Chi ha vissuto una esperienza operativa nell’ambito del diritto societario, sia prima che dopo il 2004, non ha potuto non notare che la legislazione di Riforma del diritto societario (recata dai dd. lgs. 5 e 6 del 2003) ha completamente ribaltato il “clima” che caratterizzava l’ordinamento previgente: si è passati, infatti, da un sistema che, in sostanza, impediva ciò che non era espressamente consentito dalla legge a un sistema che, non solo è caratterizzato da un ampio margine di derogabilità del diritto positivo, ma che, sostanzialmente, consente anche di porre in essere tutto ciò che, espressamente o implicitamente, non sia vietato dalla legge o da principi generali desumibili dalla legge e dal sistema nel suo complesso.
Se, dunque, ante Riforma (il sistema era assai ingessato e) i comportamenti non consentiti erano abbastanza facilmente individuabili, post Riforma si ha l’indiscutibile pregio della notevole flessibilità dell’ordinamento (il che consente soluzioni sempre più innovative, sofisticate e tailor made), ma si paga il prezzo di navigare in una dimensione di discrezionalità talmente elevata da tramutarsi, in non pochi casi, in incertezza. Non è difficile derivare da ciò la principale ragione per la quale, post Riforma, si è assistito a una vera e propria esplosione, rispetto al passato, di orientamenti operativi provenienti da svariati organismi professionali, elaborati al fine di fare “da guida” a chi opera concretamente e quotidianamente “sul campo”: e così, quando si verte in situazioni complesse, disciplinate da norme derogabili, tutte le volte che ci si trovi a poter supportare una scelta operativa con il rassicurante avallo di una fonte qualificata proveniente da un’autorevole entità professionale, la situazione non appare diversa da quella in cui si trova chi vaga senza bussola nel deserto e poi, improvvisamente, si imbatte in una rinfrescante oasi.
Il caso più noto di produzione di orientamenti per l’esercizio professionale del diritto societario è senz’altro quello relativo alle cosiddette “massime”. Esse, invero, ebbero origine nel periodo in cui ai Tribunali era demandata l’omologazione degli atti societari: nelle Corti di maggiore dimensione, per ragioni organizzative, si instaurò, infatti, l’abitudine (era la metà degli anni ‘80) di divulgare gli orientamenti (detti appunto “massime”) che il Tribunale avrebbe seguito se determinate fattispecie (già fatte oggetto di un giudizio) si fossero nuovamente presentate al cospetto di un giudice. Nel Triveneto e a Milano i notai, a loro volta, iniziarono a farsi promotori (con modalità cartacee, poiché internet e l’informatizzazione erano ancora di là da venire) di iniziative di raccolta e di catalogazione di questi orientamenti provenienti dai giudici migliori e più solerti.
Dal fatto della intervenuta abrogazione del giudizio di omologazione da parte dei Tribunali (disposto dall’art. 32, legge 340/2000) e dal nuovo accennato clima di autonomia caratterizzante le operazioni societarie post Riforma, diversi organismi professionali hanno alfine tratto un poderoso stimolo non solo a continuare ma anche a strutturare e consolidare quest’opera di massimazione iniziata nei Tribunali. I più laboriosi sono nuovamente stati i notai milanesi e triveneti, i quali, forti delle esperienze già maturate, hanno proseguito e incrementato la loro opera di produzione di principi operativi. Ma anche a Firenze, Napoli e Roma i notai locali hanno compiuto un lavoro interpretativo bensì di minor volume ma di non minore qualità. Le massime notarili contengono indicazioni operative di notevole importanza, non solo per l’autorevolezza della loro motivazione, ma anche perché sono elaborate nell’ottica “fisiologica” del notaio e non, come invece erano le massime giudiziarie, a seguito di un contenzioso giunto al vaglio di un magistrato; produrre un principio di comportamento prescindendo da un caso specifico e, a maggior ragione, da un contenzioso, significa poter ragionare con ampiezza di vedute, senza preconcetti, condizionamenti o conflitti di interesse, con il solo fine di indicare qual è la best practice da applicare.
Accanto alle “massime” degli organismi notarili territoriali si collocano, poi, i non meno fondamentali orientamenti operativi desumibili dall’attività scientifica svolta centralmente dal Consiglio Nazionale del Notariato, sia nei suoi “Studi” (che sono ampie trattazioni della materia volta per volta presa in esame) che nelle sue “Risposte a quesiti” (le quali sono, in sostanza, pareri forniti su casistiche concrete prospettate dal singolo professionista) e nelle sue “Segnalazioni” di novità normative e giurisprudenziali. Questi orientamenti non possono non essere riguardati come dotati di particolare autorevolezza, provenendo da una categoria professionale che è in prima linea nella corretta applicazione della legge ed ha (i) una insostituibile posizione di terzietà e indipendenza, (ii) il dovere della legittimità degli atti e (iii) l’obiettivo della “antiprocessualità”, e cioè lo scopo di esplicarsi in modo da disinnescare in anticipo situazioni di possibile contenzioso. In un contesto nel quale la Magistratura non è stata (e non pare tuttora essere) in grado di offrire soluzioni univoche, tempestive, definitive, è fondamentale per il sistema il ruolo svolto da tutti coloro che siano “addetti ai lavori” e che operino nel senso di fornire soluzioni certe, rapide e solide e di prevenire possibili conflitti, in modo che non si originino situazioni tali da dover essere consegnate alla decisione di un giudice. Non vi è incentivo a effettuare investimenti imprenditoriali (e ne soffre il sistema nel suo complesso, non solo dal lato economico) se non vi è una cornice di certezza del diritto delineata da operatori autorevoli, indipendenti ed efficienti.
Deve, peraltro, essere sottolineata la rilevanza non secondaria anche degli orientamenti interpretativi di fonte “non notarile”, pur’essi sempre più frequenti, a testimonianza di quanto la prassi provi il bisogno di avere punti di autorevole riferimento: ad esempio, le tesi del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e della loro Fondazione, quelle dei Consulenti del Lavoro, di Assonime, Assirevi e di Confindustria, i Principi dell’Organismo Italiano di Contabilità, le Note e le Circolari dei Ministeri dello Sviluppo Economico e della Giustizia, le circolari dei Conservatori dei Registri delle Imprese, gli interventi di Unioncamere, eccetera (senza poi dimenticare le massime dei Tribunali ante Riforma che siano ancor oggi applicabili perché elaborate su norme non innovate).
Questo materiale, trascorsi oltre 15 anni dalla Riforma, ha assunto dimensioni talmente vaste da renderne difficoltosa una efficiente reperibilità, seppur oggi si disponga di strumenti elettronici di ricerca potenti e raffinati. Da qui il presente volume, con il quale si è inteso dare un contributo di “sistemazione” ragionata a tutto questo materiale, al fine di renderlo disponibile per un efficiente e competente utilizzo professionale.
Angelo Busani
Milano, 31 marzo 2015 - 30 giugno 2019