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    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

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    Autore:

    Blasizza Erica, AA.VV.

    Editore:

    Wolters Kluwer

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    AMBIENTE 2024

    Capitolo 8

    Rifiuti

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    8.1 Considerazioni preliminari

    8.1Considerazioni preliminari

    La normativa vigente in materia di rifiuti si ispira ai seguenti principi generali derivanti dalla Direttiva n. 2008/98/CE, come modificati ed integrati dalla Direttiva n. 2018/851/UE:

    La presente Direttiva stabilisce misure volte a proteggere l’ambiente e la salute umana evitando o riducendo la produzione di rifiuti, gli effetti negativi della produzione e della gestione dei rifiuti, riducendo gli effetti generali dell’uso delle risorse e migliorandone l’efficienza, che costituiscono elementi fondamentali per il passaggio a un’economia circolare e per assicurare la competitività a lungo termine dell’Unione.

    In particolare, a seguito delle modifiche di cui alla Direttiva n. 2018/851/UE, è stato rafforzato l’orientamento verso i principi dell’economia circolare, ponendo l’attenzione sulla necessità di migliorare la gestione dei rifiuti nell’Unione europea, portandola ad essere una gestione sostenibile dei materiali “per salvaguardare, tutelare e migliorare la qualità dell’ambiente, proteggere la salute umana, garantire un utilizzo accorto, efficiente e razionale delle risorse naturali, promuovere i principi dell’economia circolare, intensificare l’uso delle energie rinnovabili, incrementare l’efficienza energetica, ridurre la dipendenza dell’Unione dalle risorse importate, fornire nuove opportunità economiche e contribuire alla competitività nel lungo termine”.

    Ecco, quindi, che nel 2018 grazie a questa norma sono state inserite nella Direttiva n. 98/2008/CE misure aggiuntive sulla produzione e consumo sostenibili, tenendo conto dell’intero ciclo di vita dei prodotti, andando a migliorare l’efficienza nell’uso delle risorse e garantendo che i rifiuti siano considerati una risorsa.

    Tali principi li ritroviamo così declinati nella Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006:

    La parte quarta del presente decreto disciplina la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati, anche in attuazione delle direttive comunitarie, in particolare della Dir. 2008/98/CE, così come modificata dalla Dir. UE 2018/851 prevedendo misure volte a proteggere l’ambiente e la salute umana, evitando o riducendo la produzione di rifiuti, gli impatti negativi della produzione e della gestione dei rifiuti, riducendo gli impatti complessivi dell’uso delle risorse e migliorandone l’efficacia e l’efficienza che costituiscono elementi fondamentali per il passaggio a un’economia circolare e per assicurare la competitività a lungo termine dell’Unione. I rifiuti sono gestiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare:

    • senza determinare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo, nonché per la fauna e la flora;

    • senza causare inconvenienti da rumori o odori;

    • senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente.

    Nota: la Dir. n. 2018/851/UE è stata recepita nell’ordinamento italiano attraverso il D.Lgs. n. 116/2020, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 226 del 11 settembre 2020 ed entrato in vigore il 26 settembre 2020.

    Inoltre, ai sensi del D.Lgs. n. 152/2006 la gestione dei rifiuti, considerata attività di pubblico interesse, deve essere fondata sui principi di precauzione, di prevenzione, di sostenibilità, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell’utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nel rispetto del principio di concorrenza, nonché del principio chi inquina paga. A tale fine la gestione dei rifiuti è effettuata secondo criteri di efficacia, efficienza, economicità, trasparenza, fattibilità tecnica ed economica, nonché nel rispetto delle norme vigenti in materia di partecipazione e di accesso alle informazioni ambientali.

    A completare i principi di base della normativa sui rifiuti, in art. 179, comma 1 del D.Lgs. n. 152/2006 è definita la gerarchia secondo la quale deve essere improntata la politica di gestione dei rifiuti, coerentemente con quanto previsto dalla Direttiva n. 2008/98/CE:

    • prevenzione;

    • preparazione per il riutilizzo;

    • riciclaggio;

    • recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia;

    • smaltimento.

    All’interno di tale gerarchia è rappresentato un ordine di priorità rispetto a ciò che costituisce la migliore opzione ambientale, e la normativa prevede che siano adottate misure volte a incoraggiare le opzioni che garantiscono, nel rispetto anche dei principi generali di cui sopra, il miglior risultato complessivo, tenendo conto degli impatti sanitari, sociali ed economici, ivi compresa la fattibilità tecnica e la praticabilità economica.

    La gerarchia da seguire per la gestione dei rifiuti si fonda sul concetto di ciclo di vita, e, quindi, sulla necessità di considerare l’impatto ambientale di un prodotto nel suo intero arco di vita, dall’estrazione delle risorse allo smaltimento finale.

    Nella prospettiva del ciclo di vita, prevenire la produzione dei rifiuti non può che essere una priorità, e l’evoluzione della normativa a partire dalla Direttiva n. 2008/98/CE tiene conto di ciò. In particolare, l’art. 180 del D.Lgs. n. 152/2006 stabilisce che le iniziative volte alla prevenzione della produzione dei rifiuti (adottate con il Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti) comprendono misure che:

    a) promuovono e sostengono modelli di produzione e consumo sostenibili;

    b) incoraggiano la progettazione, la fabbricazione e l’uso di prodotti efficienti sotto il profilo delle risorse, durevoli, anche in termini di durata di vita e di assenza di obsolescenza programmata, scomponibili, riparabili, riutilizzabili e aggiornabili nonché l’utilizzo di materiali ottenuti dai rifiuti nella loro produzione;

    c) riguardano prodotti che contengono materie prime critiche onde evitare che tali materie diventino rifiuti;

    d) incoraggiano il riutilizzo di prodotti e la creazione di sistemi che promuovono attività di riparazione e di riutilizzo, in particolare per le apparecchiature elettriche ed elettroniche, i tessili e i mobili, nonché imballaggi e materiali e prodotti da costruzione;

    e) incoraggiano, se del caso e fatti salvi i diritti di proprietà intellettuale, la disponibilità di pezzi di ricambio, i manuali di istruzioni e di manutenzione, le informazioni tecniche o altri strumenti, attrezzature o software che consentano la riparazione e il riutilizzo dei prodotti senza comprometterne la qualità e la sicurezza;

    f) riducono la produzione di rifiuti nei processi inerenti alla produzione industriale, all’estrazione di minerali, all’industria manifatturiera, alla costruzione e alla demolizione, tenendo in considerazione le migliori tecniche disponibili;

    g) riducono la produzione di rifiuti alimentari nella produzione primaria, nella trasformazione e nella fabbricazione, nella vendita e in altre forme di distribuzione degli alimenti, nei ristoranti e nei servizi di ristorazione, nonché nei nuclei domestici come contributo all’obiettivo di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite di ridurre del 50 per cento i rifiuti alimentari globali pro capite a livello di vendita al dettaglio e di consumatori e di ridurre le perdite alimentari lungo le catene di produzione e di approvvigionamento entro il 2030. Il Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti comprende una specifica sezione dedicata al Programma di prevenzione dei rifiuti alimentari che favorisce l’impiego degli strumenti e delle misure finalizzate alla riduzione degli sprechi secondo le disposizioni di cui alla Legge 19 agosto 2016, n. 166;

    h) incoraggiano la donazione di alimenti e altre forme di ridistribuzione per il consumo umano, dando priorità all’utilizzo umano rispetto ai mangimi e al ritrattamento per ottenere prodotti non alimentari;

    i) promuovono la riduzione del contenuto di sostanze pericolose in materiali e prodotti, fatti salvi i requisiti giuridici armonizzati relativi a tali materiali e prodotti stabiliti a livello dell’Unione;

    l) riducono la produzione di rifiuti, in particolare dei rifiuti che non sono adatti alla preparazione per il riutilizzo o al riciclaggio;

    m) identificano i prodotti che sono le principali fonti della dispersione di rifiuti, in particolare negli ambienti terrestri e acquatici, e adottano le misure adeguate per prevenire e ridurre la dispersione di rifiuti da tali prodotti;

    n) mirano a porre fine alla dispersione di rifiuti in ambiente acquatico come contributo all’obiettivo di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite per prevenire e ridurre in modo significativo l’inquinamento acquatico di ogni tipo;

    o) sviluppano e supportano campagne di informazione per sensibilizzare alla riduzione della produzione dei rifiuti e alla prevenzione della loro dispersione.

    Nota: è previsto dall’art. 180 del D.Lgs. n. 152/2006 che il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare adotti un programma nazionale di prevenzione dei rifiuti e che tale programma stabilisca idonei indicatori e obiettivi qualitativi e quantitativi per la valutazione dell’attuazione delle misure di prevenzione dei rifiuti in esso stabilite.

    La promozione del riutilizzo di prodotti e della preparazione per il riutilizzo dei rifiuti (disciplinata dall’art. 181 del D.Lgs. n. 152/2006) è attuata dalle Pubbliche amministrazioni mediante iniziative che, tra l’altro, incoraggiano lo sviluppo di reti di operatori per facilitare le operazioni di preparazione per il riutilizzo e riparazione, agevolando, ove compatibile con la corretta gestione dei rifiuti, il loro accesso ai rifiuti adatti allo scopo, detenuti dai sistemi o dalle infrastrutture di raccolta, sempre che tali operazioni non siano svolte da parte degli stessi sistemi o infrastrutture.

    Al fine di procedere concretamente verso un’economia circolare con un alto livello di efficienza delle risorse, le autorità competenti, ai sensi dell’art. 181 del D.Lgs. n. 152/2006 (modificato dal D.Lgs. n. 116/2020 nei contenuti ed anche nel titolo, che ora contiene anche il riferimento a “Preparazione per il riutilizzo”), adottano le misure necessarie per conseguire i seguenti obiettivi:

    • entro il 2020, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti quali carta, metalli, plastica e vetro provenienti dai nuclei domestici, e possibilmente di altra origine, nella misura in cui tali flussi di rifiuti sono simili a quelli domestici, sarà aumentata complessivamente almeno al 50% in termini di peso;

    • entro il 2020 la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e altri tipi di recupero di materiale, incluse operazioni di riempimento che utilizzano i rifiuti in sostituzione di altri materiali, di rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi, escluso il materiale allo stato naturale definito alla voce 17 05 04 dell’elenco dei rifiuti, sarà aumentata almeno al 70% in termini di peso;

    • entro il 2025, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani saranno aumentati almeno al 55% in peso;

    • entro il 2030, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani saranno aumentati almeno al 60 % in peso;

    • entro il 2035, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani saranno aumentati almeno al 65 % in peso.

    Nota: in relazione a quanto sopra, per facilitare o migliorare il recupero, gli operatori e gli enti competenti adottano le misure necessarie, prima o durante il recupero, laddove tecnicamente possibile, per eliminare le sostanze pericolose, le miscele e i componenti dai rifiuti pericolosi in vista della loro gestione conformemente alla gerarchia dei rifiuti ed alla tutela della salute umana e dell’ambiente.

    Nota: gli Enti di governo d’ambito territoriale o i Comuni possono individuare anche appositi spazi, presso i centri di raccolta (come definiti nell’art. 183, comma 1, lett. mm), D.Lgs. n. 152/2006), per l’esposizione temporanea, finalizzata allo scambio tra privati, di beni usati e funzionanti direttamente idonei al riutilizzo. Nei centri di raccolta possono altresì essere individuate apposite aree adibite al deposito preliminare alla raccolta dei rifiuti destinati alla preparazione per il riutilizzo e alla raccolta di beni riutilizzabili. Nei centri di raccolta possono anche essere individuati spazi dedicati alla prevenzione della produzione di rifiuti, con l’obiettivo di consentire la raccolta di beni da destinare al riutilizzo, nel quadro di operazioni di intercettazione e schemi di filiera degli operatori professionali dell’usato autorizzati dagli enti locali e dalle aziende di igiene urbana.

    Lo smaltimento dei rifiuti è effettuato, ai sensi dell’art. 182 del D.Lgs. n. 152/2006, in condizioni di sicurezza e costituisce la fase residuale della gestione dei rifiuti, previa verifica, da parte della competente autorità, della impossibilità tecnica ed economica di esperire le operazioni di recupero di cui all’art. 181 del medesimo Decreto.

    Nota: è vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l’opportunità tecnico economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano. Tale divieto non si applica ai rifiuti urbani che il Presidente della Regione ritiene necessario avviare a smaltimento, nel rispetto della normativa europea, fuori del territorio della Regione dove sono prodotti per fronteggiare situazioni di emergenza causate da calamità naturali per le quali è dichiarato lo stato di emergenza di protezione civile ai sensi della Legge 24 febbraio 1992, n. 225.

    Nota: ai sensi dell’art. 179, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006, per flussi specifici di rifiuti è consentito discostarsi, in via eccezionale, dall’ordine di priorità indicata in art. 179, comma 1, qualora ciò sia previsto nella pianificazione nazionale e regionale e consentito dall’autorità che rilascia le autorizzazioni previste, nel rispetto del principio di precauzione e sostenibilità, in base ad una specifica analisi degli impatti complessivi della produzione e della gestione di tali rifiuti sia sotto il profilo ambientale e sanitario, in termini di ciclo di vita, che sotto il profilo sociale ed economico, ivi compresi la fattibilità tecnica e la protezione delle risorse.

    Nota: con riferimento allo smaltimento dei rifiuti ed al recupero dei rifiuti urbani non differenziati, è previsto dall’art. 182-bis, D.Lgs. n. 152/2006 che si debba tener conto delle migliori tecniche disponibili e del rapporto costi/benefici al fine di: realizzare l’autosufficienza in ambiti territoriali ottimali, permettere il ricorso ad impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, e utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell’ambiente e della salute pubblica.

    Nel 2018, oltre alla già citata Direttiva n. 2018/851/UE che ha modificato la Direttiva n. 2008/98/CE in materia di rifiuti e che è stata recepita nell’ordinamento italiano attraverso il D.Lgs. n. 116/2020, sono state emanate altre direttive nell’ambito del cosiddetto “pacchetto dell’economia circolare” (analizzate e discusse in dettaglio nei paragrafi successivi):

    • Direttiva n. 2018/849/UE che modifica le Direttive 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso, 2006/66/CE relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche: è stata recepita con D.Lgs. n. 118/2020 e con D.Lgs. n. 119/2020, entrambi pubblicati in Gazzetta Ufficiale n. 227 del 12 settembre 2020, ed entrati in vigore il 27 settembre 2020.

    • Direttiva n. 2018/850/UE che modifica la Direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti: è stata recepita con D.Lgs. n. 121/2020, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 228 del 14 settembre 2020, ed in vigore dal 29 settembre 2020.

    • Direttiva n. 2018/852/UE che modifica la Direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio: è stata recepita con D.Lgs. n. 116/2020, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 226 del 11 settembre 2020, ed in vigore dal 26 settembre 2020.

    APPROFONDIMENTI

    • AMBIENTE & SVILUPPO 8-9/2018: “La riformata Direttiva quadro sui rifiuti: a beneficio dell’economia circolare, novità sui sottoprodotti e sulla perdita della qualifica di rifiuto”, di Alberto Muratori

    Per effettuare un’analisi corretta della normativa in materia di rifiuti, è di particolare importanza che vi sia chiarezza innanzitutto sul campo di applicazione della normativa stessa. Considerando, quindi, il D.Lgs. n. 152/2006, e, nello specifico, la Parte IV del decreto stesso quale riferimento normativo fondamentale sui rifiuti, è di interesse la lettura dell’art. 185 del D.Lgs. n. 152/2006 (come modificato dal D.Lgs. n. 213/2022), che stabilisce le esclusioni dall’applicazione della Parte IV del Decreto stesso:

    a) le emissioni costituite da effluenti gassosi emessi nell’atmosfera e il biossido di carbonio catturato e trasportato ai fini dello stoccaggio geologico e stoccato in formazioni geologiche prive di scambio di fluidi con altre formazioni a norma del Decreto legislativo di recepimento della Direttiva n. 2009/31/CE in materia di stoccaggio geologico di biossido di carbonio;
    b) il terreno (in situ), inclusi il suolo contaminato non scavato e gli edifici collegati permanentemente al terreno, fermo restando quanto previsto dagli artt. 239 ss. relativamente alla bonifica di siti contaminati;
    c) il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale e scavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che esso verrà riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui è stato escavato, le ceneri vulcaniche, laddove riutilizzate in sostituzione di materie prime all’interno di cicli produttivi, mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana;
    d) i rifiuti radioattivi;
    e) i materiali esplosivi in disuso, ad eccezione dei rifiuti prodotti dai materiali che hanno avuto contatto con materiale esplosivo e rifiuti da “articoli pirotecnici”, intendendosi tali i rifiuti prodotti dall’accensione di pirotecnici di qualsiasi specie e gli articoli pirotecnici che abbiano cessato il periodo della loro validità, che siano in disuso o che non siano più idonei ad essere impiegati per il loro fine originario;
    f) le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lett. b) (sotto riportato), la paglia e altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, gli sfalci e le potature effettuati nell’ambito delle buone pratiche colturali, utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione ovvero con cessione a terzi, mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana, nonché la posidonia spiaggiata, laddove reimmessa nel medesimo ambiente marino o riutilizzata a fini agronomici o in sostituzione di materie prime all’interno di cicli produttivi, mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana.
    Esclusioni in quanto aspetti regolati da altre disposizioni normative comunitarie, ivi incluse le rispettive norme nazionali di recepimento (ai sensi dell’art. 185, comma 2):
    a) le acque di scarico;
    b) i sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati, contemplati dal Regolamento CE n. 1774/2002 (oggi sostituito dal Regolamento CE n. 1069/2009), eccetto quelli destinati all’incenerimento, allo smaltimento in discarica o all’utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio;
    c) le carcasse di animali morti per cause diverse dalla macellazione, compresi gli animali abbattuti per eradicare epizoozie, e smaltite in conformità del Regolamento CE n. 1774/2002;
    d) i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall’estrazione, dal trattamento, dall’ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave, di cui al D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 117.
    d-bis) sostanze destinate a essere utilizzate come materie prime per mangimi di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lett. g), del regolamento (CE) n. 767/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio e che non sono costituite né contengono sottoprodotti di origine animale.
    Fatti salvi gli obblighi derivanti dalle normative comunitarie specifiche, sono esclusi dall’ambito di applicazione della Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006 i sedimenti spostati all’interno di acque superficiali o nell’ambito delle pertinenze idrauliche ai fini della gestione delle acque e dei corsi d’acqua o della prevenzione di inondazioni o della riduzione degli effetti di inondazioni o siccità o ripristino dei suoli se è provato che i sedimenti non sono pericolosi ai sensi della Decisione n. 2000/532/CE della Commissione del 3 maggio 2000, e successive modificazioni.

    Nota: Il suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato naturale utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati, devono essere valutati ai sensi, nell’ordine, degli artt. 183, comma 1, lett. a) (definizione di rifiuto), 184-bis (sottoprodotto) e 184-ter (cessazione della qualifica di rifiuto) del D.Lgs. n. 152/2006.

    Nota: si rimanda all’art. 185, D.Lgs. n. 152/2006 per ulteriori indicazioni specifiche per i rifiuti provenienti da articoli pirotecnici.

    Impulso all’approccio circolare è stato dato anche dalla Direttiva UE n. 2019/904 sulla riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente, considerato che si è arrivati ad un uso della plastica sempre più diffuso in applicazioni di breve durata, e di cui non è previsto il riutilizzo né un riciclaggio efficiente, e ciò si traduce in modelli di produzione e consumo sempre più inefficienti e lineari. La Direttiva promuove prodotti e sistemi riutilizzabili sostenibili e non tossici, pervenendo così al raggiungimento dell’obiettivo principale che è la riduzione della quantità di rifiuti prodotti, focalizzando l’attenzione sui prodotti di plastica monouso, sui prodotti di plastica oxodegradabile e sugli attrezzi di pesca contenenti plastica. Alla Direttiva UE n. 2019/904 è stata data attuazione attraverso il D.Lgs. n. 196/2021, di cui si parla in dettaglio nel paragrafo specifico del presente capitolo che tratta le plastiche monouso.

    Di particolare interesse sono le linee programmatiche emesse dal MITE nel 2021 per l’aggiornamento della Strategia nazionale per l’economia circolare, ora maggiormente incentrata su ecoprogettazione ed ecoefficienza. Considerando l’argomento di interesse del presente capitolo, richiamiamo qui l’attenzione sulle seguenti misure di riferimento per la nuova Strategia:

    • un nuovo sistema digitale di tracciabilità dei rifiuti che possa consentire, da un lato, lo sviluppo di un mercato delle materie prime seconde, dall’altro il controllo e la prevenzione di fenomeni di gestione illecita dei rifiuti;

    • lo sviluppo di sistemi di incentivazione fiscale per supportare l’utilizzo di materiali derivanti dalle filiere del riciclo;

    • una revisione del sistema di tassazione per rendere il riciclo più conveniente dello smaltimento in discarica;

    • la promozione del diritto al riuso e alla riparazione;

    • la riforma dei sistemi di EPR (Extended Producer Responsibility, Responsabilità estesa del produttore) e dei Consorzi per supportare il raggiungimento degli obiettivi comunitari;

    • il rafforzamento degli strumenti normativi esistenti (legislazione End of Waste, Criteri Ambientali Minimi e l’applicazione di detti strumenti a settori strategici: costruzioni, tessile, plastiche, RAEE);

    • il supporto allo sviluppo di progetti di simbiosi industriale, anche attraverso strumenti normativi e finanziari.

    Nel corso del 2023 la normativa ambientale in materia di rifiuti è stata caratterizzata principalmente dalle novità riguardanti il sistema di tracciabilità dei rifiuti ed il registro elettronico nazionale per la tracciabilità (RENTRI), a seguito dell’emissione del Decreto 4 aprile 2023, n. 59, che rappresenta il regolamento di riferimento su tali aspetti. Nei mesi successivi sono stati emessi alcuni decreti direttoriali contenenti disposizioni ed informazioni di carattere operativo connesse al RENTRI. Si rimanda al paragrafo 8.5.3 per un’analisi di dettaglio dell’argomento.

    Si ritiene interessante evidenziare, inoltre, l’emissione del Regolamento UE n. 1542/2023 che disciplina le batterie ed i rifiuti di batterie, e che introduce un’innovazione di rilievo su questi aspetti, sia perché comporta il cambiamento dello strumento giuridico, essendo passati da una direttiva ad un regolamento, e sia per i contenuti caratterizzati da importanti novità per tenere conto anche del contesto profondamente cambiato (ed in ulteriore evoluzione) su questo tema, come dimostra il settore della mobilità, ma non solo. Ulteriori informazioni sono riportate nel paragrafo 8.11.7.

    Si ricorda, infine, che la denominazione del Ministero della transizione ecologica (già Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare) è stata nuovamente modificata, per opera del D.L. 11 novembre 2022, n. 173, venendo oggi ad essere “Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica”. Ogni riferimento nel presente testo alle precedenti denominazioni è da intendersi alla nuova.

    APPROFONDIMENTI

    • AMBIENTE & SVILUPPO 01/2021: “Industria del riciclo: criticità e nuove prospettive con il recepimento delle nuove Direttive UE”, di Massimo Medugno, Tiziana Ronchetti

    • AMBIENTE & SVILUPPO 10/2020: “Quattro decreti legislativi per l’attuazione delle direttive del ‘pacchetto Economia Circolare”, di Alberto Muratori

    • AMBIENTE & SVILUPPO 7/2019: “Prodotti in plastica monouso: dalla Direttiva n. 2019/904/UE, regole ‘circolari’ contro la dispersione nell’ambiente”, di Alberto Muratori

    • AMBIENTE & SVILUPPO 1/2022: “Plastica monouso, recepita in Italia la Direttiva europea. Divieti e restrizioni per le imprese e costi in aumento: facciamo il punto sulle novità”, di Tiziana Ronchetti

    • AMBIENTE & SVILUPPO 3/2022: “Da un quarto di secolo la gestione dei rifiuti italiani si è fatta più “europea” ... (o ci ha provato)”, di Alberto Muratori

    • AMBIENTE & SVILUPPO 7/2023: “La moda al centro dell’economia circolare post Covid”, di Roberta Bianchi

    Nel presente capitolo sono presenti, laddove pertinente, i richiami al D.Lgs. n. 231/2001 che disciplina la responsabilità degli enti e, in particolare, individua tra i reati presupposto anche alcune violazioni attinenti la materia dei rifiuti.

    8.2 Normativa di riferimento

    8.2Normativa di riferimento

    La normativa che disciplina i rifiuti vede come principale riferimento il D.Lgs. n. 152/2006 (Parte IV), al quale si affiancano disposizioni specifiche, particolari o complementari, conformi ai principi di cui alla Parte IV del Decreto stesso ed adottate in attuazione di Direttive comunitarie che disciplinano la gestione di determinate categorie di rifiuti.

    Di seguito si riportano i principali riferimenti normativi in materia di rifiuti:

    Normativa comunitaria
    Direttiva n. 1999/31/CE del Consiglio del 26 aprile 1999 relativa alle discariche di rifiuti
    Regolamento CE 25 novembre 2002, n. 2150/2002 (relativo alle statistiche sui rifiuti)
    Decisione n. 2003/33/CE del Consiglio, del 19 dicembre 2002, che stabilisce criteri e procedure per l’ammissione dei rifiuti nelle discariche ai sensi dell’art. 16 e dell’Allegato II della Direttiva n. 1999/31/CE
    Regolamento CE n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 giugno 2006 relativo alle spedizioni di rifiuti
    Direttiva n. 2006/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 settembre 2006 relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e che abroga la Direttiva n. 91/157/CEE.
    Regolamento CE n. 1379/2007 della Commissione, del 26 novembre 2007, recante modifica degli allegati I A, I B, VII e VIII del Regolamento CE n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle spedizioni di rifiuti per tenere conto del progresso tecnico e dei cambiamenti concordati nell’ambito della convenzione di Basilea.
    Regolamento (CE) n. 1418/2007 della Commissione, del 29 novembre 2007, relativo all’esportazione di alcuni rifiuti destinati al recupero, elencati nell’allegato III o III A del Regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, verso alcuni paesi ai quali non si applica la decisione dell’OCSE sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti.
    Regolamento CE n. 669/2008 della Commissione del 15 luglio 2008 che integra l’Allegato IC del Regolamento CE n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle spedizioni di rifiuti
    Direttiva n. 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune Direttive.
    Regolamento CE n. 219/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009, che adegua alla decisione 1999/468/CE del Consiglio determinati atti soggetti alla procedura di cui all’art. 251 del trattato, per quanto riguarda la procedura di regolamentazione con controllo.
    Regolamento CE n. 308/2009 della Commissione, del 15 aprile 2009, recante modifica, ai fini dell’adeguamento al progresso scientifico e tecnico, degli Allegati III A e VI del Regolamento CE n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle spedizioni di rifiuti.
    Direttiva n. 2009/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa allo stoccaggio geologico di biossido di carbonio e recante modifica della Direttiva n. 85/337/CEE del Consiglio, delle Direttive del Parlamento europeo e del Consiglio nn. 2000/60/CE, 2001/80/CE, 2004/35/CE, 2006/12/CE, 2008/1/CE e del Regolamento CE n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio.
    Regolamento UE n. 413/2010 della Commissione, del 12 maggio 2010, recante modifica degli allegati III, IV e V del Regolamento CE n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle spedizioni di rifiuti, per tenere conto delle modifiche adottate con decisione C (2008) 156 del Consiglio dell’OCSE.
    Regolamento UE n. 333/2011 del Consiglio del 31 marzo 2011 recante i criteri che determinano quando alcuni tipi di rottami metallici cessano di essere considerati rifiuti ai sensi della Direttiva n. 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.

    Normativa comunitaria
    Regolamento UE n. 664/2011 della Commissione, dell’11 luglio 2011, recante modifica del Regolamento CE n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle spedizioni di rifiuti al fine di includere alcune miscele di rifiuti nell’Allegato III A.
    Direttiva n. 2012/19/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE)
    Regolamento UE n. 1179/2012 della Commissione del 10 dicembre 2012 recante i criteri che determinano quando i rottami di vetro cessano di essere considerati rifiuti ai sensi della Direttiva n. 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.
    Regolamento UE n. 715/2013 della Commissione del 25 luglio 2013 recante i criteri che determinano quando i rottami di rame cessano di essere considerati rifiuti ai sensi della Direttiva n. 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.
    Decisione n. 2014/955/UE della Commissione del 18 dicembre 2014 che modifica la Decisione n. 2000/532/CE relativa all’elenco dei rifiuti ai sensi della Direttiva n. 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
    Regolamento UE N. 1357/2014 della Commissione del 18 dicembre 2014 che sostituisce l’Allegato III della Direttiva n. 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai rifiuti e che abroga alcune Direttive
    Regolamento UE n. 2017/997 del Consiglio dell’8 giugno 2017 che modifica l’Allegato III della Direttiva n. 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la caratteristica di pericolo HP 14 “Ecotossico”
    Rettifica del Regolamento CE n. 669/2008 della Commissione, del 15 luglio 2008, che integra l’Allegato IC del Regolamento CE n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle spedizioni di rifiuti (Gazzetta Ufficiale dell’UE del 6 aprile 2018).
    Rettifica della Decisione 2014/955/UE della Commissione, del 18 dicembre 2014, che modifica la decisione 2000/532/CE relativa all’elenco dei rifiuti ai sensi della Direttiva n. 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (Gazzetta Ufficiale dell’UE del 6 aprile 2018).
    Regolamento UE n. 2017/852 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 maggio 2017 sul mercurio, che abroga il regolamento (CE) n. 1102/2008.
    Direttiva UE n. 2018/849 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 maggio 2018 che modifica le Direttive nn. 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso, 2006/66/CE relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche.
    Direttiva UE n. 2018/850 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 maggio 2018 che modifica la Direttiva n. 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti.
    Direttiva UE n. 2018/851 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 maggio 2018 che modifica la Direttiva n. 2008/98/CE relativa ai rifiuti.
    Direttiva UE n. 2018/852 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 maggio 2018 che modifica la Direttiva n. 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio.
    Decisione di esecuzione UE n. 2018/1147 della Commissione del 10 agosto 2018 che stabilisce le conclusioni sulle migliori tecniche disponibili (BAT) per il trattamento dei rifiuti, ai sensi della Direttiva n. 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio.
    Decisione delegata UE n. 2019/1597 della Commissione, del 3 maggio 2019, che integra la Direttiva n. 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda una metodologia comune e requisiti minimi di qualità per la misurazione uniforme dei livelli di rifiuti alimentari

    Normativa comunitaria
    Direttiva UE n. 2019/904 del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 giugno 2019 sulla riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente.
    [Gli Stati membri sono tenuti a mettere in vigore le disposizioni necessarie a conformarsi alla Direttiva entro il 3 luglio 2021]
    Decisione di esecuzione UE n. 2019/2000 della Commissione del 28 novembre 2019 che stabilisce un formato per la comunicazione dei dati sui rifiuti alimentari e per la presentazione della relazione di controllo della qualità conformemente alla Direttiva n. 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
    Decisione di esecuzione UE 2019/2010 della Commissione del 12 novembre 2019 che stabilisce le conclusioni sulle migliori tecniche disponibili (BAT), a norma della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per l’incenerimento dei rifiuti.
    Decisione di esecuzione della Commissione n. 2019/2193 del 17 dicembre 2019 che stabilisce le modalità per il calcolo, la verifica e la comunicazione dei dati e definisce i formati per la presentazione dei dati ai fini della Direttiva n. 2012/19/UE del Parlamento europeo e del Consiglio sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE)
    Regolamento delegato UE 2020/2174 della commissione del 19 ottobre 2020 che modifica gli allegati I C, III, III A, IV, V, VII e VIII del regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle spedizioni di rifiuti.
    Decisione UE 2020/1829 del consiglio del 24 novembre 2020 relativa alla presentazione, a nome dell’Unione europea, di proposte di modifica dell’allegato IV e di alcune voci degli allegati II e IX della convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento in occasione della quindicesima riunione della conferenza delle parti, e alla posizione da adottare a nome dell’Unione europea in tale riunione per quanto riguarda proposte di modifica dell’allegato IV e di alcune voci degli allegati II, VIII e IX di tale convenzione presentate da altre parti di detta convenzione.
    Decisione di esecuzione (UE) 2021/1752 della Commissione del 1° ottobre 2021 recante modalità di applicazione della Direttiva (UE) 2019/904 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda il calcolo, la verifica e la comunicazione dei dati sulla raccolta differenziata dei rifiuti di bottiglie di plastica monouso per bevande.
    Regolamento (UE) 2021/1840 della Commissione del 20 ottobre 2021 che modifica il Regolamento (CE) n. 1418/2007 relativo all’esportazione di alcuni rifiuti destinati al recupero, elencati nell’allegato III o III A del Regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, verso alcuni paesi ai quali non si applica la decisione dell’OCSE sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti.
    Regolamento delegato (UE) 2022/973 della Commissione del 14 marzo 2022 che integra il regolamento (UE) 2019/1009 del Parlamento europeo e del Consiglio stabilendo criteri in materia di efficienza agronomica e sicurezza per l’uso dei sottoprodotti nei prodotti fertilizzanti dell’UE.
    Rettifica della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive (Gazzetta Ufficiale dell’UE del 22 dicembre 2022).
    Regolamento delegato (UE) 2022/2526 della Commissione del 23 settembre 2022 che modifica il regolamento (UE) 2017/852 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda lo stoccaggio temporaneo dei rifiuti di mercurio in forma liquida.
    Regolamento (UE) 2023/1542 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 luglio 2023 relativo alle batterie e ai rifiuti di batterie, che modifica la direttiva 2008/98/CE e il regolamento (UE) 2019/1020 e abroga la direttiva 2006/66/CE.
    Direttiva (UE) 2024/884 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 marzo 2024 che modifica la direttiva 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE).

    Normativa nazionale
    D.Lgs. n. 27 gennaio 1992, n. 95 - Attuazione delle Direttive n. 75/439/CEE e n. 87/101/CEE relative alla eliminazione degli olii usati
    Legge 27 marzo 1992, n. 257 - Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto
    D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 - Nuovo codice della strada.
    D.M. Sanità del 6 settembre 1994 - Normative e metodologie tecniche di applicazione dell’art. 6, comma 3, e dell’art. 12, comma 2, della Legge 27 marzo 1992, n. 257, relativa alla cessazione dell’impiego dell’amianto.
    D.M. Sanità del 26 ottobre 1995 - Normative e metodologie tecniche per la valutazione del rischio, il controllo, la manutenzione e la bonifica dei materiali contenenti amianto presenti nei mezzi rotabili.
    D.M. Sanità del 14 maggio 1996 - Normative e metodologie tecniche per gli interventi di bonifica, ivi compresi quelli per rendere innocuo l’amianto, previsti dall’art. 5, comma 1, lett. f), della Legge 27 marzo 1992, n. 257, recante: “Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto”.
    Decreto 16 maggio 1996, n. 392 - Regolamento recante norme tecniche relative alla eliminazione degli olii usati
    D.M. 5 febbraio 1998 - Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli artt. 31 e 33 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22
    D.M. 1° aprile 1998, n. 145 Regolamento recante la definizione di modello e dei contenuti del formulario di accompagnamento dei rifiuti ai sensi degli artt. 15, 18 comma 2, lett. e), e comma 4 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22.
    D.M. 1° aprile 1998, n. 148 Regolamento recante approvazione del modello dei registri di carico e scarico dei rifiuti ai sensi degli artt. 12, 18, comma 2, lett. m), e 18 comma 4, del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22.
    D.M. Ministro della Sanità, Ministro per l’Industria, il Commercio e l’Artigianato del 20 agosto 1999 - Ampliamento delle normative e delle metodologie tecniche per gli interventi di bonifica, ivi compresi quelli per rendere innocuo l’amianto, previsti dall’art. 5, comma 1, lett. f), della Legge 27 marzo 1992, n. 257, recante norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto.
    D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231 - Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’art. 11 della Legge 29 settembre 2000, n. 300.
    D.M. 12 giugno 2002, n. 161 Regolamento attuativo degli artt. 31 e 33 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, relativo all’individuazione dei rifiuti pericolosi che è possibile ammettere alle procedure semplificate.
    D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36 - Attuazione della Direttiva n. 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti.
    D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 209 - Attuazione della Direttiva n. 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso.
    D.M. Ambiente e della Tutela del Territorio del 29 luglio 2004, n. 248 - Regolamento relativo alla determinazione e disciplina delle attività di recupero dei prodotti e beni di amianto e contenenti amianto.
    D.Lgs. 25 luglio 2005, n. 151 - Attuazione delle Direttive nn. 2002/95/CE, 2002/96/CE e 2003/108/CE, relative alla riduzione dell’uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, nonché allo smaltimento dei rifiuti
    Legge 25 gennaio 2006, n. 29 - Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2005.
    D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 - Norme in materia ambientale.

    Normativa nazionale
    D.M. Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare 25 settembre 2007, n. 185 Istituzione e modalità di funzionamento del registro nazionale dei soggetti obbligati al finanziamento dei sistemi di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), costituzione e funzionamento di un centro di coordinamento per l’ottimizzazione delle attività di competenza dei sistemi collettivi e istituzione del comitato d’indirizzo sulla gestione dei RAEE, ai sensi degli artt. 13, comma 8, e 15, comma 4, del D.Lgs. 25 luglio 2005, n. 151.
    D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 - Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale.
    D.Lgs. 20 novembre 2008, n. 188 Attuazione della Direttiva n. 2006/66/CE concernente pile, accumulatori e relativi rifiuti e che abroga la Direttiva n. 91/157/CEE.
    Decreto Interministeriale 12 maggio 2009 Modalità di finanziamento della gestione dei rifiuti di apparecchiature di illuminazione da parte dei produttori delle stesse.
    D.M. Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare 8 marzo 2010, n. 65 Regolamento recante modalità semplificate di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) da parte dei distributori e degli installatori di apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE), nonché dei gestori dei centri di assistenza tecnica di tali apparecchiature.
    D.M. Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare 27 settembre 2010 - Definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica, in sostituzione di quelli contenuti nel Decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio 3 agosto 2005.
    D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 - Disposizioni di attuazione della Direttiva n. 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune Direttive.
    D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121 Attuazione della Direttiva n. 2008/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente, nonché della Direttiva n. 2009/123/CE che modifica la Direttiva n. 2005/35/CE relativa all’inquinamento provocato dalle navi e all’introduzione di sanzioni per violazioni.
    Legge 24 febbraio 2012, n. 14 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative. Differimento di termini relativi all’esercizio di deleghe legislative.
    D.M. Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare 14 febbraio 2013, n. 22 Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS), ai sensi dell’art. 184-ter, comma 2, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni.
    D.Lgs. 14 marzo 2014, n. 49 Attuazione della Direttiva n. 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE).
    D.M. Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare 3 giugno 2014, n. 120 Regolamento per la definizione delle attribuzioni e delle modalità di organizzazione dell’Albo nazionale dei gestori ambientali, dei requisiti tecnici e finanziari delle imprese e dei responsabili tecnici, dei termini e delle modalità di iscrizione e dei relativi diritti annuali.
    Legge 27 febbraio 2015, n. 11 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative.
    Legge 22 maggio 2015, n. 68 Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente.
    D.M. Ambiente e della tutela del territorio e del mare 24 giugno 2015 Modifica del Decreto 27 settembre 2010, relativo alla definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica.

    Normativa nazionale
    Legge 28 dicembre 2015, n. 221 Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali.
    D.Lgs. 22 gennaio 2016, n. 10 Modifica e abrogazione di disposizioni di legge che prevedono l’adozione di provvedimenti non legislativi di attuazione, a norma dell’art. 21 della Legge 7 agosto 2015, n. 124.
    D.Lgs. 15 febbraio 2016, n. 27 - Attuazione della Direttiva n. 2013/56/UE che modifica la Direttiva n. 2006/66/CE relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori per quanto riguarda l’immissione sul mercato di batterie portatili e di accumulatori contenenti cadmio destinati a essere utilizzati negli utensili elettrici senza fili e di pile a bottone con un basso tenore di mercurio, e che abroga la decisione 2009/603/CE della commissione.
    D.M. Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare 31 maggio 2016, n. 121 - Regolamento recante modalità semplificate per lo svolgimento delle attività di ritiro gratuito da parte dei distributori di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) di piccolissime dimensioni, nonché requisiti tecnici per lo svolgimento del deposito preliminare alla raccolta presso i distributori e per il trasporto, ai sensi dell’art. 11, commi 3 e 4, del D.Lgs. 14 marzo 2014, n. 49.
    D.M. Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare 10 giugno 2016, n. 140 Regolamento recante criteri e modalità per favorire la progettazione e la produzione ecocompatibili di AEE, ai sensi dell’art. 5, comma 1 del D.Lgs. 14 marzo 2014, n. 49, di attuazione della Direttiva n. 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE).
    Legge 28 luglio 2016, n. 154 Deleghe al Governo e ulteriori disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività dei settori agricolo e agroalimentare, nonché sanzioni in materia di pesca illegale.
    Decreto 13 ottobre 2016, n. 264 Regolamento recante criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti.
    D.P.R. 13 giugno 2017, n. 120 Regolamento recante la disciplina semplificata della gestione delle terre e rocce da scavo, ai sensi dell’art. 8 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 novembre 2014, n. 164.
    Legge 20 novembre 2017, n. 167 Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’UE - Legge europea 2017.
    Decreto 13 dicembre 2017, n. 235 Regolamento recante approvazione dello statuto-tipo dei consorzi per la gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), ai sensi dell’art. 10, comma 3, del D.Lgs. 14 marzo 2014, n. 49.
    Legge 27 dicembre 2017, n. 205 Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020.
    Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare Decreto direttoriale 1° febbraio 2018 Modalità semplificate relative agli adempimenti per l’esercizio delle attività di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi di metalli ferrosi e non ferrosi.
    D.Lgs. 1° marzo 2018, n. 21 Disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale a norma dell’art. 1, comma 85, lett. q), della Legge 23 giugno 2017, n. 103.
    Decreto 28 marzo 2018, n. 69 Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di conglomerato bituminoso ai sensi dell’art. 184-ter, comma 2 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

    Normativa nazionale
    Legge 1° dicembre 2018, n. 132 Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, recante disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Delega al Governo in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate.
    Decreto 28 dicembre 2018 Attuazione della Direttiva n. 2017/2096/UE della Commissione del15 novembre 2017, recante modifica dell’Allegato II della Direttiva n. 2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai veicoli fuori uso.
    Legge 30 dicembre 2018, n. 145 Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021.
    Legge 11 febbraio 2019, n. 12 Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, recante disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la Pubblica amministrazione.
    Legge 3 maggio 2019, n. 37 Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’UE - Legge europea 2018.
    Decreto 23 maggio 2019 Approvazione dello statuto del Consorzio nazionale per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene.
    Decreto 29 maggio 2019, n. 74 Regolamento relativo all’inserimento della farina di vinaccioli disoleata nell’Allegato X, parte II, Sezione IV, par. 1, alla parte quinta del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.
    Legge 28 giugno 2019, n. 58 Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 30 aprile 2019, n. 34, recante misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi.
    Decreto 22 ottobre 2019 Approvazione dello Statuto del Consorzio Recupero Vetro (CoReVe).
    Decreto 23 ottobre 2019 Approvazione dello Statuto del Centro di Coordinamento Nazionale Pile e Accumulatori (CDCNPA).
    Legge 2 novembre 2019, n. 128 Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 3 settembre 2019, n. 101, recante disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali.
    Decreto 19 novembre 2019, n. 182 Regolamento recante la disciplina dei tempi e delle modalità attuative dell’obbligo di gestione degli pneumatici fuori uso, ai sensi dell’articolo 228, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
    Decreto 3 dicembre 2019 Procedura per l’esercizio delle funzioni di vigilanza sui consorzi e sui sistemi autonomi di gestione dei rifiuti.
    Legge 12 dicembre 2019, n. 156 Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 24 ottobre 2019, n. 123, recante disposizioni urgenti per l’accelerazione e il completamento delle ricostruzioni in corso nei territori colpiti da eventi sismici.
    Legge 12 dicembre 2019, n. 141 Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 14 ottobre 2019, n. 111, recante misure urgenti per il rispetto degli obblighi previsti dalla Direttiva n. 2008/50/CE sulla qualità dell’aria e proroga del termine di cui all’art. 48, commi 11 e 13, del D.L. 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla Legge 15 dicembre 2016, n. 229.
    Decreto 31 marzo 2020, n. 78 Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto della gomma vulcanizzata derivante da pneumatici fuori uso, ai sensi dell’articolo 184-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

    Normativa nazionale
    Decreto 21 aprile 2020 Modalità di organizzazione e di funzionamento del registro nazionale per la raccolta delle autorizzazioni rilasciate e degli esiti delle procedure semplificate concluse per lo svolgimento di operazioni di recupero.
    Legge 24 aprile 2020, n. 27 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19. Proroga dei termini per l’adozione di decreti legislativi.
    Legge 5 giugno 2020, n. 40 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, recante misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali.
    Decreto 11 giugno 2020 Criteri, condizioni e procedure per la concessione e l’erogazione delle agevolazioni a sostegno di progetti di ricerca e sviluppo per la riconversione dei processi produttivi nell’ambito dell’economia circolare.
    Decreto 30 luglio 2020 Attuazione delle direttive delegate della Commissione europea UE 2020/362 e UE 2020/363 del 17 dicembre 2019, recanti modifiche all’allegato II della direttiva 2000/53/CE sui veicoli fuori uso.
    Decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 116 Attuazione della direttiva UE 2018/851 che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti e attuazione della direttiva UE 2018/852 che modifica la direttiva 1994/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio.
    Decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 118 Attuazione degli articoli 2 e 3 della direttiva UE 2018/849, che modificano le direttive 2006/66/CE relative a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche.
    Decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 119 Attuazione dell’articolo 1 della direttiva UE 2018/849, che modifica la direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso.
    Decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 121 Attuazione della direttiva UE 2018/850, che modifica la direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti.
    Legge 13 ottobre 2020, n. 126 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, recante misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell’economia.
    Decreto 22 settembre 2020, n. 188 Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto da carta e cartone, ai sensi dell’articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
    Decreto 12 maggio 2021, n. 178 Modalità di utilizzazione del Fondo istituito dall’articolo 226-quater, comma 4, del D.Lgs. n. 152 del 2006.
    Legge 21 maggio 2021, n. 69 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, recante misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19.
    Decreto 23 giugno 2021, n. 261 Approvazione del “Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio 2019-2023”.
    Decreto 28 luglio 2021, n. 44 Riconoscimento del “Sistema autonomo per la gestione diretta degli imballaggi in PET per liquidi alimentari Coripet”.
    Legge 29 luglio 2021, n. 108 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, recante governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure.

    Normativa nazionale
    Decreto 9 agosto 2021, n. 47 di approvazione delle “Linee guida sulla classificazione dei rifiuti” di cui alla delibera del Consiglio del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente del 18 maggio 2021, n. 105, così come integrate dal sotto-paragrafo denominato “3.5.9 - Rifiuti prodotti dal trattamento meccanico/meccanico-biologico dei rifiuti urbani indifferenziati”.
    D.P.C.M. 27 agosto 2021 Approvazione delle linee guida per la predisposizione del piano di emergenza esterna e per la relativa informazione della popolazione per gli impianti di stoccaggio e trattamento dei rifiuti.
    D.M. Ministero della transizione ecologica 2 settembre 2021 Programma sperimentale “Mangiaplastica”.
    D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 196 Attuazione della direttiva (UE) 2019/904, del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 giugno 2019 sulla riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente.
    D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 197 Recepimento della direttiva (UE) 2019/883, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, relativa agli impianti portuali di raccolta per il conferimento dei rifiuti delle navi che modifica la direttiva 2010/65/UE e abroga la direttiva 2000/59/CE.
    Legge 29 dicembre 2021, n. 233 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, recante disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose.
    Decreto 21 gennaio 2022 Approvazione dello statuto del Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti. (Conoe).
    Legge 25 febbraio 2022, n. 15 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, recante disposizioni urgenti in materia di termini legislativi.
    Legge 28 marzo 2022, n. 25 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, recante misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19, nonché per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico.
    Decreto 11 aprile 2022 Approvazione dello statuto del Consorzio nazionale per la raccolta, il recupero e il riciclaggio degli imballaggi in legno (Rilegno).
    Decreto 12 aprile 2022 Approvazione dello statuto del Consorzio nazionale imballaggi in legno (Conai).
    Legge 17 maggio 2022, n. 60 Disposizioni per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la promozione dell’economia circolare (legge «SalvaMare»).
    Decreto 15 giugno 2022 Misure per incentivare l’introduzione volontaria, nelle imprese che effettuano le operazioni di trattamento dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), dei sistemi certificati di gestione ambientale disciplinati dal regolamento (CE) n. 1221/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009.
    D.M. Ministero della transizione ecologica 24 giugno 2022, n. 257 Approvazione Programma Nazionale di Gestione dei rifiuti.
    Legge 29 giugno 2022, n. 79 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, recante ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).
    Legge 5 agosto 2022, n. 118 Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021.
    Decreto direttoriale Ministero della transizione ecologica Direzione Generale Economia Circolare 8 agosto 2022, n. 54 Istruzioni operative per la gestione e lo smaltimento dei pannelli fotovoltaici incentivati.
    Decreto 10 agosto 2022 Approvazione degli statuti di taluni consorzi RAEE.

    Normativa nazionale
    Decreto 16 settembre 2022 Approvazione dello statuto del consorzio E-Cycle.
    Decreto del Presidente della Repubblica 23 settembre 2022, n. 177 Regolamento recante disciplina del registro unico telematico e disposizioni di semplificazione in materia di cessazione dalla circolazione dei veicoli fuori uso.
    Decreto 27 settembre 2022, n. 152 Regolamento che disciplina la cessazione della qualifica di rifiuto dei rifiuti inerti da costruzione e demolizione e di altri rifiuti inerti di origine minerale, ai sensi dell’articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
    D.M. Ministero della transizione ecologica 28 settembre 2022, n. 360 Adozione delle Linee Guida sull’etichettatura degli imballaggi.
    Legge 17 novembre 2022, n. 175 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 settembre 2022, n. 144, recante ulteriori misure urgenti in materia di politica energetica nazionale, produttività delle imprese, politiche sociali e per la realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).
    D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213 Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 116, di attuazione della direttiva (UE) 2018/851, che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti e attuazione della direttiva (UE) 2018/852, che modifica la direttiva 1994/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio.
    D.P.C.M. 3 febbraio 2023 Approvazione del modello unico di dichiarazione ambientale per l’anno 2023.
    Decreto 3 febbraio 2023 Modifica dell’allegato II della direttiva 2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai veicoli fuori uso.
    Decreto 20 febbraio 2023, n. 40 Regolamento recante l’aggiornamento dei raggruppamenti di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche indicati nell’Allegato 1 del decreto 25 settembre 2007, n. 185.
    Legge 24 febbraio 2023, n. 14 Conversione in legge con modificazioni del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198, recante disposizioni urgenti in materia di termini legislativi. Proroga di termini per esercizio di deleghe legislative.
    Decreto 4 aprile 2023, n. 59 Regolamento recante: «Disciplina del sistema di tracciabilità dei rifiuti e del registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti ai sensi dell’articolo 188-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152».
    Decreto 26 giugno 2023 Attuazione della direttiva delegata (UE) 2023/544, che modifica la direttiva 2000/53/CE per quanto riguarda le esenzioni relative all’uso del piombo nelle leghe di alluminio destinate a lavorazione meccanica, nelle leghe di rame e in determinati accumulatori.
    Legge 3 luglio 2023, n. 87 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 maggio 2023, n. 51, recante disposizioni urgenti in materia di amministrazione di enti pubblici, di termini legislativi e di iniziative di solidarietà sociale.
    Decreto 10 luglio 2023, n. 119 Regolamento recante determinazione delle condizioni per l’esercizio delle preparazioni per il riutilizzo in forma semplificata, ai sensi dell’articolo 214-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
    Decreto direttoriale 22 settembre 2023, n. 97 (Direzione generale economia circolare) Tempistiche previste dal RENTRI
    Decreto 27 ottobre 2023 Definizione del tasso minimo nazionale di raccolta annuale degli attrezzi da pesca dismessi contenenti plastica per il riciclaggio.
    Decreto direttoriale 6 novembre 2023, n. 143 (Direzione generale economia circolare) Modalità operative per la trasmissione dei dati al RENTRI.
    Decreto direttoriale 19 dicembre 2023, n. 251 (Direzione generale economia circolare) Modalità di compilazione del registro di carico e scarico e del formulario.

    Normativa nazionale
    Legge 15 dicembre 2023, n. 191 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 ottobre 2023, n. 145, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, in favore degli enti territoriali, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili).
    Decreto legge 9 dicembre 2023, n. 181 (Disposizioni urgenti per la sicurezza energetica del Paese, la promozione del ricorso alle fonti rinnovabili di energia, il sostegno alle imprese a forte consumo di energia e in materia di ricostruzione nei territori colpiti dagli eccezionali eventi alluvionali verificatisi a partire dal 1° maggio 2023).
    Decreto 19 dicembre 2023 (Procedure di segnalazione delle presunte inadeguatezze degli impianti portuali di raccolta nonché modalità di valutazione e revisione dell’adeguatezza degli impianti portuali stessi).
    Legge 30 dicembre 2023, n. 214 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022).
    Decreto legge 30 dicembre 2023, n. 215 (Disposizioni urgenti in materia di termini normativi).
    Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 26 gennaio 2024 (Approvazione del modello unico di dichiarazione ambientale per l’anno 2024).
    Legge 2 febbraio 2024, n. 11 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 dicembre 2023, n. 181, recante disposizioni urgenti per la sicurezza energetica del Paese, la promozione del ricorso alle fonti rinnovabili di energia, il sostegno alle imprese a forte consumo di energia e in materia di ricostruzione nei territori colpiti dagli eccezionali eventi alluvionali verificatisi a partire dal 1° maggio 2023).
    Legge 23 febbraio 2024, n. 18 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215, recante disposizioni urgenti in materia di termini normativi).
    D.Lgs. 8 marzo 2024, n.46 (Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 197, di recepimento della direttiva (UE) 2019/883, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, relativa agli impianti portuali di raccolta per il conferimento dei rifiuti delle navi, che modifica la direttiva 2010/65/UE e abroga la direttiva 2000/59/CE).

    8.3 Cos’è rifiuto e cosa non lo è

    8.3Cos’è rifiuto e cosa non lo è

    Ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 152/2006, è definito rifiuto:

    “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”.

    Tale definizione riprende quella riportata nella Direttiva CE n. 2008/98 e, come confermato dalla giurisprudenza ormai consolidata, deve essere letta non dimenticando la finalità generale della normativa sui rifiuti, e cioè limitare le conseguenze negative ed i danni connessi alla natura dei rifiuti stessi tutelando così la salute umana e l’ambiente. In questa prospettiva non può essere applicato un approccio soggettivo, pensando che possa essere lasciata ad una scelta personale del detentore la valutazione se un oggetto sia o meno rifiuto, bensì ci si deve basare su dati oggettivi che attengono alla condotta del detentore o ad un obbligo che grava su di lui e in base al quale è tenuto a disfarsi dell’oggetto.

    APPROFONDIMENTI

    • AMBIENTE & SVILUPPO 11-12/2015: “Rifiuti - La nozione di produttore iniziale cambia?”, di David Roettgen e Paolo Lepore

    GIURISPRUDENZA

    In particolare, la giurisprudenza pone l’attenzione su:

    Che cosa è rifiuto

    Deve intendersi per rifiuto qualsiasi sostanza od oggetto di cui il produttore o il detentore si disfi, o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi, senza che assuma rilievo la circostanza che ciò avvenga attraverso lo smaltimento del prodotto o tramite il suo recupero. E ciò sia in base all’interpretazione della definizione di rifiuto data dal legislatore nazionale, sia per giurisprudenza della Corte di Giustizia della Comunità Europea, le cui decisioni sono immediatamente e direttamente applicabili in ambito nazionale, secondo la quale la nozione di rifiuto non deve essere intesa nel senso di escludere le sostanze e gli oggetti suscettibili di riutilizzazione economica, atteso che la protezione della salute umana e dell’ambiente verrebbe ad essere compromessa qualora l’applicazione delle Direttive comunitarie in materia fosse fatta dipendere dall’intenzione del detentore di escludere o meno una riutilizzazione economica da parte di altri delle sostanza o degli oggetti di cui ci si disfa (o si sia deciso o si abbia l’obbligo di disfarsi):

    • Cass., sez. III, n. 50309/2014

    Certamente indice rivelatore dell’intenzione di disfarsi - ove essa non si sia sostanziata, in modo di per sé incompatibile con un altro diverso atteggiamento della volontà, in un abbandono da parte del detentore e nella conseguente perdita di ogni possibilità di suo controllo su detti beni - potrà essere, oltre alla tipologia di essi, la modalità con la quale i detti materiali sono depositati. È, infatti, di tutta evidenza che un deposito di materiali che già hanno esaurito la loro utilità principale secondo modalità che non fanno ritenere che gli stessi siano più suscettibili di fornirne una ulteriore, lascia legittimamente presumere all’interprete che di questi il detentore si sia in tal modo disfatto ovvero abbia l’intenzione di disfarsene:

    • Cass., sez. III, n. 29069/2015

    In tema di gestione dei rifiuti, ove i residui della produzione industriale siano ab origine classificati da chi li produce come rifiuti, gli stessi devono ritenersi sottratti alla normativa derogatoria prevista per i sottoprodotti, in quanto la classificazione operata dal produttore esprime quella volontà di disfarsi degli stessi idonea a qualificarli come “rifiuti” in base all’art. 183, comma 1, lett. a), del citato D.Lgs.:

    • Cass., sez. III, n. 1583/2020

    Affinché un bene o una sostanza perda la qualifica di rifiuto, è necessario che la stessa sia stata preventivamente sottoposta ad un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, che, sebbene le stesse possano consistere anche in operazioni di cernita e di selezione di beni, fin tanto che non si sono esaurite non comportano né la cessazione della attribuzione della qualifica di rifiuto ai beni in questione né, tanto meno, la estraneità di essi alla disciplina in materia di rifiuti (si veda, infatti, sul punto, il comma 5 del citato art. 184-ter, D.Lgs. n. 152 del 2006).

    • Cass., sez. III, n. 7589/2020

    Ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 152 del 2006, per “rifiuto” si intende “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”. Acquisita la qualità di “rifiuto” di sostanze e materiali in base ad elementi positivi (il fatto che si tratti di beni residuo di produzione di cui il detentore vuole disfarsi) e negativi (che non abbiano i requisiti del sottoprodotto), la stessa non viene meno in ragione di un accordo di cessione a terzi, né del valore economico dei beni stessi riconosciuto nel medesimo accordo, occorrendo fare riferimento alla condotta e volontà del cedente di disfarsi dei beni, e non all’utilità che potrebbe ritrarne il cessionario.

    • Cass, sez. III, n. 11603/2022

    8.3.1 Classificazione dei rifiuti

    8.3.1Classificazione dei rifiuti

    Ai fini dell’attuazione della Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006, i rifiuti sono classificati in base all’origine ed in base alle caratteristiche di pericolo:

    Classificazione in base all’origine Rifiuti urbani
    Rifiuti speciali
    Classificazione in base alle caratteristiche di pericolo Rifiuti pericolosi
    Rifiuti non pericolosi

    Il D.Lgs. n. 116/2020, che ha dato attuazione alla Dir. n. 851/2020/UE ed è entrato in vigore il 26 settembre 2020, ha modificato in misura rilevante i termini per l’individuazione dei rifiuti urbani, non solo dal punto di vista formale attraverso l’inserimento ex novo della definizione di cui all’art. 183, comma 1, lett. b-ter, ma anche dal punto di vista sostanziale, come emerge dalla lettura della tabella di seguito riportata, in cui è possibile effettuare un confronto con la situazione antecedente tale modifica normativa. La definizione di rifiuti urbani di cui all’art. 183, comma 1, lett. b-ter si applica dal 1° gennaio 2022.

    Rifiuti urbani come precedentemente individuati in art. 184, D.Lgs. n. 152/2006 [SUPERATA] Rifiuti urbani come individuati in art. 183, comma 1, lett. b-ter), D.Lgs. n. 152/2006 [VIGENTE]
    a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione;
    b) i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lett. a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, secondo i criteri stabiliti dai Comuni all’interno degli appositi regolamenti che disciplinano la gestione dei rifiuti (ai sensi dell’art. 198, comma 2, lett. g);
    c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade;
    1. i rifiuti domestici indifferenziati e da raccolta differenziata, ivi compresi: carta e cartone, vetro, metalli, plastica, rifiuti organici, legno, tessili, imballaggi, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, rifiuti di pile e accumulatori e rifiuti ingombranti, ivi compresi materassi e mobili;
    2. i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell’allegato L-quater prodotti dalle attività riportate nell’allegato L-quinquies;

    Rifiuti urbani come precedentemente individuati in art. 184, D.Lgs. n. 152/2006 [SUPERATA] Rifiuti urbani come individuati in art. 183, comma 1, lett. b-ter), D.Lgs. n. 152/2006 [VIGENTE]
    d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d’acqua;
    e) i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali;
    f) i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui alle lett. b), c) ed e).
    3. i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade e dallo svuotamento dei cestini portarifiuti;
    4. i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d’acqua;
    5. i rifiuti della manutenzione del verde pubblico, come foglie, sfalci d’erba e potature di alberi, nonché i rifiuti risultanti dalla pulizia dei mercati;
    6. i rifiuti provenienti da aree cimiteriali, esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui ai punti 3, 4 e 5.

    Nota: alla definizione di rifiuti urbani di cui all’art. 183, comma 1, lett. b-ter) del D.Lgs. n. 152/2006, la Legge 17 maggio 2022, n. 60 ha aggiunto il punto 6-bis (da ultimo modificato dal D.Lgs. n. 213/2022), che riguarda “i rifiuti accidentalmente pescati nonché quelli volontariamente raccolti, anche attraverso campagne di pulizia, in mare, nei laghi, nei fiumi e nelle lagune”. Si precisa che il D.Lgs. n. 213/2022 ha introdotto in art. 183, comma 1 anche la lett. d-ter) relativa alla seguente definizione: “rifiuti accidentalmente pescati: rifiuti raccolti dalle reti durante le operazioni di pesca”.

    Di seguito si riportano i contenuti degli allegati L-quater e L-quinquies alla Parte Quarta del D.Lgs. n. 152/2006, introdotti dal D.Lgs. n. 116/2020 e richiamati nella definizione di “rifiuti urbani” di cui sopra:

    Allegato L-quater alla Parte Quarta del D.Lgs. n. 152/2006
    Elenco dei rifiuti di cui all’art. 183, comma 1, lett. b-ter), punto 2
    Frazione Descrizione EER
    RIFIUTI ORGANICI Rifiuti biodegradabili di cucine e mense 200108
    Rifiuti biodegradabili 200201
    Rifiuti dei mercati 200302
    CARTA E CARTONE Imballaggi in carta e cartone 150101
    Carta e cartone 200101
    PLASTICA Imballaggi in plastica 150102
    Plastica 200139
    LEGNO Imballaggi in legno 150103
    Legno, diverso da quello di cui alla voce 200137* 200138
    METALLO Imballaggi metallici 150104
    Metallo 200140

    Allegato L-quater alla Parte Quarta del D.Lgs. n. 152/2006
    Elenco dei rifiuti di cui all’art. 183, comma 1, lett. b-ter), punto 2
    Frazione Descrizione EER
    IMBALLAGGI COMPOSITI Imballaggi materiali compositi 150105
    MULTIMATERIALE Imballaggi in materiali misti 150106
    VETRO Imballaggi in vetro 150107
    Vetro 200102
    TESSILE Imballaggi in materia tessile 150109
    Abbigliamento 200110
    Prodotti tessili 200111
    TONER Toner per stampa esauriti diversi da quelli di cui alla voce 080317* 080318
    INGOMBRANTI Rifiuti ingombranti 200307
    VERNICI, INCHIOSTRI, ADESIVI E RESINE Vernici, inchiostri, adesivi e resine diversi da quelli di cui alla voce 200127 200128
    DETERGENTI Detergenti diversi da quelli di cui alla voce 200129* 200130
    ALTRI RIFIUTI Altri rifiuti non biodegradabili 200203
    RIFIUTI URBANI
    INDIFFERENZIATI
    Rifiuti urbani indifferenziati 200301
    Rimangono esclusi i rifiuti derivanti da attività agricole e connesse di cui all’articolo 2135 del codice civile.
    Allegato L-quinquies alla Parte Quarta del D.Lgs. n. 152/2006
    Elenco attività che producono rifiuti di cui all’articolo 183, comma 1, lett. b-ter), punto 2
    1. Musei, biblioteche, scuole, associazioni, luoghi di culto.
    2. Cinematografi e teatri.
    3. Autorimesse e magazzini senza alcuna vendita diretta.
    4. Campeggi, distributori carburanti, impianti sportivi.
    5. Stabilimenti balneari.
    6. Esposizioni, autosaloni.
    7. Alberghi con ristorante.
    8. Alberghi senza ristorante.
    9. Case di cura e riposo.
    10. Ospedali.
    11. Uffici, agenzie, studi professionali.
    12. Banche ed istituti di credito.
    13. Negozi abbigliamento, calzature, libreria, cartoleria, ferramenta, e altri beni durevoli.
    14. Edicola, farmacia, tabaccaio, plurilicenze.
    15. Negozi particolari quali filatelia, tende e tessuti, tappeti, cappelli e ombrelli, antiquariato.
    16. Banchi di mercato beni durevoli.
    17. Attività artigianali tipo botteghe: parrucchiere, barbiere, estetista.
    18. Attività artigianali tipo botteghe: falegname, idraulico, fabbro, elettricista.
    19. Carrozzeria, autofficina, elettrauto.
    20. Attività artigianali di produzione beni specifici.
    21. Ristoranti, trattorie, osterie, pizzerie, pub.

    Allegato L-quater alla Parte Quarta del D.Lgs. n. 152/2006
    Elenco dei rifiuti di cui all’art. 183, comma 1, lett. b-ter), punto 2
    22. Mense, birrerie, hamburgerie.
    23. Bar, caffè, pasticceria.
    24. Supermercato, pane e pasta, macelleria, salumi e formaggi, generi alimentari.
    25. Plurilicenze alimentari e/o miste.
    26. Ortofrutta, pescherie fiori e piante, pizza al taglio.
    27. Ipermercati di generi misti.
    28. Banchi di mercato generi alimentari.
    29. Discoteche, night club.
    Rimangono escluse le attività agricole e connesse di cui all’articolo 2135 del codice civile.
    Attività non elencate, ma ad esse simili per loro natura e per tipologia di rifiuti prodotti, si considerano comprese nel punto a cui sono analoghe.

    Nota: all’interno dell’art. 183, D.Lgs. n. 152/2006 è precisato quanto segue:

    – la definizione di rifiuti urbani di cui all’art. 183, comma 1, lett. b-ter) rileva ai fini degli obiettivi di preparazione per il riutilizzo e di riciclaggio nonché delle relative norme di calcolo e non pregiudica la ripartizione delle responsabilità in materia di gestione dei rifiuti tra gli attori pubblici e privati;

    – i rifiuti urbani non includono i rifiuti della produzione, dell’agricoltura, della silvicoltura, della pesca, delle fosse settiche, delle reti fognarie e degli impianti di trattamento delle acque reflue, ivi compresi i fanghi di depurazione, i veicoli fuori uso e i rifiuti da costruzione e demolizione prodotti nell’ambito di attività di impresa.

    Come chiarito con Circolare del MITE del 14 maggio 2021, tali note si sono rese necessarie per meglio definire l’ambito di applicazione della definizione di rifiuti urbani che, viene precisato, in ogni caso non individua limiti quantitativi ai rifiuti simili per natura e composizione ai domestici provenienti da altre fonti, e deve essere intesa esclusivamente ai fini degli obiettivi di preparazione per il riutilizzo e riciclaggio nonché per le relative norme di calcolo.

    Nota: il D.Lgs. n. 116/2020 (in vigore dal 26 settembre 2020) stabilisce che, al fine di consentire ai soggetti affidatari del servizio di gestione dei rifiuti il graduale adeguamento operativo delle attività alla definizione di rifiuto urbano, le disposizioni di cui agli artt. 183, comma 1, lett. b-ter) e 184, comma 2 e agli allegati L-quater e L-quinquies definite dal Decreto medesimo si applicano a partire dal 1° gennaio 2021.

    Ancora il D.Lgs. n. 116/2020 ha introdotto alcune modifiche all’individuazione dei rifiuti speciali di cui all’art. 184, D.Lgs. n. 152/2006, come di seguito riportato:

    Rifiuti speciali come individuati in art. 184, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006 [SUPERATA] Rifiuti speciali come individuati in art. 184, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006 [VIGENTE]
    a) i rifiuti da attività agricole e agro-industriali, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2135 c.c.;
    b) i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall’art. 184-bis;
    a) i rifiuti prodotti nell’ambito delle attività agricole,
    agro-industriali e della silvicoltura, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 2135 del codice civile, e della pesca;

    Rifiuti speciali come individuati in art. 184, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006 [SUPERATA] Rifiuti speciali come individuati in art. 184, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006 [VIGENTE]
    c) i rifiuti da lavorazioni industriali;
    d) i rifiuti da lavorazioni artigianali;
    e) i rifiuti da attività commerciali;
    f) i rifiuti da attività di servizio;
    g) i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi;
    h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie.
    b) i rifiuti prodotti dalle attività di costruzione e demolizione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall’articolo 184-bis;
    c) i rifiuti prodotti nell’ambito delle lavorazioni industriali se diversi da quelli di cui al comma 2NOTA 1;
    d) i rifiuti prodotti nell’ambito delle lavorazioni artigianali se diversi da quelli di cui al comma 2NOTA 1;
    e) i rifiuti prodotti nell’ambito delle attività commerciali se diversi da quelli di cui al comma 2NOTA 1;
    f) i rifiuti prodotti nell’ambito delle attività di servizio se
    diversi da quelli di cui al comma 2NOTA 1;
    g) i rifiuti derivanti dall’attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue, nonché i rifiuti da abbattimento di fumi, dalle fosse settiche e dalle reti fognarie;
    h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie se diversi da
    quelli all’articolo 183, comma 1, lett. b-ter);
    i) i veicoli fuori uso.
    NOTA 1: il comma 2 dell’art. 184 individua i rifiuti urbani, rimandando alla loro definizione (di cui all’art. 183, comma 1 lett. b-ter).

    I rifiuti sono identificati mediante un codice a sei cifre (codice EER) e per identificarli nell’elenco dei codici in vigore dal 1° giugno 2015 e contenuto nella Decisione n. 2014/955/UE, è necessario seguire le seguenti indicazioni rispettando l’ordine di precedenza riportato:

    FASE 1
    Da 01 a 12 o da 17 a 20
    (tranne codici” –– –– 99”)
    → Identificare la fonte che genera il rifiuto consultando i capitoli da 1 a 12 o da 17 a 20 per risalire al codice a sei cifre riferito al rifiuto in questione, ad eccezione dei codici dei suddetti capitoli che terminano con le cifre 99.
    FASE 2
    Esaminare i capitoli 13, 14 e 15
    → Se nessuno dei codici dei capitoli da 1 a 12 o da 17 a 20 si presta per la classificazione di un determinato rifiuto, occorre esaminare i capitoli 13, 14 e 15 per identificare il codice corretto.
    FASE 3
    Esaminare capitolo 16
    → Se nessuno di questi codici risulta adeguato, occorre definire il rifiuto utilizzando i codici di cui al capitolo 16.
    FASE 4
    Codice che termina con 99
    → Se un determinato rifiuto non è classificabile neppure mediante i codici del capitolo 16, occorre utilizzare il codice 99 (rifiuti non specificati altrimenti) preceduto dalle cifre del capitolo che corrisponde all’attività identificata nella prima fase.

    In base alla Decisione n. 2014/955/UE della Commissione europea, i rifiuti contrassegnati da un asterisco (*) nell’elenco di rifiuti sono considerati rifiuti pericolosi ai sensi della Direttiva n. 2008/98/CE, a meno che non si applichi l’art. 20 di detta Direttiva attinente alcune semplificazioni nell’applicazione delle disposizioni normative per quanto riguarda i rifiuti pericolosi prodotti da nuclei domestici.

    Nota: il D.Lgs. n. 116/2020 ha introdotto ex novo all’interno dell’art. 183 (comma 1, lett. b-bis) del D.Lgs. n. 152/2006 la definizione di “rifiuto non pericoloso” che reca: “rifiuto non contemplato dalla lett. b)”, laddove la lett. b) contiene la definizione di rifiuto pericoloso.

    L’Allegato III della Direttiva n. 2008/98/CE (come modificato dal Regolamento UE n. 1357/2014 e dal Regolamento UE n. 997/2017) individua le caratteristiche di pericolo che possono essere attribuite ai rifiuti e definisce i criteri per la loro valutazione.

    Caratteristica di pericolo Descrizione
    HP 1 Esplosivo rifiuto che può, per reazione chimica, sviluppare gas a una temperatura, una pressione e una velocità tali da causare danni nell’area circostante. Sono inclusi i rifiuti pirotecnici, i rifiuti di perossidi organici esplosivi e i rifiuti autoreattivi esplosivi.
    HP 2 Comburente rifiuto capace, in genere per apporto di ossigeno, di provocare o favorire la combustione di altre materie.
    HP 3 Infiammabile rifiuto liquido infiammabile: rifiuto liquido il cui punto di infiammabilità è inferiore a 60 °C oppure rifiuto di gasolio, carburanti diesel e oli da riscaldamento leggeri il cui punto di infiammabilità è superiore a 55 °C e inferiore o pari a 75 °C;
    rifiuto solido e liquido piroforico infiammabile: rifiuto solido o liquido che, anche in piccole quantità, può infiammarsi in meno di cinque minuti quando entra in contatto con l’aria;
    rifiuto solido infiammabile: rifiuto solido facilmente infiammabile o che può provocare o favorire un incendio per sfregamento;
    rifiuto gassoso infiammabile: rifiuto gassoso che si infiamma a contatto con l’aria a 20 °C e a pressione normale di 101,3 kPa;
    rifiuto idroreattivo: rifiuto che, a contatto con l’acqua, sviluppa gas infiammabili in quantità pericolose;
    altri rifiuti infiammabili: aerosol infiammabili, rifiuti autoriscaldanti infiammabili, perossidi organici infiammabili e rifiuti autoreattivi infiammabili.
    HP 4 Irritante - Irritazione cutanea e lesioni oculari rifiuto la cui applicazione può provocare irritazione cutanea o lesioni oculari.
    HP 5 Tossicità specifica per organi bersaglio (STOT)/Tossicità in caso di aspirazione rifiuto che può causare tossicità specifica per organi bersaglio con un’esposizione singola o ripetuta, oppure può provocare effetti tossici acuti in seguito all’aspirazione.
    HP 6 Tossicità acuta rifiuto che può provocare effetti tossici acuti in seguito alla somministrazione per via orale o cutanea, o in seguito all’esposizione per inalazione.

    Caratteristica di pericolo Descrizione
    HP 7 Cancerogeno rifiuto che causa il cancro o ne aumenta l’incidenza.
    HP 8 Corrosivo rifiuto la cui applicazione può provocare corrosione cutanea.
    HP 9 Infettivo rifiuto contenente microrganismi vitali o loro tossine che sono cause note, o a ragion veduta ritenuti tali, di malattie nell’uomo o in altri organismi viventi.
    HP 10 Tossico per la riproduzione rifiuto che ha effetti nocivi sulla funzione sessuale e sulla fertilità degli uomini e delle donne adulti, nonché sullo sviluppo della progenie.
    HP 11 Mutageno rifiuto che può causare una mutazione, ossia una variazione permanente della quantità o della struttura del materiale genetico di una cellula.
    HP 12 Liberazione di gas a tossicità acuta rifiuto che libera gas a tossicità acuta (Acute Tox. 1, 2 o 3) a contatto con l’acqua o con un acido.
    HP 13 Sensibilizzante rifiuto che contiene una o più sostanze note per essere all’origine di effetti di sensibilizzazione per la pelle o gli organi respiratori.
    HP 14 Ecotossico rifiuto che presenta o può presentare rischi immediati o differiti per uno o più comparti ambientali.
    HP 15 Rifiuto che non possiede direttamente una delle caratteristiche di pericolo summenzionate ma può manifestarla successivamente Il rifiuto che contiene una o più sostanze contrassegnate con una delle indicazioni di pericolo o con una delle informazioni supplementari sui pericoli figuranti nella tabella 9 è classificato come rifiuto pericoloso con il codice HP 15, a meno che si presenti sotto una forma tale da non potere in nessun caso manifestare caratteristiche esplosive o potenzialmente esplosive.

    La Decisione n. 955/2014/UE dispone quanto segue per la valutazione delle caratteristiche di pericolo dei rifiuti:

    • per le caratteristiche di pericolo HP 4 (irritante), HP 6 (tossicità acuta) e HP 8 (corrosivo), ai fini della valutazione si applicano i valori soglia per le singole sostanze come indicato nel Regolamento n. 1357/2014/UE. Quando una sostanza è presente nei rifiuti in quantità inferiori al suo valore soglia, non viene presa in considerazione per il calcolo della concentrazione. Laddove una caratteristica di pericolo di un rifiuto è stata valutata sia mediante una prova che utilizzando le concentrazioni di sostanze pericolose come indicato nel Regolamento, prevalgono i risultati della prova.

    • Per alcuni rifiuti l’elenco dei codici prevede i c.d. “codici a specchio”, cioè la possibilità che al rifiuto sia assegnato un codice di rifiuto pericoloso o non pericoloso. In questi casi si applicano le seguenti disposizioni:
      • l’iscrizione di una voce nell’elenco di rifiuti contrassegnata come pericolosa, con un riferimento specifico o generico a “sostanze pericolose”, è opportuna solo quando questo rifiuto contiene sostanze pericolose pertinenti che determinano nel rifiuto una o più delle caratteristiche di pericolo da HP 1 a HP 8 e/o da HP 10 a HP 15 di cui all’Allegato III della Direttiva n. 2008/98/CE (come modificato dal Regolamento UE n. 1357/2014). La valutazione della caratteristica di pericolo HP 9 “infettivo” deve essere effettuata conformemente alla legislazione pertinente o ai documenti di riferimento negli Stati membri.

      • Una caratteristica di pericolo può essere valutata utilizzando la concentrazione di sostanze nei rifiuti, come specificato nell’Allegato III della Direttiva n. 2008/98/CE (come modificato dal Regolamento UE n. 1357/2014) o, se non diversamente specificato nel Regolamento CE n. 1272/2008, eseguendo una prova conformemente al Regolamento CE n. 440/2008 o altri metodi di prova e linee guida riconosciuti a livello internazionale, tenendo conto dell’art. 7 del Regolamento CE n. 1272/2008 per quanto riguarda la sperimentazione animale e umana.

      • I rifiuti contenenti dibenzo-p-diossine e i dibenzofurani policlorurati (PCDD/PCDF), DDT (1,1,1-tricloro-2,2-bis (4-clorofenil)etano), clordano, esaclorocicloesani (compreso il lindano), dieldrin, endrin, eptacloro, esaclorobenzene, clordecone, aldrin, pentaclorobenzene, mirex, toxafene esabromobifenile e/o PCB in quantità superiori ai limiti di concentrazione di cui all’Allegato IV del Regolamento CE n. 850/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio devono essere classificati come pericolosi.

      • I limiti di concentrazione di cui all’Allegato III della Direttiva n. 2008/98/CE (come modificato dal Regolamento UE n. 1357/2014) non sono applicabili alle leghe di metalli puri in forma massiva (non contaminati da sostanze pericolose). I residui di leghe che sono considerati rifiuti pericolosi sono specificamente menzionati nell’elenco di cui all’Allegato alla Decisione n. 955/2014/UE, e contrassegnati con un asterisco (*).

      • Se del caso, al momento di stabilire le caratteristiche di pericolo dei rifiuti si possono prendere in considerazione le seguenti note contenute nell’Allegato VI del Regolamento CE n. 1272/2008:
        • 1.1.3.1. Note relative all’identificazione, alla classificazione e all’etichettatura delle sostanze: note B, D, F, J, L, M, P, Q, R, e U.

        • 1.1.3.2. Note relative alla classificazione e all’etichettatura delle miscele: note 1, 2, 3 e 5.

      • Dopo la valutazione delle caratteristiche di pericolo di un tipo di rifiuti in base a questo metodo, si assegnerà l’adeguata voce di pericolosità o non pericolosità dall’elenco dei rifiuti.

    GIURISPRUDENZA

    In particolare, la giurisprudenza ha posto l’attenzione su:

    Classificazione del rifiuto e principio di precauzione

    Il principio di precauzione deve essere interpretato nel senso che, qualora, dopo una valutazione dei rischi quanto più possibile completa tenuto conto delle circostanze specifiche del caso di specie, il detentore di un rifiuto che può essere classificato sia con codici corrispondenti a rifiuti pericolosi sia con codici corrispondenti a rifiuti non pericolosi si trovi nell’impossibilità pratica di determinare la presenza di sostanze pericolose o di valutare le caratteristiche di pericolo che detto rifiuto presenta, quest’ultimo deve essere classificato come rifiuto pericoloso:

    • Corte di Giustizia EU, sez. X, 28 marzo 2019

    • Cass., sez. III, n. 42788/2019

    Nota: ai fini dell’attribuzione della caratteristica di pericolo HP14 “Ecotossico”, è necessario tenere conto delle specifiche disposizioni contenute nel Regolamento UE n. 2017/997 (che ha modificato l’Allegato III della Direttiva n. 2008/98/CE), in vigore dal 5 luglio 2018. Si veda anche la circolare del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 3222 del 28 febbraio 2018.

    Tutte le altre voci dell’elenco di rifiuti sono considerate rifiuti non pericolosi.

    
Nota: il 9 aprile 2018 è stata pubblicata la Comunicazione 2018/C 124/01 della Commissione europea contenente interessanti orientamenti tecnici sulla corretta interpretazione e applicazione della normativa UE in materia di classificazione dei rifiuti, e, in particolare, in merito all’identificazione delle caratteristiche di pericolo. La comunicazione è strutturata in capitoli ed allegati, come di seguito descritto:

    – capitolo 1: fornisce un contesto generale per la classificazione dei rifiuti, e istruzioni su come leggere gli orientamenti;

    – capitolo 2: presenta brevemente le parti pertinenti della normativa UE in materia di rifiuti, sottolineandone la rilevanza per la definizione e la classificazione dei rifiuti (pericolosi);

    – capitolo 3: presenta le fasi generali della classificazione dei rifiuti evidenziando i concetti fondamentali.

    Gli allegati contengono le informazioni dettagliate relative agli aspetti specifici:

    – Allegato I: informazioni sull’elenco dei rifiuti e sulla selezione delle voci appropriate dell’elenco dei rifiuti;

    – Allegato II: le diverse fonti di informazione sulle sostanze pericolose e la loro classificazione;

    – Allegato III: principi per la valutazione delle singole caratteristiche di pericolo da HP 1 a HP 15;

    – Allegato IV: riprende i concetti fondamentali e fa riferimento alle norme e ai metodi disponibili per quanto concerne il campionamento dei rifiuti e le analisi chimiche dei rifiuti.

    Con decreto direttoriale 9 agosto 2021, n. 47, sono state approvate le Linee guida sulla classificazione dei rifiuti emesse da SNPA (Sistema nazionale per la protezione e la ricerca ambientale) con delibera del 18 maggio 2021, e previste dall’art. 184, D.Lgs. n. 152/2006, come modificato dal D.Lgs. n. 116/2020. Come indicato nel medesimo articolo, sulla base di tali Linee guida il produttore del rifiuto effettua la corretta attribuzione dei codici dei rifiuti e delle caratteristiche di pericolo.

    Ai sensi dell’art. 184 del D.Lgs. n. 152/2006, la declassificazione da rifiuto pericoloso a rifiuto non pericoloso non può essere ottenuta attraverso una diluizione o una miscelazione del rifiuto che comporti una riduzione delle concentrazioni iniziali di sostanze pericolose sotto le soglie che definiscono il carattere pericoloso del rifiuto.

    Nota: si osserva che, per quanto i rifiuti non rientrino nel campo di applicazione del Regolamento CE n. 1272/2008 relativo alla classificazione, etichettatura ed imballaggio di sostanze e miscele pericolose (maggiori dettagli nel capitolo 14 del presente manuale), la normativa ambientale che disciplina i rifiuti contiene rimandi a tale Regolamento ai fini della valutazione della pericolosità dei rifiuti stessi.

    APPROFONDIMENTI

    • AMBIENTE & SVILUPPO 8-9/2021: “La relatività di concetto di rifiuto e di pericolosità”, di Roberta Bianchi

    • AMBIENTE & SVILUPPO 8-9/2019: “Sui rifiuti con codice a specchio: cronistoria di un dibattito processuale”, di Franco Giampietro

    • AMBIENTE & SVILUPPO7/2018: “Al via le nuove norme sulla caratteristica di pericolo Hp14 (“Ecotossico”) per i rifiuti: ecco le novità, e qualche riflessione ‘a laterè”, di Alberto Muratori

    • AMBIENTE & SVILUPPO 2/2023: “Rifiuti da costruzione e demolizione con esame di riparazione a maggio”, di Massimo Medugno e Tiziana Ronchetti

    € SANZIONI

    Art. 258, comma 4 (terzo periodo), D.Lgs. n. 152/2006: chiunque nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti è punito con la pena di cui all’art. 483 del cod. pen.

    Art. 258, comma 4 (terzo periodo), D.Lgs. n. 152/2006: chiunque fa uso di un certificato falso durante il trasporto è punito con la pena di cui all’art. 483 del cod. pen.

    8.3.2 Sottoprodotto

    8.3.2Sottoprodotto

    La normativa (art. 184-bis, D.Lgs. n. 152/2006) definisce nel modo seguente le condizioni in base alle quali una sostanza od oggetto è un sottoprodotto e non un rifiuto:

    • la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;

    • è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;

    • la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;

    • l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.

    Se tutte le condizioni sopra riportate sono soddisfatte, la sostanza od oggetto non è assoggettata alla normativa in materia di rifiuti in quanto è legittimo considerarlo sottoprodotto.

    Nota: l’art. 184-bis del D.Lgs. n. 152/2006 stabilisce che, sulla base delle condizioni di cui sopra, possono essere adottate (mediante uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare) misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti garantendo un elevato livello di protezione dell’ambiente e della salute umana favorendo, altresì, l’utilizzazione attenta e razionale delle risorse naturale dando priorità alle pratiche replicabili di simbiosi industriale.

    Il D.M. n. 264/2016, in vigore dal 2 marzo 2017, definisce alcune modalità con le quali il detentore può dimostrare che sono soddisfatte le condizioni generali di cui all’art. 184-bis del D.Lgs. n. 152/2006. Il Decreto definisce alcune modalità per provare la sussistenza delle circostanze di cui ai punti da a) a d) sopra riportati, fatta salva la possibilità di dimostrare, con ogni mezzo ed anche con modalità e con riferimento a sostanze ed oggetti diversi da quelli precisati nel Decreto, o che soddisfano criteri differenti, che una sostanza o un oggetto derivante da un ciclo di produzione non è un rifiuto, ma un sottoprodotto.

    Nota: come ribadito dalla circolare ministeriale n. 3084 del 3 marzo 2017, il D.M. n. 264/2017 contiene “criteri indicativi per agevolare la sussistenza dei requisiti” previsti dall’art. 184-bis del D.Lgs. n. 152/2006, rimanendo proprio l’art. 184-bis la norma che rappresenta la disciplina sostanziale per la legittimità della gestione dei sottoprodotti. Inoltre, lo stesso D.M. n. 264/2016, come sopra riportato, dice chiaramente che le modalità indicate non hanno carattere esclusivo, dato che è sempre ammessa la possibilità di ricorrere a modalità differenti. La circolare sottolinea, inoltre, il fatto che “la possibilità di gestire un residuo quale sottoprodotto e non come rifiuto, dunque, non dipende in alcun modo, né in positivo né in negativo, dalla esistenza della documentazione probatoria prevista nel Decreto né - tantomeno, dalla iscrizione nell’elenco istituito presso le Camere di Commercio (omissis)”.

    Nota: nel Decreto è utilizzata l’espressione “residuo di produzione”, definita come segue: “ogni materiale o sostanza che non è deliberatamente prodotto in un processo di produzione e che può essere o non essere un rifiuto”.

    Di seguito si riporta una descrizione delle indicazioni operative contenute nel D.M. n. 264/2016, e riferite alle condizioni previste dall’art. 184-bis del D.Lgs. n. 152/2006:

    CERTEZZA DELL’UTILIZZO

    Il requisito della certezza dell’utilizzo deve essere dimostrato dal momento della produzione del residuo fino al momento dell’impiego dello stesso. Il produttore e il detentore, ciascuno per quanto di propria competenza, assicurano l’organizzazione e la continuità di un sistema di gestione (incluse le fasi di deposito e trasporto), che, per tempi e per modalità, consente l’identificazione e l’utilizzazione effettiva del sottoprodotto. In particolare, la certezza dell’utilizzo (fatti salvi gli accertamenti delle specifiche circostanze di fatto, da valutare caso per caso) è dimostrata dall’analisi di:

    • modalità organizzative del ciclo di produzione;

    • caratteristiche o documentazione relative alle attività dalle quali originano i materiali impiegati;

    • caratteristiche o documentazione relative al processo di destinazione;

    ponendo attenzione alla congruità tra la tipologia, la quantità e la qualità dei residui da impiegare e l’utilizzo previsto per gli stessi.

    Nel caso di utilizzo di un residuo in un ciclo di produzione diverso da quello da cui è originato l’attività o l’impianto in cui il residuo deve essere utilizzato deve essere individuato o individuabile già al momento della produzione dello stesso. A tal fine, costituisce elemento di prova l’esistenza di rapporti o impegni contrattuali tra il produttore del residuo, eventuali intermediari e gli utilizzatori, dai quali si evincano le informazioni relative alle caratteristiche tecniche dei sottoprodotti, alle relative modalità di utilizzo e alle condizioni della cessione che devono risultare vantaggiose e assicurare la produzione di una utilità economica o di altro tipo. Nel caso in cui non siano disponibili tali documenti, la certezza dell’utilizzo e l’intenzione di non disfarsi del residuo sono dimostrati attraverso la compilazione della “scheda tecnica”, che contiene le informazioni di cui all’Allegato II (vedere nota sotto riportata).

    Deposito e movimentazione: fino al momento dell’impiego del sottoprodotto, il deposito ed il trasporto sono effettuati nel rispetto delle specifiche norme tecniche, se disponibili, e delle regole di buona pratica, evitando spandimenti accidentali e la contaminazione delle matrici ambientali e in modo da prevenire e minimizzare la formazione di emissioni diffuse e la diffusione di odori. Nelle fasi di deposito e trasporto del sottoprodotto sono garantite:

    • la separazione dei sottoprodotti da rifiuti, prodotti, o oggetti, o sostanze con differenti caratteristiche chimico fisiche, o destinati a diversi utilizzi;

    • l’adozione delle cautele necessarie ad evitare l’insorgenza di qualsiasi problematica ambientale, o sanitaria, nonché fenomeni di combustione, o la formazione di miscele pericolose, o esplosive;

    • l’adozione delle cautele necessarie ad evitare l’alterazione delle proprietà chimico-fisiche del sottoprodotto, o altri fenomeni che possano pregiudicarne il successivo impiego;

    • la congruità delle tempistiche e delle modalità di gestione, considerate le peculiarità e le caratteristiche del sottoprodotto, nel rispetto di quanto indicato nella scheda tecnica di cui all’Allegato II.

    A seguito della predisposizione della scheda tecnica e della sottoscrizione della dichiarazione di conformità di cui all’Allegato II, il deposito ed il trasporto possono essere effettuati anche accumulando sottoprodotti provenienti da diversi impianti o attività, purché abbiano le medesime caratteristiche e non ne vengano alterati i requisiti che ne garantiscono l’utilizzo ai sensi del D.M. n. 264/2016.

    Nota: ai sensi dell’Allegato II, la scheda tecnica deve contenere la data di emissione, i dati relativi all’anagrafica del produttore (denominazione sociale, indirizzo), i dati relativi all’impianto di produzione (indirizzo, autorizzazione, descrizione del processo di produzione, indicazione dei materiali in uscita dal processo), informazioni sul sottoprodotto (tipologia e caratteristiche, conformità rispetto all’impiego previsto), informazioni sulla destinazione del sottoprodotto (tipologia di attività e impianti di utilizzo, impianto o attività di destinazione), informazioni sui tempi e modalità di deposito e movimentazione (ad es. tempo massimo previsto per il deposito). Le schede tecniche sono numerate, vidimate e gestite con le procedure e le modalità fissate dalla normativa sui registri IVA. Gli oneri connessi alla tenuta delle schede si intendono correttamente adempiuti anche qualora sia utilizzata carta formato A4, regolarmente vidimata e numerata. Le schede sono vidimate, senza oneri economici, dalle Camere di commercio territorialmente competenti.

    Nota: la responsabilità del produttore o del cessionario in relazione alla gestione del sottoprodotto è limitata alle fasi precedenti alla consegna dello stesso all’utilizzatore o a un intermediario. In caso di impiego da parte del produttore medesimo, lo stesso conserva la responsabilità per la gestione del sottoprodotto nella fase di utilizzo.

    UTILIZZO DIRETTO SENZA TRATTAMENTI DIVERSI DALLA NORMALE PRATICA INDUSTRIALE

    Non costituiscono normale pratica industriale i processi e le operazioni necessari per rendere le caratteristiche ambientali della sostanza o dell’oggetto idonee a soddisfare, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e a non portare a impatti complessivi negativi sull’ambiente. Rientrano, in ogni caso, nella normale pratica industriale le attività e le operazioni che costituiscono parte integrante del ciclo di produzione del residuo, anche se progettate e realizzate allo specifico fine di rendere le caratteristiche ambientali o sanitarie della sostanza o dell’oggetto idonee a consentire e favorire, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e a non portare ad impatti complessivi negativi sull’ambiente. In Allegato I al D.M. n. 264/2016 sono indicate, per specifiche categorie di residui produttivi, una serie di operazioni e di attività che possono costituire normali pratiche industriali.

    REQUISITI DI IMPIEGO E DI QUALITÀ AMBIENTALE

    Nella scheda tecnica di cui all’Allegato II del D.M. n. 264/2016 sono contenute anche le informazioni necessarie a consentire la verifica delle caratteristiche del residuo e la conformità dello stesso rispetto al processo di destinazione e all’impiego previsto. In caso di cessione del sottoprodotto, sarà predisposta un’apposita dichiarazione, sottoscritta in base al modello di cui all’Allegato II, attestante la conformità del sottoprodotto rispetto a quanto indicato nella scheda tecnica. In caso di modifiche sostanziali del processo di produzione o di destinazione, tali da comportare variazioni delle informazioni rese, dovrà essere sottoscritta una nuova dichiarazione di conformità.

    ✔ ESEMPIO: SCHEDA TECNICA DI CUI ALL’ALLEGATO II D.M. n. 264/2016

    NUMERO DI RIFERIMENTO: DATA DI EMISSIONE:
    ANAGRAFICA DEL PRODUTTORE:
    Denominazione sociale - CF/P.IVA:
    Indirizzo della sede legale e della sede operativa:
    IMPIANTO DI PRODUZIONE
    Indirizzo:
    Autorizzazione / Ente rilasciante Data di rilascio:
    Descrizione e caratteristiche del processo di produzione:
    Indicazione dei materiali in uscita dal processo di produzione (prodotti, residui e rifiuti):
    INFORMAZIONI SUL SOTTOPRODOTTO
    Tipologia e caratteristiche del sottoprodotto e modalità di produzione:
    Conformità del sottoprodotto rispetto all’impiego previsto:
    DESTINAZIONE DEL SOTTOPRODOTTO
    Tipologia di attività o impianti di utilizzo idonei ad utilizzare il residuo:
    Impianto o attività o di destinazione:
    Riferimenti di eventuali intermediari:
    TEMPI E MODALITÀ DI DEPOSITO E MOVIMENTAZIONE
    Modalità di raccolta e deposito del sottoprodotto:
    Indicazione del luogo e delle caratteristiche del deposito e di eventuali depositi intermedi:
    Tempo massimo previsto per il deposito a partire dalla produzione fino all’impiego definitivo:
    Modalità di trasporto:
    ORGANIZZAZIONE E CONTINUITÀ DEL SISTEMA DI GESTIONE
    Descrizione delle tempistiche e delle modalità di gestione finalizzate ad assicurare l’identificazione e l’utilizzazione effettiva del sottoprodotto:
    Luogo e data (gg/mm/aaaa)... Sottoscrizione:
    DICHIARAZIONE DI CONFORMITÀ
    Esatta ed univoca denominazione del sottoprodotto:

    Tipologia del sottoprodotto e descrizione:
    Indicazione della tipologia di attività o impianti idonei ad utilizzare il residuo:
    Eventuali riferimenti normativi che disciplinano le caratteristiche di impiego del sottoprodotto:
    Dichiarazione che il residuo è conforme alla scheda tecnica:
    Luogo e data (gg/mm/aaaa)... Sottoscrizione:

    Il D.M. n. 264/2016 stabilisce, inoltre, quanto segue:

    • il produttore e l’utilizzatore del sottoprodotto si iscrivono, senza alcun onere economico, in apposito elenco pubblico istituito presso le Camere di commercio territorialmente competenti per favorire lo scambio e la cessione dei sottoprodotti. Dal 12 giugno 2017 è attivo l’Elenco sottoprodotti: l’accesso all’elenco, sia per la presentazione della pratica sia per la consultazione delle imprese iscritte, avviene dal sito www.elencosottoprodotti.it;

    • il soggetto che si avvale delle disposizioni contenute nel D.M. n. 264/2016 conserva per tre anni e rende disponibile all’autorità di controllo la documentazione prevista dal Decreto stesso (si veda quanto sopra riportato);

    • in Allegato I al D.M. n. 264/2016 è riportato, per specifiche categorie di residui produttivi, un elenco delle principali norme che regolamentano l’impiego dei residui medesimi.

    Nota: il D.M. n. 74/2019 introduce modifiche ed integrazioni alla Sezione 4, Parte II, Allegato X, Parte Quinta, D.Lgs. n. 152/2006 che forniscono indicazioni sull’individuazione della farina di vinaccioli (ottenuta dalla disoleazione dei vinaccioli) come sottoprodotto ai sensi dell’art. 184-bis, D.Lgs. n. 152/2006.

    GIURISPRUDENZA

    In particolare, la giurisprudenza pone l’attenzione su:

    Sottoprodotto o rifiuto

    La “normale pratica industriale “ricomprende tutti quei trattamenti o interventi (non di trasformazione o di recupero completo) i quali non incidono o fanno perdere al materiale la sua identità e le caratteristiche merceologiche e di qualità ambientale che esso già possiede - come prodotto industriale (all’esito del processo di lavorazione della materia prima) o come sottoprodotto (fin dalla sua origine, in quanto residuo produttivo) - ma che si rendono utili o funzionali per il suo ulteriore e specifico utilizzo, presso il produttore o presso altri utilizzatori (anche in altro luogo e in distinto processo produttivo), come le operazioni di: lavaggio, essiccazione, selezione, cernita, vagliatura, macinazione, frantumazione, ecc. In definitiva, il sottoprodotto non necessita di essere sottoposto al trattamento di recupero, altrimenti non rivestirebbe le caratteristiche merceologiche e ambientali che lo connotano sin dall’origine, e che lo qualificano come tale, contrapponendolo e distinguendolo dal “rifiuto” (soggetto a trattamento di recupero, proprio perché, come “residuo produttivo”, non possiede dette caratteristiche di qualità). Ma, al contempo, non è più richiesto, in modo rigoroso che il sottoprodotto sia utilizzato “tal quale” in quanto sono permessi trattamenti minimi, rientranti nella normale pratica industriale, come sopra identificata. Ove i residui della produzione industriale siano “ab origine” classificati da chi li produce come rifiuti, gli stessi devono ritenersi sottratti alla normativa derogatoria prevista per i sottoprodotti come definiti dall’art. 183, comma 1, lett. n), D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (oggi, art. 184-bis, D.Lgs. n. 152/2006), in quanto la classificazione operata dal produttore esprime quella volontà di disfarsi degli stessi idonea a qualificarli come “rifiuti” in base all’art. 183, comma 1, lett. a) del citato Decreto legislativo:

    • Cass., sez. III, n. 40109/2015

    Il fatto che un rifiuto sia ceduto ad altra società dietro fatturato pagamento di denaro non risulta sufficiente per escludere la natura di rifiuto, che, una volta acquisita in forza di elementi positivi (oggetto di cui il detentore si disfi, abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi, quale residuo di produzione) e negativi (assenza dei requisiti di sottoprodotto, ai sensi dell’art. 184-bis sopra citato), non vien certo perduta in ragione di un mero accordo con terzi ostensibile all’autorità (oppure creato proprio a tal fine), come se il negozio giuridico riguardasse l’oggetto stesso della produzione e non - come in effetti - proprio un rifiuto. Ciò, peraltro, a prescindere dal “valore” economico o commerciale di questo, specie nell’ottica di chi in tal modo ne entra in possesso a seguito di un accordo di natura privatistica:

    • Cass., sez. III, n. 5442/2017

    La natura di rifiuto, una volta acquisita in forza di elementi positivi (oggetto di cui il detentore si disfi, abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi, quale residuo di produzione) e negativi (assenza dei requisiti di sottoprodotto, ai sensi dell’art. 184-bis sopra citato), invero ravvisabili nel caso di specie, non vien certo perduta in ragione di un mero accordo con terzi ostensibile all’autorità (oppure creato proprio a tal fine), in questo caso sub specie di cessione a titolo oneroso, come se il negozio giuridico riguardasse l’oggetto stesso della produzione e non - come in effetti - proprio un rifiuto. Ciò, peraltro, a prescindere dal “valore” economico o commerciale di questo, specie nell’ottica di chi in tal modo ne entra in possesso a seguito di un accordo di natura privatistica:

    • Cass., sez. III, n. 46586/2019

    In materia di gestione dei rifiuti, ai fini della qualificazione come sottoprodotto di sostanze e materiali incombe sull’interessato l’onere di fornire la prova che un determinato materiale sia destinato con certezza ed effettività, e non come mera eventualità, a un ulteriore utilizzo; in definitiva, venendo in rilievo una disciplina avente natura eccezionale e derogatoria rispetto a quella ordinaria, la dimostrazione della sussistenza delle condizioni previste per la sua operatività è carico dell’imputato:

    • Cass., sez. III, n. 11065/2022

    APPROFONDIMENTI

    • AMBIENTE & SVILUPPO 2/2019: “I sottoprodotti dopo la Direttiva n. 2018/851/UE, tra persistenti incertezze definitorie e nuove prospettive”, di Alfredo Scialò

    • AMBIENTE & SVILUPPO 7/2023: “Il digestato all’esame della Cassazione tra sottoprodotti e rifiuti”, di Vincenzo Paone

    8.3.3 Cessazione della qualifica di rifiuto

    8.3.3Cessazione della qualifica di rifiuto

    Un rifiuto cessa di essere tale, come stabilito dall’art. 184-ter del D.Lgs. n. 152/2006, quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio, e soddisfa i criteri specifici, che devono essere adottati nel rispetto delle seguenti condizioni:

    • la sostanza o l’oggetto sono destinati a essere utilizzati per scopi specifici;

    • esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;

    • la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;

    • l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

    Nota: la condizione di cui alla lett. a) sopra riportata è stata modificata dal D.L. n. 101/2019 (recepito con modifiche dalla Legge n. 128/2019); precedentemente la condizione era così espressa: “la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici”.

    L’operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle condizioni sopra elencate.

    Ai fini di una corretta gestione, è necessario tenere conto del fatto che la normativa in materia di gestione dei rifiuti continua ad applicarsi fino alla cessazione della qualifica di rifiuto.

    I criteri di cui sopra sono adottati secondo le seguenti modalità, gerarchicamente ordinate:

    • in conformità alla normativa comunitaria;

    • in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare.

    I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente della sostanza o dell’oggetto.

    Si evidenzia che l’art. 184-ter, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006 (come modificato dalla Legge n. 128/2019 che converte il D.L. n. 101/2019), stabilisce che, in mancanza dei criteri di cui ai due punti precedenti, le autorizzazioni di cui agli art. 208, 209 e 211, D.Lgs. n. 152/2006 e di cui al titolo III-bis della parte seconda del medesimo Decreto, per lo svolgimento di operazioni di recupero ai sensi dell’art. 184-ter, sono rilasciate o rinnovate nel rispetto delle condizioni di cui all’art. 6, par. 1, Direttiva n. 2008/98/CE, e sulla base di criteri dettagliati, definiti nell’ambito dei medesimi procedimenti autorizzatori previo parere obbligatorio e vincolante (come stabilito dal D.L. n. 77/2021, convertito dalla Legge n. 108/2021) dell’ISPRA o dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale territorialmente competente.

    Nota: il comma 3 dell’art. 184-ter specifica che i criteri di cui tener conto nell’ambito dei procedimenti autorizzatori sono:

    • materiali di rifiuto in entrata ammissibili ai fini dell’operazione di recupero;

    • processi e tecniche di trattamento consentiti;

    • criteri di qualità per i materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuto ottenuti dall’operazione di recupero in linea con le norme di prodotto applicabili, compresi i valori limite per le sostanze inquinanti, se necessario;

    • requisiti affinché i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuto, compresi il controllo della qualità, l’automonitoraggio e l’accreditamento, se del caso;

    • un requisito relativo alla dichiarazione di conformità.

    Nota: la Legge n. 128/2019 che contiene conversione in legge con modifiche del D.L. n. 101/2019, e che introduce rilevanti modifiche all’art. 184-ter, D.Lgs. n. 152/2006, è entrata in vigore il 3 novembre 2019. Si rimanda a tale norma per ulteriori dettagli sulla disciplina della cessazione di qualifica di rifiuto, ed in particolare alle disposizioni previste per i titolari delle autorizzazioni a seguito di entrata in vigore della normativa che detta i criteri specifici (ai sensi dell’art. 184-ter, comma 2, D.Lgs. n. 152/2006).

    Con riferimento alle procedure semplificate per il recupero dei rifiuti, in mancanza di criteri specifici adottati ai sensi di quanto sopra illustrato, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al D.M. 5 febbraio 1998, al D.M. n. 161/2002 e al D.M. n. 269/2005.

    Il D.Lgs. n. 116/2020 ha inserito all’interno dell’art. 184-ter, D. Lgs. n. 152/2006 un’ulteriore disposizione che, di fatto, raccorda la normativa sui rifiuti con la normativa vigente sulle sostanze chimiche e sui prodotti che le contengono. In particolare è previsto che la persona fisica o giuridica che utilizza, per la prima volta, un materiale che ha cessato di essere considerato rifiuto e che non è stato immesso sul mercato o che immette un materiale sul mercato per la prima volta dopo che cessa di essere considerato rifiuto, provvede affinché il materiale soddisfi i pertinenti requisiti ai sensi della normativa applicabile in materia di sostanze chimiche e prodotti collegati. Ai sensi di questa nuova disposizione, le condizioni di cui all’art. 184-ter, comma 1 (si veda sopra lettere a), b), c) e d)) devono essere soddisfatte prima che la normativa sulle sostanze chimiche e sui prodotti si applichi al materiale che ha cessato di essere considerato un rifiuto. Tali modifiche sono in vigore dal 26 settembre 2020.

    Nota: ai sensi dell’art. 184-ter, D.Lgs. n. 152/2006 è istituito presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare il registro nazionale per la raccolta delle autorizzazioni rilasciate e delle procedure semplificate concluse. Le modalità organizzazione e di funzionamento di tale registro (denominato “REcer”) sono state definite attraverso il D.M. 21 aprile 2020, che prevede che l’effettiva operatività del REcer sia comunicata con apposito link sul sito web del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (fino all’effettiva operatività del REcer, la trasmissione delle autorizzazioni è effettuata nel rispetto delle modalità di cui al comma 3-bis dell’art. 184-ter, D.Lgs. n. 152/2006). Il MITE, attraverso il Comunicato ufficiale del 16 settembre 2021, ha fornito informazioni sulla data (30 settembre 2021) a decorrere dalla quale il REcer è pienamente operativo.

    APPROFONDIMENTI

    • AMBIENTE & SVILUPPO 10/2020: “Sottoprodotti e cessazione della qualifica di rifiuto: quali novità con il D.Lgs. n. 116/2020?”, di Valentina Cavanna

    • AMBIENTE & SVILUPPO 3/2020: “L’irrituale riscrittura dell’art. 184-ter del TUA e le linee guida SNPA riaprono all’EoW accertata dalle Regioni”, di Alberto Muratori

    • AMBIENTE & SVILUPPO 2/2019: “Autorizzazioni End of waste: lo sblocco arriva dalla conversione del Decreto ‘Salva imprese”, di Alberto Muratori

    GIURISPRUDENZA

    In particolare, la giurisprudenza pone l’attenzione su:

    Quando un bene cessa di essere rifiuto

    La cessazione della qualifica di rifiuto di un materiale, anche a seguito dell’abrogazione dell’art. 181-bis del D.Lgs. n. 152/2006 e dell’introduzione dell’art. 184-ter del medesimo D.Lgs., ad opera, rispettivamente, degli artt. 39 e 12, D.Lgs. n. 205/2010, presuppone necessariamente una pregressa attività di recupero dello stesso. (Fattispecie nella quale la Corte ha annullato la decisione impugnata che aveva escluso la qualifica di rifiuto speciale pericoloso con riferimento al “pastello di piombo”, in mancanza di accertamenti sulla sottoposizione del prodotto ad una operazione di recupero secondo i parametri previsti dalla specifica normativa in vigore, rappresentata dal D.M. n. 161/2002):

    • Cass., sez. III, n. 41075/2015

    Nei paragrafi successivi si riporta un’analisi operativa dei casi di cessazione della qualifica di rifiuto attualmente disciplinati da normativa specifica.

    ➔ Materiali di dragaggio

    Come previsto dall’art. 184-quater del D.Lgs. n. 152/2006 (modificato dal D.L. n. 181/2023, che è stato convertito dalla L. n. 11/2024), i materiali dragati sottoposti ad operazioni di recupero in casse di colmata o in altri impianti autorizzati ai sensi della normativa vigente, cessano di essere rifiuti se, all’esito delle operazioni di recupero (che possono consistere anche in operazioni di cernita e selezione) sono soddisfatti i seguenti requisiti e condizioni:

    • non superano i valori delle concentrazioni soglia di contaminazione di cui alle colonne A e B della tabella 1 dell’Allegato V al Titolo V della Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006, con riferimento alla destinazione urbanistica del sito di utilizzo, o, in caso di utilizzo diretto in un ciclo produttivo, rispondono ai requisiti tecnici di cui alla seguente lett. b), secondo periodo;

    • è certo il sito di destinazione e sono utilizzati direttamente, anche a fini del riuso o rimodellamento ambientale, senza rischi per le matrici ambientali interessate e in particolare senza determinare contaminazione delle acque sotterranee e superficiali. In caso di utilizzo diretto in un ciclo produttivo, devono, invece, rispettare i requisiti tecnici per gli scopi specifici individuati, la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti e alle materie prime, e in particolare non devono determinare emissioni nell’ambiente superiori o diverse qualitativamente da quelle che derivano dall’uso di prodotti e di materie prime per i quali è stata rilasciata l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto.

    Nota: al fine di escludere rischi di contaminazione delle acque sotterranee, i materiali di dragaggio destinati all’utilizzo in un sito devono essere sottoposti a test di cessione secondo le metodiche e i limiti di cui all’Allegato III del D.M. Ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998. L’autorità competente può derogare alle concentrazioni limite di cloruri e di solfati qualora i materiali di dragaggio siano destinati ad aree prospicenti il litorale e siano compatibili con i livelli di salinità del suolo e della falda.

    Il produttore o il detentore predispongono una dichiarazione di conformità da cui risultino, oltre ai dati del produttore, o del detentore e dell’utilizzatore, la tipologia e la quantità dei materiali oggetto di utilizzo, le attività di recupero effettuate, il sito di destinazione e le altre modalità di impiego previste e l’attestazione che sono rispettati i criteri di cui al presente articolo.

    La dichiarazione di conformità è presentata all’autorità competente per il procedimento di recupero e all’ARPA nel cui territorio è localizzato il sito di destinazione o il ciclo produttivo di utilizzo, trenta giorni prima dell’inizio delle operazioni di conferimento. Tutti i soggetti che intervengono nel procedimento di recupero e di utilizzo dei materiali di cui sopra conservano una copia della dichiarazione per almeno un anno dalla data del rilascio, mettendola a disposizione delle autorità competenti che la richiedano.

    Entro 30 giorni dalla comunicazione della dichiarazione di conformità, l’autorità competente per il procedimento di recupero verifica il rispetto dei requisiti e delle procedure disciplinate dall’art. 184-quater del D.Lgs. n. n. 152/2006 e, qualora rilevi difformità o violazioni degli stessi, ordina il divieto di utilizzo dei materiali che restano assoggettati al regime dei rifiuti.

    I materiali che cessano di essere rifiuti ai sensi di quanto indicato, durante la movimentazione sono accompagnati dalla dichiarazione di conformità e dal documento di trasporto o da copia del contratto di trasporto redatto in forma scritta di cui all’art. 6, D.Lgs. 21 novembre 2005, n. 286.

    ➔ Rottami metallici

    Il Regolamento UE n. 333/2011 definisce i criteri che determinano quando cessano di essere considerati rifiuti i rottami di ferro, acciaio e alluminio, inclusi i rottami di leghe di alluminio, definiti come segue del Regolamento stesso:

    • “rottami di ferro e acciaio”, i rottami metallici costituiti principalmente da ferro e acciaio;

    • “rottami di alluminio”, i rottami metallici costituiti principalmente da alluminio e leghe di alluminio.

    Ai fini di una corretta comprensione delle disposizioni del Regolamento, si riportano anche le altre definizioni contenute nello stesso:

    • “detentore”, la persona fisica o giuridica che è in possesso dei rottami metallici;

    • “produttore”, il detentore che cede ad un altro detentore rottami metallici che per la prima volta hanno cessato di essere considerati rifiuti;

    • “importatore”, qualsiasi persona fisica o giuridica stabilità nell’Unione che introduce nel territorio doganale dell’Unione rottami metallici che hanno cessato di essere considerati rifiuti;

    • “personale qualificato”, personale che, per esperienza o formazione, ha le competenze per controllare e valutare le caratteristiche dei rottami metallici;

    • “controllo visivo”, il controllo dei rottami metallici che investe tutte le parti di una partita e impiega le capacità sensoriali umane o qualsiasi apparecchiatura non specializzata;

    • “partita”, un lotto di rottami metallici destinato ad essere spedito da un produttore ad un altro detentore e che può essere contenuto in una o più unità di trasporto, ad esempio contenitori.

    I rottami cessano di essere considerati rifiuti allorché, all’atto della cessione dal produttore ad un altro detentore, sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

    ROTTAMI DI FERRO E ACCIAIO
    i. i rifiuti utilizzati come materiale dell’operazione di recupero soddisfano i criteri di cui al punto 2 dell’Allegato I del Regolamento;
    ii. i rifiuti utilizzati come materiale dell’operazione di recupero sono stati trattati in conformità dei criteri di cui al punto 3 dell’Allegato I del Regolamento relativi ai processi e tecniche di trattamento;
    iii. i rottami di ferro e acciaio ottenuti dall’operazione di recupero soddisfano i criteri di cui al punto 1 dell’Allegato I (qualità dei rottami) del Regolamento.
    ROTTAMI DI ALLUMINIO (inclusi i rottami delle leghe di alluminio)
    i. i rifiuti utilizzati come materiale dell’operazione di recupero soddisfano i criteri di cui al punto 2 dell’Allegato II del Regolamento;
    ii. i rifiuti utilizzati come materiale dell’operazione di recupero sono stati trattati in conformità dei criteri di cui al punto 3 dell’Allegato II del Regolamento;
    iii. i rottami di alluminio ottenuti dall’operazione di recupero soddisfano i criteri di cui al punto 1 dell’Allegato II (qualità dei rottami) del Regolamento.
    In aggiunta ai requisiti di cui sopra, per entrambe le tipologie di rottami va rispettato quanto segue:
    – il produttore ha predisposto una dichiarazione di conformità per ciascuna partita di rottami metallici; tale dichiarazione è trasmessa al detentore successivo della partita di rottami metallici. Il produttore o l’importatore conserva una copia della dichiarazione di conformità per almeno un anno dalla data del rilascio mettendola a disposizione delle autorità competenti che la richiedano;
    – il produttore applica un sistema di gestione della qualità atto a dimostrare la conformità ai criteri di cui sopra.
    L’art. 6 del Regolamento fornisce indicazioni sulle caratteristiche del sistema di gestione. È previsto che un organismo esterno (con determinati requisiti) accerti periodicamente che il sistema qualità soddisfa le disposizioni stabilite dal Regolamento.

    ➔ Rottami di rame

    Il Regolamento UE n. 715/2013 definisce i criteri che determinano quando i rottami di rame cessano di essere considerati rifiuti. Oltre alle definizioni di cui alla normativa vigente in materia di rifiuti, si applicano le seguenti definizioni:

    • “rottami di rame”, i rottami metallici costituiti principalmente da rame e leghe di rame;

    • “detentore”, la persona fisica o giuridica che è in possesso dei rottami di rame;

    • “produttore”, il detentore che cede ad un altro detentore rottami di rame che per la prima volta hanno cessato di essere considerati rifiuti;

    • “importatore”, qualsiasi persona fisica o giuridica stabilità nell’Unione che introduce nel territorio doganale dell’Unione rottami di rame che hanno cessato di essere considerati rifiuti;

    • “personale qualificato”, personale che, per esperienza o formazione, ha le competenze per controllare e valutare le caratteristiche dei rottami di rame;

    • “controllo visivo”, il controllo dei rottami di rame che investe tutte le parti di una partita e impiega le capacità sensoriali umane o qualsiasi apparecchiatura non specializzata;

    • “partita”, un lotto di rottami di rame destinato ad essere spedito da un produttore ad un altro detentore e che può essere contenuto in una o più unità di trasporto, ad esempio contenitori.

    I rottami di rame cessano di essere considerati rifiuti allorché, all’atto della cessione dal produttore ad un altro detentore, sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

    – i rifiuti utilizzati come materiale dell’operazione di recupero soddisfano i criteri di cui al punto 2 dell’Allegato I del Regolamento;

    – i rifiuti utilizzati come materiale dell’operazione di recupero sono stati trattati in conformità dei criteri di cui al punto 3 dell’Allegato I del Regolamento relativi ai processi e tecniche di trattamento;

    – i rottami ottenuti dall’operazione di recupero soddisfano i criteri di cui al punto 1 dell’Allegato I (qualità dei rottami) del Regolamento;

    – il produttore ha predisposto una dichiarazione di conformità per ciascuna partita di rottami di rame; tale dichiarazione è trasmessa al detentore successivo della partita di rottami di rame. Il produttore o l’importatore conserva una copia della dichiarazione di conformità per almeno un anno dalla data del rilascio mettendola a disposizione delle autorità competenti che la richiedano;

    – il produttore applica un sistema di gestione atto a dimostrare la conformità ai criteri di cui sopra. L’art. 5 del Regolamento fornisce indicazioni sulle caratteristiche del sistema di gestione. Il sistema di gestione deve essere certificato da un organismo di valutazione che risponde a determinati requisiti.

    ➔ Rottami di vetro

    I criteri che determinano quando i rottami di vetro cessano di essere considerati rifiuti sono contenuti nel Regolamento UE n. 1179/2012, che riporta le seguenti definizioni:

    • “rottame di vetro”: rottame derivante dal recupero di rifiuti di vetro;

    • “detentore”: la persona fisica o giuridica che è in possesso dei rottami di vetro;

    • “produttore”: detentore che cede a un altro detentore dei rottami di vetro che per la prima volta hanno cessato di essere considerati rifiuti;

    • “importatore”: qualsiasi persona fisica o giuridica stabilita nell’Unione che introduce nel suo territorio doganale dei rottami di vetro che hanno cessato di essere considerati rifiuti;

    • “personale qualificato”: personale che, per esperienza o formazione, possiede le competenze necessarie per monitorare e valutare le caratteristiche dei rottami di vetro;

    • “controllo visivo”: il controllo dei rottami di vetro che investe tutte le parti di una partita e impiega le capacità sensoriali umane o qualsiasi apparecchiatura non specializzata;

    • “partita”: un lotto di rottami di vetro destinato a essere spedito da un produttore a un altro detentore e che può essere contenuto in una o più unità di trasporto, ad esempio contenitori.

    I rottami di vetro cessano di essere considerati rifiuti allorché, all’atto della cessione dal produttore ad un altro detentore, sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

    – i rifiuti utilizzati come materiale dell’operazione di recupero soddisfano i criteri di cui al punto 2 dell’Allegato I del Regolamento;

    – i rifiuti utilizzati come materiale dell’operazione di recupero sono stati trattati in conformità dei criteri di cui al punto 3 dell’Allegato I del Regolamento relativi ai processi e tecniche di trattamento;

    – i rottami ottenuti dall’operazione di recupero soddisfano i criteri di cui al punto 1 dell’Allegato I (qualità dei rottami) del Regolamento;

    – il produttore ha predisposto una dichiarazione di conformità per ciascuna partita di rottami; tale dichiarazione è trasmessa al detentore successivo della partita di rottami di vetro. Il produttore o l’importatore conserva una copia della dichiarazione di conformità per almeno un anno dalla data del rilascio mettendola a disposizione delle autorità competenti che la richiedano;

    – il produttore applica un sistema di gestione atto a dimostrare la conformità ai criteri di cui sopra. L’art. 5 del Regolamento fornisce indicazioni sulle caratteristiche del sistema di gestione. Il sistema di gestione deve essere certificato da un organismo di valutazione che risponde a determinati requisiti.

    ➔ Combustibile solido secondario

    Ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. cc) del D.Lgs. n. 152/2006, il “combustibile solido secondario (CSS)” è così definito:

    il combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione individuate delle norme tecniche UNI CEN/TS 15359 e successive modifiche ed integrazioni; fatta salva l’applicazione dell’art. 184-ter, il combustibile solido secondario, è classificato come rifiuto speciale.

    Nota: il riferimento attuale alle norme tecniche citate nella definizione di cui sopra è quello della norma UNI EN ISO 21640:2021.

    Il D.M. n. 22/2013 definisce i criteri da rispettare affinché determinate tipologie di combustibile solido secondario (CSS), come sopra definito, cessino di essere qualificate come rifiuto.

    Nota: ai fini del D.M. n. 22/2013 si applicano, per quanto non diversamente disposto e in quanto applicabili, le definizioni di cui al D.Lgs. n. 152/2006, nonché le seguenti:

    a) “autorità competente”: l’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale ai sensi del Titolo III-bis del D.Lgs. n. 152/2006, oppure dell’autorizzazione ai sensi del Titolo IV Capo IV del citato Decreto legislativo;

    b) “cementificio”: un impianto di produzione di cemento avente capacità di produzione superiore a 500 ton/g di clinker e soggetto al regime di cui al Titolo III-bis della Parte II del D.Lgs. n. 152/2006, in possesso di autorizzazione integrata ambientale purché dotato di certificazione di qualità ambientale secondo la Norma UNI EN ISO 14001 oppure, in alternativa, di registrazione ai sensi della vigente disciplina comunitaria sull’adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS);

    c) “centrale termoelettrica”: impianto di combustione con potenza termica di combustione di oltre 50 MW di cui al punto 2, 1.1, dell’Allegato VIII alla Parte II del D.Lgs. n. 152/2006, in possesso di autorizzazione integrata ambientale e dotato di certificazione di qualità ambientale secondo la norma UNI EN ISO 14001 oppure, in alternativa, di registrazione ai sensi della vigente disciplina comunitaria sull’adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS);

    d) “CSS-Combustibile”: il sottolotto di combustibile solido secondario (CSS) per il quale risulta emessa una dichiarazione di conformità nel rispetto di quanto disposto all’art. 8, comma 2 (del D.M. n. 22/2013);

    e) “lotto”: un campione rappresentativo, classificato e caratterizzato conformemente alla norma UNI EN 15359 di un quantitativo complessivo di sottolotti comunque non superiore a 1.500 tonnellate, per i quali sono state emesse dichiarazioni di conformità nel rispetto di quanto disposto all’art. 8, comma 2 (del D.M. n. 22/2013); si evidenzia che la norma UNI EN 15359:2011 citata dal D.M. n. 22/2013 è stata sostituita dalla norma UNI EN ISO 21640:2021;

    f) “produttore”: il gestore dell’impianto di produzione del CSS-Combustibile;

    g) “sottolotto”: la quantità di combustibile solido secondario (CSS) prodotta, su base giornaliera, in conformità alle norme di cui al Titolo II del presente Regolamento (cioè del D.M. n. 22/2013);

    h) “utilizzatore”: il gestore dell’impianto di cui alle lett. b) o c) che utilizza il CSS-Combustibile come combustibile in parziale sostituzione di combustibili fossili tradizionali.

    Per ciascun sottolotto di combustibile solido secondario (CSS) il produttore verifica quanto segue:

    • il rispetto delle prescrizioni relative all’impianto per la produzione del CSS-Combustibile, i rifiuti ammessi per la produzione del CSS-Combustibile, il processo di produzione del CSS-Combustibile, il sistema di gestione;

    • fatto salvo quanto previsto al comma 5 dell’art. 8 del D.M. n. 22/2013, la rispondenza alle caratteristiche di classificazione sulla base dei parametri e delle classi 1, 2, 3 e relative combinazioni, elencate nella Tabella 1 dell’Allegato I del Decreto;

    • i dati identificativi dell’utilizzatore del CSS-Combustibile;

    • il rispetto delle disposizioni nazionali e comunitarie relative all’immissione sul mercato e alla commercializzazione dei prodotti.

    All’esito positivo della verifica di cui sopra, il produttore emette per il relativo sottolotto di combustibile solido secondario (CSS) una dichiarazione di conformità in base al modello di cui all’Allegato IV del D.M. n. 22/2013.

    Un sottolotto di combustibile solido secondario (CSS) cessa di essere qualificato come rifiuto con l’emissione della dichiarazione di conformità. In assenza di una dichiarazione di conformità, il combustibile solido secondario (CSS) è gestito con le modalità previste alla Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006.

    Nota: il produttore conserva presso l’impianto di produzione una copia della dichiarazione di conformità per un anno dalla data dell’emissione della stessa, mettendola a disposizione delle autorità di controllo che la richiedono. La dichiarazione di conformità può, in alternativa, anche essere conservata su supporto elettronico. Per ciascun sottolotto di CSS-Combustibile, in relazione al quale è stata emessa una dichiarazione di conformità, il produttore conserva per un mese dalla data di emissione del certificato di conformità un campione rappresentativo classificato e caratterizzato conformemente alla norma UNI EN ISO 21640:2021 (che ha sostituito la norma UNI EN 15359:2011). Si vedano ulteriori dettagli in art. 8 del D.M. n. 22/2013.

    Il D.M. n. 22/2013 prevede, inoltre, le seguenti disposizioni:

    IMPIANTO PER LA PRODUZIONE DEL CSS-COMBUSTIBILE
    Il CSS-Combustibile è prodotto esclusivamente in impianti autorizzati in procedura ordinaria in conformità alle disposizioni della Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006, oppure, ai sensi del Titolo III-bis della Parte Seconda del Decreto legislativo medesimo, e comunque dotati di certificazione di qualità ambientale secondo la norma UNI EN ISO 21640:2021 ovvero, in alternativa, di registrazione ai sensi della vigente disciplina comunitaria sull’adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS).
    RIFIUTI AMMESSI PER LA PRODUZIONE DEL CSS-COMBUSTIBILE
    Per la produzione del CSS-Combustibile sono utilizzabili solamente i rifiuti urbani e i rifiuti speciali, purché non pericolosi. Salvo quanto diversamente disposto nell’Allegato II del D.M. n. 22/2013, per la produzione del CSS-Combustibile non sono ammessi i rifiuti non pericolosi elencati nell’Allegato II.
    L’avvio dei rifiuti alla produzione del CSS-Combustibile deve avvenire nel rispetto dei criteri di priorità di cui all’art. 179, D.Lgs. n. 152/2006. Resta impregiudicata la possibilità di utilizzare anche materiali non classificati come rifiuto purché non pericolosi ai sensi del Regolamento CE n. 1272/2008 (relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele).
    DEPOSITO E MOVIMENTAZIONE DEL CSS-COMBUSTIBILE PRESSO IL PRODUTTORE
    In attesa del trasporto all’impianto di utilizzo, il CSS-Combustibile è depositato e movimentato esclusivamente nell’impianto in cui è stato prodotto e nelle aree pertinenziali dello stesso. Il deposito e la movimentazione presso il produttore avvengono in modo tale da evitare spandimenti accidentali e contaminazione di aria, acqua, suolo, evitare fenomeni di autocombustione o di formazione di miscele esplosive, prevenire e minimizzare la formazione di emissioni diffuse e la diffusione di odori. Il deposito non può avere durata superiore a sei mesi dalla data di emissione della dichiarazione di conformità. Trascorso tale periodo, il CSS-Combustibile depositato nelle aree pertinenziali dell’impianto di produzione è gestito come un rifiuto ai sensi e per gli effetti della Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006.
    TRASPORTO DEL CSS-COMBUSTIBILE ALL’IMPIANTO DI UTILIZZO
    Il CSS-Combustibile è conferito, anche tramite soggetti che esercitano attività di trasporto per conto del produttore o dell’utilizzatore, direttamente dal produttore all’impianto di cui all’art. 3, comma 1, lett. b) o c) del D.M. n. 22/2013 in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale per l’utilizzo del CSS-Combustibile. Il trasporto è effettuato senza depositi intermedi esterni al perimetro dell’impianto di produzione del CSS-Combustibile oppure all’impianto di cui all’art. 3, comma 1, lett. b) o c), fatti salvi gli stazionamenti dei mezzi di trasporto previsti per legge o dettate, nei limiti dello stretto necessario, da esigenze tecniche di trasporto. Al trasporto si applicano le disposizioni dell’art. 10, comma 1 e dell’art. 11 del D.M. n. 22/2013.
    CONDIZIONI DI UTILIZZO DEL CSS-COMBUSTIBILE
    L’utilizzo del sottolotto di CSS-Combustibile, in relazione al quale è stata emessa una dichiarazione di conformità, è consentito esclusivamente in cementifici o centrali termoelettriche come sopra definiti, ai fini della produzione, rispettivamente, di energia termica o di energia elettrica.

    Entro il 30 aprile di ogni anno il produttore e ciascun utilizzatore del CSS-Combustibile sono tenuti a trasmettere, con le modalità previste dall’art. 29-undecies del D.Lgs. n. 152/2006, ciascuno in base al ruolo svolto, una comunicazione contenente una serie di informazioni relative all’anno solare precedente.

    ➔ Conglomerato bituminoso

    Sono contenute nel Decreto 28 marzo 2018, n. 69, in vigore dal 3 luglio 2018, le disposizioni per la cessazione della qualifica di rifiuto del conglomerato bituminoso ai sensi dell’art. 184-ter del D.Lgs. n. 152/2006.

    Tale Decreto definisce, innanzitutto, cosa debba essere considerato conglomerato bituminoso:

    “Conglomerato bituminoso”: il rifiuto costituito dalla miscela di inerti e leganti bituminosi identificata con il codice EER 17.03.02 proveniente:
    1) da operazioni di fresatura a freddo degli strati di pavimentazione realizzate in conglomerato bituminoso;
    2) dalla demolizione di pavimentazioni realizzate in conglomerato bituminoso.

    Il Decreto n. 69/2018 utilizza, inoltre, l’espressione “granulato di conglomerato bituminoso” per indicare il conglomerato bituminoso che ha cessato di essere rifiuto a seguito di una o più operazioni di recupero di cui all’art. 184-ter, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006, e nel rispetto delle disposizioni contenute nel Decreto medesimo.

    Ai sensi dell’art. 3 del Decreto n. 69/2018, il conglomerato bituminoso cessa di essere rifiuto ed è qualificato granulato di conglomerato bituminoso se soddisfa tutti i seguenti criteri:

    • è utilizzabile per gli scopi specifici di cui alla Parte A) dell’Allegato I, di seguito riportati:
      • per le miscele bituminose prodotte con un sistema di miscelazione a caldo nel rispetto della norma UNI EN 13108 (serie da 1-7);

      • per le miscele bituminose prodotte con un sistema di miscelazione a freddo;

      • per la produzione di aggregati per materiali non legati e legati con leganti idraulici per l’impiego nella costruzione di strade (si veda la Nota sotto riportata), in conformità alla norma armonizzata UNI EN 13242, ad esclusione dei recuperi ambientali.

    • risponde agli standard previsti dalle norme UNI EN 13108 (serie da 1-7) o UNI EN 13242 in funzione dello scopo specifico previsto;

    • risulta conforme alle specifiche di cui alla Parte B) dell’Allegato I, in cui sono definite le modalità per:
      • effettuare le verifiche sui rifiuti in ingresso;

      • effettuare le verifiche sul granulato di conglomerato bituminoso (sono definiti i test da effettuare ed i parametri da verificare);

      • verificare le caratteristiche prestazionali del granulato di conglomerato bituminoso.

    Nota: il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare ha emesso il 5 ottobre 2018 la circolare n. 16293, con la quale fornisce, in particolare, i seguenti chiarimenti:

    – con il termine “strade” utilizzato nella Parte A) dell’Allegato I (in cui sono elencati gli scopi specifici per i quali è comunemente utilizzato il granulato di conglomerato bituminoso) si intendono ricompresi tutti i manufatti stradali;

    – con l’espressione “laboratorio certificato” contenuta nella Parte B) dell’Allegato I si intende un laboratorio dotato di certificazione rilasciata ai sensi della Norma UNI EN ISO 9001: 2015.

    Il produttore attesta il rispetto dei criteri di cui sopra mediante una dichiarazione di conformità redatta al termine del processo produttivo di ciascun lotto secondo il modulo di cui all’Allegato II del Decreto n. 69/2018, e inviata (tramite raccomandata con avviso di ricevimento ovvero con una delle modalità di cui all’art. 65, D.Lgs. n. 82/2005), all’autorità competente e all’agenzia di protezione ambientale territorialmente competente. Il produttore è tenuto a conservare presso l’impianto di produzione, o presso la propria sede legale:

    • la dichiarazione di conformità (anche in formato elettronico);

    • un campione di granulato di conglomerato bituminoso prelevato al termine del processo produttivo di ciascun lotto, in conformità alla norma UNI 10802: 2013 ai fini della verifica di sussistenza dei requisiti di cui all’art. 3, Decreto n. 69/2018; il campione deve essere conservato per cinque anni in condizioni tali da non alterarne le caratteristiche chimico-fisiche e consentire la ripetizione delle analisi. Rispetto a quest’obbligo sono previste delle deroghe per imprese registrate EMAS o in possesso della certificazione secondo la norma UNI EN ISO 14001 rilasciata da organismo accreditato.

    Nota: entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del Decreto n. 69/2018 (3 luglio 2018), il produttore doveva presentare all’autorità competente, ai fini dell’adeguamento alle disposizioni di cui al Decreto medesimo, un aggiornamento della comunicazione effettuata ai sensi dell’art. 216 o un’istanza di aggiornamento dell’autorizzazione ai sensi del Titolo III-bis della Parte II e del Titolo I, Capo IV, Parte IV, D.Lgs. n. 152/2006. Nelle more di tale adeguamento, il granulato di conglomerato bituminoso prodotto può essere utilizzato se presenta caratteristiche conformi ai criteri di cui all’art. 3 del Decreto n. 69/2018, attestate mediante dichiarazione di conformità come sopra specificato.

    ➔ Gomma vulcanizzata derivante da pneumatici fuori uso

    In data 21 luglio 2020 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto 31 marzo 2020, n. 78 (in vigore dal 5 agosto 2020) che disciplina la cessazione della qualifica di rifiuto della gomma vulcanizzata derivante dagli pneumatici fuori uso (PFU).

    Si riportano qui di seguito, innanzitutto, le principali definizioni di riferimento contenute nel Decreto:

    “pneumatici”: componenti delle ruote costituiti da un involucro prevalentemente in gomma e destinati a contenere fluidi;

    “PFU”: lo pneumatico fuori uso qualificato come rifiuto;

    “gomma vulcanizzata”: la gomma derivante dalla frantumazione dei PFU e gli sfridi di gomma vulcanizzata, qualificati come rifiuto, provenienti sia dalla produzione di pneumatici nuovi che dall’attività di ricostruzione degli pneumatici;

    “gomma vulcanizzata granulare (GVG)”: la gomma vulcanizzata che ha cessato di essere rifiuto a seguito di una o più operazioni di recupero di cui all’articolo 184-ter, comma 1, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, e nel rispetto delle disposizioni del presente decreto;

    “lotto”: un quantitativo, non superiore a 1.000 tonnellate di gomma vulcanizzata granulare (GVG);

    “produttore”: il gestore di un impianto autorizzato per la produzione di gomma vulcanizzata granulare (GVG) (di seguito impianto di produzione).

    Il decreto dispone che, ai sensi dell’art. 184-ter del D.Lgs. n. 152/2006, la gomma vulcanizzata cessa di essere qualificata come rifiuto ed è qualificata gomma vulcanizzata granulare (GVG) se è conforme ai requisiti tecnici di cui all’allegato 1 del medesimo Decreto. Inoltre, stabilisce che la GVG è utilizzabile esclusivamente per gli scopi specifici elencati nell’allegato 2 del D.M. n. 78/2020.

    Nota: l’allegato 1, D.M. n. 78/2020 definisce, in particolare, parametri e limiti delle sostanze da ricercare nella gomma vulcanizzata (lettera a)), caratteristiche fisico-geometriche della GVG (lettera b)), verifiche da effettuare sulla gomma vulcanizzata (lettera c)), verifiche sui rifiuti in ingresso (lettera d)), nonché una serie di misure minime che devono essere implementate (quali, ad esempio, le modalità di identificazione dei rifiuti).

    Il produttore è tenuto al rispetto delle seguenti disposizioni:

    • attestare il rispetto dei criteri di cui sopra attraverso una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. n. 445/2000 redatta al termine del processo produttivo di ciascun lotto utilizzando il modulo di cui all’allegato 3 e inviata (con una delle modalità di cui all’art. 65, D.Lgs. n. 82/2005), all’autorità competente e all’agenzia di protezione ambientale territorialmente competente;

    • conservare presso l’impianto di produzione o presso la propria sede legale, la dichiarazione di conformità, anche in formato elettronico, mettendola a disposizione delle autorità di controllo che la richiedono;

    • conservare per 5 anni, presso l’impianto di produzione o presso la propria sede legale, un campione di GVG prelevato, al termine del processo produttivo di ciascun lotto, in conformità alla norma UNI 10802:2013, ai fini della verifica di sussistenza dei requisiti previsti; deve essere garantito che non vi sia alterazione delle caratteristiche chimico-fisiche della GVG prelevata e da consentire la ripetizione delle analisi.

    Nota: tali disposizioni non si applicano alle imprese registrate ai sensi del Regolamento CE n. 1221/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2009 (EMAS) e alle imprese in possesso della certificazione ambientale UNI EN ISO 14001 rilasciata da organismo accreditato ai sensi della normativa vigente, a condizione che il sistema di gestione ambientale preveda il rispetto dei criteri previsti dal D.M. n. 78/2020, il rispetto della normativa in materia ambientale e delle eventuali prescrizioni riportate nell’autorizzazione, e la revisione e il miglioramento del sistema di gestione ambientale.

    Nota: ai sensi del D.M. n. 78/2020, è definita “autorità competente” l’autorità che rilascia l’autorizzazione ai sensi del titolo III-bis della parte II o del titolo I, capo IV, parte IV, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, ovvero l’autorità destinataria della comunicazione di cui all’art. 216 del medesimo Decreto.

    Nota: ai fini dell’adeguamento ai criteri di cui al D.M. n. 78/2020 sopra descritti, il produttore, entro 120 giorni dall’entrata in vigore dello stesso, presenta all’autorità competente un aggiornamento della comunicazione effettuata ai sensi dell’art. 216, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, o un’istanza di aggiornamento dell’autorizzazione ai sensi del titolo III-bis della parte II e del titolo I, capo IV, parte IV del medesimo D.Lgs. Nelle more di tale adeguamento, la GVG prodotta può essere utilizzata se presenta caratteristiche conformi ai criteri previsti dal Decreto, attestate mediante dichiarazione di conformità (con le modalità sopra riportate).

    ➔ Carta e cartone

    È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 9 febbraio 2021 il Decreto 22 settembre 2020, n. 188 che regolamenta la cessazione della qualifica di rifiuto da carta e cartone. Le definizioni di riferimento contenute nel Decreto, in vigore dal 24 febbraio 2021, sono le seguenti:

    “rifiuti di carta e cartone”: rifiuti di carta e cartone, inclusi poliaccoppiati, anche di imballaggi, provenienti da raccolta differenziata di rifiuti urbani e speciali;

    “carta e cartone recuperati”: rifiuti di carta e cartone che hanno cessato di essere tali ai sensi del presente regolamento;

    “lotto di carta e cartone recuperati”: un quantitativo di carta e cartone recuperati prodotti in un periodo di tempo definito, comunque non superiore a sei mesi, ed in condizioni operative uniformi. Il lotto di produzione non può essere in ogni caso superiore a 5.000 tonnellate;

    “produttore di carta e cartone recuperati”: il gestore di un impianto autorizzato al recupero di rifiuti di carta e cartone (di seguito: impianto di recupero);

    “dichiarazione di conformità”: dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà rilasciata dal produttore di carta e cartone recuperati attestante le caratteristiche di carta e cartone recuperati, di cui all’art. 5;

    “autorità competente”: l’autorità che rilascia l’autorizzazione ai sensi del titolo III-bis, parte II o del titolo I, capo IV, parte IV, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, ovvero l’autorità destinataria della comunicazione di cui all’art. 216 del medesimo decreto;

    “componenti non cartacei”: i componenti così definiti dalla norma UNI EN 643;

    “materiali proibiti”: i materiali così definiti dalla norma UNI EN 643, ad esclusione dei “rifiuti organici compresi alimenti”.

    In Allegato 1 al Decreto sono contenuti i requisiti tecnici che devono essere rispettati affinché rifiuti di carta e cartone, che sono stati oggetto di operazioni di recupero in conformità alla norma UNI EN 643, possano essere qualificati come “carta e cartone recuperati”, cessando così di possedere la qualifica di rifiuto.

    Il Decreto dispone, altresì, che la carta e cartone recuperati sono utilizzabili per gli scopi specifici indicati in allegato 2 al decreto medesimo, che reca:

    la carta e cartone recuperati sono utilizzabili nella manifattura di carta e cartone ad opera dell’industria cartaria oppure in altre industrie che li utilizzano come materia prima.

    Il D.M. n. 188/2020 prevede, inoltre, una serie di adempimenti spettanti al produttore di carta e cartone recuperati, che è tenuto a:

    • predisporre una dichiarazione di conformità (utilizzando il modulo riportato in Allegato 3 al decreto) al termine del processo produttivo di ciascun lotto;

    Nota: la dichiarazione di conformità, redatta tramite dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (ai sensi dell’art. 47, D.P.R. n. 445/2000), deve essere inviata all’autorità competente ed all’agenzia di protezione ambientale territorialmente competente.

    • conservare la dichiarazione di conformità, presso l’impianto di produzione o presso la propria sede legale, anche in formato elettronico, e rendendola disponibile alle autorità di controllo in caso di richiesta;

    • quale dimostrazione del rispetto dei requisiti previsti, conservare per un anno presso l’impianto di recupero o presso la propria sede legale un campione di carta e cartone recuperati;

    Nota: il campione di carta e cartone recuperati deve essere prelevato rispettando quanto stabilito in allegato 1, lettera b, D.M. n. 188/2020 e dalla norma UNI 10802, e dovrà essere conservato in modo da non alterarne le caratteristiche chimico-fisiche, e da permettere la ripetizione delle analisi. Il tempo di conservazione del campione si riduce a sei mesi se l’impresa è registrata EMAS o è in possesso della certificazione ambientale secondo la norma UNI EN ISO 14001 rilasciata da un organismo accreditato; nel caso si benefici di questa riduzione, il produttore deve disporre di documentazione relativa al rispetto delle norme di cui al D.M. n. 188/2020, della normativa in materia ambientale e delle eventuali prescrizioni riportate nell’autorizzazione, ed infine relativa alla revisione e miglioramento del sistema di gestione.

    • applicare un sistema di gestione della qualità secondo la norma UNI EN ISO 9001 certificato da un organismo accreditato, atto a dimostrare il rispetto dei requisiti del D.M. n. 188/2020.

    Nota: il D.M. n. 188/2020 specifica che il manuale della qualità deve essere comprensivo di procedure operative per il controllo delle caratteristiche di conformità alla norma UNI EN 643 e del piano di campionamento.

    Nota: ai fini dell’adeguamento ai criteri del D.M. n. 188/2020, il produttore di carta e cartone recuperati, entro 180 giorni dal 24 febbraio 2021, data di entrata in vigore del decreto medesimo, presenta all’autorità competente un aggiornamento della comunicazione effettuata ai sensi dell’art. 216, D.Lgs. n. 152/2006, indicando le informazioni di cui all’art. 7, D.M. n. 188/2020, o un’istanza di aggiornamento dell’autorizzazione ai sensi del titolo III-bis della parte II ovvero del titolo I, capo IV, parte IV, D.Lgs. n. 152/2006. Nelle more dell’adeguamento, i materiali che risultano in esito alle procedure di recupero già autorizzate possono essere utilizzati, per gli scopi specifici di cui all’Allegato 2, D.M. n. 188/2020, se presentano caratteristiche conformi ai criteri previsti dal decreto stesso, attestati mediante dichiarazione di conformità (come sopra indicato).

    APPROFONDIMENTI

    • AMBIENTE & SVILUPPO 7/2022: “È illegittimo l’obbligo di verifica della “cartaccia” da parte dell’acquirente per essere qualificata come EoW”, di Tiziana Ronchetti, Massimo Medugno

    ➔ Rifiuti inerti da costruzione e demolizione e altri rifiuti inerti di origine minerale

    I criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto dei rifiuti inerti da costruzione e demolizione e di altri rifiuti inerti di origine minerale sono stati dettati dal Decreto 27 settembre 2022, n. 152, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 20 ottobre 2022, ed in vigore dal 4 novembre 2022.

    Per comprendere correttamente le disposizioni della norma, è necessario partire dalle seguenti definizioni fondamentali, che consentono di inquadrare l’ambito di applicazione della norma stessa:

    «rifiuti inerti dalle attività di costruzione e demolizione»: i rifiuti derivanti dalle operazioni di costruzione e demolizione identificati al capitolo 17 dell’elenco europeo dei rifiuti di cui alla decisione della Commissione 2000/532/CE del 3 maggio 2000, e indicati al punto 1 della tabella 1 dell’Allegato 1 al presente regolamento;

    «altri rifiuti inerti di origine minerale»: i rifiuti non appartenenti al capitolo 17 dell’elenco europeo dei rifiuti di cui alla decisione della Commissione 2000/532/CE e indicati al punto 2 della tabella 1 dell’Allegato 1 al presente regolamento;

    «rifiuti inerti»: i rifiuti solidi dalle attività di costruzione e demolizione e altri rifiuti inerti di origine minerale che non subiscono alcuna trasformazione fisica, chimica o biologica significativa; i rifiuti inerti non si dissolvono, non bruciano né sono soggetti ad altre reazioni fisiche o chimiche, non sono biodegradabili e, in caso di contatto con altre materie, non comportano effetti nocivi tali da provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana.

    I rifiuti che hanno cessato di essere tali a seguito di una o più operazioni di recupero nel rispetto di quanto stabilito dall’art. 184-ter, comma 1 del D.Lgs. n. 152/2006 e dal D.M. n. 152/2022, sono definiti “aggregato recuperato”.

    Le disposizioni che devono essere rispettate ai fini della cessazione della qualifica di rifiuto per i rifiuti oggetto del D.M. n. 152/2022 sono descritte nella tabella seguente:

    RISPETTO DEI CRITERI DI CUI ALL’ALLEGATO 1:
    • Rifiuti ammissibili per la produzione di aggregato recuperato: sono specificati in Tabella 1, e, più precisamente nel punto 1 sono indicati i rifiuti inerti dalle attività di costruzione e demolizione non pericolosi, mentre in punto 2 sono indicati i rifiuti inerti non pericolosi di origine minerale.

    • Verifiche sui rifiuti in ingresso: i rifiuti in ingresso sono sottoposti a esame della documentazione a corredo dei rifiuti, controllo visivo e, qualora se ne ravveda la necessità, a controlli supplementari. Il decreto specifica le modalità di organizzazione del sistema di controllo di accettazione dei rifiuti (inclusi aspetti connessi alla movimentazione dei rifiuti, alla messa in riserva, ecc.).

    • Processo di lavorazione minimo e deposito presso il produttore: il processo di trattamento e di recupero dei rifiuti avviene mediante fasi meccaniche e tecnologicamente interconnesse (quali, ad esempio, macinazione, vagliatura, ecc.). Durante la fase di verifica di conformità dell’aggregato recuperato, il deposito e la movimentazione dei singoli lotti presso il produttore devono essere organizzati in modo da garantire che non siano miscelati.

    • Requisiti di qualità dell’aggregato recuperato: sono specificati i parametri da analizzare, e le relative concentrazioni limite da verificare.

    • Norme tecniche di riferimento per la certificazione CE dell’aggregato recuperato: tali norme sono riportate in Tabella 4 dell’allegato 1.


    Il rispetto dei criteri di cui sopra deve essere attestato dal produttore di aggregato recuperato attraverso la predisposizione di una dichiarazione di conformità conforme al formato di cui all’Allegato 3 del D.M. n. 152/2022. Tale dichiarazione deve essere redatta per ciascun lotto di aggregato recuperato prodotto, e va trasmessa all’autorità competente ed all’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente territorialmente competente. Copia della dichiarazione va conservata presso l’impianto di produzione o presso la sede legale del produttore di aggregato recuperato; tale obbligo non si applica alle imprese registrate secondo il Reg. (CE) n. 1221/2009 ed alle imprese in possesso della certificazione del sistema di gestione ambientale secondo la norma UNI EN ISO 14001 rilasciata da un ente accreditato.

    UTILIZZI AMMESSI
    L’aggregato recuperato è utilizzabile solo per gli scopi specifici indicati in Allegato 2 del D.M. n. 152/2022 e di seguito elencati:
    – la realizzazione del corpo dei rilevati di opere in terra dell’ingegneria civile;
    – la realizzazione di sottofondi stradali, ferroviari, aeroportuali e di piazzali civili ed industriali;
    – la realizzazione di strati di fondazione delle infrastrutture di trasporto e di piazzali civili ed industriali;
    – la realizzazione di recuperi ambientali, riempimenti e colmate;
    – la realizzazione di strati accessori aventi, a titolo esemplificativo, funzione anticapillare, antigelo, drenante;
    – il confezionamento di calcestruzzi e miscele legate con leganti idraulici (quali, a titolo esemplificativo, misti cementati, miscele betonabili).
    Ai fini di tali utilizzi, devono essere rispettate le norme tecniche elencate in Tabella 5 dell’Allegato 2.
    CONSERVAZIONE CAMPIONE
    Il produttore di aggregato recuperato conserva presso l’impianto di produzione o presso la propria sede legale per 5 anni un campione di aggregato recuperato prelevato alla fine del processo produttivo di ciascun lotto di aggregato recuperato, in conformità alla norma UNI 10802. Il fine è dimostrare il rispetto dei criteri sopra descritti, e, pertanto, i campioni vanno conservati in modo da assicurare la non alterazione delle caratteristiche chimico-fisiche dell’aggregato recuperato e consentire la ripetizione delle analisi.
    SISTEMA DI GESTIONE DELLA QUALITÀ
    La norma stabilisce che il produttore di aggregato recuperato debba applicare un sistema di gestione della qualità conforme alla norma UNI EN ISO 9001, e che il sistema sia certificato da un ente accreditato. Inoltre il sistema della qualità deve prevedere un manuale della qualità comprensivo di procedure operative per il controllo delle caratteristiche di conformità ai criteri dell’Allegato 1 (si veda sopra), del piano di campionamento e dell’automonitoraggio.

    In relazione alla necessità di adeguamento ai criteri dettati dal D.M. n. 152/2022, il produttore presenta all’autorità competente un aggiornamento della comunicazione effettuata ai sensi dell’art. 216 del D.Lgs. n. 152/2006, indicando la quantità massima recuperabile, o un’istanza di aggiornamento dell’autorizzazione integrata ambientale ai sensi del Titolo III-bis della parte II del D.Lgs. n. 152/2006, o un’istanza di aggiornamento dell’autorizzazione al recupero di rifiuti ai sensi del Titolo I, Capo IV della Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006. Ciò deve essere effettuato entro il 4 novembre 2024 (in base alle modifiche dettate dal D.L. n. 215/2023, convertito con modificazioni dalla Legge 23 febbraio 2024, n. 18).

    Nota: nel caso delle procedure semplificate, continuano ad applicarsi le seguenti disposizioni del D.M. 5 febbraio 1998: i limiti quantitativi previsti dall’allegato 4, le norme tecniche di cui all’allegato 5, nonché i valori limite per le emissioni di cui all’allegato 1, sub allegato 2.

    Nelle more dell’adeguamento di cui sopra, i materiali già prodotti alla data del 4 novembre 2022, nonché quelli che risultano in esito alle procedure di recupero già autorizzate possono essere utilizzati in conformità alla comunicazione effettuata ai sensi dell’art. 216 del D.Lgs. n. 152/2006 o nel rispetto dell’autorizzazione integrata ambientale (concessa ai sensi del Titolo III-bis, della Parte II del medesimo decreto) o dell’autorizzazione al recupero di rifiuti (concessa ai sensi del Capo IV, del Titolo I, della Parte IV del medesimo decreto).

    APPROFONDIMENTI

    • AMBIENTE & SVILUPPO 10/2022: “Definiti i criteri End of waste per i rifiuti inerti: quale circolarità?”, di Andrea Quaranta

    8.4 Competenze

    8.4Competenze

    L’articolazione delle competenze dello Stato, delle Regioni, delle Province e dei Comuni è contenuta, rispettivamente, negli artt. 195, 196, 197 e 198 del D.Lgs. n. 152/2006 (come modificati dal D.Lgs. n. 116/2020) e attiene funzioni di indirizzo e coordinamento, definizione di criteri, metodologie e di linee guida, pianificazione, controllo.

    8.4.1 Accordi, contratti di programma, incentivi

    8.4.1Accordi, contratti di programma, incentivi

    Nel rispetto dei principi e degli obiettivi stabiliti dalle disposizioni di cui alla Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006, al fine di perseguire la razionalizzazione e la semplificazione delle procedure, con particolare riferimento alle piccole imprese, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e le altre autorità competenti possono stipulare appositi accordi e contratti di programma con enti pubblici, con imprese di settore, soggetti pubblici o privati ed associazioni di categoria.

    Gli accordi ed i contratti di programma, come previsto dall’art. 206 del D.Lgs. n. 152/2006 hanno ad oggetto:

    • l’attuazione di specifici piani di settore di riduzione, recupero e ottimizzazione dei flussi di rifiuti;

    • la sperimentazione, la promozione, l’attuazione e lo sviluppo di processi produttivi e distributivi e di tecnologie pulite idonei a prevenire o ridurre la produzione dei rifiuti e la loro pericolosità e ad ottimizzare il recupero dei rifiuti;

    • lo sviluppo di innovazioni nei sistemi produttivi per favorire metodi di produzione di beni con impiego di materiali meno inquinanti e comunque riciclabili;

    • le modifiche del ciclo produttivo e la riprogettazione di componenti, macchine e strumenti di controllo;

    • la sperimentazione, la promozione e la produzione di beni progettati, confezionati e messi in commercio in modo da ridurre la quantità e la pericolosità dei rifiuti e i rischi di inquinamento;

    • la sperimentazione, la promozione e l’attuazione di attività di riutilizzo, riciclaggio e recupero di rifiuti;

    • l’adozione di tecniche per il reimpiego ed il riciclaggio dei rifiuti nell’impianto di produzione;

    • lo sviluppo di tecniche appropriate e di sistemi di controllo per l’eliminazione dei rifiuti e delle sostanze pericolose contenute nei rifiuti;

    • l’impiego da parte dei soggetti economici e dei soggetti pubblici dei materiali recuperati dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani;

    • l’impiego di sistemi di controllo del recupero e della riduzione di rifiuti.

    Gli accordi e i contratti di programma di cui sopra non possono stabilire deroghe alla normativa comunitaria e possono prevedere semplificazioni amministrative.

    ➔ Accordi e contratti di programma per incentivare l’acquisto di prodotti derivanti da materiali post consumo o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi

    Al fine di incentivare il risparmio e il riciclo di materiali attraverso il sostegno all’acquisto di prodotti derivanti da materiali riciclati post consumo o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi, l’art. 206-ter del D.Lgs. n. 152/2006 prevede che il Ministero dello Sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, possa stipulare appositi accordi e contratti di programma che hanno ad oggetto:

    a) l’erogazione di incentivi in favore di attività imprenditoriali di produzione di beni derivanti da materiali post consumo riciclati o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi, con priorità per i beni provenienti dai rifiuti per i quali devono essere perseguiti obiettivi di raccolta e riciclo nel rispetto del D.Lgs. n. 152/2006 e della normativa dell’UE;

    b) l’erogazione di incentivi in favore di attività imprenditoriali di produzione e di preparazione dei materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi per il loro riutilizzo e di attività imprenditoriali di produzione e di commercializzazione di prodotti e componenti di prodotti reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti;

    c) l’erogazione di incentivi in favore di attività imprenditoriali di commercializzazione di aggregati riciclati marcati CE e definiti secondo le norme UNI EN 13242: 2013 e UNI EN 12620: 2013, nonché di prodotti derivanti da rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e da pneumatici fuori uso ovvero realizzati con i materiali plastici provenienti dal trattamento dei prodotti giunti a fine vita, così come definiti dalla norma UNI 10667-13: 2013, dal post consumo o dal recupero degli scarti di produzione;

    d) l’erogazione di incentivi in favore dei soggetti economici e dei soggetti pubblici che acquistano prodotti derivanti dai materiali di cui alle lett. a), b) e c).

    Tali accordi possono essere stipulati con:

    • le imprese che producono beni derivanti da materiali post consumo riciclati o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi, con priorità per i beni provenienti dai rifiuti;

    • enti pubblici;

    • soggetti pubblici o privati;

    • le associazioni di categoria, ivi comprese le associazioni di aziende che si occupano di riuso, preparazione al riutilizzo e riciclaggio;

    • associazioni senza fini di lucro, di promozione sociale nonché con imprese artigiane e imprese individuali;

    • i soggetti incaricati di svolgere le attività connesse all’applicazione del principio di responsabilità estesa del produttore.

    Nota: ai sensi dell’art. 206-quater del D.Lgs. n. 152/2006, il Ministero dello Sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, stabilisce con Decreto il livello degli incentivi, anche di natura fiscale, e le percentuali minime di materiale post consumo o derivante dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi che devono essere presenti nei manufatti per i quali possono essere erogati gli incentivi di cui sopra, in considerazione sia della materia risparmiata sia del risparmio energetico ottenuto riciclando i materiali, tenendo conto dell’intero ciclo di vita dei prodotti. Il medesimo Decreto stabilisce gli strumenti e le misure di incentivazione per il commercio e per l’acquisto di prodotti e componenti di prodotti usati per favorire l’allungamento del ciclo di vita dei prodotti.

    Nota: per l’acquisto e la commercializzazione di manufatti realizzati in materiali polimerici misti riciclati, l’incentivo erogato varia a seconda della categoria di prodotto, in base ai criteri e alle percentuali stabiliti dall’Allegato L-bis alla Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006. Il contenuto di materiali polimerici eterogenei da riciclo deve essere garantito da idonea certificazione, sulla base della normativa vigente.

    ➔ Azioni premianti relative ad interventi concernenti gli edifici scolastici, le pavimentazioni stradali e le barriere acustiche

    L’art. 206-sexies del D.Lgs. n. 152/2006 prevede che le amministrazioni pubbliche, nelle more dell’adozione da parte delle Regioni di specifiche norme tecniche per la progettazione esecutiva degli interventi negli edifici scolastici, al fine di consentirne la piena fruibilità dal punto di vista acustico, prevedono, nelle gare d’appalto per l’incremento dell’efficienza energetica delle scuole e comunque per la loro ristrutturazione o costruzione, l’impiego di materiali e soluzioni progettuali idonei al raggiungimento dei valori indicati per i descrittori acustici dalla norma UNI 11367: 2010 e dalla norma UNI 11532: 2014 (come sostituita dalla UNI 11532-1:2018). Nei bandi di gara sono previsti criteri di valutazione delle offerte (ai sensi del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al D.Lgs. n. 50/2016, poi sostituito dal D.Lgs. n. 36/2023), con punteggi premianti per i prodotti contenenti materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi nelle percentuali fissate con Decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

    8.5 Aspetti di carattere generale

    8.5Aspetti di carattere generale

    8.5.1 La responsabilità estesa del produttore

    8.5.1La responsabilità estesa del produttore

    La Direttiva n. 2008/98/CE prevede che gli Stati membri possano adottare misure legislative o non legislative volte ad assicurare che qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti (produttore del prodotto) sia soggetto ad una responsabilità estesa del produttore: ciò al fine di rafforzare il riutilizzo, la prevenzione, il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti.

    Tali misure possono includere:

    • l’accettazione dei prodotti restituiti e dei rifiuti che restano dopo l’utilizzo di tali prodotti, la successiva gestione dei rifiuti e la responsabilità finanziaria per tali attività;

    • l’obbligo di mettere a disposizione del pubblico informazioni relative alla misura in cui il prodotto è riutilizzabile e riciclabile;

    • misure appropriate per incoraggiare una progettazione dei prodotti volta a ridurre i loro impatti ambientali e la produzione di rifiuti durante la produzione e il successivo utilizzo dei prodotti e ad assicurare che il recupero e lo smaltimento dei prodotti che sono diventati rifiuti avvengano in conformità alla gerarchia dei rifiuti (si veda il par. 8.1) e garantendo la protezione della salute umana nonché senza recare pregiudizio all’ambiente;

    • misure per incoraggiare lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti adatti all’uso multiplo, tecnicamente durevoli e che, dopo essere diventati rifiuti, sono adatti a un recupero adeguato e sicuro e a uno smaltimento compatibile con l’ambiente.

    Nell’applicare la responsabilità estesa del produttore, gli Stati membri tengono conto della fattibilità tecnica e della praticabilità economica nonché degli impatti complessivi sociali, sanitari e ambientali, rispettando l’esigenza di assicurare il corretto funzionamento del mercato interno.

    A tutti gli effetti la responsabilità estesa del produttore rappresenta un tassello di fondamentale importanza per il raggiungimento della transizione all’economia circolare, partendo dal concetto che il produttore è chiamato ad assumersi la responsabilità (tecnico-operativa e/o finanziaria) per la gestione della fase di fine vita dei propri prodotti, ed essendo così incentivato ad agire anche sul fronte della progettazione dei prodotti.

    Anche all’interno della Strategia nazionale per l’economia circolare emessa nel 2021 è dato risalto all’importanza di sviluppare nuove forme di responsabilità estesa del produttore che consentano di raggiungere i risultati attesi in termini di recupero e riciclo, consapevoli anche dei punti deboli che sono stati rilevati, quali, in particolare, le difficoltà connesse alla restituzione/raccolta dei rifiuti dopo l’utilizzo dei prodotti, ed all’obbligo di mettere a disposizione del pubblico informazioni relative alla riciclabilità/riutilizzabilità dei prodotti.

    Nota: si veda il successivo par. 8.11.16 per alcuni approfondimenti che riguardano i prodotti di plastica monouso ed anche gli aspetti connessi alla responsabilità estesa del produttore in tale ambito.

    Alla luce di quanto sopra riportato, l’art. 178-bis del D.Lgs. n. 152/2006, come modificato dal D.Lgs. n. 213/2022, prevede che, con uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, siano istituiti regimi di responsabilità estesa del produttore, nonché siano stabilite le misure che includono un sistema di restituzione dei prodotti dopo l’utilizzo e dei rifiuti derivanti dagli stessi nonché la successiva gestione dei rifiuti, e la relativa responsabilità finanziaria.

    Va precisato la definizione di “regime di responsabilità estesa del produttore” è stata inserita in art. 183, comma 1, lett. g-bis), D.Lgs. n. 152/2006 per effetto della Direttiva UE n. 2018/851, e reca quanto segue:

    le misure volte ad assicurare che ai produttori di prodotti spetti la responsabilità finanziaria o la responsabilità finanziaria e organizzativa della gestione della fase del ciclo di vita in cui il prodotto diventa un rifiuto.

    La norma stabilisce altresì che i regimi di responsabilità estesa del produttore prevedano misure appropriate per incoraggiare una progettazione dei prodotti e dei loro componenti volta a ridurne gli impatti ambientali e la produzione di rifiuti durante la produzione e il successivo utilizzo dei prodotti e atta ad assicurare che recupero e smaltimento dei prodotti diventati rifiuti rispettino i criteri di priorità di cui all’art. 179 del D.Lgs. n. 152/2006 e avvengano senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente.

    Nota: tali misure incoraggiano, tra l’altro, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti e componenti dei prodotti adatti all’uso multiplo, contenenti materiali riciclati, tecnicamente durevoli e facilmente riparabili e che, dopo essere diventati rifiuti, sono adatti a essere preparati per il riutilizzo e riciclati per favorire la corretta attuazione della gerarchia dei rifiuti. Le misure tengono conto dell’impatto dell’intero ciclo di vita dei prodotti, della gerarchia dei rifiuti e, se del caso, della potenzialità di riciclaggio multiplo.

    Nota: il D.Lgs. n. 116/2020 ha introdotto nel D.Lgs. n. 152/2006 l’art. 178-ter (da ultimo modificato dal D.Lgs. n. 213/2022), che disciplina i requisiti generali minimi in materia di responsabilità estesa del produttore, quali, ad esempio, gli obiettivi da perseguire, il sistema di comunicazione da implementare, la trasmissione delle informazioni agli utilizzatori, la copertura geografica, gli oneri amministrativi a carico dei produttori.

    La responsabilità estesa del produttore del prodotto è applicabile fatta salva la responsabilità della gestione dei rifiuti di cui all’art. 188, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006 (si veda il paragrafo successivo), e fatta salva la legislazione esistente concernente flussi di rifiuti e prodotti specifici.

    Nota: si ricorda che i soggetti sottoposti a regimi di responsabilità estesa del produttore istituiti prima del 26 settembre 2020 (data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 116/2020) sono tenuti ad adeguarsi alle disposizioni stabilite dal decreto medesimo per quanto riguarda la responsabilità estesa del produttore, entro il 5 gennaio 2023, e comunicano entro il 1° giugno 2022 al MITE le modifiche statutarie apportate.

    APPROFONDIMENTI

    • AMBIENTE & SVILUPPO 10/2020: “La riforma della responsabilità estesa del produttore (EPR): impatti sulla disciplina degli imballaggi”, di Claudio Bovino

    8.5.2 La responsabilità del produttore e del detentore dei rifiuti

    8.5.2La responsabilità del produttore e del detentore dei rifiuti

    L’analisi delle disposizioni che riguardano il produttore di rifiuti o il detentore, non può che partire dal ricordare come la normativa vigente definisce tali tipologie di soggetti all’interno dell’art. 183 del D.Lgs. n. 152/2006:

    “produttore di rifiuti”: il soggetto la cui attività produce rifiuti e il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti (nuovo produttore);

    “detentore”: il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che ne è in possesso.

    Il produttore iniziale, o altro detentore, di rifiuti provvede al loro trattamento direttamente ovvero mediante l’affidamento ad intermediario, o ad un commerciante o alla loro consegna a un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti, o ad un soggetto addetto alla raccolta o al trasporto dei rifiuti, pubblico o privato, nel rispetto della Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006.

    Nota: i costi della gestione dei rifiuti sono sostenuti dal produttore iniziale dei rifiuti nonché dai detentori che si succedono a vario titolo nelle fasi del ciclo di gestione.

    La consegna dei rifiuti, ai fini del trattamento, dal produttore iniziale o dal detentore ad uno dei soggetti di cui sopra, non costituisce esclusione automatica della responsabilità rispetto alle operazioni di effettivo recupero o smaltimento.

    Al di fuori dei casi di concorso di persone nel fatto illecito e di quanto previsto dal Regolamento CE n. 1013/2006 (relativo alle spedizioni di rifiuti), la responsabilità del produttore o del detentore per il recupero o smaltimento dei rifiuti è esclusa:

    • in caso di conferimento dei rifiuti al servizio pubblico di raccolta;

    • in caso di conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento, a condizione che il detentore abbia ricevuto, entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, il formulario di cui all’art. 193 del D.Lgs. n. 152/2006 (si veda oltre per i dettagli) controfirmato e datato in arrivo dal destinatario, ovvero alla scadenza del predetto termine il produttore o detentore abbia provveduto a dare comunicazione alla Provincia della mancata ricezione del formulario. Per le spedizioni transfrontaliere di rifiuti tale termine è elevato a sei mesi e la comunicazione è effettuata alla Regione.

    Come stabilito dall’art. 188, comma 5, D.Lgs. n. 152/2006 (come modificato dal D.Lgs. n. 213/2022), nel caso di conferimento di rifiuti a soggetti autorizzati alle operazioni intermedie di smaltimento, quali il raggruppamento, il ricondizionamento e il deposito preliminare di cui ai punti D13, D14, D15 dell’allegato B, parte quarta, D.Lgs. n. 152/2006, la responsabilità per il corretto smaltimento dei rifiuti è attribuita al soggetto che effettua dette operazioni; tale disposizione si applica sino alla data di entrata in vigore del decreto che disciplinerà il registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti (in cui saranno definite anche le modalità per la verifica ed invio della comunicazione dell’avvio a recupero o smaltimento dei rifiuti, nonché le responsabilità da attribuire all’intermediario dei rifiuti).

    Per quanto riguarda i rifiuti urbani, si evidenziano alcune novità introdotte nel D.Lgs. n. 152/2006 ad opera del D.Lgs. n. 116/2020 per le utenze non domestiche:

    • ai sensi dell’art. 198 possono conferire al di fuori del servizio pubblico i propri rifiuti urbani previa dimostrazione di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi;

    • nel caso di cui al punto precedente e con riferimento ai rifiuti urbani di cui all’art. 183 comma 1, lett. b-ter), punto 2, tali soggetti, come stabilito dall’art. 238, comma 10 (come modificato dalla L. n. 118/2022), sono esclusi dalla corresponsione della componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti; le medesime utenze effettuano la scelta di servirsi del gestore del servizio pubblico o del ricorso al mercato per un periodo non inferiore a due anni.

    Nota: la norma all’art. 183, comma 1, lett. b-ter), punto 2, D.Lgs. n. 152/2006 individua i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell’allegato L-quater prodotti dalle attività riportate nell’allegato L-quinquies alla parte quarta del medesimo Decreto.

    Nota: in base a quanto stabilito dal D.L. n. 41/2021 (come convertito dalla Legge n. 69/2021), la scelta delle utenze non domestiche di cui all’art. 238, comma 10, D.Lgs. n. 152/2006, deve essere comunicata al comune, o al gestore del servizio rifiuti in caso di tariffa corrispettiva, entro il 30 giugno di ciascun anno, con effetto dal 1° gennaio dell’anno successivo. Solo per l’anno 2021 la scelta andava comunicata entro il 31 maggio con effetto dal 1° gennaio 2022.

    GIURISPRUDENZA

    In particolare, la giurisprudenza pone l’attenzione su:

    Nozione di “produttore di rifiuti”

    L’art. 1, Legge n. 125/2015 - che ha esteso la nozione di “produttore di rifiuti” di cui all’art. 183, comma 1, lett. f), D.Lgs. n. 152/2006 anche al produttore “giuridico” e non solo materiale del residuo da destinare allo smaltimento - non ha modificato il quadro delle responsabilità dei soggetti coinvolti nel traffico illecito di cui si discute. Infatti, la nuova disposizione, letta in combinato disposto con l’art 188, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006, pur avendo specificato la responsabilità del produttore giuridico di rifiuti - da doversi intendere quale committente dei lavori da cui deriva la produzione degli stessi - non ha certamente escluso la responsabilità del produttore materiale, ossia del soggetto che abbia, di fatto, prodotto le sostanze destinati allo smaltimento:

    • Cass., sez. III, n. 39952/2019

    La responsabilità condivisa nella gestione dei rifiuti

    Deve ritenersi consolidato il c.d. principio della responsabilità condivisa nella gestione dei rifiuti. Ciò comporta che la responsabilità per la corretta gestione dei rifiuti grava su tutti i soggetti coinvolti nella loro produzione, detenzione, trasporto e smaltimento, essendo detti soggetti investiti di una posizione di garanzia in ordine al corretto smaltimento dei rifiuti stessi. Occorre tener conto, infatti, dei principi generali di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nel ciclo afferente alla gestione dei rifiuti, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 178 e 188, D.Lgs. n. 152/2006, e più in generale dei principi dell’ordinamento nazionale e comunitario, con particolare riferimento al principio comunitario “chi inquina paga”, di cui all’art. 174, par. 2, del trattato, e alla necessità di assicurare un elevato livello di tutela dell’ambiente, esigenza su cui si fonda, appunto, l’estensione della posizione di garanzia in capo ai soggetti in questione:

    • Cass., sez. III, n. 5912/2020; Cass., sez. III, n. 41809/2022

    La responsabilità condivisa estesa all’omesso controllo

    Nel settore dei rifiuti vige il principio, sotteso all’esigenza di assicurare un elevato livello di tutela dell’ambiente di diretta derivazione dalla normativa comunitaria basata sulla regola del “chi inquina paga”, della “responsabilità condivisa” e della vicendevole cooperazione per la corretta gestione dei rifiuti, sancito dal combinato disposto degli artt. 178 e 188 D.Lgs. n. 152/2006, che grava su tutti i soggetti coinvolti a qualunque titolo nel ciclo della gestione dei rifiuti, comprensivo di tutte le attività di produzione, detenzione, trasporto e smaltimento, e che si estende al di là della sfera di operatività della condotta del singolo, chiamato a rispondere per omesso controllo anche dell’operato di tutti i soggetti le cui condotte si intersechino con la propria.

    • Cass., sez. III, n. 20734/2022

    Responsabilità dell’amministratore di diritto in materia di reati ambientali

    Il principio secondo cui risponde del reato contravvenzionale posto in essere dall’amministratore di fatto di una società anche l’amministratore di diritto della stessa qualora abbia omesso, sia pure per colpa, di esercitare il necessario controllo sull’attività del primo, attesa la natura anche colposa della fattispecie trova applicazione in materia di reati ambientali e prevenzionistici. Un parametro di valutazione circa l’effettiva e concreta possibilità di impedire la consumazione del reato posto in essere dall’amministratore di fatto può essere offerto dalle disposizioni di cui all’art. 6, D.Lgs. n. 231/2001, in tema di esclusione della responsabilità dell’ente per il reato commesso dall’amministratore e dalle persone sottoposte alla sua direzione e vigilanza.

    • Cass., sez. III, n. 42236/2023

    APPROFONDIMENTI

    • AMBIENTE & SVILUPPO 5/2022: “La responsabilità del committente nella gestione dei rifiuti”, di Alessio Scarcella

    8.5.3 Registrazioni e tracciabilità

    8.5.3Registrazioni e tracciabilità

    In materia di tracciabilità dei rifiuti vi sono stati importanti cambiamenti negli ultimi anni che hanno determinato, da un lato, la definitiva soppressione del SISTRI, e, dall’altro lato la previsione di un sistema di tracciabilità fondato su un approccio sostanzialmente diverso, alla luce anche di quanto stabilito dalla Direttiva UE n. 851/2018.

    Partiamo con il ricordare la Legge 11 febbraio 2019, n. 12 (in vigore dal 13 febbraio 2019; ha convertito con modifiche il D.L. 14 dicembre 2018, n. 135), che ha introdotto le seguenti rilevanti disposizioni in materia di tracciabilità dei dati inerenti i rifiuti:

    • dalla data di entrata in vigore della Legge n. 12/2019, è istituito il Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti, gestito direttamente dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (oggi Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica), cui sono tenuti ad iscriversi gli enti e le imprese che effettuano il trattamento dei rifiuti, i produttori di rifiuti pericolosi egli enti e le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti pericolosi a titolo professionale o che operano in qualità di commercianti ed intermediari di rifiuti pericolosi, i Consorzi istituiti per il recupero e il riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti, nonché, con riferimento ai rifiuti non pericolosi, i soggetti di cui all’art. 189, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006;

    • dovrà essere emesso un Decreto che definirà i termini per l’iscrizione al Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti, nonché le modalità di organizzazione e funzionamento del Registro elettronico nazionale, le modalità di iscrizione dei soggetti obbligati e di coloro che intendano volontariamente aderirvi, nonché gli adempimenti cui i medesimi sono tenuti, secondo criteri di gradualità per la progressiva partecipazione di tutti gli operatori; tale Decreto definirà anche le sanzioni amministrative pecuniarie da applicarsi in caso di violazione degli obblighi previsti;

    • dal 1° gennaio 2019 e fino alla piena operatività di tale registro elettronico nazionale la tracciabilità dei rifiuti è garantita effettuando gli adempimenti di cui agli artt. 188 (Responsabilità della gestione dei rifiuti), 189 (MUD), 190 (registro di carico e scarico) e 193 (trasporto dei rifiuti) del D.Lgs. n. 152/2006 nel testo previgente alle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 205/2010; anche le disposizioni di cui all’art. 258, D.Lgs. n. 152/2006 trovano applicazione con riferimento al testo previgente alle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 205/2010;

    • l’iscrizione al registro elettronico nazionale la tracciabilità dei rifiuti comporterà il versamento di un diritto di segreteria e di un contributo annuale, che saranno definiti con il Decreto di cui alla precedente lett. b).

    Nota: la Legge n. 12/2019 ha stabilito anche la soppressione del SISTRI dal 1° gennaio 2019; in relazione a ciò la Legge stabilisce anche che non sono dovuti i contributi di iscrizione al SISTRI (di cui all’art. 14-bis, D.L. 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla Legge 3 agosto 2009, n. 102, e all’art. 7 del D.M. Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 30 marzo 2016, n. 78). Per il recupero dei contributi per il SISTRI dovuti e non corrisposti e delle richieste di rimborso o di conguaglio da parte di utenti del SISTRI, l’art. 194-bis, D.Lgs. n. 152/2006 prevede che il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con proprio decreto di natura non regolamentare, stabilisce procedure semplificate per la regolarizzazione della posizione contributiva degli utenti, anche mediante ravvedimento operoso, acquiescenza o accertamento concordato in contraddittorio.

    Successivamente, importanti novità sono state introdotte dal D.Lgs. n. 116/2020, con cui è stata recepita nell’ordinamento italiano la Direttiva UE n. 851/2018, e che ha innovato il D.Lgs. n. 152/2006 anche dal punto di vista del sistema di tracciabilità dei rifiuti e delle disposizioni riguardanti le registrazioni. In particolare, il contenuto dell’art. 188-bis del D.Lgs. n. 152/2006 che precedentemente recava “Controllo della tracciabilità dei rifiuti”, è stato interamente sostituito, e ora reca “Sistema di tracciabilità dei rifiuti”, e prevede che il sistema di tracciabilità dei rifiuti si componga delle procedure e degli strumenti di tracciabilità dei rifiuti integrati nel Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti.

    Per una lettura aggiornata e completa dell’art. 188-bis del D.Lgs. n. 152/2006 dobbiamo, inoltre, tenere conto delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 213/2022 (pubblicato il 1° giugno 2023 ed in vigore dal 16 giugno 2023).

    La norma stabilisce, innanzitutto, che il Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti sia gestito direttamente dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica con il supporto tecnico operativo dell’Albo nazionale dei gestori.

    L’art. 188-bis rimanda all’emissione di uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica per definire, tra l’altro, le modalità per la tenuta e compilazione del registro carico e scarico e del formulario ed i relativi modelli di riferimento, nonché le modalità per l’iscrizione al registro medesimo, gli importi dovuti a titolo di diritti di segreteria e di contributo, e le modalità di coordinamento tra le comunicazioni al Catasto dei rifiuti (si veda il paragrafo successivo) e gli adempimenti previsti dal Registro elettronico nazionale, e, in generale, i termini di funzionamento del Registro elettronico nazionale.

    Ecco, allora, che è stato pubblicato il 31 maggio 2023 il D.M. n. 59/2023 “Regolamento recante: «Disciplina del sistema di tracciabilità dei rifiuti e del registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti ai sensi dell’articolo 188-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152»”, normativa che entra nel merito, appunto, dell’organizzazione e del funzionamento del registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti (RENTRI), definendo:

    • i modelli ed i formati relativi al registro cronologico di carico e scarico dei rifiuti ed al formulario di identificazione di cui agli artt. 190 e 193 del D.Lgs. n. 152/2006;

    • le modalità di iscrizione al RENTRI e gli adempimenti connessi, sia per i soggetti obbligati all’iscrizione sia per i soggetti che intendano aderirvi volontariamente;

    • i termini di funzionamento del RENTRI;

    • le modalità di condivisione dei dati del RENTRI con ISPRA;

    • le modalità di interoperabilità per l’acquisizione della documentazione connessa alle spedizioni di rifiuti;

    • le modalità di svolgimento delle funzioni di supporto da parte dell’Albo nazionale gestori ambientali;

    • le modalità di accesso ai dati del RENTRI da parte degli organi di controllo;

    • le modalità per la verifica e l’invio della comunicazione dell’avvio a recupero o smaltimento dei rifiuti.

    Per entrare nel merito delle disposizioni contenute nel D.M. n. 59/2023, partiamo dal considerarne la struttura a partire dal Titolo II (il Titolo I attiene essenzialmente l’inquadramento di oggetto e finalità, e le definizioni di riferimento):

    Titolo II REGISTRO CRONOLOGICO DI CARICO E SCARICO E FORMULARIO DI IDENTIFICAZIONE
    In questa parte del decreto troviamo, come suggerisce il titolo, le disposizioni in materia di registro cronologico e di formulario di identificazione. Il decreto contiene, peraltro, i nuovi modelli previsti per queste due tipologie di registrazione, riportati rispettivamente in Allegato I ed in Allegato II al decreto.
    Titolo III REGISTRO ELETTRONICO NAZIONALE PER LA TRACCIABILITÀ DEI RIFIUTI
    In questa parte del decreto troviamo disposizioni di rilievo quali la descrizione della struttura organizzativa del RENTRI, le funzioni di supporto dell’Albo nazionale gestori ambientali, le modalità ed i termini per l’iscrizione al RENTRI, le disposizioni sul contributo annuale ed il diritto di segreteria, e quelle sulla trasmissione dei dati. Inoltre, sono riportati gli obblighi che riguardano i sistemi di geolocalizzazione per i soggetti che effettuano il trasporto, nonché la descrizione delle modalità da seguire in caso di delega ad altri soggetti. In questa parte del decreto troviamo, infine, l’art. 21 che rimanda all’emissione di decreti direttoriali.

    Titolo IV DISPOSIZIONI ABROGATIVE E FINALI
    Sono dettate le disposizioni che riguardano, in particolare, l’abrogazione del D.M. n. 145/1998 e del D.M. n. 148/1998, in relazione all’introduzione di nuovi formati di registro carico e scarico e di formulario di identificazione ad opera del D.M. n. 59/2023.

    È importante evidenziare che l’art. 21 del D.M. n. 59/2023 prevede che debbano essere emessi uno o più decreti direttoriali (che sono pubblicati sul sito del RENTRI) da parte del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, sentito l’Albo nazionale gestori ambientali, per definire una serie di aspetti operativi, quali:

    a) le modalità operative per assicurare la trasmissione dei dati al RENTRI ed il suo funzionamento, nonché il monitoraggio con i relativi indicatori, anche nel rispetto delle disposizioni contenute nel regolamento (UE) 2016/679;

    b) le istruzioni per l’accesso e l’iscrizione da parte degli operatori al RENTRI, l’informativa sulla privacy volta ad ottenere il previsto consenso al trattamento dei dati di cui al regolamento (UE) 2016/679, contenente, tra l’altro, la tipologia dei dati raccolti, la durata della loro conservazione nei sistemi informativi, le finalità perseguite, le operazioni da svolgere, l’individuazione del titolare del trattamento e il ruolo dei soggetti in esso coinvolti;

    c) i requisiti informatici per garantire l’interoperabilità del RENTRI con i sistemi adottati dagli operatori;

    d) le modalità di compilazione dei modelli di cui agli articoli 4 e 5;

    e) i requisiti per i servizi di consultazione da parte delle amministrazioni interessate;

    f) i manuali e le guide sintetiche a supporto degli operatori e degli utenti;

    g) le modalità di funzionamento degli strumenti di supporto di cui all’articolo 20.

    Il decreto direttoriale n. 143 del 6 novembre 2023 riguarda le lett. a), b), c) e g) di cui al precedente elenco, mentre il decreto direttoriale n. 251 del 19 dicembre 2023 attiene alle modalità di compilazione del registro carico e scarico e del formulario di identificazione di cui alla lett. d).

    Il RENTRI è articolato in una sezione Anagrafica (con i dati dei soggetti iscritti e autorizzazioni ad essi rilasciate) ed una sezione Tracciabilità (con i dati ambientali riguardanti il registro cronologico di carico e scarico ed il trasporto dei rifiuti).

    Nota: ricordiamo che il 1° giugno 2021 era stata pubblicata l’homepage del Registro Elettronico Nazionale (www.rentri.it): era stata prevista, infatti, una prima fase di sperimentazione che ha portato a realizzare un prototipo semplificato del Registro, attraverso il quale le imprese tenute all’iscrizione al Registro Elettronico Nazionale hanno potuto sperimentare direttamente le prime funzionalità del Registro.

    Come stabilito dall’art. 188-bis del D.Lgs. n. 152/2006, alla luce delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 213/2022, sono tenuti ad iscriversi al Registro elettronico nazionale i seguenti soggetti:

    • enti ed imprese che effettuano il trattamento dei rifiuti,

    • produttori di rifiuti pericolosi,

    • enti e imprese che raccolgono o trasportano rifiuti pericolosi a titolo professionale o che operano in qualità di commercianti ed intermediari di rifiuti pericolosi,

    • i Consorzi istituiti per il recupero e il riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti,

    • con riferimento ai rifiuti non pericolosi, i soggetti di cui all’art. 189, comma 3, che comprendono:

    • enti e imprese che raccolgono o trasportano rifiuti non pericolosi a titolo professionale, esclusi coloro che trasportano i propri rifiuti non pericolosi,

    • Commercianti ed intermediari di rifiuti non pericolosi,

    • produttori di rifiuti non pericolosi di cui ai punti c) (rifiuti prodotti nell’ambito delle lavorazioni industriali diversi da quelli urbani), d) (rifiuti speciali prodotti nell’ambito delle lavorazioni artigianali diversi da quelli urbani) e g) (rifiuti derivanti dall’attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue, nonché i rifiuti da abbattimento di fumi, dalle fosse settiche e dalle reti fognarie) dell’art. 184 del D.Lgs. n. 152/2006 con più di 10 dipendenti.

    I termini e le tempistiche per provvedere all’iscrizione al RENTRI sono stabiliti dagli artt. 12 e 13 del D.M. n. 59/2023, da leggere congiuntamente al Decreto direttoriale n. 97 del 22 settembre 2023, che ha fornito alcuni importanti chiarimenti. In particolare, possiamo così riassumere i termini per l’iscrizione al RENTRI stabiliti per i diversi soggetti obbligati:

    SOGGETTO OBBLIGATO ALL’ISCRIZIONE TERMINI PER L’ISCRIZIONE
    enti o imprese produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi con più di 50 dipendenti, e tutti gli altri soggetti diversi dai produttori iniziali, inclusi i soggetti delegati dai produttori di rifiuti ai sensi dell’articolo 18 a decorrere dal 15 dicembre 2024
    ed entro il 13 febbraio 2025
    enti o imprese produttori di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi con più di 10 dipendenti a decorrere dal 15 giugno 2025
    ed entro il 14 agosto 2025
    tutti i restanti produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi a decorrere dal 15 dicembre 2025
    ed entro il 13 febbraio 2026

    I soggetti non obbligati, o per i quali non decorra ancora l’obbligo, possono iscriversi volontariamente al RENTRI; è prevista la possibilità in qualsiasi momento di procedere alla cancellazione, con effetto a partire dall’anno solare successivo.

    Nota: la cancellazione dal RENTRI degli operatori iscritti o di una o più unità locale in ragione del venir meno nell’anno solare precedente dei requisiti che determinano l’obbligo di iscrizione ha effetto a partire dall’anno solare successivo.

    Nota: nel caso in cui un operatore avvii l’attività soggetta all’obbligo successivamente alle scadenze sopra indicate, l’iscrizione deve essere effettuata prima di procedere alla prima annotazione sul registro cronologico di carico e scarico.

    Nota: i soggetti che svolgono attività di trattamento dei rifiuti al momento dell’iscrizione inseriscono nella sezione anagrafica del RENTRI le informazioni relative alle autorizzazioni rilasciate dall’amministrazione competente ovvero alle comunicazioni effettuate ai sensi dell’art. 216 del D.Lgs. n. 152/2006. Tali soggetti sono tenuti, inoltre, a comunicare entro 30 giorni, con le medesime modalità, ogni variazione rispetto alla documentazione trasmessa.

    L’iscrizione al RENTRI prevede l’obbligo di versamento di un diritto di segreteria e di un contributo annuale per ciascuna unità locale soggetta all’obbligo di iscrizione, che consentono la copertura degli oneri derivanti dal funzionamento del RENTRI. Il contributo annuale per il primo anno è versato, unitamente al diritto di segreteria, al momento dell’iscrizione, mentre per gli anni successivi al primo, il contributo annuale è versato entro il 30 aprile di ciascun anno.

    Nota: ogni variazione all’iscrizione è soggetta al pagamento del diritto di segreteria.

    È importante evidenziare che il D.M. n. 59/2023 disciplina all’interno dell’art. 18 la possibilità per i produttori iniziali di rifiuti di adempiere agli obblighi di cui al Titolo III del decreto stesso (anche con riferimento alle attività di raccolta e trasporto dei propri rifiuti), delegando, al momento dell’iscrizione o successivamente ad essa, le rispettive associazioni imprenditoriali rappresentative sul piano nazionale o società di servizi di diretta emanazione delle stesse, ovvero il gestore del servizio di raccolta o del circuito organizzato di raccolta (di cui all’art. 183, comma 1, lett. pp, del D.Lgs. n. 152/2006).

    I soggetti delegati sono chiamati ad iscriversi al RENTRI in apposita sezione (attestando il possesso dei requisiti descritti dalle procedure operative di cui al decreto direttoriale n. 143 del 6 novembre 2023) e a trasmettere i dati con le modalità e le tempistiche stabilite dal D.M. n. 59/2023. Va ricordato che i produttori rimangono responsabili del contenuto delle informazioni inserite nel sistema.

    I dettagli di carattere operativo riguardanti le modalità di iscrizione al RENTRI sono riportati all’interno del decreto direttoriale n. 143 del 6 novembre 2023, e, nello specifico, nelle schede da 1 a 3 riportate in allegato al decreto medesimo.

    L’art. 15 del D.M. n. 59/2023 disciplina gli obblighi che riguardano la trasmissione dei dati al RENTRI, e stabilisce, in particolare, quanto segue:

    • a decorrere dalla data di iscrizione, gli operatori obbligati alla tenuta del registro di carico e scarico provvedono alla trasmissione al RENTRI dei dati contenuti nel registro stesso; la trasmissione di tali dati è effettuata con cadenza mensile (entro la fine del mese successivo a quello in cui è stata effettuata l’annotazione). La trasmissione non è dovuta nel caso in cui nel mese di riferimento non ci siano nuove annotazioni. I soggetti delegati trasmettono i dati entro la fine del secondo mese successivo a quello in cui è stata effettuata l’annotazione.

    • Sono definiti obblighi che riguardano la trasmissione al RENTRI dei dati dei formulari di identificazione dei rifiuti pericolosi da parte di enti e imprese che producono, trasportano o trattano rifiuti.

    Si rimanda al decreto direttoriale n. 143 del 6 novembre 2023 per maggiori dettagli su tali aspetti.

    Un’altra interessante novità introdotta dal D.M. n. 59/2023 (art. 16) riguarda i soggetti obbligati all’iscrizione al RENTRI che trasportano rifiuti speciali pericolosi, che sono tenuti a garantire la presenza sui mezzi di trasporto dei rifiuti di sistemi di geolocalizzazione basati sulle tecnologie disponibili sul mercato, e ciò per assicurare la tracciabilità dei dati sui percorsi dei mezzi e la trasmissione di tali dati.

    Nota: non sono tenuti a tale obbligo i soggetti che effettuano trasporto dei propri rifiuti.

    Inoltre, a decorrere dal 15 dicembre 2024 la disponibilità dei sistemi di geolocalizzazione sui mezzi rappresenta requisito di idoneità tecnica per l’iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali e per il mantenimento delle iscrizioni in essere alla data del 15 giugno 2023.

    Tramite il RENTRI il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica mette a disposizione un servizio per i singoli operatori al fine di agevolare l’assolvimento degli adempimenti agli obblighi stabiliti dal D.M. n. 59/2023, e rende disponibili i servizi per l’utilizzo in interoperabilità degli strumenti di autenticazione e sottoscrizione digitale nel rispetto di quanto previsto dal Codice dell’amministrazione digitale e dalle regole tecniche definite dall’AgID.

    ➔ MUD e catasto

    Il Catasto dei rifiuti è stato istituito dall’art. 3, D.L. 9 settembre 1988, n. 397 (convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 novembre 1988, n. 475) ed è articolato in una Sezione nazionale, con sede a Roma presso l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), e in Sezioni regionali e delle Province autonome di Trento e di Bolzano presso le corrispondenti Agenzie regionali e delle Province autonome per la protezione dell’ambiente.

    La finalità è di assicurare un quadro conoscitivo completo e costantemente aggiornato, anche ai fini della pianificazione delle attività di gestione dei rifiuti, dei dati raccolti attraverso la comunicazione che i soggetti obbligati devono annualmente trasmettere (e che riguarda le quantità e le caratteristiche qualitative dei rifiuti oggetto delle attività svolte dagli stessi soggetti) e mediante gli strumenti di tracciabilità previsti dalla Parte quarta del D.Lgs. n. 152/2006.

    Tale comunicazione è effettuata mediante il Mod. UNICO di Dichiarazione Ambientale (MUD) inviato, entro il 30 aprile di ogni anno (in riferimento ai dati dell’anno solare precedente), alla Camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura territorialmente competente. I soggetti obbligati sono:

    • soggetto che effettua a titolo professionale attività di raccolta e di trasporto di rifiuti;

    • le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti pericolosi;

    • commerciante di rifiuti senza detenzione;

    • intermediario di rifiuti senza detenzione;

    • le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero di rifiuti;

    • le imprese e gli enti che effettuano operazioni di smaltimento di rifiuti;

    • consorzi istituiti per il recupero e il riciclaggio degli imballaggi e di particolari tipologie di rifiuti;

    • le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi;

    • le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi da lavorazioni industriali se diversi dai rifiuti urbani;

    • le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi da lavorazioni artigianali se diversi dai rifiuti urbani;

    • le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue, nonché i rifiuti da abbattimento di fumi, dalle fosse settiche e dalle reti fognarie;

    • i gestori degli impianti e dei servizi portuali per la raccolta dei rifiuti prodotti dalle navi ed i residui del carico.

    Sono esonerati da tale obbligo gli imprenditori agricoli di cui all’art. 2135 cod. civ. con un volume di affari annuo non superiore a 8.000 euro, le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’art. 212, comma 8, D.Lgs. n. 152/2006, nonché, per i soli rifiuti non pericolosi, le imprese e gli enti produttori iniziali che non hanno più di dieci dipendenti. La norma prevede, inoltre, che nel caso in cui i produttori di rifiuti speciali conferiscano i medesimi al servizio pubblico di raccolta competente per territorio, ovvero ad un circuito organizzato di raccolta (di cui all’art. 183, comma 1, lett. pp, D.Lgs. n. 152/2006), previa apposita convenzione, la comunicazione è effettuata dal gestore del servizio limitatamente alla quantità conferita.

    I dati da comunicare attraverso il MUD riguardano le quantità e le caratteristiche qualitative dei rifiuti oggetto delle predette attività, dei materiali prodotti all’esito delle attività di recupero nonché i dati relativi alle autorizzazioni ed alle comunicazioni inerenti le attività di gestione dei rifiuti.

    Il formato da utilizzare e le istruzioni per la compilazione sono definite e aggiornate in genere annualmente. Il modello unico di dichiarazione ambientale (MUD) da utilizzare per l’anno 2024 (con riferimento all’anno 2023) è disciplinato dal D.P.C.M. 26 gennaio 2024, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 2 marzo 2024. Tenuto conto dell’art. 6, Legge n. 70/1994, il MUD relativo all’anno 2023 andrà presentato entro il 1° luglio 2024 (e non entro il 30 aprile 2024) poiché tale norma prevede che, nel caso in cui siano apportate modifiche al MUD nell’anno successivo a quello di riferimento attraverso apposito D.P.C.M., il termine di presentazione sia da individuarsi in 120 giorni dalla data di pubblicazione del decreto medesimo (tale termine corrisponderebbe al 30 giugno 2024, giorno festivo e, pertanto, va considerato il primo giorno non festivo successivo).

    Le disposizioni relative al MUD sono contenute nell’art. 189, D.Lgs. n. 152/2006.

    Nota: ai sensi dell’art. 266, comma 5, D.Lgs. n. 152/2006, non si applicano gli obblighi di cui all’art. 189, D.Lgs. n. 152/2006 alle attività di raccolta e trasporto di rifiuti effettuate dai soggetti abilitati allo svolgimento delle attività medesime in forma ambulante, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio.

    Nota: i soggetti responsabili del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani comunicano annualmente, secondo le modalità previste dalla Legge 25 gennaio 1994, n. 70, le informazioni di cui all’art. 189, comma 5, D.Lgs. n. 152/2006 relative all’anno precedente.

    Il D.M. n. 59/2023 che regolamenta il RENTRI prevede che esso sia interconnesso telematicamente con il catasto dei rifiuti, nel rispetto di modalità di interoperabilità, tempi e standard definiti dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica con ISPRA. È opportuno evidenziare che, a partire dalla prima annualità successiva alla scadenza per l’iscrizione al RENTRI per i soggetti obbligati (si veda il paragrafo precedente per i dettagli) sarà reso disponibile annualmente un modello precompilato da integrare, ove necessario e nel rispetto del formato definito dal modello unico di dichiarazione (MUD) di cui all’art. 1, comma 3 della L. n. 70/1994, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di trasmissione.

    € SANZIONI

    Art. 258, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006: la mancata comunicazione o la comunicazione effettuata in modo incompleto o inesatto è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 10.000 euro.

    Art. 258, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006: se la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 26 a 160 euro.

    Art. 258, comma 5, D.Lgs. n. 152/2006: se le indicazioni sono formalmente incomplete o inesatte ma le informazioni siano rinvenibili in forma corretta dai dati riportati nella comunicazione al catasto, nei registri cronologici di carico e scarico, nei formulari di identificazione dei rifiuti trasportati e nelle altre scritture contabili tenute per legge, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 260 a 1.550 euro.

    Art. 258, comma 5, D.Lgs. n. 152/2006: se le indicazioni sono formalmente incomplete o inesatte ma contengono gli elementi atti a ricostruire le informazioni richieste ai sensi di legge si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 260 a 1.550 euro. La stessa pena si applica nei casi di mancato invio alle autorità competenti.

    Art. 258, comma 7, D.Lgs. n. 152/2006: I soggetti responsabili del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani che non effettuano la comunicazione di cui all’art. 189, comma 5, ovvero la effettuano in modo incompleto o inesatto, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 10.000 euro; nel caso in cui la comunicazione sia effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della Legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 26 a 160 euro.

    Art. 258, comma 9, D.Lgs. n. 152/2006: Chi con un’azione od omissione viola diverse disposizioni di cui all’art. 258, D.Lgs. n. 152/2006, ovvero commette più violazioni della stessa disposizione, soggiace alla sanzione amministrativa prevista per la violazione più grave, aumentata sino al doppio. La stessa sanzione si applica a chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di cui all’art. 258, D.Lgs. n. 152/2006.

    Nota: in base alle modifiche apportate all’art. 258 del D.Lgs. n. 152/2006 dalla L. n. 191/2023, le disposizioni di cui al comma 9 si applicano a tutte le violazioni commesse anteriormente al 26 settembre 2020 (data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 116/2020), per le quali non sia già intervenuta sentenza passata in giudicato.

    ➔ Registro cronologico di carico e scarico

    Il registro cronologico di carico e scarico, disciplinato dall’art. 190 del D.Lgs. n. 152/2006 (come modificato dal D.Lgs. n. 213/2022), è un documento in cui sono annotate per ogni tipologia di rifiuto la quantità prodotta o trattata, la natura e l’origine di tali rifiuti e la quantità dei prodotti e materiali ottenuti dalle operazioni di trattamento quali preparazione per il riutilizzo, riciclaggio e altre operazioni di recupero nonché, laddove previsto, gli estremi del formulario di identificazione di cui all’art. 193 del D.Lgs. n. 152/2006 (per il quale si rimanda al paragrafo successivo).

    Di seguito i soggetti obbligati alla tenuta del registro:

    • soggetti che effettuano a titolo professionale attività di raccolta e di trasporto di rifiuti;

    • i commercianti e gli intermediari di rifiuti senza detenzione;

    • le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento di rifiuti;

    • i consorzi e i sistemi riconosciuti istituiti per il recupero e il riciclaggio degli imballaggi e di particolari tipologie di rifiuti;

    • le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi (vedere nota sotto riportata);

    • le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi derivanti da lavorazioni industriali se diversi dai rifiuti urbani (art. 184, comma 3, lett. c), D.Lgs. n. 152/2006);

    • le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi derivanti da lavorazioni artigianali se diversi dai rifiuti urbani (art. 184, comma 3, lett. d), D.Lgs. n. 152/2006);

    • le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue nonché i rifiuti da abbattimento di fumi, dalle fosse settiche e dalle reti fognarie (art. 184, comma 3, lett. g), D.Lgs. n. 152/2006).

    Nota: gli imprenditori agricoli di cui all’art. 2135 cod. civ. che producono rifiuti pericolosi, nonché i soggetti esercenti attività ricadenti nell’ambito dei codici ATECO 96.02.01, 96.02.02, 96.02.03 e 96.09.02 che producono rifiuti pericolosi, compresi quelli aventi codice EER 18.01.03*, relativi ad aghi, siringhe e oggetti taglienti usati ed i produttori di rifiuti pericolosi non rientranti in organizzazione di ente o impresa, quando obbligati alla tenuta del registro carico e scarico, possono adempiere all’obbligo di tenuta del registro attraverso una delle seguenti modalità che sono valide anche ai fini della comunicazione al catasto di cui all’art. 189 del D.Lgs. n. 152/2006 (di cui al paragrafo precedente):

    • con la conservazione progressiva per tre anni del formulario di identificazione relativo al trasporto dei rifiuti o dei documenti sostitutivi previsti dall’art. 193, D.Lgs. n. 152/2006;

    • con la conservazione per tre anni del documento di conferimento rilasciato dal soggetto che provvede alla raccolta di detti rifiuti nell’ambito del circuito organizzato di raccolta di cui all’art. 183, D.Lgs. n. 152/2006.

    Sono esclusi dall’obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico:

    • gli imprenditori agricoli di cui all’art. 2135 cod. civ., con un volume di affari annuo non superiore a 8.000 euro;

    • le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi, di cui all’art. 212, comma 8, D.Lgs. n. 152/2006;

    • per i soli rifiuti non pericolosi, le imprese e gli enti produttori iniziali che non hanno più di dieci dipendenti.

    L’obbligo di tenuta del registro carico e scarico non si applica, inoltre, ai sensi dell’art. 184 del D.Lgs. n. 152/2006, alle frazioni separate di rifiuti pericolosi prodotti da nuclei domestici fino a che siano accettate per la raccolta, lo smaltimento o il recupero da un ente o un’impresa che abbiano ottenuto l’autorizzazione o siano registrate in conformità agli artt. 208, 212, 214 e 216 del D.Lgs. n. 152/2006.

    La compilazione del registro cronologico di carico e scarico deve essere effettuata rispettando la tempistica prevista dall’art. 190 del D.Lgs. n. 152/2006 per i diversi soggetti, come di seguito riportato:

    • produttori di rifiuti: almeno entro dieci giorni lavorativi dalla produzione del rifiuto e dallo scarico del medesimo;

    • soggetti che effettuano la raccolta e il trasporto: almeno entro dieci giorni lavorativi dalla data di consegna dei rifiuti all’impianto di destino;

    • commercianti, intermediari e consorzi: almeno entro dieci giorni lavorativi dalla data di consegna dei rifiuti all’impianto di destino; la circolare Ministeriale n. GAB/DEC/812/98 del 4 agosto 1998 indica che i soggetti che effettuano attività di intermediazione e commercio con detenzione dei rifiuti sono equiparati, ai fini della tenuta dei registri, ai soggetti che effettuano attività di recupero e smaltimento e, pertanto, l’obbligo di annotazione va adempiuto negli stessi termini;

    • soggetti che effettuano le operazioni di recupero e di smaltimento: entro due giorni lavorativi dalla presa in carico dei rifiuti.

    I registri di carico e scarico sono tenuti, o resi accessibili, presso ogni impianto di produzione, di stoccaggio, di recupero e di smaltimento di rifiuti, nonché presso la sede delle imprese che effettuano attività di raccolta e trasporto, nonché presso la sede operativa dei commercianti e degli intermediari. I registri, integrati con i formulari relativi al trasporto dei rifiuti (si veda il paragrafo successivo), sono conservati per tre anni dalla data dell’ultima registrazione, ad eccezione dei registri relativi alle operazioni di smaltimento dei rifiuti in discarica, che devono essere conservati a tempo indeterminato ed al termine dell’attività devono essere consegnati all’autorità che ha rilasciato l’autorizzazione. I registri relativi agli impianti dismessi o non presidiati possono essere tenuti presso la sede legale del soggetto che gestisce l’impianto.

    Le informazioni contenute nel registro sono rese disponibili in qualunque momento all’autorità di controllo che ne faccia richiesta.

    Si ricorda che, ai sensi dell’art. 188-bis del D.Lgs. n. 152/2006 che disciplina il sistema di tracciabilità dei rifiuti, in termini generali e fatte salve le disposizioni sotto riportate riguardanti un periodo transitorio, gli adempimenti di cui all’art. 190 sono effettuati digitalmente da parte dei soggetti obbligati all’iscrizione al Registro elettronico nazionale e dei soggetti che intendono aderirvi volontariamente, mentre negli altri casi si provvede mediante il formato cartaceo.

    Il nuovo modello di registro carico e scarico introdotto dal D.M. n. 59/2023 entra in vigore il 13 febbraio 2025, come chiarito anche dal Decreto direttoriale n. 97 del 22 settembre 2023. Tale decreto direttoriale ha, inoltre, chiarito, che l’obbligo di tenuta in formato digitale del registro carico e scarico si applica dal 13 febbraio 2025 per i soggetti tenuti ad iscriversi tra il 15 dicembre 2024 ed il 13 febbraio 2025, e a partire dalla data di iscrizione al RENTRI per gli altri soggetti obbligati all’iscrizione stessa.

    Il D.M. n. 59/2023 contiene, inoltre, le seguenti disposizioni relativamente al registro cronologico carico e scarico:

    – nel registro cronologico carico e scarico sono integrate anche le informazioni dei formulari di identificazione del rifiuto (si veda il paragrafo successivo);
    – la tenuta del registro in modalità digitale prevede la vidimazione digitale mediante l’assegnazione di un codice univoco dal servizio di vidimazione digitale delle camere di commercio (tramite apposita applicazione utilizzabile attraverso il RENTRI);
    – la compilazione in modalità digitale deve assicurare che:
    a) le registrazioni sono rese consultabili agli organi di controllo con mezzi informatici messi a disposizione dall’operatore, che ne deve assicurare il corretto funzionamento e costituiscono informazione primaria e originale da cui è possibile effettuare, su diversi tipi di supporto, riproduzioni e copie per gli usi consentiti dalla legge. Le registrazioni sono effettuate dagli operatori in modo da garantire la possibilità di riproduzione dei documenti posti in conservazione e l’estrazione delle informazioni dagli archivi informatici, relativamente alla serie di dati trasmessi al RENTRI, qualora ciò sia richiesto in sede di ispezioni o verifiche da parte degli organi di controllo;
    b) i numeri di ciascuna registrazione che compongono il registro sono progressivi e non modificabili e garantiscono l’identificabilità dell’utente;
    c) qualunque rettifica alle registrazioni è memorizzata con l’identificativo dell’utente che l’ha effettuata e l’identificativo temporale con data ed ora;
    d) i sistemi gestionali adottati dall’operatore garantiscono nella formazione del documento il rispetto delle regole tecniche di cui al Codice dell’amministrazione digitale.

    Nota: il decreto direttoriale n. 143/2023 riporta i dettagli sulle modalità operative per la stampa in formato cartaceo del modello di registro carico e scarico, sulla vidimazione digitale del registro stesso, nonché sulle specifiche tecniche da rispettare per la tenuta del registro.

    Le istruzioni da seguire per la compilazione del registro cronologico di carico e scarico sono state fornite attraverso il decreto direttoriale n. 251 del 19 dicembre 2023, e, in particolare, le istruzioni sono riportate in Allegato 1 al decreto, organizzate per tipologia di soggetto obbligato alla tenuta del registro.

    Fino all’entrata in vigore dei modelli contenuti nel D.M. n. 59/2023, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al D.M. Ambiente 1° aprile 1998, n. 148, di cui riportiamo una descrizione degli aspetti principali:

    Disposizioni di carattere generale
    Il registro deve essere numerato e vidimato (dalla Camera di Commercio territorialmente competente), e gestito con le procedure e le modalità previste dalla normativa sui registri IVA. Il registro di carico e scarico deve essere completato con i dati relativi alla ditta, alla residenza e al codice fiscale prima della vidimazione; l’ubicazione dell’esercizio, invece, può essere indicata anche dopo la vidimazione, ma deve, comunque, precedere l’annotazione della prima operazione.
    Formato del registro
    Il modello di registro è riportato in Allegato A al D.M. Ambiente 1° aprile 1998, n. 148, fatta eccezione per intermediari e commercianti non detentori il cui modello di riferimento è riportato in Allegato B del medesimo Decreto.
    I registri di carico e scarico tenuti mediante strumenti informatici devono utilizzare carta a modulo continuo ed il modello di registro deve essere conforme a quello indicato nel D.M. Ambiente 1° aprile 1998, n. 148; la stampa di tali registri deve essere effettuata con la cadenza prevista per le diverse categorie di operatori (come sotto riportato), e comunque in sede di verifica da parte degli organi di controllo.
    Modalità di compilazione
    In Allegato C al D.M. Ambiente 1° aprile 1998, n. 148 sono descritte le modalità operative per la compilazione del registro; ulteriori note esplicative sono contenute nella circolare ministeriale n. GAB/DEC/812/98 del 4 agosto 1998.
    Casi particolari
    I soggetti la cui produzione annua di rifiuti non eccede le venti tonnellate di rifiuti non pericolosi e le quattro tonnellate di rifiuti pericolosi possono adempiere all’obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti anche tramite le organizzazioni di categoria interessate o loro società di servizi che provvedono ad annotare i dati previsti con cadenza mensile, mantenendo presso la sede dell’impresa copia dei dati trasmessi o, comunque, rendendola tempestivamente disponibile su richiesta degli organi di controllo;
    per le attività di gestione dei rifiuti costituiti da rottami ferrosi e non ferrosi, gli obblighi connessi alla tenuta dei registri di carico e scarico si intendono correttamente adempiuti anche qualora vengano utilizzati i registri IVA di acquisto e di vendita, secondo le procedure e le modalità fissate dall’art. 39, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633;
    le operazioni di gestione dei centri di raccolta di cui all’art. 183, D.Lgs. n. 152/2006 sono escluse dagli obblighi di tenuta del registro limitatamente ai rifiuti non pericolosi; per i rifiuti pericolosi la registrazione del carico e dello scarico può essere effettuata contestualmente al momento dell’uscita dei rifiuti stessi dal centro di raccolta e in maniera cumulativa per ciascun codice dell’elenco dei rifiuti;

    ai sensi dell’art. 266, comma 5, D.Lgs. n. 152/2006, non si applica l’obbligo di tenuta del registro carico scarico rifiuti alle attività di raccolta e trasporto di rifiuti effettuate dai soggetti abilitati allo svolgimento delle attività medesime in forma ambulante, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio;
    le seguenti organizzazioni sono esonerate dall’obbligo di tenuta del registro carico e scarico a condizione che dispongano di analoghe evidenze documentali o gestionali:
    • produttori che organizzano autonomamente, anche in forma collettiva, la gestione dei propri rifiuti di imballaggio sull’intero territorio nazionale;

    • produttori che attestano sotto la propria responsabilità che è stato messo in atto un sistema di restituzione dei propri imballaggi, mediante idonea documentazione che dimostri l’autosufficienza del sistema;

    • Consorzi di cui all’art. 223, D.Lgs. n. 152/2006;

    • Consorzio nazionale imballaggi (CONAI);

    • produttori e importatori di pneumatici che provvedono, singolarmente o in forma associata e con periodicità almeno annuale, alla gestione di quantitativi di pneumatici fuori uso pari a quelli dai medesimi immessi sul mercato e destinati alla vendita sul territorio nazionale;

    • Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti;

    • Consorzio nazionale per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene;

    • Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati.

    € SANZIONI

    Art. 258, comma 2, D.Lgs. n. 152/2006: l’omissione ovvero tenuta in modo incompleto del registro carico scarico di cui all’art. 190 comma 1 del D.Lgs. n. 152/2006 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 10.000 euro;

    • se si tratta di rifiuti pericolosi, sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 30.000 euro, e, nei casi più gravi, sanzione amministrativa accessoria facoltativa della sospensione da un mese a un anno dalla carica rivestita dal soggetto responsabile dell’infrazione e della carica di amministratore [Art. 258, comma 2 del D.Lgs. n. 152/2006];

    • nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a 15 dipendenti, le misure minime e massime di cui sopra sono ridotte rispettivamente da 1.040 a 6.200 euro per i rifiuti non pericolosi, e da 2.070 euro a 12.400 euro per i rifiuti pericolosi [Art. 258, comma 3 del D.Lgs. n. 152/2006];

    • se le indicazioni sul registro carico e scarico sono incomplete o inesatte, ma sono rinvenibili in forma corretta dai dati riportati nella comunicazione al catasto, nei registri di carico e scarico, nei formulari di identificazione dei rifiuti trasportati e nelle altre scritture contabili tenute per legge si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 260 a 1.550 euro [Art. 258, comma 5 del D.Lgs. n. 152/2006]. La stessa pena nel caso di indicazioni formalmente incomplete o inesatte, ma contenenti gli elementi atti a ricostruire le informazioni richieste ai sensi di legge.

    Art. 258, comma 5, D.Lgs. n. 152/2006: la mancata conservazione del registro carico scarico di cui all’art. 190 comma 1 del D.Lgs. n. 152/2006 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 260 a 1.550 euro.

    La sanzione ridotta di cui all’art. 258, comma 5, D.Lgs. n. 152/2006 si applica alla omessa o incompleta tenuta dei registri cronologici di carico e scarico da parte del produttore quando siano presenti i formulari di trasporto, a condizione che la data di produzione e presa in carico dei rifiuti possa essere dimostrata, o coincida con la data di scarico dei rifiuti stessi.

    Art. 258, comma 9, D.Lgs. n. 152/2006: Chi con un’azione od omissione viola diverse disposizioni di cui all’art. 258, D.Lgs. n. 152/2006, ovvero commette più violazioni della stessa disposizione, soggiace alla sanzione amministrativa prevista per la violazione più grave, aumentata sino al doppio. La stessa sanzione si applica a chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di cui all’art. 258, D.Lgs. n. 152/2006.

    Nota: in base alle modifiche apportate all’art. 258 del D.Lgs. n. 152/2006 dalla L. n. 191/2023, le disposizioni di cui al comma 9 si applicano a tutte le violazioni commesse anteriormente al 26 settembre 2020 (data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 116/2020), per le quali non sia già intervenuta sentenza passata in giudicato.

    ➔ Formulario

    L’art. 193 del D.Lgs. n. 152/2006 disciplina il trasporto dei rifiuti.

    Nota: ai sensi dell’art. 266, comma 5, D.Lgs. n. 152/2006, non si applicano le disposizioni di cui all’art. 193, D.Lgs. n. 152/2006 (inclusa la predisposizione del formulario) alle attività di raccolta e trasporto di rifiuti effettuate dai soggetti abilitati allo svolgimento delle attività medesime in forma ambulante, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio.

    Ai sensi dell’art. 193 del D.Lgs. n. 152/2006, durante il trasporto effettuato da enti o imprese i rifiuti siano accompagnati da un formulario di identificazione che deve contenere almeno i seguenti dati:

    • nome e indirizzo del produttore e del detentore;

    • origine, tipologia e quantità del rifiuto;

    • impianto di destinazione;

    • data e percorso dell’istradamento;

    • nome e indirizzo del destinatario.

    Il formulario di identificazione deve essere emesso per ciascun rifiuto oggetto del trasporto.

    Nei seguenti casi non è previsto sia predisposto il formulario di identificazione:

    • trasporto di rifiuti urbani ai centri di raccolta di cui all’art. 183, D.Lgs. n. 152/2006, effettuato dal produttore iniziale degli stessi;

    • soggetto che gestisce il servizio pubblico;

    • trasporto di rifiuti speciali non pericolosi effettuato dal produttore dei rifiuti stessi, in modo occasionale e saltuario; sono considerati saltuari e occasionali i trasporti effettuati per non più di 5 volte l’anno, che non eccedano la quantità giornaliera di 30 kg o di 30 l;

    • trasporto di rifiuti speciali da attività agricole e agro-industriali e della silvicoltura ai sensi e per gli effetti dell’art. 2135 cod. civ. e della pesca, effettuato dal produttore dei rifiuti stessi in modo occasionale e saltuario (come definito al punto precedente) e finalizzato al conferimento al gestore del servizio pubblico di raccolta ovvero al circuito organizzato di raccolta di cui all’art. 183, comma 1, lett. pp), D.Lgs. n. 152/2006 con il quale sia stata stipulata una apposita convenzione.

    Per i rifiuti oggetto di spedizioni transfrontaliere, il formulario di identificazione è validamente sostituito dai documenti previsti dalla normativa comunitaria, anche con riguardo alla tratta percorsa sul territorio nazionale (si veda il par. 8.6.5 per ulteriori dettagli).

    Nota: la movimentazione dei rifiuti esclusivamente all’interno di aree private non è considerata trasporto ai fini della Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006 e, pertanto, in tale situazione non sussiste l’obbligo di predisposizione del formulario.

    Il D.M. n. 59/2023 che, come precedentemente illustrato, rappresenta il regolamento in materia di registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti (RENTRI), ha introdotto il nuovo modello per il formulario di identificazione del rifiuto, contenuto in Allegato II al decreto medesimo.

    In base all’art. 188-bis del D.Lgs. n. 152/2006 che disciplina il sistema di tracciabilità dei rifiuti, ed al D.M. n. 59/2023, nonché ai chiarimenti forniti dal Decreto direttoriale n. 97 del 22 settembre 2023, il nuovo modello di formulario di identificazione dei rifiuti entra in vigore il 13 febbraio 2025.

    Fino alla data di entrata in vigore di tale nuovo modello, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al D.M. n. 145/1998, e le disposizioni sulla numerazione e vidimazione dagli Uffici dell’Agenzia delle Entrate o dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura o dagli Uffici regionali e provinciali competenti in materia di rifiuti, rispetto alla quale è previsto che la vidimazione sia gratuita e non soggetta ad alcun diritto o imposizione tributaria.

    Nota: fino alla data di entrata in vigore dei modelli contenuti nel D.M. n. 59/2023, in alternativa alle modalità di vidimazione di cui sopra, il formulario di identificazione del rifiuto è prodotto in format esemplare, conforme al D.M. 1° aprile 1998, n. 145, identificato da un numero univoco, tramite apposita applicazione raggiungibile attraverso i portali istituzionali delle Camere di Commercio, da stamparsi e compilarsi in duplice copia. La medesima applicazione rende disponibile, a coloro che utilizzano propri sistemi gestionali per la compilazione dei formulari, un accesso dedicato al servizio anche in modalità telematica al fine di consentire l’apposizione del codice univoco su ciascun formulario. Una copia rimane presso il produttore e l’altra accompagna il rifiuto fino a destinazione. Il trasportatore trattiene una fotocopia del formulario compilato in tutte le sue parti. Gli altri soggetti coinvolti ricevono una fotocopia del formulario completa in tutte le sue parti. Le copie del formulario devono essere conservate per tre anni.

    Dal 8 marzo 2021 è disponibile il servizio gratuito (realizzato da Ecocerved) per la vidimazione virtuale del formulario; è possibile accedere a tale servizio, reso disponibile dalle Camere di Commercio, attraverso il portale https://vivifir.ecocamere.it.

    Il formulario di identificazione del rifiuto, come previsto dall’art. 5 del D.M. n. 59/2023, è emesso dal produttore, o dal detentore dei rifiuti ed è integrato e sottoscritto, per la parte di propria competenza, dagli operatori coinvolti nelle diverse fasi del trasporto. Il formulario può essere emesso e compilato a cura del trasportatore, a seguito di richiesta del produttore o del detentore, ma, come precisato nel medesimo articolo, la responsabilità rimane in capo al produttore, o detentore, con riferimento alle informazioni di propria competenza.

    Si ricorda che, ai sensi dell’art. 188-bis del D.Lgs. n. 152/2006 che disciplina il sistema di tracciabilità dei rifiuti, gli adempimenti di cui all’art. 193 sono effettuati digitalmente da parte dei soggetti obbligati all’iscrizione al Registro elettronico nazionale e dei soggetti che intendono aderirvi volontariamente, mentre negli altri casi possono provvedervi mediante il formato cartaceo. In particolare, l’obbligo di emissione del formulario di identificazione in formato digitale si applica dal 13 febbraio 2026 per i soggetti tenuti ad iscriversi al RENTRI, come indicato nel decreto direttoriale n. 97/2023.

    Di seguito si riportano ulteriori disposizioni in materia di formulario di identificazione stabilite dal D.M. n. 59/2023:

    Formulario di identificazione in formato cartaceo: i produttori di rifiuti non iscritti al RENTRI tengono il formulario secondo questa modalità, seguendo le disposizioni dell’art. 6 del D.M. n. 59/2023 e del decreto direttoriale n. 143/2023.
    Vidimazione del formulario in formato cartaceo: il formulario riporta un codice univoco ed un apposito contrassegno reso disponibile dal servizio di vidimazione digitale delle camere di commercio tramite apposita applicazione utilizzabile attraverso il RENTRI; tale applicazione rende disponibile a coloro che utilizzano propri sistemi gestionali per la compilazione dei formulari un accesso dedicato al servizio anche in modalità telematica al fine di consentire l’apposizione del codice univoco su ciascun formulario.
    Formulario di identificazione in formato digitale: è vidimato digitalmente tramite l’assegnazione di un codice univoco reso disponibile da apposita applicazione utilizzabile attraverso il RENTRI che si avvale del servizio per la vidimazione digitale messo a disposizione dalle camere di commercio. L’art. 7 del D.M. n. 59/2023 ed il decreto direttoriale n. 143/2023 disciplinano in dettaglio gli obblighi riguardanti il formulario di identificazione in formato digitale.

    L’acquisizione da parte del produttore del formulario compilato in tutte le sue parti vale ai fini della verifica e dell’invio della comunicazione dell’avvio a recupero o smaltimento dei rifiuti (di cui all’art. 188-bis, comma 4, lett. h, del D.Lgs. n. 152/2006).

    Le istruzioni per la compilazione del formulario di identificazione dei rifiuti di cui al D.M. n. 59/2023 sono contenute nel decreto direttoriale n. 251/2023.

    Durante la raccolta ed il trasporto i rifiuti pericolosi devono essere imballati ed etichettati in conformità a tutte le norme vigenti in materia, comprese, in particolare, le disposizioni in materia di trasporto di merci pericolose su strada e quelle di pubblica sicurezza.

    Nota: come stabilito dall’art. 184, D.Lgs. n. 152/2006, l’obbligo di etichettatura non si applica alle frazioni separate di rifiuti pericolosi prodotti da nuclei domestici fino a che siano accettate per la raccolta, lo smaltimento o il recupero da un ente o un’impresa che abbiano ottenuto l’autorizzazione o siano registrate in conformità agli artt. 208, 212, 214 e 216, D.Lgs. n. 152/2006.

    Si riporta di seguito la descrizione delle disposizioni da seguire per quanto riguarda il formulario di identificazione fino alla data di entrata in vigore del nuovo modello introdotto dal D.M. n. 59/2023:

    Il formulario in formato cartaceo è redatto in quattro esemplari, compilati, datati e firmati dal produttore o detentore, sottoscritti altresì dal trasportatore; una copia deve rimanere presso il produttore o il detentore, le altre tre, sottoscritte e datate in arrivo dal destinatario, sono acquisite una dal destinatario e due dal trasportatore, che provvede a trasmetterne una al produttore o al detentore. La trasmissione della quarta copia può essere sostituita dall’invio mediante posta elettronica certificata sempre che il trasportatore assicuri la conservazione del documento originale ovvero provveda, successivamente, all’invio dello stesso al produttore.
    Si applica il D.M. 1° aprile 1998, n. 145, che definisce il modello ed i contenuti del formulario, e, in particolare, in Allegato C contiene le modalità operative per la compilazione del formulario; ulteriori note esplicative sono contenute nella circolare ministeriale n. GAB/DEC/812/98 del 4 agosto 1998.
    Il formulario di identificazione, parte integrante dei registri carico e scarico dei rifiuti prodotti o gestiti, deve contenere il numero progressivo della relativa operazione di scarico riportata sul registro stesso, e d’altra parte gli estremi identificativi del formulario vanno riportati sul registro carico e scarico (in corrispondenza dell’operazione di scarico relativa ai rifiuti oggetto del trasporto). Ciò deve essere effettuato dal produttore o detentore, dal trasportatore, dal destinatario, ciascuno sulla copia del formulario che rimane in suo possesso. Qualora uno di questi soggetti non sia obbligato alla tenuta del registro carico e scarico, è tenuto a riportare nello spazio annotazioni del formulario un’indicazione specifica che richiama tale esonero.
    Le copie del formulario devono essere conservate per tre anni.

    Si ricorda che, ai sensi dell’art. 193 del D.Lgs. n. 152/2006, nella compilazione del formulario di identificazione, ogni operatore è responsabile delle informazioni inserite e sottoscritte nella parte di propria competenza. Il trasportatore non è responsabile per quanto indicato nel formulario di identificazione dal produttore o dal detentore dei rifiuti e per le eventuali difformità tra la descrizione dei rifiuti e la loro effettiva natura e consistenza, fatta eccezione per le difformità riscontrabili in base alla comune diligenza.

    Casi particolari
    Casi particolari
    Utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura: la scheda di accompagnamento di cui all’art. 13 del D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 99 può essere sostituita dal formulario di identificazione di cui all’art. 193, D.Lgs. n. 152/2006 a condizione che siano espressamente riportate in maniera chiara e leggibile le specifiche informazioni di cui all’Allegato IIIA del D.Lgs. n. 99/1992 nonché le sottoscrizioni richieste, ancorché non previste nel modello del formulario di identificazione.
    La movimentazione dei rifiuti tra fondi appartenenti alla medesima azienda agricola, ancorché effettuati percorrendo la pubblica via, non è considerata trasporto ai fini del D.Lgs. n. 152/2006 qualora risulti comprovato da elementi oggettivi ed univoci che sia finalizzata unicamente al raggiungimento del luogo di messa a dimora dei rifiuti in deposito temporaneo e la distanza fra i fondi non sia superiore a quindici chilometri. Non è altresì considerata trasporto la movimentazione dei rifiuti effettuata dall’imprenditore agricolo di cui all’art. 2135 del Codice civile dai propri fondi al sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola, ivi compresi i consorzi agrari, di cui è socio, qualora sia finalizzata al raggiungimento del deposito temporaneo.

    Con riferimento ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano, il documento commerciale di cui al Regolamento CE n. 1069/2009 per gli operatori soggetti all’obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico di cui all’art. 190, D.Lgs. n. 152/2006, sostituisce a tutti gli effetti il formulario di identificazione del trasporto rifiuti. Con il decreto che disciplinerà il Registro elettronico nazionale saranno definite le modalità di trasmissione al Registro medesimo.
    La microraccolta dei rifiuti, intesa come la raccolta di rifiuti da parte di un unico raccoglitore o trasportatore presso più produttori o detentori svolta con lo stesso automezzo, ovvero presso diverse unità locali dello stesso produttore dev’essere effettuata nel termine massimo di 48 ore. Nei formulari di identificazione dei rifiuti devono essere indicate, nello spazio relativo al percorso, tutte le tappe intermedie previste. Nel caso in cui il percorso dovesse subire delle variazioni, nello spazio relativo alle annotazioni dev’essere indicato a cura del trasportatore il percorso realmente effettuato.
    Gli stazionamenti dei veicoli in configurazione di trasporto, nonché le soste tecniche per le operazioni di trasbordo, ivi compresi quelli effettuati con cassoni e dispositivi scarrabili, o con altre carrozzerie mobili che proseguono il trasporto, non rientrano nelle attività di stoccaggio di cui all’art. 183, comma 1, aa), D.Lgs. n. 152/2006, purché le stesse siano dettate da esigenze di trasporto e non superino le 72 ore, escludendo dal computo i giorni interdetti alla circolazione.
    Il formulario di identificazione dei rifiuti sostituisce a tutti gli effetti il modello F di cui al D.M. 16 maggio 1996, n. 392 in materia di oli usati, e la scheda di cui all’allegato IB del D.M. 8 aprile 2008, recante disciplina dei centri di raccolta dei rifiuti urbani raccolti in modo differenziato.
    Ferma restando la disciplina in merito all’attività sanitaria e relativi rifiuti prodotti, ai fini del deposito e del trasporto, i rifiuti provenienti da assistenza sanitaria svolta al di fuori delle strutture sanitarie di riferimento e da assistenza domiciliare si considerano prodotti presso l’unità locale, sede o domicilio dell’operatore che svolge tali attività. La movimentazione di quanto prodotto, dal luogo dell’intervento fino alla sede di chi lo ha svolto, non comporta l’obbligo di tenuta del formulario di identificazione del rifiuto e non necessita di iscrizione all’Albo ai sensi dell’art. 212, D.Lgs. n. 152/2006.
    I rifiuti derivanti da attività di manutenzione e piccoli interventi edili, ivi incluse le attività di cui alla Legge 25 gennaio 1994, n. 82 (recante disciplina delle attività di pulizia, di disinfezione, di disinfestazione, di derattizzazione e di sanificazione), si considerano prodotti presso l’unità locale, sede o domicilio del soggetto che svolge tali attività. Nel caso di quantitativi limitati che non giustificano l’allestimento di un deposito dove è svolta l’attività, il trasporto dal luogo di effettiva produzione alla sede, in alternativa al formulario di identificazione, è accompagnato dal documento di trasporto (DDT) attestante il luogo di effettiva produzione, tipologia e quantità dei materiali, indicando il numero di colli o una stima del peso o volume, il luogo di destinazione.
    Con riferimento alle attività di manutenzione alle infrastrutture, effettuata direttamente dal gestore dell’infrastruttura a rete e degli impianti per l’erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico o tramite terzi, e, con riferimento agli impianti fruitori di tali infrastrutture, all’attività di manutenzione effettuata direttamente da gestori erogatori di pubblico servizio o tramite terzi, dei mezzi e degli impianti: la movimentazione del materiale tolto d’opera prodotto, al fine di consentire le opportune valutazioni tecniche e di funzionalità dei materiali riutilizzabili, è accompagnata dal documento di trasporto (DDT) attestante il luogo di effettiva produzione, tipologia e quantità dei materiali, indicando il numero di colli o una stima del peso o volume, il luogo di destinazione.
    I soggetti che esercitano l’attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi di metalli ferrosi e non ferrosi e che sono iscritti all’Albo nazionale gestori ambientali ai sensi dell’art. 212, comma 5, D.Lgs. n. 152/2006 o che sono iscritti all’Albo nazionale gestori ambientali secondo le modalità semplificate di cui all’art. 1, comma 124 della Legge 4 agosto 2017, n. 124, possono beneficiare delle seguenti semplificazioni nel caso di raccolta presso più produttori o detentori svolta con lo stesso veicolo e che si conclude nella giornata in cui ha avuto inizio:

    • può essere compilato un unico formulario utilizzando il modello di cui all’Allegato A del D.M. 1° febbraio 2018 e seguendo le modalità di compilazione descritte in Allegato B al medesimo Decreto;

    • il trasportatore emette quattro copie del formulario di identificazione e provvede a far compilare, datare e firmare a ciascun produttore o detentore le copie del formulario; una copia rimane presso l’ultimo produttore o detentore e le altre tre copie sono trattenute dal trasportatore, e controfirmate e datate in arrivo dal destinatario;

    • ciascun produttore o detentore riporta nel formulario, nell’ordine cronologico in cui è intervenuto, il proprio nominativo con relativo codice fiscale e l’indirizzo presso cui è stato effettuato il prelievo;

    • una copia del formulario è conservata dal trasportatore e una dal destinatario, che provvede a restituire la quarta copia in originale all’ultimo produttore e a trasmettere, anche tramite posta elettronica certificata, una fotocopia del formulario agli altri produttori o detentori intervenuti;

    • ogni soggetto intervenuto conserva la copia del formulario di identificazione per cinque anni.

    Trasporto intermodale
    Trasporto intermodale

    Il D.Lgs. n. 116/2020 ha introdotto il nuovo art. 193-bis nel D.Lgs. n. 152/2006, che disciplina il trasporto intermodale, stabilendo che il deposito di rifiuti nell’ambito di attività intermodale di carico e scarico, trasbordo e soste tecniche all’interno di porti, scali ferroviari, interporti, impianti di terminalizzazione e scali merci, effettuato da soggetti ai quali i rifiuti sono affidati in attesa della presa in carico degli stessi da parte di un’impresa navale o ferroviaria o che effettua il successivo trasporto, non rientra nelle attività di stoccaggio di cui all’art. 183, comma 1, lett. aa), D.Lgs. n. 152/2006, a condizione che non superi il termine finale di trenta giorni e che i rifiuti siano presi in carico per il successivo trasporto entro sei giorni dalla data d’inizio dell’attività di deposito.

    Ciò fermi restando gli obblighi in materia di tracciabilità e le eventuali responsabilità del trasportatore, dell’intermediario, nonché degli altri soggetti ad esso equiparati per la violazione degli obblighi assunti nei confronti del produttore.

    Qualora i rifiuti non siano presi in carico entro sei giorni dall’inizio dell’attività di deposito, il soggetto al quale i rifiuti sono affidati deve darne comunicazione formale, non oltre le successive 24 ore, all’autorità competente ed al produttore nonché, se esistente, all’intermediario o al soggetto ad esso equiparato che ha organizzato il trasporto. Il produttore, entro i ventiquattro giorni successivi alla ricezione della comunicazione è tenuto a provvedere alla presa in carico dei rifiuti per il successivo trasporto ed alla corretta gestione dei rifiuti stessi.

    Nota: l’invio della comunicazione e la presa in carico dei rifiuti nel rispetto dei termini indicati sopra escludono la responsabilità per attività di stoccaggio di rifiuti non autorizzato, ai sensi dell’art. 256, D.Lgs. n. 152/2006, fermo restando l’obbligo, per il soggetto al quale i rifiuti sono affidati in attesa della presa in carico, di garantire che il deposito sia effettuato nel rispetto delle norme di tutela ambientale e sanitaria.

    Nota: gli oneri sostenuti dal soggetto al quale i rifiuti sono affidati in attesa della presa in carico degli stessi da parte di un’impresa navale o ferroviaria o altra impresa per il successivo trasporto, sono posti a carico dei precedenti detentori e del produttore dei rifiuti, in solido tra loro.

    € SANZIONI

    Art. 258, comma 4, D.Lgs. n. 152/2006: salvo che il fatto costituisca reato, chiunque effettua il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all’art. 193 o senza i documenti sostitutivi ivi previsti, D.Lgs. n. 152/2006 ovvero indica nel formulario stesso dati incompleti o inesatti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.600 a 10.000 euro;

    • se si tratta di trasporto di rifiuti pericolosi, si applica la pena di cui all’art. 483 del cod. pen. [Art. 258, comma 4, secondo periodo, D.Lgs. n. 152/2006];

    • nel caso in cui le informazioni, pur formalmente incomplete o inesatte, siano rinvenibili in forma corretta dai dati riportati nella comunicazione al catasto, nei registri cronologici di carico e scarico, nei formulari di identificazione dei rifiuti trasportati e nelle altre scritture contabili tenute per legge, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 260 a 1.550 euro. La stessa pena si applica nei casi di indicazioni formalmente incomplete o inesatte, ma contenenti gli elementi atti a ricostruire le informazioni richieste ai sensi di legge. [Art. 258, comma 5, D.Lgs. n. 152/2006].

    Art. 258, comma 5, D.Lgs. n. 152/2006: la mancata conservazione del formulario di cui all’art. 193, D.Lgs. n. 152/2006 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 260 euro a 1.550 euro.

    Art. 258, comma 4, D.Lgs. n. 152/2006: chiunque fa uso di un certificato falso durante il trasporto è punito con la pena di cui all’art. 483 cod. pen.

    Art. 258, comma 9, D.Lgs. n. 152/2006: Chi con un’azione od omissione viola diverse disposizioni di cui all’art. 258, D.Lgs. n. 152/2006, ovvero commette più violazioni della stessa disposizione, soggiace alla sanzione amministrativa prevista per la violazione più grave, aumentata sino al doppio. La stessa sanzione si applica a chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di cui all’art. 258, D.Lgs. n. 152/2006.

    Nota: in base alle modifiche apportate all’art. 258 del D.Lgs. n. 152/2006 dalla L. n. 191/2023, le disposizioni di cui al comma 9 si applicano a tutte le violazioni commesse anteriormente al 26 settembre 2020 (data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 116/2020), per le quali non sia già intervenuta sentenza passata in giudicato.

    Art. 25-undecies, comma 2, D.Lgs. n. 231/2001: per le violazioni di cui all’art. 258, comma 4, secondo periodo, D.Lgs. n. 152/2006 (si veda sopra) si applica la sanzione pecuniaria da 150 a 250 quote.

    8.5.4 Divieto di miscelazione

    8.5.4Divieto di miscelazione

    Il divieto di miscelazione è così definito dall’art. 187 del D.Lgs. n. 152/2006:

    è vietato miscelare rifiuti pericolosi aventi differenti caratteristiche di pericolosità ovvero rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi. La miscelazione comprende la diluizione di sostanze pericolose.

    Si rileva, quindi che il divieto pone l’attenzione sulle diverse caratteristiche di pericolo che possono essere attribuite a rifiuti pericolosi, oltre che prevedere che rifiuti pericolosi non possano essere miscelati con rifiuti non pericolosi.

    Nota: per una migliore comprensione della finalità del divieto di miscelazione di cui all’art. 187, D.Lgs. n. 152/2006, è utile considerare le Linee guida emesse alla Commissione europea sull’interpretazione delle disposizioni contenute nella Direttiva n. 2008/98/CE. In particolare, in tale documento si pone l’attenzione, tra l’altro, sul fatto che, in generale, il riutilizzo ed il recupero risultano più facili da realizzarsi nel caso di flussi omogenei rispetto a flussi mescolati, nonché risulta più facile predire e tenere sotto controllo le caratteristiche di un singolo rifiuto piuttosto che quelle di una miscela di rifiuti. Tale divieto, inoltre, ha la finalità di evitare la miscelazione di rifiuti volta a ridurre i livelli di contaminazione e le caratteristiche di pericolosità per rispettare i limiti di legge o per by-passare vincoli normativi.

    La norma prevede altresì che, in deroga al divieto di cui sopra, la miscelazione dei rifiuti pericolosi che non presentino la stessa caratteristica di pericolosità, tra loro o con altri rifiuti, sostanze o materiali, può essere autorizzata ai sensi degli artt. 208, 209 e 211 del D.Lgs. n. 152/2006 a condizione che:

    • siano rispettate le condizioni di cui all’art. 177, comma 4 (i rifiuti devono, quindi, essere gestiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente), e l’impatto negativo della gestione dei rifiuti sulla salute umana e sull’ambiente non risulti accresciuto;

    • l’operazione di miscelazione sia effettuata da un ente o da un’impresa che ha ottenuto un’autorizzazione ai sensi degli artt. 208, 209 e 211 del D.Lgs. n. 152/2006;

    • l’operazione di miscelazione sia conforme alle migliori tecniche disponibili quali definite all’art. 5, comma 1, lett. l-ter), D.Lgs. n. 152/2006.

    Nota: gli effetti delle autorizzazioni in essere relative all’esercizio degli impianti di recupero o di smaltimento di rifiuti che prevedono la miscelazione di rifiuti speciali, consentita ai sensi dell’art. 187, D.Lgs. n. 152/2006 e dell’Allegato G alla Parte IV del medesimo Decreto, nei testi vigenti prima della data di entrata in vigore del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, restano in vigore fino alla revisione delle autorizzazioni medesime.

    € SANZIONI

    Art. 256, comma 5, D.Lgs. n. 152/2006: chiunque, in violazione del divieto di cui all’art. 187, effettua attività non consentite di miscelazione di rifiuti è punito con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da 2.600 a 26.000 euro.

    Si ricorda che, ai sensi dell’art. 187, comma 3 del D.Lgs. n. 152/2006, fatta salva l’applicazione delle sanzioni specifiche (ed in particolare di quelle di cui all’art. 256, comma 5 del D.Lgs. n. 152/2006), chiunque viola il divieto di miscelazione di cui sopra è tenuto a procedere a proprie spese alla separazione dei rifiuti miscelati, qualora sia tecnicamente ed economicamente possibile e nel rispetto di quanto previsto dall’art. 177, comma 4, D.Lgs. n. 152/2006.

    Art. 255, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006: chiunque non adempie all’obbligo di cui all’art. 187, comma 3, è punito con la pena dell’arresto fino ad un anno. Nella sentenza di condanna o nella sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p., il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato all’adempimento dell’obbligo di cui all’art. 187, comma 3.

    Art. 25-undecies, comma 2, D.Lgs. n. 231/2001: per la violazione del divieto di cui all’art. 187, si applica la sanzione pecuniaria da 150 a 250 quote.

    GIURISPRUDENZA

    In particolare, la giurisprudenza pone l’attenzione su:

    Definizione di miscelazione

    La miscelazione dei rifiuti può essere definita come l’operazione consistente nella mescolanza, volontaria o involontaria, di due o più tipi di rifiuti aventi codici identificativi diversi in modo da dare origine ad una miscela per la quale invece non esiste uno specifico codice identificativo:

    • Cass., sez. III, n. 4976/2019; Cass., sez. III, n. 15305/2020

    8.5.5 Divieto di abbandono

    8.5.5Divieto di abbandono

    L’art. 192 del D.Lgs. n. 152/2006 dispone che l’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati, ed è altresì vietata l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee.

    La normativa disciplina, inoltre, il divieto di abbandono nei seguenti casi:

    • rifiuti di piccolissime dimensioni: al fine di preservare il decoro urbano dei centri abitati e per limitare gli impatti negativi derivanti dalla dispersione incontrollata nell’ambiente di rifiuti di piccolissime dimensioni (quali anche scontrini, fazzoletti di carta e gomme da masticare), è vietato l’abbandono di tali rifiuti sul suolo, nelle acque, nelle caditoie e negli scarichi; tale divieto è stabilito dall’art. 232-ter, D.Lgs. n. 152/2006;

    • è vietato l’abbandono di mozziconi dei prodotti da fumo sul suolo, nelle acque e negli scarichi; tale divieto è stabilito dall’art. 232-bis, D.Lgs. n. 152/2006.

    Con riferimento al divieto di abbandono di imballaggi e di veicoli fuori uso, si vedano i parr. 8.11.5 e 8.11.9.

    Nota: i Comuni provvedono a installare nelle strade, nei parchi e nei luoghi di alta aggregazione sociale appositi raccoglitori per la raccolta dei mozziconi dei prodotti da fumo. Al fine di sensibilizzare i consumatori sulle conseguenze nocive per l’ambiente derivanti dall’abbandono dei mozziconi dei prodotti da fumo, i produttori, in collaborazione con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, attuano campagne di informazione.

    € SANZIONI

    Art. 255, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006: fatto salvo quanto disposto dall’art. 256, comma 2, chiunque, in violazione delle disposizioni di cui agli artt. 192, commi 1 e 2, 226, comma 2 (norma che disciplina l’immissione nel circuito di raccolta dei rifiuti urbani di determinati imballaggi), e 231, commi 1 e 2 (norma che disciplina la gestione di veicoli a motore destinati a demolizione), abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 a 3.000 euro.

    Se l’abbandono riguarda rifiuti pericolosi, la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio.

    Si ricorda che, ai sensi dell’art. 192, comma 3 del D.Lgs. n. 152/2006, fatta salva l’applicazione delle sanzioni specifiche (ed in particolare di quelle di cui all’art. 255 e 256 del D.Lgs. n. 152/2006), chiunque viola i divieti di abbandono di cui sopra è tenuto a procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate.

    Art. 255, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006: chiunque non ottempera all’ordinanza del Sindaco, di cui all’art. 192, comma 3 (rimozione, avvio a recupero o smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi) del D.Lgs. n. 152/2006 è punito con la pena dell’arresto fino ad un anno. Nella sentenza di condanna o nella sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 del c.p.p., il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione di quanto disposto nella ordinanza di cui all’art. 192, comma 3.

    Art. 255, comma 1-bis, D.Lgs. n. 152/2006: chiunque viola il divieto di cui all’art. 232-ter è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 30 euro a 150 euro. Se l’abbandono riguarda i rifiuti di prodotti da fumo di cui all’art. 232-bis, la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio.

    GIURISPRUDENZA

    In particolare, la giurisprudenza pone l’attenzione su:

    Abbandono di rifiuti: reato proprio

    A differenza dell’ipotesi prevista dal comma 1, ben può dirsi che l’art. 256, comma 2, D.Lgs. n. 152/2006 integri gli estremi di un reato proprio, sicché, ferma la possibilità del concorso dell’extraneus, è comunque necessario accertare che la condotta sia riconducibile anche alla responsabilità del titolare dell’impresa, ovvero che quest’ultimo abbia delegato la gestione dei rifiuti di cui si tratta ad altro soggetto, il quale ne abbia pertanto assunto la correlativa responsabilità, ferma restando, secondo le regole generali, la possibilità che il delegante non ne sia esonerato. Ed invero, è pacifico che nell’ambito delle imprese o degli enti, la gestione dei rifiuti sia delegabile, ma gli stringenti requisiti che la giurisprudenza richiede per la validità della delega rilevano ai fini di escludere la penale responsabilità del delegante nel caso di reati posti in essere dal delegato, mentre per la soggettiva imputazione di tale attività gestoria all’impresa ai fini della sussistenza del reato in esame anche in capo al delegato è sufficiente che a quest’ultimo fossero stati di fatto conferiti i poteri connessi alla gestione dei rifiuti:

    • Cass., sez. III, n. 37603/2021

    Solo l’estraneità dei rifiuti a qualunque attività d’impresa esclude il reato

    Per escludere la configurabilità del reato di cui all’art. 256, comma 2, D.Lgs. n. 152 del 2006, non è sufficiente che i rifiuti abbandonati o irregolarmente depositati non siano riconducibili alla specifica attività dell’impresa o dell’ente di cui il soggetto agente è titolare o responsabile: è necessario invece che i rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato dal titolare di un’impresa o dal responsabile di un ente siano estranei a qualunque attività che, anche episodicamente, potrebbe svolgere l’impresa o l’ente. In questa prospettiva, il limite di applicazione della fattispecie penalmente sanzionata è ravvisabile solo in caso di rifiuti estranei a qualunque attività potenzialmente riferibile all’impresa o all’ente cui è preposto l’imputato, come, ad esempio, nel caso di materiali di scarto che siano, insieme, di entità estremamente modesta e riferibili ad una produzione domestica.

    • Cass. sez. III, n. 334323/23

    Abbandono e soggetto attivo del reato

    Il reato di cui all’art. 256, comma 2, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, è configurabile nei confronti di qualsiasi soggetto che abbandoni rifiuti nell’esercizio di una attività economica di qualunque natura, non essendo circoscritto ai soli titolari di imprese che svolgono le attività di gestione di rifiuti di cui al comma 1 della citata disposizione:

    • Cass., sez. III, n. 19969/2017

    Abbandono di rifiuto è reato istantaneo

    Il reato di abbandono di rifiuti, che ha natura istantanea e si perfeziona con l’abbandono incontrollato dei rifiuti, indipendentemente dalla rimozione degli effetti pregiudizievoli arrecati:

    • Cass., sez. III, n. 29216/2018

    Culpa in vigilando del titolare dell’impresa

    La culpa in vigilando da parte del titolare dell’impresa sul fatto del proprio dipendente che abbia posto in essere una condotta di abbandono dei rifiuti postula pur sempre un accertamento pieno dell’eventuale contenuto attivo, partecipativo o omissivo, della condotta contestata alla legale rappresentante della società. Occorre in altri termini, affinché possa ritenersi la responsabilità concorrente del titolare dell’impresa, non costituente un’ipotesi di responsabilità oggettiva, accertare che la condotta incriminata non sia frutto di una autonoma iniziativa dei lavoratori contro le Direttive e ad insaputa dei datori di lavoro:

    • Cass., sez. III, n. 28492/2018

    Nell’obbligo di controllo incombente su chi riveste formalmente la carica di amministratore rientra anche quello, in materia ambientale, sull’operato dei dipendenti della società che abbiano posto in essere la condotta di abbandono di rifiuti indipendentemente dal luogo in cui si è consumata, così come di chi, gestendo in concreto la società, abbia assunto tale iniziativa in violazione delle norme che impongono l’osservanza di specifiche procedure per il loro smaltimento:

    • Cass., sez. III, n. 5601/2021

    Abbandono e responsabilità del proprietario del terreno

    Non è configurabile in forma omissiva il reato di cui all’art. 256, comma 2, D.Lgs. n. 152/2006, nei confronti del proprietario di un terreno sul quale terzi abbiano abbandonato o depositato rifiuti in modo incontrollato, anche nel caso in cui non si attivi per la rimozione dei rifiuti, poiché tale responsabilità sussiste solo in presenza di un obbligo giuridico di impedire la realizzazione o il mantenimento dell’evento lesivo, che il proprietario può assumere solo ove compia atti di gestione o movimentazione dei rifiuti:

    • Cass. sez. III, n. 48403/2019;

    • Cass. sez. III, n. 36727/2021

    Abbandono di rifiuti di terzi

    Il reato di cui all’art. 256, comma 2, D.Lgs. n. 152/2006, può essere commesso dai titolari di impresa o responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato non solo i rifiuti di propria produzione, ma anche quelli di diversa provenienza; ciò in quanto il collegamento tra le fattispecie previste dal primo e dal secondo comma dell’art. 256 cit. riguarda il solo trattamento sanzionatorio e non anche la parte precettiva:

    • Cass., sez. III, n. 47285/2019

    8.5.6 Deposito temporaneo prima della raccolta

    8.5.6Deposito temporaneo prima della raccolta

    Il deposito temporaneo prima della raccolta è disciplinato attraverso la seguente definizione riportata in art. 183, comma 1, lett. bb), D.Lgs. n. 152/2006, così innovata ad opera del D.Lgs. n. 116/2020:

    il raggruppamento dei rifiuti ai fini del trasporto degli stessi in un impianto di recupero e/o smaltimento, effettuato, prima della raccolta ai sensi dell’articolo 185-bis.

    L’art. 185-bis è stato introdotto ex novo proprio ad opera del D.Lgs. n. 116/2020 (entrato in vigore il 26 settembre 2020), e così dispone ai sensi del comma 1:

    Il raggruppamento dei rifiuti ai fini del trasporto degli stessi in un impianto di recupero o smaltimento è effettuato come deposito temporaneo, prima della raccolta, nel rispetto delle seguenti condizioni:

    a) nel luogo in cui i rifiuti sono prodotti, da intendersi quale l’intera area in cui si svolge l’attività che ha determinato la produzione dei rifiuti o, per gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile, presso il sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola, ivi compresi i consorzi agrari, di cui gli stessi sono soci;

    b) esclusivamente per i rifiuti soggetti a responsabilità estesa del produttore, anche di tipo volontario, il deposito preliminare alla raccolta può essere effettuato dai distributori presso i locali del proprio punto vendita;

    c) per i rifiuti da costruzione e demolizione, nonché per le filiere di rifiuti per le quali vi sia una specifica disposizione di legge, il deposito preliminare alla raccolta può essere effettuato presso le aree di pertinenza dei punti di vendita dei relativi prodotti.

    In aggiunta a quanto sopra, il comma 2 prevede che il deposito temporaneo prima della raccolta sia effettuato alle seguenti condizioni:

    i) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, sono depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l’imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento;

    ii) i rifiuti sono raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all’anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;

    iii) i rifiuti sono raggruppati per categorie omogenee, nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;

    iv) nel rispetto delle norme che disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura delle sostanze pericolose.

    Nota: il Reg. (CE) n. 850/2004 citato in art. 185-bis, D.Lgs. n. 152/2006, come sopra riportato, è stato abrogato e sostituito dal Reg. (UE) n. 1021/2019 (in cui è precisato che qualsiasi riferimento al Reg. (CE) n. 850/2004 va inteso al Reg. (UE) n. 1021/2019).

    L’art. 185-bis specifica, inoltre, che, se sono rispettate le condizioni di cui ai commi 1 e 2 sopra riportate, il deposito temporaneo prima della raccolta non necessita di autorizzazione da parte dell’autorità competente.

    Come confermato dalla giurisprudenza, le condizioni contenute nella definizione di deposito temporaneo devono essere tutte rispettate affinché si possa effettivamente parlare di deposito temporaneo.

    Nota: la definizione di deposito temporaneo pone l’attenzione, tra l’altro, sul luogo di produzione dei rifiuti. A tal fine, è necessario tenere conto delle seguenti disposizioni riguardanti due casi particolari:

    • rifiuti provenienti da assistenza sanitaria svolta al di fuori delle strutture sanitarie di riferimento e da assistenza sanitaria domiciliare: ai sensi dell’art. 193, comma 18, D.Lgs. n. 152/2006 si considerano prodotti presso l’unità locale, sede o domicilio del soggetto che svolge tali attività;

    • rifiuti derivanti da attività di manutenzione delle infrastrutture: l’art. 230, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006 disciplina i termini per l’individuazione del luogo di produzione di tali rifiuti; si rimanda al paragrafo 8.11.12 per ulteriori dettagli.

    GIURISPRUDENZA

    In particolare, la giurisprudenza pone l’attenzione su:

    Mancanza dei requisiti di legge

    In assenza delle condizioni prescritte dall’art. 183, comma 1, lett. bb), D.Lgs. n. 152/2006, non ricorre l’ipotesi del deposito temporaneo di rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui sono stati prodotti, posto che, in difetto anche di uno dei requisiti indicati da tale norma, il deposito non può ritenersi temporaneo, ma deve essere qualificato, a seconda dei casi, come “deposito preliminare” (se il collocamento di rifiuti è prodromico ad un’operazione di smaltimento), come “messa in riserva” (se il materiale è in attesa di un’operazione di recupero), come “abbandono” (quando i rifiuti non sono destinati ad operazioni di smaltimento o recupero) o come “discarica abusiva”, nell’ipotesi di abbandono reiterato nel tempo e rilevante in termini spaziali e quantitativi:

    • Cass., sez. III, n. 24989/2020

    In tema di gestione dei rifiuti, integra il reato di cui all’art. 256, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006 lo stoccaggio senza autorizzazione di rifiuti effettuato in mancanza delle condizioni di qualità, di tempo, di quantità, di organizzazione tipologica e di rispetto delle norme tecniche richieste per la configurabilità di un deposito temporaneo ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. m) (ora lett. bb), del medesimo Decreto:

    • Cass., sez. III, n. 47991/2015

    Luogo di produzione ai fini del deposito temporaneo

    Per luogo di produzione rilevante ai fini della nozione di deposito temporaneo ai sensi della disposizione citata deve intendersi quello in cui i rifiuti sono prodotti, ovvero che si trovi nella disponibilità dell’impresa produttrice e nel quale gli stessi sono depositati, purché funzionalmente collegato al luogo di produzione e dotato dei necessari presidi di sicurezza:

    • Cass., sez. III, n. 16441/2017

    La definizione di “deposito temporaneo dei rifiuti” è stata modificata dalla legge 28 dicembre 2015, n. 221, nel senso che per “luogo di produzione dei rifiuti” deve oggi intendersi “l’intera area in cui si svolge l’attività che ha determinato la produzione dei rifiuti”, definizione ripresa tal quale dall’odierno art. 185-bis, D.Lgs. n. 152/2006 come introdotto dall’art. 1, comma 14, D.Lgs. n. 116/2020. Ad integrare la nozione di “collegamento funzionale” concorre non soltanto, dal punto di vista spaziale, la contiguità dell’area a tal fine utilizzata rispetto a quella di produzione dei rifiuti, ma anche la destinazione originaria della medesima in ragione dello strumento urbanistico e dell’assenza di una sua autonoma utilizzazione in concreto diversa da quella accertata:

    • Cass., sez. III, n. 8498/2021

    Deposito temporaneo e collegamento funzionale tra aree diverse

    Ad integrare la nozione di collegamento funzionale ai fini del deposito temporaneo concorre non soltanto dal punto di vista spaziale la contiguità dell’area a tal fine utilizzata rispetto a quella di produzione dei rifiuti, ma altresì la destinazione originaria della medesima in ragione dello strumento urbanistico e dell’assenza di una sua autonoma utilizzazione in concreto diversa da quella accertata:

    • Cass., sez. III, n. 4181/2018

    Deposito incontrollato: tra reato permanente e reato istantaneo

    A fronte di due apparenti diversi orientamenti, che propongono, quanto alla natura del reato contestato, rispettivamente una ricostruzione nel senso di una fattispecie di tipo permanente oppure un reato meramente istantaneo si è chiarito come il descritto contrasto sia da considerarsi più apparente che reale, dovendosi verificare, piuttosto, le concrete circostanze che connotano la presenza in loco dei rifiuti, per cui ogni qualvolta l’attività di abbandono ovvero di deposito incontrollato di rifiuti sia prodromica ad una successiva fase di smaltimento o di recupero del rifiuto stesso, caratterizzandosi essa, pertanto, come una forma - pur elementare - di gestione del rifiuto, la relativa illiceità penale caratterizza l’intera condotta, integrando una fattispecie penale di durata, la cui permanenza cessa soltanto con il compimento delle fasi ulteriori rispetto a quella di rilascio. Ove, invece, siffatta attività non costituisca l’antecedente di una successiva fase volta al compimento di ulteriori operazioni, ma racchiuda in sé l’intero disvalore penale della condotta, deve escludersi la natura di reato permanente. Essendosi il reato pienamente perfezionato ed esaurito in tutte le sue componenti oggettive e soggettive, così che risulterebbe irragionevole non considerarne cristallizzati gli effetti fin dal momento del rilascio del rifiuto:

    • Cass., sez. III, n. 20713/2022

    il reato di deposito incontrollato di rifiuti di cui all’art. 256, comma 2, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, può avere natura permanente, nel caso in cui l’attività illecita sia prodromica al successivo recupero o smaltimento dei rifiuti, e si configura invece come reato di natura istantanea con effetti eventualmente permanenti, nel caso in cui l’anzidetta attività si connoti per una volontà esclusivamente dismissiva del rifiuto, che esaurisce l’intero disvalore della condotta:

    • Cass., sez. III, n. 32305/2022

    L’elemento caratterizzante del reato di deposito incontrollato

    Il “deposito incontrollato” presuppone una condotta differente dalle fattispecie di abbandono e di immissione, altrimenti la sua previsione da parte del legislatore risulterebbe inutile. Tale elemento distintivo non può essere rinvenuto nell’episodicità della condotta e nella quantità, necessariamente contenuta, di rifiuti che esso ha in comune con l’abbandono e che consente di contraddistinguere entrambi rispetto ad altre condotte tipiche individuate dalla disciplina di settore. Ciò che, invece, caratterizza il deposito incontrollato è la condotta tipica individuabile alla luce del significato letterale del termine “deposito”, ossia la collocazione non definitiva dei rifiuti in un determinato luogo in previsione di una successiva fase di gestione del rifiuto:

    • Cass., sez. III, n. 29578/2021

    Quando la particolare tenuità del fatto esclude il reato di deposito incontrollato

    In tema di deposito incontrollato di rifiuti, ai fini del riconoscimento della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis c.p. non è sufficiente il riferimento al solo quantitativo di rifiuti depositato, ma deve valutarsi l’effettivo pericolo di danno all’ambiente o la sua compromissione in concreto conseguente alla specifica condotta:

    • Cass., sez. III, n. 25983/2020

    € SANZIONI

    La normativa vigente non prevede esplicite sanzioni con riferimento al deposito temporaneo (fatta eccezione per violazioni che riguardano il deposito temporaneo di rifiuti sanitari pericolosi). La giurisprudenza considera, caso per caso, i termini in cui le condizioni del deposito temporaneo di cui all’art. 183, comma 1 lett. bb), D.Lgs. n. 152/2006 sono disattese, ai fini dell’individuazione delle violazioni commesse e conseguenti sanzioni.

    8.6 Gestione rifiuti

    8.6Gestione rifiuti

    Nel presente paragrafo sono discusse le disposizioni che riguardano la “gestione” dei rifiuti così come definita in art. 183, comma 1, lett. n), D.Lgs. n. 152/2006 (alla luce anche delle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 116/2020):

    la raccolta, il trasporto, il recupero, compresa la cernita, e lo smaltimento dei rifiuti, compresi la supervisione di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, nonché le operazioni effettuate in qualità di commerciante o intermediario. Non costituiscono attività di gestione dei rifiuti le operazioni di prelievo, raggruppamento, selezione e deposito preliminari alla raccolta di materiali o sostanze naturali derivanti da eventi atmosferici o meteorici, ivi incluse mareggiate e piene, anche ove frammisti ad altri materiali di origine antropica effettuate, nel tempo tecnico strettamente necessario, presso il medesimo sito nel quale detti eventi li hanno depositati.

    In generale, per lo svolgimento delle attività ricomprese nella definizione di “gestione” è necessario disporre di autorizzazione. Nei paragrafi successivi sono descritte nel dettaglio le modalità da seguire per richiedere l’autorizzazione, nonché le ulteriori disposizioni connesse.

    Nota: la Legge 1° dicembre 2018, n. 132 (Legge di conversione con modifiche del D.L. 4 ottobre 2018, n. 113) introduce obblighi riguardanti la gestione delle emergenze a carico dei gestori di impianti di stoccaggio e lavorazione dei rifiuti. In particolare, tali gestori sono tenuti a predisporre un piano di emergenza interna, sia nel caso di impianti esistenti che di nuova costruzione; nel caso di impianti esistenti il termine per ottemperare a tale obbligo è il 4 marzo 2019. La finalità di tale norma è di pervenire ad una migliore gestione dell’emergenza che dovesse riguardare queste tipologie di impianti, controllando e circoscrivendo gli incidenti in modo da minimizzarne gli effetti e limitarne i danni per la salute umana, per l’ambiente e per i beni, e provvedendo al ripristino e al disinquinamento dell’ambiente dopo un incidente rilevante. Il gestore è tenuto, inoltre, a trasmettere al prefetto competente per territorio tutte le informazioni utili affinché il prefetto stesso possa elaborare (d’intesa con le Regioni e con gli enti locali interessati) il piano di emergenza esterna all’impianto, allo scopo di limitare gli effetti dannosi derivanti da incidenti rilevanti; il prefetto, inoltre, ne coordina l’attuazione. Si rimanda alla circolare del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 2730 del 13 febbraio 2019 in cui sono fornite indicazioni (a titolo esemplificativo, e non esaustivo) sulle informazioni da fornire al prefetto. La norma prevede che il piano di emergenza esterna sia redatto dal prefetto entro 12 mesi dal ricevimento delle informazioni da parte del gestore, e che sarà emesso un Decreto contenente le linee guida per la predisposizione di tale piano di emergenza esterna. Sia il piano di emergenza interna che quello di emergenza esterna devono essere oggetto di periodico riesame, di sperimentazione e, se necessario, di aggiornamento. La circolare del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 2730 del 13 febbraio 2019 ha fornito alcune precisazioni riguardanti gli impianti soggetti all’obbligo di predisposizione del piano di emergenza interna, escludendo gli impianti ricadenti nell’ambito di applicazione del D.Lgs. n. 105/2015. Ulteriori indicazioni sono fornite dalla circolare ministeriale n. 1221 del 21 gennaio 2019 che contiene “Linee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione dei rifiuti e per la prevenzione dei rischi”. Sono state approvate, mediante D.P.C.M. 27 agosto 2021, le linee guida di riferimento per la predisposizione del piano di emergenza esterno e l’informazione della popolazione per gli impianti di stoccaggio e trattamento dei rifiuti.

    8.6.1 Recupero e smaltimento - Aspetti generali

    8.6.1Recupero e smaltimento - Aspetti generali

    La normativa (art. 183, comma 1, lett. t), D.Lgs. n. 152/2006) definisce “recupero”:

    qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’economia in generale. L’Allegato C della Parte IV del presente Decreto riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero.

    Tabella - Estratto dell’Allegato C della Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006:

    R1 Utilizzazione principalmente come combustibile o come altro mezzo per produrre energia

    R2 Rigenerazione/recupero di solventi

    R3 Riciclaggio/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi (comprese le operazioni di compostaggio e altre trasformazioni biologiche) (**)

    R4 Riciclaggio /recupero dei metalli e dei composti metallici (***)

    R5 Riciclaggio/recupero di altre sostanze inorganiche (****)

    R6 Rigenerazione degli acidi o delle basi

    R7 Recupero dei prodotti che servono a ridurre l’inquinamento

    R8 Recupero dei prodotti provenienti dai catalizzatori

    R9 Rigenerazione o altri reimpieghi degli oli

    R10 Trattamento in ambiente terrestre a beneficio dell’agricoltura o dell’ecologia

    R11 Utilizzazione di rifiuti ottenuti da una delle operazioni indicate da R1 a R10

    R12 Scambio di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate da R1 a R11

    R13 Messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate nei punti da R1 a R12 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti)

    (**) Sono compresi la preparazione per il riutilizzo, la gassificazione e la pirolisi che utilizzano i componenti come sostanze chimiche e il recupero di materia organica sotto forma di riempimento.

    (***) È compresa la preparazione per il riutilizzo.

    (****) Sono compresi la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio di materiali da costruzione inorganici, il recupero di sostanze inorganiche sotto forma di riempimento e la pulizia del suolo risultante in un recupero del suolo.

    Nota: il D.Lgs. n. 116/2020 ha introdotto in art. 183, D.Lgs. n. 152/2006 anche la definizione di “recupero di materia”, definita come “qualsiasi operazione di recupero diversa dal recupero di energia e dal ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o altri mezzi per produrre energia. Esso comprende, tra l’altro la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e il riempimento”.

    È definito, altresì, “smaltimento” ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. z), D.Lgs. n. 152/2006:

    qualsiasi operazione diversa dal recupero anche quando l’operazione ha come conseguenza secondaria il recupero di sostanze o di energia. L’Allegato B alla Parte IV del presente Decreto riporta un elenco non esaustivo delle operazioni di smaltimento.

    Tabella - Estratto dell’Allegato B della Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006:

    D1 Deposito sul o nel suolo (ad esempio discarica).

    D2 Trattamento in ambiente terrestre (ad esempio biodegradazione di rifiuti liquidi o fanghi nei suoli). D3 Iniezioni in profondità (ad esempio iniezioni dei rifiuti pompabili in pozzi, in cupole saline o faglie geologiche naturali).

    D4 Lagunaggio (ad esempio scarico di rifiuti liquidi o di fanghi in pozzi, stagni o lagune, ecc.).

    D5 Messa in discarica specialmente allestita (ad esempio sistematizzazione in alveoli stagni, separati, ricoperti o isolati gli uni dagli altri e dall’ambiente).

    D6 Scarico dei rifiuti solidi nell’ambiente idrico eccetto l’immersione.

    D7 Immersione, compreso il seppellimento nel sottosuolo marino.

    D8 Trattamento biologico non specificato altrove nel presente allegato, che dia origine a composti o a miscugli che vengono eliminati secondo uno dei procedimenti elencati nei punti da D1 a D12.

    D9 Trattamento fisico-chimico non specificato altrove nel presente allegato, che dia origine a composti o a miscugli eliminati secondo uno dei procedimenti elencati nei punti da D1 a D12 (ad esempio evaporazione, essiccazione, calcinazione, ecc.).

    D10 Incenerimento a terra.

    D11 Incenerimento in mare(1).

    D12 Deposito permanente (ad esempio sistemazione di contenitori in una miniera).

    D13 Raggruppamento preliminare prima di una delle operazioni di cui ai punti da D1 a D12(2).

    D14 Ricondizionamento preliminare prima di una delle operazioni di cui ai punti da D1 a D13.

    D15 Deposito preliminare prima di uno delle operazioni di cui ai punti da D1 a D14 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti).

    (1) Questa operazione è vietata dalla normativa UE e dalle convenzioni internazionali.

    (2) In mancanza di un altro codice D appropriato, può comprendere le operazioni preliminari precedenti allo smaltimento, incluso il pretrattamento come, tra l’altro, la cernita, la frammentazione, la compattazione, la pellettizzazione, l’essiccazione, la triturazione, il condizionamento o la separazione prima di una delle operazioni indicate da D1 a D12.

    Alla luce dei criteri di priorità nella gestione dei rifiuti stabiliti dalla normativa vigente, e del principio generale di cui all’art. 177, comma 4, D.Lgs. n. 152/2006, in base al quale i rifiuti sono gestiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero determinare pregiudizio all’ambiente, lo smaltimento dei rifiuti è effettuato in condizioni di sicurezza. I rifiuti da avviare allo smaltimento finale devono essere il più possibile ridotti sia in massa che in volume, potenziando la prevenzione e le attività di riutilizzo, di riciclaggio e di recupero e prevedendo, ove possibile, la priorità per quei rifiuti non recuperabili generati nell’ambito di attività di riciclaggio o di recupero.

    Nota: come indicato in art. 182, D.Lgs. n. 152/2006, lo smaltimento dei rifiuti rappresenta la fase residuale della gestione degli stessi, previa verifica, da parte della competente autorità, della impossibilità tecnica ed economica di esperire le operazioni di recupero (come precedentemente descritte). A tal fine, la predetta verifica concerne la disponibilità di tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l’applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell’ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purché vi si possa accedere a condizioni ragionevoli.

    Alla luce dell’evoluzione della normativa cui stiamo assistendo, si ritiene importante soffermarsi sulla definizione di “preparazione per il riutilizzo”, contenuta in art. 183, comma 1, lett. q), D.Lgs. n. 152/2006:

    le operazioni di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento.

    È opportuno precisare che la definizione di “preparazione per il riutilizzo” riportata in art. 3 della direttiva n. 2008/98/CE non contiene il riferimento al termine “smontaggio”; inoltre, la sua versione attuale, a seguito della rettifica pubblicata in data 22 dicembre 2022 in Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea che riguardato la lingua italiana, risulta ulteriormente modificata come di seguito riportato: “le operazioni di recupero che consistono nel controllo, nella pulizia e nella riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento” (la definizione precedente era “le operazioni di controllo, pulizia e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento”).

    APPROFONDIMENTI

    • AMBIENTE & SVILUPPO 4/2022: “Preparazione per il riutilizzo dei rifiuti: un “pilastro” finora troppo debole dell’economia circolare”, di Alberto Muratori

    • AMBIENTE & SVILUPPO 3/2023: “Conferimento di rifiuti per lo smaltimento: la Cassazione interviene con qualche sbavatura”, di Vincenzo Paone

    • AMBIENTE & SVILUPPO 11/2023: “Finalmente le nuove regole sulla preparazione per il riutilizzo con procedura semplificata”, di Alberto Muratori

    8.6.2 Recupero e smaltimento - Autorizzazione

    8.6.2Recupero e smaltimento - Autorizzazione

    Ai sensi dell’art. 208 del D.Lgs. n. 152/2006, i soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla Regione competente per territorio, allegando il progetto definitivo dell’impianto e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione del progetto stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute di sicurezza sul lavoro e di igiene pubblica.

    Nota: se l’impianto deve essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi della normativa vigente, alla domanda è allegata anche la comunicazione del progetto all’autorità competente ai predetti fini; i termini per lo svolgimento del procedimento (con riferimento ai commi 3 e 8, art. 208, D.Lgs. n. 152/2006) restano sospesi fino all’acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale ai sensi della Parte II del medesimo Decreto.

    L’iter della pratica autorizzativa si svolge secondo le seguenti modalità:

    • entro trenta giorni dal ricevimento della domanda, la Regione individua il responsabile del procedimento e convoca apposita conferenza di servizi. Alla conferenza dei servizi partecipano, con un preavviso di almeno venti giorni, i responsabili degli Uffici regionali competenti e i rappresentanti delle autorità d’ambito e degli enti locali sul cui territorio è realizzato l’impianto, nonché il richiedente l’autorizzazione o un suo rappresentante al fine di acquisire documenti, informazioni e chiarimenti. Nel medesimo termine di venti giorni, la documentazione che costituisce la domanda è inviata ai componenti della conferenza di servizi. La decisione della conferenza dei servizi è assunta a maggioranza e le relative determinazioni devono fornire un’adeguata motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza;

    • entro novanta giorni dalla sua convocazione, la Conferenza di servizi:
      • procede alla valutazione dei progetti;

      • acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con quanto previsto dall’art. 177, comma 4, D.Lgs. n. 152/2006;

      • acquisisce, ove previsto dalla normativa vigente, la valutazione di compatibilità ambientale;

      • trasmette le proprie conclusioni con i relativi atti alla Regione.

    • Entro trenta giorni dal ricevimento delle conclusioni della conferenza dei servizi, valutando le risultanze della stessa, la Regione, in caso di valutazione positiva del progetto, autorizza la realizzazione e la gestione dell’impianto. L’approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori.

    • Entro centocinquanta giorni dalla presentazione della domanda, si conclude l’istruttoria con il rilascio dell’autorizzazione unica o con il diniego motivato della stessa: tali termini sono interrotti, per una sola volta, da eventuali richieste istruttorie fatte dal responsabile del procedimento al soggetto interessato, e ricominciano a decorrere dal ricevimento degli elementi forniti dall’interessato. Ferma restando la valutazione delle eventuali responsabilità ai sensi della normativa vigente, ove l’autorità competente non provveda a concludere il procedimento di rilascio dell’autorizzazione unica entro i termini previsti (centocinquanta giorni dalla presentazione della domanda), si applica il potere sostitutivo di cui all’art. 5 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112.

    Nota: nel caso in cui il progetto riguardi aree vincolate ai sensi del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, si applicano le disposizioni dell’art. 146 di tale Decreto in materia di autorizzazione.

    Per l’istruttoria tecnica della domanda le Regioni possono avvalersi delle Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente.

    L’autorizzazione individua le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire l’attuazione dei principi di cui all’art. 178 del D.Lgs. n. 152/2006, e contiene almeno i seguenti elementi:

    a) i tipi ed i quantitativi di rifiuti che possono essere trattati;
    b) per ciascun tipo di operazione autorizzata, i requisiti tecnici con particolare riferimento alla compatibilità del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di rifiuti e alla modalità di verifica, monitoraggio e controllo della conformità dell’impianto al progetto approvato;
    c) le misure precauzionali e di sicurezza da adottare;
    d) la localizzazione dell’impianto autorizzato;
    e) il metodo da utilizzare per ciascun tipo di operazione;
    f) le disposizioni relative alla chiusura e agli interventi ad essa successivi che si rivelino necessarie;
    g) le garanzie finanziarie richieste, che devono essere prestate solo al momento dell’avvio effettivo dell’esercizio dell’impianto; le garanzie finanziarie per la gestione della discarica, anche per la fase successiva alla sua chiusura, dovranno essere prestate conformemente a quanto disposto dall’art. 14, D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36;
    h) la data di scadenza dell’autorizzazione;
    i) i limiti di emissione in atmosfera per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico.

    Nota: le autorizzazioni concernenti l’incenerimento o il coincenerimento con recupero di energia sono subordinate alla condizione che il recupero avvenga con un livello elevato di efficienza energetica, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili.

    Salva l’applicazione dell’art. 29-octies del D.Lgs. n. 152/2006 per le installazioni che svolgono attività di cui all’Allegato VIII alla Parte II del medesimo Decreto (soggette, quindi, ad autorizzazione integrata ambientale), l’autorizzazione è concessa per un periodo di dieci anni ed è rinnovabile.

    Ai fini del rinnovo, almeno centottanta giorni prima della scadenza dell’autorizzazione deve essere presentata apposita domanda alla Regione, che decide prima della scadenza dell’autorizzazione stessa. In ogni caso l’attività può essere proseguita fino alla decisione espressa, previa estensione delle garanzie finanziarie prestate.

    Nota: ai sensi dell’art. 209, D.Lgs. n. 152/2006, nel rispetto delle normative comunitarie in sede di espletamento delle procedure previste per il rinnovo delle autorizzazioni all’esercizio di un impianto, le imprese che risultino registrate ai sensi del Regolamento CE n. 1221/2009 (EMAS) o certificate UNI EN ISO 14001, possono sostituire tali autorizzazioni con autocertificazione resa alle autorità competenti, ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445. L’autocertificazione deve essere accompagnata da una copia conforme del certificato di registrazione ottenuto ai sensi del Regolamento EMAS o di certificazione ai sensi della norma UNI EN ISO 14001, nonché da una denuncia di prosecuzione delle attività, attestante la conformità dell’impresa, dei mezzi e degli impianti alle prescrizioni legislative e regolamentari, con allegata una certificazione dell’esperimento di prove a ciò destinate, ove previste. L’autocertificazione e i relativi documenti sopra citati, sostituiscono a tutti gli effetti l’autorizzazione alla prosecuzione, ovvero all’esercizio delle attività e ad essi si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al D.P.R. 26 aprile 1992, n. 300. L’autocertificazione e i relativi documenti mantengono l’efficacia sostitutiva fino ad un periodo massimo di centottanta giorni successivi alla data di comunicazione all’interessato della decadenza, a qualsiasi titolo avvenuta, della registrazione ottenuta ai sensi del Regolamento EMAS o della certificazione ai sensi della norma UNI EN ISO 14001.

    I titoli abilitativi di cui all’art. 209 del D.Lgs. n. 152/2006 devono essere comunicati, a cura dell’amministrazione che li rilascia, all’ISPRA, che cura l’inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui all’art. 208, comma 17 del medesimo Decreto.

    Le prescrizioni dell’autorizzazione possono essere modificate, prima del termine di scadenza e dopo almeno cinque anni dal rilascio, nel caso di condizioni di criticità ambientale, tenendo conto dell’evoluzione delle migliori tecnologie disponibili e nel rispetto delle garanzie procedimentali di cui alla Legge n. 241/1990.

    Nota: con riferimento alle installazioni che svolgono attività di cui all’Allegato VIII alla Parte II del D.Lgs. n. 152/2006, e che sono quindi soggette ad autorizzazione integrata ambientale:

    • L’autorizzazione integrata ambientale (di seguito AIA) sostituisce l’autorizzazione di cui sopra per la realizzazione e gestione di impianto per recupero rifiuti. A tal fine, in relazione alle attività di recupero dei rifiuti:

    • ove un provvedimento di cui all’art. 208, D.Lgs. n. 152/2006 sia stato già emanato, la domanda di autorizzazione integrata ambientale ne riporta gli estremi;

    • se l’istanza non riguarda esclusivamente il rinnovo o l’adeguamento dell’autorizzazione all’esercizio, prevedendo invece nuove realizzazioni o modifiche, la partecipazione alla conferenza di servizi di cui all’art. 29-quater, comma 5, D.Lgs. n. 152/2006, è estesa a tutti i partecipanti alla conferenza di servizio di cui all’art. 208, comma 3 del medesimo Decreto;

    • la Regione, o l’autorità da essa delegata, specifica in conferenza le garanzie finanziarie da richiedere ai sensi dell’art. 208, comma 11, lett. g), D.Lgs. n. 152/2006;

    • con riferimento all’art. 208, comma 11, D.Lgs. n. 152/2006 i contenuti dell’AIA sono opportunamente integrati con gli elementi ivi indicati e le garanzie finanziarie sono prestate a favore della Regione, o dell’autorità da essa delegata alla gestione della materia;

    • la comunicazione di cui all’art. 208, comma 17-bis, D.Lgs. n. 152/2006 al Catasto rifiuti, è effettuata dall’amministrazione che rilascia l’autorizzazione integrata ambientale;

    • la comunicazione in caso di eventi incidenti sull’autorizzazione (di cui all’art. 208, comma 18, D.Lgs. n. 152/2006), è effettuata dal soggetto pubblico che accerta l’evento incidente.

    • Per impianti di recupero di rifiuti ricompresi in tali installazioni, il rinnovo, l’aggiornamento e il riesame dell’autorizzazione (come disciplinata dall’art. 208, D.Lgs. n. 152/2006), sono effettuati come disposto dal Titolo III-bis, Parte II, D.Lgs. n. 152/2006, previa estensione delle garanzie finanziarie già prestate.

    Nota: in data 17 agosto 2018 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Decisione di esecuzione UE n. 2018/1147 della Commissione, che stabilisce le conclusioni sulle migliori tecniche disponibili (BAT) per il trattamento dei rifiuti. Come previsto dalla Direttiva n. 2010/75/UE, tali conclusioni rappresentano il riferimento per stabilire le condizioni di autorizzazione per le installazioni soggette ad Autorizzazione integrata ambientale (AIA): le autorità competenti dovrebbero fissare valori limite di emissione tali da garantire che, in condizioni di esercizio normali, non si superino i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili indicati nelle conclusioni sulle BAT. Si veda il capitolo 4 del presente volume per ulteriori dettagli sul tema.

    L’autorizzazione per la realizzazione e gestione di impianti di smaltimento o recupero rifiuti deve essere comunicata, a cura dell’amministrazione competente al rilascio della stessa, al Catasto dei rifiuti (di cui all’art. 189, D.Lgs. n. 152/2006), attraverso il Catasto telematico e secondo gli standard concordati con ISPRA, che cura l’inserimento in un elenco nazionale (accessibile al pubblico) dei seguenti elementi identificativi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica:

    • ragione sociale;

    • sede legale dell’impresa autorizzata;

    • sede dell’impianto autorizzato;

    • attività di gestione autorizzata;

    • i rifiuti oggetto dell’attività di gestione;

    • quantità autorizzate;

    • scadenza dell’autorizzazione.

    In caso di eventi incidenti sull’autorizzazione, questi sono comunicati, previo avviso all’interessato, al Catasto dei rifiuti di cui all’art. 189, D.Lgs. n. 152/2006.

    Le procedure di cui sopra relative all’autorizzazione per la realizzazione e gestione di impianti di smaltimento o recupero rifiuti e contenute nell’art. 208, D.Lgs. n. 152/2006, si applicano anche per la realizzazione di varianti sostanziali in corso d’opera o di esercizio che comportino modifiche a seguito delle quali gli impianti non sono più conformi all’autorizzazione rilasciata.

    Di seguito si riportano le disposizioni previste per alcuni casi particolari:

    AREE PORTUALI
    Il controllo e l’autorizzazione delle operazioni di carico, scarico, trasbordo, deposito e maneggio di rifiuti in aree portuali sono disciplinati dalle specifiche disposizioni di cui alla Legge 28 gennaio 1994, n. 84 e di cui al D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 182 (*) di attuazione della Direttiva n. 2000/59/CE sui rifiuti prodotti sulle navi e dalle altre disposizioni previste in materia dalla normativa vigente. Nel caso di trasporto transfrontaliero di rifiuti, l’autorizzazione delle operazioni di imbarco e di sbarco non può essere rilasciata se il richiedente non dimostra di avere ottemperato agli adempimenti di cui all’art. 193, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006.
    (*) Il D.Lgs. n. 182/2003 così citato in art. 208, D.Lgs. n. 152/2006, è stato abrogato dal D.Lgs. n. 197/2021.
    IMPIANTI MOBILI DI RECUPERO E SMALTIMENTO
    Gli impianti mobili di smaltimento o di recupero, esclusi gli impianti mobili che effettuano la disidratazione dei fanghi generati da impianti di depurazione e reimmettono l’acqua in testa al processo depurativo presso il quale operano, ed esclusi i casi in cui si provveda alla sola riduzione volumetrica e separazione delle frazioni estranee, sono autorizzati, in via definitiva, dalla Regione ove l’interessato ha la sede legale o la società straniera proprietaria dell’impianto ha la sede di rappresentanza. Per lo svolgimento delle singole campagne di attività sul territorio nazionale, l’interessato, almeno venti giorni prima dell’installazione dell’impianto, deve comunicare alla Regione nel cui territorio si trova il sito prescelto le specifiche dettagliate relative alla campagna di attività, allegando l’autorizzazione (come disciplinata dall’art. 208, D.Lgs. n. 152/2006), e l’iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali, nonché l’ulteriore documentazione richiesta. Si tenga conto di quanto previsto dal D.L. n. 123/2019 (convertito con modificazioni dalla Legge n. 156/2019) per il caso in cui nel sito temporaneo di deposito siano da effettuare operazioni di trattamento delle macerie con l’ausilio di impianti mobili. La Regione può adottare prescrizioni integrative oppure può vietare l’attività con provvedimento motivato qualora lo svolgimento della stessa nello specifico sito non sia compatibile con la tutela dell’ambiente o della salute pubblica.

    COMPOSTAGGIO AEROBICO
    Alle utenze non domestiche che effettuano il compostaggio aerobico individuale per residui costituiti da sostanze naturali non pericolose prodotti nell’ambito delle attività agricole e vivaistiche e alle utenze domestiche che effettuano compostaggio aerobico individuale per i propri rifiuti organici da cucina, sfalci e potature da giardino è applicata una riduzione della tariffa dovuta per la gestione dei rifiuti urbani.

    Nota: nel caso di impianti di ricerca e sperimentazione, ai fini dell’autorizzazione si applicano le disposizioni di cui all’art. 211, D.Lgs. n. 152/2006, tra le quali è previsto che i termini di cui all’art. 208, D.Lgs. n. 152/2006 siano ridotti alla metà per l’autorizzazione alla realizzazione ed all’esercizio di impianti di ricerca e di sperimentazione qualora siano rispettate le seguenti condizioni:

    • le attività di gestione degli impianti non comportino utile economico;

    • gli impianti abbiano una potenzialità non superiore a 5 tonnellate al giorno, salvo deroghe giustificate dall’esigenza di effettuare prove di impianti caratterizzati da innovazioni, che devono però essere limitate alla durata di tali prove.

    L’autorizzazione deve essere comunicata, a cura dell’amministrazione che la rilascia, all’ISPRA, che cura l’inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui all’art. 208, comma 16, D.Lgs. n. 152/2006.

    € SANZIONI

    Art. 256, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 152/2006: Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’art. 29-quattuordecies, comma 1 del D.Lgs. n. 152/2006, chiunque svolga attività di recupero o smaltimento in assenza dell’autorizzazione è punito con pena dell’arresto da tre mesi a un anno o ammenda da 2.600 a 26.000 euro se si tratta di rifiuti non pericolosi.

    Art. 256, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 152/2006: Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’art. 29-quattuordecies, comma 1 del D.Lgs. n. 152/2006, chiunque svolga attività di recupero o smaltimento in assenza dell’autorizzazione è punito con pena dell’arresto da sei mesi a due anni e ammenda da 2.600 a 26.000 euro se si tratta di rifiuti pericolosi.

    Art. 256, comma 4, D.Lgs. n. 152/2006: L’inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni è punita con le pene di cui sopra ridotte della metà.

    Ferma restando l’applicazione delle norme sanzionatorie di cui sopra, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione l’autorità competente procede, secondo la gravità dell’infrazione:

    • alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze;

    • alla diffida e contestuale sospensione dell’autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente;

    • alla revoca dell’autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente.

    Con riferimento alla procedura di rinnovo dell’autorizzazione nel caso di imprese che risultino registrate ai sensi del Regolamento CE n. 1221/2009 (EMAS) o certificate UNI EN ISO 14001, salva l’applicazione delle sanzioni specifiche e salvo che il fatto costituisca più grave reato, in caso di accertata falsità delle attestazioni contenute nell’autocertificazione e dei relativi documenti, si applica l’art. 483 cod. pen. nei confronti di chiunque abbia sottoscritto la documentazione di cui ai commi 1 e 2, art. 209, D.Lgs. n. 152/2006.

    Con riferimento all’autocertificazione presentata dalle imprese che risultino registrate ai sensi del Regolamento CE n. 1221/2009 (EMAS) o certificate UNI EN ISO 14001, ai fini del rinnovo delle autorizzazioni all’esercizio di un impianto, si applicano, altresì, le disposizioni sanzionatorie di cui all’art. 21, Legge 7 agosto 1990, n. 241.

    Non sono qui riportate le sanzioni previste in caso di violazioni attinenti all’autorizzazione integrata ambientale disciplinata dalla Parte II del D.Lgs. n. 152/2006 (si veda il capitolo 4 del presente manuale).

    Art. 25-undecies, comma 2, D.Lgs. n. 231/2001: per le violazioni di cui all’art. 256, comma 1 lett. a) del D.Lgs. n. 152/2006 (si veda sopra) si applica la sanzione pecuniaria fino a 250 quote; per le violazioni di cui all’art. 256, comma 1, lett. b) del medesimo Decreto (si veda sopra) si applica la sanzione pecuniaria da 150 a 250 quote.

    Art. 25-undecies, comma 6, D.Lgs. n. 231/2001: nel caso di commissione del reato di cui all’art. 256, comma 4 del D.Lgs. n. 152/2006 (si veda sopra) le sanzioni di cui al comma 2 lett. b) dell’art. 25-undecies del D.Lgs. n. 231/2001 sono ridotte della metà.

    8.6.3 Recupero e smaltimento - Procedure semplificate

    8.6.3Recupero e smaltimento - Procedure semplificate

    Con decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, della salute e, per i rifiuti agricoli e le attività che generano i fertilizzanti, con il Ministro delle politiche agricole e forestali, sono adottate per ciascun tipo di attività le norme, che fissano i tipi e le quantità di rifiuti e le condizioni in base alle quali le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate dai produttori nei luoghi di produzione degli stessi e le attività di recupero di cui all’Allegato C alla Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006 sono sottoposte alle procedure semplificate di cui agli artt. 215 (Autosmaltimento) e 216 (Operazioni di recupero) del medesimo Decreto.

    Le norme e le condizioni di cui sopra, nonché le procedure semplificate devono garantire che i tipi o le quantità di rifiuti ed i procedimenti e metodi di smaltimento o di recupero siano tali da non costituire un pericolo per la salute dell’uomo e da non recare pregiudizio all’ambiente.

    Sino all’adozione di tali decreti, relativamente alle attività di recupero continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al D.M. 5 febbraio 1998 (pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998) ed al D.M. n. 161/2002.

    Le Province comunicano al catasto dei rifiuti di cui all’art. 189 del D.Lgs. n. 152/2006, attraverso il Catasto telematico e secondo gli standard concordati con ISPRA (che cura l’inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico), dei seguenti elementi identificativi delle imprese iscritte nei registri di cui agli artt. 215, comma 3 e 216, comma 3 del medesimo Decreto:

    • ragione sociale;

    • sede legale dell’impresa;

    • sede dell’impianto;

    • tipologia di rifiuti oggetto dell’attività di gestione;

    • relative quantità;

    • attività di gestione;

    • data di iscrizione nei registri di cui all’art. 215, comma 3 e art. 216, comma 3 del D.Lgs. n. 152/2006.

    Nota: il D.Lgs. n. 116/2020 ha introdotto il nuovo art. 214-ter all’interno del D.Lgs. n. 152/2006, che riguarda le condizioni per l’esercizio delle operazioni di preparazione per il riutilizzo in forma semplificata. Successivamente il D.M. n. 119/2023, in vigore dal 16 settembre 2023, ha definito aspetti quali le modalità per l’esercizio delle operazioni di preparazione per il riutilizzo in forma semplificata, i requisiti soggettivi per l’esercizio delle attività, le dotazioni tecniche e strutturali. A partire dall’entrata in vigore di tale decreto, l’esercizio delle operazioni di preparazione per il riutilizzo di prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti è avviato decorsi 90 giorni dalla comunicazione di inizio attività, entro i quali le province o le città metropolitane territorialmente competenti verificano (secondo le modalità indicate dall’art. 216 del D.Lgs. n. 152/2006), il possesso dei requisiti previsti dal D.M. n. 119/2023. Si veda il par. 8.6.1 per la definizione di “Preparazione per il riutilizzo”.

    Recupero - Aspetti specifici
    Recupero - Aspetti specifici

    A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui sopra, l’esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti può essere intrapreso decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla Provincia territorialmente competente. La Provincia iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attività e, entro il termine di cui al periodo precedente, verifica d’ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti. A tal fine, alla comunicazione di inizio di attività, a firma del legale rappresentante dell’impresa, è allegata una relazione dalla quale risulti:

    • il rispetto delle norme tecniche e delle condizioni specifiche di cui sopra;

    • il possesso dei requisiti soggettivi richiesti per la gestione dei rifiuti;

    • le attività di recupero che si intendono svolgere;

    • lo stabilimento, la capacità di recupero e il ciclo di trattamento o di combustione nel quale i rifiuti stessi sono destinati ad essere recuperati, nonché l’utilizzo di eventuali impianti mobili;

    • le caratteristiche merceologiche dei prodotti derivanti dai cicli di recupero.

    La Provincia, qualora accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui sopra, dispone con provvedimento motivato, il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell’attività, salvo che l’interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall’amministrazione.

    La comunicazione di inizio attività deve essere rinnovata ogni cinque anni, e comunque in caso di modifica sostanziale delle operazioni di recupero. È previsto l’obbligo di versare alla Provincia territorialmente competente un diritto di iscrizione annuale (determinato con Decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell’economia e delle finanze) per la tenuta dei registri di cui sopra e per l’effettuazione dei controlli periodici.

    Nota: sono definite disposizioni specifiche per utilizzo di combustibile alternativo (art. 214, comma 11, D.Lgs. n. 152/2006), impianti di compostaggio aerobico di rifiuti biodegradabili (art. 214, comma 7-bis, D.Lgs. n. 152/2006), rifiuti elettrici ed elettronici e impianti di coincenerimento (art. 216, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006).

    Smaltimento - Aspetti specifici
    Smaltimento - Aspetti specifici

    A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui sopra (e richiamate dall’art. 214, commi 1, 2 e 3, D.Lgs. n. 152/2006), e siano tenute in considerazione le migliori tecniche disponibili, le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate nel luogo di produzione dei rifiuti stessi possono essere intraprese decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla Provincia territorialmente competente.

    Nota: le norme tecniche prevedono in particolare: il tipo, la quantità e le caratteristiche dei rifiuti da smaltire; il ciclo di provenienza dei rifiuti; le condizioni per la realizzazione e l’esercizio degli impianti; le caratteristiche dell’impianto di smaltimento; la qualità delle emissioni e degli scarichi idrici nell’ambiente.

    La Provincia iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attività ed entro il termine di cui al periodo precedente verifica d’ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti. A tal fine, alla comunicazione di inizio di attività, a firma del legale rappresentante dell’impresa, è allegata una relazione dalla quale deve risultare:

    • il rispetto delle condizioni e delle norme tecniche specifiche sopra richiamate;

    • il rispetto delle norme tecniche di sicurezza e delle procedure autorizzative previste dalla normativa vigente.

    Qualora la Provincia accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui sopra, dispone con provvedimento motivato il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell’attività, salvo che l’interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall’amministrazione.

    La comunicazione di inizio di attività deve essere rinnovata ogni cinque anni e, comunque, in caso di modifica sostanziale delle operazioni di autosmaltimento.

    Per la tenuta del registro di cui sopra, e per l’effettuazione dei controlli periodici, l’interessato è tenuto a versare alla Provincia territorialmente competente un diritto di iscrizione annuale (determinato con Decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell’economia e delle finanze).

    8.6.4 Discariche

    8.6.4Discariche

    Il D.Lgs. n. 36/2003, che contiene le norme di attuazione della Direttiva n. 1999/31/CE (come modificata dalla Direttiva n. 2018/850/UE) relativa alle discariche di rifiuti, stabilisce, ai sensi dell’art. 1 del Decreto stesso:

    requisiti operativi e tecnici per i rifiuti e le discariche, misure, procedure e orientamenti tesi a prevenire o a ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull’ambiente, in particolare l’inquinamento delle acque superficiali, delle acque di falda, del suolo e dell’aria, sul patrimonio agroalimentare, culturale e il paesaggio, e sull’ambiente globale, compreso l’effetto serra, nonché i rischi per la salute umana risultanti dalle discariche di rifiuti, durante l’intero ciclo di vita della discarica.

    Nota: le disposizioni di cui alla Direttiva n. 2018/850/UE sono state recepite nell’ordinamento italiano attraverso il D.Lgs. n. 121/2020. All’interno del presente paragrafo sono descritti i principali aspetti in materia di discariche, alla luce delle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 121/2020, che stabilisce che le disposizioni di cui all’art. 1, lett. i), n) e o), del medesimo Decreto (attinenti la domanda di autorizzazione, la procedura di chiusura e la gestione operativa e post-operativa) si applicano alle discariche di nuova realizzazione, nonché alla realizzazione di nuovi lotti delle discariche esistenti le cui domande di autorizzazione siano state presentate dopo la data dell’entrata in vigore del Decreto stesso.

    Tale Decreto definisce “discarica”:

    area adibita a smaltimento dei rifiuti mediante operazioni di deposito sul suolo o nel suolo, compresa la zona interna al luogo di produzione dei rifiuti adibita allo smaltimento dei medesimi da parte del produttore degli stessi, nonché qualsiasi area ove i rifiuti sono sottoposti a deposito temporaneo per più di un anno. Sono esclusi da tale definizione gli impianti in cui i rifiuti sono scaricati al fine di essere preparati per il successivo trasporto in un impianto di recupero, trattamento o smaltimento, e lo stoccaggio di rifiuti in attesa di recupero o trattamento per un periodo inferiore a tre anni come norma generale, o lo stoccaggio di rifiuti in attesa di smaltimento per un periodo inferiore a un anno.

    Nota: il D.Lgs. n. 36/2003 non si applica:

    a) alle operazioni di spandimento sul suolo di fanghi, compresi i fanghi di depurazione delle acque reflue domestiche ed i fanghi risultanti dalle operazioni di dragaggio, e di materie analoghe a fini fertilizzanti o ammendanti;

    b) all’impiego di rifiuti inerti idonei in lavori di accrescimento o ricostruzione e riempimento o a fini di costruzione nelle discariche;

    c) al deposito di fanghi di dragaggio non pericolosi presso corsi d’acqua minori da cui sono stati dragati e al deposito di fanghi non pericolosi nelle acque superficiali, compreso il letto e il sottosuolo corrispondente.

    Inoltre, è previsto che la gestione dei rifiuti provenienti dalle industrie estrattive sulla terraferma, vale a dire i rifiuti derivanti dalle attività di prospezione, estrazione, compresa la fase di sviluppo preproduzione, trattamento e stoccaggio di minerali, e dallo sfruttamento delle cave è esclusa dall’ambito di applicazione del presente Decreto, laddove rientri nell’ambito di applicazione del D.Lgs. n. 117/2008.

    Le discariche sono classificate nelle seguenti categorie:

    • discarica per rifiuti inerti;

    • discarica per rifiuti non pericolosi;

    • discarica per rifiuti pericolosi.

    Nota: l’art. 5, D.Lgs. n. 36/2003, definisce gli obiettivi di riduzione del conferimento in discarica. In particolare, a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 121/2020, è previsto che a partire dal 2030 sia vietato lo smaltimento in discarica di tutti i rifiuti idonei al riciclaggio o al recupero di altro tipo, in particolare i rifiuti urbani, ad eccezione dei rifiuti per i quali il collocamento in discarica produca il miglior risultato ambientale conformemente all’art. 179, D.Lgs. n. 152/2006. È stabilito, inoltre, che entro il 2035 la quantità di rifiuti urbani collocati in discarica deve essere ridotta al 10 per cento, o a una percentuale inferiore, del totale in peso dei rifiuti urbani prodotti.

    La normativa dispone il divieto di smaltimento in discarica dei rifiuti di seguito riportati:

    – rifiuti allo stato liquido;

    – rifiuti classificati come Esplosivi (HP1), Comburenti (HP2) e Infiammabili (HP3), ai sensi dell’allegato III alla direttiva 2008/98/CE;

    – rifiuti che contengono una o più sostanze corrosive classificate come H314 - Skin Corr. 1A in concentrazione totale maggiore o uguale all’1 per cento;

    – rifiuti che contengono una o più sostanze corrosive classificate come H314 - Skin Corr. 1A, H314 - Skin Corr. 1B e H314 Skin Corr. 1C in concentrazione totale maggiore o uguale al 5 per cento;

    – rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo - HP9 ai sensi dell’allegato III, Dir. 2008/98/CE e ai sensi del D.P.R. n. 254/2003;

    – rifiuti contenenti sostanze chimiche non identificate o nuove provenienti da attività di ricerca, di sviluppo o di insegnamento, i cui effetti sull’uomo e sull’ambiente non sono noti (ad esempio rifiuti di laboratorio, ecc.);

    – rifiuti della produzione di principi attivi per biocidi, come definiti ai sensi del D.Lgs. n. 174/2000, e per prodotti fitosanitari come definiti dal D.Lgs. n. 194/1995;

    – rifiuti che contengono o sono contaminati da policlorodifenili (PCB) come definiti dal D.Lgs. n. 209/1999, in quantità superiore a 50 ppm; l’elenco dei PCB da prendere in considerazione è riportato nella tabella 1A dell’Allegato 3;

    – rifiuti che contengono o sono contaminati da diossine e furani in quantità superiore a 10 ppb; l’elenco delle diossine (policlorodibenzodiossine, PCDD) e dei furani (policlorodibenziofurani, PCDF) da prendere in considerazione ai fini della verifica di ammissibilità in discarica, con i rispettivi fattori di equivalenza, è riportato nella tabella 1B dell’Allegato 3;

    – rifiuti che contengono fluidi refrigeranti costituiti da CFC e HCFC, o rifiuti contaminati da CFC e HCFC in quantità superiore al 0,5% in peso riferito al materiale di supporto;

    – pneumatici interi fuori uso a partire dal 16 luglio 2003, esclusi gli pneumatici usati come materiale di ingegneria, e gli pneumatici fuori uso triturati a partire da tre anni da tale data, esclusi in entrambi i casi quelli per biciclette e quelli con un diametro esterno superiore a 1.400 mm;

    – i rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata e destinati alla preparazione al riutilizzo e al riciclaggio, ad eccezione degli scarti derivanti da successive operazioni di trattamento dei rifiuti da raccolta differenziata per i quali il collocamento in discarica produca il miglior risultato ambientale conformemente all’art. 179, D.Lgs. n. 152/2006;

    – tutti gli altri tipi di rifiuti che non soddisfano i criteri di ammissibilità stabiliti a norma dell’art. 7 e dell’Allegato 6 al D.Lgs. n. 36/2003;

    – rifiuti individuati dai codici EER riportati nell’elenco di cui alla tabella 2, Allegato 3, D.Lgs. n. 36/2003, qualora presentino le caratteristiche chimico fisiche riportate nella stessa tabella.

    I rifiuti possono essere collocati in discarica solo dopo trattamento.

    Nota: tale disposizione non si applica:

    a) ai rifiuti inerti il cui trattamento non sia tecnicamente fattibile;

    b) ai rifiuti il cui trattamento non contribuisce al raggiungimento delle finalità del D.Lgs. n. 36/2003, riducendo la quantità dei rifiuti o i rischi per la salute umana e l’ambiente. Sul punto si vedano le ulteriori disposizioni di cui all’art. 7 del medesimo decreto.

    I rifiuti sono ammessi in discarica esclusivamente se risultano conformi ai criteri di ammissibilità della corrispondente categoria di discarica secondo quanto stabilito dal D.Lgs. n. 36/2003 (come modificato dal D.Lgs. n. 121/2020).

    Nota: è vietato diluire o miscelare rifiuti al solo fine di renderli conformi ai criteri di ammissibilità di cui all’art. 7, D.Lgs. n.36/2003.

    L’ammissibilità è accertata mediante il campionamento e le determinazioni analitiche per la caratterizzazione di base degli stessi, nonché la verifica di conformità, con oneri a carico del detentore dei rifiuti o del gestore della discarica, effettuati da persone e istituzioni indipendenti e qualificate, tramite laboratori accreditati.

    Nota: i metodi di campionamento e analisi (individuati in Allegato 6, D.Lgs. n. 36/2003) garantiscono l’utilizzazione delle tecniche e delle metodiche riconosciute a livello nazionale e internazionale.

    Nota: la caratterizzazione di base determina le caratteristiche dei rifiuti attraverso la raccolta di tutte le informazioni necessarie per lo smaltimento finale in condizioni di sicurezza, ed è obbligatoria per qualsiasi tipo di rifiuto; è disciplinata dall’art. 7-bis, D.Lgs. n. 36/2003 (che stabilisce anche i termini per la periodicità) ed è effettuata secondo le prescrizioni stabilite in Allegato 5 del Decreto stesso. Il gestore è tenuto a conservare i dati richiesti per un periodo di cinque anni. I rifiuti giudicati ammissibili in una determinata categoria di discarica, in base alla caratterizzazione di base, sono successivamente sottoposti alla verifica di conformità (disciplinata dall’art. 7-ter, D.Lgs. n. 36/2003) per stabilire se possiedono le caratteristiche della relativa categoria e se soddisfano i criteri di ammissibilità previsti dal D.Lgs. n. 36/2003.

    Nota: lo smaltimento in discarica di rifiuti contenenti o contaminati da inquinanti organici persistenti deve essere effettuato conformemente a quanto previsto dal Regolamento UE n. 2019/1021 e successive modifiche e integrazioni.

    La norma, come modificata dal D.Lgs. n. 121/2020, disciplina in modo puntuale le diverse tipologie di discariche, individuando i rifiuti che vi possono essere conferiti, e quelli che sono vietati: in particolare l’art. 7-quater contempla le discariche per rifiuti inerti, mentre quelle per rifiuti non pericolosi e quelle per rifiuti pericolosi sono disciplinate rispettivamente dagli artt. 7-quinquies e 7-septies.

    Nota: i criteri di ammissibilità in deposito sotterraneo (definito come impianto per il deposito permanente di rifiuti situato in una cavità geologica profonda, senza coinvolgimento di falde o acquiferi, quale una miniera di potassio o di sale) sono contenuti in art. 7-octies, D.Lgs. n. 36/2003.

    Nota: il D.Lgs. n. 121/2020 ha abrogato il Decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 27 settembre 2010, che disciplina la definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica, in sostituzione di quelli contenuti nel D.M. 3 agosto 2005; è previsto, tuttavia, che fino al 1 gennaio 2024 continuino ad applicarsi i limiti previsti dalla tabella 5, nota lett. a), art. 6 (che riguarda impianti di discarica per rifiuti non pericolosi) del medesimo decreto ministeriale.

    GIURISPRUDENZA

    In particolare, la giurisprudenza ha posto l’attenzione su:

    Termine per la verifica periodica dei rifiuti conferiti in discarica

    La verifica periodica di conformità dei rifiuti conferiti in discarica, da effettuarsi dal gestore almeno una volta l’anno secondo quanto previsto dal combinato disposto degli artt. 3, comma 2, e 2, comma 3, D.M. 27 settembre 2010, disposizione richiamata nel caso di specie dall’A.I.A., va effettuata entro il 31 dicembre dell’anno civile di riferimento:

    • Cass., sez. III, n. 36400/2019

    La domanda di autorizzazione per la costruzione e l’esercizio di una discarica è presentata ai sensi del D.Lgs. n. 152/2006, e deve contenere, oltre alle informazioni richieste dal Decreto citato, anche quelle indicate in art. 8 del D.Lgs. n. 36/2003.

    La procedura di chiusura della discarica o di una parte di essa è avviata:

    • nei casi, alle condizioni e nei termini stabiliti dall’autorizzazione;

    • nei casi in cui il gestore richiede ed ottiene apposita autorizzazione della Regione competente per territorio;

    • sulla base di specifico provvedimento conseguente a gravi motivi, tali da provocare danni all’ambiente e alla salute, ad iniziativa dell’Ente competente per territorio.

    Nella gestione e dopo la chiusura della discarica devono essere rispettati i tempi, le modalità, i criteri e le prescrizioni stabiliti dall’autorizzazione e dai piani di gestione operativa, post-operativa e di ripristino ambientale di cui all’art. 8, comma 1, lett. g), h) e l) del D.Lgs. n. 36/2003, nonché le norme in materia di gestione dei rifiuti, di scarichi idrici e tutela delle acque, di emissioni in atmosfera, di rumore, di igiene e salubrità degli ambienti di lavoro, di sicurezza, e prevenzione incendi; deve, inoltre, essere assicurata la manutenzione ordinaria e straordinaria di tutte le opere funzionali ed impiantistiche della discarica.

    € SANZIONI

    Sanzioni previste dal D.Lgs. n. 152/2006:

    Art. 256, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006: Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’art. 29-quattuordecies, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006, chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata è punito con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e ammenda da 2.600 a 26.000 euro. Si applica la pena dell’arresto da uno a tre anni e dell’ammenda da 5.200 a 52.000 euro se la discarica è destinata, anche in parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi. Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 del c.p.p., consegue la confisca dell’area sulla quale è realizzata la discarica abusiva se di proprietà dell’autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi.

    Sanzioni previste dal D.Lgs. n. 36/2003:

    Chiunque viola il disposto di cui all’art. 7 comma 1 del D.Lgs. n. 36/2003 che prevede che i rifiuti possano essere collocati in discarica solo dopo trattamento, è punito con le sanzioni di cui all’art. 256, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006 sopra riportate.

    Chiunque viola il divieto ad ammettere in discarica per rifiuti inerti, rifiuti inerti che non soddisfano i requisiti di cui all’art. 7-quater, D.Lgs. n. 36/2003, è punito con le sanzioni di cui all’art. 256, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006 sopra riportate.

    Chiunque viola il disposto di cui all’art. 7-quinquies, comma 1, D.Lgs. n. 36/2003 che definisce i rifiuti che possono essere ammessi in discariche per rifiuti non pericolosi, è punito con le sanzioni di cui all’art. 256, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006 sopra riportate.

    Chiunque viola le procedure di ammissione dei rifiuti in discarica di cui all’art. 11, D.Lgs. n. 36/2003, è punito con le sanzioni di cui all’art. 256, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006 sopra riportate.

    Chiunque in violazione del divieto di cui all’art. 7-septies diluisce o miscela i rifiuti al solo fine di renderli conformi ai criteri di ammissibilità è punito con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e ammenda da 2.600 a 26.000 euro.

    Art. 25-undecies, comma 2, D.Lgs. n. 231/2001: per la violazione del divieto di cui al comma 3, primo periodo, art. 256 del D.Lgs. n. 152/2006, si applica la sanzione pecuniaria da 150 a 250 quote. Per la violazione del divieto di cui al comma 3 secondo periodo dell’art. 256 del D.Lgs. n. 152/2006, si applicano la sanzione pecuniaria da 200 a 300 quote e le sanzioni interdittive di cui all’art. 9 comma 2 del D.Lgs. n. 231/2001 per una durata non superiore a sei mesi.

    GIURISPRUDENZA

    In particolare, la giurisprudenza pone l’attenzione su:

    Tra Illecita gestione e discarica abusiva

    L’illecita gestione può riguardare, in determinati casi, condotte prodromiche al conferimento di un rifiuto in discarica, mentre la realizzazione o gestione di una discarica in assenza di autorizzazione presuppongono la predisposizione di un’area adibita a tale scopo o l’apprestamento di una organizzazione, ancorché rudimentale, diretta al funzionamento della discarica:

    • Cass., sez. III, n. 27692/2019

    Momento consumativo del reato

    I reati di cui all’art. 256, comma 3, D.Lgs. n. 252/2006 attengono alle condotte di chi realizzi o gestisca una discarica di rifiuti non autorizzata; si tratta di un reato avente le caratteristiche della permanenza, posto che la lesione del bene interesse tutelato si perpetua, determinando la perdurante flagranza del reato, non solo per tutto il periodo in cui la discarica abusiva, attraverso il conferimento e/o la manipolazione dei rifiuti in corso di svolgimento in essa, è materialmente in esercizio, ma anche sino a che, in assenza di provvedimenti autoritativi che la sottraggano alla disponibilità del gestore, non ne sia esaurita anche la fase cosiddetta postoperativa, cioè sino alla conclusione delle procedure di chiusura, consistenti nella rimozione dei rifiuti e nella bonifica dell’area, imposte dalla legge, ovvero con il rilascio della autorizzazione amministrativa.

    • Cass., sez. III, n. 14724/2020

    L’attività di gestione abusiva o irregolare di una discarica comprende anche la fase post-operativa, con la conseguenza che la permanenza del reato cessa: 1) con il venir meno della situazione di antigiuridicità, per rilascio dell’autorizzazione amministrativa; 2) con la rimozione dei rifiuti o la bonifica dell’area; 3) con il sequestro, che sottrae al gestore la disponibilità dell’area; 4) con la pronuncia della sentenza di primo grado.

    • Cass., sez. III, n. 35853/2023

    Configurabilità del reato di realizzazione o gestione di discarica abusiva

    Ai fini della configurabilità del reato di realizzazione o gestione di discarica non autorizzata, è necessario l’accumulo di rifiuti, per effetto di una condotta ripetuta (anche se non abituale), in una determinata area, trasformata di fatto in deposito o ricettacolo con carattere di definitività, in considerazione delle quantità considerevoli degli stessi e dello spazio occupato, con conseguente degrado, anche solo tendenziale, dello stato dei luoghi ed essendo del tutto irrilevante la circostanza che manchino attività di trasformazione, recupero o riciclo, proprie di una discarica autorizzata:

    • Cass., sez. III, n. 17387/2021

    Procedura estintiva mediante prescrizioni: quando non si applica

    In caso di realizzazione di una discarica abusiva con abbandono di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi (tra cui, come indicato nell’imputazione, materiali da demolizione, lastre di eternit, scarti di rifiuti vegetali, ecc.), stante l’evidente compromissione del bene tutelato, non sussistono i presupposti per accedere alla speciale fattispecie estintiva, la quale, secondo il disposto all’art. 318-bis, D.Lgs. n. 152/2006, si applica solo alle contravvenzioni “che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali”:

    • Cass., sez. III, n. 1131/2021

    APPROFONDIMENTI

    • AMBIENTE & SVILUPPO n. 01/2021: “Discariche: la riforma ambiziosa del D.Lgs. n. 121/2020”, di Claudio Bovino

    • AMBIENTE & SVILUPPO n. 01/2021: “Discariche: caratterizzazione di base, verifica di conformità, procedure di ammissione e criteri di ammissibilità in depositi temporanei”, di Vittorio Giampietro

    8.6.5 Albo Nazionale Gestori ambientali

    8.6.5Albo Nazionale Gestori ambientali

    L’Albo nazionale gestori ambientali, istituito dal D.Lgs. n. 152/2006, è costituito presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ed è articolato in un Comitato nazionale, con sede presso il medesimo Ministero, ed in Sezioni regionali e provinciali, istituite presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura dei capoluoghi di Regione e delle Province autonome di Trento e di Bolzano.

    Nota: i componenti del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali e provinciali durano in carica cinque anni. Il Comitato nazionale dell’Albo ha potere deliberante ed è composto da diciannove membri effettivi di comprovata e documentata esperienza tecnico-economica o giuridica nelle materie ambientali nominati con Decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio. Le Sezioni regionali e provinciali dell’Albo sono istituite con Decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e sono composte: dal Presidente della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura o da un membro del Consiglio camerale all’uopo designato dallo stesso, con funzioni di Presidente, da un funzionario o dirigente di comprovata esperienza nella materia ambientale designato dalla Regione o dalla Provincia autonoma, con funzioni di vice-Presidente, da un funzionario o dirigente di comprovata esperienza nella materia ambientale, designato dall’Unione regionale delle Province o dalla Provincia autonoma, da un esperto di comprovata esperienza nella materia ambientale, designato dal Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.

    Come previsto dall’art. 212, comma 5, D.Lgs. n. 152/2006, l’iscrizione all’Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di:

    • raccolta e trasporto di rifiuti;

    • bonifica dei siti;

    • bonifica dei beni contenenti amianto;

    • commercio ed intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi.

    Sono esonerati dall’obbligo di iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali:

    • le organizzazioni di cui all’art. 221, comma 3, lett. a), (organizzazioni che provvedono ad organizzare autonomamente, anche in forma collettiva, la gestione dei propri rifiuti di imballaggio sull’intero territorio nazionale) e lett. c) (le organizzazioni che attestano sotto la propria responsabilità che è stato messo in atto un sistema di restituzione dei propri imballaggi, mediante idonea documentazione che dimostri l’autosufficienza del sistema), ed agli artt. 223 (Consorzi), 224 (Consorzio nazionale imballaggi), 228 (Pneumatici fuori uso), 233 (Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti), 234 (Consorzio nazionale per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene), e 236 (Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati) del D.Lgs. n. 152/2006, al D.Lgs. 20 novembre 2008, n. 188 (Pile ed accumulatori), e al D.Lgs. 25 luglio 2005, n. 151 (Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche), limitatamente all’attività di intermediazione e commercio senza detenzione di rifiuti oggetto previste nei citati articoli;

    • i soggetti abilitati allo svolgimento di attività di raccolta e trasporto di rifiuti in forma ambulante, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio; tale deroga non si applica alla raccolta e al trasporto dei rifiuti di rame e di metalli ferrosi e non ferrosi;

    • gli imprenditori agricoli di cui all’art. 2135 cod. civ., produttori iniziali di rifiuti, per il trasporto dei propri rifiuti effettuato all’interno del territorio provinciale o regionale dove ha sede l’impresa ai fini del conferimento degli stessi nell’ambito del circuito organizzato di raccolta di cui alla lett. pp), comma 1, art. 183, D.Lgs. n. 152/2006.

    Nota: le spedizioni transfrontaliere dei rifiuti sono disciplinate dai regolamenti comunitari che regolano la materia, dagli accordi bilaterali di cui agli artt. 41 e 43 del Regolamento CE n. 1013/2006 e dal Decreto di cui all’art. 194, comma 4, D.Lgs. n. 152/2006. Fatte salve le norme che disciplinano il trasporto internazionale di merci, le imprese che effettuano il trasporto transfrontaliero nel territorio italiano sono iscritte all’Albo nazionale gestori ambientali di cui all’art. 212, D.Lgs. n. 152/2006. L’iscrizione all’Albo, qualora effettuata per il solo esercizio dei trasporti transfrontalieri, non è subordinata alla prestazione delle garanzie finanziarie di cui al comma 10 del medesimo art. 212. In relazione alle disposizioni introdotte dal D.M. n. 59/2023 in materia di tracciabilità dei rifiuti (si veda il paragrafo 8.5.3 per maggiori dettagli), è previsto che sia emesso un decreto del Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica per definire le procedure di acquisizione della documentazione di cui al Reg. CE n. 1013/2006.

    Per le attività per le quali è prevista l’iscrizione all’Albo, sono definite le seguenti “categorie” di iscrizione:

    Categoria 1 raccolta e trasporto di rifiuti urbani; in questa categoria sono incluse anche le attività di spazzamento meccanizzato e gestione dei centri di raccolta rifiuti urbani;
    Categoria 2-bis produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, nonché i produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti pericolosi in quantità non eccedenti trenta chilogrammi o trenta litri al giorno di cui all’art. 212, comma 8, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152;
    Sottocategoria 2-ter associazioni di volontariato ed enti religiosi che intendono svolgere attività di raccolta e trasporto occasionali di rifiuti non pericolosi costituiti da metalli ferrosi e non ferrosi di provenienza urbana di cui all’art. 5, comma 1, D.M. 1° febbraio 2018;
    Categoria 3-bis distributori e installatori di apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE), trasportatori di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche in nome dei distributori, installatori e gestori dei centri di assistenza tecnica di tali apparecchiature di cui al Decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e della salute, 8 marzo 2010, n. 65;
    Categoria 4 raccolta e trasporto di rifiuti speciali non pericolosi;
    Sottocategoria 4-bis Imprese che effettuano attività di raccolta e trasporto rifiuti non pericolosi costituiti da metalli ferrosi e non ferrosi ai sensi dell’art. 1 comma 124 della Legge 4 agosto 2017, n. 124.
    Categoria 5 raccolta e trasporto di rifiuti speciali pericolosi;

    Categoria 6 imprese che effettuano il solo esercizio dei trasporti transfrontalieri di rifiuti di cui all’art. 194, comma 3, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152;
    Categoria 7 operatori logistici presso le stazioni ferroviarie, gli interporti, gli impianti di terminalizzazione, gli scali merci e i porti ai quali, nell’ambito del trasporto intermodale, sono affidati rifiuti in attesa della presa in carico degli stessi da parte dell’impresa ferroviaria o navale o dell’impresa che effettua il successivo trasporto; questa categoria non è ancora attiva;
    Categoria 8 intermediazione e commercio di rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi;
    Categoria 9 bonifica di siti;
    Categoria 10 bonifica di beni contenenti amianto. Questa categoria si suddivide in:
    Categoria 10A: attività di bonifica di beni contenenti amianto effettuata sui seguenti materiali: materiali edili contenenti amianto legato in matrici cementizie o resinoidi.
    Categoria 10B: attività di bonifica di beni contenenti amianto effettuata sui seguenti materiali: materiali d’attrito, materiali isolanti (pannelli, coppelle, carte e cartoni, tessili, materiali spruzzati, stucchi, smalti, bitumi, colle, guarnizioni, altri materiali isolanti), contenitori a pressione, apparecchiature fuori uso, altri materiali incoerenti contenenti amianto.

    Nota: la categoria 4-bis è stata individuata dalla Deliberazione 24 aprile 2018 dell’Albo nazionale Gestori ambientali, in vigore dal 15 giugno 2018.

    Ciascuna categoria è suddivisa in “classi”: la categoria 1 in base alla popolazione complessivamente servita, le categorie da 4 a 8 in funzione delle tonnellate annue di rifiuti gestiti, le categorie 9 e 10 in relazione all’importo dei lavori di bonifica cantierabili.

    Nota: gli enti e le imprese iscritte all’Albo per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti pericolosi sono esonerate dall’obbligo di iscrizione per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi a condizione che tale ultima attività non comporti variazione della classe per la quale le imprese sono iscritte.

    Di seguito si riporta una sintesi dei principali adempimenti:

    PROCEDURA DI ISCRIZIONE ALL’ALBO La procedura di iscrizione prevede che il soggetto presenti la domanda di iscrizione alla Sezione regionale o provinciale nel cui territorio è sita la sede legale dell’impresa. L’iscrizione deve essere rinnovata ogni cinque anni e costituisce titolo per l’esercizio delle attività di raccolta, di trasporto, di commercio e di intermediazione dei rifiuti; per le altre attività l’iscrizione abilita allo svolgimento delle attività medesime. La Sezione regionale dell’Albo della Regione ove ha sede legale l’impresa interessata, in base alla normativa vigente ed alle Direttive emesse dal Comitato nazionale, delibera in merito all’iscrizione all’Albo ed ai provvedimenti di sospensione, di revoca, di decadenza e di annullamento dell’iscrizione, nonché relativamente all’accettazione, alla revoca e allo svincolo delle garanzie finanziarie che devono essere prestate a favore dello Stato.

    GARANZIE FINANZIARIE L’iscrizione all’Albo è subordinata alla prestazione di idonee garanzie finanziarie come di seguito specificato:
    – attività di raccolta e trasporto dei rifiuti pericolosi, attività di intermediazione e di commercio dei rifiuti senza detenzione dei medesimi: le garanzie finanziarie sono prestate a favore dello Stato;
    – imprese che effettuano le attività di bonifica dei siti e di bonifica dei beni contenenti amianto: le garanzie finanziarie sono prestate a favore della Regione territorialmente competente per ogni intervento di bonifica nel rispetto dei criteri generali di cui all’art. 195, comma 2, lett. g), D.Lgs. n. 152/2006.
    In entrambi i casi sopra indicati l’importo delle garanzie è ridotto del 50% per le imprese registrate ai sensi del Regolamento CE n. 1221/2009 (EMAS), e del 40% nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma UNI EN ISO 14001.
    Gli importi e le modalità per la prestazione delle garanzie finanziarie sono stabiliti da specifici decreti.
    REQUISITI E CONDIZIONI PER L’ISCRIZIONE ALL’ALBO Le imprese e gli enti sono iscritti all’Albo nella persona del titolare, nel caso di impresa individuale, o nella persona del legale rappresentante. L’art. 10 del D.M. n. 120/2014 definisce i requisiti che devono possedere, ai fini dell’iscrizione all’Albo, tali soggetti.

    Nota: i requisiti di cui all’art. 10, comma 2, lett. d), e), f) e g) del D.M. n. 120/2014, sono accertati d’ufficio dalla Sezione regionale o provinciale attraverso l’acquisizione di apposita certificazione e dal certificato del casellario giudiziario. Le imprese e gli enti che fanno richiesta di iscrizione all’Albo devono nominare, a pena di improcedibilità della domanda, almeno un responsabile tecnico in possesso dei requisiti professionali stabiliti dal Comitato nazionale e dei requisiti di cui all’art. 10, comma 2, lett. c), d), f) e i) del D.M. n. 120/2014.

    IDONEITÀ TECNICA E CAPACITÀ FINANAZIARIA L’art. 11 del D.M. n. 120/2014 stabilisce i seguenti requisiti per l’idoneità tecnica e la capacità finanziaria, che devono essere adeguate alle attività soggette all’iscrizione.
    Requisiti per l’idoneità tecnica:
    – qualificazione professionale dei responsabili tecnici;
    – disponibilità dell’attrezzatura tecnica necessaria, risultante, in particolare, dai mezzi d’opera, dagli attrezzi, dai materiali di cui l’impresa o l’ente dispone;
    – adeguata dotazione di personale;
    – eventuale esecuzione di opere o nello svolgimento di servizi nel settore per il quale è richiesta l’iscrizione o in ambiti affini.
    Requisiti per la capacità finanziaria: la capacità finanziaria è dimostrata da documenti che comprovino le potenzialità economiche e finanziarie dell’impresa o dell’ente, quali il volume di affari, la capacità contributiva ai fini dell’IVA, il patrimonio, i bilanci, o da idonei affidamenti bancari.
    Il Comitato nazionale stabilisce i criteri specifici, le modalità e i termini per la dimostrazione dell’idoneità tecnica e della capacità finanziaria.

    COMPITI, RESPONSABILITÀ E REQUISITI DEL RESPONSABILE TECNICO Tali aspetti sono disciplinati dall’art. 12 del D.M. n. 120/2014, che stabilisce che il responsabile tecnico deve porre in essere le azioni volte ad assicurare la corretta organizzazione nella gestione dei rifiuti da parte dell’impresa, tenuto conto delle disposizioni della normativa vigente, e deve vigilare sulla corretta applicazione della stessa.
    I requisiti professionali del responsabile tecnico sono definiti dalla Delibera n. 6 del 30 maggio 2017 del Comitato nazionale dell’Albo Gestori ambientali, e riguardano, a seconda della categoria e della classe di iscrizione all’Albo, l’esperienza acquisita nonché il titolo di studio.
    La verifica di idoneità del responsabile tecnico (art. 13, Decreto n. 120/2014) è effettuata in fase iniziale e, successivamente, con cadenza quinquennale. I contenuti, i criteri e le modalità di svolgimento delle verifiche di idoneità sono definiti nella Delibera n. 6 del 30 maggio 2017, che nel tempo è stata oggetto di modifiche ed integrazioni (in tempi recenti, ad esempio, ad opera della Delibera n. 4 del 26 luglio 2023). La Delibera n. 1 del 30 gennaio 2020 dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali reca disciplina dei casi di cessazione dell’incarico di responsabile tecnico. Si veda anche la Delibera n. 1 del 10 marzo 2021 per quanto riguarda i termini per la verifica di aggiornamento.

    Nota: è dispensato dalle verifiche il legale rappresentante dell’impresa che al momento della domanda ne sia anche il responsabile tecnico, e abbia contemporaneamente e ininterrottamente mantenuto negli ultimi 5 anni entrambi gli incarichi, nonché abbia ricoperto il ruolo di responsabile tecnico nel settore di attività oggetto dell’iscrizione (trasporto rifiuti; intermediazione e commercio di rifiuti; bonifica di siti; bonifica di beni contenenti amianto) per almeno complessivi 16 anni. Per ulteriori dettagli si veda la Delibera n. 6 del 30 maggio 2017, alla luce delle modifiche introdotte dalla Delibera n. 4 del 26 luglio 2023.

    Nota: Il responsabile tecnico delle imprese ed enti iscritti alla data del 16 ottobre 2017 può continuare a svolgere la propria attività in regime transitorio fino al 16 ottobre 2023 anche per altre imprese iscritte o che si iscrivono nella stessa categoria, stessa classe o classi inferiori; il responsabile tecnico può sostenere la verifica di aggiornamento dal 1° gennaio 2022. La Delibera n. 5 del 11 ottobre 2023 ha stabilito che nei casi in cui cessi l’incarico di responsabile tecnico dell’impresa per perdita da parte dello stesso del requisito di idoneità a causa del mancato superamento con esito positivo entro il 16 ottobre 2023 della verifica di aggiornamento, l’impresa può proseguire l’attività oggetto dell’iscrizione per un periodo massimo di 180 giorni consecutivi, durante i quali le funzioni di responsabile tecnico sono esercitate provvisoriamente dal/i legale/i rappresentante/i dell’impresa, salvo diversa indicazione.

    A decorrere dal 15 dicembre 2024 per l’iscrizione alla categoria 5 dell’Albo nazionale gestori ambientali e per il mantenimento delle iscrizioni in essere alla data del 15 giugno 2023, è necessario tenere conto anche del requisito stabilito dal D.M. n. 59/2023 (che disciplina il sistema di tracciabilità dei rifiuti ed il RENTRI), che riguarda la presenza sui mezzi di trasporto dei rifiuti di sistemi di geolocalizzazione, e che rappresenta un requisito di idoneità tecnica a partire dalla data sopra indicata. Per ulteriori dettagli si veda il precedente paragrafo 8.5.3.

    Per quanto attiene alle modalità secondo le quali imprese ed enti possono dimostrare la loro iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali, si faccia riferimento alla Delibera n. 3 del 7 febbraio 2022 ed alla Delibera n. 1 del 13 febbraio 2023 emesse dall’Albo stesso.

    L’art. 212 del D.Lgs. n. 152/2006 definisce alcune deroghe o semplificazioni rispetto alle disposizioni in esso contenute, riguardanti, ad esempio, le seguenti situazioni:

    Produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, nonché produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti pericolosi in quantità non eccedenti 30 chili al giorno o 30 litri al giorno, a condizione che tali operazioni costituiscano parte integrante ed accessoria dell’organizzazione dell’impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti;
    Imprese registrate ai sensi del Regolamento CE n. 1221/2009 (EMAS) o certificate UNI EN ISO 14001;
    – Distributori di AEE domestici e professionali per le attività di raggruppamento trasporto dei RAEE domestici e professionali;
    – Trasportatori di RAEE che agiscono in nome dei distributori di AEE domestici e professionali;
    – Installatori e gestori dei centri di assistenza tecnica di AEE per le attività di raggruppamento de trasporto dei RAEE domestici e professionali;
    Attività di raccolta e trasporto di rifiuti effettuate dai soggetti abilitati allo svolgimento delle attività medesime in forma ambulante.

    Nota: il Decreto 3 giugno 2014, n. 120 stabilisce il Regolamento per la definizione delle attribuzioni e delle modalità di organizzazione dell’Albo nazionale dei gestori ambientali, dei requisiti tecnici e finanziari delle imprese e dei responsabili tecnici, dei termini e delle modalità di iscrizione e dei relativi diritti annuali.

    Nota: ai sensi dell’art. 212, D.Lgs. n. 152/2006, come modificato dal D.Lgs. n. 116/2020, le imprese tenute ad aderire al sistema di tracciabilità dei rifiuti (di cui all’art. 188-bis del medesimo Decreto), procedono all’iscrizione al Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti attraverso la piattaforma telematica dell’Albo nazionale gestori ambientali, che fornisce mediante le Sezioni regionali e provinciali il necessario supporto tecnico operativo, ed assicura la gestione dei rapporti con l’utenza e la riscossione dei contributi.

    € SANZIONI

    Art. 256, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006: Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’art. 29-quattuordecies, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006, chiunque svolga attività per cui è prescritta iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali in assenza della stessa è punito con:

    • pena dell’arresto da tre mesi a un anno o ammenda da 2.600 a 26.000 euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;

    • pena dell’arresto da sei mesi a due anni e ammenda da 2.600 a 26.000 euro se si tratta di rifiuti pericolosi.

    Art. 256, comma 4, D.Lgs. n. 152/2006: Si applicano tali pene ridotte della metà in caso di:

    • inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni;

    • carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per l’iscrizione.

    Art. 259, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006: Chiunque effettua una spedizione di rifiuti costituente traffico illecito ai sensi dell’art. 26 del Regolamento CEE 1° febbraio 1993, n. 259 (*), o effettua una spedizione di rifiuti elencati nell’Allegato II del citato Regolamento in violazione dell’art. 1, comma 3, lett. a), b), c) e d), del Regolamento stesso è punito con la pena dell’ammenda da 1.550 a 26.000 euro e con l’arresto fino a due anni. La pena è aumentata in caso di spedizione di rifiuti pericolosi.

    (*) il Reg. (CEE) n. 259/1993 è stato abrogato e sostituito dal Reg. (CE) n. 1013/2006.

    Art. 259, comma 2, D.Lgs. n. 152/2006: Alla sentenza di condanna, o a quella emessa ai sensi dell’art. 444 del c.p.p., per i reati relativi al traffico illecito di cui al comma 1 dell’art. 259 del D.Lgs. n. 152/2006 o al trasporto illecito di cui agli artt. 256 e 258, comma 4, del medesimo Decreto consegue obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto.

    Art. 452-quaterdecies, primo periodo, cod. pen.: Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni.

    Art. 452-quaterdecies, secondo periodo, cod. pen.: Se si tratta di rifiuti ad alta radioattività si applica la pena della reclusione da tre a otto anni.

    L’art. 452-quaterdecies del cod. pen. dispone, inoltre, quanto segue: alla condanna conseguono le pene accessorie di cui agli artt. 28, 30, 32-bis e 32-ter, con la limitazione di cui all’art. 33 cod. pen. Il giudice, con la sentenza di condanna o con quella emessa ai sensi dell’art. 444 del c.p.p., ordina il ripristino dello stato dell’ambiente e può subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all’eliminazione del danno o del pericolo per l’ambiente. È sempre ordinata la confisca delle cose che servirono a commettere il reato o che costituiscono il prodotto o il profitto del reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato. Quando essa non sia possibile, il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilità e ne ordina la confisca.

    Art. 25-undecies, comma 2, D.Lgs. n. 231/2001: per le violazioni di cui all’art. 259, comma 1 del D.Lgs. 152/2006 (si veda sopra) si applica la sanzione pecuniaria da 150 a 250 quote.

    Art. 25-undecies, comma 2, D.Lgs. n. 231/2001: per le violazioni di cui all’art. 452-quaterdecies, primo periodo del Codice Penale (si veda sopra) si applica la sanzione pecuniaria da 300 a 500 quote; per le violazioni di cui al secondo periodo del medesimo articolo si applica la sanzione pecuniaria da 400 a 800 quote; in entrambi i casi si applicano anche le sanzioni interdittive di cui all’art. 9 comma 2 del D.Lgs. n. 231/2001 per una durata non superiore a sei mesi.

    GIURISPRUDENZA

    In particolare, la giurisprudenza pone l’attenzione su:

    Gestione illecita occasionale

    L’assoluta occasionalità, idonea ad escludere il reato di cui all’art. 256, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006 non può essere desunta o meno esclusivamente dalla natura giuridica del soggetto agente (privato, imprenditore, ecc.), dovendo invece ritenersi non integrata in presenza di una serie di indici dai quali poter desumere un minimum di organizzazione, che escluda la natura esclusivamente solipsistica della condotta (ad es., dato ponderale dei rifiuti oggetto di gestione, necessità di un veicolo adeguato e funzionale al trasporto di rifiuti, fine di profitto perseguito). In altri termini, se un soggetto appresta una serie di condotte finalizzate a quella contestata, quand’anche non operando in forma imprenditoriale, pone in essere una “attività” rilevante ex art. 256 cit. per la quale occorre preliminarmente ottenere i necessari titoli abilitativi:

    • Cass., sez. III. n. 15028/2021

    Ai fini della valutazione di una minimale organizzazione che escluda la natura occasionale ed estemporanea della condotta, possono essere utilizzati indici quali il dato ponderale dei rifiuti oggetto di gestione, la loro natura, la necessità di un veicolo adeguato e funzionale all’attività concretamente svolta, il numero dei soggetti coinvolti nell’attività, come pure la provenienza del rifiuto da una attività imprenditoriale esercitata da chi effettua o dispone l’abusiva gestione, la eterogeneità dei rifiuti gestiti, la loro quantità, le caratteristiche del rifiuto indicative di precedenti attività preliminari di prelievo, raggruppamento, cernita, deposito:

    • Cass., sez. III, n. 25312/2022

    APPROFONDIMENTI

    • AMBIENTE & SVILUPPO 5/2018: “Raccolta e trasporto dei rottami ferrosi: cambia qualcosa?”, di Vincenzo Paone

    8.7 Gestione integrata dei rifiuti

    8.7Gestione integrata dei rifiuti

    8.7.1 Programma nazionale per la gestione dei rifiuti

    8.7.1Programma nazionale per la gestione dei rifiuti

    Il Programma nazionale per la gestione dei rifiuti è predisposto dal Ministero dell’ambiente della tutela del territorio e del mare predispone, con il supporto di ISPRA, come stabilito dall’art. 198-bis, D.Lgs. n. 152/2006 (norma introdotta dal D.Lgs. n. 116/2020).

    Il Programma nazionale fissa i macro-obiettivi, definisce i criteri e le linee strategiche cui le Regioni e le Province autonome si attengono nella elaborazione dei Piani regionali di gestione dei rifiuti (si veda il paragrafo successivo) e contiene quanto di seguito riportato:

    a) i dati inerenti alla produzione, su scala nazionale, dei rifiuti per tipo, quantità, e fonte;

    b) la ricognizione impiantistica nazionale, per tipologia di impianti e per regione;

    c) l’adozione di criteri generali per la redazione di piani di settore concernenti specifiche tipologie di rifiuti, incluse quelle derivanti dal riciclo e dal recupero dei rifiuti stessi, finalizzati alla riduzione, il riciclaggio, il recupero e l’ottimizzazione dei flussi stessi;

    d) l’indicazione dei criteri generali per l’individuazione di macroaree, definite tramite accordi tra Regioni ai sensi dell’art. 117, comma 8, della Costituzione, che consentano la razionalizzazione degli impianti dal punto di vista localizzativo, ambientale ed economico, sulla base del principio di prossimità, anche relativamente agli impianti di recupero, in coordinamento con quanto previsto all’art. 195, comma 1, lett. f), D.Lgs. n. 152/2006;

    e) lo stato di attuazione in relazione al raggiungimento degli obiettivi derivanti dal diritto dell’Unione europea in relazione alla gestione dei rifiuti e l’individuazione delle politiche e degli obiettivi intermedi cui le Regioni devono tendere ai fini del pieno raggiungimento dei medesimi;

    f) l’individuazione dei flussi omogenei di produzione dei rifiuti, che presentano le maggiori difficoltà di smaltimento o particolari possibilità di recupero sia per le sostanze impiegate nei prodotti base sia per la quantità complessiva dei rifiuti medesimi, i relativi fabbisogni impiantistici da soddisfare, anche per macroaree, tenendo conto della pianificazione regionale, e con finalità di progressivo riequilibrio socioeconomico fra le aree del territorio nazionale;

    g) l’individuazione di flussi omogenei di rifiuti funzionali e strategici per l’economia circolare e di misure che ne possano promuovere ulteriormente il loro riciclo;

    h) la definizione di un Piano nazionale di comunicazione e conoscenza ambientale in tema di rifiuti e di economica circolare;

    Può inoltre contenere:

    – l’indicazione delle misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta, della cernita e del riciclaggio dei rifiuti;

    – la definizione di meccanismi vincolanti di solidarietà tra Regioni finalizzata alla gestione di eventuali emergenze.

    Nota: il Programma nazionale è sottoposto a verifica di assoggettabilità a VAS, ai sensi dell’art. 12, D.Lgs. n. 152/2006, ed è approvato, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, con decreto del Ministro dell’ambiente della tutela del territorio e del mare.

    Nota: tenuto conto che la norma che disciplina il Programma nazionale è stata introdotta dal D.Lgs. n. 116/2020, entrato in vigore il 26 settembre 2020, in sede di prima applicazione, il Programma nazionale per la gestione dei rifiuti è approvato entro 18 mesi da tale data. Con Decreto del Ministero della Transizione ecologica 24 giugno 2022, n. 257 è stato approvato il Programma Nazionale di Gestione dei rifiuti con valenza per gli anni dal 2022 al 2028. È previsto che il Programma nazionale sia aggiornato almeno ogni 6 anni, tenendo conto, tra l’altro, delle modifiche normative, organizzative e tecnologiche intervenute nello scenario nazionale e sovranazionale.

    APPROFONDIMENTI

    • AMBIENTE & SVILUPPO 10/2020: “Programma Nazionale per la Gestione dei Rifiuti e calcolo degli obiettivi di riutilizzo e riciclaggio. Novità introdotte nel TUA”, di Massimo Medugno

    • AMBIENTE & SVILUPPO 8-9/2022: “In vigore il Programma nazionale per la gestione dei rifiuti: solo un nuovo acronimo, o un’“utilità” per l’economia circolare?”, di Alberto Muratori

    8.7.2 Piani regionali

    8.7.2Piani regionali

    Ai sensi dell’art. 199 del D.Lgs. n. 152/2006, le Regioni predispongono e adottano piani regionali di gestione dei rifiuti.

    Nota: i piani regionali di gestione dei rifiuti devono essere predisposti nel rispetto dei principi e delle finalità di cui agli artt. 177, 178, 179, 180, 181, 182 e 182-bis, D.Lgs. n. 152/2006, ed in conformità ai criteri generali stabiliti dall’art. 195, comma 1, lett. m), ed a quelli previsti dall’art. 199 del medesimo Decreto.

    L’approvazione dei piani regionali avviene tramite atto amministrativo e per l’approvazione dei piani regionali si applica la procedura di cui alla Parte II del D.Lgs. n. 152/2006 in materia di VAS. Presso gli Uffici competenti sono inoltre rese disponibili informazioni relative alla partecipazione del pubblico al procedimento e alle motivazioni sulle quali si è fondata la decisione, anche in relazione alle osservazioni scritte presentate.

    Nota: a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 116/2020, è previsto che la Regione approvi o adegui il piano entro 18 mesi dalla pubblicazione del Programma nazionale (si veda il paragrafo precedente), a meno che sia già conforme nei contenuti o in grado di garantire comunque il raggiungimento degli obiettivi previsti dalla normativa europea. In tale caso i piani sono adeguati in occasione della prima approvazione o aggiornamento ai sensi di quanto sotto riportato. Fino a tale momento, restano in vigore i piani regionali vigenti.

    Nota: l’approvazione del piano regionale o il suo adeguamento è requisito necessario per accedere ai finanziamenti nazionali.

    Le Regioni, per le finalità di cui alla Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006 provvedono alla valutazione della necessità dell’aggiornamento del piano almeno ogni sei anni.

    Le Regioni e le Province autonome comunicano tempestivamente al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare esclusivamente tramite la piattaforma telematica MonitorPiani l’adozione o la revisione dei piani di gestione e di altri piani regionali di gestione di specifiche tipologie di rifiuti, al fine del successivo invio degli stessi alla Commissione europea, e comunicano periodicamente idonei indicatori e obiettivi qualitativi o quantitativi che diano evidenza dell’attuazione delle misure previste dai piani.

    I piani di gestione dei rifiuti comprendono diverse informazioni, tra le quali, ad esempio:

    • l’analisi della gestione dei rifiuti esistente nell’ambito geografico interessato;

    • le misure da adottare per migliorare l’efficacia ambientale delle diverse operazioni di gestione dei rifiuti;

    • una valutazione del modo in cui i piani contribuiscono all’attuazione degli obiettivi e delle disposizioni della Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006;

    • la ricognizione degli impianti di trattamento, smaltimento e recupero esistenti, inclusi eventuali sistemi speciali per oli usati, rifiuti pericolosi, rifiuti contenenti quantità importanti di materie prime critiche o flussi di rifiuti disciplinati da una normativa unionale specifica.

    Nota: il piano regionale di gestione dei rifiuti è coordinato con gli altri strumenti di pianificazione di competenza regionale previsti dalla normativa vigente. Costituiscono parte integrante del piano regionale i piani per la bonifica delle aree inquinate.

    Nota: l’art. 199, D.Lgs. n. 152/2006 stabilisce, inoltre, quanto segue:

    “Le Regioni e le Province autonome assicurano, attraverso propria deliberazione, la pubblicazione annuale nel proprio sito web di tutte le informazioni utili a definire lo stato di attuazione dei piani regionali e dei piani e dei programmi di cui al presente articolo”.

    8.7.3 Servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani: organizzazione territoriale

    8.7.3Servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani: organizzazione territoriale

    La gestione dei rifiuti urbani è organizzata sulla base di ambiti territoriali ottimali (anche denominati ATO), delimitati dal piano regionale (si veda il paragrafo precedente), nel rispetto delle linee guida emesse dallo Stato (ai sensi dell’art. 195, comma 1, lett. m), n) ed o) del D.Lgs. n. 152/2006), e secondo i seguenti criteri:

    a) superamento della frammentazione delle gestioni attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti;

    b) conseguimento di adeguate dimensioni gestionali, definite sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici e sulla base delle ripartizioni politico-amministrative;

    c) adeguata valutazione del sistema stradale e ferroviario di comunicazione al fine di ottimizzare i trasporti all’interno dell’ATO;

    d) valorizzazione di esigenze comuni e affinità nella produzione e gestione dei rifiuti;

    e) ricognizione di impianti di gestione di rifiuti già realizzati e funzionanti;

    f) considerazione delle precedenti delimitazioni affinché i nuovi ATO si discostino dai precedenti solo sulla base di motivate esigenze di efficacia, efficienza ed economicità.

    Le Regioni disciplinano il controllo, anche in forma sostitutiva, delle operazioni di gestione dei rifiuti, della funzionalità dei relativi impianti e del rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.

    Con le modalità e condizioni definite all’art 202 del D.Lgs. n. 152/2006, l’Autorità d’ambito aggiudica il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani mediante gara disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie, secondo la disciplina vigente in tema di affidamento dei servizi pubblici locali in conformità ai criteri di cui all’art. 113, comma 7, D.Lgs. n. 267/2000, nonché con riferimento all’ammontare del corrispettivo per la gestione svolta, tenuto conto delle garanzie di carattere tecnico e delle precedenti esperienze specifiche dei concorrenti, secondo modalità e termini definiti con Decreto dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare nel rispetto delle competenze regionali in materia.

    8.7.4 Misure per incrementare la raccolta differenziata

    8.7.4Misure per incrementare la raccolta differenziata

    In ogni ambito territoriale ottimale, se costituito, ovvero in ogni comune deve essere assicurata una raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari alle seguenti percentuali minime di rifiuti prodotti:

    • almeno il 35% entro il 31 dicembre 2006;

    • almeno il 45% entro il 31 dicembre 2008;

    • almeno il 65% entro il 31 dicembre 2012.

    Quanto sopra è previsto dall’art. 205, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006, e vale fatto salvo quanto segue: nel caso in cui, dal punto di vista tecnico, ambientale ed economico, non sia realizzabile raggiungere gli obiettivi di cui sopra, il Comune può richiedere al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare una deroga al rispetto di tali obblighi. Verificata la sussistenza dei requisiti previsti (e sopra indicati), il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può autorizzare la predetta deroga, previa stipula senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica di un accordo di programma tra Ministero, Regione ed enti locali interessati, che stabilisca:

    • le modalità attraverso le quali il Comune richiedente intende conseguire gli obiettivi di cui all’art. 181, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006 relativi al riciclaggio; tali modalità possono consistere in compensazioni con gli obiettivi raggiunti in altri comuni;

    • la destinazione a recupero di energia della quota di rifiuti indifferenziati che residua dalla raccolta differenziata e dei rifiuti derivanti da impianti di trattamento dei rifiuti indifferenziati, qualora non destinati al recupero di materia;

    • la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani, da destinare al riciclo, che il Comune richiedente si obbliga ad effettuare.

    L’accordo di programma di cui sopra può stabilire obblighi, in linea con le disposizioni vigenti, per il Comune richiedente finalizzati al perseguimento delle finalità di cui alla Parte IV, Titolo I del D.Lgs. n. 152/2006 nonché stabilire modalità di accertamento dell’adempimento degli obblighi assunti nell’ambito dell’accordo di programma e prevedere una disciplina per l’eventuale inadempimento. I piani regionali si conformano a quanto previsto dagli accordi di programma.

    Nel caso in cui, a livello di ambito territoriale ottimale se costituito, ovvero in ogni comune, non siano conseguiti gli obiettivi minimi previsti dal presente articolo, è applicata un’addizionale del 20% al tributo di conferimento dei rifiuti in discarica a carico dei Comuni che non abbiano raggiunto le percentuali previste sulla base delle quote di raccolta differenziata raggiunte nei singoli comuni.

    Nota: l’addizionale di cui sopra è dovuta alle Regioni e affluisce in un apposito fondo regionale destinato a finanziare gli interventi di prevenzione della produzione di rifiuti previsti dai piani regionali di cui all’art. 199 del D.Lgs. n. 152/2006, gli incentivi per l’acquisto di prodotti e materiali riciclati di cui agli artt. 206-quater e 206-quinquies del medesimo Decreto, il cofinanziamento degli impianti e attività di informazione ai cittadini in materia di prevenzione e di raccolta differenziata.

    Al fine di favorire la raccolta differenziata di rifiuti urbani, sono previste riduzioni del tributo di cui all’art. 3, comma 24, Legge 28 dicembre 1995, n. 549, in base alla quota percentuale di superamento del livello di raccolta differenziata (R.D.), fatto salvo l’ammontare minimo fissato.

    È previsto, altresì, che i rifiuti raccolti in modo differenziato non siano miscelati con altri rifiuti o altri materiali che ne possano compromettere le operazioni di preparazione per il riutilizzo, di riciclaggio e di altre operazioni di recupero.

    Nota: a tale disposizione si può derogare nel caso di raccolta congiunta di più materiali purché ciò sia economicamente sostenibile e non pregiudichi la possibilità che siano preparati per il riutilizzo, il riciclaggio e altre operazioni di recupero e offra, al termine di tali operazioni, un risultato di qualità comparabile a quello ottenuto mediante la raccolta differenziata delle singole frazioni.

    La raccolta differenziata è effettuata almeno per la carta, i metalli, la plastica, il vetro, ove possibile per il legno, nonché per i tessili entro il 1° gennaio 2022; per i rifiuti organici; per imballaggi, rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, rifiuti di pile e accumulatori, rifiuti ingombranti ivi compresi materassi e mobili.

    Nota: ai sensi dell’art. 205, D.Lgs. n. 152/2006, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare è chiamato a promuovere, previa consultazione con le associazioni di categoria, la demolizione selettiva, onde consentire la rimozione e il trattamento sicuro delle sostanze pericolose e facilitare il riutilizzo e il riciclaggio di alta qualità, di quanto residua dalle attività di costruzione e demolizione tramite la rimozione selettiva dei materiali, nonché garantire l’istituzione di sistemi di selezione dei rifiuti da costruzione e demolizione almeno per legno, frazioni minerali (cemento, mattoni, piastrelle e ceramica, pietre), metalli, vetro, plastica e gesso.

    Nota: l’art. 205-bis, D.Lgs. n. 152/2006, introdotto ex novo dal D.Lgs. n. 116/2020 e recante “Regole per il calcolo degli obiettivi”, disciplina modalità e parametri da utilizzare per calcolare gli obiettivi di cui all’art. 181, D.Lgs. n. 152/2006.

    8.8 Attività di vigilanza e controllo sulla gestione dei rifiuti

    8.8Attività di vigilanza e controllo sulla gestione dei rifiuti

    L’art. 206-bis, D.Lgs. n. 152/2006 (come modificato dal D.L. n. 77/2021, convertito con modificazioni dalla Legge n. 108/2021, e, successivamente, dal D.L. n. 144/2022, convertito con modificazioni dalla Legge n. 175/2022) prevede che il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, svolga, in particolare, le seguenti funzioni:

    • vigila sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio anche tramite audit nei confronti dei sistemi di gestione dei rifiuti di cui ai Titoli I, II e III, parte quarta, D.Lgs. n. 152/2006;

    • provvede all’elaborazione e all’aggiornamento periodico di misure sulla prevenzione e sulla gestione dei rifiuti, anche attraverso l’elaborazione di linee guida sulle modalità di gestione dei rifiuti per migliorarne la qualità e la riciclabilità, al fine di promuovere la diffusione delle buone pratiche e delle migliori tecniche disponibili per la prevenzione, la preparazione al riutilizzo, il riutilizzo, i sistemi di restituzione, le raccolte differenziate, il riciclo e lo smaltimento dei rifiuti;

    • analizza le relazioni annuali dei sistemi di gestione dei rifiuti di cui al Titolo II e al Titolo III, parte quarta, D.Lgs. n. 152/2006, verificando le misure adottate e il raggiungimento degli obiettivi, rispetto ai target stabiliti dall’Unione europea e dalla normativa nazionale di settore, al fine di accertare il rispetto della responsabilità estesa del produttore da parte dei produttori e degli importatori di beni;

    • provvede al riconoscimento dei sistemi autonomi di cui al Titolo II e al Titolo III, parte quarta, D.Lgs. n. 152/2006;

    • controlla il raggiungimento degli obiettivi previsti negli accordi di programma ai sensi dell’art. 219-bis e ne monitora l’attuazione;

    • verifica l’attuazione del Programma generale di prevenzione di cui all’art. 225 e, qualora il Consorzio nazionale imballaggi non provveda nei termini previsti, predispone lo stesso;

    • effettua il monitoraggio dell’attuazione del Programma Nazionale di prevenzione dei rifiuti di cui all’art. 180;

    • verifica il funzionamento dei sistemi istituiti ai sensi degli artt. 178-bis e 178-ter, in relazione agli obblighi derivanti dalla responsabilità estesa del produttore e al raggiungimento degli obiettivi stabiliti dall’Unione europea in materia di rifiuti.

    Tali azioni di vigilanza e controllo hanno l’obiettivo di garantire l’attuazione delle norme di cui alla Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006, con particolare riferimento alla prevenzione della produzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti ed all’efficacia, all’efficienza ed all’economicità della gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, nonché alla tutela della salute pubblica e dell’ambiente.

    Per l’espletamento delle funzioni di vigilanza e controllo in materia di rifiuti, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare si avvale dell’ISPRA.

    Nota: il D.L. n. 144/2022 (convertito con modificazioni dalla Legge n. 175/2022) ha introdotto alcune modifiche all’art. 206-bis del D.Lgs. n. 152/2006, stabilendo l’istituzione, presso il Ministero della transizione ecologica, dell’Organismo di vigilanza dei consorzi e dei sistemi autonomi per la gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi. Tramite tale Organismo si intende rafforzare l’attività di vigilanza e controllo del funzionamento e dell’efficacia di tali sistemi consortili ed autonomi.

    Per maggiori dettagli sull’attività di vigilanza si veda il capitolo 19 del presente volume che tratta in modo specifico il tema dei controlli e della vigilanza in campo ambientale.

    8.9 Database SCIP e relativi adempimenti

    8.9Database SCIP e relativi adempimenti

    La Direttiva n. 2018/851/UE, che, come detto, si inserisce in un “pacchetto” di norme volte a rafforzare la prospettiva dell’economia circolare, rileva, tra le sue premesse anche la necessità di un migliore raccordo tra la normativa sui rifiuti e quella sulle sostanze chimiche ed i prodotti, in relazione al fatto che quando i prodotti, i materiali e le sostanze diventano rifiuti, la presenza di sostanze pericolose può rendere tali rifiuti inadatti per il riciclaggio o la produzione di materie prime secondarie di elevata qualità. La Direttiva pone, quindi, l’attenzione sulla necessità di promuovere misure che, da un lato, riducano la presenza di sostanze pericolose in tutti i materiali e prodotti, e, dall’altro lato, garantiscano la comunicazione di informazioni sulla presenza di sostanze pericolose durante l’intero ciclo di vita dei prodotti e dei materiali.

    Alla luce di ciò, la Direttiva prescrive che gli Stati membri garantiscano obblighi di informazione che si collegano ad obblighi stabiliti dal Regolamento n. 1907/2006/CE, e che sono stati recepiti nell’ordinamento italiano all’interno dell’art. 180, D.Lgs. n. 152/2006 attraverso il D.Lgs. n. 116/2020.

    In particolare, l’art. 180, comma 3 dispone che dal 5 gennaio 2021, ogni fornitore di un “articolo”, trasmette le informazioni di cui all’art. 33, par. 1, Reg. n. 1907/2006/CE (denominato comunemente “REACH”) all’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) tramite il format e la modalità di trasmissione stabiliti dalla medesima Agenzia.

    Nota: il termine “articolo” di cui sopra deve essere ricondotto alla definizione di cui al REACH che indica “un oggetto a cui sono dati durante la produzione una forma, una superficie o un disegno particolari che ne determinano la funzione in misura maggiore della sua composizione chimica”.

    Per comprendere correttamente tale obbligo, si osserva che l’art. 33, par. 1 sopra citato prescrive che:

    • l’obbligo di comunicare informazioni spetti al fornitore di un articolo contenente una sostanza inclusa in Candidate List in concentrazione superiore a 0,1% in peso/peso;

    • le informazioni da fornire consentano la sicurezza d’uso dell’articolo e comprendono quanto meno il nome della sostanza.

    Con riferimento al punto 1), è fondamentale, innanzitutto, tenere conto in modo corretto della definizione di “fornitore di articolo” riportata nel REACH:

    ogni produttore o importatore di un articolo, distributore o altro attore della catena di approvvigionamento che immette un articolo sul mercato.

    Nota: si ricorda, che, ai sensi del REACH è definita “importazione” l’introduzione fisica nel territorio doganale dell’Unione europea, e che il concetto di “immissione sul mercato” attiene l’offerta o la messa a disposizione di terzi, contro pagamento o gratuita; è precisato, peraltro, che l’importazione è considerata un’immissione sul mercato.

    Nota: un’illustrazione dettagliata sul REACH, ed in particolare, su Candidate List e disposizioni connesse, è riportata nel capitolo 14 del presente testo.

    Con riferimento al punto 2), va precisato che ECHA ha definito in modo puntuale le informazioni che devono essere comunicate (e che, peraltro, risultano essere piuttosto numerose e dettagliate) in relazione all’obbligo previsto dalla normativa sui rifiuti. La notifica di queste informazioni va trasmessa al “Database SCIP”, banca dati istituita (e mantenuta) da ECHA, come previsto dalla Dir. n. 2018/851/UE.

    ECHA fornisce ai gestori del trattamento dei rifiuti l’accesso a tale banca dati, nonché lo fornisce ai consumatori, su richiesta.

    L’attività di controllo è esercitata in linea con gli accordi Stato-Regioni in materia.

    Nota: all’interno del sito di ECHA sono disponibili vari documenti di supporto, che forniscono informazioni dettagliate sul funzionamento del database SCIP, sulle informazioni da notificare, nonché sulle modalità che possono essere adottate per effettuare le notifiche.

    Nota: si ricorda che i rifiuti rimangono esclusi dal campo di applicazione del Reg. n. 1907/2006/CE. Si rimanda al capitolo 14 del presente testo per ulteriori dettagli su tale normativa.

    8.10 Incenerimento e coincenerimento

    8.10Incenerimento e coincenerimento

    Il D.Lgs. n. 46/2014 ha introdotto nel D.Lgs. n. 152/2006 il Titolo III-bis che disciplina l’incenerimento e il coincenerimento dei rifiuti allo scopo di prevenire oppure, qualora non sia possibile, ridurre gli effetti negativi di tali attività, ed in particolare le emissioni nell’aria, nel suolo, nelle acque superficiali e sotterranee, e conseguire, così, un elevato livello di protezione dell’ambiente e di tutela della salute umana.

    Ai fini del Titolo III-bis gli impianti di incenerimento e coincenerimento sono così definiti:

    b) impianto di incenerimento: qualsiasi unità e attrezzatura tecnica, fissa o mobile, destinata al trattamento termico di rifiuti con o senza recupero del calore prodotto dalla combustione, attraverso l’incenerimento mediante ossidazione dei rifiuti, nonché altri processi di trattamento termico, quali ad esempio la pirolisi, la gassificazione ed il processo al plasma, a condizione che le sostanze risultanti dal trattamento siano successivamente incenerite. Nella nozione di impianto di incenerimento si intendono compresi: il sito e tutte le linee di incenerimento, nonché i luoghi di ricezione dei rifiuti in ingresso allo stabilimento, i luoghi di stoccaggio, le installazioni di pretrattamento in loco, i sistemi di alimentazione in rifiuti, in combustibile ausiliario e in aria di combustione, le caldaie, (le installazioni di trattamento degli scarichi gassosi), le installazioni di trattamento o stoccaggio in loco dei residui e delle acque reflue, i camini, i dispositivi ed i sistemi di controllo delle operazioni di incenerimento, di registrazione e monitoraggio delle condizioni di incenerimento. Se per il trattamento termico dei rifiuti sono utilizzati processi diversi dall’ossidazione, quali ad esempio la pirolisi, la gassificazione o il processo al plasma, l’impianto di incenerimento dei rifiuti include sia il processo di trattamento termico che il successivo processo di incenerimento;

    c) impianto di coincenerimento: qualsiasi unità tecnica, fissa o mobile, la cui funzione principale consiste nella produzione di energia o di materiali e che utilizza rifiuti come combustibile normale o accessorio o in cui i rifiuti sono sottoposti a trattamento termico ai fini dello smaltimento, mediante ossidazione dei rifiuti, nonché altri processi di trattamento termico, quali ad esempio la pirolisi, la gassificazione ed il processo al plasma, a condizione che le sostanze risultanti dal trattamento siano successivamente incenerite. Nella nozione di impianto di coincenerimento si intendono compresi: il sito e l’intero impianto, compresi le linee di coincenerimento, la ricezione dei rifiuti in ingresso allo stabilimento e lo stoccaggio, le installazioni di pretrattamento in loco, i sistemi di alimentazione dei rifiuti, del combustibile ausiliario e dell’aria di combustione, i generatori di calore, le apparecchiature di trattamento, movimentazione e stoccaggio in loco delle acque reflue e dei rifiuti risultanti dal processo di coincenerimento, (le installazioni di trattamento degli scarichi gassosi), i camini, i dispositivi ed i sistemi di controllo delle varie operazioni e di registrazione e monitoraggio delle condizioni di coincenerimento. Se per il trattamento termico dei rifiuti sono utilizzati processi diversi dall’ossidazione, quali ad esempio la pirolisi, la gassificazione o il processo al plasma, l’impianto di coincenerimento dei rifiuti include sia il processo di trattamento termico che il successivo processo di coincenerimento. Se il coincenerimento dei rifiuti avviene in modo che la funzione principale dell’impianto non consista nella produzione di energia o di materiali, bensì nel trattamento termico ai fini dello smaltimento dei rifiuti, l’impianto è considerato un impianto di incenerimento dei rifiuti ai sensi della lett. b).

    Nota: sono esclusi dall’ambito di applicazione del Titolo III-bis della Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006:

    a) gli impianti di gassificazione o di pirolisi, se i gas prodotti da siffatto trattamento termico dei rifiuti sono purificati in misura tale da non costituire più rifiuti prima del loro incenerimento e da poter provocare emissioni non superiori a quelle derivanti dalla combustione di gas naturale;

    b) gli impianti che trattano unicamente i seguenti rifiuti:

    1) rifiuti di cui all’art. 237-ter, comma 1, lett. s), numero 2) (trattasi delle seguenti biomasse: rifiuti vegetali derivanti da attività agricole e forestali; rifiuti vegetali derivanti dalle industrie alimentari di trasformazione, se l’energia termica generata è recuperata; rifiuti vegetali fibrosi della produzione di pasta di carta grezza e di produzione di carta dalla pasta, se sono coinceneriti sul luogo di produzione e se l’energia termica generata è recuperata; rifiuti di sughero; rifiuti di legno, ad eccezione di quelli che possono contenere composti organici alogenati o metalli pesanti, ottenuti a seguito di un trattamento o di rivestimento inclusi in particolare i rifiuti di legno di questo genere derivanti dai rifiuti edilizi e di demolizione);

    2) rifiuti radioattivi;

    3) rifiuti animali, come regolati dal Regolamento CE n. 1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009, recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano;

    4) rifiuti derivanti dalla prospezione e dallo sfruttamento delle risorse petrolifere e di gas nelle installazioni offshore e inceneriti a bordo di queste ultime;

    c) impianti sperimentali utilizzati a fini di ricerca, sviluppo e sperimentazione per migliorare il processo di incenerimento che trattano meno di 50 t di rifiuti all’anno.

    La realizzazione e l’esercizio degli impianti di incenerimento e coincenerimento dei rifiuti rientranti nell’ambito di applicazione del Titolo III-bis della Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006 devono essere autorizzati ai sensi delle seguenti disposizioni:

    • per gli impianti non sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale ai sensi dell’art. 6, comma 13, si applica l’art. 208, D.Lgs. n. 152/2006;

    • per gli impianti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale ai sensi dell’art. 6, comma 13, D.Lgs. n. 152/2006 si applicano le disposizioni del Titolo III-bis, Parte II del medesimo Decreto.

    L’autorizzazione alla realizzazione ed esercizio degli impianti di incenerimento e coincenerimento deve indicare esplicitamente alcune disposizioni, tra le quali:

    • un elenco di tutti i tipi di rifiuti che possono essere trattati nell’impianto, individuati mediante il riferimento ai relativi codici dell’elenco europeo dei rifiuti, nonché l’informazione sulla quantità di ciascun tipo di rifiuti autorizzati;

    • la capacità nominale e il carico termico nominale autorizzato dell’impianto;

    • i valori limite per le emissioni nell’atmosfera e nell’acqua per ogni singolo inquinante;

    • le procedure e la frequenza di campionamento e misurazione da utilizzare per rispettare le condizioni fissate per il controllo delle emissioni, nonché la localizzazione dei punti di campionamento e misurazione.

    L’autorità competente riesamina periodicamente e aggiorna, ove necessario, le condizioni di autorizzazione.

    Il Titolo III-bis della Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006 definisce le misure che devono essere rispettate con riferimento a:

    • consegna e ricezione dei rifiuti: il gestore è tenuto, tra l’altro, ad applicare procedure di controllo (documentale, ma non solo);

    • condizioni di esercizio dell’impianto, che devono garantire la riduzione delle emissioni e degli odori;

    • condizioni per la dismissione degli impianti;

    • emissioni in atmosfera, scarico di acque reflue e produzione di residui;

    • obblighi di comunicazione;

    • gestione delle condizioni anomale di funzionamento degli impianti (es. guasti, ecc.);

    al fine di assicurare un’elevata protezione dell’ambiente e di tutela della salute umana.

    € SANZIONI

    Art. 261-bis, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006: Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque effettua attività di incenerimento o di coincenerimento di rifiuti pericolosi in mancanza della prescritta autorizzazione all’esercizio di cui presente titolo, è punito con la pena dell’arresto da uno a due anni e ammenda da 10.000 a 50.000 euro.

    Art. 261-bis, comma 2, D.Lgs. n. 152/2006: Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque effettua attività di incenerimento o di coincenerimento di rifiuti non pericolosi, negli impianti di cui all’art. 237-ter, comma 1, lett. b), c) d) ed e), in mancanza della prescritta autorizzazione all’esercizio, è punito con la pena dell’arresto da sei mesi a un anno e ammenda da 10.000 a 30.000 euro.

    Art. 261-bis, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006: Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque effettua lo scarico sul suolo, nel sottosuolo o nelle acque sotterranee, di acque reflue evacuate da un impianto di incenerimento o coincenerimento e provenienti dalla depurazione degli effluenti gassosi di cui all’art. 237-duodecies, comma 5, D.Lgs. n. 152/2006, è punito con la pena dell’arresto fino ad un anno e con l’ammenda da 10.000 a 30.000 euro.

    Art. 261-bis, comma 4, D.Lgs. n. 152/2006: Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il proprietario ed il gestore che nell’effettuare la dismissione di un impianto di incenerimento o di coincenerimento di rifiuti non provvedono a quanto previsto all’art. 237-octies, comma 10, D.Lgs. n. 152/2006, sono puniti con la pena dell’arresto fino ad un anno e con l’ammenda da 10.000 a 25.000 euro.

    Art. 261-bis, comma 5, D.Lgs. n. 152/2006: Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque effettua attività di incenerimento o di coincenerimento di rifiuti nelle condizioni di cui all’art. 237-septiesdecies, comma 3, superando anche uno solo dei limiti temporali ivi previsti, è punito con la pena dell’arresto fino a nove mesi e con l’ammenda da 5.000 a 30.000 euro.

    Art. 261-bis, comma 6, D.Lgs. n. 152/2006: Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque effettua lo scarico in acque superficiali di acque reflue evacuate da un impianto di incenerimento o coincenerimento e provenienti dalla depurazione degli effluenti gassosi di cui all’art. 237-duodecies, comma 5 D.Lgs. n. 152/2006, non rispettando i valori di emissione previsti all’Allegato I, par. D, è punito con la pena dell’arresto fino a sei mesi e con l’ammenda da 10.000 a 30.000 euro.

    Art. 261-bis, comma 7, D.Lgs. n. 152/2006: Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque effettua lo scarico delle acque reflue di cui all’art. 237-duodecies, D.Lgs. n. 152/2006, in mancanza della prescritta autorizzazione di cui al comma 1, è punito con la pena dell’arresto fino a tre mesi e con l’ammenda da 5.000 a 30.000 euro.

    Art. 261-bis, comma 8, D.Lgs. n. 152/2006: Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, nell’esercizio dell’attività di incenerimento o coincenerimento, supera i valori limite di emissione di cui all’art. 237-undecies, D.Lgs. n. 152/2006, è punito con la pena dell’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 10.000 a 25.000 euro. Se i valori non rispettati sono quelli di cui all’Allegato I, par. A, punti 3) e 4), il responsabile è punito con l’arresto da uno a due anni e con l’ammenda da 10.000 a 40.000 euro.

    Art. 261-bis, comma 9, D.Lgs. n. 152/2006: Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il professionista che, nel certificato sostitutivo di cui all’art. 237-octies, comma 8, e all’art. 237-octies, comma 10 del D.Lgs. n. 152/2006, con riferimento agli impianti di coincenerimento, attesta fatti non corrispondenti al vero, è punito con la pena dell’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 5.000 a 25.000 euro.

    Art. 261-bis, comma 10, D.Lgs. n. 152/2006: Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque mette in esercizio un impianto di incenerimento o di coincenerimento autorizzato alla costruzione ed all’esercizio, in assenza della verifica di cui all’art. 237-octies, comma 7, D.Lgs. n. 152/2006, o della relativa certificazione sostitutiva comunicata nelle forme di cui all’art. 237-octies, comma 8, e all’art. 237-octies, comma 10, con riferimento agli impianti di coincenerimento, è punito con la pena dell’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 3.000 a 25.000 euro.

    Art. 261-bis, comma 11, D.Lgs. n. 152/2006: Salvo che il fatto costituisca più grave reato e salvo quanto previsto al comma 12, chiunque, nell’esercizio di un impianto autorizzato di incenerimento o coincenerimento, non osserva le prescrizioni indicate nell’autorizzazione ai sensi dell’art. 237-quinquies, comma 2, con riferimento agli impianti di incenerimento, all’art. 237-quinquies, comma 3, all’art. 237-septies, comma 1, e all’art. 237-octies, comma 1 del medesimo Decreto, è punito con la pena dell’ammenda da 3.000 a 30.000 euro.

    Art. 261-bis, comma 12, D.Lgs. n. 152/2006: Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque, nell’esercizio di un impianto autorizzato di incenerimento o coincenerimento, avendo conseguito in sede di autorizzazione le parziali deroghe di cui all’art. 237-septies, comma 6, e all’art. 237-nonies del D.Lgs. n. 152/2006, non rispetta le prescrizioni imposte dall’autorità competente in sede di autorizzazione, è punito con la sanzione amministrativa da 3.000 a 25.000 euro.

    Art. 261-bis, comma 13, D.Lgs. n. 152/2006: Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque, nell’esercizio di un impianto autorizzato di incenerimento o coincenerimento, avendo conseguito in sede di autorizzazione le deroghe di cui all’art. 237-undecies, comma 6 del D.Lgs. n. 152/2006, non rispetta le prescrizioni imposte dall’autorità competente in sede di autorizzazione, è punito con la sanzione amministrativa da 2.500 a 25.000 euro.

    Art. 261-bis, comma 14, D.Lgs. n. 152/2006: Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque, al di fuori dei casi previsti dal presente articolo, nell’esercizio di un impianto di incenerimento o coincenerimento non rispetta le prescrizioni di cui al presente Decreto, o quelle imposte dall’autorità competente in sede di autorizzazione, è punito con la sanzione amministrativa da 1.000 a 35.000 euro.

    Art. 261-bis, comma 15, D.Lgs. n. 152/2006: Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 5, 6, 7, 8, 10, 12, 13, 14 e 15 non si applicano nel caso in cui l’installazione è soggetta alle disposizioni del Titolo III-bis, Parte II, D.Lgs. n. 152/2006.

    8.11 Casi particolari

    8.11Casi particolari

    8.11.1 Rifiuti organici

    8.11.1Rifiuti organici

    La norma (art. 183, comma 1, lett. d), D.Lgs. n. 152/2006) così definisce i “rifiuti organici”:

    rifiuti biodegradabili di giardini e parchi, rifiuti alimentari e di cucina prodotti da nuclei domestici, ristoranti, uffici, attività all’ingrosso, mense, servizi di ristorazione e punti vendita al dettaglio e rifiuti equiparabili prodotti dagli impianti dell’industria alimentare.

    Nota: il D.Lgs. n. 116/2020 ha introdotto all’interno dell’art. 183 (comma 1, lett. d-bis)), D.Lgs. n. 152/2006 la seguente nuova definizione di “rifiuti alimentari”: “tutti gli alimenti di cui all’art. 2, Reg. CE n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio che sono diventati rifiuti”.

    L’art. 182-ter del D.Lgs. n. 152/2006 stabilisce che è compito del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, delle Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano favorire il riciclaggio, ivi compresi il compostaggio e la digestione dei rifiuti organici, in modo da rispettare un elevato livello di protezione dell’ambiente e che dia luogo ad un prodotto in uscita che soddisfi pertinenti standard di elevata qualità.

    La norma prevede, inoltre, quanto segue:

    • l’utilizzo in agricoltura è consentito per i soli prodotti in uscita conformi alla normativa vigente sui fertilizzanti;

    • al fine di incrementarne il riciclaggio, entro il 31 dicembre 2021, i rifiuti organici sono differenziati e riciclati alla fonte, anche mediante attività di compostaggio sul luogo di produzione, oppure raccolti in modo differenziato, con contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti compostabili certificati a norma UNI EN 13432-2002, senza miscelarli con altri tipi di rifiuti;

    Nota: le attività di compostaggio sul luogo di produzione comprendono oltre all’autocompostaggio anche il compostaggio di comunità realizzato secondo i criteri operativi e le procedure autorizzative da stabilirsi con decreto apposito.

    • i rifiuti anche di imballaggi, aventi analoghe proprietà di biodegradabilità e compostabilità rispetto ai rifiuti organici sono raccolti e riciclati assieme a questi ultimi, laddove siano rispettate le condizioni indicate in art. 182-ter, D.Lgs. n. 152/2006 (come modificato dal D.Lgs. n. 213/2022):
      • siano certificati conformi, da organismi accreditati, allo standard europeo EN 13432 per gli imballaggi, o allo standard europeo EN14995 per i manufatti diversi dagli imballaggi se in materiale plastico, recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione;

      • siano opportunamente etichettati e riportino, oltre alla menzione della conformità ai suddetti standard europei, elementi identificativi del produttore e del certificatore nonché idonee istruzioni per i consumatori di conferimento di tali rifiuti nel circuito di raccolta differenziata e riciclo dei rifiuti organici.

    8.11.2 Terre e rocce da scavo

    8.11.2Terre e rocce da scavo

    La gestione delle terre e rocce da scavo è disciplinata dal D.P.R. n. 120/2017, nel cui art. 2 sono contenute le definizioni di riferimento; le principali sono riportate di seguito:

    • “lavori”: comprendono le attività di costruzione, scavo, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro e manutenzione di opere;

    • “suolo”: lo strato più superficiale della crosta terrestre situato tra il substrato roccioso e la superficie. Il suolo è costituito da componenti minerali, materia organica, acqua, aria e organismi viventi, comprese le matrici materiali di riporto ai sensi dell’art. 3, comma 1, D.L. 25 gennaio 2012, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 marzo 2012, n. 28;

    • “terre e rocce da scavo”: il suolo escavato derivante da attività finalizzate alla realizzazione di un’opera, tra le quali: scavi in genere (sbancamento, fondazioni, trincee); perforazione, trivellazione, palificazione, consolidamento; opere infrastrutturali (gallerie, strade); rimozione e livellamento di opere in terra. Le terre e rocce da scavo possono contenere anche i seguenti materiali: calcestruzzo, bentonite, polivinilcloruro (PVC), vetroresina, miscele cementizie e additivi per scavo meccanizzato, purché le terre e rocce contenenti tali materiali non presentino concentrazioni di inquinanti superiori ai limiti di cui alle colonne A e B, Tabella 1, Allegato V, al Titolo V, della Parte IV, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per la specifica destinazione d’uso;

    • “autorità competente”: l’autorità che autorizza la realizzazione dell’opera nel cui ambito sono generate le terre e rocce da scavo e, nel caso di opere soggette a procedimenti di valutazione di impatto ambientale o ad autorizzazione integrata ambientale, l’autorità competente di cui all’art. 5, comma 1, lett. o), D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152;

    • “normale pratica industriale”: costituiscono un trattamento di normale pratica industriale quelle operazioni, anche condotte non singolarmente, alle quali possono essere sottoposte le terre e rocce da scavo, finalizzate al miglioramento delle loro caratteristiche merceologiche per renderne l’utilizzo maggiormente produttivo e tecnicamente efficace. Fermo il rispetto dei requisiti previsti per i sottoprodotti e dei requisiti di qualità ambientale, il trattamento di normale pratica industriale garantisce l’utilizzo delle terre e rocce da scavo conformemente ai criteri tecnici stabiliti dal progetto. L’Allegato 3 elenca alcune delle operazioni più comunemente effettuate, che rientrano tra le operazioni di normale pratica industriale.

    Il D.P.R. n. 120/2017 contiene disposizioni per gestire:

    • le terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti ai sensi dell’art. 184-bis del D.Lgs. n. 152/2006, provenienti da cantieri di piccole dimensioni, di grandi dimensioni e di grandi dimensioni non assoggettati a VIA o ad AIA, compresi quelli finalizzati alla costruzione o alla manutenzione di reti e infrastrutture;

    • il deposito temporaneo delle terre e rocce da scavo qualificate rifiuti;

    • l’utilizzo nel sito di produzione delle terre e rocce da scavo escluse dalla disciplina dei rifiuti;

    • le terre e rocce da scavo nei siti oggetto di bonifica.

    Nota: ai sensi del D.P.R. n. 120/2017 si definisce “cantiere di piccole dimensioni” un cantiere in cui sono prodotte terre e rocce da scavo in quantità non superiori a seimila metri cubi, calcolati dalle sezioni di progetto, nel corso di attività e interventi autorizzati in base alle norme vigenti, comprese quelle prodotte nel corso di attività o opere soggette a valutazione d’impatto ambientale o ad autorizzazione integrata ambientale di cui alla Parte II del D.Lgs. n. 152/2006; si definisce, inoltre, “cantiere di grandi dimensioni”: cantiere in cui sono prodotte terre e rocce da scavo in quantità superiori a seimila metri cubi, calcolati dalle sezioni di progetto, nel corso di attività o di opere soggette a procedure di valutazione di impatto ambientale o ad autorizzazione integrata ambientale di cui alla Parte II del D.Lgs. n. 152/2006. Un “cantiere di grandi dimensioni non sottoposto a VIA o AIA” è un cantiere in cui sono prodotte terre e rocce da scavo in quantità superiori a seimila metri cubi, calcolati dalle sezioni di progetto, nel corso di attività o di opere non soggette a procedure di valutazione di impatto ambientale o ad autorizzazione integrata ambientale di cui alla Parte II del D.Lgs. n. 152/2006.

    Sono esclusi dal campo di applicazione di tale normativa:

    • immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e attività di posa in mare di cavi e condotte come disciplinato dall’art. 109 del D.Lgs. n. 152/2006;

    • rifiuti provenienti direttamente dall’esecuzione di interventi di demolizione di edifici o di altri manufatti preesistenti, la cui gestione è disciplinata dalla Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006.

    Nota: il 9 maggio 2019 è stata approvata dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA) la Linea guida sull’applicazione della disciplina per l’utilizzo delle terre e rocce da scavo.

    GIURISPRUDENZA

    In particolare, la giurisprudenza pone l’attenzione su:

    Esclusione dell’applicabilità della disciplina delle terre e rocce da scavo

    In materia di terre di rocce e scavo va esclusa l’applicabilità della speciale disciplina in presenza di materiali non rappresentati unicamente da terriccio e ghiaia, ma provenienti dalla demolizione di edifici o dal rifacimento di strade e, quindi, contenenti altre sostanze, quali asfalto, calcestruzzo o materiale cementizio o di risulta in genere, plastica o materiale ferroso:

    • Cass., sez. III, n. 28181/2019

    Successione delle leggi nel tempo

    In tema di successione di leggi penali nel tempo, il principio di retroattività della norma favorevole, affermato dall’art. 2, comma 4, cod. pen., non si applica in caso di successione nel tempo di norme extrapenali integratrici del precetto penale che non incidano sulla struttura essenziale del reato e quindi sulla fattispecie tipica, ma comportino esclusivamente una variazione del contenuto del precetto, delineando la portata del comando e del conseguente fatto illecito (fattispecie in tema di terre e rocce da scavo):

    • Cass., sez. III, n. 45272/2018

    Onere della prova

    La disciplina sulle terre e rocce da scavo rientra tra quelle aventi natura eccezionale e derogatoria rispetto alla disciplina ordinaria in tema di rifiuti, cosicché l’onere della prova circa la sussistenza delle condizioni di legge per la sua applicazione deve essere assolto da colui che la richiede:

    • Cass., sez. III, n. 42237/2023; Cass., sez. III, n. 38864/2022; Cass., sez. III, n. 16078/2015.

    Nota: devono essere tenute in considerazione, inoltre, le esclusioni dal campo di applicazione della Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006 (si veda il par. 8.1).

    ➔ Terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti

    I requisiti da rispettare affinché le terre e rocce da scavo generate in cantieri di piccole dimensioni, in cantieri di grandi dimensioni e in cantieri di grandi dimensioni non sottoposti a VIA e AIA, siano qualificati come sottoprodotti (ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. qq), D.Lgs. n. 152/2006) e non come rifiuti sono stabiliti dall’art. 4 del D.P.R. n. 120/2017 come di seguito riportato:

    • sono generate durante la realizzazione di un’opera, di cui costituiscono parte integrante e il cui scopo primario non è la produzione di tale materiale;

    • il loro utilizzo è conforme alle disposizioni del piano di utilizzo di cui all’art. 9 del D.P.R. n. 120/2017 o della dichiarazione di cui all’art. 21 del medesimo Decreto, e si realizza:
      • nel corso dell’esecuzione della stessa opera nella quale è stato generato o di un’opera diversa, per la realizzazione di reinterri, riempimenti, rimodellazioni, rilevati, miglioramenti fondiari o viari, recuperi ambientali oppure altre forme di ripristini e miglioramenti ambientali;

      • in processi produttivi, in sostituzione di materiali di cava;

    • sono idonee ad essere utilizzate direttamente, ossia senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;

    • soddisfano i requisiti di qualità ambientale espressamente previsti dal Capo II o dal Capo III o dal Capo IV del D.P.R. n. 120/2017, per le modalità di utilizzo specifico di cui alla lett. b).

    Nota: sono previsti requisiti aggiuntivi (art. 4, comma 3, D.P.R. n. 120/2017) nel caso di terre e rocce con materiali di riporto.

    Nota: si definisce “piano di utilizzo” il documento nel quale il proponente attesta, ai sensi dell’art. 47 D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, il rispetto delle condizioni e dei requisiti previsti dall’art. 184-bis del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, e dall’art. 4 del presente Regolamento, ai fini dell’utilizzo come sottoprodotti delle terre e rocce da scavo generate in cantieri di grandi dimensioni. Ai fini delle disposizioni previste dal D.P.R. n. 120/2017, si definisce “proponente” il soggetto che presenta il piano di utilizzo; “esecutore” il soggetto che attua il piano di utilizzo ai sensi dell’art. 17; “produttore” il soggetto la cui attività materiale produce le terre e rocce da scavo e che predispone e trasmette la dichiarazione di cui all’art. 21.

    La sussistenza delle condizioni di cui sopra è attestata tramite la predisposizione e la trasmissione del piano di utilizzo o della dichiarazione di cui all’art. 21 del D.P.R. n. 120/2017, nonché della dichiarazione di avvenuto utilizzo in conformità alle previsioni del medesimo Decreto, come di seguito illustrato:

    Piano di utilizzo
    È disciplinato dall’art. 9 del D.P.R. n. 120/2017, e riguarda la gestione delle terre e rocce da scavo generate nei cantieri di grandi dimensioni.
    Il piano di utilizzo è trasmesso almeno 90 giorni prima dell’inizio dei lavori dal proponente all’autorità competente e all’Agenzia di protezione ambientale territorialmente competente, per via telematica. Nel caso in cui l’opera sia oggetto di una procedura di valutazione di impatto ambientale o di autorizzazione integrata ambientale ai sensi della normativa vigente, la trasmissione del piano di utilizzo avviene prima della conclusione del procedimento.
    È redatto in conformità alle disposizioni di cui all’Allegato 5 del D.P.R. n. 120/2017, include la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà redatta ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. n. 445/2000, con la quale il legale rappresentante dell’impresa o la persona fisica proponente l’opera, attesta la sussistenza dei requisiti di cui all’art. 4 del D.P.R. n. 120/2017, in conformità anche a quanto previsto nell’Allegato III del medesimo Decreto, con riferimento alla normale pratica industriale.

    L’autorità competente verifica d’ufficio la completezza e la correttezza amministrativa della documentazione trasmessa: entro 30 giorni dalla presentazione del piano di utilizzo, l’autorità competente può chiedere, in un’unica soluzione, integrazioni alla documentazione ricevuta; decorso tale termine la documentazione si intende comunque completa.
    Decorsi 90 giorni dalla presentazione del piano di utilizzo ovvero dalla eventuale integrazione dello stesso ai sensi del punto precedente, il proponente, a condizione che siano rispettati i requisiti indicati nell’art. 4 del D.P.R. n. 120/2017, avvia la gestione delle terre e rocce da scavo nel rispetto del piano di utilizzo, fermi restando gli eventuali altri obblighi previsti dalla normativa vigente per la realizzazione dell’opera.
    Qualora accerti la mancata sussistenza dei requisiti di cui all’art. 4 del D.P.R. n. 120/2017, l’autorità competente dispone con provvedimento motivato il divieto di inizio ovvero di prosecuzione delle attività di gestione delle terre e rocce da scavo come sottoprodotti.
    Fermi restando i compiti di vigilanza e controllo stabiliti dalle norme vigenti, l’Agenzia di protezione ambientale territorialmente competente effettua, secondo una programmazione annuale, le ispezioni, i controlli, i prelievi e le verifiche necessarie ad accertare il rispetto degli obblighi assunti nel piano di utilizzo. I controlli sono disposti anche con metodo a campione o in base a programmi settoriali, per categorie di attività o nelle situazioni di potenziale pericolo comunque segnalate o rilevate.
    Ulteriori dettagli in art. 9 del D.P.R. n. 120/2017.
    Altre disposizioni relative al piano di utilizzo:
    – nel piano è indicata la durata del piano stesso;
    – l’inizio dei lavori deve avvenire entro due anni dalla presentazione del piano salvo deroghe espressamente motivate dall’autorità competente in ragione delle opere da realizzare;
    – è conservato presso il sito di produzione delle terre e rocce da scavo e presso la sede legale del proponente e, se diverso, anche dell’esecutore, per cinque anni a decorrere dalla data di redazione dello stesso e reso disponibile in qualunque momento all’autorità di controllo. Copia di tale documentazione è conservata anche dall’autorità competente;
    – aggiornamento: in caso di modifica sostanziale dei requisiti di cui all’art. 4 del D.P.R. n. 120/2017, indicati nel piano di utilizzo, il proponente o l’esecutore aggiorna il piano di utilizzo e lo trasmette in via telematica ai soggetti destinatari del piano stesso (di cui all’art. 9 del D.P.R. n. 120/2017), tenendo conto di quanto disposto dall’art. 15 del D.P.R. n. 120/2017.
    – Proroga del piano di utilizzo e accertamenti sul piano di utilizzo aggiornato o prorogato: il termine relativo all’inizio dei lavori o alla durata del piano di utilizzo (art. 14, comma 1 del D.P.R. n. 120/2017) può essere prorogato una sola volta e per la durata massima di due anni in presenza di circostanze sopravvenute, impreviste o imprevedibili, fatte salve eventuali deroghe espressamente motivate dall’autorità competente in ragione dell’entità o complessità delle opere da realizzare; le modalità da seguire sono contenute nell’art. 16 del D.P.R. n. 120/2017.
    – Realizzazione del piano di utilizzo: prima dell’inizio dei lavori, il proponente comunica, in via telematica, all’autorità competente e all’Agenzia di protezione ambientale territorialmente competente i riferimenti dell’esecutore del piano di utilizzo. A far data da tale comunicazione, l’esecutore del piano di utilizzo è tenuto a far proprio e rispettare il piano di utilizzo e ne è responsabile. Le modalità da seguire sono contenute nell’art. 17 del D.P.R. n. 120/2017.

    Nei seguenti casi viene meno la qualifica di sottoprodotto delle terre e rocce da scavo con conseguente obbligo di gestire le stesse come rifiuti ai sensi della Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006:

    • allo scadere dei termini previsti per la durata del piano di utilizzo e l’inizio dei lavori;

    • in caso di violazione degli obblighi assunti nel piano di utilizzo;

    • se viene meno una delle condizioni di cui all’art. 4 del D.P.R. n. 120/2017, in quanto cessa la validità del piano di utilizzo.

    Dichiarazione di cui all’art. 21 del D.P.R. n. 120/2017
    La sussistenza delle condizioni previste dall’art. 4, D.P.R. n. 120/2017, è attestata dal produttore tramite una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà resa ai sensi dell’art. 47, D.P.R. n. 445/2000, con la trasmissione, anche solo in via telematica, almeno 15 giorni prima dell’inizio dei lavori di scavo, del modulo di cui all’Allegato 6, D.P.R. n. 120/2017 al Comune del luogo di produzione e all’Agenzia di protezione ambientale territorialmente competente.
    Tale dichiarazione si applica nei seguenti casi:
    • cantieri di grandi dimensioni non sottoposti a VIA o AIA

    • cantieri di piccole dimensioni, se, con riferimento ai requisiti ambientali di cui all’art. 4 del medesimo


    Decreto, il produttore dimostra, qualora siano destinate a recuperi, ripristini, rimodellamenti, riempimenti ambientali o altri utilizzi sul suolo, che non siano superati i valori delle concentrazioni soglia di contaminazione di cui alle colonne A e B, Tabella 1, Allegato V al Titolo V della Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006, con riferimento alle caratteristiche delle matrici ambientali e alla destinazione d’uso urbanistica del sito di destinazione, e che le terre e rocce da scavo non costituiscono fonte diretta o indiretta di contaminazione per le acque sotterranee, fatti salvi i valori di fondo naturale. Nel caso in cui, per fenomeni di origine naturale siano superate le concentrazioni soglia di contaminazione di cui alle colonne A e B, Tabella 1, Allegato V al Titolo V della Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006, i valori di fondo naturale sostituiscono le suddette concentrazioni soglia di contaminazione.
    La dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà assolve la funzione del piano di utilizzo di cui all’art. 2, comma 1, lett. f) del D.P.R. n. 120/2017.
    L’autorità competente, qualora accerti l’assenza dei requisiti di cui all’art. 4, o delle circostanze sopravvenute, impreviste o imprevedibili di cui all’art. 21, commi 3 e 4, D.P.R. n. 120/2017, dispone il divieto di inizio ovvero di prosecuzione delle attività di gestione delle terre e rocce da scavo come sottoprodotti.
    Dichiarazione di avvenuto utilizzo
    La dichiarazione di avvenuto utilizzo (redatta ai sensi dell’art. 47, D.P.R. n. 445/2000) attesta l’utilizzo delle terre e rocce da scavo in conformità al piano di utilizzo o alla dichiarazione di cui all’art. 21, D.P.R. n. 120/2017.
    La dichiarazione di avvenuto utilizzo è resa dall’esecutore o dal produttore con la trasmissione, anche solo in via telematica, del modulo di cui all’Allegato 8, D.P.R. n. 120/2017 all’autorità e all’Agenzia di protezione ambientale competenti per il sito di destinazione, al Comune del sito di produzione e al Comune del sito di destinazione.
    La dichiarazione è conservata per 5 anni dall’esecutore o dal produttore ed è resa disponibile all’autorità di controllo.
    La dichiarazione di avvenuto utilizzo deve essere resa ai soggetti di cui sopra, entro il termine di validità del piano di utilizzo o della dichiarazione di cui all’art. 21; l’omessa dichiarazione di avvenuto utilizzo entro tale termine comporta la cessazione, con effetto immediato, della qualifica delle terre e rocce da scavo come sottoprodotto.

    Di seguito sono richiamate le ulteriori disposizioni che disciplinano le terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti:

    Deposito intermedio Il proponente o il produttore può individuare nel piano di utilizzo o nella dichiarazione di cui all’art. 21, D.P.R. n. 120/2017, uno o più di siti di deposito intermedio idonei: in caso di variazione del sito di deposito intermedio così individuato e indicato, il proponente o il produttore aggiorna il piano o la dichiarazione in conformità alle modalità previste dal D.P.R. n. 120/2017 (si veda sopra).
    Il deposito intermedio delle terre e rocce da scavo, ai sensi dell’art. 5, D.P.R. n. 120/2017, può essere effettuato nel sito di produzione, nel sito di destinazione o in altro sito a condizione che siano rispettati i requisiti indicati in art. 5, D.P.R. n. 120/2017.
    Il deposito intermedio delle terre e rocce da scavo qualificate sottoprodotti, non costituisce utilizzo, ai sensi del requisito di cui all’art. 4, comma 2, lett. b), D.P.R. n. 120/2017.
    È necessario porre particolare attenzione al fatto che il D.P.R. n. 120/2017 stabilisce che, decorso il periodo di durata del deposito intermedio indicato, viene meno, con effetto immediato, la qualifica di sottoprodotto delle terre e rocce non utilizzate in conformità al piano di utilizzo o alla dichiarazione di cui all’art. 21 e, pertanto, tali terre e rocce sono gestite come rifiuti (e, quindi, nel rispetto della Parte IV, D.Lgs. n. 152/2006).
    Trasporto Per le terre e rocce da scavo qualificate sottoprodotti il trasporto fuori dal sito di produzione è accompagnato dal modulo di cui all’Allegato 7, D.P.R. n. 120/2017, che deve essere compilato per ogni automezzo che trasporta terre e rocce da scavo qualificate sottoprodotto da un sito di produzione verso un sito di destinazione o di deposito intermedio previsti dal piano di utilizzo o dalla dichiarazione di cui all’art. 21, D.P.R. n. 120/2017.

    Nota: sono previste disposizioni specifiche per terre e rocce conformi alle concentrazioni soglia di contaminazione (si veda l’art. 10, D.P.R. n. 120/2017), terre e rocce da scavo conformi ai valori di fondo naturale (si veda l’art. 11, D.P.R. n. 120/2017), terre e rocce da scavo prodotte in un sito oggetto di bonifica (si veda l’art. 12, D.P.R. n. 120/2017).

    ➔ Terre e rocce da scavo qualificate come rifiuti

    Per le terre e rocce da scavo qualificate con i codici dell’elenco europeo dei rifiuti 17.05.04 o 17.05.03* il deposito temporaneo (di cui all’art. 183, comma 1, lett. bb), D.Lgs. n. 152/2006), si effettua, attraverso il raggruppamento e il deposito preliminare alla raccolta realizzati presso il sito di produzione, nel rispetto delle seguenti condizioni:

    • le terre e rocce da scavo qualificate come rifiuti contenenti inquinanti organici persistenti di cui al Regolamento CE n. 850/2004 sono depositate nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e sono gestite conformemente al predetto Regolamento;

    • le terre e rocce da scavo sono raccolte e avviate a operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative:
      • con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito;

      • quando il quantitativo in deposito raggiunga complessivamente i 4000 metri cubi, di cui non oltre 800 metri cubi di rifiuti classificati come pericolosi. In ogni caso il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;

    • il deposito è effettuato nel rispetto delle relative norme tecniche;

    • nel caso di rifiuti pericolosi, il deposito è realizzato nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute e in maniera tale da evitare la contaminazione delle matrici ambientali, garantendo in particolare un idoneo isolamento dal suolo, nonché la protezione dall’azione del vento e dalle acque meteoriche, anche con il convogliamento delle acque stesse.

    Nota: il Reg. (CE) n. 850/2004 citato all’interno del D.P.R. n. 120/2017 è stato abrogato e sostituito dal Reg. (UE) n. 1021/2019.

    ➔ Terre e rocce da scavo escluse dall’ambito di applicazione della disciplina sui rifiuti

    Ai sensi dell’art. 24 del D.P.R. n. 120/2017, per l’esclusione dall’ambito di applicazione della normativa sui rifiuti, le terre e rocce da scavo devono essere conformi ai requisiti di cui all’art. 185, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 152/2006, e in particolare devono essere utilizzate nel sito di produzione.

    La non contaminazione è verificata ai sensi dell’Allegato 4 del D.P.R. n. 120/2017 (fermo restando quanto previsto dall’art. 3, comma 2, D.L. 25 gennaio 2012, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 28/2012).

    Nota: l’art. 185, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 152/2006 (come modificato dal D.L. n. 77/2021, convertito con modificazioni dalla Legge n. 108/2021) riguarda “il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che esso verrà riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui è stato escavato, le ceneri vulcaniche, laddove riutilizzate in sostituzione di materie prime all’interno di cicli produttivi, mediante processi e metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana”.

    L’art. 24 del D.P.R. n. 120/2017 disciplina i seguenti casi particolari:

    • terre e rocce da scavo provenienti da affioramenti geologici naturali contenenti amianto;

    • terre e rocce da scavo prodotte nell’ambito della realizzazione di opere o attività sottoposte a valutazione di impatto ambientale: in questo caso la verifica delle condizioni di cui all’art. 185, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 152/2006 è effettuata in via preliminare, in funzione del livello di progettazione e in fase di stesura dello studio di impatto ambientale (SIA), attraverso la presentazione di un “Piano preliminare di utilizzo in sito delle terre e rocce da scavo escluse dalla disciplina dei rifiuti”; vanno rispettate, inoltre, le disposizioni che riguardano gli accertamenti da effettuare ed i documenti da produrre, nonché le comunicazioni da trasmettere, come disciplinato dall’art. 24, D.P.R. n. 120/2017.

    Qualora in fase di progettazione esecutiva o comunque prima dell’inizio dei lavori non venga accertata l’idoneità del materiale scavato all’utilizzo ai sensi dell’art. 185, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 152/2006, le terre e rocce sono gestite come rifiuti ai sensi della Parte IV, D.Lgs. n. 152/2006.

    ➔ Terre e rocce da scavo nei siti oggetto di bonifica

    Per le attività di scavo da realizzare nei siti oggetto di bonifica già caratterizzati ai sensi dell’art. 242 del D.Lgs. n. 152/2006, si applicano le procedure di cui agli artt. 25 e 26, D.P.R. n. 120/2017, fatto salvo quanto disposto dall’art. 34, comma 7, D.L. n. 133/2014, convertito con modificazioni, dalla Legge n. 164/2014.

    L’utilizzo delle terre e rocce prodotte dalle attività di scavo di cui sopra all’interno di un sito oggetto di bonifica è sempre consentito a condizione che sia garantita la conformità alle concentrazioni soglia di contaminazione per la specifica destinazione d’uso o ai valori di fondo naturale. Nel caso in cui l’utilizzo delle terre e rocce da scavo sia inserito all’interno di un progetto di bonifica approvato, si applica quanto previsto dall’art. 242, comma 7, D.Lgs. n. 152/2006.

    Le terre e rocce da scavo non conformi alle concentrazioni soglia di contaminazione o ai valori di fondo, ma inferiori alle concentrazioni soglia di rischio, possono essere utilizzate nello stesso sito alle condizioni specificate in art. 26, comma 2, D.P.R. n. 120/2017.

    APPROFONDIMENTI

    • AMBIENTE & SVILUPPO 1/2023: “Gestione delle terre e rocce da scavo nei siti bonificati con analisi di rischio”, di Federico Vanetti

    8.11.3 Sgombero neve

    8.11.3Sgombero neve

    Come stabilito dall’art. 214-bis del D.Lgs. n. 152/2006, le attività di sgombero della neve effettuate dalle Pubbliche amministrazioni o da loro delegati, dai concessionari di reti infrastrutturali o infrastrutture non costituisce detenzione ai fini della lett. a) comma 1 dell’art. 183 del medesimo Decreto che contiene la definizione di “rifiuto”.

    8.11.4 Oli usati

    8.11.4Oli usati

    L’art. 183, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 152/2006 così definisce gli oli usati:

    qualsiasi olio industriale o lubrificante, minerale o sintetico, divenuto improprio all’uso cui era inizialmente destinato, quali gli oli usati dei motori a combustione e dei sistemi di trasmissione, nonché gli oli usati per turbine e comandi idraulici.

    Inoltre, a completamento di tale definizione:

    • ai sensi dell’art. 216-bis, comma 8, D.Lgs. n. 152/2006 sono soggette alla disciplina sugli oli usati i composti usati fluidi o liquidi solo parzialmente formati di olio minerale o sintetico, compresi i residui oleosi di cisterna, i miscugli di acqua e olio, le emulsioni ed altre miscele oleose;

    • la definizione di oli usati di cui al D.Lgs. n. 95/1992 include anche gli oli minerali per macchinari e quelli contenuti nei filtri usati.

    I principi generali per la gestione degli oli usati sono contenuti nell’art. 216-bis del D.Lgs. n. 152/2006, che stabilisce:

    Fatti salvi gli obblighi riguardanti la gestione dei rifiuti pericolosi, gli oli usati sono gestiti in base alla classificazione attribuita ad essi ai sensi e per gli effetti dell’art. 184, nel rispetto delle disposizioni della Parte IV del presente Decreto e, in particolare, secondo l’ordine di priorità di cui all’art. 179, comma 1.

    Nota: con riferimento al divieto di miscelazione (si veda il par. 8.5.4), l’art. 216-bis del D.Lgs. n. 152/2006 prevede che, in deroga a quanto previsto dall’art. 187, comma 1, fatti salvi i requisiti di cui al medesimo art. 187, comma 2, lett. a), b) e c), il deposito temporaneo e le fasi successive della gestione degli oli usati sono realizzati, anche miscelando gli stessi, in modo da tenere costantemente separati, per quanto tecnicamente possibile, gli oli usati da destinare, secondo l’ordine di priorità di cui all’art. 179, comma 1, a processi di trattamento diversi fra loro. È fatto comunque divieto di miscelare gli oli usati con altri tipi di rifiuti o di sostanze.

    Gli oli usati devono essere gestiti:

    • in via prioritaria, tramite rigenerazione tesa alla produzione di basi lubrificanti;

    • in via sussidiaria e, comunque, nel rispetto dell’ordine di priorità di cui all’art. 179, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006 (vedi sopra), qualora la rigenerazione sia tecnicamente non fattibile ed economicamente impraticabile, tramite combustione, nel rispetto delle disposizioni relative all’Autorizzazione Integrata Ambientale e le disposizioni relative all’incenerimento e coincenerimento dei rifiuti;

    • in via residuale, qualora le modalità di trattamento di cui alle precedenti lett. a) e b) non siano tecnicamente praticabili a causa della composizione degli oli usati, tramite operazioni di smaltimento di cui all’Allegato B della Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006.

    Nota: al fine di dare priorità alla rigenerazione degli oli usati, sono escluse le spedizioni transfrontaliere di oli usati dal territorio italiano, verso impianti di incenerimento e coincenerimento collocati all’estero (nella misura in cui ricorrano le condizioni di cui agli artt. 11 e 12 del Regolamento CE n. 1013/2006), ai sensi delle disposizioni contenute nell’art. 216-bis, D.Lgs. n. 152/2006.

    Obblighi specifici per chi produce, detiene, raccoglie ed elimina gli oli usati sono definiti nel D.Lgs. n. 95/1992.

    Le norme tecniche per la gestione degli oli usati (caratteristiche dei depositi di stoccaggio, metodiche di analisi, ecc.) sono contenute nel D.M. n. 392/1996 ancora vigenti nelle more dell’emanazione di un nuovo Decreto come previsto dal art. 216-bis, comma 7, D.Lgs. n. 152/2006.

    In generale è vietato:

    • qualsiasi scarico degli oli usati delle acque interne di superficie, nelle acque sotterranee, nelle acque marine territoriali e nelle canalizzazioni;

    • qualsiasi deposito e/o scarico di oli usati che abbia effetti nocivi per il suolo, come pure qualsiasi scarico incontrollato di residui risultati dal trattamento degli olii usati;

    • qualsiasi trattamento di oli usati che provochi un inquinamento dell’aria superiore al livello fissato dalle disposizioni vigenti;

    • procedere alla diretta eliminazione degli oli usati da parte dei consumatori.

    Il D.Lgs. n. 95/1992 contiene specifiche disposizioni che riguardano:

    • obblighi dei detentori: sono disciplinate, ad esempio, le modalità che devono seguire le imprese industriali che producono oli usati e coloro che nel corso dell’anno detengono a qualsiasi titolo una quantità superiore a 300 litri annui di oli usati;

    • attività di raccolta e di eliminazione;

    • combustione;

    • rigenerazione;

    • consorzio obbligatorio degli oli usati: le imprese che immettono sul mercato oli lubrificanti di base e finiti sono obbligate ad aderire al Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati (CONOU).

    Sono previsti, inoltre, obblighi di pubblicità ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. n. 95/1996 che stabilisce che le imprese che immettono oli o basi lubrificanti al consumo sono tenute a riservare nella pubblicità dei loro prodotti un idoneo spazio per sensibilizzare i consumatori all’esigenza della corretta raccolta o eliminazione degli oli usati.

    ➔ Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti

    L’art. 233 del D.Lgs. n. 152/2006 prevede che, al fine di razionalizzare ed organizzare la gestione degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti, tutti gli operatori della filiera costituiscono un Consorzio.

    Nota: il Consorzio, già riconosciuto dalla previgente normativa, ha personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformità allo schema tipo approvato dal Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, di concerto con il Ministero dello Sviluppo economico, e ai principi contenuti nel D.Lgs. n. 152/2006 ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Il consorzio, in conformità ai principi di cui all’art. 237 del D.Lgs. n. 152/2006, adotta sistemi di gestione aperti alla partecipazione di tutti gli operatori e concepiti in modo da assicurare il principio di trasparenza, di non discriminazione, di non distorsione della concorrenza, di libera circolazione nonché il massimo rendimento possibile.

    Partecipano al Consorzio:

    • le imprese che producono, importano o detengono oli e grassi vegetali ed animali esausti;

    • le imprese che riciclano e recuperano oli e grassi vegetali e animali esausti;

    • le imprese che effettuano la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio di oli e grassi vegetali e animali esausti;

    • eventualmente, le imprese che producono o importano oli e grassi vegetali e animali che abbiano versato contributi di riciclaggio ai sensi del comma 10, lett. d), D.Lgs. n. 152/2006.

    Nota: gli operatori che non provvedono ad aderire al Consorzio possono organizzare autonomamente, la gestione degli oli e grassi vegetali e animali esausti su tutto il territorio nazionale. In tale ipotesi gli operatori stessi devono richiedere all’Osservatorio nazionale sui rifiuti, previa trasmissione di idonea documentazione, il riconoscimento del sistema adottato. A tal fine i predetti operatori devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, che il sistema è effettivamente ed autonomamente funzionante e che è in grado di conseguire, nell’ambito delle attività svolte, gli obiettivi fissati dall’art. 233 del D.Lgs. n. 152/2006. Gli operatori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e gli utenti finali siano informati sulle modalità del sistema adottato.

    I soggetti giuridici appartenenti alle categorie che partecipano al Consorzio aderiscono al Consorzio o adottano il sistema autonomo, entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività.

    Lo statuto adottato dal consorzio è sottoposto all’approvazione del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, di concerto con il Ministero dello Sviluppo economico.

    Nota: con Decreto 21 gennaio 2022 è stato approvato lo statuto del Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti (Conoe).

    Il Consorzio svolge per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:

    • assicura la raccolta presso i soggetti che detengono oli e grassi vegetali e animali esausti, il trasporto, lo stoccaggio, il trattamento e il recupero degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti;

    • assicura, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di inquinamento, lo smaltimento di oli e grassi vegetali e animali esausti raccolti dei quali non sia possibile o conveniente la rigenerazione;

    • promuove lo svolgimento di indagini di mercato e di studi di settore al fine di migliorare, economicamente e tecnicamente, il ciclo di raccolta, trasporto, stoccaggio, trattamento e recupero degli oli e grassi vegetali e animali esausti.

    Le deliberazioni degli organi del Consorzio, adottate in relazione alle finalità della Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006 ed a norma dello statuto, sono vincolanti per tutte le imprese partecipanti.

    Nota: le quote di partecipazione al Consorzio sono determinate in base al rapporto tra la capacità produttiva di ciascun consorziato e la capacità produttiva complessivamente sviluppata da tutti i consorziati appartenenti alla medesima categoria. La determinazione e l’assegnazione delle quote compete al consiglio di amministrazione dei Consorzio che vi provvede annualmente secondo quanto stabilito dallo statuto.

    Nota: nel caso di incapacità o di impossibilità di adempiere, per mezzo delle stesse imprese consorziate, agli obblighi di raccolta, trasporto, stoccaggio, trattamento e riutilizzo degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti stabiliti dalla Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006, il Consorzio può, nei limiti e nei modi determinati dallo statuto, stipulare con le imprese pubbliche e private contratti per l’assolvimento degli obblighi medesimi.

    Il Consorzio è tenuto a garantire l’equilibrio della propria gestione finanziaria.

    Chiunque, in ragione della propria attività professionale, detiene oli e grassi vegetali e animali esausti:

    • è obbligato a conferirli al Consorzio direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati dal Consorzio, oppure li consegna ai soggetti che organizzano autonomamente la gestione degli oli e grassi vegetali e animali esausti. L’obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentore di cedere oli e grassi vegetali e animali esausti ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea.

    • in attesa del conferimento al Consorzio è obbligato a stoccare gli stessi in apposito contenitore conforme alle disposizioni vigenti in materia di smaltimento.

    Restano ferme le disposizioni comunitarie e nazionali vigenti in materia di prodotti, sottoprodotti e rifiuti di origine animale.

    Il Consorzio è esonerato dall’obbligo di iscrizione all’Albo gestori ambientali limitatamente all’attività di intermediazione e commercio senza detenzione per i rifiuti oggetto della propria attività.

    € SANZIONI

    Art. 256, comma 7, D.Lgs. n. 152/2006: Chiunque, in ragione della propria attività professionale, detiene oli e grassi vegetali e animali esausti non li conferisce al Consorzio direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati dal Consorzio o ai soggetti che organizzano autonomamente la gestione degli oli e grassi vegetali e animali esausti, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 260 a 1.550 euro.

    Art. 256, comma 7, D.Lgs. n. 152/2006: Chiunque, in ragione della propria attività professionale ed in attesa del conferimento al Consorzio, detenga oli e grassi animali e vegetali esausti non provvede a stoccare gli stessi in apposito contenitore conforme alle disposizioni vigenti in materia di smaltimento, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 260 a 1.550 euro.

    I soggetti che non adempiono agli obblighi di partecipazione al Consorzio:

    • sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da 8.000 a 45.000 euro, fatto comunque salvo l’obbligo di corrispondere i contributi pregressi [Art. 256, comma 8, D.Lgs. n. 152/2006];

    • le sanzioni sono ridotte della metà nel caso di adesione effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine per adempiere agli obblighi di partecipazione [Art. 256, comma 9, D.Lgs. n. 152/2006].

    ➔ Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati

    Al fine di razionalizzare e organizzare la gestione degli oli minerali usati, da avviare obbligatoriamente alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base, le imprese che immettono sul mercato oli lubrificanti, sono tenute ad aderire al Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati (CONOU). Il CONOU è istituito dal D.Lgs. n. 95/1992 (si veda il precedente par. 8.11.4), mentre la sua attività e organizzazione è regolamentata dall’art. 236 del D.Lgs. n. 152/2006.

    Al Consorzio partecipano in forma paritetica tutte le imprese che:

    • producono, importano o mettono in commercio oli base vergini;

    • producono oli base mediante un processo di rigenerazione;

    • effettuano il recupero e la raccolta degli oli usati;

    • effettuano la sostituzione e la vendita degli oli lubrificanti.

    Nota: i soggetti giuridici appartenenti alle categorie suddette che vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie medesime aderiscono al Consorzio entro 60 giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività.

    Il Consorzio ha personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro ed è retto da uno statuto approvato dal Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministero dello Sviluppo economico; i principali compiti del Consorzio, così come definiti dall’art. 11 del D.Lgs. n. 95/1992 e dall’art. 236 del D.Lgs. n. 152/2006, sono:

    • promuovere la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulle tematiche della raccolta;

    • assicurare e incentivare la raccolta degli oli usati ritirandoli dai detentori e dalle imprese autorizzate;

    • espletare direttamente le attività di raccolta degli oli usati dai detentori che ne facciano richiesta nelle aree in cui la raccolta risulti difficoltosa o economicamente svantaggiosa;

    • selezionare gli oli usati raccolti ai fini della loro corretta eliminazione tramite rigenerazione, combustione o smaltimento;

    • cedere gli oli usati raccolti;

    • perseguire ed incentivare lo studio, la sperimentazione e la realizzazione di nuovi processi di trattamento e di impiego alternativo;

    • incentivare la raccolta degli oli usati rigenerabili.

    Nota: il Consorzio può svolgere le proprie funzioni sia direttamente che tramite mandati conferiti ad imprese per determinati e limitati settori di attività o determinate aree territoriali. L’attività dei mandatari è svolta sotto la direzione e la responsabilità del consorzio stesso.

    Le quote di partecipazione al consorzio sono ripartite fra le categorie di imprese e nell’ambito di ciascuna di esse sono attribuite in proporzione delle quantità di lubrificanti prodotti, commercializzati rigenerati o recuperati.

    Chiunque detiene oli minerali esausti è obbligato al loro conferimento al Consorzio, direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati del consorzio o autorizzati, in base alla normativa vigente, a esercitare le attività di gestione di tali rifiuti. L’obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentore di cedere gli oli minerali esausti ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea.

    Le imprese che eliminano gli oli minerali usati tramite co-combustione e all’uopo debitamente autorizzate sono tenute a fornire al Consorzio i dati tecnici relativi alla raccolta ed eliminazione degli oli usati, affinché tale Consorzio comunichi annualmente tutti i dati raccolti su base nazionale ai Ministeri che esercitano il controllo, corredati da una relazione illustrativa.

    Il Consorzio è esonerato dall’obbligo di iscrizione all’Albo gestori ambientali limitatamente all’attività di intermediazione e commercio senza detenzione per i rifiuti oggetto della propria attività.

    € SANZIONI

    I soggetti che non adempiono agli obblighi di partecipazione al Consorzio:

    • sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da 8.000 a 45.000 euro, fatto comunque salvo l’obbligo di corrispondere i contributi pregressi [Art. 256, comma 8, D.Lgs. n. 152/2006];

    • le sanzioni sono ridotte della metà nel caso di adesione effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine per adempiere agli obblighi di partecipazione [Art. 256, comma 9, D.Lgs. n. 152/2006].

    Violazione dell’obbligo per le imprese che eliminano gli oli minerali usati tramite co-combustione di fornire al Consorzio i dati tecnici relativi alla raccolta ed eliminazione degli oli usati, si applicano le sanzioni di cui all’art. 258 del D.Lgs. n. 152/2006 per la mancata comunicazione di cui all’art. 189, comma 3:

    • sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 10.000 euro [Art. 258, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006];

    • se la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 26 a 160 euro [Art. 258, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006];

    • se le indicazioni sono formalmente incomplete o inesatte ma sono rinvenibili in forma corretta dai dati riportati nella comunicazione al catasto, nei registri di carico e scarico, nei formulari di identificazione dei rifiuti trasportati e nelle altre scritture contabili tenute per legge, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 260 a 1.550 euro [Art. 258, comma 5, D.Lgs. n. 152/2006].

    • se le indicazioni sono formalmente incomplete o inesatte ma contengono gli elementi atti a ricostruire le informazioni richieste ai sensi di legge, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 260 a 1.550 euro [Art. 258, comma 5, D.Lgs. n. 152/2006].

    8.11.5 Gestione degli imballaggi

    8.11.5Gestione degli imballaggi

    La gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio utilizzati o prodotti da industrie, esercizi commerciali, uffici, negozi, servizi, nuclei domestici o da qualunque altro soggetto che produce o utilizza imballaggi o rifiuti da imballaggio, qualunque siano i materiali che li compongono, è disciplinata dal Titolo II della Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006.

    L’art. 218 del D.Lgs. n. 152/2006 (come modificato dal D.Lgs. n. 213/2022) contiene le definizioni di riferimento per il Titolo II, tra le quali citiamo:

    • “imballaggio”: il prodotto, composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a proteggerle, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all’utilizzatore, ad assicurare la loro presentazione, nonché gli articoli a perdere usati allo stesso scopo;

    • “rifiuto di imballaggio”: ogni imballaggio o materiale di imballaggio, rientrante nella definizione di rifiuto di cui all’art. 183, comma 1, lett. a), esclusi i residui della produzione;

    • “produttori”: i fornitori di materiali di imballaggio, i fabbricanti, i trasformatori e gli importatori di imballaggi vuoti e di materiali di imballaggio;

    • “utilizzatori”: i commercianti, i distributori, gli addetti al riempimento, gli utenti di imballaggi e gli importatori di imballaggi pieni.

    La finalità della normativa è prevenire e ridurre l’impatto sull’ambiente degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, obiettivi che sono chiamati a garantire gli operatori delle rispettive filiere degli imballaggi, secondo i principi della “responsabilità condivisa”. Restano fermi i vigenti requisiti in materia di qualità degli imballaggi, come quelli relativi alla sicurezza, alla protezione della salute e all’igiene dei prodotti imballati, nonché le vigenti disposizioni in materia di trasporto e sui rifiuti pericolosi.

    I principi generali su cui si basa la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sono indicati in art. 219 del D.Lgs. n. 152/2006, e tra questi ricordiamo:

    • incentivazione e promozione della prevenzione alla fonte della quantità e della pericolosità nella fabbricazione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio;

    • incentivazione del riciclaggio e del recupero di materia prima;

    • riduzione del flusso dei rifiuti di imballaggio destinati allo smaltimento finale;

    • utilizzo di strumenti economici o altre misure volte ad incentivare l’applicazione della gerarchia dei rifiuti;

    • individuazione degli obblighi di ciascun operatore economico, garantendo che i costi previsti dalla normativa siano sostenuti dai produttori e dagli utilizzatori in proporzione alle quantità di imballaggi immessi sul mercato nazionale;

    • informazione agli utenti finali degli imballaggi ed in particolare ai consumatori;

    • gli impatti delle borse di plastica sull’ambiente e le misure necessarie al raggiungimento dell’obiettivo di riduzione dell’utilizzo di borse di plastica;

    • la sostenibilità dell’utilizzo di borse di plastica biodegradabili e compostabili;

    • l’impatto delle borse oxo-degradabili.

    Nota: con riferimento ai principi di cui sopra, i produttori e gli utilizzatori devono conseguire gli obiettivi finali di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio in conformità alla disciplina comunitaria (indicati in Allegato E, Parte IV, D.Lgs. n. 152/2006). Le modalità per il calcolo degli obiettivi e del loro raggiungimento sono descritte in art. 220, D.Lgs. n. 152/2006 (come modificato dal D.Lgs. n. 116/2020).

    Tra i criteri informatori dell’attività di gestione dei rifiuti di imballaggio, troviamo alcuni chiari riferimenti ai principi dell’economia circolare, come stabilito dalla Dir. UE n. 2018/852, recepita all’interno del D.Lgs. n. 152/2006 attraverso il D.Lgs. n. 116/2020. In particolare, è disposto quanto segue:

    Al fine di favorire la transizione verso un’economia circolare conformemente al principio “chi inquina paga”, gli operatori economici cooperano secondo il principio di responsabilità condivisa, promuovendo misure atte a garantire la prevenzione, il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio.

    Nota: la norma stabilisce anche che gli operatori economici adottano misure volte ad assicurare l’aumento della percentuale di imballaggi riutilizzabili immessi sul mercato anche attraverso l’utilizzo di sistemi di restituzione con cauzione, nonché dei sistemi per il riutilizzo degli imballaggi senza causare pregiudizio alla salute umana e nel rispetto della normativa europea, senza compromettere l’igiene degli alimenti né la sicurezza dei consumatori, nel rispetto della normativa nazionale in materia. In relazione a ciò, il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, mediante decreto, adotta misure atte ad incentivare forme di riutilizzo attraverso, tra l’altro la fissazione di obiettivi qualitativi e/o quantitativi, l’impiego di premialità e di incentivi economici, la fissazione di una percentuale minima di imballaggi riutilizzabili, la promozione di campagne di sensibilizzazione rivolte ai consumatori.

    L’art. 219, D.Lgs. n. 152/2006 contiene, tra l’altro, disposizioni relative all’etichettatura degli imballaggi, prevedendo che le modalità da seguire per l’etichettatura siano quelle stabilite dalle norme tecniche UNI applicabili e siano conformi alle determinazioni adottate dalla Commissione dell’Unione europea. La finalità dell’etichettatura, come spiegato dalla norma, è facilitare la raccolta, il riutilizzo, il recupero ed il riciclaggio degli imballaggi, nonché dare una corretta informazione ai consumatori sulle destinazioni finali degli imballaggi.

    Nota: la disposizione di cui sopra in materia di etichettatura degli imballaggi è stata così modificata (con l’inserimento del richiamo al rispetto delle norme tecniche UNI applicabili) ad opera del D.Lgs. n. 116/2020. Peraltro, in base al D.L. n. 183/2020, l’applicazione di tale disposizione era stata sospesa fino al 31 dicembre 2021; tale termine è stato ulteriormente modificato dal D.L. n. 228/2021 (come convertito dalla Legge n. 15/2022) che ha stabilito che l’applicazione dell’art. 219, comma 5, D.Lgs. n. 152/2006 è sospesa fino al 31 dicembre 2022. Con D.M. n. 360/2022 il Ministero della transizione ecologica ha adottato le Linee guida sull’etichettatura degli imballaggi, riportate in allegato al decreto stesso. In base alle modifiche apportate all’art. 219 del D.Lgs. n. 152/2006 ad opera del D.Lgs. n. 213/2022, gli obblighi di materia di etichettatura di cui al comma 5 del medesimo articolo si applicano dal 1° gennaio 2023.

    Nota: con riferimento all’etichettatura degli imballaggi, le novità introdotte dal D.Lgs. n. 116/2020 riguardano anche la disposizione che prevede che, ai fini della identificazione e classificazione dell’imballaggio, i produttori abbiano l’obbligo di indicare la natura dei materiali di imballaggio utilizzati, sulla base della Decisione 97/129/CE della Commissione.

    ➔ Riutilizzo di specifiche tipologie di imballaggi

    La normativa stabilisce l’obbligo a carico degli operatori economici di adottare, in forma individuale o in forma collettiva, sistemi di restituzione con cauzione nonché sistemi per il riutilizzo degli imballaggi, senza causare pregiudizio alla salute umana e nel rispetto della normativa europea, senza compromettere l’igiene degli alimenti né la sicurezza dei consumatori.

    Tale obbligo, come indicato in art. 219-bis, D.Lgs. n. 152/2006 (come modificato dal D.L. n. 77/2021, convertito con modificazioni dalla Legge n. 108/2021), si inserisce tra le misure volte a contribuire alla transizione verso un’economia circolare attraverso l’aumento della percentuale di imballaggi riutilizzabili immessi sul mercato.

    I sistemi di cui sopra riguardano imballaggi in plastica, in vetro e in metallo utilizzati per acqua e altre bevande.

    Le modalità ed i tempi di attuazione delle disposizioni di cui sopra sono definite mediante specifico decreto del MITE.

    ➔ Obblighi dei produttori e degli utilizzatori

    I produttori e gli utilizzatori sono responsabili della corretta ed efficace gestione ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio riferibili ai propri prodotti definiti in proporzione alla quantità di imballaggi immessi sul mercato nazionale. Ai produttori e agli utilizzatori è attribuita la responsabilità finanziaria o quella finanziaria e organizzativa della gestione della fase del ciclo di vita in cui il prodotto diventa un rifiuto.

    Per adempiere agli obblighi di riciclaggio e di recupero nonché agli obblighi della ripresa degli imballaggi usati e della raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari su superfici private, e con riferimento all’obbligo del ritiro, su indicazione del Consorzio nazionale imballaggi (di cui all’art. 224, D.Lgs. n. 152/2006), dei rifiuti di imballaggio conferiti dal servizio pubblico, i produttori possono alternativamente:

    • organizzare autonomamente, anche in forma collettiva, la gestione dei propri rifiuti di imballaggio sull’intero territorio nazionale;

    • aderire ad uno dei consorzi di cui all’art. 223, D.Lgs. n. 152/2006;

    • attestare sotto la propria responsabilità che è stato messo in atto un sistema di restituzione dei propri imballaggi, mediante idonea documentazione che dimostri l’autosufficienza del sistema.

    Ai sensi dell’art. 221 del D.Lgs. n. 152/2006 i produttori e gli utilizzatori partecipano al Consorzio nazionale imballaggi, salvo il caso in cui sia adottato il sistema di cui alla precedente lett. a) o alla precedente lett. c).

    Nota: i consorzi di cui sopra hanno personalità giuridica di diritto privato senza fine di lucro e sono retti da uno statuto adottato in conformità ad uno schema tipo, redatto dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive, conformemente ai principi del D.Lgs. n. 152/2006 e, in particolare, a quelli di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore.

    Sono a carico dei produttori e degli utilizzatori i seguenti costi:

    • per il riutilizzo o la ripresa degli imballaggi secondari e terziari usati;

    • per la gestione degli imballaggi secondari e terziari;

    • almeno l’80 % dei costi relativi ai servizi di raccolta differenziata (art. 222, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 152/2006);

    • del successivo trasporto, nonché delle operazioni di cernita o di altre operazioni preliminari di cui all’Allegato C, parte quarta, D.Lgs. n. 152/2006;

    • per il trattamento dei rifiuti di imballaggio;

    • per un’adeguata attività di informazione ai detentori di rifiuti sulle misure di prevenzione e di riutilizzo, sui sistemi di ritiro e di raccolta dei rifiuti anche al fine di prevenire la dispersione degli stessi;

    • relativi alla raccolta e alla comunicazione dei dati sui prodotti immessi sul mercato nazionale, sui rifiuti raccolti e trattati, e sui quantitativi recuperati e riciclati.

    Nota: i produttori che non intendono aderire al Consorzio nazionale imballaggi e ad uno dei consorzi di cui all’art. 223, D.Lgs. n. 152/2006, presentano al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica un’istanza di riconoscimento per la costituzione di un sistema autonomo in forma individuale ovvero collettiva, nel rispetto delle disposizioni contenute in art. 221-bis del medesimo decreto. I produttori che hanno ottenuto il riconoscimento del sistema, sono tenuti a presentare annualmente al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica e al CONAI la documentazione di cui all’art. 237, comma 6 del D.Lgs. n. 152/2006. Il programma pluriennale di prevenzione della produzione di rifiuti di imballaggio e il piano specifico di prevenzione e gestione relativo all’anno solare successivo, sono inseriti nel programma generale di prevenzione e di gestione (di cui all’art. 225 del medesimo decreto).

    ➔ Raccolta differenziata

    La pubblica amministrazione (intesa come gli enti di governo d’ambito territoriale ottimale, ove costituiti ed operanti, ovvero i Comuni) è chiamata ad organizzare sistemi adeguati di raccolta differenziata al fine di consentire:

    • il raggiungimento degli obiettivi di recupero e di riciclaggio (Allegato E, parte quarta, D.Lgs. n. 152/2006, come modificato dal D.Lgs. n. 116/2020);

    • il conferimento al servizio pubblico da parte del consumatore di rifiuti di imballaggio e le altre particolari categorie di rifiuti selezionati dai rifiuti domestici e da altri tipi di rifiuti di imballaggio.

    Nota: i soggetti della pubblica amministrazione come sopra individuati sono tenuti a garantire la copertura della raccolta differenziata in maniera omogenea in ciascun ambito territoriale ottimale, ove costituito ed operante, ovvero in ciascun Comune, nonché la gestione della raccolta differenziata, del trasporto, delle operazioni di cernita o di altre operazioni preliminari (di cui all’Allegato C, parte quarta, D.Lgs. n. 152/2006), ed il coordinamento con la gestione di altri rifiuti prodotti nel territorio. I costi necessari per fornire tali servizi di gestione di rifiuti sono posti a carico dei produttori e degli utilizzatori nella misura almeno dell’80%. Tali somme sono versate nei bilanci dei Comuni ovvero degli Enti di Governo d’ambito territoriale ottimale, ove costituiti e operanti nella gestione del ciclo integrato dei rifiuti, al fine di essere impiegate nel piano economico finanziario relativo alla determinazione della tassa sui rifiuti (TARI).

    Gli enti di governo d’ambito territoriale ottimale, ove costituiti ed operanti, ovvero i Comuni sono tenuti, inoltre, a:

    • trasmettere annualmente entro il 31 ottobre alla Regione competente e al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare un resoconto delle voci di costo sostenute per ciascun materiale (di cui all’allegato E, parte quarta, D.Lgs n. 152/2006), e per ciascuna tipologia di rifiuto, dimostrando l’effettivo riciclo, l’efficacia, l’efficienza e l’economicità dei servizi resi;

    • garantire la gestione completa della raccolta differenziata relativa a tutte le categorie di rifiuti urbani tramite specifici accordi di programma, da sottoscrivere con i sistemi di responsabilità estesa del produttore.

    Nota: qualora le pubbliche amministrazioni non abbiano attivato sistemi adeguati di raccolta differenziata dei rifiuti, il Ministero dell’ambiente e della tutela e del territorio e del mare, accertato ciò, può attivare azioni sostitutive ai gestori dei servizi di raccolta differenziata, anche avvalendosi di soggetti pubblici, ovvero sistemi collettivi o Consorzi, o privati individuati mediante procedure trasparenti e selettive, in via temporanea e d’urgenza, comunque per un periodo non superiore a 24 mesi, sempre che ciò avvenga all’interno di ambiti ottimali opportunamente identificati, per l’organizzazione e/o integrazione del servizio ritenuto insufficiente.

    ➔ Consorzio nazionale imballaggi (CONAI)

    Il Consorzio nazionale imballaggi (CONAI) ha personalità giuridica di diritto privato senza fine di lucro, è retto da uno statuto (approvato con Decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica di concerto con il Ministro delle imprese e del Made in Italy) adeguato ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore, e svolge le funzioni indicate in art. 224 del D.Lgs. n. 152/2006, tra le quali:

    • definire, in accordo con le Regioni e con le Pubbliche amministrazioni interessate, gli ambiti territoriali in cui rendere operante un sistema integrato che comprenda la raccolta, la selezione e il trasporto dei materiali selezionati a centri di raccolta o di smistamento;

    • elaborare ed aggiornare il Programma generale per la prevenzione e la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio di cui all’art. 225 del D.Lgs. n. 152/2006;

    • promuovere accordi di programma con gli operatori economici per favorire il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio e ne garantisce l’attuazione.

    Le aziende di nuova costituzione, o quelle che iniziano una nuova attività che comporta produzione o utilizzo di imballaggi, aderiscono a CONAI entro un mese dalla data di inizio dell’attività (il riferimento per la determinazione dei termini è la prima fattura ricevuta o emessa). L’adesione a CONAI comporta il versamento di una quota costituita da un importo fisso alla quale si aggiunge un importo variabile solo per le imprese che nel corso dell’esercizio precedente all’adesione abbiano avuto ricavi complessivi superiori ad un determinato valore.

    L’ammissione al CONAI delle imprese produttrici di imballaggi è effettuata sulla base di quanto stabilito dallo Statuto del CONAI. I Consorziati sono tenuti a osservare lo Statuto, il Regolamento e le deliberazioni degli organi del Consorzio vincolanti per tutti i Consorziati.

    Nota: ai sensi dell’art. 11 della Legge 154/2016 (entrata in vigore il 25 agosto 2016), le imprese agricole che utilizzano o importano imballaggi non sono obbligate all’iscrizione ai consorzi di cui agli artt. 223 e 224, D.Lgs. n. 152/2006, e non sono soggette alla relativa contribuzione. Tale disposizione si applica con efficacia retroattiva.

    Nota: ai sensi dell’art. 220, comma 2, D.Lgs. n. 152/2006 (come modificato dal D.Lgs. n. 213/2022), il CONAI, per garantire il controllo del raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio e di recupero, acquisisce da tutti i soggetti che operano nel settore degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi i dati relativi al riciclaggio e al recupero degli stessi e comunica annualmente alla Sezione nazionale del Catasto dei rifiuti, utilizzando il MUD, i dati, riferiti all’anno solare precedente, relativi al quantitativo degli imballaggi per ciascun materiale e per tipo di imballaggio immesso sul mercato, nonché, per ciascun materiale, la quantità degli imballaggi riutilizzati e dei rifiuti di imballaggio riciclati e recuperati provenienti dal mercato nazionale. Tali comunicazioni sono presentate dai soggetti di cui all’art. 221, comma 3, lett. a) e c) (rispettivamente forme collettive o sistemi individuali), per coloro i quali hanno aderito ai sistemi gestionali ivi previsti ed inviate contestualmente al Consorzio nazionale imballaggi.

    ➔ Divieti

    L’art. 226 del D.Lgs. n. 152/2006 stabilisce alcuni divieti con riguardo agli imballaggi, tra i quali, ad esempio, il divieto di smaltimento in discarica degli imballaggi e dei contenitori recuperati, ad eccezione degli scarti derivanti dalle operazioni di selezione, riciclo e recupero dei rifiuti di imballaggio.

    Nota: in particolare, ricordiamo che possono essere commercializzati solo imballaggi rispondenti a tutti i requisiti essenziali stabiliti dalla Dir. 94/62/CEE e riportati in Allegato F, parte quarta, D.Lgs. n. 152/2006, come modificato dal D.Lgs. n. 116/2020.

    ➔ Contributo ambientale

    Il Contributo Ambientale è definito per ciascun materiale di imballaggio da CONAI e dai Consorzi di Filiera, e rappresenta la modalità di finanziamento per ripartire tra produttori e utilizzatori i costi per i maggiori oneri relativi alla raccolta differenziata e per il recupero e riciclaggio degli imballaggi.

    Nota: il Contributo Ambientale si applica in una fase precisa del ciclo di vita degli imballaggi, e cioè al momento della “prima cessione” che consiste in un trasferimento, anche temporaneo e a qualunque titolo, nel territorio nazionale secondo le seguenti modalità:

    • trasferimento dell’imballaggio finito effettuato dall’ultimo produttore al primo utilizzatore oppure

    • trasferimento del materiale di imballaggio effettuato da un produttore/importatore di materia prima o di semilavorati a un autoproduttore che gli risulti o si dichiari tale.

    I soggetti che effettuano la prima cessione sono quelli tenuti al versamento del Contributo e sono individuati nei produttori/importatori di imballaggi vuoti, negli importatori di merci imballate, nei produttori/importatori di materiali di imballaggio che forniscono autoproduttori, negli autoproduttori stessi nel momento in cui importano le materie prime per confezionare le proprie merci.

    Gli imballaggi destinati all’esportazione sono esentati dall’applicazione del Contributo.

    La determinazione del Contributo Ambientale si basa su dati quali la quantità totale, il peso e la tipologia di materiali di imballaggio immessi sul mercato nazionale.

    Chi effettua la prima cessione, è tenuto ad esporre in fattura il Contributo ambientale, secondo le modalità definite da CONAI.

    Nota: si tenga conto dello Statuto e del Regolamento CONAI per l’individuazione di ulteriori casi in cui deve essere indicato il Contributo Ambientale in fattura.

    Nota: i produttori che effettuano la prima cessione hanno l’obbligo di trasmettere una dichiarazione a CONAI (mediante compilazione della modulistica prevista) contenente i dati relativi agli imballaggi trattati, la quantità assoggettata a Contributo Ambientale e l’ammontare del Contributo che andrà versato per ciascun materiale. La dichiarazione va trasmessa secondo una periodicità che varia in base all’entità del Contributo dichiarato nell’anno solare precedente, e può essere annuale trimestrale o mensile.

    Gli utilizzatori sono tenuti a pagare il Contributo Ambientale esposto in fattura dal fornitore.

    APPROFONDIMENTI

    • AMBIENTE & SVILUPPO 3/2019: “Guida CONAI 2019 al contributo ambientale: sistema universale, CAC diversificati, ma filosofie differenti”, di Tiziana Ronchetti, Massimo Medugno

    € SANZIONI

    Art. 258, comma 6, D.Lgs. n. 152/2006: I soggetti di cui all’art. 220, comma 2, che non effettuano la comunicazione ivi prescritta ovvero la effettuino in modo incompleto o inesatto sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 euro a 10.000 euro; nel caso in cui la comunicazione sia effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della Legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 26 euro a 160 euro.

    Art. 261, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006: I produttori e gli utilizzatori che non adempiano all’obbligo di raccolta di cui all’art. 221, comma 2, o non adottino, in alternativa, sistemi gestionali ai sensi del medesimo art. 221, comma 3, lett. a) e c), sono puniti con sanzione amministrativa pecuniaria di 5.000 euro.

    Art. 261, comma 2, D.Lgs. n. 152/2006: I produttori di imballaggi che non provvedono ad organizzare un sistema per l’adempimento degli obblighi di cui all’art. 221, comma 3, e non aderiscono ai consorzi di cui all’art. 223, né adottano un sistema di restituzione dei propri imballaggi ai sensi dell’art. 221, comma 3, lett. a) e c), sono puniti con sanzione amministrativa pecuniaria da 15.500 a 46.500 euro.

    Art. 261, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006: La violazione dei divieti di cui all’art. 226, commi 1 e 4, è punita con sanzione amministrativa pecuniaria da 5.200 a 40.000 euro.

    Art. 261, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006: Chiunque immette nel mercato interno imballaggi in violazione dell’obbligo di etichettatura ai sensi dell’art. 219, comma 5 è punita con sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 25.000 euro.

    Art. 261, comma 4, D.Lgs. n. 152/2006: La violazione del disposto di cui all’art. 226, comma 3, è punita con sanzione amministrativa pecuniaria da 2.600 a 15.500 euro.

    Oltre alle sanzioni di cui sopra, vanno considerate quelle stabilite dal Regolamento CONAI.

    8.11.6 Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE)

    8.11.6Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE)

    Il Titolo III D.Lgs. n. 152/2006 (e, nello specifico, l’art. 227) stabilisce che, fatte salve le disposizioni degli artt. 178-bis e 178-ter sulla responsabilità estesa del produttore, ove applicabili, restano in vigore le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 49/2014 in materia di rifiuti elettrici ed elettronici.

    Il D.Lgs. n. 49/2014, reca attuazione della Direttiva n. 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e stabilisce misure e procedure volte a proteggere l’ambiente e la salute umana:

    • prevenendo o riducendo gli impatti negativi derivanti dalla progettazione e dalla produzione delle apparecchiature elettriche ed elettroniche e dalla produzione e gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche;

    • riducendo gli impatti negativi e migliorando l’efficacia dell’uso delle risorse per conseguire obiettivi di sviluppo sostenibile, in applicazione dei principi e dei criteri di cui agli artt. 177, 178, 178-bis, 179, 180, 180-bis e 181 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni.

    Nota: la Dir. n. 2012/19/UE è stata modificata dalla Dir. n. 2018/849/UE, recepita nell’ordinamento italiano attraverso il D.Lgs. n. 118/2020, che, quindi, ha innovato il D.Lgs. n. 49/2014. Tale decreto, peraltro, è stato modificato anche ad opera del D.Lgs. n. 116/2020. Tali modifiche si inseriscono all’interno di un’azione di più ampia prospettiva che mira al miglioramento della gestione dei rifiuti all’interno dell’UE.

    Nota: la Dir. n. 2012/19/UE è stata modificata dalla Dir. n. 2024/884/UE, pubblicata in GUUE il 13 marzo 2024 ed in vigore dal 8 aprile 2024. Tra le modifiche apportate si evidenziano, in particolare, quelle che riguardano le norme sul finanziamento dei costi di raccolta, trattamento, recupero e smaltimento ecocompatibile dei RAEE a carico dei produttori di AEE, e ciò a seguito della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea che ha richiamato l’attenzione sugli effetti della retroattività delle norme stesse con riguardo ai pannelli fotovoltaici. Gli Stati membri sono chiamati a mettere in vigore le disposizioni necessarie a conformarsi alla Dir. n.2024/884/UE entro il 9 ottobre 2025.

    Nota: si ricordano, tra le modifiche più recenti cui è stato soggetto il D.Lgs. n. 49/2014, quelle ad opera della Legge 30 dicembre 2023, n. 214 (che ha modificato gli artt. 8, 10 e 33, riguardanti rispettivamente obblighi dei sistemi di gestione individuale e collettivi, i sistemi collettivi, ed il centro di coordinamento), e quelle ad opera della Legge 2 febbraio 2024, n. 2 (che ha apportato modifiche agli artt. 10, 24-bis e 40, riguardanti rispettivamente i sistemi collettivi, norme sulla razionalizzazione delle disposizioni per i RAEE da fotovoltaico, ed il finanziamento della gestione dei rifiuti derivanti dai pannelli fotovoltaici).

    Ai sensi del D.Lgs. n. 49/2014, sono definite “apparecchiature elettriche ed elettroniche” o “AEE”:

    le apparecchiature che dipendono, per un corretto funzionamento, da correnti elettriche o da campi elettromagnetici e le apparecchiature di generazione, trasferimento e misurazione di queste correnti e campi e progettate per essere usate con una tensione non superiore a 1000 volt per la corrente alternata e a 1500 volt per la corrente continua.

    Le categorie di apparecchiature elettriche ed elettroniche che rientrano nell’ambito di applicazione del D.Lgs. 14 marzo 2014, n. 49:

    • fino al 14 agosto 2018 sono indicate all’Allegato I del Decreto, e vengono elencate a titolo esemplificativo (ma non esaustivo) all’Allegato II del Decreto;

    • dal 15 agosto 2018 l’ambito di applicazione viene ampliato a tutte le apparecchiature elettriche ed elettroniche, come classificate nelle categorie dell’Allegato III ed elencate a titolo esemplificativo (ma non esaustivo) nell’Allegato IV del Decreto.

    Sono escluse dal campo di applicazione del D.Lgs. n. 49/2014:

    • fino al 14 agosto 2018:
      • le apparecchiature necessarie per la tutela degli interessi essenziali della sicurezza nazionale, comprese le armi, le munizioni e il materiale bellico, purché destinate a fini specificamente militari;

      • le apparecchiature progettate e installate specificamente come parte di un’altra apparecchiatura che è esclusa o che non rientra nell’ambito di applicazione del presente Decreto legislativo, purché possano svolgere la propria funzione solo in quanto parti di tale apparecchiatura;

      • le lampade a incandescenza;

      • dispositivi medici impiantati e infettati;

      • apparecchi elettrici ed elettronici parte di un’installazione fissa o di un impianto fisso;

      • utensili industriali fissi di grandi dimensioni.

    Nota: con l’espressione “installazione fissa” si intende una: combinazione di diverse apparecchiature, sistemi, prodotti finiti e/o componenti assemblati o montati da un assemblatore/installatore, in un dato luogo, per operare congiuntamente in un ambiente predefinito per svolgere uno specifico compito, ma non concepita per essere collocata sul mercato come singola unità funzionale o commerciale.

    Con l’espressione “utensili industriali fissi di grandi dimensioni” si intende: un insieme di grandi dimensioni di macchine, apparecchiature e componenti, che funzionano congiuntamente per un’applicazione specifica, installati e disinstallati in maniera permanente da professionisti in un determinato luogo e utilizzati e gestiti da professionisti presso un impianto di produzione industriale o un centro di ricerca e sviluppo.

    • dal 15 agosto 2018 sono inoltre escluse:
      • le apparecchiature destinate ad essere inviate nello spazio;

      • gli utensili industriali fissi di grandi dimensioni;

      • le installazioni fisse di grandi dimensioni, ad eccezione delle apparecchiature che non sono progettate e installate specificamente per essere parte di dette installazioni;

      • i mezzi di trasporto di persone o di merci, esclusi i veicoli elettrici a due ruote non omologati;

      • le macchine mobili non stradali destinate ad esclusivo uso professionale;

      • le apparecchiature appositamente concepite a fini di ricerca e sviluppo, disponibili unicamente nell’ambito di rapporti tra imprese;

      • i dispositivi medici ed i dispositivi medico-diagnostici in vitro qualora vi sia il rischio che tali dispositivi siano infetti, ai sensi del D.P.R. 15 luglio 2003, n. 254, prima della fine del ciclo di vita e i dispositivi medici impiantabili attivi.

    Per rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) si intendono, ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. e), D.Lgs. n. 49/2014, le apparecchiature elettriche o elettroniche che sono rifiuti ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 152/2006, inclusi tutti i componenti, sottoinsiemi e materiali di consumo che sono parte integrante del prodotto al momento in cui il detentore si disfi, abbia l’intenzione o l’obbligo disfarsene.

    I RAEE vengono così distinti:

    AI FINI DELLA GESTIONE COME RIFIUTI NELLE SEGUENTI CATEGORIE:
    RAEE provenienti dai nuclei domestici: i RAEE originati dai nuclei domestici e i RAEE di origine commerciale, industriale, istituzionale e di altro tipo, analoghi, per natura e quantità, a quelli originati dai nuclei domestici. I rifiuti delle AEE che potrebbero essere usate sia dai nuclei domestici che da utilizzatori diversi dai nuclei domestici sono in ogni caso considerati RAEE provenienti dai nuclei domestici;
    RAEE professionali: i RAEE diversi da quelli provenienti dai nuclei domestici.
    AI FINI DELLA RESPONSABILITÀ PER IL FINE VITA:
    RAEE professionali storici. I RAEE derivanti da apparecchiature elettriche ed elettroniche immesse sul mercato prima del 31 dicembre 2010. Il finanziamento delle operazioni di raccolta, trasporto, trattamento adeguato, recupero e smaltimento ambientalmente compatibile dei RAEE storici professionali è a carico del produttore nel caso di fornitura di una nuova apparecchiatura elettrica ed elettronica in sostituzione di un prodotto di tipo equivalente ovvero è a carico del detentore negli altri casi.
    RAEE professionali nuovi. I RAEE professionali originati da apparecchiature elettriche ed elettroniche immesse sul mercato dopo il 31 dicembre 2010. Il finanziamento delle operazioni di raccolta, trasporto, trattamento adeguato, recupero e smaltimento ambientalmente compatibile di questi RAEE professionali è a carico del produttore che ne assume l’onere per le AEE che ha immesso sul mercato a partire dalla predetta data.

    Nota: sono definiti in modo specifico in art. 4, comma 1, lett. qq), D.Lgs. n. 49/2014 i “rifiuti derivanti dai pannelli fotovoltaici”.

    La gestione dei RAEE deve privilegiare le operazioni di riutilizzo e preparazione per il riutilizzo dei RAEE, dei loro componenti, sottoinsiemi e materiali di consumo in attuazione dei principi di precauzione e prevenzione, e al fine di consentire un efficiente utilizzo delle risorse.

    Nota: si tenga conto delle disposizioni contenute nel D.M. n. 119/2023 per le attività di preparazione per il riutilizzo in forma semplificata, ed in particolare l’art. 7 che riguarda in modo specifico i RAEE.

    Ove non sia possibile rispettare i criteri di priorità, i RAEE raccolti separatamente sono avviati al recupero e, qualora non sia possibile a trattamento adeguato.

    Nota: ogni anno devono essere raggiunti i seguenti obiettivi di raccolta differenziata:

    • fino al 31 dicembre 2015 deve essere conseguito un tasso medio di raccolta differenziata dei RAEE provenienti dai nuclei domestici pari ad almeno 4 chilogrammi l’anno per abitante;

    • dal 1° gennaio 2016 deve essere conseguito un tasso minimo di raccolta pari almeno al 45%, calcolato sulla base del peso totale dei RAEE raccolti conformemente alle previsioni del presente Decreto in un dato anno ed espresso come percentuale del peso medio delle AEE immesse sul mercato nei tre anni precedenti. Nel periodo dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2018 il quantitativo dei RAEE raccolti deve aumentare gradualmente fino al conseguimento del tasso finale di raccolta di cui al punto successivo;

    • al 1° gennaio 2019 deve essere conseguito un tasso minimo di raccolta pari al 65% del peso medio delle AEE immesse sul mercato nei tre anni precedenti o in alternativa, deve, essere conseguito un tasso minimo di raccolta pari all’85% del peso dei RAEE prodotti nel territorio nazionale.

    Il monitoraggio sul raggiungimento del tasso di raccolta di cui al presente articolo è affidato all’ISPRA. A tal fine, i produttori e i terzi che agiscono in loro nome trasmettono annualmente e gratuitamente all’ISPRA i dati relativi ai RAEE:

    • ricevuti presso i distributori;

    • ricevuti presso impianti di raccolta e trattamento;

    • oggetto di raccolta differenziata.

    I soggetti coinvolti nella gestione dei RAEE che devono adempiere alle prescrizioni del D.Lgs. n. 49/2014 per raggiungere gli obiettivi minimi di recupero e riciclaggio stabiliti all’Allegato V del D.Lgs. n. 49/2014, sono molteplici:

    • produttori di AEE;

    • importatori di AEE;

    • distributori di AEE;

    • installatori e centri di assistenza di AEE;

    • traportatori di RAEE;

    • impianti di trattamento RAEE;

    • Comuni;

    • Centro di Coordinamento RAEE;

    • Comitato di vigilanza e di controllo sulla gestione dei RAEE;

    • Comitato d’indirizzo sulla gestione dei RAEE;

    • Associazioni di categoria;

    • ANCI;

    • ISPRA.

    Nota: come indicato in art. 33 del D.Lgs. n. 49/2014 (da ultimo modificato dalla L. n. 214/2023), il Centro di coordinamento, istituito e disciplinato ai sensi del D.M. n. 185/2007, ha la forma del consorzio con personalità giuridica, cui aderiscono i sistemi collettivi di gestione dei RAEE provenienti da nuclei domestici. È previsto, inoltre, che si iscrivano al Centro di coordinamento i titolari degli impianti di trattamento dei RAEE, nonché, i sistemi individuali di gestione dei RAEE domestici e i sistemi di gestione individuali o collettivi di RAEE fotovoltaici. Possono iscriversi anche i sistemi individuali e collettivi di gestione dei RAEE professionali.

    Nota: il D.L. n. 4/2022 (convertito con modificazioni dalla Legge n. 25/2022) ha definito alcune misure temporanee per la raccolta ed il trattamento di alcuni RAEE per consentirne la corretta raccolta e l’adeguato trattamento e promuovere pratiche virtuose di recupero dei rifiuti in un’ottica di economia circolare, nel rispetto degli obiettivi di cui alla missione M2C1.1 del PNRR, nonché di prevenire infiltrazioni mafiose e traffici illeciti di rifiuti. Tali disposizioni, che riguardano TV e monitor e si applicano per 12 mesi dalla data di entrata in vigore (29 marzo 2022) della Legge n. 25/2022, concedono la possibilità di quantitativi maggiori di RAEE in deposito preliminare alla raccolta presso i distributori ed in deposito presso i centri di raccolta, e prevedono disposizioni specifiche per i soggetti titolati di autorizzazione alla gestione dei rifiuti. Si tenga conto di tali disposizioni temporanee nella lettura dei paragrafi successivi in cui sono descritti gli adempimenti a carico dei vari soggetti.

    ➔ Adempimenti del produttore di AEE

    Il D.Lgs. n. 49/2014 (art. 4, comma 1, lett. g) definisce produttore di AEE la persona fisica o giuridica che, qualunque sia la tecnica di vendita utilizzata, compresa la comunicazione a distanza:

    • è stabilita nel territorio nazionale e fabbrica AEE recanti il suo nome o marchio di fabbrica oppure commissiona la progettazione o la fabbricazione di AEE e le commercializza sul mercato nazionale apponendovi il proprio nome o marchio di fabbrica;

    • è stabilita nel territorio nazionale e rivende sul mercato nazionale, con il suo nome o marchio di fabbrica, apparecchiature prodotte da altri fornitori;

    • il rivenditore non viene considerato “produttore”, se l’apparecchiatura reca il marchio del produttore a norma del numero 1);

    • è stabilita nel territorio nazionale ed immette sul mercato nazionale, nell’ambito di un’attività professionale, AEE di un Paese terzo o di un altro Stato membro dell’UE;

    • è stabilita in un altro Stato membro dell’UE o in un paese terzo e vende sul mercato nazionale AEE mediante tecniche di comunicazione a distanza direttamente a nuclei domestici o a utilizzatori diversi dai nuclei domestici.

    Gli obblighi generali dei produttori di AEE possono essere così descritti:

    • I produttori devono conseguire gli obiettivi minimi di recupero e di riciclaggio di cui all’Allegato V del D.Lgs. n. 49/2014. Tali obiettivi sono stabiliti con tre scadenze: al 14 agosto 2015, al 14 agosto 2018 e al 15 agosto 2018, e in percentuali variabili in funzione della categoria di AEE definite per il recupero, per il riciclaggio e per la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio.

    • I produttori adempiono ai propri obblighi derivanti dalle disposizioni del D.Lgs. n. 49/2014, ed in particolare assicurano il ritiro su tutto il territorio nazionale dei RAEE depositati nei centri di raccolta, organizzando sistemi di gestione individuali (disciplinati dall’art. 9, D.Lgs. n. 49/2014) o aderendo a sistemi di gestione collettivi (organizzati in forma consortile e disciplinati dall’art. 10, D.Lgs. n. 49/2014), operanti in modo uniforme sull’intero territorio nazionale.

    • I produttori di AEE, attraverso uno dei sistemi di gestione previsti dal D.Lgs. n. 49/2014, determinano annualmente e comunicano al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare l’ammontare del contributo (di seguito contributo RAEE) necessario per adempiere, nell’anno solare di riferimento, agli obblighi di raccolta, trattamento, recupero e smaltimento imposti dal D.Lgs. n. 49/2014, in misura tale da non superare la migliore stima dei costi effettivamente sostenuti.

    • Il produttore, al momento della messa a disposizione sul mercato nazionale di un AEE, può applicare sul prezzo di vendita della stessa il contributo RAEE, indicandolo separatamente nelle proprie fatture di vendita ai distributori. La presenza del contributo RAEE può essere resa nota nell’indicazione del prezzo del prodotto all’utilizzatore finale.

    • Con riferimento al contributo di cui ai due punti precedenti, i sistemi di gestione individuali e collettivi assicurano la pubblicità, anche attraverso la diffusione mediante il proprio sito web, delle informazioni relative al valore dei contributi e al periodo di loro applicazione, differenziati per ciascuna apparecchiatura elencata nei raggruppamenti (di cui al D.M. n. 40/2023). Tali informazioni sono pubblicate e aggiornate a cura dei sistemi di gestione individuali e collettivi entro 30 giorni dalla determinazione del valore dei contributi.

    • I sistemi di gestione collettivi che destinano in tutto o in parte gli avanzi di gestione provenienti dai contributi ambientali alla riduzione degli importi dei contributi stessi, assicurano la pubblicità secondo le modalità descritte nel punto precedente anche degli importi dei contributi così determinati. Questi obblighi sono stati introdotti nel D.Lgs. n. 49/2014 ad opera della L. n. 214/2023.

    • Il produttore, ai sensi dell’art. 28 del D.Lgs. n. 49/2014, appone sulle AEE da immettere sul mercato un marchio (volto ad individuare il produttore e il fatto che l’AEE è stata immessa sul mercato dopo il 13 agosto 2005) e il simbolo di cui all’Allegato IX del Decreto. Qualora non sia possibile, a causa delle dimensioni o della funzione del prodotto, apporre il marchio del produttore e il simbolo sull’AEE, gli stessi sono apposti sull’imballaggio, sulle istruzioni per l’uso e sulla garanzia, anche se in formato digitale, dell’AEE.

    Nota: il produttore, nel momento in cui immette un’AEE sul mercato deve prestare adeguata garanzia finanziaria come stabilito dall’art. 25 del D.Lgs. n. 49/2014.

    Nota: il D.M. 10 giugno 2016, n. 140 disciplina misure generali per promuovere la cooperazione tra produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE) e recuperatori di rifiuti e sostenere il mercato dei materiali riciclati.

    Nota: il Decreto 13 dicembre 2017, n. 235 reca l’approvazione dello statuto-tipo dei consorzi per la gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), ai sensi dell’art. 10, comma 3, del D.Lgs. n. 49/2014.

    Nota: i produttori hanno in carico il finanziamento della gestione dei RAEE derivanti da AEE di fotovoltaico, come stabilito dall’art. 24-bis, introdotto nel D.Lgs. n. 49/2014 dal D.Lgs. n. 118/2020, e successivamente modificato dal D.L. n. 152/2021 (convertito con modificazioni dalla Legge n. 233/2021) e dal D.L. n. 181/2023 (convertito con modificazioni dalla Legge n. 11/2024). Si rimanda a tale articolo per ulteriori disposizioni in materia di RAEE da fotovoltaico. Con Decreto direttoriale 8 agosto 2022, n. 54 sono state approvate le Istruzioni operative per la gestione e lo smaltimento dei pannelli fotovoltaici incentivati (contenenti il metodo di calcolo della quota da trattenere e le relative modalità operative a garanzia della totale gestione dei rifiuti da pannelli fotovoltaici, definito dal Gestore Servizi Energetici GSE).

    ➔ Raccolta differenziata dei RAEE domestici e dei RAEE professionali

    La raccolta differenziata dei RAEE domestici è organizzata in modo da ridurne al minimo lo smaltimento come rifiuti urbani misti, mediante il raggiungimento di un elevato livello di raccolta differenziata, e da sottoporre i RAEE raccolti al trattamento adeguato di cui all’art. 18 del D.Lgs. n. 49/2014; in particolare l’art. 12 del D.Lgs. n. 49/2014 prevede che:

    • i Comuni assicurano la funzionalità e l’adeguatezza, in ragione della densità della popolazione, dei sistemi di raccolta differenziata dei RAEE provenienti dai nuclei domestici e l’accessibilità ai relativi centri di raccolta, al fine di permettere ai detentori finali, ai distributori, agli installatori ed ai gestori dei centri di assistenza tecnica dei RAEE di conferire gratuitamente i RAEE prodotti nel loro territorio o detenuti presso luoghi di raggruppamento organizzati dai distributori nel loro territorio;

    • i produttori, individualmente o attraverso i sistemi collettivi cui aderiscono, possono organizzare e gestire sistemi di raccolta o di restituzione dei RAEE provenienti dai nuclei domestici per realizzare gli obiettivi definiti dal D.Lgs. n. 49/2014.

    Ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. n. 49/2014, i produttori, individualmente o attraverso i sistemi collettivi cui aderiscono, organizzano e gestiscono sistemi di raccolta differenziata dei RAEE professionali, sostenendone i relativi costi.

    A tal fine possono avvalersi dei centri di raccolta comunali (di cui all’art. 12, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 49/2014), previa convenzione con il Comune interessato, con oneri a proprio carico.

    I produttori assicurano il ritiro su tutto il territorio nazionale dei RAEE depositati nei centri di raccolta di cui all’art. 12, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 49/2014, sulla base delle modalità definite da apposite convenzioni nel caso dei sistemi individuali, o dal Centro di Coordinamento nel caso dei sistemi collettivi.

    ➔ Registro nazionale dei soggetti obbligati al finanziamento dei sistemi di gestione dei RAEE

    Il Registro nazionale dei soggetti obbligati al finanziamento dei sistemi di gestione dei RAEE, istituito e funzionante ai sensi del Regolamento 25 settembre 2007, n. 185, garantisce la raccolta e la tenuta delle informazioni necessarie a verificare il rispetto delle prescrizioni del D.Lgs. n. 49/2014 e il corretto trattamento dei RAEE, e idonee a consentire la definizione delle quote di mercato (di cui all’art. 35, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 49/2014).

    I produttori sono tenuti ad iscriversi al Registro nazionale, prima di iniziare ad operare nel territorio italiano, secondo le modalità indicate all’art. 1 del Regolamento 25 settembre 2007, n. 185. In base a quanto stabilito dalla Legge 2 febbraio 2024, n. 11, ciascun sistema collettivo di gestione si iscrive nel Registro nazionale, e comunica l’indicazione dei soggetti responsabili che hanno prestato la garanzia finanziaria nel trust di uno dei sistemi collettivi riconosciuti di cui all’art. 24-bis, comma 1, del D.Lgs. n. 49/2014.

    Nota: il produttore di AEE può immettere sul mercato le AEE solo a seguito di iscrizione presso la Camera di commercio di competenza. All’atto dell’iscrizione, il produttore deve indicare, qualora il codice di attività non individui esplicitamente la natura di produttore di AEE, anche lo specifico codice di attività che lo individua come tale, nonché il sistema attraverso il quale intende adempiere agli obblighi di finanziamento della gestione dei RAEE e di garanzia previsti dal D.Lgs. n. 49/2014.

    Nota: il produttore che fornisce AEE sul territorio nazionale mediante tecniche di comunicazione a distanza, nel caso in cui non abbia sede nel territorio italiano, effettua l’iscrizione al Registro nazionale dei soggetti obbligati al finanziamento dei sistemi di gestione dei RAEE (di cui all’art. 29, D.Lgs. n. 49/2014) personalmente o tramite un rappresentante autorizzato (ai sensi dell’art. 30, D.Lgs. n. 49/2014). In tal caso il rappresentante autorizzato è responsabile anche dell’organizzazione del ritiro dei RAEE equivalenti, in ragione dell’uno contro uno, su tutto il territorio nazionale.

    ➔ Ispezione e monitoraggio

    Le autorità competenti svolgono ispezioni e monitoraggi per verificare la corretta attuazione del D.Lgs. n. 49/2014. Tali ispezioni comprendono almeno:

    • le informazioni fornite dal produttore al Registro nazionale in fase di iscrizione e in fase di comunicazione annuale;

    • le spedizioni, in particolare le esportazioni di RAEE al di fuori dell’UE, conformemente al Regolamento CE n. 1013/2006 ed al Regolamento CE n. 1418/2007;

    • le operazioni svolte presso gli impianti di trattamento, come previsto dalla Direttiva n. 2008/98/CE e dall’Allegato VII alla stessa Direttiva.

    ➔ Adempimenti del distributore di AEE

    Ai sensi del D.Lgs. n. 49/2014 è distributore la persona fisica o giuridica iscritta al Registro delle imprese di cui alla Legge 29 dicembre 1993, n. 580, e successive modificazioni, che, operando nella catena di approvvigionamento, rende disponibile sul mercato un’AEE.

    Nota: un distributore può essere al tempo stesso anche un produttore ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. g), D.Lgs. n. 49/2014.

    È distributore al dettaglio la persona fisica o giuridica come sopra definita, che rende disponibile un’AEE all’utilizzatore finale. Ai sensi del art. 4, comma 1 del D.Lgs. n. 49/2014 si definisce:

    “messa a disposizione sul mercato”: la fornitura di un prodotto per la distribuzione, il consumo o l’uso sul mercato nazionale nel corso di un’attività commerciale, a titolo oneroso o gratuito;

    “immissione sul mercato”: la prima messa a disposizione di un prodotto sul mercato nazionale nell’ambito di un’attività professionale.

    Sono quindi distributori tutti i soggetti che mettono a disposizione di terzi, nell’ambito delle proprie attività, un AEE, quindi anche gli installatori e i centri di assistenza delle AEE.

    I distributori:

    • assicurano, al momento della fornitura di una nuova AEE destinata ad un nucleo domestico, il ritiro gratuito, in ragione di “uno contro uno”, dell’apparecchiatura usata di tipo equivalente;

    Nota: si intende per RAEE equivalenti i RAEE ritirati a fronte della fornitura di una nuova apparecchiatura, che abbiano svolto la stessa funzione dell’apparecchiatura fornita (art. 4, comma 1, lett. n), D.Lgs. n. 49/2014).

    • hanno l’obbligo (compresi coloro che effettuano le televendite e le vendite elettroniche) di informare i consumatori sulla gratuità del ritiro uno contro uno con modalità chiare e di immediata percezione, anche tramite avvisi posti nei locali commerciali con caratteri facilmente leggibili oppure mediante indicazione nel sito internet;

    • devono effettuare il deposito preliminare alla raccolta dei RAEE, previa iscrizione nell’apposita Sezione dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali per la raccolta e il trasporto dei RAEE (art. 212 del D.Lgs. n. 152/2006) come disposto dall’art. 3 del D.M. n. 65/2010; tale deposito rientra nella fase della raccolta, come definita all’art. 183, comma 1, lett. o), D.Lgs. n. 152/2006.

    Il deposito preliminare è effettuato presso i locali del proprio punto vendita e presso altri luoghi risultanti dalla comunicazione effettuata per l’iscrizione all’Albo, ed è organizzato al fine del trasporto dei RAEE presso:

    • i centri di raccolta realizzati e gestiti sulla base delle disposizioni adottate in attuazione dell’art. 183, comma 1, lett. mm), D.Lgs. n. 152/2006 (definizione di centro di raccolta), oppure

    • presso i centri di raccolta autorizzati ai sensi degli artt. 208, 213 e 216 del D.Lgs. n. 152/2006, oppure

    • presso impianti autorizzati al trattamento adeguato.

    Il deposito preliminare alla raccolta deve essere effettuato nel rispetto delle condizioni previste dal D.Lgs. n. 49/2014 e relative a quantità, durata, destinazione e trasporto.

    Nota: il D.M. n. 65/2010 definisce le modalità semplificate per la gestione dei RAEE da parte di distributori e degli installatori di AEE e centri di assistenza.

    I distributori possono effettuare all’interno dei locali del proprio punto vendita o in prossimità immediata di essi la raccolta a titolo gratuito, “uno contro zero”, dei RAEE provenienti dai nuclei domestici di piccolissime dimensioni (dimensioni esterne inferiori a 25 cm ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. f), D.Lgs. n. 49/2014) conferiti dagli utilizzatori finali, senza obbligo di acquisto di AEE di tipo equivalente.

    I predetti punti di raccolta non sono subordinati ai requisiti in materia di registrazione o autorizzazione di cui agli artt. 208, 212, 213 e 216 del D.Lgs. n. 152/2006. Il D.M. n. 121/2016 definisce modalità semplificate per il ritiro gratuito dei RAEE di piccolissime dimensioni.

    Deve essere garantita la raccolta separata dei RAEE di illuminazione dalle altre categorie di RAEE tramite appositi contenitori, idonei alla raccolta in sicurezza dei RAEE conferiti, allo scopo di preservarne l’integrità anche in fase di trasporto fino al loro conferimento presso gli impianti di trattamento.

    Nota: sono previste specifiche disposizioni per i distributori che effettuano la vendita mediante tecniche di comunicazione a distanza, comprese la televendita e la vendita elettronica, al fine di adempiere all’obbligo di ritiro gratuito dell’apparecchiatura di tipo equivalente “uno contro uno” (ai sensi dell’art. 11, comma 1, D.Lgs. n. 49/2014).

    Nel caso in cui, tenuto conto della tipologia dell’AEE, non è prevista da parte del produttore la fornitura delle istruzioni per l’uso, il distributore al dettaglio fornisce agli utilizzatori, presso il punto di vendita (mediante opportune pubblicazioni o l’esposizione di materiale informativo) le informazioni di cui all’art. 26 del D.Lgs. n. 49/2014.

    I distributori comunicano annualmente al Centro di coordinamento i dati inerenti i RAEE ricevuti.

    Oltre a quanto sopra riportato, il D.Lgs. n. 49/2014 contiene disposizioni che riguardano:

    • modalità di registrazione di determinate informazioni da parte dei centri di raccolta;

    • modalità di comunicazione annuale tramite MUD da parte di alcuni soggetti;

    • autorizzazioni di cui devono disporre gli impianti o le imprese che effettuano operazioni di trattamento RAEE;

    • gestione delle operazioni di trattamento dei RAEE al di fuori del territorio nazionale;

    • organizzazione del Centro di coordinamento;

    • casi in cui è obbligatoria l’iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali.

    Inoltre, sono definite:

    • modalità semplificate per la gestione dei RAEE da parte dei distributori e degli installatori di AEE (si veda il D.M. n. 65/2010);

    • modalità semplificate per il ritiro gratuito dei RAEE di piccolissime dimensioni (si veda il D.M. n. 121/2016).

    € SANZIONI

    Art. 38, comma 2, lett. a), D.Lgs. n. 49/2014: Il produttore che non provvede ad organizzare:

    • il sistema di raccolta separata dei RAEE professionali (art. 13 del D.Lgs. n. 49/2014);

    • i sistemi di ritiro ed invio, di trattamento e di recupero dei RAEE (artt. 18 e 19 del D.Lgs. n. 49/2014);

    • e a finanziare le relative operazioni, attraverso l’iscrizione ad un consorzio o l’organizzazione di un sistema individuale di cui agli art. 23 e 24 del D.Lgs. n. 49/2014;

    è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 30.000 a 100.000 euro.

    Art. 38, comma 2, lett. b), D.Lgs. n. 49/2014: Il produttore che nel momento in cui immette una apparecchiatura elettrica od elettronica sul mercato, non provvede a costituire la garanzia finanziaria di cui all’art. 25 del D.Lgs. n. 49/2014, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 200 a 1.000 euro per ciascuna apparecchiatura immessa sul mercato; resta ferma la sanzionabilità delle identiche condotte commesse dopo il 10 luglio 2010.

    Art. 38, comma 2, lett. c), D.Lgs. n. 49/2014: Il produttore che non fornisce, nelle istruzioni per l’uso di AEE, le informazioni agli utilizzatori sulla corretta gestione dei RAEE (di cui all’art. 26 del D.Lgs. n. 49/2014), è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 5.000 euro.

    Art. 38, comma 2, lett. d), D.Lgs. n. 49/2014: Il produttore che, entro un anno dalla immissione sul mercato di ogni tipo di nuova AEE, non mette a disposizione degli impianti di trattamento le informazioni gratuite in materia di preparazione per il riutilizzo e di trattamento adeguato (di cui all’art. 27 del D.Lgs. n. 49/2014), è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 30.000 euro.

    Art. 38, comma 2, lett. e), D.Lgs. n. 49/2014: Il produttore che immette sul mercato AEE prive del marchio (di cui all’art. 28 del D.Lgs. n. 49/2014) è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 200 a 1.000 euro per ciascuna apparecchiatura immessa sul mercato.

    Art. 38, comma 2, lett. f), D.Lgs. n. 49/2014: Il produttore che immette sul mercato AEE prive del simbolo del cassonetto barrato (di cui all’art. 28, comma 5 del D.Lgs. n. 49/2014), è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro per ciascuna apparecchiatura immessa sul mercato; resta ferma la sanzionabilità delle identiche condotte commesse dopo il 31 dicembre 2010.

    Art. 38, comma 2, lett. g), D.Lgs. n. 49/2014: Il produttore che immette sul mercato AEE senza avere provveduto all’iscrizione presso la Camera di Commercio (ai sensi dell’art. 29, comma 8 del D.Lgs. n. n. 49/2014) è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 30.000 a 100.000 euro.

    Art. 38, comma 2, lett. h), D.Lgs. n. 49/2014: Il produttore che, prima di iniziare ad operare nel territorio italiano, non effettua l’iscrizione al Registro nazionale (ai sensi dell’art. 29, comma 2) o non effettua le comunicazioni delle informazioni ivi previste, ovvero le comunica in modo incompleto o inesatto, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 20.000 euro.

    Art. 38, comma 5, D.Lgs. n. 49/2014: Il produttore che, stabilito nel territorio nazionale, vende AEE in un altro Stato membro dell’UE nel quale non è stabilito, non nomina un rappresentante autorizzato presso quello Stato (ai sensi del art. 30, comma 2 del D.Lgs. n. 49/2014) è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 200 a 1.000 euro per ciascuna apparecchiatura immessa sul mercato estero.

    Art. 38, comma 1, D.Lgs. n. 49/2014: Il distributore che indebitamente non ritira, a titolo gratuito un RAEE è soggetto, ove il fatto non costituisca reato è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 150 a 400 euro, per ciascun RAEE non ritirato o ritirato a titolo oneroso.

    Art. 38, comma 3, D.Lgs. n. 49/2014: La mancata iscrizione, ovvero qualora il Centro di coordinamento accerti il venir meno dei requisiti per l’iscrizione, degli impianti di trattamento al registro predisposto dal Centro di Coordinamento (ai sensi dell’art. 33, comma 2, D.Lgs. n. 49/2014), comporta l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 20.000 euro. In caso di mancata registrazione, l’autorità diffida a provvedere entro e non oltre 30 giorni, decorsi inutilmente i quali l’autorizzazione è revocata.

    Art. 38, comma 4, D.Lgs. n. 49/2014: La violazione dell’obbligo di comunicazione annuale entro il 30 aprile di ogni anno (di cui all’art. 33, comma 2, D.Lgs. n. 49/2014) da parte dei titolari degli impianti di trattamento delle quantità di RAEE trattate, comporta l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 20.000 euro. L’inesatta o incompleta comunicazione dei medesimi dati comporta l’applicazione delle suddette sanzioni amministrative ridotte alla metà.

    Art. 38, comma 4, D.Lgs. n. 49/2014: La violazione dell’obbligo di comunicazione delle informazioni (art. 33, comma 2, D.Lgs. n. 49/2014) da parte dei sistemi individuali e collettivi per due anni, anche non consecutivi, in un triennio comporta la cancellazione d’ufficio dal Registro nazionale di cui all’art. 29 del D.Lgs. n. 49/2014.

    Le persone fisiche e giuridiche cancellate per la violazione dell’obbligo di comunicazione non possono essere iscritte al Registro nazionale di cui all’art. 29 del D.Lgs. n. 49/2014 per i due anni successivi.

    Art. 38, comma 6, D.Lgs. n. 49/2014: Nelle ipotesi di cui all’art. 21 del D.Lgs. n. 49/2014, qualora la spedizione di AEE usate sospettate di essere RAEE avvenga in difformità dalle prescrizioni di cui all’Allegato VI del medesimo Decreto, si applicano le sanzioni di cui agli artt. 259 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e art. 452-quaterdecies del Codice Penale.

    Art. 10 del D.M. 8 marzo 2010, n. 65: I soggetti che effettuano attività di raccolta e di trasporto dei RAEE ai sensi del D.M. 8 marzo 2010, n. 65 sono assoggettati alle sanzioni relative alle attività di raccolta e trasporto di cui all’art. 256 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, e alle sanzioni relative alla violazione degli obblighi di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari di cui all’art. 258 del medesimo Decreto.

    Art. 256, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006: Chi effettua la raccolta e il trasporto di RAEE in mancanza della prescritta autorizzazione al trasporto è soggetto a:

    • pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da 2.600 a 26.000 euro se si tratta di rifiuti non pericolosi cui consegue obbligatoriamente il sequestro del mezzo con cui è stato effettuato il trasporto.

    • pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da 2.600 a 26.000 euro se si tratta di rifiuti pericolosi cui consegue obbligatoriamente il sequestro del mezzo con cui è stato effettuato il trasporto.

    APPROFONDIMENTI

    • AMBIENTE & SVILUPPO n. 01/2021: “RAEE, pile, accumulatori e fotovoltaico, le novità del D.Lgs. n.118/2020”, di Giulio Spina

    8.11.7 Rifiuti di batterie

    8.11.7Rifiuti di batterie

    L’art. 227 del D.Lgs. n. 152/2006 stabilisce che per quanto riguarda i rifiuti di pile ed accumulatori restano ferme le disposizioni previste dalla Direttiva n. 2006/66/CE e dal D.Lgs. n. 188/2008 di attuazione della Direttiva stessa.

    Nota: la Dir. UE n. 2018/849 (pubblicata il 14 giugno 2018 ed entrata in vigore il 4 luglio 2018) ha introdotto modifiche, tra l’altro, alla Dir. n. 2006/66/CE per quanto riguarda i rifiuti di pile e accumulatori. Tale Direttiva è stata recepita nell’ordinamento italiano attraverso il D.Lgs. n. 118/2020, entrato in vigore il 27 settembre 2020.

    Nel 2023 vi è stata un’evoluzione di rilievo della normativa, essendo stato emesso il Reg.UE n. 1542/2023 relativo alle batterie e ai rifiuti di batterie, e che modifica la direttiva n. 2008/98/CE (in materia di rifiuti) e il regolamento UE n. 1020/2019 (relativo alla vigilanza del mercato ed alla conformità dei prodotti), e abroga la Direttiva n. 2006/66/CE.

    La Direttiva n. 2006/66/CE ha determinato un miglioramento nell’efficienza ambientale delle batterie e istituito norme e obblighi comuni per gli operatori economici, in particolare attraverso norme armonizzate relative al tenore di metalli pesanti e all’etichettatura delle batterie e norme e obiettivi per la gestione di tutti i rifiuti di batterie, sulla base di una responsabilità estesa del produttore. Tuttavia, il contesto è profondamente cambiato e vede ormai consolidato il rilevante ruolo delle batterie, anche in relazione al piano d’azione strategico sulle batterie derivante dal Green Deal europeo, connesso alla mobilità sostenibile, ma non solo.

    Ecco allora che è emersa con forza l’esigenza di una revisione della normativa di riferimento per includere tutti i materiali della batteria pertinenti e prendere in considerazione, in particolare, requisiti specifici per il litio e il cobalto; inoltre, è risultato evidente che la normativa deve essere strutturata in modo da consentire un agevole adeguamento ai futuri cambiamenti tecnologici. Il passaggio da direttiva a regolamento si è reso, inoltre, necessario per disporre di uno strumento giuridico che garantisca un’applicazione uniforme dei requisiti da parte di tutti gli operatori economici dell’UE, evitando ostacoli al commercio o distorsioni della concorrenza.

    Il Reg. UE n. 1542/2023, pubblicato in GUUE il 28 luglio 2023, stabilisce:

    • requisiti in materia di sostenibilità, sicurezza, etichettatura, marcatura e informazione per consentire l’immissione sul mercato o la messa in servizio delle batterie all’interno dell’UE;

    • requisiti minimi per la responsabilità estesa del produttore (si veda anche il par. 8.5.1 del presente capitolo), la raccolta e il trattamento dei rifiuti di batterie e la comunicazione;

    • obblighi relativi al dovere di diligenza per le batterie nei confronti degli operatori economici che immettono sul mercato o mettono in servizio batterie;

    • requisiti per gli appalti pubblici verdi riguardanti batterie o prodotti in cui sono incorporate batterie.

    Il regolamento si applica a tutte le categorie di batterie, vale a dire le batterie portatili, le batterie per l’avviamento, l’illuminazione o l’accensione (batterie per autoveicoli), le batterie per mezzi di trasporto leggeri, le batterie per veicoli elettrici e le batterie industriali indipendentemente dalla forma, dal volume, dal peso, dalla progettazione, dalla composizione materiale, dalla composizione chimica, dall’uso o dalla finalità delle stesse; si applica anche a batterie incorporate o aggiunte a prodotti o che sono specificamente progettate per essere incorporate o aggiunte ad altri prodotti.

    Il Reg. UE n. 1542/2023, strutturato in 96 articoli e 15 allegati ed in vigore dal 17 agosto 2023, si applica dal 18 febbraio 2024, fatte salve le disposizioni specifiche contenute nel regolamento stesso, e che prevedono, tra l’altro, per il tema qui di interesse che il Capo VIII che disciplina la gestione dei rifiuti di batterie si applica a decorrere dal 18 agosto 2025.

    Nota: il Reg. UE n. 1542/2023 ha modificato anche la direttiva n. 2008/98/CE, disponendo che per le batterie, quali definite nel regolamento stesso, gli Stati membri adottano misure per garantire che i regimi di responsabilità estesa del produttore istituiti prima del 4 luglio 2018 si conformino al presente articolo entro il 18 agosto 2025.

    Nota: la direttiva n. 2006/66/CE è abrogata con effetto a decorrere dal 18 agosto 2025.

    Si riportano di seguito alcuni punti salienti del Capo VIII del Reg. UE n. 1542/2023 sulla gestione dei rifiuti di batterie:

    Autorità competente
    Gli Stati membri designano una o più autorità competenti responsabili degli obblighi di cui al Capo VIII del regolamento, in particolare del controllo e della verifica dell’adempimento agli obblighi da parte dei produttori e delle organizzazioni per l’adempimento della responsabilità del produttore.
    Registro dei produttori
    Gli Stati membri istituiscono un registro dei produttori finalizzato a verificare il rispetto, da parte dei produttori, dei requisiti del Capo VIII del regolamento. I produttori sono tenuti ad iscriversi al registro, secondo le modalità indicate in art. 55 del regolamento.
    Responsabilità estesa del produttore
    Ai produttori incombe una responsabilità estesa per le batterie da essi messe a disposizione sul mercato per la prima volta nel territorio di uno Stato membro: sono tenuti a rispettare i requisiti in materia di responsabilità estesa del produttore stabiliti dalla normativa sui rifiuti e quelli contenuti nel Capo VIII del Reg. UE n. 1542/2023.
    Un operatore economico che mette a disposizione sul mercato, per la prima volta nel territorio di uno Stato membro, una batteria risultante da operazioni di preparazione per il riutilizzo, preparazione per il cambio di destinazione, cambio di destinazione o rifabbricazione è considerato il produttore di tale batteria ai fini del Reg. UE n. 1542/2023 e su tale operatore incombe la responsabilità estesa del produttore.
    Il produttore è chiamato a versare contributi finanziari che coprono i costi indicati in art. 56 del regolamento.
    I produttori possono designare un’organizzazione per l’adempimento della responsabilità del produttore autorizzata a norma dell’art. 58 del regolamento per adempiere per loro conto gli obblighi di responsabilità estesa del produttore.
    Raccolta dei rifiuti di batterie
    I produttori di batterie delle tipologie sotto elencate o, se designate, le organizzazioni per l’adempimento della responsabilità del produttore, provvedono affinché tutti i rifiuti di tali batterie, indipendentemente dalla loro natura, composizione chimica, condizione, marca od origine, siano raccolti separatamente nel territorio di uno Stato membro in cui mettono per la prima volta le batterie a disposizione sul mercato:
    • batterie portatili (disposizioni contenute in art. 59 del regolamento);

    • batterie per mezzi di trasporto leggeri (disposizioni contenute in art. 60 del regolamento).


    Il regolamento è strutturato in modo da definire in modo puntuale gli obblighi per la gestione della raccolta dei rifiuti di batterie nei diversi casi sopra elencati.
    Nel caso di batterie per autoveicoli, batterie industriali e batterie per veicoli elettrici, il regolamento stabilisce che i produttori di tali batterie o, se designate, le organizzazioni per l’adempimento della responsabilità del produttore, ritirano gratuitamente e senza obbligo per l’utilizzatore finale di acquistare una nuova batteria, né di averla acquistata da loro, e garantiscono che tutti i rifiuti di batterie per autoveicoli, i rifiuti di batterie industriali e i rifiuti di batterie per veicoli elettrici indipendentemente dalla natura, composizione chimica, condizione, marca od origine della rispettiva categoria che hanno messo a disposizione sul mercato per la prima volta nel territorio di un dato Stato membro siano raccolti separatamente. Si rimanda all’art. 61 del regolamento per i dettagli sulle disposizioni da rispettare.
    Obblighi dei distributori
    I distributori ritirano i rifiuti di batterie dall’utilizzatore finale a titolo gratuito e senza l’obbligo per l’utilizzatore finale di acquistare o di avere acquistato una nuova batteria, indipendentemente dalla loro composizione chimica, marca od origine nel rispetto di quanto indicato in art. 62 del regolamento.

    Sistemi di restituzione su cauzione per le batterie
    Entro il 31 dicembre 2027 la Commissione valuta la fattibilità e i potenziali vantaggi dell’istituzione di sistemi di restituzione su cauzione per le batterie, in particolare per le batterie portatili di uso generale.
    Obblighi degli utilizzatori finali
    Gli utilizzatori finali si disfano dei rifiuti di batterie separandoli da altri flussi di rifiuti, tra cui i rifiuti urbani misti, e conferendoli in appositi punti per la raccolta differenziata.
    Trattamento
    I rifiuti di batterie raccolti non sono smaltiti né sottoposti a un’operazione di recupero di energia.
    Gli impianti autorizzati provvedono affinché il trattamento dei rifiuti di batterie sia conforme, come minimo, all’allegato II, parte A, del presente regolamento e alle migliori tecniche disponibili definite all’art. 3, punto 10), della direttiva n. 2010/75/UE (in materia di emissioni industriali); ciò fatta salva la direttiva stessa.
    Obiettivi in materia di efficienza di riciclaggio e recupero dei materiali
    Ciascun impianto autorizzato garantisce che tutti i rifiuti di batterie messi a sua disposizione siano accettati e siano sottoposti alla preparazione per il riutilizzo, alla preparazione per il cambio di destinazione o al riciclaggio. I riciclatori provvedono affinché il riciclaggio raggiunga gli obiettivi in materia di efficienza di riciclaggio e recupero dei materiali di cui, rispettivamente, all’allegato XII, parti B e C del regolamento.
    Preparazione per il riutilizzo o preparazione per il cambio di destinazione dei rifiuti di batterie per mezzi di trasporto leggeri, dei rifiuti di batterie industriali e dei rifiuti di batterie per veicoli elettrici
    Per dimostrare che un rifiuto di una batteria per mezzi di trasporto leggeri, un rifiuto di una batteria industriale o un rifiuto di una batteria per veicoli elettrici sottoposto alla preparazione per il riutilizzo o alla preparazione per il cambio di destinazione non è più classificabile come rifiuto, il detentore della batteria fornisce, su richiesta di un’autorità competente, le evidenze di cui all’art. 73 del regolamento.

    Si riporta, di seguito, l’analisi della normativa vigente (in relazione ai termini sopra riportati e dettati dal Reg. UE n. 2023/1542) e dei principali obblighi che ne derivano. L’attuale riferimento normativo è, infatti, rappresentato dal D.Lgs. n. 188/2008, che disciplina l’immissione sul mercato delle pile e degli accumulatori e, in particolare, il divieto di immettere sul mercato pile e accumulatori contenenti sostanze pericolose, nonché la raccolta, il trattamento, il riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti di pile e di accumulatori, al fine di promuoverne un elevato livello di raccolta e di riciclaggio.

    Il Decreto si applica indipendentemente dalla forma, dal volume, dal peso, dalla composizione materiale o dall’uso cui sono destinati, alle pile e agli accumulatori così definiti:

    “pila” o “accumulatore”: una fonte di energia elettrica ottenuta mediante trasformazione diretta di energia chimica, costituita da uno o più elementi primari (non ricaricabili) o costituita da uno o più elementi secondari (ricaricabili).

    Nota: sono fatte salve le disposizioni relative alla gestione dei vicoli fuori uso (D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 209 e successive modificazioni) e delle Apparecchiature elettriche ed elettroniche e dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (e di cui al D.Lgs. 14 marzo 2014, n. 49).

    Sono escluse dall’ambito di applicazione le pile e gli accumulatori utilizzati in:

    • apparecchiature connesse alla tutela degli interessi essenziali della sicurezza nazionale, armi, munizioni e materiale bellico, purché destinati a fini specificamente militari;

    • apparecchiature destinate ad essere inviate nello spazio.

    Nota: le disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 188/2008 e relative a pile ed accumulatori prevedono divieti di immissione sul mercato di pile o accumulatori che contengono alcune sostanze pericolose (mercurio e cadmio) al di sopra di determinate concentrazioni; sono previste norme specifiche per le pile e accumulatori immessi sul mercato prima dell’entrata in vigore del Decreto stesso.

    Di seguito si riporta una sintesi delle disposizioni in materia di rifiuti di pile ed accumulatori.

    RACCOLTA SEPARATA E RITIRO PILE E ACCUMULATORI PORTATILI I produttori o i terzi che agiscono in loro nome organizzano e gestiscono su base individuale o collettiva e sostenendone i relativi costi, sistemi di raccolta separata di pile ed accumulatori portatili idonei a coprire in modo omogeneo tutto il territorio nazionale al fine di realizzare una gestione dei rifiuti di pile ed accumulatori che riduca al minimo il loro smaltimento insieme al rifiuto urbano indifferenziato.
    La raccolta separata è organizzata prevedendo che i distributori che forniscono nuove pile e accumulatori portatili pongano a disposizione del pubblico dei contenitori per il conferimento dei rifiuti di pile e accumulatori nel proprio punto vendita.
    Tali contenitori costituiscono punti di raccolta e non sono soggetti ai requisiti in materia di registrazione o di autorizzazione di cui alla vigente normativa sui rifiuti.
    RACCOLTA SEPARATA DI PILE ED ACCUMULATORI INDUSTRIALI E PER VEICOLI I produttori di pile ed accumulatori industriali e per veicoli, o i terzi che agiscono in loro nome, organizzano e gestiscono sistemi di raccolta separata di pile ed accumulatori industriali e per veicoli idonei a coprire in modo omogeneo tutto il territorio nazionale per promuovere al massimo la raccolta separata. A tale fine, possono:
    • aderire a sistemi esistenti ed utilizzare la rete di raccolta facente capo ai medesimi;

    • organizzare autonomamente, su base individuale o collettiva, sistemi di raccolta dei rifiuti di pile ed accumulatori industriali e per veicoli.


    Chiunque detiene rifiuti di pile e accumulatori per veicoli è obbligato al loro conferimento ai soggetti che raccolgono detti rifiuti tramite i sistemi di raccolta separata organizzati dai produttori di pile ed accumulatori industriali e per veicoli, o da terzi che agiscono a loro nome, a meno che la raccolta venga effettuata in conformità alle disposizioni di cui al D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 209 (veicoli fuori uso).

    Nota: al fine di organizzare e gestire i sistemi di raccolta separata, i produttori di pile e accumulatori portatili o i terzi che agiscono in loro nome possono avvalersi delle strutture di raccolta ove istituite dal servizio pubblico, previa stipula di apposita convenzione definita sulla base di un accordo di programma quadro stipulato su base nazionale tra i produttori e l’ANCI in rappresentanza dei soggetti responsabili del servizio pubblico di gestione dei rifiuti urbani. In modo del tutto analogo, possono essere stipulate convenzioni tra i produttori di pile ed accumulatori per veicoli e l’ANCI, per consentire di avvalersi delle strutture di raccolta ove istituite dal servizio pubblico.

    RIMOZIONE DI RIFIUTI DI PILE ED ACCUMULATORI Gli apparecchi contenenti pile ed accumulatori:
    • sono progettati in modo tale che i rifiuti di pile e accumulatori siano facilmente rimovibili o dall’utilizzatore finale o da professionisti qualificati indipendenti dai produttori,

    • sono corredati di istruzioni che indicano come l’utilizzatore finale o i professionisti qualificati indipendenti possano rimuoverli senza pericolo. Se del caso, le istruzioni informano altresì l’utilizzatore finale sui tipi di pila o di accumulatore incorporato nell’apparecchio.


    Tali disposizioni non si applicano qualora per motivi di sicurezza, prestazione, protezione medica o dei dati, sia necessaria la continuità dell’alimentazione e occorra un collegamento permanente tra l’apparecchio e la pila o l’accumulatore.
    TRATTAMENTO E RICICLAGGIO I produttori od i terzi che agiscono in loro nome istituiscono, su base individuale o collettiva, utilizzando le migliori tecniche disponibili, in termini di tutela della salute e dell’ambiente, sistemi per il trattamento e il riciclaggio dei rifiuti di pile e accumulatori.
    Il trattamento dei rifiuti soddisfa i requisiti minimi di cui all’Allegato II, Parte A del D.Lgs. n. 188/2008.
    Il processo di riciclaggio soddisfa le efficienze di riciclaggio e le disposizioni associate di cui all’Allegato II, Parte B del D.Lgs. n. 188/2008, entro il 26 settembre 2011.
    È vietato lo smaltimento in discarica o mediante incenerimento dei rifiuti delle pile e degli accumulatori industriali e per veicoli, ad eccezione dei residui che sono stati sottoposti a trattamento o riciclaggio.
    FINANZIAMENTO I produttori o dei terzi che agiscono in loro nome devono (per tutti i rifiuti di pile e accumulatori, indipendentemente dalla data della loro immissione sul mercato):
    • finanziare le operazioni di raccolta, di trattamento e di riciclaggio dei rifiuti di pile ed accumulatori;

    • prendersi in carico i rifiuti di pile e accumulatori raccolti nell’ambito dei sistemi di cui al D.Lgs. n. 49/2014 (RAEE) e D.Lgs. n. 209/2003 (veicoli fuori uso) che sono rimossi dai rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e dai veicoli fuori uso presso gli impianti di trattamento di tali rifiuti;

    • sostenere i costi del funzionamento e delle attività del Centro di coordinamento (di cui all’art. 16 del D.Lgs. n. 188/2008) che definisce le modalità di determinazione e di ripartizione dei finanziamenti delle operazioni di raccolta, trattamento e riciclaggio.

    Nota: è istituito il Centro di Coordinamento Nazionale Pile e Accumulatori (CDCNPA), in forma di consorzio avente personalità giuridica di diritto privato, cui partecipano i produttori di pile e di accumulatori, individualmente o in forma collettiva. Il CDCNPA ha il compito di ottimizzare le attività di competenza dei sistemi collettivi ed individuali a garanzia di omogenee ed uniformi condizioni operative al fine di incrementare le percentuali di raccolta e di riciclaggio dei rifiuti di pile e accumulatori. Lo Statuto del CDCNPA è stato approvato con il Decreto 23 ottobre 2019.

    REGISTRO NAZIONALE È istituito presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare il Registro nazionale dei soggetti tenuti al finanziamento dei sistemi di gestione dei rifiuti di pile e accumulatori.
    I produttori che per la prima volta immettono sul mercato pile e accumulatori nel territorio italiano sono obbligati ad iscriversi in via telematica soltanto una volta al Registro nazionale presso la Camera di commercio di competenza; l’iscrizione è effettuata conformemente a quanto previsto dall’Allegato III, Parte A del D.Lgs. n. 188/2008. Una volta effettuata l’iscrizione, a ciascun produttore viene rilasciato un numero di iscrizione tramite il sistema informatico delle Camere di commercio: entro trenta giorni dal suo rilascio, il numero di iscrizione deve essere indicato dal produttore in tutti i documenti di trasporto e nelle fatture commerciali.

    Nota: ISPRA effettua ispezioni a campione sui produttori al fine di verificare il corretto assolvimento dei compiti di iscrizione al Registro.

    COMUNICAZIONE DEI PRODUTTORI I produttori comunicano annualmente alle camere di commercio, entro il 31 marzo, i dati relativi alle pile ed accumulatori immessi sul mercato nazionale nell’anno precedente, suddivisi per tipologia secondo quanto riportato nell’Allegato III, Parte C. Le camere di commercio comunicano tali dati all’ISPRA.
    ETICHETTATURA Le pile e gli accumulatori sono immessi sul mercato solo se contrassegnati in modo visibile, leggibile e indelebile con il simbolo raffigurato nell’Allegato IV del D.Lgs. n. 188/2008. Il simbolo ha dimensioni definite in funzione della tipologia e dimensione della pila o accumulatore. In aggiunta al simbolo, le pile, gli accumulatori e le pile a bottone contenenti più di 0,0005% di mercurio (simbolo chimico Hg), più di 0,002% di cadmio (simbolo chimico Cd) o più di 0,004% di piombo (simbolo chimico Pb) sono contrassegnati con il simbolo chimico del relativo metallo. Il simbolo indicante il tenore di metalli pesanti è apposto sotto al simbolo del cassonetto barrato e occupa una superficie pari ad almeno un quarto della superficie del predetto simbolo.
    La marcatura deve essere effettuata dal fabbricante o dal suo rappresentante in Italia oppure, in mancanza di tali soggetti, dal responsabile dell’immissione sul mercato nazionale.
    In aggiunta al simbolo, le pile e gli accumulatori portatili e per veicoli riportano l’indicazione della loro capacità in modo visibile, leggibile ed indelebile.

    Nota: il Comitato di vigilanza e controllo già istituito ai sensi dell’art. 15 del D.Lgs. n. 151/2005 (RAEE), assume anche le funzioni di Comitato di vigilanza e controllo sulla gestione delle pile e degli accumulatori e dei relativi rifiuti. Gli oneri di funzionamento del Comitato sono posti in ugual misura a carico dei produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche e delle pile ed accumulatori.

    Nota: il Consorzio nazionale per la raccolta ed il trattamento delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi (COBAT) istituito dall’art. 9-quinquies del D.L. 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 novembre 1988, n. 475, e successive modificazioni, è considerato uno dei sistemi di raccolta e di trattamento di cui agli artt. 6, 7 e 10 del D.Lgs. n. 188/2008, e continua a svolgere la propria attività conformandosi alle disposizioni del D.Lgs. n. 188/2008.

    € SANZIONI

    Art. 25, comma 1, D.Lgs. n. 188/2008: Il produttore che, immette sul mercato pile ed accumulatori privi del simbolo di cui all’art. 23, commi 1 e 3 del D.Lgs. n. 188/2008, o immette sul mercato, dopo il 26 settembre 2009, pile ed accumulatori portatili e per veicoli privi della indicazione di cui all’art. 23, comma 5 del D.Lgs. n. 188/2008, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 1000 euro per ciascuna pila o accumulatore immesso sul mercato. La medesima sanzione amministrativa pecuniaria si applica nel caso in cui i suddetti indicazione o simbolo non siano conformi ai requisiti stabiliti dal medesimo comma.

    Art. 25, comma 2, D.Lgs. n. 188/2008: Il produttore che, senza avere provveduto alla iscrizione presso la Camera di commercio ai sensi dell’art. 14, comma 2 del D.Lgs. n. 188/2008, immette sul mercato pile o accumulatori, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 30.000 a 100.000 euro.

    Art. 25, comma 3, D.Lgs. n. 188/2008: Il produttore che, entro il termine di cui art. 15 comma 3 del D.Lgs. n. 188/2008, non comunica al registro nazionale dei soggetti tenuti al finanziamento dei sistemi di gestione dei rifiuti di pile e accumulatori le informazioni di cui al medesimo articolo, ovvero le comunica in modo incompleto o inesatto, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 20.000 euro. La stessa sanzione è applicata al produttore che non fornisce le informazioni di cui all’art. 15, comma 3, ovvero le fornisce in modo incompleto o inesatto.

    Art. 25, comma 4, D.Lgs. n. 188/2008: Fatte salve le eccezioni di cui all’art. 3, comma 3 del D.Lgs. n. 188/2008, chiunque, dopo l’entrata in vigore del medesimo Decreto, immette sul mercato pile e accumulatori contenenti le sostanze di cui all’art. 3, comma 1 del D.Lgs. n. 188/2008, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 2.000 euro per ciascuna pila o accumulatore immesso sul mercato.

    Art. 25, comma 5, D.Lgs. n. 188/2008: Il distributore che indebitamente non ritira, a titolo gratuito, una pila o un accumulatore, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 30 a 150 euro, per ciascuna pila o accumulatore non ritirato o ritirato a titolo oneroso.

    Art. 25, comma 6, D.Lgs. n. 188/2008: Il distributore che non fornisce le informazioni per gli utilizzatori finali di cui all’art. 22, comma 2 del D.Lgs. n. 188/2008, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 2.000 euro.

    Art. 25, comma 7, D.Lgs. n. 188/2008: Il produttore di apparecchi in cui sono incorporati pile o accumulatori che non fornisce le istruzioni per la rimozione delle pile di cui all’art. 9, comma 1 del D.Lgs. n. 188/2008, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 5.000 euro.

    8.11.8 Rifiuti sanitari

    8.11.8Rifiuti sanitari

    Ai sensi dell’art. 227 del D.Lgs. n. 152/2006, per quanto attiene i rifiuti sanitari vanno tenute in considerazione anche le disposizioni speciali di cui al D.P.R. n. 254/2003.

    I rifiuti sanitari sono così definiti nell’art. 2 del D.P.R. n. 254/2003:

    i rifiuti elencati a titolo esemplificativo, negli allegati I e II del presente Regolamento, che derivano da strutture pubbliche e private, individuate ai sensi del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, che svolgono attività medica e veterinaria di prevenzione, di diagnosi, di cura, di riabilitazione e di ricerca ed erogano le prestazioni di cui alla Legge 23 dicembre 1978, n. 833.

    Nota: al fine di una corretta comprensione delle disposizioni contenute nel D.P.R. n. 254/2003, si tenga conto anche delle altre definizioni di cui all’art. 2 del medesimo Decreto.

    Il D.P.R. n. 254/2003 disciplina i seguenti rifiuti:

    • i rifiuti sanitari non pericolosi;

    • i rifiuti sanitari assimilati ai rifiuti urbani;

    • i rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo;

    • i rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo;

    • i rifiuti sanitari che richiedono particolari modalità di smaltimento;

    • i rifiuti da esumazioni e da estumulazioni, nonché i rifiuti derivanti da altre attività cimiteriali, esclusi i rifiuti vegetali provenienti da aree cimiteriali;

    • i rifiuti speciali, prodotti al di fuori delle strutture sanitarie, che come rischio risultano analoghi ai rifiuti pericolosi a rischio infettivo, con l’esclusione degli assorbenti igienici.

    Nota: fatto salvo quanto previsto dal D.P.R. n. 254/2003, alle attività di deposito temporaneo, raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, intermediazione e commercio dei rifiuti sanitari, dei rifiuti da esumazioni ed estumulazioni e dei rifiuti provenienti da altre attività cimiteriali si applicano, in relazione alla classificazione di tali rifiuti come urbani, speciali, pericolosi e non pericolosi, le norme di cui alla Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006.

    Sono definiti in modo puntuale i casi in cui i rifiuti sanitari si considerano prodotti presso le strutture sanitarie di riferimento.

    Il D.P.R. n. 254/2003 definisce in dettaglio le modalità per:

    • sterilizzazione dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo;

    • deposito temporaneo, deposito preliminare, raccolta e trasporto e smaltimento dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo;

    • deposito temporaneo, deposito preliminare, messa in riserva, raccolta e trasporto dei rifiuti sanitari sterilizzati;

    • rifiuti da esumazione e da estumulazione: i rifiuti da esumazioni ed estumulazioni devono essere raccolti separatamente dagli altri rifiuti urbani. I rifiuti da esumazione ed estumulazione devono essere raccolti e trasportati in appositi imballaggi a perdere flessibili, di colore distinguibile da quelli utilizzati per la raccolta delle altre frazioni di rifiuti urbani prodotti all’interno dell’area cimiteriale e recanti la scritta “Rifiuti urbani da esumazioni ed estumulazioni”. I rifiuti da esumazione ed estumulazione possono essere depositati in apposita area confinata individuata dal Comune all’interno del cimitero, qualora tali operazioni si rendano necessarie per garantire una maggiore razionalità del sistema di raccolta e trasporto ed a condizione che i rifiuti siano adeguatamente racchiusi negli appositi imballaggi a perdere flessibili di cui sopra.

    Il D.P.R. n. 254/2003 prevede, inoltre, che:

    • devono essere smaltiti in impianti di incenerimento i seguenti rifiuti:
      • farmaci scaduti o inutilizzabili;

      • medicinali citotossici e citostatici per uso umano o veterinario ed i materiali visibilmente contaminati che si generano dalla manipolazione ed uso degli stessi;

      • organi e parti anatomiche non riconoscibili di cui al punto 3 dell’Allegato I al D.P.R. n. 254/2003;

      • piccoli animali da esperimento di cui al punto 3 dell’Allegato I al D.P.R. n. 254/2003;

      • sostanze stupefacenti e altre sostanze psicotrope.

    • Devono essere gestiti con le stesse modalità dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo i seguenti rifiuti:
      • organi e parti anatomiche non riconoscibili di cui al punto 3 dell’Allegato I al D.P.R. n. 254/2003;

      • piccoli animali da esperimento di cui al punto 3 dell’Allegato I al D.P.R. n. 254/2003.

    • Devono essere avviate allo smaltimento in impianti di incenerimento autorizzati le sostanze stupefacenti e altre sostanze psicotrope.

    € SANZIONI

    Art. 256, comma 6, D.Lgs. n. 152/2006: Violazione delle disposizioni di cui all’art. 227, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 152/2006 previste per il deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti sanitari: pena dell’arresto da tre mesi a un anno e ammenda da 2.600 a 26.000 euro.

    Si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.600 a 15.500 euro per i quantitativi non superiori a duecento litri o quantità equivalenti.

    Art. 25-undecies, comma 2, D.Lgs. n. 231/2001: chiunque effettua il deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti sanitari pericolosi con violazione delle disposizioni di cui all’art. 227 comma 1 lett. b) del D.Lgs. n. 152/2006, è punito con la sanzione pecuniaria fino a 250 quote.

    8.11.9 Veicoli fuori uso

    8.11.9Veicoli fuori uso

    Ai sensi della normativa vigente, i veicoli fuori uso sono distinti in due tipologie:

    • quelli disciplinati dal D.Lgs. n. 209/2003 (che reca attuazione della Direttiva n. 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso);

    • quelli non disciplinati da tale Decreto, bensì dall’art. 231 del D.Lgs. n. 152/2006.

    In dettaglio, il D.Lgs. n. 209/2003 si applica:

    • ai veicoli a motore appartenenti alle categorie M1 (veicoli destinati al trasporto di persone aventi al massimo 8 posti a sedere oltre al sedile del conducente), N1 (veicoli destinati al trasporto di merci, aventi massa massima non superiore a 3,5 t) ed i veicoli a motore a tre ruote come definiti dalla Direttiva n. 2002/24/CE, con esclusione dei tricicli a motore;

    • ai veicoli fuori uso, cioè i veicoli di cui sopra a fine vita che costituiscono un rifiuto e ai relativi componenti e materiali.

    Nota: ai sensi dell’art. 3 del D.Lgs. n. 209/2003, sono definiti “veicoli” i veicoli a motore appartenenti alle categorie M1 e N1 di cui all’allegato II, parte A, Dir. 70/156/CEE, ed i veicoli a motore a tre ruote come definiti dalla direttiva 2002/24/CE, con esclusione dei tricicli a motore; è definito, inoltre, veicolo fuori uso un veicolo a fine vita che costituisce rifiuto in base alla definizione di cui all’art. 183, comma 1, lett. a) D.Lgs. n. 152/2006.

    Nota: a seguito delle modifiche apportate alla Dir. n. 2000/53/CE dalla Dir. UE n. 2018/849, il D.Lgs. n. 209/2003 è stato innovato dal D.Lgs. n. 119/2020, le cui disposizioni sono entrate in vigore il 27 settembre 2020. In relazione a ciò, si ricorda che tale decreto prevede che i titolari dei centri di raccolta si adeguano alla disposizione di cui all’Allegato I, punto 2.1, lett. f-bis), introdotta dal D.Lgs. n. 119/2020 entro il 31 dicembre 2020; qualora tale adeguamento non fosse possibile nel termine previsto, l’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione può concedere, per un periodo di ulteriori 12 mesi, l’utilizzo di sistemi di pesatura alternativi anche esterni al centro di raccolta.

    ➔ Veicoli fuori uso di cui al D.Lgs. n. 209/2003

    Il D.Lgs. n. 209/2003 ha lo scopo:

    • di ridurre al minimo l’impatto dei veicoli fuori uso sull’ambiente, al fine di contribuire alla protezione, alla conservazione ed al miglioramento della qualità dell’ambiente;

    • di evitare distorsioni della concorrenza, soprattutto per quanto riguarda l’accesso delle piccole e delle medie imprese al mercato della raccolta, della demolizione, del trattamento e del riciclaggio dei veicoli fuori uso;

    • di consentire lo sviluppo di un sistema che assicuri un funzionamento efficiente, razionale ed economicamente sostenibile della filiera di raccolta, di recupero e di riciclaggio dei materiali degli stessi veicoli.

    Tale Decreto definisce le modalità per:

    la raccolta dei veicoli fuori uso presso un centro di raccolta, cioè un impianto di trattamento, autorizzato (in procedura ordinaria), che effettua almeno le operazioni relative alla messa in sicurezza ed alla demolizione del veicolo fuori uso;
    la cancellazione al PRA del veicolo;
    il trattamento, cioè le attività di messa in sicurezza, di demolizione, di pressatura, di tranciatura, di frantumazione, di recupero o di preparazione per lo smaltimento dei rifiuti frantumati, nonché’ tutte le altre operazioni eseguite ai fini del recupero o dello smaltimento del veicolo fuori uso e dei suoi componenti effettuate, dopo la consegna dello stesso veicolo, presso un impianto autorizzato (in procedura ordinaria o semplificata);
    il reimpiego e il recupero: la gerarchia di gestione dei rifiuti prevede il reimpiego dei componenti idonei, il recupero di quelli non reimpiegabili, nonché, come soluzione privilegiata, il riciclaggio.

    Nota: gli obiettivi posti dal D.Lgs. n. 209/2003 per gli operatori economici sono: entro il 1° gennaio 2015, per tutti i veicoli fuori uso la percentuale di reimpiego e di recupero è pari almeno al 95% del peso medio per veicolo e per anno e la percentuale di reimpiego e di riciclaggio è pari almeno all’85% del peso medio per veicolo e per anno. Al fine di verificare il raggiungimento degli obiettivi stabiliti, i responsabili degli impianti di trattamento comunicano annualmente il peso effettivo dei veicoli fuori uso (ottenuto dal sistema di pesatura posto all’ingresso del centro di raccolta) e i dati relativi ai veicoli trattati ed ai materiali derivanti da essi ed avviati al recupero, avvalendosi del modello di dichiarazione ambientale (MUD) di cui alla Legge 25 gennaio 1994, n. 70 - Comunicazione veicoli fuori uso.

    Nota: l’art. 9 del D.Lgs. n. 209/2003 dispone il divieto della produzione e dell’immissione su mercato, dal 1° luglio 2003, di materiali e di componenti di veicoli contenenti piombo, mercurio, cadmio o cromo esavalente. In Allegato II al medesimo Decreto sono definiti i casi e le condizioni cui non si applica tale divieto; l’Allegato II è stato sostituito dal Decreto 26 giugno 2023 (pubblicato il 20 luglio 2023), con il quale è stata data attuazione alla direttiva delegata n. 2023/544/UE, che introduce modifiche per quanto riguarda le esenzioni relative all’uso del piombo nelle leghe di alluminio destinate a lavorazione meccanica, nelle leghe di rame e in determinati accumulatori.

    Nota: il D.P.R. 23 settembre 2022, n. 177 disciplina il registro unico telematico dei veicoli fuori uso, nonché contiene ulteriori disposizioni di semplificazione riguardanti la cessazione della circolazione dei veicoli fuori uso (gestione telematica degli adempimenti).

    € SANZIONI

    Art. 13, comma 1, D.Lgs. n. 209/2003: Chiunque effettua attività di gestione dei veicoli fuori uso e dei rifiuti costituiti dei relativi componenti e materiali in violazione delle prescrizioni sul trattamento (art. 6, comma 2 del D.Lgs. n. 209/2003), è punito con l’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da 3.000 a 30.000 euro.

    Art. 13 comma 2, D.Lgs. n. 209/2003: Chiunque viola la disposizione di consegna di veicolo destinato alla demolizione (art. 5, comma 1 del D.Lgs. n. 209/2003) è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 5.000 euro.

    Art. 13, comma 3, D.Lgs. n. 209/2003: In caso di mancata consegna del certificato di rottamazione (art. 5, commi 6 e 7 del D.Lgs. n. 209/2003), si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 a 3.000 euro.

    Art. 13, comma 3, D.Lgs. n. 209/2003: Nel caso in cui i suddetti documenti risultino inesatti o non conformi a quanto stabilito nel presente Decreto, si applicano le medesime sanzioni ridotte della metà.

    Art. 13, comma 4, D.Lgs. n. 209/2003: Chiunque viola le disposizioni relative alla cancellazione al PRA (art. 5, commi 8, 9, 10 e 11 del D.Lgs. n. 209/2003), è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 5.000 euro.

    Art. 13, comma 5, D.Lgs. n. 209/2003: Chiunque produce o immette sul mercato materiali o componenti di veicoli contenenti piombo, mercurio, cadmio o cromo esavalente in violazione del divieto di cui all’art. 9 del D.Lgs. n. 209/2003 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 20.000 a 100.000 euro.

    Art. 13, comma 6, D.Lgs. n. 209/2003: In caso di violazione degli obblighi di informazioni per la demolizione (art. 10, comma 1 e 3 del D.Lgs. n. 209/2003), si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 25.000 euro.

    Art. 13, comma 7, D.Lgs. n. 209/2003: Chiunque non effettua la comunicazione prevista dall’art. 11, comma 3, o la effettua in modo incompleto o inesatto è punito con la sanzione pecuniaria amministrativa da 3.000 a 18.000 euro. Nel caso di mancata presentazione di tale comunicazione, si applica la sospensione dell’autorizzazione per un periodo da 2 a 6 mesi. La comunicazione effettuata in modo incompleto o inesatto può essere rettificata o completata entro e non oltre il termine di 60 giorni dalla data di presentazione prevista per la stessa comunicazione.

    ➔ Veicoli fuori uso di cui all’art. 231 D.Lgs. n. 152/2006

    L’art. 231 del D.Lgs. n. 152/2006 si applica ai veicoli fuori uso non disciplinati dal D.Lgs. n. 209/2003, quali veicoli a motore con più di 8 posti a sedere oltre al conducente, veicoli destinati al trasporto di merci, aventi massa massima superiore a 3,5 t, rimorchi, ecc.

    La gestione di tali veicoli fuori uso è regolamentata dal punto di vista di:

    • modalità per la demolizione;

    • termini per la cancellazione dal PRA;

    • commercio delle parti di ricambio.

    Nota: i veicoli a motore o i rimorchi rinvenuti da organi pubblici o non reclamati dai proprietari e quelli acquisiti per occupazione ai sensi degli artt. 927, 928, 929 e 923 cod. civ. sono conferiti ai centri di raccolta nei casi e con le procedure determinate con Decreto del Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze, dell’ambiente e della tutela del territorio e delle infrastrutture e dei trasporti. Fino all’adozione di tale Decreto, trova applicazione il Decreto 22 ottobre 1999, n. 460.

    € SANZIONI

    Art. 255, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006: Fatto salvo quanto disposto dall’art. 256, comma 2 del D.Lgs. n. 152/2006, chiunque, in violazione delle disposizioni di cui all’art. 231, commi 1 e 2 del D.Lgs. n. 152/2006 abbandona il veicolo o procede alla sua demolizione senza consegnarlo ad un centro di raccolta o al concessionario è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 a 3.000 euro. Se l’abbandono riguarda rifiuti pericolosi, la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio.

    Art. 255, comma 2, D.Lgs. n. 152/2006: Il titolare del centro di raccolta, il concessionario o il titolare della succursale della casa costruttrice che viola le disposizioni di cui all’art. 231, comma 5 del D.Lgs. n. 152/2006 (cancellazione dal PRA), è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 260 a 1.550 euro.

    Art. 255, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006: Chiunque non ottempera all’ordinanza del Sindaco, di cui all’art. 192, comma 3 del D.Lgs. n. 152/2006, o non adempie all’obbligo di procedere a proprie spese alla separazione dei rifiuti miscelati (in caso di violazione del divieto di miscelazione), qualora sia tecnicamente ed economicamente possibile e nel rispetto delle condizioni di salvaguardia della salute e dell’ambiente (di cui all’art. 187, comma 3 del D.Lgs. n. 152/2006), è punito con la pena dell’arresto fino ad un anno.

    Nella sentenza di condanna o nella sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 del c.p.p., il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione di quanto disposto nella ordinanza di cui all’art. 192, comma 3, ovvero all’adempimento dell’obbligo di cui all’art. 187, comma 3.

    Art. 256, comma 2, D.Lgs. n. 152/2006: I titolari di imprese o responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i veicoli fuori uso in violazione del divieto di cui all’art. 192, commi 1 e 2 del D.Lgs. n. 152/2006 sono puniti con:

    • con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da 2.600 a 26.000 euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;

    • con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da 2.600 a 26.000 euro se si tratta di rifiuti pericolosi.

    Art. 256, comma 7, D.Lgs. n. 152/2006: Chiunque viola gli obblighi di cui agli artt. 231, commi 7 (trattamento veicolo solo dopo la cancellazione dal PRA), 8 (annotazione in registro di entrata e uscita) e 9 (cancellazione dal PRA e registrazione per veicoli soggetti a blocco non reclamati dai proprietari), è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 260 a 1.550 euro.

    8.11.10 Rifiuti da prodotti contenenti amianto

    8.11.10Rifiuti da prodotti contenenti amianto

    La gestione dei rifiuti da prodotti contenenti amianto è disciplinata dalla Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006, nonché (ai sensi dell’art. 227 del D.Lgs. n. 152/2006) da alcune norme specifiche, di seguito indicate.

    La Legge n. 257 del 27 marzo 1992 vieta una serie di attività (estrazione, importazione, esportazione, commercializzazione e produzione) connesse all’amianto, a prodotti di amianto o prodotti contenenti amianto, e detta norme per la dismissione dalla produzione e dal commercio, per la cessazione dell’estrazione, dell’importazione, dell’esportazione e dell’utilizzazione dell’amianto e dei prodotti che lo contengono, per la realizzazione di misure di decontaminazione e di bonifica delle aree interessate dall’inquinamento da amianto.

    Con il D.M. n. 248/2004 sono adottati, ai sensi dell’art. 6, comma 4, Legge n. 257/1992, i disciplinari tecnici (contenuti in Allegato A al Decreto) approvati dalla Commissione per la valutazione dei problemi ambientali e dei rischi sanitari su:

    • modalità per il trasporto ed il deposito dei rifiuti di amianto;

    • trattamento;

    • imballaggio;

    • ricopertura dei rifiuti medesimi nelle discariche.

    In sintesi, i principali adempimenti connessi ai rifiuti contenenti amianto sono:

    deposito temporaneo: le modalità tecniche con cui effettuare il deposito temporaneo sono disciplinate nell’ambito del piano di lavoro e/o progetto di bonifica (predisposto ed inviato all’organo di vigilanza almeno 30 giorni prima dell’inizio dei lavori come stabilito dall’art. 256 del D.Lgs. n. 81/2008); durante il deposito temporaneo e lo stoccaggio, i rifiuti contenenti amianto devono essere opportunamente raccolti e depositati separatamente da altri rifiuti di diversa natura, e nel caso si abbia formazione nello stesso luogo di diverse tipologie di rifiuti contenenti amianto, queste tipologie devono essere mantenute separate.
    Requisiti delle imprese: le imprese che operano per lo smaltimento e la rimozione dell’amianto e per la bonifica delle aree interessate debbono iscriversi dell’Albo gestori ambientali: Categoria 10 - bonifica dei beni contenenti amianto. L’iscrizione all’Albo abilita allo svolgimento dell’attività (art. 212, comma 6, D.Lgs. n. 152/2006). Le imprese che effettuano le attività di bonifica dei siti e di bonifica dei beni contenenti amianto devono prestare idonee garanzie finanziarie a favore della Regione territorialmente competente per ogni intervento di bonifica nel rispetto dei criteri generali di cui all’art. 195, comma 2, lett. g) del D.Lgs. n. 152/2006. Tali garanzie sono ridotte del 50% per le imprese registrate ai sensi del Regolamento CE n. 1221/2009 (EMAS), e del 40% nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma UNI EN ISO 14001) (art. 212, comma 11, D.Lgs. n. 152/2006).
    Comunicazione: le imprese che svolgono attività di smaltimento o di bonifica dell’amianto, inviano (come previsto dall’art. 9 della Legge n. 257/1992) annualmente alle Regioni, alle Province autonome di Trento e di Bolzano e alle unità sanitarie locali nel cui ambito di competenza sono situati gli stabilimenti o si svolgono le attività dell’impresa, una relazione contenente una serie di informazioni relativi agli interventi svolti.
    Trattamento dei rifiuti: i disciplinari tecnici definiscono ed individuano i processi di trattamento dei rifiuti contenenti amianto. Gli impianti di trattamento devono essere autorizzati ai sensi dell’art. 208 del D.Lgs. n. 152/2006 (procedura ordinaria). L’attribuzione dei codici EER in funzione delle tipologie di materiale viene riportata al punto 4 dell’Allegato A del D.M. n. 248/2004.

    Nota: ulteriori disposizioni sono contenute nel D.M. 14 maggio 1996 e nel D.M. 20 agosto 1999 per quanto attiene gli interventi di bonifica.

    Nota: le disposizioni di cui sopra devono essere integrate con quanto previsto dal D.Lgs. n. 81/2008 che, nel Titolo IX, Capo III regolamenta la protezione dai rischi connessi all’esposizione all’amianto.

    € SANZIONI

    Art. 15, comma 2, Legge n. 257/1992: Per l’inosservanza degli obblighi concernenti l’adozione delle misure di sicurezza previste dai decreti emanati ai sensi dell’art. 6, commi 3 e 4, Legge n. 257/1992 (D.M. 6 settembre 1994, D.M. 14 maggio 1996, D.M. 20 agosto 1999 e D.M. n. 248/2004), si applica la sanzione amministrativa da 3.615 a 18.675 euro.

    Art. 15, comma 3, Legge n. 257/1992: A chiunque operi nelle attività di smaltimento, rimozione e bonifica senza il rispetto delle condizioni di cui all’art. 12, comma 4, Legge n. 257/1992 (iscrizione all’Albo gestori ambientali), si applica la sanzione amministrativa da 2.582 a 15.493 euro.

    Art. 15, comma 4, Legge n. 257/1992: Per l’inosservanza degli obblighi di informazione derivanti dall’art. 9, comma 1 della Legge n. 257/1992 (invio relazione annuale) si applica la sanzione amministrativa da 2.582 a 5.164 euro.

    Alla terza irrogazione di sanzioni previste dall’art. 15 della Legge n. 257/1992, il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato dispone la cessazione delle attività delle imprese interessate.

    8.11.11 Pneumatici fuori uso

    8.11.11Pneumatici fuori uso

    La gestione degli pneumatici fuori uso è disciplinata dall’art. 228 del D.Lgs. n. 152/2006 e dal D.M. n. 182/2019, entrato in vigore il 23 aprile 2020.

    La finalità, di carattere generale, della norma è tutelare l’ambiente ottimizzando il recupero degli pneumatici fuori uso e riducendone anche la formazione.

    In particolare, il D.M. n. 182/2019 disciplina i tempi e le modalità attuative dell’obbligo dei produttori o degli importatori di pneumatici di provvedere, singolarmente o in forma associata, alla gestione di quantitativi di pneumatici fuori uso (PFU) pari a quelli degli pneumatici dai medesimi immessi sul mercato e destinati alla vendita sul territorio nazionale.

    Tale decreto è articolato in una serie di disposizioni (Capo II del decreto) riguardanti produttori e importatori che immettono pneumatici nel mercato del ricambio, ed in un’altra serie di disposizioni (Capo III del decreto) relative al mercato di primo equipaggiamento.

    Nota: sono esclusi dal campo di applicazione del D.M. n. 182/2019 gli pneumatici per bicicletta, le camere d’aria, i relativi protettori (flap) e le guarnizioni in gomma, gli pneumatici per aeroplani e aeromobili in genere.

    Di seguito si riportano alcune definizioni contenute nel D.M. n. 182/2019:

    “pneumatici”: componenti delle ruote dei veicoli costituiti da un involucro elastico di gomma, rinforzato da tele, reti metalliche o altri materiali, destinato a contenere fluidi in pressione ovvero camere d’aria;

    “pneumatici fuori uso (PFU)”: gli pneumatici, rimossi dal loro impiego a qualunque punto della loro vita, dei quali il detentore si disfi, abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi, e che non sono fatti oggetto di ricostruzione o di successivo riutilizzo;

    “mercato del ricambio”: mercato in cui vengono commercializzati pneumatici nuovi, usati o ricostruiti diversi da quelli di cui alla lett. f) [definizione successiva], destinati all’installazione sui veicoli;

    “mercato di primo equipaggiamento”: mercato in cui vengono ceduti ai costruttori di veicoli gli pneumatici destinati all’installazione su veicoli nuovi o montati su veicoli importati;

    “produttore o importatore degli pneumatici”: la persona fisica o giuridica che produce o importa pneumatici, immettendoli sul mercato i fini della vendita;

    “produttore o importatore neo operante”: il produttore o importatore degli pneumatici che inizia l’attività nell’anno solare in cui il contributo ambientale viene determinato e applicato per la prima volta.

    Per quanto attiene il mercato del ricambio, i produttori e gli importatori degli pneumatici adempiono all’obbligo di effettuare la gestione degli PFU in forma individuale o in forma associata.

    Nota: nel caso di produttore o importatore di pneumatici non avente sede legale in Italia, tale obbligo spetta al “rappresentante autorizzato” (come definito dal decreto), che risponde in solido con il primo dell’adempimento del predetto obbligo.

    Gli obblighi a carico di produttori e importatori relativi alla gestione degli PFU consistono nel dover gestire, nell’anno solare, quantitativi in peso di PFU, di qualsiasi marca, pari ai quantitativi in peso degli pneumatici, classificati secondo le categorie di cui all’Allegato I, D.M. n. 182/2019, da loro immessi sul mercato del ricambio nell’anno solare precedente, dedotta la quota di pertinenza degli pneumatici usati ceduti all’estero per il riutilizzo o per la ricostruzione, calcolata sulla base dei dati ISTAT e in proporzione alle rispettive quote di immissione nel mercato del ricambio.

    Nota: disposizioni specifiche sono previste per i produttori e importatori neo-operanti come sopra definiti.

    Produttori e importatori sono tenuti a rispettare, inoltre, alcuni adempimenti in termini di comunicazione verso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare come di seguito specificato:

    entro il 31 gennaio di ogni anno – informazioni di cui all’Allegato III del D.M. n. 182/2019, utilizzando il modulo di cui al medesimo allegato;
    entro il 31 maggio di ogni anno – informazioni di cui all’Allegato V del D.M. n. 182/2019, utilizzando il modulo di cui al medesimo allegato;
    – copia del bilancio di esercizio, corredata da una relazione sul raggiungimento degli obiettivi programmati, nella quale sono evidenziate, in modo chiaro e separato, le componenti patrimoniali, e economiche e finanziarie relative al contributo ambientale e al suo impiego per gli scopi specifici cui è preposto, ovvero, se non tenuti alla redazione del bilancio, documentazione contabile dalla quale devono evincersi gli specifici utilizzi del contributo ambientale nonché l’eventuale avanzo di gestione conseguito.

    Nota: i produttori e gli importatori possono adempiere ai propri obblighi sia direttamente che indirettamente, tramite incarichi conferiti mediante contratti stipulati, in forma scritta, per determinati e limitati settori di attività, tuttavia non possono essere in alcun modo oggetto di delega gli obblighi di informazione, comunicazione e rendiconto di cui al presente articolo. Sono previsti obblighi riguardanti la comunicazione dell’incarico conferito, nonché della sua revoca.

    I produttori e gli importatori di pneumatici che intendono adempiere in forma associata all’obbligo di cui all’art. 228, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006, costituiscono uno o più consorzi o società consortili (denominate “forme associate di gestione”), che devono conformarsi ai principi di cui all’art. 237 del medesimo Decreto, o vi aderiscono.

    La norma contiene disposizioni in termini di comunicazione, e, tra queste, innanzitutto l’obbligo di comunicazione della costituzione di forme associate di gestione, al fine di ottenere l’approvazione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (con proprio decreto), che rappresenta condizione per lo svolgimento dell’attività di gestione da parte della forma associata di gestione.

    Nota: le forme associate di gestione esistenti e operanti alla data del 23 aprile 2020 (data di entrata in vigore del D.M. n. 182/2019), continuano a operare e presentano, entro 6 mesi dalla medesima data, la comunicazione di cui sopra (come disciplinata dall’art. 4, D.M. n. 182/2019), comprovanti l’avvenuto adeguamento alle disposizioni del D.M. n. 182/2019, ai fini dell’approvazione da parte del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare; la mancata approvazione impedisce la prosecuzione dell’attività da parte della forma associata di gestione, fermo restando l’obbligo di gestione per i singoli produttori e importatori di pneumatici.

    Nota: in allegato V al D.M. n. 182/2019 sono contenuti i parametri di riferimento per la gestione degli PFU da parte delle forme associate di gestione.

    L’art. 5, D.M. n. 182/2019 disciplina i sistemi individuali di gestione, nel caso in cui un produttore o importatore decidesse di ottemperare con tale modalità agli obblighi di gestione degli PFU. Anche in tale caso sono previsti obblighi di comunicazione verso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, incluse comunicazioni periodiche.

    Nota: i sistemi individuali di gestione esistenti e operanti alla data del 23 aprile 2020 (data di entrata in vigore del D.M. n. 182/2019), presentano entro 6 mesi dalla medesima data, la comunicazione di cui all’art. 5, comma 1, D.M. n. 182/2019 e, nel caso di produttori e importatori che immettono sul mercato del ricambio quantitativi di pneumatici almeno pari a 200 tonnellate, anche il progetto descrittivo di cui all’art. 5, comma 4, D.M. n. 182/2019, comprovanti l’avvenuto adeguamento alle disposizioni del decreto medesimo.

    Il contributo ambientale, di cui all’art. 228, D.Lgs. n. 152/2006, è indicato in fattura in tutte le fasi della commercializzazione degli pneumatici; tale contributo, a carico degli utenti finali e differenziato per le diverse tipologie di pneumatici, è necessario a far fronte agli oneri derivanti dall’obbligo di gestione.

    Nota: in art. 6, D.M. n. 182/2019 sono contenute le disposizioni riguardanti la determinazione del contributo ambientale e le comunicazioni connesse.

    Ai sensi dell’art. 7 del D.M. n. 182/2019 viene istituito, mediante decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, il registro informatico nazionale di produttori e importatori di pneumatici soggetti agli obblighi di gestione di PFU.

    Nota: nelle more dell’istituzione del registro di cui sopra, i produttori, gli importatori e le relative forme associate di gestione inviano al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare le comunicazioni e le dichiarazioni di cui al D.M. n. 182/2019 a mezzo di posta elettronica certificata o lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

    Per quanto attiene il mercato di primo equipaggiamento, la norma stabilisce che gli PFU provenienti da veicoli a fine vita siano raccolti e gestiti dai produttori e dagli importatori di pneumatici, direttamente od indirettamente tramite loro forme associate, e che tali soggetti concordino con i demolitori ed eventuali loro forme associate di gestione le attività di ritiro e recupero degli PFU ed i relativi costi.

    Il comitato di gestione degli PFU individua, sulla base della documentazione fornita dai produttori e dagli importatori degli pneumatici, nonché dagli altri soggetti autorizzati, l’entità del contributo per la copertura dei costi di raccolta e gestione degli pneumatici dei veicoli a fine vita nell’anno solare successivo.

    Nota: il comitato di gestione degli PFU (già previsto dall’art. 7, comma 2, D.M. n. 82/2011, abrogato dal successivo D.M. n. 182/2019) è istituito presso l’Automobile Club d’Italia (ACI).

    Il contributo è riscosso dal rivenditore del veicolo all’atto della vendita di ogni veicolo nuovo nel territorio nazionale e versato nel fondo costituito presso l’Automobile Club Italia (ACI).

    Ai fini del corretto funzionamento dell’intero sistema di gestione degli PFU del mercato di primo equipaggiamento, sono previsti alcuni obblighi in termini di comunicazioni periodiche.

    € SANZIONI

    Art. 228, comma 4, D.Lgs. n. 152/2006: I produttori e gli importatori di pneumatici inadempienti agli obblighi di gestione degli pneumatici usati (definiti al art. 228, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006) sono assoggettati ad una sanzione amministrativa pecuniaria proporzionata alla gravità dell’inadempimento, comunque non superiore al doppio del contributo incassato per il periodo considerato.

    Sanzioni per violazioni alle disposizioni di cui al Capo II, D.M. n. 182/2019

    Art. 8, comma 1, D.M. n. 182/2019: ai produttori ed agli importatori di pneumatici o alle loro eventuali forme associate di gestione che, pur provvedendo alla gestione degli PFU, non raggiungono le quantità individuate ai sensi dell’art. 3, comma 4, è applicata una sanzione amministrativa pecuniaria pari al contributo percepito per i quantitativi degli pneumatici non gestiti, maggiorata del 50%.

    Art. 8, comma 2, D.M. n. 182/2019: ai produttori e agli importatori di pneumatici o alle loro eventuali forme associate di gestione che, pur provvedendo alla gestione degli PFU, omettono di adempiere ad alcuno degli obblighi di comunicazione previsti dal presente capo in favore del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, è applicata una sanzione amministrativa pecuniaria pari al 15% del contributo percepito per l’anno al quale si riferisce la violazione, per ognuna delle violazioni accertate.

    Art. 8, comma 3, D.M. n. 182/2019: ai produttori e agli importatori di pneumatici o alle loro forme associate di gestione che, pur provvedendo alla gestione degli PFU, adempiono tardivamente agli obblighi di comunicazione di cui all’art. 3, è applicata una sanzione amministrativa pecuniaria, pari al 5% del contributo percepito per l’anno al quale si riferisce la violazione, per ognuna delle violazioni accertate.

    Art. 8, comma 4, D.M. n. 182/2019: ai produttori e agli importatori di pneumatici che non provvedono alla gestione degli PFU, neanche attraverso il trasferimento del contributo di cui all’art. 4, comma 11, del presente Decreto ad una struttura associata, è applicata una sanzione amministrativa pecuniaria pari al doppio del contributo percepito per i quantitativi degli pneumatici non gestiti.

    L’art. 8 stabilisce che, in mancanza di determinazione del contributo (ai sensi dell’art. 6, D.M. n. 182/2019, tale determinazione, ai fini dell’irrogazione delle sanzioni, verrà effettuata, a seguito di richiesta dell’organo di controllo procedente, dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

    È previsto, inoltre, dall’art. 8, D.M. n. 182/2019 che per quanto non previsto espressamente nel presente articolo si applicano, ove compatibili, le disposizioni della Legge 24 novembre 1981, n. 689.

    8.11.12 Rifiuti da attività di manutenzione

    8.11.12Rifiuti da attività di manutenzione

    L’art. 230 del D.Lgs. n. 152/2006 regolamenta i rifiuti derivanti da attività di manutenzione delle infrastrutture, stabilendo che il luogo di produzione dei rifiuti derivanti da attività di manutenzione alle infrastrutture, effettuata direttamente dal gestore dell’infrastruttura a rete e degli impianti per l’erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico o tramite terzi, può coincidere con:

    – la sede del cantiere che gestisce l’attività manutentiva oppure

    – con la sede locale del gestore della infrastruttura nelle cui competenze rientra il tratto di infrastruttura interessata dai lavori di manutenzione ovvero

    – con il luogo di concentramento dove il materiale tolto d’opera viene trasportato per la successiva valutazione tecnica, finalizzata all’individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento.

    Nota: la valutazione tecnica del gestore della infrastruttura è eseguita non oltre sessanta giorni dalla data di ultimazione dei lavori. La documentazione relativa alla valutazione tecnica è conservata, unitamente ai registri di carico e scarico, per tre anni. Ai sensi dell’art. 193, comma 20, D.Lgs. n. 152/2006 (come modificato dal D.Lgs. n. 116/2020), per le attività di cui all’art. 230, commi 1 e 3 (sopra descritte), con riferimento alla movimentazione del materiale tolto d’opera prodotto, al fine di consentire le opportune valutazioni tecniche e di funzionalità dei materiali riutilizzabili, lo stesso è accompagnato dal documento di trasporto (DDT) attestante il luogo di effettiva produzione, tipologia e quantità dei materiali, indicando il numero di colli o una stima del peso o volume, il luogo di destinazione.

    I rifiuti derivanti dalla attività di raccolta e pulizia delle infrastrutture autostradali, con esclusione di quelli prodotti dagli impianti per l’erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico o da altre attività economiche, sono raccolti direttamente dal gestore della infrastruttura a rete che provvede alla consegna a gestori del servizio dei rifiuti solidi urbani.

    Le disposizioni di cui sopra si applicano anche ai rifiuti derivanti da attività manutentiva, effettuata direttamente da gestori erogatori di pubblico servizio o tramite terzi, dei mezzi e degli impianti fruitori delle infrastrutture oggetto di manutenzione.

    Le disposizioni contenute nell’art. 230 del D.Lgs. n. 152/2006 hanno delle implicazioni anche sugli adempimenti in materia di registro carico e scarico, dato che riguardano l’individuazione del luogo di produzione dei rifiuti. In particolare, ai sensi dell’art. 190, D.Lgs. n. 152/2006 i registri relativi ai rifiuti prodotti dalle attività di manutenzione di cui all’art. 230 possono essere tenuti nel luogo di produzione dei rifiuti, così come definito dal medesimo articolo. Per rifiuti prodotti dalle attività di manutenzione di impianti e infrastrutture a rete e degli impianti a queste connessi, i registri possono essere tenuti presso le sedi di coordinamento organizzativo del gestore, o altro centro equivalente, previa comunicazione all’ARPA territorialmente competente ovvero al Registro elettronico nazionale di cui all’articolo 188-bis.

    Nota: si rimanda al par. 8.5.3 per note operative riguardanti rifiuti derivanti da attività di manutenzione e piccoli interventi edili, incluse le attività di cui alla Legge 25 gennaio 1994, n. 82 (recante disciplina delle attività di pulizia, di disinfezione, di disinfestazione, di derattizzazione e di sanificazione).

    L’art. 230, comma 5 del D.Lgs. n. 152/2006 (come modificato dal D.L. n. 77/2021, convertito con modificazioni dalla Legge n. 108/2021) contempla i rifiuti derivanti dalle attività di pulizia manutentiva delle reti fognarie e stabilisce quanto segue:

    I rifiuti provenienti dalle attività di pulizia manutentiva delle reti fognarie di qualsiasi tipologia, sia pubbliche che asservite ad edifici privati, compresi le fosse settiche e manufatti analoghi nonché i sistemi individuali di cui all’art. 100, comma 3, e i bagni mobili, si considerano prodotti dal soggetto che svolge l’attività di pulizia manutentiva. La raccolta e il trasporto sono accompagnati da un unico documento di trasporto per automezzo e percorso di raccolta, il cui modello è adottato con deliberazione dell’Albo nazionale gestori ambientali entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Tali rifiuti possono essere conferiti direttamente a impianti di smaltimento o di recupero o, in alternativa, essere raggruppati temporaneamente presso la sede o unità locale del soggetto che svolge l’attività di pulizia manutentiva, nel rispetto delle condizioni di cui all’art. 183, comma 1, lett. bb). Il soggetto che svolge l’attività di pulizia manutentiva è comunque tenuto all’iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali, ai sensi dell’art. 212, comma 5, del presente decreto, per lo svolgimento delle attività di raccolta e di trasporto di rifiuti, e all’iscrizione all’Albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi di cui all’art. 1, Legge 6 giugno 1974, n. 298.

    Nota: il modello di documento da utilizzare nel trasporto di rifiuti di cui all’art. 230 comma 5 del D.Lgs. n. 152/2006 è stato definito con Delibera n. 14 del 21 dicembre 2021 dell’Albo nazionale gestori ambientali, successivamente modificata dalla Delibera n. 4 del 21 aprile 2022 dell’Albo stesso.

    8.11.13 Rifiuti prodotti dalle navi e residui di carico

    8.11.13Rifiuti prodotti dalle navi e residui di carico

    L’art. 232, comma 1 del D.Lgs. n. 152/2006 stabilisce quanto segue:

    La disciplina di carattere nazionale relativa ai rifiuti prodotti dalle navi ed ai residui di carico è contenuta nel D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 197.

    Nota: tale articolo prevede, inoltre, che gli impianti che ricevono acque di sentina già sottoposte a un trattamento preliminare in impianti autorizzati ai sensi della legislazione vigente possono accedere alle procedure semplificate di cui al Decreto 17 novembre 2005, n. 269, fermo restando che le materie prime e i prodotti ottenuti devono possedere le caratteristiche indicate al punto 6.6.4 dell’Allegato III del medesimo Decreto.

    Il D.Lgs. n. 197/2021 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 30 novembre 2021, e che ha abrogato e sostituito il D.Lgs. n. 182/2003), recepisce la Direttiva UE n. 883/2019 e si applica (alla luce anche delle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 46/2024):

    • a tutte le navi, indipendentemente dalla loro bandiera, che fanno scalo o che operano in un porto dello Stato, ad esclusione di quelle adibite a servizi portuali ai sensi dell’art. 1, par. 2, Reg. UE n. 2017/352 e delle disposizioni di cui all’art. 3, comma 1, D.M. 27 aprile 2017, e con l’eccezione delle navi militari e da guerra, delle navi in uso alle Forze di Polizia ad ordinamento civile, delle navi ausiliarie o di altre navi possedute o gestite da uno Stato, se impiegate solo per servizi statali a fini non commerciali;

    • ai porti dello Stato ove fanno abitualmente scalo le navi di cui al punto precedente.

    Tale Decreto regola le modalità e tempistiche per gestire le registrazioni connesse ai rifiuti prodotti, le modalità di conferimento degli stessi e dei residui di carico, il regime tariffario applicabile ai rifiuti prodotti dalla nave.

    Nota: il D.Lgs. n. 197/2021 definisce:

    • “rifiuti delle navi” tutti i rifiuti, compresi i residui del carico, le acque di sentina, le acque reflue e i sedimenti prodotti durante le operazioni di servizio o durante le operazioni di carico, scarico e pulizia, e che rientrano nell’ambito di applicazione degli allegati I, II, IV, V e VI della convenzione MARPOL nonché i rifiuti accidentalmente pescati;

    • “residui del carico”: i resti di qualsiasi materiale che costituisce il carico contenuto a bordo che rimangono sul ponte, nella stiva o in cisterne, dopo le operazioni di carico e scarico, comprese le eccedenze di carico e scarico e le fuoriuscite, siano essi umidi, secchi o trascinati dalle acque di lavaggio, ivi comprese le acque di zavorra, qualora venute a contatto con il carico o suoi residui. Fanno eccezione le polveri del carico che rimangono sul ponte dopo che questo è stato spazzato o la polvere presente sulle superfici esterne della nave.

    Nota: si tenga conto anche della fase transitoria definita dall’art. 265 comma 2 del D.Lgs. n. 152/2006, come modificato dal D.Lgs. n. 213/2022: è previsto che, fermo restando quanto previsto dall’art. 193-bis (in materia di trasporto intermodale) del D.Lgs. n. 152/2006 e dal D.Lgs. n. 197/2021, al fine di consentire agli operatori del settore di dotarsi delle autorizzazioni necessarie per la gestione dei rifiuti, è ammessa l’assimilazione dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui di carico alle merci, anche ai fini della pericolosità, per quanto concerne il regime normativo in materia di trasporti via mare, sino al 30 giugno 2024 (termine così modificato dalla Legge n. 18/2024).

    Ricordiamo, infine, che il 15 febbraio 2024 è stato pubblicato il D.M. 19 dicembre 2023, che detta le procedure per la segnalazione delle presunte inadeguatezze degli impianti portuali di raccolta ed anche le modalità per la valutazione e revisione dell’adeguatezza degli impianti portuali.

    In dettaglio, il decreto prevede che la nave battente bandiera italiana che, in occasione di uno scalo presso uno Stato comunitario o estero, ove abbia richiesto preventiva disponibilità al conferimento dei rifiuti prodotti a bordo, riscontri l’assenza, l’indisponibilità, ovvero la presunta inadeguatezza di impianti portuali di raccolta rifiuti, deve procedere come segue:

    • informare con immediatezza l’autorità competente nazionale, laddove da tale disservizio dovessero derivare potenziali rischi per l’ambiente marino ovvero la necessità di ricorrere, previa valutazione espressa della medesima autorità, a provvedimenti autorizzativi o derogatori dei Certificati statutari rilasciati ai sensi della Convenzione MARPOL 73/78;

    • avviare la procedura di segnalazione di presunta inadeguatezza mediante la compilazione e la successiva trasmissione del modulo di cui all’Allegato 1 al decreto;

    • custodire a bordo la documentazione relativa alle segnalazioni inviate per un periodo non inferiore a 3 anni; copia delle medesime segnalazioni deve essere, disponibile per 3 anni presso la società della nave stessa.

    Alla ricezione di una segnalazione di presunta inadeguatezza relativa ad un impianto portuale di raccolta rifiuti ricadente sul territorio nazionale, da parte dell’IMO e/o di uno Stato di bandiera estera, viene avviata la procedura di verifica da parte del Punto di contatto nazionale, che attiva le competenti Autorità marittime e, laddove emergano problematiche di natura infrastrutturale degli impianti, per il tramite dell’Autorità competente nazionale, segnala l’inadeguatezza alla Direzione generale per la vigilanza sulle Autorità di sistema portuale, il trasporto marittimo e per vie d’acqua interne del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, affinché la competente Autorità di sistema portuale ovvero, laddove non istituita, l’ente titolare della funzione concessoria, dia corso alle incombenze gestorie o ai conseguenti adempimenti. Le conclusioni sulla segnalazione di presunta inadeguatezza sono inserite sul portale GISIS, e ne viene informato lo Stato di bandiera della nave che ha effettuato la segnalazione.

    Qualora si rendesse necessario stante il caso specifico verificatosi, può essere convocato il tavolo tecnico (si veda Nota sotto riportata).

    Nota: il decreto prevede, inoltre, che sia istituito un tavolo tecnico per la valutazione e il monitoraggio degli impianti portuali per la raccolta dei rifiuti, composto da un rappresentante della Direzione Generale per la protezione della natura e del mare (DG-PNM) del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica con funzioni di Coordinatore, un rappresentante della Direzione generale economia circolare (DG-EC) del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, un rappresentante di ISPRA/SSNPA, un rappresentante del Reparto ambientale marino (RAM) del Corpo delle capitanerie di porto. Il tavolo tecnico si riunisce con cadenza annuale e al termine della seduta viene redatto un verbale che viene trasmesso agli enti ed autorità indicati in art. 7 del decreto.

    € SANZIONI

    Art. 258, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006 e art. 16, comma 1, D.Lgs. n. 197/2021: Il gestore dell’impianto portuale di raccolta e del servizio di raccolta di cui all’art. 16, comma 1, che non provvede alla comunicazione annuale al Catasto (MUD) ai sensi della Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006 è punito con sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 10.000 euro.

    Art. 258, comma 2, D.Lgs. n. 152/2006 e art. 16, comma 1, D.Lgs. n. 197/2021: Il gestore dell’impianto portuale di raccolta e del servizio di raccolta di cui all’art. 16, comma 1, che non provvede alla tenuta del registro carico/scarico ai sensi della Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006 è punito con sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 10.000 euro.

    Se si tratta di rifiuti pericolosi, sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 30.000 euro, e, nei casi più gravi, sanzione amministrativa accessoria facoltativa della sospensione da un mese a un anno dalla carica rivestita dal soggetto responsabile dell’infrazione e della carica di amministratore.

    Art. 16, comma 2, D.Lgs. n. 197/2021: Salvo che il fatto costituisca reato, il comandante della nave che non ottempera agli obblighi di cui all’art. 6, comma 1 (obbligo in materia di notifica anticipata dei rifiuti), è punito con sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 10.000 euro.

    Art. 16, comma 3, D.Lgs. n. 197/2021: Salvo che il fatto costituisca reato, il comandante della nave diversa da un peschereccio o da un’imbarcazione da diporto che non ottempera agli obblighi di cui all’art. 7, comma 1 (obbligo in materia di conferimento dei rifiuti), è punito con sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 a 30.000 euro. La violazione è segnalata dall’Autorità marittima al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili.

    Art. 16, comma 4, D.Lgs. n. 197/2021: Salvo che il fatto costituisca reato, il comandante di un peschereccio o di un’imbarcazione da diporto che non conferisce i rifiuti prodotti ad un sistema di raccolta, in conformità all’art. 7 è punito con sanzione amministrativa pecuniaria da 150 a 900 euro.

    8.11.14 Rifiuti di beni in polietilene

    8.11.14Rifiuti di beni in polietilene

    In materia di rifiuti di beni in polietilene, l’art. 234 del D.Lgs. n. 152/2006 dispone quanto segue:

    Al fine di razionalizzare, organizzare e gestire la raccolta e il trattamento dei rifiuti di beni in polietilene destinati allo smaltimento, è istituito il Consorzio per il riciclaggio dei rifiuti di beni in polietilene (omissis).

    Sono esclusi:

    • gli imballaggi di cui all’art. 218, comma 1, lett. a), b), c), d), e) e dd) del D.Lgs. n. 152/2006, e cioè rispettivamente imballaggio, imballaggio per la vendita o imballaggio primario, imballaggio multiplo o imballaggio secondario, imballaggio per il trasporto o imballaggio terziario, imballaggio riutilizzabile, imballaggio usato;

    • i beni, e i relativi rifiuti, di cui all’art. 227, comma 1, lett. a), b) e c), e cioè rispettivamente rifiuti elettrici ed elettronici, rifiuti sanitari, veicoli fuori uso;

    • i beni, e i relativi rifiuti, di cui all’art. 231 del D.Lgs. n. 152/2006 (Veicoli fuori uso non disciplinati dal D.Lgs. n. 209/2003).

    Il consorzio (Polieco) ha personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e vi partecipano i produttori e gli importatori di beni in polietilene, gli utilizzatori e i distributori di beni in polietilene, i riciclatori e i recuperatori di rifiuti di beni in polietilene. Gli operatori che non aderiscono al consorzio possono (ai sensi dell’art. 234, comma 7, D.Lgs. n. 152/2006) entro centoventi giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dello Statuto tipo ai sensi del comma 2 dell’art. 234 del D.Lgs. n. 152/2006:

    • organizzare autonomamente la gestione dei rifiuti di beni in polietilene su tutto il territorio nazionale;

    • mettere in atto un sistema di raccolta e restituzione dei beni in polietilene al termine del loro utilizzo, con avvio al riciclo o al recupero, previ accordi con aziende che svolgono tali attività, con quantità definite e documentate.

    Nelle predette ipotesi gli operatori stessi devono richiedere al Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare il riconoscimento del sistema adottato.

    Il consorzio si propone come obiettivo primario di favorire il ritiro dei beni a base di polietilene al termine del ciclo di utilità per avviarli ad attività di riciclaggio e di recupero.

    Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive determina ogni due anni con proprio Decreto gli obiettivi minimi di riciclaggio e, in caso di mancato raggiungimento dei predetti obiettivi, può stabilire un contributo percentuale di riciclaggio da applicarsi sull’importo netto delle fatture emesse dalle imprese produttrici ed importatrici di beni di polietilene per il mercato interno.

    Nota: il contributo percentuale di riciclaggio è stabilito comunque in misura variabile, in relazione alla percentuale di polietilene contenuta nel bene e alla durata temporale del bene stesso.

    Decorsi novanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del Decreto di approvazione dello statuto del consorzio, chiunque, in ragione della propria attività, detiene rifiuti di beni in polietilene è obbligato a conferirli a uno dei consorzi riconosciuti, o direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati dai consorzi stessi, oppure a gestirli mediante una delle modalità alternative all’adesione al consorzio).

    Nota: l’obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentore di cedere i rifiuti di bene in polietilene ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea.

    Nota: in data 11 luglio 2019 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto 23 maggio 2019 relativo all’avvenuta approvazione dello statuto del Consorzio nazionale per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene.

    € SANZIONI

    Art. 256, comma 7, D.Lgs. n. 152/2006: Chiunque detiene rifiuti di beni in polietilene e viola l’obbligo di conferirli a uno dei consorzi riconosciuti o direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati dai consorzi stessi, fatto comunque salvo quanto previsto dal comma 7 dell’art. 234 del D.Lgs. n. 152/2006, è punito con sanzione amministrativa pecuniaria da 260 a 1.550 euro.

    Art. 256, comma 8, D.Lgs. n. 152/2006: I soggetti di cui all’art. 234 del D.Lgs. n. 152/2006 (i produttori e gli importatori di beni in polietilene, gli utilizzatori e i distributori di beni in polietilene, i riciclatori e i recuperatori di rifiuti di beni in polietilene) che non adempiono agli obblighi di partecipazione ivi previsti, sono puniti con sanzione amministrativa pecuniaria di 5.000 euro, fatto comunque salvo l’obbligo di corrispondere i contributi pregressi.

    Art. 256, comma 9, D.Lgs. n. 152/2006: Le sanzioni di cui al comma 8 (si veda sopra) sono ridotte della metà nel caso di adesione effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine per adempiere agli obblighi di partecipazione.

    Tenere in considerazione anche le sanzioni previste dal Regolamento di Polieco.

    8.11.15 Borse in plastica

    8.11.15Borse in plastica

    L’art. 226-ter del D.Lgs. n. 152/2006 regola la riduzione della commercializzazione delle borse in plastica in materiale ultraleggero, stabilendo la progressiva riduzione della commercializzazione di tali borse se non rispettano i requisiti previsti dal punto di vista della biodegradabilità e compostabilità, e del contenuto minimo di materia prima rinnovabile.

    Tale articolo prevede che la progressiva riduzione delle borse di plastica in materiale ultraleggero sia realizzata secondo le seguenti modalità:

    • dal 1° gennaio 2018, possono essere commercializzate esclusivamente le borse biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non inferiore al 40%;

    • dal 1° gennaio 2020, possono essere commercializzate esclusivamente le borse biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non inferiore al 50%;

    • dal 1° gennaio 2021, possono essere commercializzate esclusivamente le borse biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non inferiore al 60%.

    Le borse di plastica in materiale ultraleggero non possono essere distribuite a titolo gratuito e a tal fine il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d’acquisto delle merci o dei prodotti imballati per il loro tramite.

    8.11.16 Plastiche monouso

    8.11.16Plastiche monouso

    La Legge 30 dicembre 2018, n. 145, ha introdotto nel D.Lgs. n. 152/2006 l’art. 226-quater, successivamente modificato dal D.Lgs. n. 196/2021, attraverso il quale è stata data attuazione alla Direttiva UE n. 904/2019 sulla riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente.

    Nello specifico il D.Lgs. n. 196/2021 si applica ai prodotti di plastica monouso riportati in Allegato al decreto stesso, nonché ai prodotti in plastica oxodegradabile ed agli attrezzi da pesca contenenti plastica. Per meglio comprendere l’ambito di applicazione di questa normativa, si riportano alcune definizioni contenute in art. 3, D.Lgs. n. 196/2021:

    a) “plastica”: il materiale costituito da un polimero, quale definito all’articolo 3, punto 5), del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, cui possono essere stati aggiunti additivi o altre sostanze, e che può funzionare come componente strutturale principale dei prodotti finiti, a eccezione dei polimeri naturali che non sono stati modificati chimicamente; sono esclusi dalla presente definizione materiali quali vernici, inchiostri, adesivi nonché rivestimenti in plastica aventi un peso inferiore al 10 per cento rispetto al peso totale del prodotto, che non costituiscono componente strutturale principale dei prodotti finiti;

    b) “prodotto di plastica monouso”: un prodotto realizzato interamente o parzialmente in plastica, ad eccezione del prodotto realizzato in polimeri naturali non modificati chimicamente, e che non è concepito, progettato o immesso sul mercato per compiere, nel corso della sua durata di vita, più spostamenti o rotazioni per essere restituito a un produttore per la ricarica o per essere comunque riutilizzato per lo stesso scopo per il quale è stato concepito. Non sono ad esempio considerati prodotti in plastica monouso i contenitori per alimenti secchi, compresi quelli stagionati, o per alimenti venduti freddi che richiedono ulteriore preparazione, i contenitori contenenti alimenti in quantità superiori a una singola porzione oppure contenitori per alimenti monoporzione venduti in più di una unità;

    c) “plastica oxo-degradabile”: materie plastiche contenenti additivi che attraverso l’ossidazione comportano la frammentazione della materia plastica in microframmenti o la decomposizione chimica.

    Si ritiene interessante riportare, innanzitutto, alcune considerazioni contenute nelle premesse alla Direttiva UE n. 904/2019 per meglio comprendere l’origine di questa norma e la sua finalità nella prospettiva della transizione verso l’economia circolare:

    La multifunzionalità e il costo relativamente basso della plastica ne fanno un materiale onnipresente nella vita quotidiana. Anche se la plastica svolge un ruolo utile nell’economia e trova applicazioni essenziali in molti settori, il suo uso sempre più diffuso in applicazioni di breve durata, di cui non è previsto il riutilizzo né un riciclaggio efficiente, si traduce in modelli di produzione e consumo sempre più inefficienti e lineari.

    [omissis]

    La presente direttiva promuove approcci circolari che privilegiano prodotti e sistemi riutilizzabili sostenibili e non tossici, piuttosto che prodotti monouso, con l’obiettivo primario di ridurre la quantità di rifiuti prodotti.

    Il D.Lgs. n. 196/2021 si articola in una serie di disposizioni specifiche per le diverse tipologie di prodotti elencati in Allegato al decreto, e di seguito riportato:

    PARTE A (articolo 4)
    Prodotti di plastica monouso di cui all’articolo 4 sulla riduzione del consumo
    1) Tazze o bicchieri per bevande, inclusi i relativi tappi e coperchi;
    2) contenitori per alimenti, ossia recipienti quali scatole con o senza coperchio, usati per alimenti che soddisfano congiuntamente i seguenti criteri:
    a) destinati al consumo immediato, sul posto o da asporto;
    b) generalmente consumati direttamente dal recipiente; e
    c) pronti per il consumo senza ulteriore preparazione, per esempio cottura, bollitura o riscaldamento, compresi i contenitori per alimenti tipo fast food o per altri pasti pronti per il consumo immediato, ad eccezione di contenitori per bevande, piatti, pacchetti e involucri contenenti alimenti
    PARTE B (articolo 5)
    Prodotti di plastica monouso di cui all’articolo 5 sulle restrizioni all’immissione sul mercato
    1) Bastoncini cotonati, tranne quando rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 90/385/CEE del Consiglio o della direttiva 93/42/CEE del Consiglio;
    2) posate (forchette, coltelli, cucchiai, bacchette);
    3) piatti;
    4) cannucce, tranne quando rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 90/385/CEE o della direttiva 93/42/CEE;
    5) agitatori per bevande;
    6) aste da attaccare a sostegno dei palloncini, tranne i palloncini per uso industriale o altri usi e applicazioni professionali che non sono distribuiti ai consumatori, e relativi
    meccanismi;
    7) contenitori per alimenti in polistirene espanso, vale a dire recipienti quali scatole con o senza coperchio, usati per alimenti che soddisfano congiuntamente i seguenti criteri:
    a) sono destinati al consumo immediato, sul posto o da asporto;
    b) sono generalmente consumati direttamente dal recipiente;
    c) sono pronti per il consumo senza ulteriore preparazione, per esempio cottura, bollitura o riscaldamento, compresi i contenitori per alimenti tipo fast food o per altri pasti pronti per il consumo immediato, a eccezione di contenitori per bevande, piatti, pacchetti e involucri contenenti alimenti;
    8) contenitori per bevande in polistirene espanso e relativi tappi e coperchi;
    9) tazze o bicchieri per bevande in polistirene espanso e relativi tappi e coperchi.
    PARTE C (articolo 6)
    Prodotti di plastica monouso di cui all’articolo 6, commi da 1 a 4 sui requisiti dei prodotti
    Contenitori per bevande con una capacità fino a tre litri, vale a dire recipienti usati per contenere liquidi, per esempio bottiglie per bevande e relativi tappi e coperchi, nonchè imballaggi compositi di bevande e relativi tappi e coperchi, ma non:
    a) i contenitori in vetro o metallo per bevande con tappi e coperchi di plastica;
    b) i contenitori per bevande destinati e usati per alimenti a fini medici speciali quali definiti all’articolo 2, lettera g), del regolamento (UE) n. 609/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio che sono in forma liquida.
    PARTE D (articolo 7)
    Prodotti di plastica monouso di cui all’articolo 7 sui requisiti di marcatura
    1) Assorbenti e tamponi igienici e applicatori per tamponi;
    2) salviette umidificate, ossia salviette pre-inumidite per l’igiene personale e per uso domestico;
    3) prodotti del tabacco con filtri e filtri commercializzati in combinazione con i prodotti del tabacco;
    4) tazze o bicchieri per bevande.

    PARTE E (articolo 8)
    I. Prodotti di plastica monouso di cui all’articolo 8, comma 1, su responsabilità estesa del produttore
    1) Contenitori per alimenti, ossia recipienti quali scatole con o senza coperchio, usati per alimenti che soddisfano congiuntamente i seguenti criteri:
    a) sono destinati al consumo immediato, sul posto o da asporto;
    b) sono generalmente consumati direttamente dal recipiente; e
    c) sono pronti per il consumo senza ulteriore preparazione, per esempio cottura, bollitura o riscaldamento, compresi i contenitori per alimenti tipo fast food o per altri pasti pronti per il consumo immediato, a eccezione di contenitori per bevande, piatti, pacchetti e involucri contenenti alimenti;
    2) pacchetti e involucri in materiale flessibile e contenenti alimenti destinati al consumo immediato direttamente dal pacchetto o involucro senza ulteriore preparazione;
    3) contenitori per bevande con una capacità fino a tre litri, ossia recipienti usati per contenere liquidi, per esempio bottiglie per bevande e relativi tappi e coperchi, nonché imballaggi compositi di bevande e relativi tappi e coperchi, ma non i contenitori in vetro o metallo per bevande con tappi e coperchi di plastica;
    4) tazze o bicchieri per bevande, inclusi i relativi tappi e coperchi;
    5) sacchetti di plastica in materiale leggero definiti all’articolo 3, punto 1-quater, della direttiva 94/62/CE.
    II. Prodotti di plastica monouso di cui all’articolo 8, commi 2 e 3, sulla responsabilità estesa del produttore
    1) salviette umidificate, ossia salviette pre-inumidite per l’igiene personale e per uso domestico;
    2) palloncini, tranne i palloncini per uso industriale o altri usi e applicazioni professionali che non sono distribuiti ai consumatori.
    III. Altri prodotti di plastica monouso di cui all’articolo 8, comma 3, sulla responsabilità estesa del produttore
    Prodotti del tabacco con filtri e filtri commercializzati in combinazione con i prodotti del tabacco.
    PARTE F (articoli 6 e 9)
    Prodotti di plastica monouso di cui all’articolo 9 sulla raccolta differenziata e di cui all’articolo 6 comma 5, sui requisiti del prodotto
    Bottiglie per bevande con una capacità fino a tre litri, compresi i relativi tappi e coperchi, ma non:
    a) le bottiglie per bevande in vetro o metallo con tappi e coperchi di plastica;
    b) le bottiglie per bevande destinate e usate per alimenti a fini medici speciali quali definiti all’articolo 2, lettera g), del regolamento (UE) n. 609/2013 che sono in forma liquida.
    PARTE G (articolo 10)
    Prodotti di plastica monouso di cui all’articolo 10 sulle misure di sensibilizzazione
    1) Contenitori per alimenti, vale a dire recipienti quali scatole con o senza coperchio, usati per alimenti che soddisfano congiuntamente i seguenti criteri:
    a) sono destinati al consumo immediato, sul posto o da asporto;
    b) sono generalmente consumati direttamente dal recipiente;
    c) sono pronti per il consumo senza ulteriore preparazione, per esempio cottura, bollitura o riscaldamento, compresi i contenitori per alimenti tipo fast food o per altri pasti pronti per il consumo immediato, a eccezione di contenitori per bevande, piatti, pacchetti e involucri contenenti alimenti;
    2) pacchetti e involucri in materiale flessibile e contenenti alimenti destinati al consumo immediato direttamente dal pacchetto o involucro senza ulteriore preparazione;
    3) contenitori per bevande con una capacità fino a tre litri, ossia recipienti usati per contenere liquidi, per esempio bottiglie per bevande e relativi tappi e coperchi, nonché imballaggi compositi di bevande e relativi tappi e coperchi, ma non i contenitori in vetro o metallo per bevande con tappi e coperchi di plastica;
    4) tazze per bevande e relativi tappi e coperchi;
    5) prodotti del tabacco con filtri e filtri commercializzati in combinazione con i prodotti del tabacco;
    6) salviette umidificate, ossia salviette pre-inumidite per l’igiene personale e per uso domestico;

    7) palloncini, tranne i palloncini per uso industriale o altri usi e applicazioni professionali che non sono distribuiti ai consumatori;
    8) sacchetti di plastica in materiale leggero definiti all’articolo 3, punto 1-quater, della direttiva 94/62/CE;
    9) assorbenti, tamponi igienici e applicatori per tamponi;
    10) prodotti realizzati in materiali biodegradabili e compostabili.

    Le disposizioni del D.Lgs. n. 196/2021 possono essere così rappresentate:

    • Disposizioni per favorire la riduzione del consumo: sono contenute in art. 4 e riguardano i prodotti di cui alla parte A dell’Allegato; trattasi di misure (quali, ad esempio, sostegno e incentivo verso imprese produttrici per la modifica dei cicli produttivi) che devono essere definite per consentire una diminuzione quantificabile entro il 2026 (rispetto al 2022) del consumo di tali prodotti; azioni specifiche sono previste, inoltre, nella Pubblica amministrazione, ed è previsto il riconoscimento di un contributo (sotto forma di credito d’imposta) alle imprese che acquistano e utilizzano prodotti della tipologia di quelli elencati nell’allegato, Parte A e Parte B, che sono riutilizzabili o realizzati in materiale biodegradabile o e compostabile, certificato secondo la normativa UNI EN 13432:2002.

    • Restrizioni all’immissione sul mercato: ai sensi dell’art. 5 è vietata l’immissione sul mercato di prodotti di plastica oxodegradabile e prodotti di cui alla parte B dell’Allegato; si tenga conto delle condizioni per la fase transitoria, e delle esclusioni.

    • Requisiti dei prodotti: tali disposizioni (art. 6) riguardano i prodotti di cui alla parte C dell’Allegato i cui tappi e coperchi sono di plastica, e prevedono che dal 03 luglio 2024 possano essere immessi sul mercato solo se i tappi ed i coperchi restano attaccati ai contenitori per la durata dell’uso previsto del prodotto; anche per questa disposizione è disciplinata una fase transitoria. Inoltre, requisiti specifici sono stabiliti per le bottiglie per bevande di cui alla parte F dell’Allegato.

    • Requisiti di marcatura: riguardano l’obbligo di apporre sull’imballaggio o sul prodotto una marcatura che contenga le informazioni indicate in art. 7, e si applicano ai prodotti di cui alla parte D dell’Allegato.

    • Responsabilità estesa del produttore: tali aspetti sono disciplinati dall’art. 8, che opera una distinzione tra i prodotti di cui alla parte E sezioni I, II e III.

    • Raccolta differenziata: ai sensi dell’art. 9 sono definiti i limiti da rispettare (pari al 77% in peso entro il 2025, e pari al 90% in peso entro il 2029) per la quantità di rifiuti da prodotti di cui alla parte F dell’Allegato rispetto alla quantità di prodotti immesso sul mercato nell’anno di riferimento.

    • Misure di sensibilizzazione: spetta al MITE definire una strategia nazionale per informare i consumatori ed incentivarli ad adottare un comportamento responsabile in modo da ridurre la dispersione dei rifiuti di prodotti di plastica. A tal fine il MITE emetterà proprio decreto.

    Nota: in relazione alle disposizioni di cui alla Dir. (UE) 2019/904, la Commissione europea, attraverso la Decisione di esecuzione (UE) 2021/1752 del 1° ottobre 2021, ha fornito indicazioni sulle modalità da seguire per il calcolo, la verifica e la comunicazione dei dati sulla raccolta differenziata dei rifiuti di bottiglie di plastica monouso per bevande.

    Nota: alla luce delle disposizioni di cui sopra del D.Lgs. n. 196/2021, e in particolare di quelle di cui agli artt. 6 e 9, è stato emesso il Decreto 2 settembre 2021 (“Programma sperimentale Mangiaplastica”) che intende favorire la raccolta selettiva dei rifiuti in plastica e migliorarne l’intercettazione e riciclo nella prospettiva dell’economia circolare concedendo un contributo ai Comuni per l’acquisto ed installazione di eco-compattatori.

    Nota: al fine di realizzare attività di studio e verifica tecnica e monitoraggio da parte dei competenti istituti di ricerca, è istituito, ai sensi dell’art. 226-quater, D.Lgs. n. 152/2006, un apposito Fondo presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare con una dotazione di 100.000 euro a decorrere dall’anno 2019.

    8.11.17 Rifiuti di mercurio

    8.11.17Rifiuti di mercurio

    Il Reg.UE n. 852/2017 (come modificato dal Reg. UE n. 2526/2022) detta le misure e le condizioni relative all’uso, allo stoccaggio e al commercio del mercurio, dei composti del mercurio e delle miscele di mercurio, e alla fabbricazione, all’uso e al commercio dei prodotti con aggiunta di mercurio nonché alla gestione dei rifiuti di mercurio, allo scopo di assicurare un elevato livello di protezione della salute umana e dell’ambiente dalle emissioni e dai rilasci antropogenici di mercurio e di composti del mercurio.

    In particolare, considerato il tema di interesse del presente capitolo, ci soffermiamo sul Capo IV del regolamento, che disciplina lo smaltimento dei rifiuti e dei rifiuti di mercurio. Il regolamento così definisce i “rifiuti di mercurio”: il mercurio metallico considerato rifiuto ai sensi della normativa che disciplina i rifiuti.

    La norma pone l’attenzione su mercurio e composti del mercurio, in forma pura o in miscela, provenienti dalle seguenti fonti considerevoli:

    • industria dei cloro-alcali;

    • purificazione del gas naturale;

    • operazioni di estrazione e di fusione di metalli non ferrosi;

    • estrazione dal cinabro nell’Unione.

    In questi casi, il mercurio e i composti del mercurio vanno considerati rifiuti ai sensi della normativa di riferimento per i rifiuti stessi, e devono essere smaltiti senza recare pericolo alla salute dell’uomo e senza nuocere all’ambiente, nel rispetto della normativa stessa. È precisato, inoltre, che lo smaltimento non deve condurre ad alcuna forma di rigenerazione del mercurio.

    Entro il 31 maggio di ogni anno, gli operatori economici che operano nei settori di cui alle precedenti lett. a), b) e c) trasmettono alle autorità competenti degli Stati membri interessati le seguenti informazioni:

    a) le informazioni relative alla quantità totale dei rifiuti di mercurio immagazzinata in ciascun loro impianto;
    b) le informazioni relative alla quantità totale dei rifiuti di mercurio inviata ai singoli impianti che effettuano lo stoccaggio temporaneo, la trasformazione e, se del caso, la solidificazione dei rifiuti di mercurio o lo stoccaggio permanente di rifiuti di mercurio che sono stati sottoposti a trasformazione e, se del caso, a solidificazione;
    c) l’ubicazione e il recapito di ogni impianto di cui alla lettera b);
    d) una copia del certificato fornito dall’operatore dell’impianto che effettua lo stoccaggio temporaneo dei rifiuti di mercurio, conformemente all’art. 14, par. 1 del Reg. UE n. 852/2017;
    e) una copia del certificato fornito dall’operatore dell’impianto che effettua la trasformazione e, se del caso, la solidificazione dei rifiuti di mercurio, conformemente all’art. 14, par. 2 del Reg. UE n. 852/2017;
    f) una copia del certificato fornito dall’operatore dell’impianto che effettua lo stoccaggio permanente dei rifiuti di mercurio che sono stati sottoposti alla trasformazione e, se del caso, alla solidificazione, conformemente all’art. 14, par. 3 del Reg. UE n. 852/2017.

    Il Reg. UE n. 852/2017 detta alcune disposizioni riguardanti lo stoccaggio dei rifiuti di mercurio, e stabilisce che, in deroga all’art. 5, par. 3, lett. a) della direttiva n. 1999/31/CE in materia di discariche, i rifiuti di mercurio possono essere stoccati temporaneamente in forma liquida purché siano rispettati i requisiti specifici per lo stoccaggio temporaneo dei rifiuti di mercurio (di cui agli allegati I, II e III di tale direttiva), e tale stoccaggio sia effettuato in impianti in superficie destinati e attrezzati allo stoccaggio temporaneo dei rifiuti di mercurio. Va ricordato che tale deroga, come stabilito dall’art. 13 del Reg. UE n. 852/2017 (modificato dal Reg. UE n. 2526/2023) cessa di applicarsi dal 1° gennaio 2026 (prima di tale modifica il termine era il 1° gennaio 2023).

    Prima di essere smaltiti in maniera permanente, i rifiuti di mercurio sono sottoposti alla trasformazione e, qualora essi siano destinati allo smaltimento in impianti in superficie, alla trasformazione e alla solidificazione.

    Nota: i rifiuti di mercurio sottoposti alla trasformazione e, se del caso, alla solidificazione sono smaltiti in maniera permanente soltanto negli impianti di stoccaggio permanente autorizzati a effettuare lo smaltimento dei rifiuti pericolosi indicati in art. 13 del Reg. UE n. 852/2017. Gli operatori degli impianti di stoccaggio permanente provvedono affinché i rifiuti di mercurio sottoposti alla trasformazione e, se del caso, alla solidificazione siano conservati in maniera separata dagli altri rifiuti nonché in lotti di smaltimento in una camera di stoccaggio sigillata; inoltre, devono essere rispettati i requisiti specifici per lo stoccaggio temporaneo indicati in art. 13 del Reg. UE n. 852/2017.

    Il regolamento detta, inoltre, alcuni obblighi in materia di tracciabilità (art. 14) che riguardano i seguenti operatori:

    • operatori degli impianti che effettuano lo stoccaggio temporaneo dei rifiuti di mercurio: istituiscono un registro contenente determinate informazioni relative a ciascuna spedizione di rifiuti di mercurio ricevuta, a ciascuna spedizione di rifiuti di mercurio che lascia l’impianto, nonché la quantità di rifiuti di mercurio stoccati nell’impianto alla fine di ogni mese; il registro va trasmesso entro il gennaio di ogni anno all’autorità competente dello Stato membro interessato;

    Nota: non appena i rifiuti di mercurio sono prelevati dallo stoccaggio temporaneo, gli operatori degli impianti che effettuano lo stoccaggio temporaneo dei rifiuti di mercurio rilasciano un certificato che confermi l’invio dei rifiuti di mercurio a un impianto che effettua le operazioni di smaltimento di cui all’art. 14 del Reg. UE n. 852/2017. Dopo il rilascio di tale certificato, una copia dello stesso è trasmessa senza indugio agli operatori economici che operano nei settori considerati fonti considerevoli (si veda sopra).

    • operatori degli impianti che effettuano la trasformazione e, se del caso, la solidificazione dei rifiuti di mercurio: istituiscono un registro contenente determinate informazioni relative a ciascuna spedizione di rifiuti di mercurio ricevuta, a ciascuna spedizione di rifiuti di mercurio trasformati e, se del caso, solidificati che lasciano l’impianto, nonché la quantità di rifiuti di mercurio stoccati nell’impianto alla fine di ogni mese; il registro va trasmesso entro il gennaio di ogni anno all’autorità competente dello Stato membro interessato;

    Nota: gli operatori degli impianti che effettuano la trasformazione e, se del caso, la solidificazione dei rifiuti di mercurio, rilasciano un certificato non appena è completata l’operazione di trasformazione e, se del caso, di solidificazione dell’intera spedizione, che confermi che l’intera spedizione di rifiuti di mercurio è stata trasformata e, se del caso, solidificata. Dopo il rilascio di tale certificato, una copia dello stesso è trasmessa senza indugio agli operatori degli impianti che effettuano lo stoccaggio temporaneo dei rifiuti di mercurio e agli operatori economici che operano nei settori considerati fonti considerevoli (si veda sopra).

    • operatori degli impianti che effettuano lo stoccaggio permanente dei rifiuti di mercurio che sono stati sottoposti alla trasformazione e, se del caso, alla solidificazione: non appena è completata l’operazione di smaltimento dell’intera spedizione, rilasciano un certificato che confermi l’avvenuto stoccaggio permanente dell’intera spedizione di rifiuti di mercurio sottoposta alla trasformazione e, se del caso, alla solidificazione, nel rispetto della normativa sulle discariche, includendo le informazioni sul luogo di stoccaggio.

    Nota: dopo il rilascio di tale certificato, una copia dello stesso è trasmessa senza indugio agli operatori che effettuano lo stoccaggio temporaneo dei rifiuti di mercurio, agli operatori degli impianti che effettuano la trasformazione e, se del caso, la solidificazione dei rifiuti di mercurio, ed agli operatori economici che operano nei settori considerati fonti considerevoli (si veda sopra).

    Fine capitolo