28.), fusione, scissione (
31.).
In caso di acquisizione di azienda, il valore dell’avviamento che è iscrivibile in bilancio è pari alla differenza fra:
-
il costo di acquisizione (o prezzo di cessione);
-
il valore corrente (fair value) dei beni e degli elementi patrimoniale dell’azienda oggetto di cessione.
Si supponga che l’azienda Alfa proceda all’acquisto dell’azienda Beta che è costituita da 3 cespiti del valore di 100, 50 e 20. Se il prezzo di cessione è 200, l’avviamento è pari a 30, ammesso che il valore indicato dei cespiti sia il valore di mercato.
In caso di fusione o scissione, il valore dell’avviamento è dato dalla differenza fra:
-
il costo di acquisizione della società incorporata o fusa (o del patrimonio trasferito dalla società scissa alla società beneficiaria);
-
il patrimonio netto della partecipata espresso a valori correnti.
Si considera il caso specifico della cessione d’azienda (32.). In tale ipotesi il soggetto cessionario iscrive in contabilità:
-
il valore (eventuale) riferito all’avviamento;
-
il complesso aziendale acquisito, iscrivendo i valori degli elementi patrimoniali sulla base dei dati che emergono dalla contabilità del soggetto cedente.
La società Alfa (cedente) ha concordato con la società Beta (cessionario) un corrispettivo (prezzo di cessione) pari a 600.000 euro in conseguenza della cessione di un ramo di azienda.
Dopo le scritture di assestamento l’attivo della situazione patrimoniale della società Alfa alla data di cessione del ramo di azienda presentava i seguenti valori:
-
immobilizzazioni materiali: valore contabile complessivo 600.000 euro (fondi ammortamento 140.000) di cui oggetto di cessione 200.000 (fondi ammortamento 60.000 euro);
-
immobilizzazioni immateriali: valore contabile netto complessivo 100.000 euro di cui oggetto di cessione 60.000 euro;
-
oneri pluriennali: valore contabile netto complessivo pari a 90.000 euro, non inerenti il ramo d’azienda oggetto di cessione;
-
immobilizzazioni finanziarie pari a valore contabile complessivo pari a 200.000 euro, che non costituiscono oggetto di trasferimento, a carico del soggetto cedente;
-
magazzino prodotti finiti: valore contabile complessivo 120.000 euro, di cui oggetto di cessione pari a 100.000 euro;
-
magazzino materie prime: valore contabile complessivo 20.000 euro, di cui oggetto di cessione pari a 20.000 euro;
-
crediti: valore contabile complessivo 300.000 euro (fondo svalutazione 10.000 euro) di cui oggetto di cessione 200.000 (fondo svalutazione 6.000 euro);
-
ratei e risconti attivi per un importo pari a un valore contabile complessivo di 20.000 euro, di cui oggetto di cessione pari a 2.000 euro.
Per quanto riguarda il passivo della situazione patrimoniale della società Alfa si evidenziano i seguenti elementi patrimoniali alla data di cessione del ramo di azienda:
-
fondi per rischi e oneri per un valore contabile complessivo pari a 40.000 euro, di cui inerenti a rischi trasferiti al cessionario per un importo pari a 6.000 euro;
-
fondo TFR: valore contabile complessivo pari a 180.000 euro di cui l’importo di 160.000 euro relativo a dipendenti che vengono trasferiti unitariamente alla cessione del ramo di azienda;
-
debiti: valore contabile complessivo pari a 140.000 di cui trasferiti con l’operazione di cessione pari a 50.000 euro;
-
ratei e risconti passivi: valore contabile complessivo pari a 20.000 euro di cui inerenti il complesso aziendale ceduto pari a 4.000 euro.
Considerati i valori contabili esposti la scrittura contabile si articola nel seguente modo:
-
vengono iscritti nella colonna DARE l’avviamento e i singoli elementi attivi della situazione patrimoniale oggetto della cessione;
-
vengono iscritti nella sezione AVERE le passività della situazione patrimoniale aziendale e il debito verso il cedente corrispondente al corrispettivo pattuito.
SP SP SP SP SP SP SP |
B.I.5 B.II B.I C.I.4 C.I.1 C.II D |
Avviamento Immobilizzazioni materiali Immobilizzazioni immateriali Magazzino prodotti finiti Magazzino materie prime Crediti Ratei e risconti attivi |
304.000 140.000 60.000 100.000 20.000 194.000 2.000 |
|
SP SP SP SP SP |
B C D E D.14 |
Fondi rischi e oneri Fondo TFR Debiti Ratei e risconti passivi Debiti v. il cedente |
6.000 160.000 50.000 4.000 600.000 |
2.12.2. Ammortamento
2.12.2.AmmortamentoL’avviamento deve essere sottoposto ad ammortamento durante la sua vita utile, determinata dalla società in base al piano di recupero
tramite i ricavi.
La vita utile dell’avviamento è stimata in sede di rilevazione iniziale e non può essere modificata negli esercizi successivi (OIC 24, par. 66). A tal fine, la società considera le informazioni disponibili per stimare il periodo entro il quale è probabile che si manifesteranno i benefici economici connessi con l’avviamento. L’OIC 24 individua alcuni parametri che devono essere considerati nel processo di stima della vita utile:
-
periodo di tempo entro il quale l’azienda si aspetta di ottenere benefici economici addizionali dovuti alle prospettive reddituali della società oggetto di acquisizione e alle sinergie generate dall’operazione straordinaria;
-
periodo di tempo entro il quale l’azienda ritiene di recuperare l’investimento realizzato, sia in termini finanziari che reddituali (pay back period) sulla base di quanto previsto dall’organo decisionale della società;
-
la media ponderata delle vite utili delle principali attività acquisite con l’operazione di aggregazione aziendale.
Nei casi eccezionali in cui la vita utile non può essere stimata in modo attendibile, il Codice civile pone il limite temporale di 10 anni. Quando la stima della vita utile dell’avviamento supera i 10 anni, occorrono fatti e circostanze oggettivi a supporto di tale stima (OIC 24, par. 70). In ogni caso, l’OIC 24 fissa un limite massimo di 20 anni per l’ammortamento dell’avviamento.
Dal punto di vista contabile, la rilevazione degli ammortamenti può avvenire “in conto” (metodo diretto) oppure “fuori conto” (metodo indiretto).
Rilevazione ammortamento “in conto”
CE | B.10.a | Ammortamento avviamento | 10.000 | |
SP | B.I.5 | Avviamento | 10.000 |
Rilevazione ammortamento “fuori conto”
CE | B.10.a | Ammortamento avviamento | 10.000 | |
SP | B.I.5 (-) | Fondo ammortamento avviamento | 10.000 |
2.12.3. Svalutazione
2.12.3.SvalutazioneAl termine di ogni esercizio, dopo avere imputato la quota annua di ammortamento,
il valore dell’avviamento deve essere rivisto al fine di valutare la possibile esistenza di indicatori di riduzione del valore, così da valutare se è necessario effettuare una svalutazione, da imputare a Conto
economico voce B.10.c. Si rinvia al paragrafo 2.5. per l’iter da seguire in relazione alla possibile svalutazione dell’immobilizzazione.
Qualora l’avviamento sia stato oggetto di svalutazione, non è possibile procedere a successive rivalutazioni di ripristino.
2.13. Immobilizzazioni in corso e acconti
2.13.Immobilizzazioni in corso e accontiLa voce B.I.6 di Stato patrimoniale “Immobilizzazioni in corso e acconti” accoglie due diverse tipologie di attività:
-
i costi sostenuti per realizzare un bene immateriale o per progetti di sviluppo non ancora completati (immobilizzazioni in corso);
-
gli anticipi corrisposti ai fornitori di immobilizzazioni immateriali (acconti).
I primi consistono in valori economici, corrispondenti a costi rinviati al futuro in attesa del completamento dell’immobilizzazione, mentre i secondi rappresentano valori finanziari che misurano gli importi corrisposti ai fornitori a titolo di anticipo.
2.13.1. Immobilizzazioni in corso
2.13.1.Immobilizzazioni in corsoLe immobilizzazioni in corso sono esposte in questa voce tenendo conto del fatto che la realizzazione di un bene immateriale che non sia ancora stata conclusa o per la quale l’azienda non ha ancora acquisito la titolarità del diritto può generare l’insorgenza di costi interni ed esterni.
Tali costi non sono di competenza economica finché l’attività a cui si riferiscono non è disponibile per l’uso; devono essere quindi sospesi e rinviati al futuro finché la relativa immobilizzazione non è completata.
Gli importi iscritti in questa voce comprendono costi interni ed esterni, che comprendono, a titolo di esempio, costi del lavoro, materie prime e materiali, consulenze specificatamente utilizzate a tal fine (OIC 24, par. 14).
In tale categoria vengono quindi collocati i costi per progetti in corso di realizzazione non ancora ultimati che si riferiscono a beni immateriali sviluppati internamente (costi di sviluppo, know-how, software, ecc.). Ad esempio, la voce può comprendere i costi di realizzazione interna di un brevetto quando diventa ragionevolmente certo l’ottenimento della piena titolarità del diritto.
Si fa quindi riferimento a costi (interni ed esterni) sostenuti per l’acquisizione e la realizzazione interna di beni immateriali:
-
per i quali non sia stata acquisita la piena titolarità del diritto (nel caso di brevetti, marchi, ecc.); o
-
riguardanti progetti non ancora completati (nel caso dei costi di sviluppo).
Le immobilizzazioni immateriali in corso di costruzione sono rilevate inizialmente alla data in cui sono sostenuti i primi costi per la costruzione del bene. Tali costi rimangono iscritti tra le immobilizzazioni in corso, senza essere soggetti al processo di ammortamento, fino a quando non sia stata acquisita la titolarità del diritto o non sia stato completato il progetto.
L’assenza di ammortamento deriva dall’applicazione del postulato della competenza economica, dal momento che i costi sostenuti per le immobilizzazioni in corso non sono correlati a ricevi di competenza. I fattori produttivi non sono infatti ancora disponibili per l’uso e non hanno ancora contribuito alla combinazione produttiva.
Al completamento della realizzazione del bene o all’ottenimento della piena titolarità del diritto, i valori iscritti nelle immobilizzazioni in corso sono riclassificati alle rispettive voci delle immobilizzazioni immateriali. Contabilmente viene quindi chiuso il conto acceso all’immobilizzazione in corso e aperto il conto intestato all’immobilizzazione immateriale che è il risultato della costruzione interna.
Il processo di ammortamento inizia nel momento in cui i valori sono riclassificati nelle voci delle rispettive immobilizzazioni immateriali (OIC 24, par. 72).
Si supponga che l’azienda Alfa durante l’esercizio abbia sostenuto costi per la realizzazione interna di un brevetto per l’importo di 20.000.
SP | B.I.6 | Immobilizzazioni imm.li in corso | 20.000 | |
CE | A.4 | Incrementi di imm.li per lavori interni | 20.000 |
Da notare che, se la realizzazione del bene viene ultimata entro la fine dello stesso esercizio in cui ha avuto inizio, i costi sostenuti vengono immediatamente capitalizzati nella voce di competenza delle immobilizzazioni immateriali.
Nel momento in cui viene completata la realizzazione interna del bene si avrà la seguente contabilizzazione.
Nell’esercizio n+1 l’azienda procede al completamento della produzione interna del brevetto sostenendo ulteriori costi per l’importo di 5.000 euro. Di seguito la scrittura contabile alla fine dell’esercizio.
SP | B.I.3 | Diritti di brevetto | 25.000 | |
SP | B.I.6 | Immobilizzazioni imm.li in corso | 20.000 | |
CE | A.4 | Incrementi di imm.li per lavori interni | 5.000 |
2.13.2. Acconti
2.13.2.AccontiGli acconti comprendono gli anticipi corrisposti dall’azienda ai fornitori nell’ambito di operazioni di acquisizione all’esterno di beni immateriali prima che si siano verificate le condizioni necessarie ai fini della loro iscrizione in bilancio. Tali conti rimangono accesi fino al momento in cui la fornitura non è conclusa con conseguente ricevimento e contabilizzazione della fattura di fornitura.
Dal punto di vista della natura contabile tale voce rappresenta un credito verso fornitori, e per questo motivo non è soggetta al processo di ammortamento. Dal punto di vista della destinazione, l’anticipo può essere interpretato come un investimento in beni immateriali e per questo motivo è iscritto tra le immobilizzazioni immateriali.
Gli acconti ai fornitori sono rilevati inizialmente alla data in cui sorge l’obbligo al pagamento di tale importo (OIC 24, par. 59).
Si supponga che l’azienda Alfa abbia ricevuto la fattura per un acconto relativo all’acquisto di un brevetto industriale per l’importo di 10.000 euro. La scrittura contabile sarà la seguente:
SP | B.I.6 | Acconti a fornitori | 10.000 | |
SP | C.II.5-bis) | IVA a credito | 2.200 | |
SP | D.7 | Debiti v. fornitori | 12.200 |
Al momento del pagamento dell’acconto si avrà la seguente scrittura contabile.
SP | D.7 | Debiti v. fornitori | 12.200 | |
SP | C.IV.1 | Banca c/c | 12.200 |
2.14. Altre immobilizzazioni immateriali
2.14.Altre immobilizzazioni immaterialiTale voce, per definizione di natura residuale, accoglie eventuali costi capitalizzabili come immobilizzazioni immateriali che, per la loro differente natura, non trovano collocazione in altre voci della classe B.I. A titolo di esempio, la voce può comprendere (OIC 24, par. 31):
-
il costo sostenuto per acquisire l’usufrutto su azioni;
-
il costo per la realizzazione interna di un software applicativo “non tutelato”;
-
i costi relativi a migliorie e spese incrementative su beni di terzi (senza un’autonoma funzionalità);
-
i costi per il trasferimento e per il riposizionamento di cespiti.
Di seguito sono commentate alcune categorie di costi che possono essere iscritte in questa voce, specificando anche gli eventuali limiti posti alla capitalizzazione (OIC 24, Appendice).
2.14.1. Diritto di usufrutto su azioni
2.14.1.Diritto di usufrutto su azioniIl cessionario del diritto di usufrutto su azioni rileva inizialmente in questa categoria il costo sostenuto per il diritto di godimento dei titoli comprensivo degli oneri accessori.
Tale diritto è soggetto ad ammortamento che viene effettuato sulla base della durata del diritto (OIC 24, par. 73).
2.14.2. Costi di software
2.14.2.Costi di softwareI costi sostenuti per la produzione interna del software applicativo “non tutelato” possono essere imputati al Conto economico nel periodo di sostenimento oppure possono essere rilevati inizialmente nella voce B.I.7 se hanno dato luogo a programmi utilizzabili per un certo numero di anni all’interno della società.
Tale voce non accoglie i seguenti costi relativi all’acquisizione di software:
-
acquisto di software a titolo di proprietà o a titolo di licenza dalla durata indeterminata o sviluppato internamente e tutelato giuridicamente da un diritto d’autore: in tal caso il costo dovrà essere iscritto nella voce B.I.3 “Diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno”;
-
acquisto del software sulla base di una licenza (a tempo determinato o meno) con pagamento del canone una tantum: in tal caso il costo è epilogato nella voce B.I.4 “Concessioni, licenze, marchi e diritti simili”, con ammortamento a quote costanti sulla base della durata della licenza d’uso.
Nella voce B.I.7 possono essere invece rilevati i costi per lo sviluppo interno del software (anche commissionato a terzi) non tutelato giuridicamente.
Nella voce possono essere compresi:
-
- i costi diretti sostenuti (stipendi dei programmatori e altre spese esterne dirette) qualora il risultato raggiunto sia caratterizzato da utilità pluriennale; e
-
- i costi indiretti nella misura in cui siano riferibili alla realizzazione del software.
Non sono invece capitalizzabili i costi indiretti attribuibili al progetto di software (es. affitti, ammortamenti, costi del personale con funzione di supervisione, ecc.).
La capitalizzazione dei costi sopra indicati inizia solo dopo che l’azienda sia ragionevolmente certa del completamento e dell’idoneità dell’uso atteso del software. Tale aspetto comporta che il momento in cui si verifica la capitalizzazione possa essere diverso a seconda della natura del progetto. L’OIC 24 (par. A.20) distingue due situazioni, che ricorrono se il progetto presenta:
-
un obiettivo specifico e si basa su una tecnologia provata (ad esempio un sistema di contabilità fornitori) oppure
-
un obiettivo ambizioso e si basa su una tecnologia non sperimentata in precedenza.
Nel primo caso, la capitalizzazione può iniziare prima ma comunque non può essere antecedente al completamento della fase di fattibilità, ovvero quando inizia la fase di progettazione del sistema o il contratto con i terzi è firmato. Nel secondo caso, invece, la capitalizzazione deve essere differita fino al momento in cui la società ha accertato che il progetto è in grado di soddisfare le sue esigenze, che generalmente non precede il momento in cui la fase di progettazione sia ultimata.
Non è consentita la capitalizzazione dei costi per consulenze informatiche e per manutenzione dei sistemi esistenti.
L’ammortamento viene effettuato nel prevedibile periodo di utilizzo (OIC 24, par. 74).
In considerazione della rapidità con la quale la tecnologia diventa obsoleta è consigliabile alla fine di ciascun esercizio amministrativo effettuare una valutazione critica del grado di utilizzo del software in ambito aziendale. Qualora tale analisi accerti che il software non è più utilizzabile oppure il suo uso non rispetta i criteri di economicità è necessario procedere alla svalutazione del suo valore netto contabile (art. 2426, punto 3 c.c.).
Inoltre, il costo del software di sistema operativo non può essere separato dal costo della macchina nel suo complesso e rientra pertanto nell’ambito di applicazione dell’OIC 16 (OIC 24, par. A21).
2.14.3. Costi per migliorie e spese incrementative su beni di terzi
2.14.3.Costi per migliorie e spese incrementative su beni di terziQualora vengano sostenute spese per migliorie o di natura incrementativa su beni presi in locazione (o in leasing) dall’azienda, tali costi sono iscrivibili nella categoria “altre immobilizzazioni immateriali” se tali voci non sono separabili dal bene stesso, ovvero in altri termini non hanno una loro funzionalità autonoma. Altrimenti, devono essere iscritti nella voce “immobilizzazioni materiali” nello specifico elemento a cui si riferiscono.
Tali costi sono soggetti a processo di ammortamento nel periodo minore fra quello di utilità futura delle spese sostenute e quello residuo della locazione, tenuto conto dell’eventuale periodo di rinnovo, se dipendente dal conduttore (OIC 24, par. 76).
Nell’ipotesi in cui il contratto di locazione (o leasing) cessi prima della scadenza originariamente pattuita i costi per migliorie e spese incrementative su beni di terzi sono cancellati dal bilancio.
In tale ipotesi il valore contabile residuo non ammortizzato va inviato a Conto economico come componente negativo di reddito, salvo il caso in cui la cessazione del contratto dipenda dall’acquisto del bene da parte della società. In tale caso l’importo iscritto fra le altre immobilizzazioni immateriali dovrà essere riclassificato nelle “immobilizzazioni materiali” ad incremento del costo del bene acquisito, nel limite del valore recuperabile del bene.
2.14.4. Costi per il trasferimento e il riposizionamento dei cespiti
2.14.4.Costi per il trasferimento e il riposizionamento dei cespitiI costi sostenuti per il trasferimento e il riposizionamento di intere linee di produzione o di interi stabilimenti all’interno di una ridefinizione dei confini dell’area produttiva (lay-out) possono essere capitalizzati soltanto qualora sia prevedibile un beneficio futuro misurabile in termini di ampliamento o miglioramento della capacità produttiva e relativa riduzione dei costi di produzione dei beni.
Non è invece consentita la capitalizzazione dei costi dei trasferimenti per cessata locazione o per esigenza di liberazione dei locali che precedentemente erano occupati.
Tali costi devono essere ammortizzati in un periodo relativamente breve (da 3 a 5 anni) (OIC 24, par. 77).
I costi sostenuti per il trasferimento e il riposizionamento dei cespiti seguono la
logica dettata per le Immobilizzazioni materiali (OIC 16), che stabilisce i requisiti
necessari per la capitalizzazione(3.).
2.14.5. Costi accessori ai finanziamenti
2.14.5.Costi accessori ai finanziamentiLe società che non applicano il metodo del costo ammortizzato nella valutazione dei debiti (es. imprese che redigono il bilancio in forma abbreviata) classificano in questa voce i costi accessori ai finanziamenti.
Tali costi comprendono:
-
le spese di istruttoria;
-
l’imposta sostitutiva sui finanziamenti a medio termine;
-
i costi iniziali legati al finanziamento.
Qualora i finanziamenti non vengano concessi i costi iniziali sostenuti sono imputati a Conto economico.
Tali costi sono soggetti ad ammortamento in base alla durata dei relativi finanziamenti in relazione a quote calcolate preferibilmente secondo modalità finanziarie, oppure a quote costanti, se gli effetti non sono molto difformi rispetto al metodo finanziario.
2.15. Informazioni in Nota integrativa e nella Relazione sulla gestione
2.15.Informazioni in Nota integrativa e nella Relazione sulla gestione2.15.1. Nota integrativa
2.15.1.Nota integrativaIl Codice civile richiede che nella Nota integrativa siano indicate le informazioni
relative a (17.6.):
-
i criteri di valutazione (art. 2427, c. 1, n. 1, c.c.);
-
i movimenti delle immobilizzazioni specificando per ogni bene il costo, le precedenti svalutazioni, rivalutazioni, ammortamenti, acquisizioni/cessioni e spostamenti da altra voce compiuti nell’esercizio, gli ammortamenti, svalutazioni e rivalutazioni compiuti nell’esercizio, il totale delle rivalutazioni riguardanti le immobilizzazioni esistenti alla data di chiusura del bilancio (art. 2427, c. 1, n. 2, c.c.).
Per i dettagli relativi alla singola voce contabile si segnalano per i costi di sviluppo e i costi di impianto e di ampliamento
:
-
indicazione della composizione, delle ragioni della iscrizione, dei criteri di ammortamento (art. 2427, n. 3, c.c.);
-
motivi per la scelta della vita utile (art. 2426, n. 6, c.c.).
Per le informazioni relative alle svalutazioni eventualmente apportate alle immobilizzazioni immateriali, in Nota integrativa devono essere riportate la misura e le motivazioni delle suddette svalutazioni (art. 2427, c. 3-bis, c.c.).
Di seguito vengono invece riportate le informazioni richieste dall’OIC 24 (par. 89):
-
il metodo e i coefficienti d’ammortamento usati nel determinare la quota di esercizio per le varie categorie o classi di immobilizzazioni immateriali;
-
le modalità di determinazione della quota di costi generali di fabbricazione eventualmente oggetto di capitalizzazione;
-
il criterio seguito per l’eventuale rivalutazione del bene immateriale, la legge che l’ha determinata, l’importo della rivalutazione, al lordo e al netto degli ammortamenti e l’effetto del patrimonio netto;
-
il metodo di contabilizzazione dei contributi ricevuti (a riduzione del costo dell’immobilizzazione o a risconto).
Per quanto concerne la descrizione delle movimentazioni delle immobilizzazioni devono essere indicati:
-
l’ammontare cumulativo degli oneri finanziari capitalizzati fra le immobilizzazioni, in maniera distinta per ciascuna voce, quando ciò sia rilevante rispetto all’ammontare della immobilizzazione;
-
le informazioni sulle restrizioni o i vincoli esistenti in riferimento a contributi pubblici ricevuti a fronte di immobilizzazioni immateriali. In particolare, deve essere data informazione della eventuale inosservanza delle clausole contrattuali che può comportare la possibilità del richiamo del contributo da parte dell’ente erogatore.
Nel caso la società abbia ricevuto contributi pubblici e li abbia contabilizzati a riduzione del costo dell’immobilizzazione, devono essere indicati nelle movimentazioni delle immobilizzazioni il costo al lordo del contributo e il contributo.
Con riferimento ai contributi pubblici per immobilizzazioni immateriali, l’impresa deve inoltre indicare:
-
restrizioni o dei vincoli (art. 2427 c.c., c. 1, n. 9)
-
se le clausole di concessione del contributo indicano che l’inosservanza delle clausole che prevedono restrizioni o vincoli comporta la possibilità per l’ente erogatore del richiamo del contributo, tale fatto deve essere chiaramente indicato.
Va inoltre fornita una descrizione delle immobilizzazioni immateriali ricevute a titolo gratuito.
La Nota integrativa deve inoltre contenere informazioni su:
-
la motivazione delle modifiche dei criteri di ammortamento e dei coefficienti applicati;
-
la spiegazione della vita utile dell’avviamento;
-
i criteri usati per la stima della vita utile dell’avviamento o le ragioni per cui non ha potuto effettuarne la stima.
2.15.2. Relazione sulla gestione
2.15.2.Relazione sulla gestioneNella Relazione sulla gestione (17.7.1.) le imprese devono illustrare le attività di ricerca e sviluppo effettuate (art. 2428, c. 3, n. 1, c.c.).
2.15.3. Bilanci in forma abbreviata e delle micro-imprese
2.15.3.Bilanci in forma abbreviata e delle micro-impreseNel bilancio predisposto in forma abbreviata (ex art. 2435-bis c.c.) e nel bilancio delle micro-imprese (art. 2435-ter c.c.) le immobilizzazioni immateriali vengono cumulate nella voce B.I - immobilizzazioni immateriali.
Inoltre, nel Conto economico del bilancio in forma abbreviata le seguenti voci previste dall’art. 2425 c.c. possono essere tra loro raggruppate: voci B10 (a), B10 (b) e B10 (c). Le stesse semplificazioni si applicano nel bilancio delle micro-imprese ai sensi dell’art. (art. 2435-ter c.c.).
Le informazioni da riportare in Nota integrativa nei bilanci in forma abbreviata comprendono:
-
i criteri di valutazione (art. 2427, c. 1, n. 1, c.c.);
-
i movimenti delle immobilizzazioni specificando per ogni bene il costo, le precedenti svalutazioni, rivalutazioni, ammortamenti, acquisizioni/cessioni e spostamenti da altra voce compiuti nell’esercizio, gli ammortamenti, svalutazioni e rivalutazioni compiuti nell’esercizio, il totale delle rivalutazioni riguardanti le immobilizzazioni esistenti alla data di chiusura del bilancio (art. 2427, c. 1, n. 2, c.c.);
-
l’ammontare cumulativo degli oneri finanziari capitalizzati fra le immobilizzazioni, in maniera distinta per ciascuna voce, quando ci sia rilevante rispetto all’ammontare della immobilizzazione (art. 2427, c. 1, n. 8, c.c.);
-
l’importo complessivo degli impegni, delle garanzie e delle passività potenziali non risultanti dallo Stato patrimoniale, con indicazione della natura delle garanzie reali prestate (art. 2427, c. 1, n. 9, c.c.);
-
una spiegazione del periodo di ammortamento dell’avviamento (art. 2426, c. 1, n. 6, c.c.).
Le micro-imprese invece sono esonerate dalla redazione della Nota integrativa nell’ipotesi in cui in calce allo Stato patrimoniale risultino:
-
l’importo complessivo degli impegni, delle garanzie e delle passività potenziali non risultanti dallo Stato patrimoniale, con indicazione della natura delle garanzie reali prestate; gli impegni esistenti in materia di trattamento di quiescenza e simili, nonché gli impegni assunti nei confronti di imprese controllate, collegate, nonché controllanti e imprese sottoposte al controllo di quest’ultime sono distintamente indicati;
-
l’ammontare dei compensi, delle anticipazioni e dei crediti concessi agli amministratori ed ai sindaci, cumulativamente per ciascuna categoria, precisando il tasso d’interesse, le principali condizioni e gli importi eventualmente rimborsati, cancellati o oggetto di rinuncia, nonché gli impegni assunti per loro conto per effetto di garanzie di qualsiasi tipo prestate, precisando il totale per ciascuna categoria (art. 2427, c. 1, n. 9) e n. 16), c.c.).